Scarica Elaborato finale TFA sostegno e più Tesi di laurea in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! Università degli Studi Suor Orsola Benincasa DIPARTIMENTO DI SCIENZE FORMATIVE, PSICOLOGICHE E DELLA COMUNICAZIONE CORSI DI FORMAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI SOSTEGNO DIDATTICO AGLI ALUNNI CON DISABILITÀ SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO ELABORATO DI APPROFONDIMENTO TEORICO SU Neuropsichiatria infantile La disabilità intellettiva a scuola Candidata Matricola Anno Accademico 2021 – 2022 INDICE Introduzione pag. 2 Capitolo I - 1.1 La disabilità intellettiva pag. 3 - 1.2 Cause ed Eziologia pag. 4 - 1.3 La classificazione pag. 5 - 1.4 Disabilità intellettiva di grado lieve pag. 6 - 1.5 Diagnosi pag. 8 Capitolo II - 2.1 La disabilità intellettiva a scuola pag. 10 - 2.2 Pedagogia e didattica speciale pag. 10 - 2.3 Bisogni educativi speciali pag. 12 - 2.4 Programmazione personalizzata pag. 13 Capitolo III - 3.1 La scuola inclusiva pag. 14 - 3.2 Relazione tra clima di classe e successo formativo pag. 15 Conclusioni pag. 18 Bibliografia pag. 19 Sitografia pag. 19 1 riferimento all’efficacia con cui i soggetti fanno fronte alle esigenze più comuni della vita quotidiana e al grado di adeguamento agli standard di autonomia personale previsti per la loro particolare fascia di età e contesto socioculturale. Di fatto la persona con disabilità intellettiva presenta compromissioni, che riguardano le componenti biologiche, cognitive, affettive e sociali ed in considerazione di tale coinvolgimento generalizzato si rende necessario, per una valutazione esaustiva, l'uso di strumenti diversificati che possano rilevare dati utili alla stesura di un progetto abilitativo. 1.2 CAUSE ED EZIOLOGIA Le cause possono essere biologiche o psicosociali (genetiche o acquisite), o una combinazione di entrambi. Mentre i sintomi dei primi sono in genere evidenti dalla nascita e sono presenti già nel patrimonio genetico, quelli indotti dall’ambiente o acquisiti non sono mai presenti alla nascita, ma emergono in tempi diversi della vita dell’individuo a seguito della prolungata azione negativa dell’ambiente; sono rappresentate quindi eventi che agiscono “dall’esterno” sul sistema nervoso centrale nei periodi prenatale, perinatale o post- natale. I primi inoltre hanno in generale carattere di irreversibilità, i secondi invece sono suscettibili di recupero e si manifestano in forme lievi. Le cause acquisite si distinguono in: cause prenatali: infezioni acute materne come la rosolia e la toxoplasmosi; le malattie croniche materne come il diabete, le cardiopatie, le endocrinopatie, intossicazioni sia accidentali che voluttuarie come l’uso di droghe; cause perinatali: sono quelle che intervengono verso la fine della gravidanza ed entro la prima settimana di vita del bambino. Le condizioni patologiche che causano sofferenza fetale possono riguardare la placenta, il travaglio, il parto e il periodo neonatale; cause postnatali: queste possono intervenire dopo la prima settimana di vita extrauterina e possono essere dovute a traumi, infezioni, disturbi metabolici, intossicazioni, gravi carenze ambientali. Quindi, i principali fattori di rischio includono: 4 ereditarietà (circa il 5%), l'applicazione dei metodi di analisi genetica alla psicologia umana ha dimostrato che un buon numero di ritardi mentali è dovuto all’influenza dei fattori ereditari come errori congeniti del metabolismo, anomalie di un singolo e aberrazioni cromosomiche; alterazioni precoci dello sviluppo embrionale (circa il 30%), mutazioni cromosomiche (per es., sindrome di Down dovuta a trisomia 21) o danni prenatali dovuti a sostanze tossiche (per es., uso di alcool da parte della madre, infezioni); problemi durante la gravidanza e nel periodo perinatale (circa il 10%), malnutrizione del feto, la prematurità, l’ipossia, infezioni virali o altre infezioni, e traumi; condizioni mediche generali acquisite durante l’infanzia o la fanciullezza (circa il 5%), infezioni, traumi, e avvelenamenti (per es., da piombo); influenze ambientali e altri disturbi mentali (circa il 15-20%), mancanza di accudimento e di stimolazioni sociali, verbali, o di altre stimolazioni, e disturbi mentali gravi (per esempio autismo). Esistono, infatti, forme di disabilità intellettiva, e conseguente ritardo scolastico, dovute a carenza affettiva e culturale dell'ambiente di vita del bambino. Si tratta di casi in cui il bambino vive in un’atmosfera anaffettiva, monotona, indifferenziata sia per la quasi totale assenza di stimolazioni sia per la somministrazione disordinata e caotica di stimoli inconsistenti che non consentono al bambino di prestare attenzione alle cose, alle persone, alle parole per tempi sufficientemente lunghi. Mutando completamente le abitudini di vita di questi soggetti è possibile riportare il loro QI a livelli normali: naturalmente il successo sarà tanto più efficace e rapido quanto prima nel tempo avrà avuto inizio il cambiamento. 1.3 CLASSIFICAZIONE Come già detto, le principali classificazioni utilizzate nell’attività educativa, clinica e di ricerca, riportano criteri riferibili a tre aspetti: funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media, QI inferiore a 70, rilevato attraverso strumenti validi e standardizzati 5 concomitanti limitazioni nell'adattamento riscontrato in due o più delle seguenti aree: comunicazione, cura di sé, abilità domestiche, abilità sociali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, salute e sicurezza, capacità di funzionamento scolastico, tempo libero, lavoro esordio prima dei 18 anni. In base al grado di compromissione (livello di QI e alle competenze adattive), possiamo inquadrare quattro livelli di gravità (lieve, moderato, grave e gravissimo), che andranno valutati per ognuno di questi tre domini: 1. Dominio concettuale: comprende competenze linguistiche, abilità di lettura, scrittura, matematica, ragionamento, memoria e anche conoscenze generiche 2. Dominio sociale: riguarda la capacità empatica, il giudizio sociale e interpersonale, la capacità di comunicazione, la capacità di fare e mantenere amicizie e capacità similari 3. Dominio pratico: concerne la gestione di ambiti personali come il sapersi prendere cura di sé stessi, la responsabilità sul lavoro, la gestione del denaro o le attività svolte nel tempo libero. Si include anche l’aspetto organizzativo della scuola e dei compiti di lavoro. In questo lavoro di tesi ci occuperemo della disabilità intellettiva di grado lieve. 1.4 DISABILITÀ INTELLETTIVA DI GRADO LIEVE La disabilità intellettiva di grado lieve costituisce la parte più ampia (85%) dei soggetti affetti da tale condizione. Nei bambini non è immediatamente evidente; le compromissioni senso-motorie sono di minima entità, le capacità comunicative sono sufficienti per le esigenze quotidiane. Per questi motivi, nella maggioranza dei casi, il deficit non è individuato in un’età precoce e i problemi si presentano quando il bambino inizia a frequentare la scuola. Tuttavia, il pediatra deve fare attenzione quando il bambino presenta un ritardo psicomotorio con una deambulazione oltre i 18 mesi, quando la comparsa del linguaggio risulta fortemente ritardata, spesso è presente anche una scarsa esplorazione dell’ambiente e la tendenza a un gioco molto ripetitivo con applicazione di schemi primitivi. Molte difficoltà si manifestano anche nell’esecuzione del gioco con dei semplici incastri dove il bambino invece che comportarsi con una strategia di 6 peso delle variabili personali e motivazionali correlate alle specifiche menomazioni che possono condizionare negativamente il funzionamento adattivo. In riferimento all'area indagata, esistono test cognitivi (attenzione, percezione, memoria, linguaggio, 'intelligenza generale', attitudini specifiche); test di profitto (che valutano il prodotto dell'apprendimento in settori specifici); test di personalità e di interessi professionali. Riguardo alle modalità di somministrazione i test possono essere individuali o collettivi (adatti, ad esempio, per l'uso con intere classi scolastiche), con o senza limiti di tempo. In aggiunta e a integrazione dei test psicometrici, anche altri strumenti, quali: Schede criteriali, schede utilizzabili da parte di insegnanti o riabilitatori per l'assessment. Il criterio per valutare se la prova è superata o no è riferito non al campione normativo, come avviene nei test psicometrici, ma all'obiettivo che l'insegnante o il riabilitatore si propone di raggiungere con quel soggetto. Egli stesso può “tarare” le prove nel contesto in cui si trova a lavorare, tenendo conto di questi obiettivi e della specifica situazione ambientale e procede, quindi, alla somministrazione, secondo modalità flessibili e appropriate al soggetto, di una o più schede per ciascuna abilità interessata. Osservazione sistematica, è un insostituibile mezzo di accertamento delle abilità cognitive ma soprattutto delle abilità sociali del bambino; può essere agevolmente e proficuamente utilizzata dall'insegnante ed integrata con altri mezzi di rilevazione. È possibile rilevare tipologia, frequenza, intensità e durata del fenomeno osservato; al fine di andare oltre un’osservazione puramente descrittiva, e ottenere informazioni mirate ad accertare cause ed effetti del fenomeno, vanno ancora rilevati antecedenti e conseguenti del comportamento in questione. L'osservazione può essere effettuata continuativamente o in periodi limitati appositamente campionati; gli strumenti da utilizzare sono le check-list (formulari a codifica prefissata), le schede a codifica flessibile preparati dallo stesso osservatore, le registrazioni tramite video. 9 Capitolo II 2.1 LA DISABILITA’ INTELLETTIVA A SCUOLA Per chi lavora nella scuola, i temi da affrontare riguardo alla crescita sono moltissimi ma uno sicuramente molto delicato, per quanto riguarda il campo dell’insegnamento, è quello della diversità. La scuola deve offrire ai bambini diversamente dotati un ambiente tranquillo e stimolante, dove sperimentare l'integrazione. Perché ciò avvenga, occorre che il corpo insegnante sia adeguatamente preparato e conosca dinamiche psicologiche e meccanismi relazionali che si possono positivamente instaurare con il bambino che presenti questa caratteristica. Si deve sempre tener conto che c'è uno sviluppo anche nel bambino diversamente abile e che si possono mettere in atto promozioni di questo sviluppo che siano migliorative o, al contrario, che prolunghino o addirittura generino le differenze. L’educatore deve necessariamente confrontarsi col fatto che, oltre ad avere una misura visibile, obiettiva, ne ha un'altra enormemente più importante che è quella del vissuto. Se l'attenzione si concentra solo sulle menomazioni visibili, non si avrà una corretta percezione della reale situazione. Tra l'altro, assumendo come dato ineliminabile quel limite, si costringe involontariamente chi lo porta ad avvertirlo di continuo durante la crescita. Se da un lato gli insegnanti devono divenire consapevoli di quanto sia importante il loro contributo per aiutare l'integrazione di chi soffre di limitazioni; dall'altro, devono conoscere i rischi di un intervento scorretto sulla crescita che, in certi casi, può addirittura ingenerare il diversamente dotato. Una crescita serena può ridurre, in chi ha una diversità, le limitazioni che da questa possono venire. Scatta il bisogno dell'integrazione del bambino nel gruppo, l'esigenza di non negare la sua realtà ma nemmeno di farla diventare predominante. 2.2 PEDAGOGIA E DIDATTICA SPECIALE Il ruolo della pedagogia speciale è quello di identificare i bisogni speciali delle persone, saperli leggere e interpretare in maniera precisa e delineare delle risposte adeguate a soddisfarli. Il suo compito prioritario è quello di sviluppare una riflessione che guidi l'operatività, una riflessione in grado di orientarsi nella complessità dei bisogni e nella molteplicità delle risposte possibili. Risposte 10 speciali, sicuramente, in relazione alle esigenze del singolo, ma capaci di calarsi coerentemente nell'attività comune, integrandosi con essa e trasformandola. La pedagogia speciale deve rendere sempre più speciale ogni forma di intervento educativo trasformando in patrimonio comune la capacità di cogliere i problemi, le competenze nell’affrontarli, la padronanza nell’ipotizzare opzioni nelle risposte educative. Tutto ciò alimentando la fiducia sulla possibilità di modificare le situazioni, anche quando il senso comune vede l'impossibilità del cambiamento e l'inattuabilità di qualunque progresso. Da questa concettualizzazione e definizione delle linee operative deriva una specifica didattica, una didattica speciale, intesa come disciplina con la quale si elaborano in maniera sistematica le teorie dell'insegnamento. Il fatto che la riflessione e le applicazioni didattiche discendano da un inquadramento dei bisogni effettuato a livello di pedagogia speciale, non significa che la didattica stessa debba essere declinata come parte operativa della pedagogia, come disciplina incaricata di articolare semplicemente i contenuti in modo da renderli facilmente assimilabili agli allievi. La didattica non è una mera applicazione di programmi operativi predeterminati, ma effettua una riflessione teorica-operativa circa l'opportuna mediazione e comunicazione fra l'allievo che apprende e gli oggetti di apprendimento, ovvero tra il soggetto e gli oggetti dell'educazione (conoscenze, competenze, modelli di comportamento socio-affettivo), all'interno delle istituzioni intenzionalmente formative. Questo significa orientarsi con un approccio scientifico non solo nella direzione di individuare le attività più adeguate da svolgere, ma anche in quella di valutarne l'applicabilità nel contesto integrato e l'utilità per tutti gli allievi, non solo per quello con disabilità, in modo da riuscire a strutturare un modello riproducibile in momenti diversi e in altri ambienti. La didattica che possa creare l'attenzione sempre rivolta alla personalizzazione, cioè al tentativo di facilitare l'integrazione/comunicazione in un contesto integrato. 11 Capitolo III 3.1 LA SCUOLA INCLUSIVA La scuola inclusiva si basa su un processo attraverso il quale tutti i protagonisti contribuiscono a costruire le caratteristiche di un ambiente educativo e di apprendimento che cerca di rispondere ai bisogni di tutti; è una scuola che ripensa necessariamente le scelte metodologiche, didattiche e educative quotidiane. La presenza degli alunni disabili non è un’emergenza da presidiare, ma un evento che richiede una riorganizzazione del sistema. Occorre costruire la classe come un gruppo inclusivo; per far questo dobbiamo privilegiare una didattica attiva, sviluppare processi di apprendimento significativo e creare un senso di appartenenza. Costruire un processo inclusivo significa, per prima cosa, abituarsi a pensare la classe come un sistema, come un insieme di elementi interdipendenti e non separati, intrecciati dalle relazioni, per i quali si costruisce un unico progetto. Significa inoltre analizzare i bisogni, le specificità, i limiti e le risorse; differenziare il progetto educativo nelle metodologie, strategie, nei tempi coerenti con le caratteristiche del gruppo classe; costruire occasioni di rispecchiamento tra pari attraverso scelte metodologiche-didattiche-organizzative; progettare percorsi personalizzati che costruiscano reti di apprendimento. Un progetto inclusivo si costruisce in progress, è un processo in itinere mai del tutto concluso e si caratterizza perché deve essere coerente, deve richiedere continuità verticale e orizzontale, deve lasciare spazio agli imprevisti ma poco all’improvvisazione, deve richiedere la condivisione e l’attivazione di tutto il consiglio di classe. Quindi, è necessario ripensare la didattica, scegliere la scuola del fare come condizione privilegiata per l’apprendimento di tutti; è necessario ripensare l’organizzazione, avere flessibilità negli orari, nell’uso degli spazi, nella suddivisione di compiti e responsabilità, nella disponibilità a fare, nella disponibilità a uscire dalle proprie “cornici”, nella disponibilità a pensare e ripensarsi; è necessari, infine, fare attenzione alla professionalità docente, ipotizzando un insegnante riflessivo con forti competenze nell’osservazione, capace di analizzare continuamente percorsi e processi, capace di riposizionare se stesso e se stesso rispetto agli altri, ma soprattutto che fa proprio il concetto di 14 normalità come pluralità e non come uniformità. Il clima che si respira all'interno della classe è, quindi, determinante per l'attivazione di relazioni realmente inclusive. È importante educare gli allievi alla messa in atto di condotte prosociali, cioè di azioni che, senza ricercare gratificazioni estrinseche o materiali, favoriscono altre persone o gruppi o il raggiungimento di obiettivi sociali positivi e aumentano, così, la possibilità di dare inizio a una reciprocità positiva e solidale nelle relazioni interpersonali conseguenti, salvaguardando l'identità, la creatività e l'iniziativa delle persone o dei gruppi coinvolti. Si tratta di condotte finalizzate a favorire il benessere degli altri, rispettandone le caratteristiche e le peculiarità personali. Un'altra strategia per l'insegnamento diretto di abilità sociali e per la promozione di una "consapevolezza sociale" (insegnamento metacognitivo), è quella del problem solving interpersonale, finalizzata a promuovere negli allievi un atteggiamento sociale adeguato, cioè a insegnare "come" affrontare situazioni sociali attivando adeguati processi di ragionamento, per orientare positivamente i compagni nei confronti dei bisogni particolari di allievi con disabilità. Il comportamento sociale dipende da una serie di comportamenti che fanno riferimento sia ad aspetti cognitivi e affettivo- motivazionali sia ad una serie di altri fattori, quali il controllo sociale, i modelli parentali e culturali, quelli proposti dai mass media. La messa in atto di queste azioni di aiuto nei confronti dei compagni disabili dipende da una serie di condizioni che fanno riferimento al possesso delle seguenti capacità: abilita cognitive, assertività, empatia e autocontrollo. È evidente come un programma di educazione prosociale, debba centrarsi sulla promozione di queste competenze. 3.2 RELAZIONE FRA CLIMA DI CLASSE E SUCCESSO FORMATIVO Una risorsa importante per favorire l'integrazione è rappresentata dai compagni di classe. La risorsa compagni rappresenta una potenzialità di grosso rilievo per facilitare un processo di reale integrazione del bambino con disabilità non solo in ambito scolastico, ma in generale nella comunità. I rapporti di scambio e la rete di amicizie che si determinano tendono spesso a generalizzarsi anche a contesti 15 extrascolastici, determinando le condizioni per una proficua e soddisfacente vita sociale. Ecco che, il coinvolgimento di allievi in funzione di tutor per favorire l'apprendimento di bambini con disabilità, rappresenta un ulteriore opportunità di impiego programmato dalla risorsa compagni. Il tutoring permette, infatti, di sviluppare un’educazione individualizzata per seguendo nello stesso tempo gli obiettivi sociali dell’integrazione. La sua efficacia, quindi, è riscontrabile sia a livello educativo, sia sociale, sia economico. Va sottolineata la possibilità che l'allievo con difficoltà possa svolgere in seguito il ruolo di tutor, situazione in cui quest’ultimo può risultarne fortemente gratificato a livello di autostima e conseguentemente attivare un circolo virtuoso centrato sul miglioramento della percezione di autoefficacia. Oltre a questi vantaggi di tipo emotivo-motivazionale, gli allievi possono ulteriormente affinare delle abilità parzialmente acquisite nel momento in cui le illustrano ad un compagno, facilitando in questo modo il processo di consolidamento e quello di generalizzazione. Esiste un forte legame tra apprendimento e gratificazione emotiva: un buon clima di classe è in grado di favorire gli apprendimenti e di contribuire al benessere dello studente e dell’insegnante. È la relazione a generare formazione, e non il contrario. Una buona relazione educativa, infatti, si configura come elemento di protezione della persona; sostiene la motivazione, risponde al bisogno di appartenenza, benessere, esplorazione, socializzazione e comunicazione. Al fine di costruire un buon clima di classe, dobbiamo facilitare, promuovere, costruire abilità e competenze necessarie, attuando progetti specifici per il raggiungimento di competenze da parte dei pari, attraverso relazioni di aiuto e lo sviluppo delle abilità prosociali; dobbiamo attuare progetti formativi che prevedano attività specifiche e trasversali, anche disciplinari, che perseguano gli obbiettivi di abituare a evitare giudizi, non leggere la parte per il tutto, non definire la persona dietro la difficoltà e mettere in atto buone relazioni di aiuto e non aiuto/sostituzione; dobbiamo infine utilizzare metodologie e strategie per creare spazi di condivisione di esperienze, favorire in classe i lavori cooperativi, “controllare” il gruppo e le sue dinamiche. C’è da sottolineare che il primo modello inclusivo è il gruppo docente. Il docente deve collaborare con i colleghi, deve assumere un ruolo di coordinamento e 16