Scarica Economia politica II e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Economia Politica solo su Docsity! Capitale finale= capitale iniziale + utile/perdite (reddito dell’esercizio). Il conto economico serve a capire da dove nasce la ricchezza, il ce esprime il reddito che è la variazione che subisce il patrimonio per effetto della gestione. Il conto finanziario spiega la variazione solo delle disponibilità liquide, della cassa. Dinamica economica
* Grandezze di riferimento.
* Misurazione del redi
te [R-c co ]
® Condizione
—- Assenza di operazioni dirette sul capitale
ep fiorini coni ___]
Ricerca di artori determinanti
* Orizzonte temporale assunto a riferimento
Reddito totale”
Reddito “di esercizio” (— “competenza economica”)
La dinamica economica di esercizio:
i componenti positivi e negativi di reddito
Fattori produttivi breve ciclo di utilizzo (materie prime,
scnilavorati, merci, prodot finiti)
Partecipano alla frazione del suino di sevizi tramite a erazione dei
Coni Ricavi
@ Fattori produttivi a lento cielo di utilizzo (impianti, macchinari,
trezzature, sce.)
2)LE FUNZIONI DEL BILANCIO Il bilancio ha 2 funzioni: -è uno strumento di conoscenza à serve per consentire a qualcuno di conoscere l’andamento della azienda per questo si chiama anche il bilancio “rendiconto”. Il bilancio è redatto dagli amministratori (chi governa), lo porta in approvazione all’assemblea dei soci o al consiglio di sorveglianza. Soddisfa le attese di informazione degli stakeholders. Consente un giudizio sull’andamento dell’impresa. Ampliamento da interessi interni a interessi esterni. Interessi interni o Serve al socio di maggioranza (soggetto economico – chi comanda) poiché interessato alla salvaguardia dell’integrità del patrimonio netto. Utile che si deve produrre per poter avere la stessa capacità di acquisto che avevo ad inizio anno bancario? —> i valori storici. • L’attività di monitoring che fanno le banche sulle imprese è complessa perché è un’attività esterna, e il bilancio è redatto dal management (in Italia coincide con lo shareholder), se aumentano gli utili, è verosimile che la proprietà di shareholders si distribuiscano l’utile e quindi poi l’azienda risulta impoverita, ma l’utile NON è definitivo, ma lo sarà quando ho venduto, fino a quando non vendo è solo potenziale à si parla di utile non realizzato, e non si possono distribuire, in questo modo si tutela il sistema bancario, chiedendo i valori storici e così l’utile è molto più ridotto perché applico delle norme prudenti e quindi non c’è neanche la tentazione di distribuire un utile non realizzato. • Più attenzione verso le banche e non verso gli investitori, perché nel nostro sistema i finanziamenti arrivano attraverso le banche e non la borsa. Nei sistemi economici anglosassoni, la situazione è opposta, i finanziamenti arrivano attraverso borsa e fondi di investimento e quindi viene fatto ai valori correnti. -seconda finalità del bilancio: il bilancio è anche uno strumento di comportamento, cioè giacché è un mezzo di comunicazione, siccome serve per informare i vari soggetti, e quindi il management e lo usa per suscitare reazioni favorevoli nei miei confronti di impresa, e questo si fa usando gli spazi discrezionali lasciati nella compilazione del bilancio à operazioni di window dressing che sono le politiche con le quali abbellisco la mia “vetrina”, così chi vede il mio bilancio ne rimane colpito, cosicché i valori in bilancio lascino reazioni positive. Questa finalità viene esercitata in due modi: o Criteri di classificazione delle poste patrimoniali e reddituali —> cioè come ordino le voci di bilancio o Criteri di valutazione delle operazioni in corso di svolgimento —> come valuto le diverse operazioni proprio nei valori da inserire in bilancio (qui si fa maggiore politica di Window dressing) Negli spazi discrezionali vengono operate due politiche di bilancio (oppure earnings management), che possono essere: • Lecite (entro i limiti della normativa) • Illecite (vanno oltre il confine della normativa) -> es. Parmalat scandalo colossale; L’impresa, quindi, può fare politiche di bilancio classificatorie o valutative. Un’ulteriore discrezionalità nella scelta dei “sistemi di riferimento” con conseguente adozione di principi diversi a fondamento del bilancio: ◦Normativa nazionale (codice civile); ◦Principi contabili internazionali (IAS/IFRS). (Es. Se sono una multinazionale tascabile, fenomeno tipico italiano, e mi interfaccio con clienti di tutto il mondo, dovrei necessariamente fare il bilancio con principi internazionali perché so che il mio cliente brasiliano lo può conoscere, così tutti mi possono comprendere) Il grado di discrezionalità dipende da: ◦Rigore normativa giuridica ◦ Natura specifica dell’attività d’impresa à esistono settori molto diversi e ognuno deve rispettare le norme del sistema dove si trova, ognuno ha il proprio sistema normativo; ◦ Possibilità di scelte alternative del sistema di riferimento (norme nazionali o principi contabili internazionali) 3)SISTEMA DUALE DI BILANCIO IN ITALIA “Duale” perché in Italia esistono due sistemi di regole concorrenti, cioè che posso scegliere uno dei due; infatti, una stessa azienda può usare entrambi i sistemi per ottenere risultati diversi, e quindi incentrare l’attenzione su punti diversi. Questi due sistemi hanno due figure diverse dietro perché hanno approcci distinti. Ambito di applicazione degli IAS/IFRS in Italia A chi si applica questo sistema? -Con obbligo dal 2005: • Gruppo A à i bilanci consolidati, cioè quello delle holding, redatto dalle capogruppo, cioè la holding capo fa il suo bilancio, e poi tutti i soggetti al di sotto fanno il loro, e poi messi assieme formano i bilanci consolidati. Deve essere fatto da: - Società quotate (anche se non sono holding); - Società non quotate: ➢ Società con strumenti finanziari diffusi presso il pubblico; ➢ Banche italiane; ➢ Società di assicurazioni; ➢ Altri enti finanziari vigilati; Tutto il mondo della finanza deve utilizzare il sistema dei principi contabili internazionali. • Gruppo B (con obbligo dal 2006) - Bilancio individuale di società - Bilancio individuale di società di assicurazioni quotate che non redigono il bilancio consolidato -Con facoltà di scelta dal 2005: • Gruppo D - Bilancio consolidato di società non quotate; • Bilancio individuale di imprese consolidate da società di cui al gruppo A e di cui al gruppo D. Tali fonti si articolano secondo una scala gerarchica composta da tre livelli. L’obiettivo di fondo, dato dall’art. 2423, sta al vertice della piramide gerarchica ed è rappresentato dalla clausola generale, la quale riporta i documenti, le finalità e le modalità di attuazione di tali finalità. Il secondo livello della piramide affronta in modo più operativo la clausola generale, introducendo i principi generali di redazione e classificazione (es. competenza, prudenza, realizzo, …). Il terzo livello della piramide rende ancora più operativi i concetti illustrati nel primo e nel secondo livello; introduce le norme applicative di struttura e i criteri di valutazione, le quali spiegano come concretamente redigere lo schema e fare le valutazioni di fine anno. -Art. 2423: • I comma: gli amministratori devono redigere il bilancio d’esercizio, perché loro rendicontano sull’attività svolta, costituito da: Stato patrimoniale, Conto economico, Rendiconto finanziario, Nota integrativa, Relazione sulla gestione (correda il bilancio, ma non è approvata dall’assemblea dei soci e non genera impugnative per falso in bilancio.) • II comma: il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale, finanziaria e il risultato economico dell’impresa; Se il bilancio non dovesse essere redatto in modo chiaro, corretto e veritiero ci sarebbero problemi. Principi generale di chiarezza, veridicità, correttezza -Chiarezza: un bilancio per essere chiaro (se non lo è, è impugnabile perché falso) deve essere comprensibile e trasparente a tutti. Per comprensibile si intende che esso deve essere facilmente leggibile non solo per coloro i quali operano all’interno dell’azienda ma anche per tutti coloro i quali hanno interesse a prendere visione del bilancio della società e ad analizzarlo (creditori, fornitori, clienti e tutti quei soggetti nominati all’inizio). La terminologia e le espressioni del bilancio devono essere comprensibili a tutti questi soggetti, così come lo devono essere le spiegazioni poste in nota integrativa e le denominazioni delle voci di stato patrimoniale e conto economico. Definire il confine tra ciò che è comprensibile e ciò che non lo è spesso, in sede di contenzioso, appare molto complicato. Per trasparente, il legislatore intende rendere informati i terzi del processo di formazione sostanziale con il quale si formano i valori di bilancio (in nota integrativa) e di rappresentazione formale. La chiarezza riguarda la struttura e il contenuto dei singoli documenti che compongono il bilancio. Stato patrimoniale e conto economico sono prospetti quantitativi: per loro la chiarezza si qualifica esponendo i dati secondo una sequenza logica stabilita dal Codice civile. Dunque, vi sono schemi prestabiliti, contenuti nel codice civile, che ne definiscono la struttura. Rispettando tali schemi per la redazione dei conti di stato patrimoniale e del conto economico, il principio di chiarezza è automaticamente rispettato. Tali schemi contenuti nel codice civile sono molto rigidi, al contrario di quelli stabiliti dai principi contabili internazionali IAS/IFRS che non lo sono. Tuttavia, non esattamente tutte le imprese hanno le medesime voci di bilancio (es. le squadre di calcio avranno voci particolari). La legge, a tal fine, consente di aggiungere, suddividere, raggruppare e adattare le voci ma non altro. Il rendiconto finanziario è diventato, dal 2015, in Italia, un documento obbligatorio che compone il bilancio di esercizio; prima lo era solo per le grandi società. Nonostante sia un documento obbligatorio, il legislatore non ha stabilito per esso uno schema predefinito. Chi entra in gioco in questo caso in cui vi siano lacune da colmare? L’OIC, in quanto emana un principio contabile che stabilisce come redigere il rendiconto finanziario secondo uno schema preciso. Ciò accade in seguito alla già citata funzione interpretativa e integrativa che tale organo ha. Tali principi stabiliti dall’OIC sono quasi assimilabili a norma di legge. Per quanto riguarda la nota integrativa, lo schema è lasciato alla discrezionalità di colui il quale redige il bilancio; il codice civile dice solo cosa va inserito in nota integrativa ma non dice il come. La nota integrativa è un documento descrittivo. Nemmeno l’OIC impone forme prestabilite per la nota integrativa. La chiarezza, dunque, descrive la rappresentazione dei valori e degli schemi. -Veridicità: il legislatore ha usato il termine veridicità e non verità perché non esiste un bilancio vero, questo è impossibile. Il principio della rappresentazione veritiera e corretta riguarda i criteri di valutazione. Innanzitutto, prima di cercare di capire cosa intende dire il legislatore con la parola “veridicità”, occorre fare una premessa: non esiste una verità oggettiva di bilancio. Il legislatore ha un’idea di veridicità molto prudente. Nell’ambito della disciplina del bilancio esistono tre tipi di “quantità”: 1) quantità oggettive à si intende che il valore inserito all’interno del bilancio o è vero oppure è falso; non vi è medesimo articolo. • art. 2423 c.c. QUARTO COMMA: “Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione.” Come già detto, questo quarto comma dell’art. 2423 c.c. introduce il principio della rilevanza. Esso ha tre punti chiave; il primo tratta del “superamento” delle norme in caso di loro irrilevanza informativa, il secondo punto chiave, però, sottolinea il fatto che ciò non influenza in alcun modo l’obbligo a una regolare tenuta delle scritture contabili e il terzo punto tratta di rilevazione in nota integrativa dei criteri per tale disposizione. La regola generale dice che quando c’è una rivalutazione che porta ad un utile non realizzato, tale utile va collocato in una riserva non distribuibile. • art. 2423 c.c. QUINTO COMMA: “Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato”. Tale comma introduce la DEROGA OBBLIGATORIA che si applica - in casi eccezionali à quelli in cui è stato attestato il cambiamento della destinazione economica (=la funzione che il bene ha) di un bene. ESEMPIO 1: in un terreno ha un giacimento di gas, da agricola diventa ad estrazione di gas. ESEMPIO 2: ho un terreno che è dichiarato non edificabile. Cambia il piano regolatore e il terreno diventa ora edificabile; è, anche qui, cambiata la destinazione economica del terreno e, con tale cambio, il valore che prima aveva il terreno non è più compatibile con quello che ha adesso, nettamente rivalutato. ESEMPIO 3: Ho un terreno in cui c’è un rustico. Ricevo la licenza e decido di trasformare tale rustico in agriturismo. Il cambio di destinazione economica è evidente: prima tale rustico era utilizzato come vecchia cascina, deposito magari, adesso è diventato un agriturismo. Tali casi sono tuttavia molto rari e riguardano spesso (ma non sempre) terreni. QUESTA NON È LA SITUAZIONE ECCEZIONALE DEL 2423 BIS, QUESTA È QUELLA DELLA DEROGA OBBLIGATORIA!!! - se c’è un conflitto tra la clausola generale e una norma specifica del codice civile in tema di strutture di conti e/o valutazioni, colui il quale redige il bilancio, è obbligato (dunque è un obbligo, non una facoltà) a disattendere la norma del codice civile che contrasta con la clausola generale, ovvero che non rispetta il concetto di rappresentazione chiara, veritiera e corretta. ESEMPIO: ho terreno comprato a 100 mila, ottengo concessione edilizia per costruire una casa, il nuovo valore di mercato (ho fatto una stima) può valere circa 1 milione. Se scrivo 100 mila non è la rappresentazione veritiera dell’asset, perché aumenta l’equity, il patrimonio aumenta. Iscrivo il terreno quindi a un valore di mercato che stimo io. Dunque, i due presupposti necessari affinché si verifichi tale deroga obbligatoria sono l’essere in presenza di un caso eccezionale e l’incompatibilità della norma con la clausola generale. Come già detto, le deroghe avvengono in tema di strutture degli schemi di bilancio e valutazioni. La parte di tale comma che recita “La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e sul risultato economico” intende dire che, in nota integrativa, occorre indicare cosa sarebbe successo in stato patrimoniale e conto economico se la deroga non fosse stata utilizzata. Come è stato già detto, uno dei presupposti affinché debba essere utilizzata tale deroga obbligatoria è l’essere in presenza di un caso eccezionale; ma cosa vuol dire, esattamente, casi eccezionali? Vi sono molti dibattiti a riguardo, ma il caso eccezionale tipico lo si riscontra nel cambio della destinazione economica del bene (ossia utilità diversa da quella per cui tale bene è stato acquistato). In questo caso è possibile che il criterio che veniva utilizzato prima non sia più adatto a rappresentare il valore corretto del bene in questione, dato che il bene viene, ora, utilizzato in modo diverso. Da non dimenticare, inoltre, che oltre al fatto che bisogna essere in presenza di un caso eccezionale, è necessario che vi sia anche incompatibilità con la rappresentazione veritiera e corretta affinché tale deroga si debba applicare. Il quinto comma dell’art. 2423 recita anche. “Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.” Perché tale utile deve essere iscritto in una riserva non distribuibile? Sarebbe giusto distribuire tale “utile” ai soci? No che non sarebbe giusto, in quanto tale valore (€90.000,00 nell’esempio del quaderno) è un valore stimato/presunto, non definitivo. Fino a quando non vendo il terreno (vendita a ma è un costo aggiuntivo che inserisco a ce, ma si fa perché è disciplinato dalle norme contabili. Metodo finanziario adottato dai principi internazionali, metodo patrimoniale usato per i principi civilistici. 3)Principio di realizzazione si riferisce propriamente ai ricavi e dice che i ricavi sono riconosciuti in bilancio quando c’è la realizzazione cioè quando ho la consegna del bene o la prestazione di servizio. Nel mondo IAS è un momento diverso. Quando la realizzazione si riferisce non solo ai ricavi, ma anche agli utili allora bisogna inserire nel ragionamento i costi e nasce il principio di correlazione cioè fissati i ricavi devo iscrivere a ce i costi sostenuti per conseguire i ricavi. Sono iscritti i ricavi realizzati a cui sono contrapposti i costi correlati e in più i costi svaniti à cosa sono i costi svaniti? ESEMPIO: produco e vendo 1 milione di paio di scarpe (perché le ho consegnate) poi devo stabilire i costi sostenuti per produrre queste scarpe i costi sostenuti per produrre scarpe che non ho venduto non sono costi del ce, ma sono rimanenze finali. Sono quindi costi sostenuti che produrranno ricavi in futuro. Se ho in magazzino pelle che si è danneggiata e non posso più utilizzarla, o un fattore che diventa obsoleto, scade, non è più utilizzabile in futuro per produrre prodotti finiti sono ricavi svaniti. Quindi: ricavi realizzati–costi correlativi-costi svaniti = utili realizzati (non è così nel ce IAS) 4)Principio della prudenza: mentre la realizzazione non consente di iscrivere “utili solo sperati” cioè che il principio del realizzo si fonda su ricavi realizzati-costi correlativi-costi svaniti se io ho ricavi non realizzati questi non vanno a ce. Quindi questo principio dice che i ricavi solo sperati futuri non si possono iscrivere e quindi gli utili sperati non si possono iscrivere. Evita di iscrivere a ce utili non realizzati, li posso iscrivere solo per deroga obbligatoria ma solo se eccezionali, ma sono casi rari. La prudenza dice che le perdite attese, presunte future, invece devono essere iscritte per prudenza. Se so che consegnerò 1 milione di paio di scarpe, con costi di 1 milione e 100, so già che farò vendite in perdita. Questa perdita non realizzata contrasta il principio di realizzo e non dovrei considerarla, ma la prudenza dice che la perdita non realizzata deve essere iscritta lo stesso; quindi, iscriverò le perdite attese future stimate. Si dice che la “prudenza batte il realizzo” perché per il principio di realizzo non dovrebbero essere iscritte a bilancio perché sono future, perché il nostro bilancio è sempre visto nella prospettiva dell’impresa verso la banca e per la prudenza gli utili devono essere i più limitati possibili, per far sì che l’imprenditore non distribuisca utili più alti. Quando si deve stimare il valore di un bene nell’attivo, per esempio stimare il valore delle rimanenze di magazzino, nel dubbio quando si stima un valore positivo si deve prendere sempre il minor valore per prudenza; il contrario per le voci del passivo invece si deve prendere il maggior valore negativo. Alcuni dicono, infatti, che il nostro bilancio si fonda sulla stima di un reddito prudenziale e che il nostro realizzo è un realizzo prudenziale. Perdite presunte future si iscrivono a ce. Facciamo 2 esempi -prevedo di produrre scarpe che non vendo e andranno a magazzino che però venderò a 900 mila euro, le venderò quindi in perdita. Se ho rimanenze 1 milione e che venderò a 900 mila perderò 100 mila, siccome è perdita futura verrà iscritta a bilancio per il principio di prudenza. Se magazzino lo venderò a 900 mila si dovrà valutare a 900 quindi il magazzino vale di meno, ho un fondo svalutazione magazzino ma in bilancio vedo solo magazzino perché il fondo va a ridurre il valore del bene. La contropartita a conto economico è la variazione del valore delle rimanenze di prodotti finiti e merci, che sarà più bassa e quindi ho minori utili perché ho anticipato una perdita futura. Se invece le scarpe le venderò a 1 milione e 500 e farò un utile di 500, ma è un utile sperato e quindi non va a bilancio. -il fisco comunica che io ho evaso, chiedono 1 milione si può perdere dai 300 ai 500 mila, è un valore negativo, prendo il più alto. Come vedo questa perdita futura non realizzata? Bisogna stanziare un fondo rischi (per contenziosi tributari) a passivo dello sp, perché c’è rischio che io sia chiamato a pagare e ad avere quindi un’uscita verso il fisco. La contropartita a ce avrò un costo per accantonamento del fondo. Per il principio di prudenza devo iscrivere questa perdita. Se metto insieme realizzazione e prudenza nasce il principio di dissimmetria (o disparità di trattamento) perché in bilancio avrò gli utili solo se certi, realizzati, mentre le perdite le ho anche se probabili, non è simmetrico. 5)Principio di competenza nasce dalla combinazione del principio di realizzo, di correlazione e di prudenza e porta a spiegare la somma algebrica vista. Tale principio è molto importante ed esprime la logica secondo la quale assegnare il reddito totale della vita dell’impresa ai singoli esercizi. Il reddito di esercizio non va, infatti, inteso come ricchezza prodotta in un intervallo temporale di riferimento, ma come quota del reddito di lungo periodo attribuita all’esercizio. Significa che gli utili o le perdite di competenza economica sono quelle che chi redige il bilancio assegna all’esercizio, non quelle prodotte nell’esercizio. Il reddito è una quota di lungo periodo assegnata all’esercizio, ma non necessariamente prodotto in esso. Tale principio trova attuazione mediante l’adozione combinata dei principi di realizzazione dei ricavi e di correlazione dei costi, corretti da quello di prudenza. La competenza trova effettiva attuazione mediante la realizzazione dei ricavi, la correlazione dei costi e prudenza. Alla luce di quanto detto sopra, nella disciplina del codice, affluiscono al bilancio e sono di competenza: - utili/perdite realizzati (per il suddetto principio di sulla situazione patrimoniale, finanziaria e sul risultato economico dell’esercizio. I casi eccezionali, in questa tipologia di deroga, sono ovviamente diversi da quelli riportati dal quinto comma dell’art. 2423 c.c. in quanto, quando cambia la destinazione economica di un bene, si è obbligati ad utilizzare la suddetta deroga obbligatoria (uno dei casi eccezionali). In questa situazione, i casi eccezionali, presupposti per ricorrere alla deroga facoltativa di cui all’art. 2423-bis c.c. sono due: • Quando cambia la natura dell’attività svolta (es. cambia il tipo di business); • Quando vi è l’ingresso dell’impresa in un gruppo (es. L’azienda X valutava le partecipazioni con un determinato criterio, la società X, però, viene acquistata da un’altra società, allora può scegliere di cambiare criterio di valutazione al fine di adeguarsi alle altre società del gruppo. I vincoli a tali casi sono l’esprimere le motivazioni in nota integrativa e la citazione dei riflessi di tale deroga sulle risultanze contabili. 6)I VALORI ACCOLTI NEL BILANCIO D’ESERCIZIO REDATTO SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA Quando si redige un bilancio di esercizio, con quale sistema valutativo lo si redige? Per quanto riguarda il sistema di valori di riferimento, le alternative sono: - Valori storici (i quali sono eterogenei à Ad esempio, compro le attività in momenti temporali differenti); - Valori correnti, ossia quelli di mercato (fair value) à Ad esempio, le rimanenze oggi valgono 150, due mesi fa valevano 100, allora in bilancio scrivo 150. Tali valori sono ancorati al valore di mercato al momento della stima, ossia al 31 dicembre; - Valori di sostituzione; - Valori di rimpiazzo; I sistemi più utilizzati sono quello dei valori storici e dei valori correnti. Altra domanda a cui il legislatore deve dare risposta è: si utilizza la moneta col potere di acquisto di quel dato momento (compreso di inflazione?/nominali= valore corrente) o a valore costante (depurato di inflazione/indicizzato)? Il legislatore ha scelto il sistema contabile a valori storici e a moneta a potere di acquisto variabile (sistema contabile a valori storici nominali). Perché è stata effettuata tale scelta? In primo luogo, perché i valori storici sono molto più semplici da determinare rispetto al valore corrente e sono meno discrezionali, quindi più oggettivi. Inoltre, un valore storico è un valore stabile nel tempo, salvo svalutazioni e ammortamenti. Utilizzando un sistema a valori correnti è tutto più imprevedibile. I principi contabili internazionali, invece, utilizzano valori correnti; I sistemi contabili per l’inflazione utilizzano moneta a valori costante (indicizzato). CARATTERI DEL SISTEMA ADOTTATO IN ITALIA à Il D. Lgs. 127/91 postula un sistema di valori formato da: • Costi dei fattori misurati da uscite numerarie; • Ricavi di prodotto misurati da entrate numerarie; • Operazioni in corso valutate in base al criterio di competenza fondato sul rinvio dei costi (salvo eccezioni). Cosa significa che le operazioni in corso vengono valutate col sistema del rinvio dei costi? à Ad esempio, se ho dei jeans e non li ho venduti, il costo è di competenza dell’esercizio successivo, in cui si manifesterà il relativo ricavo di vendita. Tale impostazione è coerente con la rappresentazione veritiera e corretta del capitale di bilancio e del reddito di esercizio. I valori storici si valutano al costo; il costo storico è il criterio generale di valutazione, in Italia, perché è oggettivo. Esiste il problema di scegliere la configurazione dei costi. L’alternativa è tra costi di acquisto o costi di produzione. Definito che il criterio valutativo è il costo, come lo calcolo? -Se si sceglie il costo d’acquisto, il calcolo non è sempre immediato. Il costo di acquisto è formato dal costo di acquisto in senso stretto (fattura) e tutti gli oneri accessori (dazi doganali, consegna, costi di progettazione, collaudi, ecc.). Quando calcolo il costo di acquisto devo fare attenzione a calcolare sempre tutti gli oneri accessori. -Il calcolo del costo di produzione è disciplinato dall’art. 2426 c.c. al punto 1. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto (oneri diretti), ovvero i costi dei fattori produttivi incorporati nel prodotto finito e può comprendere altri costi per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto. Inoltre, può comprendere oneri indiretti, non incorporati nel prodotto, ad esempio spese per chi produce i jeans, costo del lavoro orario per un determinato ammontare di ore, energia che si usa nel processo produttivo, ecc. Tali oneri indiretti devono essere ragionevolmente imputabili, ossia deve esserci un criterio di calcolo dove trovo le basi del riparto. Inoltre, vi sono oneri per il periodo di fabbricazione, ossia solo quelli relativi ai processi industriali (non sono compresi in questa categoria, ad esempio, il compenso al direttore aziendale, non gli oneri relativi alle spese di auto aziendali, bensì solo gli oneri di reparto). Inoltre, oneri relativi fino al momento in cui il bene è pronto e D.Lgs 26/5/97 n. 173 (in attuazione Direttiva Cee n. 674/91), Provvedimento ISVAP n. 735 del 1° dicembre 1997 e D.Lgs n. 209 del 7 settembre 2005 (Codice delle Assicurazioni); in caso di non redazione del consolidato: Ias/Ifrs e Reg. ISVAP n. 7 del 13 luglio 2007 - bilancio consolidato: Ias/Ifrs e Reg. Isvap n. 7 del 13 luglio 2007 - oltre al settore finanziario anche le società di energia devono redigere il bilancio in questa forma. Come vengono individuati gli elementi di bilancio? La gerarchia secondo la quale vengono distinti in macroclassi (lettera maiuscola), classi (numero romano), le voci (mediante numero arabo), e le sotto-voci (lettera minuscola). Non è detto che per ogni voce vi sia un ulteriore articolazione in sotto-voci. Schema di stato patrimoniale a sezione contrapposte (passivo e attivo). All’interno dell’attivo abbiamo 4 macroclassi, il passivo 5 macroclassi, perché vi è anche il patrimonio netto che non è una passività in senso stretto. Attivo e passivo si chiudono con la stessa macroclasse “ratei e risconti” (distribuire valore da un anno all’altro). ATTIVO La prima macroclasse dell’attivo è data dai “credito verso soci” à sono i crediti che la società vanta nei loro confronti perché il socio alla costituzione o all’aumento di capitale non versa la quota corrispondente nell’immediato. Non esiste altro bilancio in Europa che prevede il versamento posticipato, ed è per questo che viene inserita come prima voce!!! Molto spesso questa voce è pari a 0, non posso eliminare la voce à principio di rigidità. La macroclasse B delle “immobilizzazioni” che si suddivide in tre classi: o immateriali: beni intangibili come brevetti o materiali: beni tangibili, durevoli o finanziarie: corrisponde alla macroclasse C, classe terza. Nelle immobilizzazioni finanziarie vado ad iscrivere le attività detenute a fini strategici non detenute per la compravendita come le partecipazioni che ci danno il controllo della società. La macroclasse C “attivo circolante”, è l’attivo non fisso, cioè tutto ciò che non ha carattere di durevolezza all’interno della azienda, suddivisa in quattro classi: o rimanenze: hanno vita limitata all’interno dell’azienda, tanto che in ce troviamo la variazione delle rimanenze. Esprime la quantità prodotta e non ancora venduta che si presume vendere nell’anno successivo. o crediti (commerciali): verso i clienti o attività finanziarie: acquisto di azioni sul mercato con lo scopo di vendita speculativa o disponibilità liquide: cassa, conti correnti bancari e tutto ciò che esprime liquidità. PASSIVO Il patrimonio netto è la macroclasse A del passivo. Fondi rischi e oneri nella macroclasse B, istituiti a copertura di rischi incerti che potrebbero versificarsi o meno. Trattamento di fine rapporto (TFR) istituito nella macroclasse C del passivo, è un fondo che ha un importo più elevato tra tutti gli altri e anche questo è una specificità italiana, non esiste negli altri bilanci. Macroclasse D dei debiti (commerciali). Il principio della destinazione originaria à nella classificazione delle attività dobbiamo tener conto della destinazione originaria che è lo scopo per il quale quella specifica attività è stata acquistata. ES. sono azienda industriale e tra le attività ho un impianto, viene classificato nelle immobilizzazioni perché è destinato a durare nel tempo. Se produco impianti, gli impianti prodotti nel mio bilancio vengono iscritti nell’attivo circolante perché la destinazione è quella della vendita e non dura all’interno dell’azienda. Se il credito nasce come credito a lungo termine rimane immobilizzazione. Nell’ambito delle macroclassi le attività vengono distinte secondo il criterio della destinazione originaria, all’interno delle macroclassi vi è una distinzione ulteriore delle classi per natura. Per i crediti vige la regola del lungo e breve termine (entro o oltre l’esercizio), distinzione temporale dei crediti, rientrano nell’attivo circolante i crediti commerciali per i quali si suppone che vengano riscossi entro i 12 mesi. sp) che prevede che i costi vengano classificati per l’area a cui questi costi vengono imputati. Quando classifichiamo i costi per destinazione andiamo ad attribuire il valore di questi costi ad ogni singola area a cui i costi sono destinati; quindi, non avremo la voce costo del personale, ma tante voci di costo del personale per esempio costo personale amministrativo/commerciale. Altro aspetto fondamentale è l’individuazione di risultati intermedi che figurano la performance dell’azienda e vengono utilizzati non solo dagli stakeholders esterni, ma anche dal management per capire se l’attività operativa si sta svolgendo in modo adeguato e riesce a coprire i costi (adeguata= produce ricavi e flussi di cassa, è fondamentale che non bruci cassa affinché si possa definire l’azienda in salute che non vive momenti di crisi economico-finanziaria). Per ottenere informazioni utili dallo stato patrimoniale occorre riclassificare le voci, mentre il ce da una lettura chiara delle performance aziendale grazie i risultati intermedi. RENDICONTO FINANZIARIO Fino a poco tempo fa non era un documento obbligatorio, per questo motivo il nostro cc non è così dettagliato nelle disposizioni in merito al rendiconto. Vi è la mancanza di una struttura obbligatoria, ma prevede un contenuto minimo che è dato dal confronto tra i valori dell’esercizio precedente e di quello in essere. Nel rendiconto a differenza dello sp e ce abbiamo due colonne: valori anno n, e anno n-1. Aiuta a comprendere da cosa dipendono i flussi di cassa in entrata o da cosa dipende il flusso di cassa in uscita cosa che non è possibile vedere dallo sp e ce perché loro ci consentono di comprendere le cause che hanno portato a questi valori. La struttura del rendiconto finanziario è normata dai principi contabili internazionali (IAS7) oppure dai principi nazionali (OIC10), che definisce la struttura e contenuto del rendiconto. Questo è il motivo per cui art 2425 non prevede una struttura obbligatoria del rendiconto finanziario; infatti, due società italiane che redigono bilancio possono avere due rendiconti differenziati. Il rendiconto prevede un contenuto minimo che è dato dal confronto dei valori dell’esercizio precedente e di quello in essere; molte voci del rendiconto sono delle differenze tra anno x e anno x-1 Il vantaggio del rendiconto è la possibilità di comprendere le cause, di comprendere da cosa dipendono i flussi di cassa in entrata o da cosa dipende il flusso di cassa in uscita perché l’azienda brucia cassa, cosa che non è possibile vedere in ce o sp. I flussi finanziari derivano da attività: • Operative à che deve per forza generare cassa • Di investimento à un’azienda performante è un’azienda che investe e che ha un cash flow di investimenti • Di finanziamento (con separata indicazione delle operazioni con i soci) à Il valore della cassa è un valore effettivo, i valori di flussi in entrata e in uscita sono effettivi, non sono manipolabili; quindi, le banche guardano molto il rendiconto finanziario. Nonostante la rigidità degli schemi, vi sono però alcuni piccoli spiragli di discrezionalità nella redazione del bilancio e in particolare il Codice civile all’art2423 ter consente che vi sia flessibilità per suddividere queste voci/sotto-voci o per raggrupparle; ES. una suddivisione tipica può essere quella legata alla voce “impianti e macchinari” che è possibile iscrivere un singolo valore o è anche possibile distinguere il valore degli impianti e il valore dei macchinari. Secondo il cc non esiste voce “automezzi”, tuttavia un’azienda di trasporti all’interno delle sue immobilizzazioni avrà un valore di automezzi molto elevato e quindi per incrementare la chiarezza del bilancio si decide di iscrivere quel valore con la voce “automezzi”. Oppure le società possono decidere di raggruppare alcune voci (es voce “crediti verso collegate/controllate ecc..,” questa voce è suddivisa in sotto-voci, un’azienda che però ha delle partecipazioni di valore esiguo potrebbe decidere di raggruppare queste voci e iscrivere tutte in una sola voce —> “crediti verso società del gruppo”), questo può essere effettuato solo quando si parla di valori esigui o per incrementare la chiarezza del bilancio e dare maggiori informazioni al lettore. Vengono imposte invece: -Le aggiunte à per voci non comprese che viene inserita per dare maggiore chiarezza al bilancio e quindi per rendere il bilancio maggiormente leggibile da parte del lettore (es. automezzi) -Gli adattamenti à sono strettamente legati all’attività svolta dall’azienda (es. un’azienda che produce solo un determinato bene e che ha in rimanenza solo un determinato bene può adattare le varie voci (es rimanenze di materie…, variazioni …) in una sola secondo la normativa italiana, i contratti di locazione finanziaria sono contabilizzati mediante il criterio patrimoniale: si iscrive il bene tra le attività anche se non lo si utilizza nel processo produttivo, avendolo dato in locazione. Ciò accade in quanto, in questo caso, si privilegia la forma sulla sostanza. Vi è anche un metodo alternativo per la rilevazione dei contratti di leasing, il metodo finanziario, previsto dai principi contabili internazionali IAS/IFRS, metodo che privilegia la sostanza sulla forma. In questo caso il bene sarà iscritto dal locatario il quale lo ammortizza e iscrive il debito; il canone viene scisso in quota capitale e quota interessi. B. I. 1. à Costi di impianto e di ampliamento La classe I. della macroclasse B. comprende le immobilizzazioni immateriali. A sua volta, la classe I. è suddivisa in più voci. La voce 1. raggruppa i costi di impianto e di ampliamento, i quali sono oneri pluriennali che la società sostiene quando viene costituita o nella fase di accrescimento della capacità operativa (es. avvio di una nuova attività, M&A, ecc.). Tali costi vengono ammortizzati, ma occorre provarne l’utilità futura; il semplice fatto di averli sostenuti non costituisce un motivo sufficiente affinché possano essere capitalizzati, ovvero contabilizzarli tra le attività dello stato patrimoniale, cioè come risorse che hanno ancora valore alla fine del periodo e non, dunque, come costi di periodo; occorre il consenso del collegio sindacale affinché avvenga quello che è stato appena esposto. L’art. 2426 c.c. inoltre recita che: “… i costi di impianto e di ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.”; il valore contabile netto di tali costi, dunque, dopo cinque anni è pari a zero. Inoltre, il legislatore pone un’altra restrizione: se la società ha dei costi di impianto non ancora ammortizzati, possono essere distribuiti dividendi solo se nel patrimonio netto sono presenti riserve distribuibili a copertura del costo non ammortizzato. Ciò è stato stabilito al fine di evitare che la società capitalizzi costi che non abbiano utilità futura con l’intento di migliorare il risultato economico di esercizio. B. I. 2. à Costi di sviluppo (di un nuovo prodotto, di un prototipo, ecc.) Tali costi vengono sostenuti nella fase precedente all’effettiva produzione. Anche in questo caso, possono essere capitalizzati tali costi solo se vi è un’utilità futura, altrimenti sono costi dell’esercizio da imputare a conto economico. Ad esempio, ho un prototipo per un determinato bene ed ho sostenuto determinati costi ma scopro, però, che tale bene non verrà mai prodotto; il costo sostenuto per il prototipo non può essere capitalizzato in quanto viene meno l’utilità futura. Se il bene non potrà essere prodotto, ciò significa che la società non otterrà nessun ricavo in quanto non venderà quel bene. Anche in questo caso, dato il rischio che la società possa capitalizzare costi senza utilità futura, la capitalizzazione del costo può avvenire previo consenso del collegio sindacale. Tali costi, inoltre, si ammortizzano secondo la loro vita utile e, in caso non possa essere determinata, i costi di sviluppo si ammortizzano in non più di cinque anni. Anche in questo caso, in presenza di costi di sviluppo non ancora ammortizzati, possono essere distribuiti dividendi solo se nel patrimonio netto sono presenti riserve distribuibili a copertura del costo non ammortizzato. B. I. 3. à Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno Sono costi pluriennali i quali, ancora una volta, per essere capitalizzati devono avere utilità futura. Tali costi riguardano o costruzione interna di brevetti per modelli di utilità e per modelli o disegni ornamentali o l’acquisto di diritti in licenza d’uso (ossia costi per lo sfruttamento) di brevetti altrui e costi sostenuti per l’acquisto o la produzione ad uso interno di un software applicativo tutelato ai sensi della legge sui diritti d’autore. Tecnicamente, se il software non è di proprietà della società ma è impiegato sotto forma di licenza d’uso, sarebbe da imputare alla voce successiva della medesima classe, tuttavia il principio contabile nazionale riconduce anche tale fattispecie alla voce B. I. 3. ma, ancora ad oggi, la situazione è piuttosto controversa. B. I. 4. à Concessioni, licenze, marchi e diritti simili Tale voce comprende i costi sostenuti per l’ottenimento di concessioni su beni di proprietà degli enti concedenti, ossia sfruttamento in esclusiva di beni pubblici quali ad esempio il suolo demaniale, i costi per l’esercizio di attività proprie degli enti concedenti, ossia si svolge un’attività che altrimenti dovrebbe svolgere l’ente concedente (ad esempio gestione regolamentata di autostrade, trasporti urbani, parcheggi, ecc.). Inoltre, tale voce comprende anche i costi sostenuti per le licenze di commercio al dettaglio che una società dovrebbe avere per svolgere un’attività giuridicamente tutelata e anche costi per l’acquisto, la produzione interna e diritti di licenza d’uso dei marchi. B. I. 5. à Avviamento L’avviamento è l’attitudine di una società a produrre utili in futuro (es. la sua posizione di mercato). Sono fattori specifici che concorrono alla formazione del risultato economico, ma che non hanno significato autonomo. Tale attitudine, però, può derivare da fattori specifici o meno. L’avviamento, inoltre, può essere acquistato a titolo oneroso, ad particolari fasi del processo. L’informativa circa il valore degli impianti generici e quello degli impianti specifici va data in nota integrativa. Per quanto riguarda la voce macchinario, non sempre è facile individuare la distinzione tra essi e le attrezzature industriali e commerciali (voce successiva); ci si affida alla funzione interpretativa ed integrativa dei principi contabili nazionali. Tuttavia, per macchinari si intende macchine impiegate nell’attività produttiva. I macchinari sono poi distinti in automatici e non automatici, rispettivamente quelli che sono in grado di svolgere da sé (automatico) ovvero con l’ausilio di persone (semiautomatico) determinate operazioni. Anche i pezzi di ricambio e di scorta, di utilizzo non frequente e di valore significativo affluiscono a tale voce. B. II. 3. à Attrezzature industriali e commerciali Le attrezzature sono strumenti (con uso manuale) necessari per il funzionamento o lo svolgimento di una particolare attività o di un bene più complesso; sono anche delle attività di supporto ai macchinari e caratterizzate da un ciclo produttivo più breve rispetto, appunto, a impianti e macchinari (es. montacarichi). Comprende, generalmente, gli utensili. Non trovano iscrizione in questa voce gli automezzi e gli imballaggi durevoli, i quali vengono iscritti nella voce successiva. B. II. 4. à Altri beni (voce residuale) In base ad alcune impostazioni, in tale voce confluirebbero molte specie di cespiti, fra cui: mezzi di trasporto interno, automezzi, macchine d’ufficio, mobili ed arredi, imballaggi durevoli, beni gratuitamente devolvibili. B. II. 5. à Immobilizzazioni in corso e acconti Tale voce è complementare a quella già analizzata per le immobilizzazioni immateriali e comprende costi per costruzioni interne non concluse, acconti per l’acquisizione di immobilizzazioni materiali, ecc. Anche qui vi è il collegamento con la voce A) 4. del conto economico “incrementi di immobilizzazioni per lavori interni”. B. III. 1. à Partecipazioni La classe III. della macroclasse B. comprende le immobilizzazioni finanziarie, ossia quella parte dell’attivo patrimoniale che non può essere smobilizzata nell’immediato, ma che presuppone tempi medio lunghi, generalmente superiori ai dodici mesi. La prima voce di tale classe racchiude le partecipazioni, ossia investimenti nel capitale di altre imprese. Le partecipazioni, a loro volta, vanno suddivise in ulteriori sotto-voci, ossia partecipazioni in: a) Imprese controllate; b) Imprese collegate; c) Imprese controllanti; d) Imprese sottoposte al controllo delle controllanti; d-bis) Altre imprese. Le partecipazioni sono iscrivibili nelle macroclassi B) o C) , in funzione della loro destinazione. L’art. 2424-bis c.c. comma due recita: “Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell’art. 2359 si presumono immobilizzazioni.” Tale presunzione è relativa, infatti, sta a colui che redige il bilancio affermare, in caso fosse necessario, l’opposto. Il terzo comma dell’art. 2359 c.c. introduce il concetto di società collegata e recita: “Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.” Se una società detiene il 10/15% del capitale di un’altra società tale partecipazione si presume immobilizzata; anche in questo caso, però, si tratta di una presunzione relativa e sarà il redattore del bilancio a stabilire se sia effettivamente immobilizzata. L’art. 2359 c.c. stabilisce anche quando un’impresa è controllata; infatti recita: “Sono considerate società controllate: -le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; -le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; -le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa …”. Dunque, sono controllate quelle società sottoposte a influenza dominante di un’altra società, mentre sono collegate quelle società sottoposte a influenza notevole. Il valore delle partecipazioni è espresso al netto di eventuali svalutazioni. B. III. 2. à Crediti (che hanno natura finanziaria a medio- lungo termine) I crediti rappresentano diritti ad esigere, ad una scadenza individuata o individuabile, ammontari fissi o determinabili di disponibilità liquide, o di beni/servizi aventi un valore equivalente, da clienti o da altri soggetti. I crediti iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie sono solo quei crediti che hanno natura finanziaria (medio e lungo termine) oppure i crediti commerciali con tempi di pagamento molto lunghi; i semplici crediti commerciali si iscrivono nell’attivo circolante. Anche per la voce crediti, così come per la voce partecipazioni, la voce 2 viene suddivisa in ulteriori sotto-voci, ossia crediti: a) Verso imprese controllate; conto economico, ma che non sono fiscalmente deducibili; ciò vuol dire che il reddito imponibile è maggiore del reddito ante imposte. In questo modo la società paga più imposte di quelle che dovrebbe pagare per competenza. Tali imposte in più sono una sorta di credito che trova iscrizione nella voce 5ter) imposte anticipate. Il secondo comma dell’art. 2424 c.c. recita: “Se un elemento dell’attivo o del passivo ricade sotto più voci dello schema, nella nota integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia necessario ai fini della comprensione del bilancio, la sua appartenenza anche a voci diverse da quella nella quale è scritto.”. Ciò indica una possibile sovrapposizione del contenuto delle poste. Inoltre, anche i crediti sono iscritti al netto di eventuali rettifiche o svalutazioni. Le rettifiche possono essere analitiche o forfettarie; per rettifiche analitiche si intende il singolo credito che diventa, totalmente o in parte, inesigibile, mentre per rettifiche forfettarie si intende una stima della probabile inesigibilità di parte del portafoglio crediti e dunque procedere ad una svalutazione percentuale dell’intero portafoglio. La voce 5quater) – crediti verso altri, racchiude un insieme di crediti eterogenei, quali ad esempio i crediti che la società vanta nei confronti del personale, i crediti verso gli obbligazionisti per sottoscrizione, i depositi cauzionali a breve termine, crediti per rimborsi di varia natura, ecc. C. III. à Attività finanziarie (che non costituiscono immobilizzazioni) Ai sensi del criterio di classificazione per destinazione, tra le attività finanziarie dell’attivo circolante vi rientrano soltanto quelle detenute con fini speculativi o per temporanei impieghi di liquidità. Anche in questo caso, la classe delle attività finanziarie è divisa in voci; avremo quindi: 1) Partecipazioni in imprese controllate; 2) Partecipazioni in imprese collegate; 3) Partecipazioni in imprese controllanti; 3bis) Partecipazioni in imprese sottoposte al controllo delle controllanti; 4) Altre partecipazioni; 5) Strumenti finanziari derivati attivi; 6) Altri titoli. La sesta voce, denominata “altri titoli”, contiene strumenti finanziari diversi da partecipazioni azionarie, le quali vanno iscritte, invece, tra le “altre partecipazioni”. C. IV. à Disponibilità liquide Come previsto dall’art. 2424 c.c., le disponibilità liquide sono rappresentate da: -depositi bancari e postali, -assegni, -denaro e valori in cassa. Le disponibilità liquide possono comprendere moneta, assegni e depositi bancari e postali espressi in valuta. In mancanza di indicazioni specifiche, le disponibilità liquide esposte nello stato patrimoniale si presumono essere immediatamente utilizzabili per qualsiasi scopo della società. D) Ratei e risconti (attivi) à I ratei attivi sono quote di proventi dell’esercizio in corso che troveranno manifestazione numeraria nell’esercizio successivo; i risconti attivi, invece, sono quote di costi di competenza dell’esercizio successivo la cui manifestazione numeraria avviene nell’esercizio in corso. Non si iscrivono tutti i ratei e risconti, in quanto la qualificazione giuridica è più restrittiva della qualificazione contabile. L’art.2424bis c.c. comma sesto recita: “Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi comuni a due o più esercizi, l’entità dei quali varia in ragione del tempo.”. Non rientrano, quindi, in questa posta: -le fatture da emettere, -gli interessi maturati a fine anno e liquidabili ma non ancora accreditati, -premi o sconti di quantità da fornitori. Le fatture da emettere, ad esempio, non vanno iscritte in questa posta in quanto non varia la loro entità al variare del tempo. STATO PATRIMONIALE Poste del passivo: A) Patrimonio netto Il patrimonio netto non è una posta del passivo in senso stretto, bensì deriva dalla differenza tra attività e passività di bilancio. Vi è una rigida contrapposizione tra questa macroclasse e la successiva, relativa ai “Fondi per rischi ed oneri”. Nel patrimonio netto si distinguono le riserve di utili dalle riserve di capitale. La macroclasse A) del patrimonio netto si suddivide, a sua volta, in dieci classi: I – Capitale; II – Riserva da sovrapprezzo delle azioni; III – Riserve di rivalutazione; IV – Riserva legale; V – Riserve statutarie; VI – Altre riserve, distintamente indicate; A. VIII. à Utili (perdite) portati a nuovo In tale classe si iscrivono i risultati degli esercizi precedenti che non siano stati distribuiti o accantonati ad altre riserve e le perdite non ripianate. Tale classe accoglie anche correzioni di errori commessi in esercizi precedenti e le rettifiche derivanti da cambiamenti di principi contabili. A. IX. à Utile (perdita) dell’esercizio In tale classe si iscrive il risultato dell’esercizio che scaturisce dal conto economico. Se durante l’esercizio è stata ripianata la perdita dell’esercizio, si può aggiungere una voce di patrimonio netto “perdita ripianata dell’esercizio”. A. X. à Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio Tale classe accoglie, in detrazione del patrimonio netto, il costo di acquisto delle azioni proprie secondo quanto disciplinato dall’art. 2357-ter c.c. B) Fondi per rischi e oneri à I fondi per rischi e oneri rappresentano passività di natura determinata, certe (oneri) o probabili (rischi), con data di sopravvenienza o ammontare indeterminati. I fondi per rischi rappresentano passività di natura determinata ed esistenza probabile, i cui valori sono stimati. Si tratta, quindi, di passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma caratterizzate da uno stato di incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi futuri. I fondi per oneri rappresentano passività di natura determinata ed esistenza certa, stimate nell’importo o nella data di sopravvenienza, connesse a obbligazioni già assunte alla data di bilancio, ma che avranno manifestazione numeraria negli esercizi successivi. I fondi per trattamento di quiescenza e obblighi simili rappresentano accantonamenti per i trattamenti previdenziali integrativi, diversi dal trattamento di fine rapporto, nonché per le indennità una tantum spettanti ai lavoratori dipendenti, autonomi e collaboratori, in forza di legge o di contratto, al momento di cessazione del relativo rapporto. Non possono essere iscritti fondi generici a fronte del rischio generico di impresa (ovvero la perdita). La macroclasse B) del passivo di stato patrimoniale si suddivide, a sua volta, in quattro voci (non classi); si avranno, quindi, fondi: 1) Per trattamento di quiescenza e obblighi simili; 2) Per imposte, anche differite; 3) Strumenti finanziari derivati passivi; 4) Altri B. 1. à Per trattamento di quiescenza e obblighi simili Tale voce accoglie i fondi previdenziali integrativi, diversi dal TFR ex art. 2120 c.c., nonché le indennità una tantum, quali: - fondi di indennità per cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; - fondi di indennità per cessazione di rapporti di agenzia, rappresentanza, ecc.; - fondi di indennità suppletiva di clientela; - fondi per premi di fedeltà riconosciuti ai dipendenti. B. 2. à Per imposte, anche differite Tale voce accoglie: - le passività per imposte probabili, aventi ammontare o data di sopravvenienza indeterminata, derivanti, ad esempio, da accertamenti non definitivi o contenziosi in corso e altre fattispecie similari (non sono debiti tributari certi); - le passività per imposte differite determinate in base alle differenze temporanee imponibili. B. 3. à Strumenti finanziari derivati passivi Accoglie gli strumenti finanziari derivati con fair value negativo alla data di valutazione. B. 4. à Altri La voce B4 altri raccoglie le tipologie di fondi per rischi e oneri diverse dalle precedenti, quali ad esempio: - fondo garanzia prodotti; - fondo buoni sconto ed operazioni a premio; - fondo vertenze in corso; - fondo per garanzie prestate a terzi; - fondo per penalità. C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato à Tale macroclasse accoglie quanto previsto dall’art. 2120 c.c., il quale recita: “In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola … “. Il TFR, dunque, rappresenta la prestazione cui il lavoratore subordinato ha diritto in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, ai sensi dell’articolo appena citato. Il relativo accantonamento è effettuato nel conto economico alla voce B) 9 c) “trattamento di fine rapporto”. Il TFR è evidenziato in modo separato in bilancio in quanto: - non ha natura di fondo per rischi e oneri; - è peculiare dell’ordinamento giuridico italiano; - è di rilevante entità. D) Debiti à La macroclasse D) del passivo di stato patrimoniale accoglie i debiti, ossia passività di natura determinata ed ➢ Voce al netto delle svalutazioni apportate, a meno che non abbiano natura straordinaria 4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni à iscritti nel valore della produzione perché se produco un bene questo produce valore, incrementa il valore della produzione. Rettifica indiretta di costi compresi nella macroclasse B, per costruzione interna di beni materiali e immateriali immobilizzati 5) Altri ricavi e proventi à tutto ciò che genera valore che non viene inserito nelle precedenti voci B) COSTI DELLA PRODUZIONE 6) costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 7) costi per servizi à comprende prestazioni di terzi: lavorazioni esterne, manutenzioni e riparazioni, consulenze, provvigioni a rappresentanti, servizi di vigilanza e pulizia, assicurazioni, utenze 8) costi per il godimento di beni di terzi comprende: canoni di locazione e costi (royalties, commissioni, provvigioni, ecc.) per l’utilizzo concesso da terzi di brevetti, opere dell’ingegno, licenze, marchi 9) costi per il personale a. salari e stipendi b. oneri sociali c. trattamento di fine rapporto d. trattamento di quiescenza e simili e. altri costi Classificazione per natura: la voce “e” non comprende ➙ acquisti → B.6 (es. vestiario) ➙ prestazioni di servizi → B.7 (es. medici, personale esterno per mensa) ➙ utilizzo di beni di terzi → B.8 (es. affitto di locali per mensa) 10) ammortamenti e svalutazioni a) ammort. delle immobiliz. immateriali b) ammort. delle immobiliz. materiali c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci + Rimanenze iniziali (componente positivo di reddito qua, perché sono costi che sostenuti l’anno prima ma che generano un ricavo all’anno iniziato) – Rimanenze finali (componente negativo di reddito vanno a decremento dei costi) 12) accantonamenti per rischi: costi sostenuti oggi per coprire rischi che possono generarsi in anni successivi 13) altri accantonamenti • Nella voce B.12 vanno inseriti accantonamenti con natura di passività potenziali (rischi futuri) • Nella voce B.13 accantonamenti con natura di spese future ➔ spese di manutenzione ciclica ➔ accantonamenti per concorsi a premio, ecc. 14) Oneri diversi di gestione ❖ Non è «simmetrica» alla voce A.5 che comprende, oltre ad altri componenti, anche i ricavi e i proventi della gestione extra-caratteristica à Sono oneri che non sono stati inclusi nelle precedenti voci ❖ Infatti, i costi sono classificati per natura, non per destinazione ❖ Quindi i costi delle gestioni accessorie possono essere compresi nelle voci precedenti alla B.14. Comprende dunque: - imposte diverse da quelle sul reddito (di fabbricazione, di registro, di bollo, tasse di concessione governative) ➨ iscrizione ad associazioni, abbonamenti, liberalità - oneri patrimoniali (ad es. minusvalenze da alienazione di beni strumentali) - sopravvenienze e insussistenze passive (ad es. perdite su crediti non coperte dal fondo, ecc.) In definitiva, i costi di produzione sono intesi in senso lato e comprendono: ➔ costi industriali, commerciali, amministrativi e generali (classificati per natura e non per destinazione) ➔ costi estranei alla gestione caratteristica, in particolare i costi delle gestioni accessorie =DIFFERENZA FRA VALORE E COSTI DELLA PRODUZIONE - E’ il primo «risultato intermedio» dello schema di conto economico - Si avvicina, MA NON COINCIDE, con il cd risultato operativo proprio della riclassificazione del conto economico in sede di analisi di bilancio, perché non abbiamo i cosiddetti componenti non monetari C)Proventi e oneri finanziari • Ha contenuto più ampio di quello che ci si attenderebbe dall’espressione «finanziari» in quanto non comprende solo «interessi», ma anche dividendi, plusvalenze e minusvalenze da cessione di attività finanziarie • Tutti i componenti legati a «operazioni finanziarie» 15) proventi da partecipazioni (con separata indicazione di quelli relativi a imprese controllate e collegate e di quelli relativi a controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime) à Comprende i dividendi e le plusvalenze da cessione 16) altri proventi finanziari Lo IAS 1 non prevede un ordine specifico e una dicitura specifica per ogni singola posta, ma lascia ampia discrezionalità al redattore del bilancio nella nomenclatura di ogni singola posta; aspetto importante è comunque la leggibilità da parte degli stakeholders esterni (deve essere comprensibile al lettore). Anche in questo caso sono previsti obblighi che sono comunque inferiori rispetto al cc. -obbligo di indicare delle voci addizionali se queste voci sono significative per comprendere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda. Affinché queste voci vengano aggiunte è necessario che abbiano un valore cospicuo (es automezzi se sono società di trasporti inserirò questa voce perché ha valore cospicuo), inoltre ulteriore elemento che attribuisce significatività a una voce addizionale è la natura della voce stessa che è appartenente all’attività che l’azienda svolge (al suo core business), e la funzione della voce cioè come quella voce impatta sullo sp. -anche IAS 1 prevede sotto-classificazione delle voci, ma senza obbligo nella modalità di esposizione. Anche qui bisogna evidenziare separatamente voci che seppur appartenendo alla stessa categoria vengono valutate con criteri diversi. Quando acquisto o costruisco immobilizzazione in fase di prima iscrizione si iscrivono le immobilizzazioni al costo storico e lo IAS 16 prevede, inoltre, che dal secondo anno o al costo storico o al fair value. Ma quando decido di valutare al fair value invece che al costo storico? Quando il fair value è maggiore del valore al costo storico: nei principi contabili internazionali non è previsto il divieto di rivalutazione perché posso iscrivere al fair value quando ha maggiore del costo storico. Questo surplus di valore consente degli spazi di discrezionalità all’interno del bilancio. -nei bilanci IAS/IFRS un ruolo fondamentale è assunto dalle note al bilancio per ogni singola posta che va a descrivere il processo attraverso il quale viene generato quel valore (il bilancio civilistico non ne ha bisogno perché è sufficientemente dettagliato). STRUTTURA DELLO STATO PATRIMONIALE Non è una struttura rigida e non presenta le sezioni divise e contrapposte (come invece abbiamo nello sp civilistico) qua abbiamo un ordinamento verticale: attività e di seguito le passività. La struttura è fortemente impattata dal criterio di classificazione che viene scelto per distinguere le attività dalle passività. Secondo il cc le attività e le passività vengono classificate secondo il criterio della destinazione originaria, nel caso dello sp redatto secondo lo IAS 1 abbiamo due alternative dove la scelta viene fatta secondo il criterio di appartenenza: -distinguere attività e passività correnti secondo criterio “corrente” e “non corrente” à non è legata questa suddivisione dal tempo di detenzione della attività o passività, ma è legata al concetto di ciclo produttivo, infatti IAS 1 stabilisce che sono attività correnti quelle attività operative per le quali si ipotizza il consumo o utilizzo nel normale ciclo di utilizzo operativo tipico, il ciclo operativo parte con acquisto di fattori produttivi e termina con la vendita del bene prodotto con quei fattori. Ogni attività, quindi, può avere un ciclo produttivo tipico diverso. Per esempio, il ciclo produttivo della grande distribuzione è molto veloce, quindi la distinzione tra attivo corrente e non corrente è sicuramente legata al tempo, le attività correnti che esauriranno i loro benefici economico nei 12 mesi, le non correnti sono quelle che permangono in maniera durevole nell’azienda quindi oltre i 12 mesi, lo stesso per le passività. Ma una società di costruzioni la produzione è legata alla commessa, l’attività operativa si avvia solo quando vi è un contratto e una richiesta da parte del cliente, di solito le commissioni hanno durata pluriennale e quindi hanno un ciclo produttivo più lungo di 12 mesi. Solo se il ciclo operativo tipico non è identificabile si dice che ha durata canonica entro i 12 mesi. -secondo il criterio finanziario della liquidità à quanto tempo impiega una attività per trasformarsi in risorsa liquida. Tutte le attività che richiedono tempo entro i 12 mesi per trasformarsi in liquidità entrano nelle attività correnti (attività liquide), le altre oltre i 12 mesi nelle attività non correnti. Possibilità di redigere il bilancio con un criterio misto quindi alcune attività e passività classificate sulla base del criterio corrente e non corrente e altre sul criterio della liquidità, questo avviene nei gruppi aziendali come, per esempio, i grandi gruppi automobilistici o il bilancio di poste italiane perché svolge attività diverse tra loro con attività finanziarie e attività di erogazione di servizi. Le società finanziare e le banche fanno bilancio sul criterio della liquidità. Quindi la prima posta dell’attivo dello sp di una banca sarà “disponibilità liquide”. Redigono il bilancio secondo il criterio della liquidità perché l’attività tipica è acquisire capitale dall’esterno e concessione di credito. Lo stesso principio vale per le passività. STRUTTURA DEL CONTO ECONOMICO Il ce civilistico prevede uno schema a valore della produzione e costo della produzione, mentre IAS/IFR prevede uno schema di ricavi della produzione e costo del venduto. La differenza è che nel valore della produzione (cc) rientrano non solo i ricavi di vendita ma tutto il valore prodotto. Abbiamo una struttura a scalare con valori intermedi. Prevede l’inclusione dei cosiddetti “OCI” other comprehnsive income. Lo IAS 1 prevede che la presentazione del ce -con un unico conto economico che parte dai ricavi e in fondo individua OCI -o un conto economico suddiviso in due documenti (in ogni caso deve contenere OCI): prospetto tradizionale e un altro documento OCI) OCI (OTHER COMPREHENSIVE INCOME) vengono considerate le tasse e svalutazioni (guadagno prima degli interessi, tasse, deprezzamenti, ammortamenti) è tutto ciò che genera flusso di cassa, è il risultato della gestione caratteristica (o operativa). Come vengono classificati i costi nel ce IAS/IFRS? I costi nel ce civilistico vengono classificati per natura, nel caso del ce IAS lo IAS 1 prevede la facoltà di scegliere tra classificazione costi per natura o per destinazione nelle diverse aree, dove per destinazione NON si intende destinazione originaria parlando delle attività e passività civilistiche, ma si intende avere costi del personale la sua natura è il pagamento al personale, le retribuzioni al personale generico, rientrano tutti i costi. Per classificazione per destinazione si intende la destinazione nelle diverse aree (divisioni) aziendali. La scelta deve essere basata sulla leggibilità e qualità di informazioni che vengono fornite agli investitori e laddove l’azienda scegliesse la classificazione dei costi per destinazione divisioni, dovrà in nota al bilancio identificare anche la natura dei costi. Riassunto differenze tra bilancio cc e bilancio IAS: Per lo sp distinzione di struttura: civilistica struttura a sezione divise e contrapposte, nell’altro caso struttura verticale. Nel caso bilancio cc non è possibile modificare le macro-classi e le classi, voci e sotto voci sono modificabili solo in determinate circostanze previste dal cc. Struttura rigida per bilancio cc, flessibile per IAS. Le attività e passività nello sp cc si distinguono in attivo fisso (durevole in azienda-immobilizzazioni) e attivo non fisso (non durevole-circolante) legata all’esistenza durevole dell’attività o passività. Nello IAS attivo corrente e non corrente dove la distinzione è effettuata secondo il ciclo produttivo/operativo della singola azienda (lo stesso per le passività). Previsto anche criterio di liquidità usato per aziende che operano nel sistema finanziario. Per il ce la forma nel caso nazionale cc è obbligatoriamente a scalare con individuazione dei risultati intermedi, per IAS abbiamo una forma libera, si predilige però la forma scalare con individuazione risultati intermedi importanti per comprendere la performance aziendale. Nel caso del cc abbiamo contenuto obbligatorio mentre per IAS 1 non è previsto. La classificazione per cc è prevista classificazione per natura, IAS 1 è prevista classificazione per natura e destinazione dove è possibile scegliere (se sceglie per destinazione indicare nelle note la natura dei costi). In alcuni casi il ce IAS non prevede la diretta individuazione dei risultati intermedi della gestione. EBITDA NON È RISULTATO OPERATIVO. 9)IL SISTEMA DI BILANCIO SECONDO GLI IAS/IFSR QUADRO NORMATIVO Regolamento (CE) n. 1606/2002 (e successivi regolamenti) Decreto Legislativo n. 38 del 28 febbraio 2005 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 66 del 21 marzo 2005 emanato in relazione alla Legge delega L. 31 ottobre 2003 n. 306 (legge comunitaria 2003) CONTESTO STORICO E FONTI DI RIFERIMENTO La nascita dell’idea di adottare dei principi contabili comuni ai vari paesi europei già se n’è parlato all’inizio del capitolo riguardante la nascita degli attuali principi contabili nazionali. A livello di comunità europea ci si rende conto che il già citato processo di armonizzazione contabile fallì, perché i bilanci delle imprese dei paesi europei seguivano ognuno gli schemi del proprio paese di riferimento (contesto storico: 1978). La comunità europea, a questo punto, vedendo che, lasciando ampia flessibilità ai singoli paesi, il processo di armonizzazione contabile fallì, decise di imporre un modello. La scelta dell’organo al quale demandare la funzione di creare tale modello ricadde su un organismo superpartes, ovvero lo IASC (International Accounting Standards Committee), ovvero un’organizzazione privata creata da professionisti in materia di bilancio provenienti da tutto il mondo, con l’obiettivo di trovare principi contabili comuni. La comunità europea rese poi obbligatori i principi contabili emanati da tale organismo privato (non eletto da nessuno) secondo vari iter. A tal fine viene emanato, dall’Unione Europea, il regolamento (non più direttiva) 1606/2002, secondo il quale dal 2005 vengono adottati tali principi contabili internazionali dalle grandi imprese quotate, le loro controllate, anche se non quotate, e le società finanziarie, anche se non quotate. (Le controllate delle società quotate, però, dal 2006). Il quadro normativo, in Italia, viene completato con il D. Lgs. n. 38 del 28 febbraio 2005, il quale va ad aggiornare il codice civile. Tale decreto funge da punto di contatto tra la vecchia e la nuova disciplina e coordina la disciplina di bilancio anche secondo aspetti fiscali. Inoltre, con tale decreto legislativo, l’Italia è il primo paese ad estendere i principi contabili internazionali anche ai bilanci individuali delle società capogruppo di holding e non solo al bilancio consolidato, come invece stabiliscono i principi contabili internazionali. Ciò ha importanti riflessi sulle grandezze aziendali, tra cui l’utile dell’esercizio e la sua distribuzione. Il bilancio consolidato, infatti, non ha alcuna rilevanza giuridica e fiscale. Tale decreto, dunque, coordina la disciplina giuridica, civilistica e fiscale del bilancio. Negli altri paesi, per redigere il bilancio individuale, le società capogruppo utilizzano i local GAAP, ossia principi contabili nazionali e solo il bilancio consolidato viene redatto utilizzando i principi contabili IAS/IFRS; nel Regno Unito, addirittura, è vietato per legge redigere il bilancio individuale con i principi contabili sono bilanci impugnati, redatti con principi IAS/IFRS cosa deve fare il giudice se un ambito in cui vi era una lacuna è stato disciplinato da un principio presente in un altro sistema di principi con framework analogo? Deve andare a consultare anche i principi emanati nel paese di applicazione del principio analogo, generalmente anglosassone, non recepiti in Europa. Diventa complicato. Tra le fonti del diritto sono stati citati anche il D. Lgs 38/2005 e il Testo Unico. D. LGS. 38/2005 Secondo tale decreto legislativo, le società che redigono il bilancio individuale utilizzando i principi contabili internazionali IAS/IFRS, dell’utile non sono distribuibili plusvalori derivanti dall’adozione del fair value, a prescindere dalla loro iscrizione in bilancio, ad esclusione di strumenti finanziari detenuti per la negoziazione e da ciò che nasce da operatività in cambi e di copertura. Il legislatore ha stabilito quanto appena esposto, in quanto in Italia possono essere distribuiti solo utili realizzati; quelli derivanti da fair value sono solo stimati. PROFILO FISCALE La legge 24 dicembre 2007 n. 244, art. 1, c. 58-62, e il D.M. 1° aprile 2009 n. 48 hanno previsto, dal punto di vista fiscale: - la derivazione del risultato fiscale dal risultato di esercizio IAS/IFRS; - l’adattamento dell’impianto fiscale ai diversi principi IAS/IFRS rispetto a quelli tradizionali. I principi IAS/IFRS portano a utili di bilancio tendenzialmente maggiori rispetto a quelli che si ottengono utilizzando i principi contabili nazionali (italiani), dunque anche la base imponibile per la riscossione delle imposte è maggiore. A tal fine, in passato, coloro i quali redigevano il bilancio utilizzando i principi contabili internazionali, pagano le imposte sulla base dell’utile derivante dall’adozione dei principi contabili italiani. Dal 2007, le imprese che redigono il bilancio utilizzando i principi contabili internazionali IAS/IFRS, pagano le imposte calcolate sulla base imponibile derivante da tale bilancio e non più da quello redatto secondo la disciplina civilistica nazionale; il bilancio IAS/IFRS, dunque, è stato adottato anche da un punto di vista fiscale. STRUTTURA DEL BILANCIO IAS/IFRS Il principio contabile IAS 1 introduce i documenti che compongono il bilancio; il sistema di bilancio, è costituito da: - Stato patrimoniale; - Conto economico; - Rendiconto finanziario; - Prospetto delle variazioni del patrimonio netto; - Note al bilancio Altri possibili documenti che fungono da corredo per il bilancio possono essere la relazione degli amministratori, il bilancio sociale, il bilancio ambientale, ecc. N.B. à Nel bilancio IAS/IFRS sono presenti due conti economici: uno normale ed uno complessivo, denominato comprehensive income statement. In tal modo sono rappresentati la situazione patrimoniale, la situazione finanziaria, il risultato economico e i flussi finanziari della società. La rappresentazione della situazione aziendale, nel bilancio IAS/IFRS, è caratterizzata dai seguenti punti fondamentali: 1) Le “mutue relazioni” che sussistono tra reddito e capitale à Il reddito non esprime la variazione che subisce il capitale netto per effetto della gestione 2) Gli assunti di base da cui discende la redazione del bilancio. à Gli assunti di base nascono da una specifica funzione informativa assegnata al bilancio. MUTUE RELAZIONI CHE SUSSISTONO TRA REDDITO E CAPITALE Nel bilancio redatto secondo la normativa italiana, la differenza tra il capitale finale e quello iniziale è data dal reddito (Ct1 – Ct0 = R). Ciò, però, non accade nel bilancio redatto con i principi contabili internazionali IAS/IFRS. La logica di bilancio, secondo i principi contabili internazionali, prevede una diversa codeterminazione della situazione patrimoniale e del risultato economico dell’esercizio. In tale sistema, infatti, la differenza tra capitale finale e capitale iniziale (capitale netto) non dà come risultato il reddito, bensì dà come risultato la somma tra reddito e variazione di alcune riserve di patrimonio nette. Dunque, occorre considerare il reddito derivante dal conto economico più quella parte di reddito imputata a riserva, che non trova iscrizione nel conto economico, in quanto alcune variazioni patrimoniali non trovano iscrizione a conto economico, ma confluiscono direttamente tra le riserve di patrimonio netto. Ct1 – Ct0 ≠ R bensì Ct1 – Ct0 = R + Δ Ris. di PN Esempio: Capitale netto finale – Capitale netto iniziale = 100 Ricavi – Costi = -50 Può essere compatibile la variazione del capitale netto con un reddito di esercizio negativo? Sì, in quanto sono aumentate le riserve di patrimonio netto. à Δ Ris. PN = +150 impatta solo in presenza di casi eccezionali; nel bilancio IAS/IFRS, invece, tale deroga obbligatoria impatta sempre, ogni qualvolta la norma specifica vada in contrasto con il fine, ossia non faccia gli interessi degli investitori. 10)I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL BILANCIO DI ESERCIZIO SECONDO GLI IAS/IFRS Anche secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS, vi è una determinata gerarchia dei principi generali di redazione del bilancio. La scala gerarchica è indicata dal framework. A differenza della piramide gerarchica italiana, la quale serve ad articolare le norme, quella del bilancio IAS/IFRS ha la sola funzione di esporre i principi. Al vertice della priamide gerarchica IAS/IFRS vi è il fine, ossia fornire informazioni utili a investitori, finanziatori e altri creditori. Il fine poggia su due postulati di bilancio a suo fondamento ed in via strumentale rispetto al fine ad esso assegnato, ossia due sovra- principi che pesano più di altri; il primo postulato è quello della continuità dell’impresa nel tempo (going concern), mentre il secondo è quello della competenza economica (resa più importante nel bilancio IAS/IFRS rispetto alla competenza del bilancio italiano). Nella scala gerarchica, sotto ai due postulati di bilancio ci sono le caratteristiche qualitative (tra le quali non figura la prudenza). Tali caratteristiche qualitative si raggruppano in due categorie: - Fondamentali (fundamental qualitative characteristics) à Rilevanza e Rappresentazione fedele; - Migliorative (enhancing qualitative characteristics) à Comprensibilità, Verificabilità, Tempestività, Comparabilità. Qui, in tale base della piramide, vi è una precisa gerarchia; gli Italian GAAP, invece, mettono tutti i principi sullo stesso piano. POSTULATI DEL BILANCIO I postulati del bilancio sono “assiomi contabili” su cui si fonda l’informazione di bilancio, nonché i criteri di classificazione e di valutazione che informano la redazione delle sintesi di esercizio. Su di essi si basano le caratteristiche qualitative dell’informativa di bilancio. 1) Continuità dell’impresa nel tempo (going concern) Framework e IAS 1 fanno riferimento ad una presunzione relativa, non ad una presunzione di carattere assoluto, ossia quella secondo cui l’impresa sia sempre in continuità. In caso di incertezze sulla continuità esse devono essere esplicitate nella nota integrativa del bilancio redatto comunque nella prospettiva di normale funzionamento oppure, nei casi più gravi, è necessario assumere una diversa ipotesi di gestione, funzionale a fornire informazioni useful per l’investitore. In entrambe le fattispecie, l’obiettivo è quello di fornire all’investitore informazioni useful per apprezzare la recuperabilità economico-finanziaria degli investimenti da lui compiuti. Negli USA esiste proprio una disciplina riguardo alla tutela dell’informativa societaria al fine di fare meglio funzionare i mercati finanziari. 2) Competenza economica La competenza economica assume importanza per tre ordini di motivi (il terzo è il più importante): - la competenza economica guida l’attribuzione dei costi e dei ricavi ai singoli esercizi di vita dell’impresa; - la competenza economica informa il riconoscimento dei componenti positivi (ossia la realizzazione) e, per conseguenza, anche dei componenti negativi (ossia la correlazione economica); - la competenza economica pone in luce le condizioni per l’iscrizione in bilancio di attività e di passività. Il modello di bilancio IAS/IFRS discende, infatti, in larga parte da un sistema contabile di matrice patrimoniale, dove i concetti di ricavo e di costo sono intimamente legati a quelli di attività e di passività. L’aspetto fondante, quindi, non è il reddito, bensì il patrimonio (matrice anglosassone). In tale sistema è importante l’esito che hanno i ricavi e i costi, non la loro gestione; questo in quanto l’esito è una sorta di “fotografia finale del film”, capace di indicare il capital gain di breve periodo. I ricavi esprimono variazioni positive di attività o variazioni “al ribasso” di passività. In un’altra ottica, i costi esprimono variazioni “al ribasso” di attività o variazioni “al rialzo” di passività. Anche nel bilancio IAS/IFRS, la competenza economica trova attuazione secondo un processo logico composto da due fasi successive, a ciascuna delle quali corrisponde un ulteriore principio: - riconoscimento dei componenti positivi, da porre in essere in base al principio di realizzazione (realization principle); - riconoscimento dei componenti negativi di reddito, che avviene in base al principio di correlazione economica (matching principle). Lo sviluppo di tali fasi può essere variamente condizionato e temperato dagli effetti prodotti dal principio della prudenza (conservatism). Realizzazione dei ricavi, correlazione economica e prudenza svolgono un ruolo complementare nel definire i componenti positivi e negativi di reddito di competenza dell’esercizio; ossia unendo realizzo, correlazione e prudenza si ottiene il postulato della competenza economica. REALIZZAZIONE DEI COMPONENTI POSITIVI (realization) La principale domanda da porsi a riguardo è: quando si realizza il aziendale (sia immateriali che materiali) e proventi/oneri su elementi non posseduti per la vendita (strumenti finanziari non destinati al trading). PRINCIPIO DI PRUDENZA Nel sistema dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, al contrario di quanto accade con il sistema dei principi contabili nazionali, alcuni utili solo sperati partecipano al calcolo del reddito dell’esercizio. Per quanto riguarda le perdite presunte, invece, il sistema degli IAS/IFRS stabilisce esattamente quanto stabilito dagli Italian GAAP, ossia che tutte le perdite presunte debbano essere riflesse sul bilancio. Dunque, combinando realizzazione e prudenza, si ha un principio di dissimmetria, ma diverso da quello che si ha utilizzando i principi contabili nazionali (=in bilancio principi italiani avrò gli utili solo se certi, realizzati, mentre le perdite le ho anche se probabili, non è simmetrico), in quanto, in questo caso, non tutti ma solo taluni utili solo sperati concorrono alla formazione del reddito d’esercizio. Dunque, ricapitolando, alla luce di quanto detto sopra, sono di competenza: - Utili e perdite realizzati, originati da operazioni di vendita sul mercato, al netto dei correlativi costi (ricavi realizzati – costi correlati – costi svaniti); - Utili e perdite “realizzabili”, ovvero i risultati in corso di formazione che sono riconosciuti in via anticipata rispetto alla vendita sul mercato, ma la cui futura realizzazione presenta adeguati livelli di credibilità e di attendibilità (ricavi realizzabili – costi correlati); - Perdite presunte, per il principio di prudenza, sia maturate sia non ancora maturate (ricavi attesi – costi correlati). Vengono ribaditi, anche nel contesto dei principi contabili internazionali: - La valutazione separata di elementi eterogenei ricompresi nelle singole poste; - L’uniformità dei criteri di valutazione nel tempo. 11) I VALORI ACCOLTI NEL BILANCIO DI ESERCIZIO REDATTO SECONDO GLI IAS/IFRS Quale contenuto di valori è esposto secondo la disciplina IAS/IFRS? Il bilancio civilistico è basato su valori storici nominali, mentre nel modello IAS sono presenti due differenti logiche valutative, ossia sono presenti sia valori storici (come nel modello italiano) sia valori correnti (ossia fair value). Dunque, non basta approfondire ciascuna delle due logiche, occorre anche esaminare la natura e la funzione informativa del sistema di valori che nasce dalla loro integrazione. Cosa scaturisce da tali logiche? Si analizzi il fair value, il quale è definibile come il prezzo che deve essere ricevuto che deriva dalla vendita di un’attività (o che deve essere pagato se la si acquista), in una transazione ordinaria di mercato, tra operatori normali, alla data di rilevazione del bilancio. 1) Il fair value è un exit value, ossia un valore a cui si vende; 2) Il fair value non è relativo al valore che IO potrei conseguire, ma che CHIUNQUE potrebbe conseguire a normali condizioni di mercato in una transazione, ossia non è entity specific. Esempio: Io compro una casa da Tizio a 100.000 euro perché egli ha una forte necessità a vendere, nonostante il valore di mercato della casa sia 120.000 euro; il costo di acquisto è 100.000, il fair value. P 120.000 euro. Fair value = valori correnti à valori aggiornati alla data della stima, al momento dato; ufficialmente, è tradotto come “valore equo”. È un concetto inserito anche nel codice civile quello di fair value; anche i local GAAP si avvicinano, pian piano al modello IAS/IFRS. Il fair value NON è un criterio di valutazione, ma una LOGICA DI VALUTAZIONE (gli elementi patrimoniali sono involucri di flussi monetari futuri); indica la logica secondo la quale fare il calcolo e ci sono diverse modalità per calcolare il FV, a seconda del bene. Gli elementi patrimoniali devono essere espressi a seconda della capacità di generare flussi finanziari (ossia il fine del bilancio IAS). Il FV è la logica valutativa che realizza gli assunti di base del bilancio IAS e l’oggetto; quest’ultimo, come già detto, è l’attitudine della società a generare disponibilità liquide nel breve periodo. CONTENUTO DEL FAIR VALUE Come si assegna contenuto al fair value? Nel sistema di bilancio IAS, si calcola in diversi modi, ossia ci sono diverse logiche utili nella prospettiva di un exit price: - In alcuni casi come valore attuale dei flussi finanziari, secondo il discounted cash flow (DCF); - In altri casi, il FV è il prezzo che ottengo dalla vendita dei beni prodotti per essere venduti à valore netto di realizzo (netto, perché è calcolato al netto dei costi correlati) - In alcuni casi, alcuni beni non producono automaticamente flussi di cassa (beni non destinati alla vendita), allora non si calcola né il DCF né valore netto di realizzo, bensì il costo di sostituzione à ossia, quanto costa sostituire l’impianto con uno con caratteristiche tecniche più nuove dell’impianto che sto usando; - Per molti strumenti finanziari si usano modelli di option pricing, stimando il FV usando una logica totalmente finanziaria, soprattutto per i derivati. riserve di patrimonio netto, il d.lgs 38/2005 dice che l’aumento di FV che affluisce a tali riserve, affluisce a riserva NON distribuibile fino a che il realizzo non avviene. Si può usare tale riserva da FV per coprire perdite o per aumentare il capitale sociale. È una riserva, quindi, non distribuibile, ma è DISPONIBILE. Tale incremento di valore (utile) da FV è tassato? Si, è tassato, ma non cambia la sostanza, ma solo la competenza. -In caso tale incremento di valore andasse a conto economico, tale utile è distribuibile? No! Come già detto e come dice il d. lgs. 38/2005, non sono distribuibili i plusvalori derivanti da FV, a prescindere dalla loro iscrizione in bilancio (ossia a prescindere dal fatto che essi siano iscritti a riserva di patrimonio netto o a conto economico), ad eccezione di strumenti finanziari detenuti per la negoziazione e da operatività di copertura e in cambi. Dunque, riassumendo, il bilancio IAS ha una parte valutata a costo storico obbligatoriamente, come nel bilancio italiano, salvo deroga obbligatoria e rivalutazioni monetarie, che nel mondo IAS/IFRS possono essere rivalutate se l’inflazione ha un determinato livello che soddisfa il determinato principio IAS; in Italia, invece, serve una legge speciale. Per quanto riguarda la parte valutata a fair value, invece, tale FV può essere superiore al costo o inferiore, a seconda dei valori di mercato, il quale è, evidentemente, un valore volatile. Come già detto, in alcuni casi, l’utilizzo del FV è obbligatorio, in altri è facoltativo. Ma, sempre come già detto, la maggior parte delle imprese che utilizzano i fair value lo sono quando è obbligatorio, in quanto ha dei costi non indifferenti. PRO E CONTRO DEL FAIR VALUE - PRO: Il principale vantaggio derivante dall’utilizzo del fair value è il fatto che esso esprime valori aggiornati (correnti) dei beni ciò può avere un grande contenuto informativo per gli investitori. Tale contenuto informativo sarebbe massimo se il fair value potesse essere utilizzato per tutte le attività e le passività, ma così non è à IL BILANCIO IAS NON E’ UN BILANCIO COMPOSTO INTERAMENTE DA FAIR VALUE; la maggior parte dei valori, anzi, sono ancora ancorati al costo storico. L’applicazione del fair value è più frequente e consistente laddove vi sono molti strumenti finanziari posseduti. Comparabilità dei fattori produttivi se fossero valutati tutti al FV: se tutti i fattori produttivi fossero valutati a fair value sarebbero maggiormente comparabili. Usando i costi storici, invece, ho in bilancio valori storici di epoche diverse (es. impianto di 20 anni fa e magazzino di 6 mesi fa). Tali valori compositi sono più difficilmente comparabili. L’utile calcolato a fair value esprime più da vicino l’utile effettivo del periodo, in quanto si hanno plusvalori e minusvalori dei beni valutati a fair value (holding gains/losses) à utili/perdite conseguenti dal solo fatto che tale bene è detenuto. L’utile da costo storico invece è un utile da transazioni. Ecco perché in un bilancio IAS si hanno utili più completi; in tale bilancio sono presenti sia negotiation gains/losses, sia holding gains/losses. - CONTRO: Il primo grande svantaggio a cui si va incontro quando si utilizzano i fair value è la grande volatilità. Usare il fair value significa inserire in bilancio la volatilità del mercato. Questo è il motivo per cui il FV adottato dal 2005 nel mondo finanziario, in pochi anni a causa della crisi ha portato a un effetto domino di svalutazione di attivi à Se io svaluto, anche chi ha le mie azioni svaluta, chi ha sue azioni svaluta … Per salvare i bilanci bancari e per bloccare tali effetti pro-ciclici, lo IASB emanò d’urgenza un principio e bloccò i fair value al loro valore di quel momento al fine di stabilizzare e salvare i bilanci delle banche. Un altro svantaggio derivante dall’adozione del fair value è la forte “caratterizzazione atomistica”, ossia il fatto che ogni bene viene valutato separatamente. “What-if-accounting” à Valutare a fair value introduce molta più discrezionalità a coloro i quali redigono il bilancio. Il fair value spesso è applicato a strumenti finanziari complessi non negoziati nei mercati e senza quotazioni ufficiali: chi redige il bilancio ne stima il valore e ha dunque una grande discrezionalità valutativa. Tali stime, entro comportamenti leciti, vanno in direzione dei valori a cui l’impresa è interessata a iscrivere. Vi è asimmetria valutativa in caso di impiego congiunto col costo storico. 12) PRINCIPI GENERALI PER LA DETERMINAZIONE DEL REDDITO IMPONIBILE La normativa fiscale è una normativa di diritto tributario, il riferimento è il TUIR (testo unico imposte sui redditi). Si parla di reddito imponibile, perché l’obiettivo del fisco è calcolare quella configurazione di reddito sulla quale si applicano aliquote di imposta. Esistono principi generali per calcolare il reddito imponibile. -Non si parla più di esercizio ma di “periodo di imposta” che è sempre l’anno -l’art 109 del TIUR definisce la competenza dei componenti di reddito, i ricavi e i costi di competenza, per il calcolo delle imposte. La competenza si fonda o sulla certezza dell’esistenza del componente o con determinazione obiettiva (regole chiare: quando abbiamo parlato di ammortamento abbiamo detto che è una congettura, perché dobbiamo stimare il periodo e ripartire il valore del bene sugli anni). Precisazione: cessione di bene à i componenti di reddito sono conseguiti alla data di consegna