Scarica Esiodo. Vita, poetica e opere. e più Appunti in PDF di Letteratura Greca solo su Docsity! ESIODO Esiodo è una personalità poetica molto diversa da Omero, perché entra in prima persona nella sua poesia. Omero non ci parla mai di sé, e i cantori degli inni omerici vanno poco al di là dell’invocazione alla divinità e della o@payic, la firma (il cieco di Chio firma l’inno ad Apollo). Con Esiodo abbiamo un'identità di scrittore che compare sulla scena della letteratura. Conosciamo molte cose perché ce le racconta lui stesso. Ci racconta che la famiglia del padre veniva da Cuma eolica, dalla Troade quindi, e passò ad Ascra, in Beozia dove nasce e vive Esiodo. In questo viaggio da Cuma ad Ascra, abbiamo già traccia dell’esperienza di una società marinara che tende ad un'evoluzione sociale: il padre di Esiodo prova a fare dei commerci nel mare, ma questi commerci falliscono in conseguenza di un naufragio, per cui Esiodo consiglia di non affidare i propri beni al mare. Questa evoluzione ci porta alla ribalta nuovi ceti politici, della povera gente che si sforza non solo di coltivare la terra, ma anche di fare commercio dei prodotti di questa terra. La conseguenza del naufragio del padre, comporta che Esiodo faccia un solo viaggio nel mare, quello che lo portò in Eubea per partecipare alle gare per la morte di Anfidamante (730 a.C.). Ci racconta anche qualcosa sulla pratica dei rapsodi: Esiodo è un rapsodo che va a cantare per una gara indetta per la morte di un eroe, e trae un premio da questa competizione. Gli antichi scrissero su di lui un “Certame con Omero”, un poema dove si immagina che Esiodo lotti con Omero sotto l’aspetto poetico e che vinca la gara perché i giudici lo approvano indicando che lui è poeta di pace, mentre Omero è poeta di guerra. Anche questo dimostra che i tempi stanno cambiando, che la guerra non è più l’unica cosa degna di essere cantata, ma si possono trovare altre implicazioni degne dell’attenzione di un poeta. Quando parliamo di Esiodo, lo definiamo poeta didascalico: ma questo concetto non esiste nella letteratura arcaica, bensì è un introduzione che per noi arriva solamente nel IV secolo d. C. grazie al cosiddetto Tractatus Coislinianus, un trattato conservato in un manoscritto della collezione “Quaslenne”, a Parigi. È un trattato sulla commedia, si tratta di una Suwripeorg alla maniera aristotelica, cioè di distinguere una materia dividendone gli ambiti. Nella Poetica, Aristotele stabilì che si poteva considerare poesia solo la poesia cosiddetta mimetica, che rappresenta qualcosa; per questo Aristotele si sofferma su epica e teatro, essendo generi poetici che creano una rappresentazione (poesia è piueo1g, imitazione). Aristotele diceva “se metto in versi la storia di Erodoto, per esempio, non otterrò poesia, ma otterrò una Storia di Erodoto in versi”. Nel Tractatus Coislinianus, che chiaramente dipende dall’insegnamento di Aristotele, sia per la metodologia sia per il modo con cui affronta gli argomenti (secondo alcuni questo trattato sarebbe quel che resta del secondo libro della Poetica, il libro sulla commedia) la poesia viene divisa in mimetica e non mimetica. La prima è quella già segnalata da Aristotele; la seconda è la poesia storica e didascalica. È con l’autore del Tractatus Coislinianus che abbiamo la prima menzione di poesia didascalica. Prima di allora, questa poesia esametrica viene considerata epica a tutti gli effetti. Conosciamo di Esiodo due poemi fondamentalmente, lunghi all’incirca quanto un libro dell’Iliade, anche se, leggendoli, sembrano più lunghi: i temi variano molto spesso e l’intreccio è molto complesso; la narrazione è più complessa. Già da subito abbiamo la figura di un poeta che dimostra una sua predisposizione alla speculazione, al pensiero. Una delle sue opere è la Teogonia, quasi certamente la prima delle sue opere, perché il mito d Prometeo, che viene narrato anche nell’altra opera, le Opere e i Giorni (“i Giorni” è un’aggiunta spuria al testo di Esiodo: è una specie di calendario dove si dice in quali giorni è bene o non è bene fare qualcosa), è un mito che nelle Opere e i Giorni viene semplicemente abbozzato, come se si desse per scontato che chi ascolta il poema conosca già la narrazione della Teogonia. La Teogonia, come suggerisce la parola, dovrebbe essere un poema su come sono nati gli dei; in realtà, nei suoi contenuti, è più ambizioso, perché è anche una cosmogonia(racconta come è nato il mondo) ed è un tentativo di sistemazione del mondo in cui vive l’uomo ai tempi di Esiodo. Le divinità di Esiodo non sono solo le divinità olimpiche, che anzi svolgono un ruolo secondario (forse perché c’era già troppo Omero su questo argomento, quindi il poeta non aveva la possibilità di rinnovare), ma troviamo divinità beotiche locali, e soprattutto la divinizzazione di elementi naturali. Il poema comincia con un lungo proemio che canta le Muse. Questo proemio è eccezionale perché è l’unico canto preparatorio che noi conosciamo insieme al poema con cui fu cantato; mentre per gli inni omerici, possediamo una raccolta di questi inni preparatori senza il testo che doveva seguire, il proemio della Teogonia è attaccato all’opera per la quale fu composto; è non solo in onore delle Muse, ma è anche un inno che attesta la volontà poetica del poeta: Esiodo presenta sé stesso mentre si trova al pascolo, e incontra le Muse, che gli dicono che loro possono raccontare sia la verità sia bugie simili alla verità, ma ad Esiodo insegneranno la verità. Questa dichiarazione implica una polemica di Esiodo nei confronti della poesia che l’ha preceduto, e segnatamente con la poesia omerica (quando si dice “saper dire cose false simili a quelle vere”, Esiodo riprende un verso dell’Odissea perché colui che sa dire cose false simili a quelle vere è Odisseo). Riutilizzando ai suoi scopi questo verso di Omero, Esiodo tende a distanziarsi da Omero, che ha raccontato bugie, mentre lui racconterà la verità e di questa verità gli sono garanti le Muse, che gli doneranno un bastone di alloro: questo scettro fa di Esiodo un poeta iniziato dalle Muse. Con Esiodo comincia quella rincorsa della verità del poeta che poi si svilupperà nei tempi successivi fino a Pindaro, che si considera il massimo rappresentante della verità proveniente dalle Muse. Nella sua Teogonia, nel presentarci come sono nati gli dei e il mondo, Esiodo in qualche modo ci fa entrare anche nel mondo in cui vive: e questo è un mondo violento; la storia del mondo presentata da Esiodo è la successione violenta di tre generazioni di divinità: il regno di Urano; questi viene violentemente privato del trono dal figlio Crono, e a sua volta, Crono, che per non essere spodestato mangia i suoi figli, verrà spodestato con un trucco, per la moglie gli fa mangiare non Zeus ma un sasso coperto dalle fasce, e Zeus avrà così la possibilità di crescere e di rovesciare Crono. Questa violenta successione di divinità deve corrispondere all’instabilità politica dei tempi di Esiodo, in cui la classe aristocratica è potentemente corrotta: nelle Opere e i Giorni Esiodo racconta un’altra storia della sua vita, una storia di liti familiari; Esiodo ha un fratello, Perse (mépoa1, aoristo da rép80, “distruggere”; il fatto che sia un nome parlante ha fatto sospettare gli studiosi che sia un nome inventato, creato apposta per l’opera; c’è un’altra etimologia per Perse, cioè che venga dalla Persia; questo ci rimanda ad una serie di questioni: quando Esiodo presenta la successione Urano-Crono- Zeus, e poi presenta la Gigantomachia in cui Zeus combatte con i figli di Urano, che cercano di scalzarlo dal potere, sta ripercorrendo una tripartizione che è uguale presso gli Hittiti. Negli Hittiti c’è la sequenza Anu-Kumarbi- Tesciub, sequenza uguale; peraltro Tesciub se la deve vedere con il gigante Ullikummi, esattamente come Zeus deve guidare gli dei olimpici nella lotta con i titani, che vengono buttate nelle profondità della terra. Gli studiosi si sono chiesti quanto fosse casuale che nella narrazione esiodea si trovassero miti hittiti e si è invocato talvolta il fatto che la famiglia di Esiodo venisse da Cuma eolica, quindi dall’ Anatolia, e quindi poteva essere stato a contatto con le leggende hittite); quando il padre, agricoltore, muore lascia in eredità i suoi terreni in pari misura a Perse e a Esiodo. Però mentre Esiodo lavora la terra in maniera adeguata, Perse preferisce dilapidare il suo, e quando rimane senza nulla, fa causa ad Esiodo per l’altra parte di eredità, per farsi riconoscere unico erede. Esiodo ci racconta che i giudici, che in questo mondo arcaico sono i Baoweîc sfornati dall’aristocrazia, sono Sop6@ayo1 (“mangiatori di doni”), si lasciano corrompere, e di conseguenza permettono a Perse la vittoria nel processo. Esiodo ha però una speranza: la speranza che il regno di Zeus faccia cessare questa spirale di violenza in cui le divinità si rovesciano l’una con l’altra, e Zeus è quindi la divinità che può garantite la giustizia sulla terra. Non a caso parliamo di “Teodicea” (un termine che dobbiamo a Leibniz): la giustizia garantita dalla divinità; Zeus ha l’intelligenza e la capacità per rendere eterno il suo potere. Chi sulla terra è soggetto a vessazioni di ogni tipo, vede in Zeus la speranza che chi compie queste vessazioni venga punito. Esiodo non crede nei giudici terreni, ma crede nel potere di Zeus di rimettere a posto le cose. È una credenza che si sviluppa in tutta l’etica arcaica (Solone; tragedia di Eschilo; già in Omero). I mali nel mondo sono la conseguenza del fatto che l’uomo si è comportato male. In realtà non l’uomo di per sé, ma la figura di Prometeo, un titano particolarmente benevolo nei confronti degli uomini. Questo tema è talmente importante per Esiodo che è l’unico tema che troviamo sia nella Teogonia che nelle Opere e i Giorni. Prometeo vuole favorire gli uomini e allo stesso tempo