Scarica Donne, razza e classe riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia morale solo su Docsity! DONNE, RAZZA E CLASSE Capitolo I: L’eredità della schiavitù. Principi per una nuova condizione delle donne. Le incessanti dispute sulla promiscuità sessuale oscuravano la comprensione delle donne nere durante la schiavitù. Tra gli studi più recenti il più illuminante è la ricerca di Herbert Gutman sulla famiglia nera: Gutman ha detronizzato la tesi del matriarcato nero. Le donne nere hanno sempre lavorato fuori dalle loro abitazioni domestiche, quindi sarebbe opportuno fare un analisi che partisse dalla condizione di lavoro di queste donne. Le donne nere erano di fatto delle anomalie dal punto di vista dell’ideologia della femminilità sviluppatasi nel diciannovesimo secolo. Le donne schiave, come la maggioranza degli uomini, lavoravano nei campi. Quando si trattava di lavorare sotto la minaccia della frusta, l’energia e la produttività pesavano più delle questioni di genere: l’oppressione delle donne era identica all’oppressione degli uomini. Con l’abolizione della tratta internazionale degli schiavi fu minacciata l’espansione della giovane industria del cotone. Pertanto la classe degli schiavisti fu costretti ad affidarsi alla riproduzione naturale: si fissò allora un premio per la capacità riproduttiva della schiava. Agli occhi dei padroni le donne erano semplicemente strumenti che garantivano la crescita della forza lavoro schiavizzata. Le punizioni più violente per le donne consistevano nella frustate, nelle mutilazioni e nello stupro. Il sistema schiavista doveva scoraggiare la supremazia maschile dei neri sulle nere: infatti tutti (uomini, donne e bambini) provvedevano alla classe proprietaria degli schiavi. Nella valutazione in termini di produttività la donne erano valutate “piene mani” a meno che non fossero esplicitamente assegnate alla categoria di “riproduttrici”. I proprietari non arrivarono mai al punto di esonerare le donne incinte dal lavoro nei campi: le donne incinte erano obbligate a svolgere il normale lavoro agricolo e potevano aspettarsi le frustate che i lavoratori ricevevano abitualmente. La spaccatura tra la casa e l’economia pubblica, introdotta dal capitalismo industriale, confermò l’inferiorità della donne in maniera anche più drastica che in passato. La situazione specifica della donna schiava è rimasta in ombra. Tuttavia ne discende facilmente che le nere differirebbero dalle bianche solo nella misura in cui le aspirazioni domestiche della prime erano frustrate dalle esigenze del sistema schiavistico. Il sistema schiavistico classificava i neri come beni mobili. Dal momento in cui le donne erano considerate “entità lavorative” redditizie al pari degli uomini, dal punto di vista dello schiavista potevano anche essere prive di genere. Ma le donne erano vittime anche di abusi sessuali e di altri barbari maltrattamenti che potevano essere inflitti solo alle donne. Lo stupro era un’espressione esplicita della supremazia economica del proprietario e del controllo del sorvegliante sulle donne nere in quanto lavoratrici. Molte analisi storiche e sociologiche della famiglia nera durante la schiavitù hanno semplicemente dato per scontato che il rifiuto del padrone di riconoscere la paternità tra i propri schiavi conducesse direttamente a una forma di famiglia matriarcale. Secondo Daniel Moynihan l’origine dell’oppressione era data da un “groviglio patologico” creato dall’assenza di un’autorità maschile tra i neri: per questa ragione lui invita a introdurre l’autorità maschile nella famiglia e nella comunità nera nel suo complesso. Nel 1976 Herbbert Gutman pubblicò un’opera, “The Black Family in Slavery and Freedom”, nella quale dimostrava l’esistenza di una complessa vita famigliare che comprendeva alla stessa maniera marito e moglie, distruggendo così uno dei principali pilastri della teoria del matriarcato. La divisione di genere del lavoro domestico non era di tipo gerarchico: i compiti del marito e della moglie erano entrambi ugualmente necessari. Ciò che emerge è l’uguaglianza di genere: il lavoro degli schiavi fatto per sé stessi veniva messo in atto in forme egualitarie. Le donne, nel subire l’oppressione, erano uguali agli uomini; all’interno della comunità degli schiavi avevano uno status pari a quello dei maschi; e resistevano alla schiavitù con la stessa passione. Lo stupro era un’arma di dominio il cui fine era la distruzione della volontà di resistere delle schiave, demoralizzando al tempo stesso i loro uomini: dato che le donne avevano conquistato una consapevolezza della propria forza e un forte desiderio di resistenza, gli assalti sessuali violenti dovevano ricordare loro la condizione essenziale e inalterabile della schiava. A volte per nascondere il numero di stupri verificatesi si affermava che le donne erano consenzienti e che quindi non si trattava di stupro, bensì di “mescolanza razziale”. Le donne che partecipavano al movimento abolizionista si sentivano particolarmente offese dalle aggressioni sessuali verso le donne schiave: queste donne bianche hanno contribuito in maniera inestimabile alla campagna contro la schiavitù, ma spesso non sono riuscite a comprendere la complessità della condizione delle schiave. Le relazioni maschio-femmina all’interno della comunità degli schiavi non potevano conformarsi al modello ideologico dominante. Questo è uno dei paradossi del sistema schiavistico: soggiogando le donne con il più crudele sfruttamento immaginabile, si gettarono le basi affinché queste attraverso atti di resistenza reclamassero la propria uguaglianza nelle relazioni sociali. La vita domestica aveva grande importanza nella comunità schiavista perché rappresentava l’unico spazio in cui gli schiavi potessero sentirsi veramente degli esseri umani: per questa ragione le donne non venivano svilite nelle proprie funzioni domestiche. Tuttavia non dominavano i loro uomini. Tuttavia la dichiarazione ignorava la questione delle donne nere e delle donne bianche di classe operaia. A partire dalla fine degli anni Venti, la operaie realizzarono picchetti e scioperi protestando in maniera militante contro la doppia oppressione che pativano in quanto donne e operaie: queste donne non avevano altro a cui affidarsi se non la propria forza lavoro. Inoltre nella dichiarazione mancava anche un riferimento alla condizione delle donne nere: l’assenza delle nere al congresso di Seneca Falls mise in luce il fatto che il congresso non riconoscesse un legame tra le donne nere e quelle bianche. Due anni dopo Seneca Falls si svolse la prima convention nazionale sui diritti delle donne alla quale partecipò anche Sojourner Truth (sostenitrice dell’abolizionismo e dei diritti delle donne). Nel frattempo un numero sempre più vasto di nere stava manifestando il proprio impegno verso la libertà e l’uguaglianza in maniera meno direttamente connessa con il nuovo movimento per i diritti delle donne. I più radicali abolizionisti bianchi consideravano la schiavitù un’istituzione disumana e detestabile, una forma arcaica di trasgressione della giustizia. Ma non volevano ammettere che il lavoratore e l’operaia bianchi del nord, seppur liberi, non fossero poi tanto diversi dagli schiavi del sud. Capitolo IV: Il razzismo nel movimento per il suffragio femminile Al primo meeting della Equal Rights Association nel 1867 Elizabeth Stanton richiamò la tesi per cui era più importante che ottenessero il diritto di voto le donne che gli uomini neri. Finita la guerra Civile le collaboratrici di Stanton chiesero al partito Repubblicano di essere ricompensate per il loro impegno bellico attraverso il suffragio femminile, ma i repubblicani non lo concessero. Essi infatti erano maggiormente interessati al suffragio maschile dei neri: questa era una mossa tattica finalizzata ad assicurare l’egemonia politica del partito Repubblicano nel sud. Questa mossa fece indignare le femministe della Equal Rights Association. Le partecipanti all’associazione davano per scontato che l’abolizione del sistema della schiavitù avesse elevato il popolo nero a una posizione nella società statunitense paragonabile in ogni aspetto a quella delle donne bianche di classe media. Questa ipotesi ignorava l’assoluta precarietà della nuova “libertà” che il popolo nero aveva appena conquistato durante il periodo postbellico. la continua oppressione economica dell’epoca postbellica non era l’unica ragione per l’urgente richiesta del voto da parte dei neri: la sfrontata violenza sarebbe sicuramente continuata finché i neri non avessero Questa accettazione priva di dubbi del sistema economico capitalista era evidente anche nel programma del movimento per i diritti delle donne. Le leader del movimento per i diritti delle donne non avevano il sospetto che ci potesse essere un legame sistemico tra la schiavitù dei neri al sud, lo sfruttamento economico degli operai al nord, e l’oppressione sociale delle donne. L’argomento principal di qu sto congresso fu l’imminente concessione del diritto di voto i neri. L’altr punto era valutare se le suffragiste v lessero appoggiare il voto dei neri anche nel caso in cui le donne non avessero potuto ottenerlo nella stessa occasione. Il principio di unità che stava alla base della fondazione della Equal Rights Association era senza dubbio irreprensibile. La loro difesa dei propri interessi di donne bianche di classe media mette a nudo la natura tenue e superficiale delle loro relazioni con la campagna postbellica per l’uguaglianza dei neri. Lo scioglimento della Equal Rights Association mise fine alla tenue e potenzialmente straordinaria alleanza Frederick Douglass affermava che la lotta per il suffragio dei neri dovesse essere una priorità strategica sugli sforzi di ottenere il voto per le donne. Egli vedeva il voto come un’arma indispensabile che poteva completare il processo non ancora terminato di dissoluzione della schiavitù. ottenuto il potere politico. La popolazione di ex schiavi era ancora costretta a lottare per difendere la propria vita e solo il voto poteva assicurarne la vittoria. Rappresentando la vecchia classe di proprietari di schiavi, il partito Democratico cercava di ostacolare l’estensione del diritto di voto alla popolazione maschile nera del sud. Pertanto molti leader democratici difendevano il suffragio femminile come una misura tattica contro i loro avversari repubblicani. La ricostruzione radicale del sud si basava sul nuovo diritto di voto per i neri, era un’epoca di progresso senza paragoni. Tuttavia il partito Repubblicano sostanzialmente si opponeva alle richieste rivoluzionarie della popolazione nera. Una volta che i capitalisti del nord avevano imposto la propria egemonia nel sud, il partito Repubblicano partecipò in maniera sistematica alla privazione dei diritti civili del popolo nero. Capitolo V: Il significato dell’emancipazione secondo le donne nere Dopo l’emancipazione le masse nere, uomini e donne, si ritrovarono in un indefinito stato di peonaggio (= forma di lavoro forzato). Il sistema dei lavori forzati non faceva differenze tra lavoro maschile e lavoro femminile. Questa perversione del sistema della giustizia criminale era oppressiva per gli ex schiavi nel loro complesso, ma le donne erano più esposte alle brutali violenze del sistema giudiziario. Gli abusi sessuali che avevano patito in maniera continuativa durante la schiavitù non si fermarono con l’avvento dell’emancipazione. Per almeno un centinaio di anni un numero significativo di donne non riuscì a sfuggire al lavoro domestico. Uno degli aspetti più umilianti del servizio domestico nel sud era la revoca temporanea delle leggi di Jim Crow nel momento in cui un servitore nero di trovava ad accompagnare un bianco. La condizione vulnerabile delle lavoratrici domestiche ha continuato ad alimentare i persistenti miti sull’immoralità delle donne nere. In questi anni il censimento divenne una prova della tesi per cui “i neri sono servitori, i servitori sono neri”. La donne bianche, incluse le femministe, hanno manifestato una storica riluttanza a riconoscere le lotte delle domestiche: le persone che lavoravano come servitrici erano solitamente viste come subumane in quanto la servitrice lavorava solo allo scopo di soddisfare i bisogni della signora. La disperata situazione economica delle donne nere non mostrò segni di cambiamento fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Capitolo VI: Educazione e liberazione: le prospettive delle donne nere. Attraverso un sistema di lavori forzati i neri erano obbligati a stare dietro ai soliti ruoli scolpiti negli anni della schiavitù. Uomini e donne erano arrestati e imprigionati col minimo pretesto per poi essere dati in affitto dalle autorità come lavoratori forzati. Le donne nere che lavoravano in casa consideravano l’abuso sessuale perpetuato “dall’uomo di casa” come uno dei principali rischi professionali: furono vittime di estorsioni sul luogo di lavoro, obbligate a scegliere tra la sottomissione sessuale e l’assoluta povertà per se stesse e per le proprie famiglie. Razzismo e sessismo frequentemente convergono e la condizione delle donne lavoratrici bianche è spesso legata allo status oppressivo delle donne di colore. Il popolo nero non diede sfogo a fervori religiosi. Sapevano esattamente quel che volevano: donne e uomini volevano la terra, volevano il diritto di voto e desideravano ricevere un’istruzione. I neri impararono che per avere la terra dovevano combattere, così come per il potere politico. E dopo secoli di deprivazione educativa rivendicavano con forza il diritto a soddisfare il desiderio di istruzione. Gli esempi più sorprendenti di solidale sorellanza tra donne bianche e nere sono associati alla storica lotta del popolo nero per l’istruzione. Non può essere una coincidenza che così tante donne bianche che difesero le nere nelle situazioni più pericolose erano coinvolte nella lotta per il diritto all’educazione. Dopo la rivolta di Nat Turner del 1831 in tutto il sud fu resa più severa la legge che proibiva l’istruzione degli schiavi. Come insegnanti le donne bianche e nere sembravano aver sviluppato un profondo e intenso rapporto di reciproca stima. Sebbene il periodo successivo alla ricostruzione, e concomitanti leggi di segregazione razziale di Jim Crow, diminuirono drasticamente le opportunità educative dei neri l’impatto degli anni della ricostruzione non poté essere completamente cancellato. Capitolo VII: Il suffragio femminile tra Ottocento e Novecento: l’influenza crescente del razzismo Il razzismo stava obiettivamente crescendo e i diritti e le vite del popolo nero erano in pericolo. Solo con l’ultimo decennio del diciannovesimo secolo la campagna per il suffragio femminile comincia ad accettare definitivamente il suprematismo bianco: la N.A.W.S.A. approvò una risoluzione che respingeva in maniera elegante i diritti delle donne nere e immigrate assieme ai diritti dei loro compagni di sesso maschile. Il terrore e la violenza obbligavano gli operai neri del sud ad accettare salari da schiavi e condizioni di lavoro che spesso erano peggio della schiavitù. La posizione della N.A.W.S.A. certificava che l’associazione di suffragiste era una forza politica potenzialmente reazionaria pronta ad andare incontro alle richieste dei suprematisti bianchi. Il rifiuto di affrontare la questione del razzismo avrebbe incoraggiato l’espressione di pregiudizi contro i neri all’interno dell’organizzazione. Un atteggiamento evasivo sulla lotta per l’uguaglianza dei neri rappresentava una forma si subordinazione al razzismo, o peggio era un deliberato incentivo alla violenza prodotta dalle forze suprematiste bianche dell’epoca. Col nuovo secolo razzismo e sessismo si legarono: durante i primi anni l’influenza delle idee razziste fu più forte che mai. Mentre il razzismo sviluppava radici all’interno delle organizzazioni femminili bianche, anche il culto sessista della maternità si infiltrava in quel movimento che pretendeva di eliminare la supremazia maschilista. Razzismo e maschilismo si fortificavano a vicenda. Nel 1903 la N.A.W.S.A. fu testimone di un’esplosione di argomentazioni razziste, a dimostrazione del fatto che le propugnatrici della supremazia bianca erano decise a prendere il controllo dell’organizzazione. Il conflitto razziale non emergeva spontaneamente ma era pianificato coscientemente dai rappresentanti della classi economiche in ascesa. Dovevano impedire l’unità delle classi lavoratrici in modo da facilitare i propri progetti di sfruttamento. Per La posizione evidentemente “neutrale” che la leadership della National American Woman Suffrage Association adottò sulla “questione razziale” in realtà incoraggiò la proliferazione di idee esplicitamente razziste nelle file del movimento suffragista. L’ultimo decennio del diciannovesimo secolo fu un momento critico nello sviluppo del razzismo moderno, sia per il rilevante sostegno istituzionale che ricevette, che per le sue giustificazioni ideologiche. La promozione sempre più amplificata della propaganda razzista era accompagnata dalla diffusione parallela di idee sull’inferiorità della donna. pubblicamente gli episodi di violenza subita, minacciata o portata a termine. In questo modo è venuto alla luce un fatto impressionante: poche donne possono dire di non aver subito o rischiato, almeno una volta nella loro vita, un’aggressione sessuale. La falsa accusa di stupro emerge come uno degli strumenti più terribili forgiati dal razzismo. Dopo aver subito loro stesse violenza sessuale mai o quasi mai le donne nere hanno trovato supporto nella polizia locale; al contrario sono molto numerosi i casi dì denuncia di donne nere per aggressione sessuale per mano della polizia. Agli inizi del movimento contro lo stupro poche teoriche femministe hanno analizzato seriamente la condizione specifica delle donne nere vittime di violenza. Prima della fine del diciannovesimo secolo i club delle donne nere condussero una delle primissime proteste pubbliche contro gli abusi sessuali. Durante la schiavitù il diritto di disporre dei corpi delle schiave reclamato dei proprietari e dai commercianti di uomini era diretta espressione del loro presupposto diritto di proprietà sull’intera popolazione. L’idea del nero come stupratore rinforza ulteriormente la legittimità degli uomini bianchi a disporre dei corpi delle nere come oggetti sessuali. Le nere hanno compreso che non potevano resistere alle aggressioni sessuali senza attaccare allo stesso tempo la falsa accusa dello stupro come alibi per i linciaggi. Il mito dello stupratore fu un’invenzione politica: il linciaggio, prima che si costituisse come istituzione, aveva bisogno di essere giustificato per la sua brutalità e la sua violenza. Queste circostanze generarono il mito dello stupratore nero e lo stupro emerse come il mezzo più efficace per giustificare il linciaggio dei neri. Le ripercussioni di questo nuovo mito furono immense: non solo riuscì a soffocare ogni opposizione al linciaggio, ma riuscì a indebolire il supporto dei bianchi alla causa dell’uguaglianza dei neri. Frederick Douglass sostiene che accusare i neri di stupro non era credibile per l semplice ragione che questo avrebbe implicato un cambiamento radicale e istantaneo del carattere morale e mentale delle persone di colore. I capitalisti godevano di conseguenza di un doppio vantaggio: da una parte l’ipersfruttamento della forza lavoro nera assicurava ulteriori profitti; dall’altra si potevano disinnescare le ostilità dei lavoratori bianchi nei confronti dei loro padroni. Percependo l’accusa di stupro come attacco all’intera comunità nera, le donne nere si misero presto alla guida del movimento contro il linciaggio. Nel 1930 fu fondata la Association of Southern Women for the Pervention of Lynching cui obiettivo era di mettere in discussione il linciaggio come pratica necessaria a difendere le donne del sud. Il razzismo ha sempre ricavato forza dalla sua capacità di alimentare la violenza sessuale. Quando gli uomini bianchi si persuasero di poter stuprare le nere nella totale impunità. La loro condotta nei confronti delle bianche non poté che risentirne. Il razzismo è sempre servito come istigazione allo stupro e le donne bianche negli USA ne hanno inevitabilmente subito il contraccolpo. Il linciaggio era una forma esplicita di contro-insurrezione, una garanzia che i neri non avrebbero avuto le forze di raggiungere gli obiettivi di cittadinanza e dell’uguaglianza economica. I bianchi che partecipavano alla pratica del linciaggio assumevano inevitabilmente un atteggiamento di solidarietà razziale con quegli altri bianchi che erano in realtà i loro oppressori. La Association of Southern Women for the Prevention of Lynching fu una risposta tardiva all’appello delle nere, ma l’ampio eco delle sue conquiste illustra il ruolo particolare delle bianche nella lotta contro il razzismo. Udurante la schiavitù ciò che stava alla base della licenza di violentare le donne nere era il potere economico dei proprietari di schiavi. Allo stesso modo la struttura di classe della società odierna alimenta un medesimo incentivo allo stupro. La violenza sessuale rinforza la loro vulnerabilità allo sfruttamento economico. La struttura di classe del capitalismo incentiva gli uomini che esercitano il potere sul terreno politico ed economico a diventare agenti quotidiani dello sfruttamento sessuale. La proliferazione della violenza sessuale è il volto urtale dell’intensificazione generalizzata del sessismo che necessariamente accompagna questa aggressione economica. Capitolo XII: Razzismo, controllo delle nascite e diritti riproduttivi Il controllo delle nascite, la possibilità di una scelta individuale, i metodi contraccettivi sicuri e l’aborto sono tutti requisiti fondamentali per l’emancipazione. Questo movimento è riuscito solo raramente a unire donne di diversa estrazione sociale. Nel 1973 la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì che il diritto di una donna a decidere della propria vita privata non potesse prescindere dal diritto di decidere se abortire o meno. Al problema dell’assenza delle donne oppresse dal razzismo nella lotta per il diritto all’aborto vennero date due spiegazioni: 1. Le donne nere erano sovraccaricate dalla lotta contro il razzismo; 2. Non avevano ancora preso coscienza della centralità del sessismo. Le donne di colore non avrebbero mai potuto ignorare l’importanza della campagna per il diritto all’aborto: erano a favore del diritto all’aborto ma non per questo sostenitrici dell’aborto. Le donne nere hanno sempre abortito da sole sin dai primi tempi della schiavitù. La lotta contro il razzismo deve essere una questione permanente nel movimento contro gli abusi, che deve difendere non soltanto le donne di colore ma anche la molte vittime della strumentalizzazione razzista dell’accusa di stupro. L’esistenza diffusa delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro non è mai stata un segreto. È proprio sul lavoro che le donne sono più vulnerabili. Avendo già stabilito un dominio economico sulle donne loro sottoposte, i datori di lavoro sentono di poter affermare la propria autorità anche in termini sessuali. La campagna per il controllo delle nascite ha origine nel diciannovesimo secolo, quando le femministe rivendicano per la prima volta la “maternità consapevole” La più importante vittoria del movimento contemporaneo per il controllo delle nascite è avvenuta nei primi anni Settanta con la legalizzazione dell’aborto. Aborti e infanticidi erano gesti di disperazione motivati non da questioni biologiche ma dalla condizione oppressiva della schiavitù. Nelle fasi iniziali si affermò che la legalizzazione dell’aborto avrebbe fornito una valide alternativa ai problemi posti dalla povertà. Questa affermazione rifletteva la tendenza ad offuscare la distinzione tra il diritto all’aborto e una posizione favorevole degli aborti. Mentre le donne hanno probabilmente sempre sognato metodi contraccettivi infallibili, fu solo a partire dal movimento per i diritti riproduttivi che questa rivendicazione acquistò legittimità. A partire dagli anni Settanta dell’Ottocento le femministe difesero pubblicamente la maternità come libera scelta. La rivendicazione della maturità come libera scelta non si confaceva alla situazione delle donne della classe lavoratrice impegnate nella lotta per la sopravvivenza economica. La diminuzione delle nascite sottintendeva di fatto che le donne stessero limitando la loro attività sessuale. Le fautrici della contraccezione acconsentivano o almeno tolleravano il controllo delle nascite come mezzo per prevenire la proliferazione delle “classi inferiori” e come antidoto al suicidio della razza, che poteva essere evitato attraverso l’introduzione del controllo delle nascite tra le persone nere, immigrate e povere. Margaret Sanger proveniva da una famiglia di classe operaia quindi era perfettamente a conoscenza del problema delle nascite nelle famiglie povere. La sua adesione al movimento socialista fu una ragione per sperare che la campagna per il controllo delle nascite prendesse una direzione progressista. Quando Sanger costruì una campagna indipendente per il controllo delle nascite si trovò esposta alla propaganda anti-neri e anti-immigrati dell’epoca basata sul razzismo e sulle teorie eugenetiche. Nel 1932 passò la legge sulla sterilizzazione in 26 stati e così si impedì a migliaia di persone considerate “inadatte” di riprodursi. La federazione domandò il reclutamento di sacerdoti neri perché dirigessero i comitati locali per il controllo delle nascite e propose una campagna di sensibilizzazione dei neri. Le politiche demografiche del governo degli stati uniti hanno un innegabile aspetto razzista. Le donne native americane, chicane, portoricane e nere continuavano ad essere sterilizzate in numero elevato. Durante gli ultimi anni la lotta contro la sterilizzazione forzata è stata portata avanti innanzitutto dalle donne portoricane, native americane, nere e chicane. Capitolo XIII: Verso la fine del lavoro domestico: una prospettiva working class Uno dei segreti meglio custoditi dalle società a capitalismo avanzato riguarda la possibilità di una trasformazione radicale della natura del lavoro domestico: il lavoro domestico non ha più bisogno di essere necessariamente considerato un’attività a carattere privato. La prospettiva di questo cambiamento viene Questo fenomeno fu pubblicamente interpretato in chiave razzista e anti-operaia dagli ideologi del capitalismo monopolistico. Poiché le donne bianche statunitensi stavano mettendo al mondo sempre meno bambini, negli ambienti ufficiali iniziò a diffondersi l’idea del “suicidio della razza”. Le teorie razziali pseudo-scientifiche associate alla campagna eugenetica fornirono delle scuse alla condotta dei nuovi gruppi monopolistici. L’eugenetica aveva influenzato innegabilmente il movimento per il controllo delle nascite. Il movimento per il controllo delle nascite era stato definitivamente spogliato del suo potenziale progressista raccomandando non il diritto individuale al controllo delle nascite, ma una strategia razzista di controllo della popolazione. Le donne probabilmente saluterebbero con entusiasmo l’avvento dell’ “uomo di casa”, ma la desessualizzazione del lavoro domestico non ne altererebbe la natura oppressiva. Poiché ne deriverebbe un profitto molto ridotto, il lavoro domestico industrializzato sarebbe una maledizione per l’economia capitalista.