Scarica Lettere come strumento di progresso morale: Epistole a Lucilio di Seneca - Prof. Luceri e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Lingua Latina solo su Docsity! LETTERE COME STRUMENTO DI PROGRESSO MORALE: EPISTOLE A LUCILIO DI SENECA Ci troviamo in pieno periodo imperiale.dopo gli epistolari di Cicerone abbiamo infatti un cambiamento degli scrittori quando adoperano questo metodo di scrittura.gli scrittori più elevati da un lato vogliono imitare Cicerone, dall’altro c’è una maggiore cautela nell’utilizzare la lettera in quanto il servizio postale risultava poco efficiente e le lettere potevano andare perdute o finire nelle mani di qualcun altro. - Nel momento in cui le persone di ceto più elevato iniziano a scrivere, utilizzano un linguaggio più artificioso come se scrivessero già per la pubblicazione. Il caso più eclatante è quello di Seneca, con un corpus di 124 epistulae suddiviso in 20 libri. Si parla di un 22º libro andato perduto. Oggi sappiamo che Seneca aveva scritto anche ad altri corrispondenti che però abbiamo perso. Destinatario e autenticità: Il corpus di Seneca è destinato ad un unico destinatario e pare una sorta di richiamo alle “Epistolae ad Atticum”. Il destinatario delle lettere di Seneca è Lucilio e ad oggi la critica ha dibattuto molto circa la veridicità dell’esistenza o meno di questo personaggio. La critica ha pensato che Lucilio fosse un personaggio fittizio. Seneca avrebbe spedito davvero quelle lettere per poi raggrupparle e trascriverle in modo pulito per essere pubblicate? Questo è oggetto di dibattito critico non si riesce a definire se la corrispondenza sia autentica, obbediente alle leggi del genere o mera veste formale presa in prestito dal filosofo per le proprie riflessioni morali. È proprio l’inconsistenza del destinatario che a volte risulta fittizio che nutre questi dubbi. D’altro canto il disordine contenutistico e compositivo della raccolta le incongruenze le allusioni oscure per i propri lettori, la nutrita presenza di spunti riconducibili alla topica epistolare, sembrano deporre a favore dell’autenticità dello scambio epistolare, privo di pianificazioni troppo accurate, ancorché pensato per la pubblicazione. ad oggi prevale la linea esegetica che riconosce l’autenticità delle epistolario pur sottolineandone il carattere letterario. Allo stesso destinatario Lucilio Iuniore, Seneca dedica anche altre opere e pure non sono in poche a considerarlo poco più che un interlocutore fittizio fino a farne il prestanome per una biografia spirituale.di contro sostenitori dell’autenticità delle epistolario hanno ricavato dalle opere sane a lui dedicate tratti sufficienti per delineare la figura del destinatario, le sue origini la sua carriera politica, il suo profilo psicologico, e i suoi interessi letterari Quando le scrive: La cronologia delle lettere è molto dibattuta proprio perché non ci sono le dat, l’unico terminus post quem è l’incendio di Lione avvenuto alla fine dell’estate del 64, menzionato nell’ epistola 91, 1. Terminus ante quem è evidentemente aprile del 65 cui data il suicidio di Seneca. La seconda lettera dell’8 libro dice che ha iniziato a scrivere dopo essersi ritirato dalla vita politica ovvero quando ci fu la rottura con Nerone nella primavera del 62 d.C. “ mi sono ritirato non solo dagli uomini, ma anche dalle cose e principalmente dalle mie cose: mi occupo dei posteri”. Ci si divide tra fautori di due cronologie: - corta (63-64) - lunga (62-64) questa sembra la piu verosimile, Molto probabilmente Seneca ha pubblicato almeno tre libri con ordinamento che obbedisce alla struttura di inserire una sentenza alla fine di ogni libro, mentre l’altra parte potrebbe anche essere stata pubblicata postuma Modelli: I modelli sono quindi rintracciabili tanto nel mondo greco quanto in quello latino: le lettere di Platone e di Epicuro da una parte, quelle di Cicerone e Orazio dall’altra. - Platone: strutturazione di un corpus epistolare e alla funzione dell’insegnamento. - Epicuro: influenza molto forte, testimoniata dalle frequenti citazioni di sentenze epicuree, all’interno dei primi tre libri. - Lettera come insegnamento morale: - Nelle lettere abbiamo delle allusioni che solo il destinatario poteva conoscere, vengono illustrati dei topoi della poesia epistolare che lasciano supporre l’idea che le lettere, almeno in un primo momento, fossero state spedite davvero. - I primi tre libri hanno come ispirazione Epicuro (Epistole Morali), le epistole vogliono creare un rapporto con il suo destinatario non come semplice rapporto di amicizia ma un rapporto tra maestro-discepolo che vogliono un progresso morale mediante lo studio della filosofia. - Questo tipo di lettera come insegnamento morale è tipica dei filosofi, caratteristica anche di Epicuro. - Cicerone: importanza dell’ epistolario Ad Atticum, menzionato esplicitamente da Seneca che dimostra di conoscerlo bene. Esso può aver suggerito l’idea di raccogliere le lettere indirizzate ad una sola persona ed è certo un modello per quanto attiene all’intimità del rapporto. - l’epistolario ciceroniano si configura anche come modello negativo quando il filosofo critica esplicitamente la massiccia presenza in esso di pettegolezzi riguardanti la vita privata e quella pubblica e di tutto ciò da cui il saggio deve allontanarsi in quanto dominio della Fortuna. - Orazio: l’epistole orazione sostengono invece il carattere letterario del carteggio, è verosimile che esse siano state per Seneca un precedente di epistola morale, ma non un riferimento significativo. Struttura e suddivisione: I primi tre libri sono quindi influenzati dalla figura di Epicuro sebbene Seneca appartenesse alla scuola storica avversa ad Epicuro. La raccolta, a questo punto, pare una raccolta di lettere non realmente spedite sebbene l’idea di Seneca fosse quella di spedire tutte queste lettere ad un ipotetico discepolo. Le lettere si presentano molto brevi caratterizzate da una massima che riepiloga tutto il tema. Tutti i libri finiscono con una sentenza e dunque, lascia trasparire l’intento di Seneca di riordinare tutto almeno nei primi tre. Al quarto libro abbiamo lettere ben più ampie. Seneca, man mano che procede, tende ad allargarsi tale che le lettere assumono un’evoluzione simile ad un trattato. Seneca era di certo consapevole di mettere mano ad un genere letterario estraneo alla cultura latina: la lettera, e in contrapposizione con il trattato, sistematico e organicamente strutturato per natura. - La lettera però appare la forma ideale per una pratica quotidiana della filosofia che affronti di volta in volta argomenti diversi non tralasciando utili trasgressioni. - La vita quotidiana non è esclusa dalle comunicazioni epistolari, ma viene eletta nella sua dimensione interiore trasfigurata in funzione del percorso filosofico verso la sapienza. Temi e stile: I temi non prendono la forma di precetti impartiti da un severo maestro, ma sono proposti all’interno di un quadro di ricerca e progresso comuni, che vedono tanto il mittente quanto il destinatario protesi verso il perfezionamento interiore. - Ci sono anche Temi in cui Seneca esalta il ritiro dalla vita politica. Lo scopo della filosofia è il rinnegamento della vita dell’uomo, la contemplazione serve al miglioramento di sé stessi. - Tema dell’ozium, importanza della distanza della vita politica come crescita personale. - Abbiamo altri temi come la discussione circa l’ira, la natura del cosmo che lo vedono ordinato da un principio superiore come la natura o la provvidenza. - Ci sono poi temi propri delle Consolationes, Topoi consolatori dove la vita deve continuare anche quando subiamo un lutto, dare un significato a ciò che facciamo … - Una lettera importante sarà quella circa il rapporto tra uomini e schiavi. Questi ultimi, pur essendo il fulcro dell’economia dell’epoca, dovevano meritare più rispetto perché non sono oggetti ma uomini. Seneca, dunque, ha dei motivi che lo avvicinano al cristianesimo. Tutti questi temi si articolo in questa raccolta che pare si siano messi a nudo mantenendo la loro disposizione cronologica. Lo stile di Seneca senz’altro influenzato dagli studi retorici di ascendenza paterna, riflette un doppio movimento: - dall’esterno verso l’interno e verso la libertà dell’io (linguaggio dell’interiorità) - dall’interno verso l’esterno verso la liberazione dell’umanità (linguaggio della predicazione) questo ne fa manifesto del nuovo stile anticlassico contrapposto a Cicerone, la figura etimologica, l’ ossimoro,l’antitesi, l’anafora, il chiasma, la variazione sono strumenti del linguaggio della predicazione. Ma nessuno ritiene che si debba qualcosa a qualcuno (essere debitore di) che riceve del tempo, sono talmente stupidi che nessuno pensa di dover qualcosa a qualcuno che ha ricevuto il tempo, quando questa è l’unica cosa che non potrà essere restituita e si dovrebbe essere grati.” Interrogabis fortasse quid ego faciam qui tibi ista praecipio.= “Tu chiederai, forse, che cosa faccio io che sto dando questi insegnamenti. Fatebor ingenue: quod apud luxuriosum sed diligentem evenit, ratio mihi constat inpensae. ” lo ammetterò in maniera schietta, ingenua, come accade al prodigo, scrupoloso, tengo bene i conti della spesa. - Seneca vive come spende e spande perché vive nel lusso ed è consapevole di spendere. Non possum dicere nihil perdere, sed quid perdam et quare et quemadmodum dicam; = “Io non posso dire di non perdere nulla, (so anche io di perdere il tempo) Potrei dire cosa io sto davvero perdendo, per quale motivo e in che modo” causas paupertatis meae reddam. = “Io ti saprei fare il conto, ti saprò elencare i motivi della mia povertà” Sed evenit mihi,= ma a me accade quod plerisque non suo vitio ad inopiam redactis: = quello che accade alla maggior parte delle persone che sono ormai ridotte in povertà, non per colpa loro omnes ignoscunt, nemo succurrit. =tutti rimpiangono ma nessuno entra in soccorso. Quid ergo est? = dove vogliamo arrivare? (E che, dunque?) Non puto pauperem cui quantulumcumque superest sat est;= io non ritengo povero colui che, per quanto poco, ha a sufficienza. - Secondo Seneca chi ha poco tempo e lo sa sfruttare è sufficiente. tu tamen malo serves tua, et bono tempore incipies. = io preferirei, tuttavia, e tu conservi i tuoi beni e dovrai iniziare a tempo debito. - Malo si presenta come verbo senza particella ut “Seneca dice a Lucilio di iniziare le sue cose al momento opportuno. Nam ut visum est maioribus nostris, «sera parsimonia in fundo est »; “Infatti come è parso ai nostri antenati, è tardivo il risparmio sul fondo. non enim tantum minimum in imo, sed pessimum remanet. Vale = “Infatti sul fondo non c’è soltanto la parte più piccola ma c’è anche la parte peggiore”. - Nel vino, nell’olio c’è la posa, la feccia sul fondo. - Con questa metafora si indica qualcosa che non va bene, risparmiare tardi è come bere la parte finale del vino. Conclusione con la massima. SENECA SALUTA IL SUO LUCILIO 47 Anche gli schiavi sono uomini. Bisogna comportarsi in modo umano con i propri propri schiavi, poiché anche essi sono uomini, anzi sono, proprio come gli uomini liberi, schiavi della sorte. Molti invece trattano i propri schiavi in modo disumano, ma così facendo ottengono solo la loro ostilità. Eppure un tempo, quando agli schiavi era concessa maggiore familiarità con i padroni, si erano anche disposti a sacrificare la vita per loro. È bene comportarsi con gli schiavi così come si vorrebbe che i superiori si comportassero con noi e tenere presente che la condizione sociale dipende dalla sorte, mentre il carattere ciascuno lo forma da sé. Tutta l’economia si basa sullo sfruttamento dei servi, dove vi è una sorta di abuso di potere fatto dagli imperatori. Ognuno ha servi e ognuno ha padroni. Ognuno ha un padrone anche se non lo sa. Ognuno, secondo Seneca, deve trattare come vuole essere trattato. Il satiricon di Petronio, contemporaneo di Seneca, abbiamo una parodia della mancanza di rispetto nei confronti dei servi. (cena di trimalcione). “Servi sunt” = anafora momentanea per sottolineare il messaggio ”immo homines, immo… conservi” = anafora che rappresenta un climax che va dalla constatazione minima ma fulminante che i servi sono uomini fino al paradossale conservi che ridimensiona le gerarchie sociali > poichè gli uomini sono tutti soggetti alla fortuna (fato) che domina capricciosa. Libenter ex iis qui a te veniunt cognovi familiariter te cum servis tuis vivere: = Ho appreso con molto piacere (libenter, di buon grado) da quelli che vengono dalla tua casa che tratti i tuoi servi con familiarità. hoc prudentiam tuam, hoc eruditionem decet. = “Questo si addice alla tua saggezza, questo alla tua cultura”. - Provident = quello che sa vedere prima « Servi sunt ». “ma sono degli schiavi” / “sono servi” - Da voce a chi è contro di Seneca Immo homines. « Servi sunt ». Immo contubernales. « Servi sunt ». Immo humiles amici. « Servi sunt ». Immo conservi, si cogitaveris tantundem in utrosque licere fortunae. = per meglio dire, uomini. “Sono servi”, per meglio dire, conviventi. “Sono servi”, per meglio dire, umili amici. “Sono servi” per meglio dire compagni di servitù, se penserai che sugli uni e sugli altri è concesso lo stesso arbitrio della fortuna. - Immo, particella rafforzativa, difficile da tradurre. “Io ti dico che sono uomini” - Quindi non sono schiavi, ma come noi se la fortuna agisce sia nel loro caso che nel nostro. Itaque rideo istos qui turpe existimant cum servo suo cenare: perciò rido di costoro che considerano disonorevole cenare con il proprio schiavo: - Utilizzo dell’ironia per mettere alla berlina chi si tiene a distanza dagli schiavi. quare, nisi quia superbissima consuetudo cenanti domino stantium servorum turbam circumdedit? = per quale motivo se non perché una consuetudine piena di superbia ha posto intorno al padrone che cena una moltitudine di servi ritti in piedi? - Immagine del Satyricon di Petronio dove, intorno ai commensali, i servi devono tacere se no venivano picchiati. Est ille plus quam capit, et ingenti aviditate onerat distentum ventrem ac desuetum iam ventris officio = quello mangia più di quanto può contenere e con grande ingordigia (estrema avidità), appesantisce lo stomaco gonfio e ormai disabituato alla funzione di stomaco - Ironia della satira. - Est non è il verbo sum ma edoro, mangiare ut maiore opera omnia egerat quam ingessit = per rimettere (egerat) tutto (ogni cibo) con sforzo maggiore di quello fatto per ingerirlo. At infelicibus servis movere labra ne in hoc quidem, ut loquantur, licet; “mentre agli sventurati servi, non è concesso nemmeno di muovere le labbra per parlare” virga murmur omne compescitur, “ogni rumore viene frenato a colpi di bastone et ne fortuita quidem verberibus excepta sunt, tussis, sternumenta, singultus; “e neanche i rumori accidentali fanno eccezione alle frustate, come lo starnuto, la tosse o il singhiozzo. magno malo ulla voce interpellatum silentium luitur; “il silenzio che è stato interrotto da qualsiasi suono viene pagato a caro prezzo: nocte tota ieiuni mutique perstant. “tutta la notte devono stare a digiuno e in silenzio” Sic fit ut isti de domino loquantur quibus coram domino loqui non licet. “Così accade che sparlino del padrone, coloro ai quali in presenza del padrone non è concesso parlare. At illi quibus non tantum coram dominis sed cum ipsis erat sermo, quorum os non consuebatur, parati erant pro domino porrigere cervicem, periculum inminens in caput suum avertere = “ma quelli invece che potevano parlare non solo in presenza del padrone, ma anche con i padroni stessi, quei servi la cui bocca non era cucita, erano pronti a porgere il collo per il padrone. (Volevano sacrificarsi per il padrone). in conviviis loquebantur, sed in tormentis tacebant. =”Questi durante i banchetti parlavano e, durante le torture, tacevano” Deinde eiusdem adrogantiae proverbium iactatur, totidem hostes esse quot servos = dunque è frutto della stessa arroganza il proverbio che si ripete di continuo, che ci sono tanti nemici quanti servi. non habemus illos hostes sed facimus. “i servi non sono nemici, ma siamo noi a renderli tali” Alia interim crudelia, inhumana praetereo, quod ne tamquam hominibus quidem sed tamquam iumentis abutimur.= “tralascio per ora altri comportamenti crudeli, disumani. Il fatto che li sfruttiamo (abutimur) non tanto come uomini ma come bestie da soma (iumentis)”. Cum ad cenandum discubuimus, = “quando ci stendiamo per cenare” alius sputa deterget, = “c’è uno che deve asciugare gli sputi” - Nei banchetti sputavano per terra e un servo doveva pulire alius reliquias temulentorum ‹toro› subditus colligit. = “un altro sdraiato sotto il triclinio deve raccogliere gli avanzi degli ubriachi” - La presenza del “toro” venne aggiunta dai filologi per indicare il letto. Alius pretiosas aves scindit; “altri trincia uccelli preziosi” per pectus et clunes certis ductibus circumferens eruditam manum frusta excutit= “spostando qua. Ela con movimenti precisi la sua mano esperta, per il petto e le cosce ne fa pezzettini. infelix, qui huic uni rei vivit, ut altilia decenter secet,= “e’ un poveraccio, è un infelice colui che vive con questo solo scopo, di saper tagliere con eleganza gli uccelli. nisi quod miserior est qui hoc voluptatis causa docet quam qui necessitatis discit.= se non che è più disgraziato colui che addestra a questo per il proprio piacere di colui che lo apprende per necessità. Alius vini minister in muliebrem modum ornatus cum aetate luctatur, = un altro addetto al vino, gin dato in modo femmine, lotta con l’età: - i vecchi si vestivano da donne ma anche da giovani non potest effugere pueritiam, retrahitur, iamque militari habitu, glaber retritis pilis aut penitus evulsis tota nocte pervigilat, quam inter ebrietatem domini ac libidinem dividit, et in cubiculo vir, in convivio puer est. = non può sottrarsi alla fanciullezza e, seppur con un aspetto da soldato, depilato a furia di frizioni, o con i peli radicalmente strappati veglia per l’intera notte, che divide tra ubriachezza e la lussuria del padrone ed è uomo nella stanza da letto, fanciullo nel convivio. - gli schiavi che servivano dovevano sembrare giovani per forza EPISTOLARIO DI FRONTONE Frontone e il gusto arcaizzante L’interpretazione dell’epistolario di frontoni ampiamente condizionata dal precario Stato in cui il testo è stato tramandato che comprende 217 lettere, dislocate lungo un arco temporale che va dal 139 al 167 d.C. 1. cinque libri di lettere scambiate con Marco Aurelio prima dell’ascesa al trono e quattro dopo il suo avvento 2. due libri con Lucio Vero 3. Cinque lettere a Marco Aurelio imperatore (de eloquentia) e una de orazionibus 4. Un libro contenente la corrispondenza con Antonino Pio 5. Due libri agli amici (epistulae ad amicos) 6. Alcune lettere separate, scambi con Marco imperatore 7. Lettere in greco ad eccezione di una, a vari destinatari Contenuti: A parte la corrispondenza ufficiale del libro 10, nella raccolta trovano posto lettere stucchevolmente formali e banali: - Inviti a pranzo, a cena… - Altre lettere sono indirizzate ai suoi pari, lettere che perlopiù sono guastate dalla cerimoniosità di queste parole. - Informazioni di carattere valetudinario (stati di salute) - altre sono di natura commendatizia, per introdurre i propri parenti nella vita politica e i pericoli comuni delle persone che agiscono contro la tradizione di Roma. Sì mago vuole agire sulla coscienza della nobiltà che in quanto parte migliore del genere umano ha il dovere di difendere il culto delle proprie tradizioni anche nel momento in cui, con la definitiva affermazione del cristianesimo, i valori fondanti della grandezza di Roma sembrano cedere il passo a quelli della nuova religione. Questo epistolario è così testimone di una profonda onestà intellettuale dell’oratore i cui rapporti con i suoi pari mirano a scambi di favori e di relazioni che vanno aldilà dell’appartenenza al credo religioso. Anche in funzione delle critiche che la nobiltà veniva ad attirarsi da parte di quanti la consideravano chiusa nel proprio egoismo e dedita a una vita di ozi inutili, Simmaco si sforza di tracciare nelle sue lettere un quadro quanto più lusinghiero della società cui egli stesso appartiene e tentando una mediazione con la parte migliore dell’aristocrazia cristiana ovvero stemperando le questioni religiose in nome di una rinnovata collaborazione. - il suo epistolario appare testimone non già di una fato indifferenza, ma di uno spirito realistico di adattamento alle mutuate condizioni politiche del tempo. - Elevato valore storiografico e documentaristico. Tra i rapporti coltivati da Simmaco appaiono di particolari importanza quelli intrattenuti con i letterati e intellettuali del tempo, volti a rafforzare la difesa delle tradizioni e del patrimonio culturale di Roma. Ne sono testimonianza alcune lettere con L‘anziano Naucellio, poeta e senatore di origine siracusana, ritiratosi a Spoleto. Gli argomenti sono di natura prettamente letteraria e si alternano agli affettuosi inviti dell’oratore a un pronto ritorno dell’amico nell’Urbe, anche considerando la difficile situazione politica che richiedeva la presenza a Roma del maggior numero di rappresentanti della curia. SIMMACO A NAUCELLIO III 11 Questione di stile epistolare e ringraziamento per i doni letterari. Simmaco invita l’anziano Naucellio ha rinunciare allo stile arcaizzante, giudicato fuori moda dai moderni che, come lui, mirano essenzialmente a dilettare il loro pubblico ancora in grado di discernere la purezza di tale eloquio. Nella seconda parte parte dopo averlo ringraziato per aver ricevuto una sua traduzione dal greco Simmaco gli promette l’immediata restituzione di un codice contenente i suoi versi da lui riordinati ed emendati. La lettera si colloca verso la seconda metà del 397 stante il riferimento dell’autore alla grave malattia renale che lo aveva colpito durante il soggiorno a Ostia nei primi mesi dell’anno. Naucellio: autore di una raccolta scoperta nel 1950. Manoscritto di Bobbio, una raccolta in cui abbiamo una silloge di 71 epigrammi (di cui solo i carmi 2-9 sono con certezza di Naucellio) e che hanno permesso di ricostruire il suo profilo. Un uomo aristocratico appartenente alla cerchia di Simmaco. Questi epigrammi furono scritti in età anziana (90/95 anni). Simmaco chiede della salute di Naucellio nel 397 d.C. e ci è pervenuta anche la risposta. Naucellio scrive della sua villa, della sua vita, che la moglie è morta … a 95 anni scriverà anche una preghiera a Saturno per avere una pace e salute fisica. La lettera 11 ci aiuta a capire lo stile linguistico e la moda del tempo. Naucellio scrive in un modo solenne al punto che lo stesso Simmaco non ne comprende. Sumpsi pariter geminas litteras tuas Nestorea, ut ita dixerim, manu scriptas,2 quarum sequi gravitatem laboro = ho ricevuto insieme le tue due lettere le quali sono scritte per cosi dire, con mano Nestorea, la cui solennità io stesso faccio fatica a seguire. - Nestore; re di Pilo, unico giunto oltre i 90 anni, il più anziano che partecipò alla guerra di Troia. Questo richiamo costituisce una prima captatio benevolentiae verso il destinatario poiché sulla scorta di Omero l’eloquenza di Nestore era proverbialmente considerata dolce e fluente Trahit enim nos usus temporis in plausibilis sermonis argutias. = la moda del tempo mi spinge infatti a cercare la brillantezza di un discorso che possa attirare applausi. Quare aequus admitte linguam saeculi nostri et deesse huic epistulae Atticam sanitatem boni consule.=“ Per questo motivo ti consiglio di accogliere lo stile dell’epoca nostra e perdona (boni consule= termine arcaico) e prendi bene che a questa mia lettera manchi la sanità degli Attici. - purezza attica: che contraddistingue lo stile dell’amico, l’eloquio di Simmaco non è del tutto alieno all’arcaismo, come dimostra il ricorso a un sintagma di stampo Plautino. Dignum est ut haec ipsa apud te culpae confessio prosit mihi ad veniae facilitatem. = ” è giusto che questa confessione di colpa davanti a te mi giovi a ottenere il perdono. Quodsi novitatis inpatiens es, sume de foro arbitros, mihi an tibi stili venia poscenda sit. “Ma se sei impaziente delle novità, prendi arbitri dal foro per sapere se si debba chiedere perdono per il mio o per il tuo stile. Crede, calculos plures merebor, non ex aequo ac bono, sed quia plures vitiis communibus favent. “Credimi, io avrò più voti di te. Non per giustizia o verità, ma perché la maggioranza seguono i vizi comuni” Itaque, ut ipse nonnumquam praedicas, spectator tibi veteris monetae solus supersum; e così, come tu stesso qualche volta vai proclamando, solo io rimango ai tuoi occhi un ammiratore della vecchia moneta. ceteros delinimenta aurium capiunt. “Tutti gli altri, infatti, sono catturati dalle cose che allettano l’orecchio” Stet igitur inter nos ista pactio, ut me quidem iuvet vetustatis exemplar de autographo tuo sumere, te autem non paeniteat scriptorum meorum ferre novitatem = facciamo un patto tra di noi. Che a me giovi ricevere di tuo pugno un esempio di antichità, ma che a te non dispiaccia tollerare la modernità dei miei scritti. III 13 SIMMACO A NAUCELLIO ordine dei biglietti, comunicazioni brevi Un nuovo invito : Alle promesse di Naucellio di tornare al più presto all’Urbe, Simmaco risponde con un ulteriore sollecitazione respingendo attraverso l’esempio della solerzia degli anziani Nestor e Fenice le scuse da quello evidentemente accampate di non riuscire a sostenere i disagi del trasferimento per l’età avanzata. La relativa distanza di Spoleto cittadina addirittura compresa nel circondario di Roma, non può essere addotta a giustificazione dell’amico che anzi potrà alleviare il senso di fatica del breve iter, magari rimuginando in viaggio i Carmina ispiratigli dal paesaggio. Binas ad me litteras pedisequus tuus detulit:”il tuo garzone mi ha consegnato due lettere” fraudis arguerer, nisi totidem reddidissem. “Però io sarei accusato di frode se non ti avessi risposto con altrettante” Utrisque te rediturum Romam, si per annos liceat, spopondisti. “Tu in entrambe hai promesso che saresti tornato a Roma se ti fosse consentito dalla vecchiaia” Saepe numero idem scripseras; Ma hai scritto la stessa cosa più volte nihil iam moror syngraphas tuas. Molte volte hai già scritto la stessa cosa, ormai non tengo più conto delle tue promesse Iterar promissum fallaciae meditatio est. Rinnovare le promesse è un progetto d’inganno. Scio lentos ad capessendum laborem senes fieri, sed quia crescunt vitia cum tempore, ingratis mihi adtrahendus, priusquam iustiorem veniam faciat longior dies. “ so che le persone anziane sono lente a intraprendere uno sforzo, ma poiché i guasti crescono col tempo, bisogna che io ti trascini contro la tua volontà prima che l’età più avanzata renda più giusta la tua scusa” Nullam certe Nestor tertio aevi sui saeculo militiae vacationem poposcit, nec Achilli excusavit aetatis suae frigus senex monitor. ” in tutti i casi in Esto non chiese alcune esonero dalla milizia pur nella terza parte della sua vita, né il vecchio consigliere di Achille pose come scusa l’inerzia della propria . Et certe haud multum itineris interiacet.” e certo non si divide molta strada Spoletium suburbanitas nostra est. “Spoleto è la nostra periferia - Naucellio si era ritirato a Spoleto cittadina umbra, considerata quasi nella periferia dell’Urbe. Dum carmina tua ruminas, dum epigrammata oblatis lucis aut amnibus facis,4 fallitur doctis cogitationibus sensus laboris. “ Mentre lumini i tuoi versi, mentre componi epigrammi per boschi e fiumi che ti si offrono alla vista, il senso della fatica del viaggio viene ingannato da dotti pensieri. - potrebbe venire e nel breve viaggio pensare ai suoi scritti e a ciò che il paesaggio ispira, cosi da alleviare il viaggio. Vale = stammi bene III 14 Negata ospitalità: più volte sollecitato da Simmaco, Naucellio accetta al fine a raggiungerlo a Roma chiedendogli di essere accolto in una delle case da quello usualmente abitate. Colto di sorpresa dalla repentina decisione dell’amico l’oratore si scusa di non potergli concedere l’ospitalità avendo già destinato ad altri conoscenti i suoi alloggi.protestando la propria buona fede di fronte al possibile risentimento del poeta, Simmaco spera che quello non desista comunque dal proposito dal momento che nell’Urbe Naucellio continua a disporre della dimora abitata in gioventù e certo per lui non meno comoda ora che i suoi suoi figli vivono altrove. In meo aere duco, quod te adornare optatum reditum nuntiasti.=”lo considero nel mio credito (una cosa che mi fa felice), la notizia da te data di preparare il tuo tanto desiderato ritorno. Sed male metuo1 ne hoc studium tui negatio habitationis impediat; temo però fortemente che a questo tuo desiderio possa essere di impedimento il rifiuto della mia ospitalità - Male metuo = espressione arcaica la troviamo in Plauto quam peto ut in bonam partem voti erga te mei certus accipias. Deos enim facio testes has domus quarum alteram postulasti iamdudum a me hospitibus esse decretas. “il quale rifiuto, io però ti scongiuro di accoglierlo di buon grado, sicuro come sei del desiderio che ho di te. Una delle mie case che mi hai chiesto erano già state da tempo assegnate ad altri ospiti lo giuro sugli dei. Quaeso igitur ut sacramento commodes fidem, qui vel animo tantum meo credere debuisses, ti prego di dare credere a ciò che dico, dovresti dare credito alla mia parola et in aedes tuas festinus recurras. Richiedo di prestare fede in ciò che dico e di affrettarti presso la tua abitazione Siquidem domus, quae tibi prius ambitioso per aetatem iuventae4 et habitanti cum liberis satisfecit, senilem moderationem distributis in alias domus filiis5 non debet offendere. :”torna in fretta a casa tua. Ma se dall’altra parte la casa che ti è bastata quando da giovane eri ancora ambizioso, e quella casa dove abitavi insieme ai tuoi figli non dovrebbe non adeguarsi al fatto che sei vecchio e solo dato che i figli si sono accasati in altre case” III 16 Una premurosa richiesta. Con una lettera di intonazione più personale, Simmaco chiede scusa a Naucellio per il suo lungo silenzio determinato da un faticoso trasferimento a Formia.egli godrebbe più volentieri della bellezza del luogo se l’amico potesse raggiungerlo, ma consapevole della malferma salute del poeta si accontenta di avere almeno per lettera notizie dei suoi progressi. La mancanza di accenni a un possibile ritorno a Roma del siracusano suggerisce di considerare l’epistola, scritta probabilmente verso la fine dell’estate del 397, come