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Esercitazione povertà educativa, Esercizi di Sociologia

PsychopedagogyEducazione SpecialeSocial WorkDisabilità

Esercitazione sulla povertà educativa. Caso in esame: centro educativo regina pacis

Cosa imparerai

  • Quali servizi offre il Centro Educativo Diocesano 'Regina Pacis'?
  • Come collabora il centro con le università per offrire percorsi formativi specifici per disabili?

Tipologia: Esercizi

2020/2021

Caricato il 03/10/2022

emanuela.leone98
emanuela.leone98 🇮🇹

3.7

(3)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Esercitazione povertà educativa e più Esercizi in PDF di Sociologia solo su Docsity! Università di Napoli Federico II Dipartimento di Scienze sociali Corso di Teorie dell’innovazione sociale Scheda di Progettazione Contrasto alla povertà minorile ed educativa. Individuazione delle singole azioni, dei destinatari, dei soggetti attuatori, del cronoprogramma d’intervento e dei costi. A cura di: Iovine Claudia, P45000027 Leone Emanuela, P45000001 1. Nome dell’azione “Casa RAOUL” (Ragazzi Autonomi Originali Uguali e Liberi) presso il centro educativo diocesano Regina Pacis 2. Descrizione delle finalità dell’azione/i a partire dall’analisi dei bisogni e delle criticità individuate Casa Raoul, nasce per rispondere a delle domande che si poneva il territorio. L’area flegrea purtroppo non ha servizi sulla disabilità, o meglio non propone servizi per disabili che hanno raggiunto la maggiore età. Lo Stato garantisce ai disabili minorenni tanto, dai servizi riabilitativi ai servizi educativi attraverso aiuti e sovvenzioni, appena compiuti i 18 anni però tutto questo svanisce. Proprio per questo motivo il progetto nasce per accogliere disabili che hanno un’età superiore ai 18 anni. Casa Raoul rientra in uno dei progetti di autosostentamento, in quanto saranno richieste delle rette, in base all’ ISEE alle famiglie per pagare i dipendenti e pagare le utenze. Casa Raoul è caratterizzato da un progetto diurno e uno residenziale. Il nostro obiettivo è quello di rendere il ragazzo disabile cittadino come tutti gli altri. Ci siamo resi conto che vi è una mancanza di cultura e sicuramente questa è una delle criticità che abbiamo riscontrato. È difficile fare un percorso educativo di autonomia con i genitori, in quanto sono i primi a non avere una cultura della disabilità. Una mancanza di cultura non solo del genitore, ma anche dei servizi comunali e regionali che dovrebbero aiutarci. Un’ulteriore criticità è il livello economico delle famiglie che siano esse ricche o povere. 3. Obiettivi specifici Obiettivo principale è sostenere una cultura dell'inclusione e della giustizia, del benessere morale e psicosociale e favorire la riflessione culturale e pedagogica, particolarmente necessaria anche per chi si occupa nella Chiesa di trasmettere la fede alle nuove generazioni. L’intenzione etica e spirituale che guida la prassi è quella di “abitare l’emergenza educativa e sociale delle periferie esistenziali”, in risposta a quanto Papa Francesco sta dicendo alla Chiesa e al mondo per portare, attraverso l'educazione e la promozione integrale della persona, la luce della vita e della speranza a chi la invoca senza saperlo o senza poterlo esprimere. Finalità più importante è quella di cercare di rendere autonomi i ragazzi disabili con un grado di disabilità medio-alto, l’autonomia del ragazzo è infatti l’obiettivo più importante, anche perché spesso i genitori guidano eccessivamente i ragazzi, non lasciandoli mai liberi, questi devono invece riuscire ad agire in autonomia nella loro quotidianità. 4. Territorio e contesto di riferimento Il territorio di riferimento dell’azione è il comune di Pozzuoli, in provincia di Napoli, ha una superfice di 43,44 km², con una densità pari a 1.843,40 ab./km², per un totale di 80.851 abitanti (Istat, 31/12/2019), di cui il 48,4% uomini e il 51,6% donne. Di questi, il 38,5% ha meno di 35 anni. Il comune di Pozzuoli è il comune capofila dell’Ambito Territoriale Sociale N12 (fino al 2012 denominato N4); l'unità territoriale all'interno della quale si sviluppano le politiche socio sanitarie. E’ stato istituito con Delibera della Giunta Regionale Campania n°320 del 3 luglio 2012 [che ha modificato l'Ambito N4 istituito con Delibera del 4 maggio 2001, n. 1824, avente ad oggetto “ Legge 8 novembre 2000, n. 328 – Determinazione degli ambiti territoriali per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete”]. Compiti dell'Ambito sono:  Dotare il territorio di una rete di servizi essenziali;  Creare le condizioni per l'integrazione dei servizi in senso ampio ( socio-sanitario, scuola, lavoro, politiche giovanili, qualità della vita, ambiente);  Favorire l'esercizio associato delle funzioni sociali da parte dei Comuni ed una gestione unitaria della rete dei servizi.  Il Piano di Ambito Sociale è lo strumento di programmazione dei Comuni per avviare nei diversi Ambiti territoriali la progettazione e la realizzazione della rete dei servizi e interventi sociali. L’Ambito territoriale è titolare delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorre alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 265. L’associazionismo è molto diffuso nell’Ambito N12 che conta la presenza di circa 80 associazioni distribuite in diversi settori. Come espresso in precedenza il forte fermento culturale presente si manifesta attraverso le attività di 30 associazioni culturali, artistiche e ricreative il cui scopo, oltre che offrire opportunità di incontro e di approfondimenti culturali, è anche quello di rivalorizzazione del territorio attraverso una forte attenzione all’ambiente. I temi e le problematiche legate alla valorizzazione dell’ambiente e alla cura del sè rappresentano la mission anche di 20 associazioni sportive e 15 associazioni di volontariato. Nel territorio sono presenti anche 10 associazioni Il Centro Educativo Diocesano è una struttura che nasce quindi come risposta all’emergenza educativa connessa ai bisogni insopprimibili di giustizia, di vita e di speranza dei più piccoli, alle richieste di aiuto delle famiglie multiproblematiche, di chi soffre nell’anima, nella psiche e di chi ha bisogno di un ascolto e di un sostegno. Il Centro è quindi pensato dalla Chiesa di Pozzuoli come uno strumento educativo a servizio della Diocesi e del territorio, dei piccoli e dei giovani.  Il Centro Educativo Diocesano "Regina Pacis" è un cantiere educativo in un doppio senso: si occupa di formazione e consulenza psicopedagogica e di progetti di carità educativa. Il Centro opera per favorire il dialogo e lo scambio tra la comunità cristiana ed il territorio, tra istituzioni, Chiesa, società civile per dar vita ad una rete educativa solida, all’altezza della complessità dei nostri tempi e dei territori in cui esso sorge, territori in cui la camorra e la mancanza di un senso del bene comune troppo spesso generano una cultura di morte e di malessere, rubando la speranza ai bambini ed ai giovani. Pertanto, il Centro intende sostenere una cultura dell'inclusione e della giustizia, del benessere morale e psicosociale e favorire la riflessione culturale e pedagogica,  particolarmente necessaria anche per chi si occupa nella Chiesa di trasmettere la fede alle nuove generazioni. L’intenzione etica e spirituale che guida l'a prassi è quella di “abitare l’emergenza educativa e sociale delle periferie esistenziali”,  in risposta a quanto Papa Francesco sta dicendo ala Chiesa e al mondo (per questo uno dei nostri edifici è a lui dedicato: Casa Papa Francesco), per portare, attraverso l'educazione e la promozione integrale della persona, la luce della vita e della speranza a chi la invoca senza saperlo o senza poterlo esprimere. Il Centro rappresenta un’agenzia educativa e formativa che attraverso il suo personale qualificato offre a parrocchie, associazioni, movimenti, oratori, insegnanti la propria consulenza per tutto ciò che riguarda la formazione metodologica e psicopedagogica di educatori, animatori d’oratorio, insegnanti, genitori, catechisti e di tutti coloro che sono impegnati nel campo dell’educazione e del lavoro con bambini, ragazzi e giovani. L’obiettivo di casa Raoul è quello di far sperimentare in un periodo di tempo che il ragazzo disabile può vivere con la disabilità ‘giusta’, anche lontano dal proprio genitore, nel frattempo vive un percorso di autonomia, ma con una famiglia alle spalle. Come se vivesse da solo, ma nei giorni festivi torna dalla famiglia. 5. Fattori di resistenza e condizioni favorevoli Su questo versante una condizione favorevole è sicuramente l’appoggio della diocesi di Pozzuoli che sostiene il progetto, e la presenza di tanti altri benefattori insieme all’autosostentamento. La struttura e tutti i progetti sono sostenuti dal 8x100 alla chiesa cattolica. 6. Modello organizzativo di coordinamento gestione In primis è stata necessaria una ripartizione e spartizione dei ruoli. Ad esempio il responsabile amministrativo si è organizza per gli apparati burocratici, si occupa dei legami con le istituzioni, c’è chi si occupa della parte strutturale psicopedagogica del progetto, gli operatori OSS aiutano i ragazzi nella pulizia quotidiana, gli educatori si occupano di strutturare laboratori insieme ai volontari e così via. La spartizione dei ruoli è fondamentale per un buon lavoro. 7. Professioni sociali interessate Laureati in consulenza pedagogica, una psicologa, educatori, operatori oss e volontari. Il volontario è una figura molto importante perché a volte arriva dove non arriva l’educatore, perché i ragazzi vedono in noi una figura professionale ma si ritrovano invece nei volontari, con i volontari infatti è possibile spesso a captare la vera identità dei ragazzi, anche perché i volontari spesso hanno esperienze di paternità/maternità, rispetto all’equipe professionale di giovani. La retribuzione del personale è standard da contratto. 8. Modalità di attuazione Primo step: decidere a quale tipologia di disabilità dedicarsi. In questo caso obiettivo del progetto è dedicarsi ad ogni tipologia di disabilità integrando normodotati e disabili. Secondo step: conoscere e formare il personale. Questo perché spesso si ha una cultura sulla disabilità piuttosto superficiale ed è necessario quindi una formazione del personale in merito alle varie tipologie di disabilità esistenti. 9. La rete dei servizi sociali, formativi, educativi e culturali Il più importante partner è il centro sinapsi, e quindi il sostegno dell’Università, in quanto si occupa di creare percorsi universitari specifici per ogni ragazzo disabile. Condividiamo la stessa linea di pensiero sul concetto di persona disabile. È nata una convezione, grazie alla quale i dipendenti possono iniziare con il centro percorsi formativi. Con il progetto è possibile offrire loro un aiuto per la ricerca sulla disabilità e accoglienza nel centro. Altri partener sono le varie associazioni e fondazioni che offrono un grande aiuto. 10. Azioni e sub-azioni Saranno disponibili aule attrezzate per le attività laboratoriali, area mensa, palestra e spazio verde. Tra le attività proposte:  “Mestieri, arte e fantasia” (manualità e risoluzione di piccoli problemi domestici, arte presepiale e ceramica),  “Apiamo” (apicoltura e trasformazione di prodotti biologici),  “Kilometro 0” (coltivazione e trasformazione di prodotti biologici),  “Belli tra i fornelli” (laboratorio di cucina, pasticceria e rosticceria),  “Ginnastica dolce” (esercizi a corpo libero e con piccoli attrezzi per migliorare la coordinazione),  “Relazioni creative” (laboratorio psicoeducativo),  “Pet therapy” (interventi assistiti con cani, conigli e asini). Per favorire l’integrazione tra normodotati e disabili, altre attività possibili potrebbero essere:  gestione di un bar, un’area ristoro in comune, per attribuire responsabilità ai ragazzi disabili garantendo la loro autonomia 11. Esiti attesi In merito alla volontà di creare una sempre più forte integrazione tra normodotati e disabili sul territorio flegreo, ciò che ci si aspetta è la collaborazione tra questi stessi, di educare il territorio, le famiglie, i ragazzi alla disabilità normalizzando questa stessa. 12. Monitoraggio, valutazione e verifica Per quanto riguarda l’ambito amministrativo si fa affidamento al business plan che permette di correggere e valutare l'andamento economico della struttura. Dal punto di vista di impatto sociale, si potrebbe valutare e verificare l’andamento del progetto tramite riunioni con il personale, con i ragazzi (normodotati e disabili), con le famiglie di questi stessi. 13. Informazione, promozione e sensibilizzazione del territorio Promozione dell’azione tramite l’utilizzo dei principali social network (Facebook, Instagram, Tik Tok) 14. Pubblicizzazione e pubblicazione dei risultati delle attività Creazione di contenuti (video, articoli) relativi alle azioni svolte, alle criticità affrontate e alle tematiche più importanti, in modo tale da sensibilizzare e informare il territorio in merito alle azioni del progetto in questione