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Filologia romanza 2.Linguistica Laura Minervini, Dispense di Filologia romanza

Riassunto dettagliato libro di Laura minervini capitoli 1-2-5-6-7

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 21/04/2023

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mariarosaria-giacomaniello-1 🇮🇹

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Scarica Filologia romanza 2.Linguistica Laura Minervini e più Dispense in PDF di Filologia romanza solo su Docsity! 1 Filologia e linguistica romanza Filologia romanza- significato Il termine filologia deriva dal greco e significa ‘’amore per la parola’’. Nel tempo, il termine assunto vari significati: può indicare l’insieme degli studi letterari o linguistici; può indicare lo studio dei testi al fine della loro pubblicazione e interpretazione; più in generale con filologia si intende lo studio della lingua e dei testi, attraverso documentazioni certe, per analizzarne l’origine e il processo di evoluzione nel tempo. La filologia romanza che nasce nella seconda metà dell’Ottocento, ha mantenuto questa pluralità di significati e si fonda sulla convinzione che lo studio della formazione della lingua e dei testi sia fondamentale per comprendere la cultura europea. L’aggettivo “romanza“, deriva dall’espressione latina “romanice loqui” , Ovvero, “parlare in lingua romanica”, e indica l’oggetto di studio della disciplina, cioè la pluralità di lingue, Appunto le lingue romanze, che si distinguono dalla loro matrice comune, il latino. Obiettivo della linguistica ottocentesca era studiare le tappe della trasformazione che dall’unità del latino ha portato alla pluralità delle lingue che ne sono derivate. Capitolo 1: Lo spazio linguistico romanzo 1.1 La Romània oggi: lingue e dialetti Le lingue romanze oggi sono diffuse in Europa, America, e in minor parte in Africa, Asia e Oceania, contando circa 750 milioni di parlanti nativi. Questo vasto spazio linguistico è chiamato Romània. Alcune delle lingue romanze, nel tempo, hanno sviluppato una tradizione letteraria, sono state oggetto di codificazione grammaticale, subendo, quindi, un processo di elaborazione e standardizzazione; acquisendo quindi una certa uniformità sul piano grafico, fonico, morfologico, lessicale, eccetera, oggi sono le lingue ufficiali nei paesi in cui sono parlate. Accanto a queste, diffuse sul piano nazionale o regionale, bisogna tenere in considerazione le lingue di circolazione più ristretta: i dialetti, i quali li distinguiamo in dialetti primari, se discendono direttamente dal latino, come il bolognese e salentino e dialetti secondari, se discendono da un’altra varietà romanza, come l’andaluso in Spagna, il cui progenitore è il castigliano. I dialetti sono lingue poco standardizzate, con debole tradizione letteraria e scarsa codificazione grammaticale, sono infatti, perlopiù confinati all’uso orale e prettamente in situazioni informali, in famiglia e tra amici. Essi, inoltre, non godono di grande prestigio tra gli stessi parlanti, sono infatti associati più all’ambito rurale e alle classi sociali basse, ma continuano ad esistere per via del valore identitario che gli è attribuito dalla comunità, cioè rappresentano un elemento di condivisione tra chi li parla e chi li capisce pur non parlandoli. I 2 dialetti formano, inoltre, un continuum, cioè non sono separati da confini netti, ma sfumati, che rende, quindi più difficile stabilire il numero esatto di dialetti romanzi. In generale, però, con l’affermarsi delle lingue nazionali, a partire dal XIX secolo, vi è stata una riduzione dello spazio dei dialetti, questo indebolimento dei dialetti è dovuto al fatto che le lingue possono essere adoperate in molti più contesti e situazioni comunicative, rispetto ai dialetti che offrono meno opzioni, almeno sul piano stilistico e lessicale. Quindi la distinzione tra lingue e dialetti è relativa più agli usi che alle strutture, in quanto ogni varietà linguistica contiene in sé la potenzialità per sviluppare e rendere più articolata la sua architettura. Quindi, dire che i dialetti sono forme ‘’corrotte” della lingua, non ha alcun fondamento scientifico, ma riflette solo lo scarso prestigio sociale goduto dalla maggior parte dei dialetti. 1.2 La Romània in prospettiva storica: Romània continua, Romània perduta, Romània nuova L’Impero Romano raggiunge la sua massima espansione nel II secolo d.C., in questo periodo il latino è parlato in un’area vastissima. Paragonando l’attuale diffusione delle lingue romanze con quell’antica del latino si possono osservare variazioni notevoli e in riferimento a tali variazioni distinguiamo: - Romània continua, l’area dove si parlava anticamente il latino e oggi si parlano lingue romanze; - Romània perduta, che comprende aree un tempo latinizzate, dove oggi non si parlano più varietà romanze a causa di movimenti migratori e conquiste militari da parte di altri popoli; - Romània nuova, che comprende territori un tempo non la latinizzati, ma dove oggi si parlano lingue romanze. Questa diffusione delle lingue romanze è legata essenzialmente all’espansione coloniale spagnola, portoghese, francese a partire dal 500. Questi concetti di Romània continua, perduta e nuova tengono in considerazione solo due dimensioni della variazione linguistica: quella nello spazio (variazione diatopica) e quella nel tempo (variazione diacronica), ma è importante, per avere un quadro più realistico della diffusione delle lingue romanze, considerare anche la variazione attraverso gli strati sociali (variazione diastratica ) e i contesti d’uso (variazione diafasica ). 1.3 Il contatto linguistico Nelle società complesse, spesso, si osserva la compresenza di diverse lingue e/o dialetti, in questi casi si parla di bilinguismo, cioè la padronanza di due lingue/dialetti da parte dei membri di una comunità, e diglossìa, cioè la distribuzione funzionale di due lingue/dialetti all’interno di una comunità, 5 nell’arco di tempo di pochissime generazioni, i connotati di lingua relativamente stabile, assumendo una propria struttura morfosintattica: è questo il fenomeno della creolizzazione. Il pidgin si trasforma definitivamente in creolo quando non viene più soltanto appreso, ma una generazione lo acquisisce come lingua materna. Diventa quindi una lingua a pieno titolo impiegata in una varietà di situazioni comunicative, con un lessico sufficientemente ricco e una grammatica complessa. Esistono nel mondo decine di creoli a base romanza: - il più diffuso al mondo è quello parlato nella parte occidentale dell’isola di Haiti, il creyol, un creolo a base francese formatosi nel XVIII secolo, in seguito alle importazioni sull’isola di schiavi parlanti diverse lingue dell’Africa occidentale. Insieme al francese è la lingua ufficiale della Repubblica di Haiti, ma per la maggior parte della popolazione è L1, infatti è usato dai mass-media, nell’insegnamento primario, in parlamento ecc. - il capoverdiano,è un creolo portoghese, lingua nazionale della Repubblica di Capo Verde. Il suo sostrato è costituito da varie lingue dell’Africa occidentale. - Il papiamentu, è un creolo parlato nelle isole di Curaçao, Aruba e Bonarie. Formatosi nel corso del XVII secolo, a sua origine molto discussa, ma attinge allo stesso sostrato del capoverdiano, è parlato dalla maggior parte della popolazione ed è usato nei giornali e in televisione. - Il paenquero è un creolo spagnolo, parlato nella piccola località di Palenque de San Basilio, in Colombia. Il suo sostrato è costituito da varie lingue bantu, parlate in gran parte dell’Africa meridionale. Oggi le sue condizioni sono precarie, In quanto tra le giovani generazioni si conserva come L2. Oltre ai pidgin e ai creoli, esistono anche e sono più rare le lingue miste (mixed languages), nate dalla fusione di due lingue in condizione di bilinguismo generalizzato. Queste nascono, non per necessità comunicative, ma per motivi espressivi o identitari. Un esempio è il michif, formatosi nell’800 tra il Canada e il Nord Dakota e ora quasi del tutto estinto. Nasce dall’unione della lingua cree e del francese: il michif combina il sistema verbale del cree con il sistema nominale del francese. 1.5 La classificazione delle lingue romanze Le lingue romanze sono classificano in base a criteri diversi: interni, cioè basati sulle loro strutture linguistiche, esterni, cioè basati su elementi di tipo storico e/ o geografico. 6 La classificazione geografica distribuisce le lingue e i dialetti in quattro grandi gruppi: - Iberoromanzo (portoghese, spagnolo, catalano) - Galloromanzo (francese, occitano, francoprovenzale) - Italoromanzo (italiano, sardo, retoromanzo, dialetti galloitalici) - Balcanoromanzo (dalmatico, rumeno) Questa classificazione, che parte dalle lingue “canoniche” individuate dai padri fondatori della linguistica romanza ottocentesca, si deve al linguista Carlo Tagliavini, in cui troviamo la presenza di varietà ponte: il catalano rappresenta un ponte tra il gruppo iberoromanzo e quello galloromanzo, il dalmatico un ponte tra il gruppo italoromanzo e quello balcanoromanzo, i dialetti galloitalici (piemontese, Lombardo, ligure, Emiliano, romagnolo) un ponte tra il gruppo galloromanzo e quello italoromanzo. Dal punto di vista linguistico, vediamo che il catalano è una lingua di passaggio fra lo spagnolo e l’occitano, in quanto condivide con entrambi alcuni tratti fonetici, morfosintattici e lessicali, e lo stesso vale per i dialetti galloitalici e il dalmatico. Il linguista svizzero Walter von Wartburg, Concentrandosi su due tratti fonetici, la perdita di /s/ In posizione finale di parola e la lenizione (Indebolimento) delle consonanti occlusive intervocalica, a opposto una Romània occidentale a una Romània orientale, divise da una linea immaginaria (detta isoglossa) chiamata La Spezia-Rimini. Alla Romània occidentale appartengono le lingue iberoromanze e galloromanze, nonché il retoromanzo e dialetti italoromanzi settentrionali, mentre alla Romània orientale appartengono l’italiano con i dialetti italoromanzi centro- meridionali, il rumeno e il dalmatico. Il sardo e il corso sono in una posizione intermedia, perché conservano la /s/ come le lingue romanze occidentali e non hanno la lenizione come le lingue romanze orientali. Dal punto di vista storico, il linguista Lausberg ha accolto la proposta di Wartburg di una tripartizione dello spazio linguistico in Romània occidentale, orientale e sardo. Ma oltre ad una classificazione storica, le lingue romanze possono essere distinte anche sulla base tipologica, ok linguista Bossong, ad esempio, ha proposto di distinguere le lingue romanze che hanno sistemi vocalici più complessi, che includono vocali nasali (francese, portoghese..) e/o vocali anteriori arrotondate (francese, occitano.. varietà retoromanze), da quelle che hanno sistemi vocalici più semplici (italiano, spagnolo, rumeno), tra l’altro la natalità e l’arrotondamento labiale delle vocali anteriori si considerano tratti marcati, cioè meno frequenti. Dalla seconda metà del XX secolo vi è stata l’elaborazioni di altri tipi di classificazione delle lingue romanze, basati su elementi morfosintattici. Alberto Zamboni, infatti, oppone una Romània settentrionale, che ha l’articolo partitivo, il soggetto obbligatorio e distingue gli ausiliari essere e 7 avere, a una Romània meridionale, che non ha l’articolo parturivo, non distingue gli ausiliari ed è a soggetto nullo, marcando con una proposizione l’oggetto diretto. Occorre inoltre precisare, che fino ad ora si è parlato di occitano, dalmatico, francoprovenzale, retoromanzo e sardo, quando sarebbe più opportuno parlare di varietà occitane, Francoprovenzali, dalmatiche, retoromanze e sarde, in quanto queste non hanno attraversato un lungo processo di standardizzazione e di elaborazione e non presentano lo stesso grado di compattezza di proteggere, spagnolo, Catalano, francese, italiano e rumeno, lingue standardizzate e con carattere di ufficialità. Queste lingue possono essere considerate lingue tetto, cioè so esordiante ad altre varietà strettamente imparentate usate nello stesso territorio, rispetto alle quali fungono da lingua di cultura e modello normativo di riferimento. Diverso è invece il caso del corso che è una carità italoromanza, parlata in territorio oggi non politicamente italiano e del galego, varietà di portoghese, le loro lingue tetto sono rispettivamente il francese e lo spagnolo. Ad esempio l’italiano è lingua tetto rispetto ai dialetti italoromanzi settentrionali e centromeridionali, oppure il rumeno rappresenta la lingua tetto per i pochi dialetti della Romania, ma non per le varietà rumene meridionali. Capitolo 2: Il latino e la genesi delle lingue romanze Il latino, appartenente al ramo italico della famiglia delle lingue indoeuropee, originariamente era diffuso nella piccola zona della bassa valle del Tevere, nel Lazio. Le sue prime documentazioni risalgono al VI sec. A.C. , per poi aumentare a partire dal III sec. A.C. La diffusione del latino, si deve alle espansioni in campo politico e militare di Roma, che passò a dominare prima la Penisola Italiana e in seguito l’intero continente europeo. Sotto l’Imperatore Traiano l’Impero romano raggiunse la sua massima espansione, passando quindi da una realtà agricolo-pastorale a superpotenza la cui sovranità si estendeva a territori lontanissimi. Durante questo lungo arco di tempo, l’Impero romano sperimentò diverse forme di governo, dal regno alla repubblica, al principato e all’impero, inoltre vi fu un lento processo di integrazione sociale e culturale di genti di origine non romana né latina, cui Roma, chiedeva, il rispetto della fiducia e di principi basilari della sua civiltà: la religione, l’economia, la giurisdizione e la cultura, tali da costruire un’identità comune. La romanizzazione della Penisola e delle province passa per una serie di tappe e culmina nella concessione della cittadinanza, prima con la Lex Iulia nel 90 a.C, che concesse la cittadinanza alle comunità latine e agli alleati fedeli a Roma, poi con la Constitutio Antoniana di Caracalla nel 212 d.C che estese la cittadinanza a tutto l’impero. La latinizzazione linguistica costituisce un elemento importante nel processo di romanizzazione, il latino, infatti, è la lingua dell’amministrazione e dell’esercito, del diritto e dell’istituzione scolastica; infatti, i principali veicoli 10 Alcuni germanismi, però, sono entrati in latino in epoca precedente alle grandi migrazioni, ovvero attraverso i contatti politici, commerciali e militari tra le popolazioni romane e le popolazioni germaniche: per esempio sono da attribuire a questi contatti gli agg. BLANCUS ‘bianco’ e FRISCUS ‘fresco’ e i sostantivi GANTA ‘oca’ e SAPO ‘sapone’. Questi tipi di contatti, però, configurano un tipo di influenza sulla lingua latina diverso da quello delle lingue di sostrato e di superstrato: utilizzando sempre la terminologia geologica, si parla di adstrato nel caso di lingue di territori contigui, il cui contatto non porta alla scomparsa di una delle due. Distinguere le lingue di sostrato, di superstrato e di adstrato non è semplice, perché lingue che sono considerate di sostrato e di superstrato, per un certo periodo sono state di adstrato, ed è quindi difficile individuare le diverse fasi. In generale si tratta di interferenze avvenute in condizioni di bilinguismo e/o diglossia, dove il ruolo delle lingue L1 e L2 cambiava di volta in volta nel repertorio linguistico della comunità. La lingua che ha con il latino relazioni più strette è il greco, il cui rapporto è stato così intenso tanto che si è arrivati a parlare di una vera e propria simbiosi linguistica greco-latina. I contatti sono avvenuti sia sul piano letterario, quindi nella scrittura, sia sul piano dell’oralità, creando di volta in volta varietà di greco e latino diversificate sul piano diatopico, diacronico, diastratico e diafasico. Ritroviamo infatti numerosi grecismi penetrati nel latino: BRACCHIUM ‘braccio’; PETRA ‘pietra’; TYRANNUS; POENA; GRAMMATICUS ‘maestro’; PHILOSOPHUS; sono invece propri del latino dei cristiani ANGELUS; ECCLESIA ‘chiesa’. Sono, inoltre, presenti numerosi calchi, cioè parole create con materiale lessicale latino sul modello greco, come HOMICIDA; MAGNANIMUS. La durata e la profondità dei contatti tra le due lingue ha influito non solo sul piano lessicale, ma anche ad esempio nell’affermazione del tipo sintattico DICO QUOD/QUIA ‘dico che’, seguito dall’indicativo o dal congiuntivo, al posto della costruzione con l’accusativo e l’infinito oppure per l’espansione del participio presente, soprattutto nel costrutto dell’ablativo assoluto, sul modello del participio greco. 2.3 Le fonti per lo studio del latino I latinisti e i romanisti, per lo studio della storia del latino e della sua trasformazione nelle lingue romanze sono in possesso di una abbondante documentazione, messi quindi a confronto con i colleghi germanisti o slavisti si trovano quindi in una posizione favorevole, in quanto questi ultimi, non possono fare affidamento su attestazioni scritte, ma possono ricostruire la probabile fisionomia del progenitore, il protogermanico-slavo, attraverso la sola comparazione sistematica (metodo storico-comparativo) fra gli esiti delle diverse lingue appartenenti alla stessa famiglia, solo così possono formulare 11 plausibili ipotesi sulla fonologia, la morfologia, la sintassi e il lessico dell’antenato. Nonostante, i latinisti, siano in possesso di abbondanti documentazioni, i dati relativi al latino non si incastrano sempre bene con quelli relativi alle lingue romanze, questo perché queste documentazioni, per quanto numerose ed eterogenee non coprono tuto lo spettro delle manifestazioni di un sistema linguistico di grande complessità, segnato da una notevole variazione diacronica, diatopica, diastratica e diafasica. Ciò è riconducibile a due fattori: il primo legato alla profonda diversità che c’era tra i testi scritti e quelli orali, in quanto i primi tendono a comprimere e sopprimere tutte quelle variazioni e flessibilità, proprie del parlato spontaneo; il secondo è legato all’affermarsi dal I sec a.C di un modello di lingua esemplare, identificato con le élites politiche e culturali, potremo quindi considerarlo come una sorta di latino standard, al quale, nella scrittura, bisognava fare sempre riferimento, mentre tutte quelle deviazioni dalla sua norma, riportate nei testi, come substandard, mentre i fenomeni completamente assenti dalla documentazione, appartengono ad un livello subsustandard, cioè a varietà regionali e/o sociali considerate dai parlanti infime e quindi erano escluse dalla scrittura. Le manifestazioni di un latino non normativo si possono rintracciare in primo luogo nelle opere dei grammatici, che offrono occasionalmente esempi di forme substandard, un esempio è l’Appendix Probi, elenco di voci latine nella loro forma corretta e in quella deviante dalla norma, in secondo luogo nei commenti di scrittori cristiani particolarmente sensibili ai problemi della comunicazioni con gli incolti, un esempio è Sant’Agostino che preferiva la comprensibilità alla correttezza grammaticale. Questa propensione dei Padri della Chiesa di abbassarsi a alivelli linguistici bassi, la ritroviamo anceh in molti testi cristiani come la Peregrinatio Aetheriae, ma possiamo trovare tratti substandard anche nelle più antiche traduzioni della Bibbia. Ritroviamo l’utilizzo di un linguaggio differente da parte di personaggi di bassa estrazione sociale, all’interno di opere letterarie, come nel Satyricon di Petronio, nell’episodio della Cena di Trimalcione dove i liberti utilizzano un latino diverso da tutti gli altri personaggi. Anche all’interno delle parodie letterarie ritroviamo alcuni elementi distintivi del modo di esprimersi di una determinata parte della popolazione. Nelle forme letterarie a base dialogica, come quelle teatrali, presentano spesso usi propri del parlato o comunque non canonici; ancora nei trattati tecnici, come nel De Architectura di Virgilio; infine è importante citare una varietà di testi più tardi, raccolte del diritto germanico, opere storiografiche, scritture religiose, testi scritti in latino, dove però si avverte la nuova condizione linguistica in via di formazione. 2.4 Quando si è smesso di parlare il latino? A questa domanda, posta dallo storico francese Ferdinand Lot (1931) in un celebre articolo, sono state date risposte diverse. In primo luogo si è osservato 12 che, in senso stretto, non si è mai smesso di parlare latino: le lingue romanze oggi sono forme di neolatino. Si è poi obbiettato che il latino non è mai del tutto uscito dall’uso, trattandosi di una lingua impiegata in ambito religioso, filosofico, scientifico, ecc. Queste risposte sono insoddisfacenti in quanto dissimulano e minimizzano il problema di fondo, quello del grande mutamento verificatosi nel passaggio dal latino alle lingue romanze. La distanza strutturale e tipologica fra il latino e l’insieme delle lingue romanze è tale da poter parlare legittimamente di lingue diverse. Occorre, dunque, andare al cuore della domanda di Lot e riformularla in termini leggermente diversi, chiedendosi come e quando il latino ha smesso di essere lingua nativa di una comunità di parlanti. In primo luogo si può pensare a una cronologia senza discontinuità, articolata in due fasi successive: in una prima fase (II-V secolo d.C.) giungono a compimento una serie di cambiamenti fonologici e morfosintattici i cui esiti sono panromanzi (diffuso in tutte le lingue romanze). In questo periodo emerge dunque un nuovo tipo di latino, diffuso nelle varie regioni dell’Impero nel parlato informale di tutti gruppi sociali. Nella seconda fase (VI-VIII secolo d.C.) si consuma la frammentazione dello spazio linguistico latino: la maggior parte dei cambiamenti che si realizzano in questo periodo non sono diffusi ovunque e i loro esiti non risultano poi panromanzi. Fra i più significativi ricordiamo: la perdita delle vocali finali di parola; l’indebolimento delle consonanti occlusive intervocaliche; la caduta di -s e -t finali di parola; la (quasi) completa scomparsa del sistema dei casi; la grammaticalizzazione delle nuove perifrasi verbali. I mutamenti che si affermano nella seconda fase hanno effetti dirompenti: a partire dal secolo VIII affiorano, prima nell’antica dell’antica Gallia e poi nelle altre regioni, tracce della coscienza di una profonda crisi comunicativa, che mette in pericolo la possibilità stessa di comprensione fra parlanti di differenti ambiti territoriali e strati socioculturali. È dunque in questo periodo che ha luogo il processo di ristrutturazione del repertorio dei parlanti che porta alla formazione delle lingue romanze in quanto sistemi organici, distinti dal latino e diversi fra loro. Il problema della comunicazione investe dunque aspetti importanti del vivere sociale, come è ben avvertito dai sovrani franchi Pipino (751-768), Carlomanno (768-771) e soprattutto Carlo Magno (768-814, imperatore dall’anno 800), ci si devono una serie di iniziative sfociate nella cosiddetta “rinascita (renovatio) carolingia”: è infatti nei primi decenni nel regno di Carlo che si concentrano gli interventi più efficaci miranti all’innalzamento del livello culturale della Chiesa e dell’amministrazione, da cui dovrebbe discendere il rinnovamento morale della popolazione cristiana. Il programma educativo carolingio è alla base del progetto politico di costruzione di un impero cristiano romano-germanico dal carattere unitario: si promuovono perciò la fondazione di scuole e biblioteche monastiche, lo sviluppo di un’attività letteraria di livello alto, il ristabilimento e la circolazione della 15 Un caso particolare è rappresentato dalle vocali che precedono gruppi consonatici chiamati muta cum liquida, costituiti da una consonate ostruente (occlusiva come /p/ e /b/, /t/ e /d/) e una consonate liquida (vibrante come /r/). In questi casi ci sono due possibilità di sillabificazione: per es la parola TONITRU(M) può essere accentata sulla penultima sillaba se la seconda sillaba si considera chiusa (tŏ-nĭt-ru(m)) o sulla terzultima sillaba se questa si considera aperta (tō-nĭ-tru(m)). Lo stesso vale per parole come COLUBRA(M) e INTEGRU(M). Gli esiti romanzi mostrano che nel latino tardo queste parole erano pronunciate in genere con l’accento sulla penultima sillaba, si consideri la parola it. Intero. Questo sistema nei secoli subisce una serie di modifiche fino alla perdita del valore distintivo della quantità vocalica. Le lingue romanze, infatti, riorganizzano i loro sistemi vocalici intorno opposizioni, non più quantitative (vocali lunghe vs vocali brevi), ma qualitative (o apertura: le lunghe si pronunciano chiuse, le brevi aperte), basate cioè esclusivamente sul timbro delle vocali. Ciò comporta un’ulteriore distinzione nelle vocali delle lingue romanze: vocali toniche e atone. Il sistema vocalico romanzo comune (vocalismo tonico occidentale o panromanzo): area iberoromanza, galloromanza, italoromanza (tranne aree interessate dal vocalismo sardo, siciliano e balcanoromanzo) A partire dalla disgregazione del sistema vocalico latino, prendono forma diversi sistemi vocalici che si affermano nello spazio linguistico romanzo. Per quanto riguarda la vocali toniche, il sistema di più larga diffusione è il c.d sistema romanzo comune, il quale è un sistema simmetrico, in cui: - le vocali centrali basse del latino confluiscono nel fonema /a/; - le vocali alte lunghe passano a /i/ e /u/; - le vocali alte brevi e medie lunghe confluiscono in un fonema medio- alto anteriore /e/ e in uno posteriore /o/; - le vocali medie brevi passano a /ɛ/ e /ɔ/. Latino Romanzo comune /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a:/ /a/ /o/ /o:/ /u/ /u:/ /i/ /e/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /o/ /u/ /i:/ o Ī> i àVĪNUM> it. Vino; VĪVUM> it. Vivo /i/ o Ĭ> /e/à LĬGNUM> it. Légno /e:/ o Ē> /e/àTĒLAM> it. Téla /e/ o Ĕ>/ɛ/ à FĔRRUM> it. Fèrro 16 /a:/ o Ā> /a/à ĀLAM> it. Ala /a/ o Ă> /a/à CĂSAM> it. Casa /o/ o Ŏ> /ɔ/ à PŎRTAM> it. Pòrta /o:/ o Ō> /o/à VŌCEM> it. Vóce /u/ o Ŭ > /o/àGŬLAM> it. Góla /u:/ o Ū> /u/à MŪRUM> it. Muro Quindi il Sistema romanzo comune presenta sette vocali su quattro gradi di apertura: vocali anteriori Vocali centrali Vocali posteriori Vocali alte /i/ /u/ Vocali medio-alte /e/ /o/ Vocali medio- basse /ɛ/ /ɔ/ Vocali basse /a/ Dalla crisi del sistema vocalico latino emergono altri sistemi che itneressano aree più ristrette della Ròmania: Sistema vocalico sardo questo vede la confluenza di ogni coppia di fonemi lunghi e brevi in un solo fonema: latino romanzo sardo /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a:/ /a/ /o:/ /o/ /u:/ /u/ /i/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /u/ VĪNU> binu; TĒLA> tela; PĀNE> pane; RŌTA> roda; PŬLLU> puddu Quindi presenta 5 fonemi su tre gradi di apertura: vocali anteriori Vocali centrali Vocali posteriori Vocali alte /i/ /u/ Vocali medio /ɛ/ /ɔ/ Vocali basse /a/ Sistema vocalico balcanico Si trova alla base del vocalismo rumeno e del dialetto italoromanzo parlato in un’area ristretta della Basilicata occidentale. Questo sistema coincide nella parte anteriore con quello romanzo comune nella parte posteriore con quello sardo: Latino /i:/ /i//e:/ /e/ /a://a/ /o//o:/ /u/ /u:/ /i/ /e/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /u/ 17 Romanzo balcanico FĬLIU> rum.fir; PARĒTE> perete; MĀRE> mare; ŎCTO> opt; GŬLA>gura Il risultato è un sistema asimmetrico di 6 vocali, che nella parte anteriore distingue un fonema medio-alto da un fonema medio-basso, mentre nella parte posteiore non fonologizza (processo per cui due o pi allofoni di un fonema diventano fonemi autonomi) la differenza di timbro, facendo confluire le due vocali alte del latino in /u/ e le due medie in /ɔ/. vocali anteriori Vocali centrali Vocali posteriori Vocali alte /i/ /u/ Vocali medio-alte /e/ Vocali medio- basse /ɛ/ /ɔ/ Vocali basse /a/ Nel sistema moderno non vi è l’opposizione tra la /e/ e la /ɛ/ e inoltre sono stati introdotti due fonemi centrali /i/ e /ɘ/. Sistema vocalico siciliano Sviluppatosi, probabilmente, a causa dell’adstrato linguistico greco, questo sistema vocalico interessa i dialetti italoromanzi parlati in Sicilia, in Calabria, nel Cilento (in Campania) e nel Salento (Puglia). Nel sistema vocalico siciliano le vocali medie lunghe del latino confluiscono con le alte (lunghe e brevi) in /i/ e /u/, mentre le medie brevi hanno dato come esito /ɛ/ e /ɔ/: Latino Romanzo balcanico /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a://a/ /o/ /o:/ /u/ /u:/ /i/ /ɛ/ /a/ /ɔ/ /u/ FILIU> figghiu; SERA> sira; SANU> sanu; CRUCE> cruci; NIVE> nivi; AMORE> amuri Quindi il sistema vocalico siciliano presenta 5 fonemi, analogo a quello sardo. Facendo riferimento a questo sistema vocalico si spiega una particolarità della poesia italiana delle origini, la c.d ‘’rima siciliana’’ , cioè la possibilità do far rimare fra loro parole che in toscano hanno come vocali toniche /e/ e /i/, /o/ e /u/. 5.2 Sviluppi del vocalismo romanzo Dei dittonghi latini / aw ae̯ oe̯ / solo /aw/ arriva alle lingue romanze, mentre il resto subiscono un processo di monottongamento (confluenza dei due elementi che compongono un dittongo in un’unica vocale): 20 ovvero un processo per cui un’alternanza, in origine fonologicamente condizionata, viene interpretata come esponente di categorie morfologiche. La nasalizzazione La nasalizzazione è un altro tipo di assimilazione che riguarda la vocale contigua a una consonante nasale. Il latino non possiede fonemi vocalici nasali, le vocali che precedono /n/ e /m/(uniche nasali presenti nel sistema consonantico latino) saranno nasalizzate per un normale processo fonetico di coarticolazione. Fonemi vocalici nasali si sviluppano in francese e in portoghese e in vari dialetti occitani, francoprovenzali, galloitalici ecc. Si tratta di diversi processi di fonologizzazione, in cui le vocali nasali sono passate dallo status di allofoni a quello di fonemi autonomi, in contrasto con altri di articolazione orale (in francese si oppongono fin [fe] e fait [fe], in portoghese sim [si] e si [si] (nasali sempre). La nasalità della vocale è stata reinterpretata come una sua qualità inerente, indipendente dal contatto con una consonante nasale, spesso poi caduta. Il francese moderno ha 4 fonemi nasali /ã e ɔ œ/(tutte con la linietta sopra) (vin [ve], gent [ʒã], bon [bɔ], brun [brœ], oltre a dodici vocali orali (di cui 3 anteriori /y ø œ/ ), l’inventario fonemico francese risulta il più complesso. Nel medioevo questo inventario comprendeva anche /˜i/ e /˜y/> /e/ e /œ/, mentre l’originaria /e/>/ā/, per un processo di generale abbassamento del grado di altezza delle vocali. In epoca medievale e nella prima età moderna, la nasalizzazione coinvolgeva tanto le vocali in sillaba aperta che quelle in sillaba chiusa, in seguito le vocali in sillaba aperta si denasalizzarono, mentre si conservano quelle in sillaba chiusa. Il portoghese ha 5 fonemi vocalici nasali /˜i ˜e ˜ɐ õ ˜u/ e tre dittonghi nasali /ɐj ɐw oj/. Rispetto alla situazione più antica si osserva innalzamento delle vocali medie e centrali: [ã]> [˜ɐ], [e]>[˜e], [ɔ]>[õ]. Caratteristica del portoghese è la caduta della consonante nasale in posizione intervocalica (lā ‘lana’, rã ‘rana’, lua ‘luna). In molte varietà romanze la nasalizzazione, anche quando non inneschi processi di fonologizzazione, provoca modifiche nel grado di apertura delle vocali. In rumeno la nasale seguente ha innalzato la pronuncia delle vocali toniche medie e basse; processo analogo avviene in italiano dove avviene un processo di innalzamento delle vocali medio-alte che si trovano davanti a [ŋ] (la /n/ seguita da consonante velare), questo processo si chiama anafonesi. 5.3 Le vocali atone Per quanto riguarda le vocali atone, invece, il sistema si riduce a 5 soli foni (i, e, a, o, u) tramite la neutralizzazione in un unico fonema, detto arcifonema, rappresentato dalle vocali Ɛ>e e Ɔ>o. 21 Latino Romanzo comune /i:/ /i/ /e:/ /e/ /a:/ /a/ /o/ /o:/ /u/ /u:/ /i/ /e/ /a/ /o/ /u/ Nel sistema romanzo balcanico si perde nella serie anteriore la distinzione tra la vocale medio-alta e medio-bassa, conservata nel vocalismo tonico: Latino Romanzo balcanico /i:/ /i//e:/ /e/ /a://a/ /o//o:/ /u/ /u:/ /i/ /e/ /a/ /o/ /u/ Nel Sistema vocalico siciliano tutte le vocali anteriori confluiscono in /i/ e tutte le posteriori in /u/, con perdita delle vocali medie /ɛ/ /ɔ/: Latino Romanzo balcanico /i:/ /i//e:/ /e/ /a://a/ /o//o:/ /u/ /u:/ /i/ /a/ /u/ Principali fenomeni legati al vocalismo atono sono: Sincope Caduta di una vocale all’interno della parola. Nel latino tardo questi fenomeni sono particolarmente frequenti nel caso delle vocali postoniche in contatto con le consonanti /l/ e /r/, come è testimoniato nell’Appendix Probi: OCLUS< OCULUS; SPECLUM< SPECULUM; TABLA<TABULA. Le lingue romanze proseguono la tendenza latina alla sincope della vocale, tanto in sede postonica quanto in sede pretonica. Il processo si sviluppa con ritmo diverso, ma in linea generale le lingue occidentali sono più propense alla sincope rispetto a quelle orientali. VIRIDE< it.verde, fr.vert, sp.verde Apocope Caduta delle vocali atone in posizione finale di parola. Questo fenomeno non è diffuso allo stesso modo in tutte le lingue: 22 - In francese, occitano e catalano questo fenomeno coinvolge tutte le vocali finali tranne /a/ che però si indebolisce in [ ɘ] e muta scritta in e. es: SCHOLAM> école. - Nelle lingue iberoromanze si mantengono -a e -o; -u>o; -e e -i> e oppure dileguano. Es. LIBERTATEM>port.liberdade, sp.libertad; PONTEM>port.ponte, sp.puente, cat.pont. - In italiano le vocali atone finali si mantengono tutte; -U>o Aferesi Caduta di una vocale all’inizio della parola: HIRUNDINE> rondine Riduzione delle vocali in iato: - Se di timbro simile, si riducono o vengono assorbite: MORTUUM> MORTUS> it. Morto, fr. Mort, sp. Muerto PARIETEM> PARETE> it. Parete, fr.paroi, sp.pared - Se di timbro diverso, la prima vocale diventa yod [j]: HABEAT> it.abbia VINEAM>VINJA> it.vigna, fr.vigne, sp.viña FILIUM>FILJU> it.figlio, sp.hijo Assimilazione e dissimilazione BILANCIAM> BALANCIAM> fr.balance, sp.balanza, ma it.bilancia VICINUM> VECINUM> occ.vezi, sp.vecino, ma it.vicino Aggiunta e-(i-) potetica (o prostetica) davanti a S + consonante: STELLAM > ap.estrella, fr.étoile SCHOLAM>sp.escuela, fr.école Il processo di riduzione delle vocali atone produce dunque esiti diverse nelle lingue romanze: in francese moderno tutte le parole sono accentate sull’ultima sillaba e perciò l’accento non ha più funzione distintiva. In tutte le altre lingue l’accento è libero ed ha valore distintivo: ma in portoghese, spagnolo, italiano, sardo e rumeno esso può cadere sull’ultima, penultima o terzultima sillaba, in occitano e catalano non ci sono (quai)pi parole accentate sulla terzultima, ma solo sulla penultima o (più frequentemente ) sull’ultima sillaba. 5.4 Le grandi trasformazioni del sistema consonantico Il sistema consonantico, come quello vocalico, ha subito mutamenti nel passaggio alle lingue romanze. Il sistema consonantico di partenza: consonanti bilabiali labiodentali dentali alveolari palatali velari laringali occlusive /p/ /b/ /t/ /d/ /k//g/ fricative /f/ /s/ /h/ nasali /m/ /n/ 25 consonantica, quindi sequenze come VIN.JA e MUL.JER, sono soggette ad aggiustamenti che ristabiliscono un ordine più naturale: VIN.JA> vin.nja> viɲ. ɲa; MUL.JER> mul.ljer> moʎ. ʎe (riscontriamo quindi la geminazione di /n/ e /l/ che ha finalità ‘terapeutiche’). Riscontriamo poi altri casi in cui il confine fra sillabe mette in contatto fonemi la cui sequenza è articolatoriamente poco fluida, così nello sviluppo di lat. GENERU> gen.ro> sp.yerno, fr.gendre, si ristabilisce una situazione di contatto tra le sillabe più ‘naturale’ in spagnolo tramite metatesi (cambio di posizione tra due elementi contigui) /nr/> /rn/ e in francese tramite l’epentesi (inserimento in una sequenza fonica di un suono non etimologico) /nr/>/ndr/. - Palatalizzazione di /tj/ e /kj/ La più antica forma di palatalizzazione riguarda i gruppi latini /tj/ e /kj/ che hanno come esito le consonanti affricate /tʃ/ o /ts/, rimaste inalterate o passate alle fricative [s z ʃ ʒ q] nelle lingue romanze: FORTIAM> it.forza [ts], fr.force [s], sp.fuerza [q]; FACIEM> it.faccia [ttʃ], fr.face [s] - Palatalizzazione di /dj/, /gj/,/ke/,/ki/,/kj/,/ge/,/gi/ I gruppi latini /dj/ e /gj/ sono confluiti in /j/ già nel I sec d.C, gli esiti sono diversi nelle diverse lingue romanze: - /j/ si conserva - /dj/ e /gj/ > [dʒ] o [dz] - [dʒ] o [dz] si conservano - /dj/ e /gj/> [ʒ q] - Scompaiono DIURNUM> it.giorno [dʒ], fr.jour [ʒ] Questi esiti coincidono con quelli di /g/ + vocale anteriore /ge/: GENTEM> it.gente [dʒ], fr.gens [ʒ] /gi/: GINGIVA> it.gengiva [dʒ] Gli esiti di /k/+ vocale anteriore si confondono con quelli di /kj/: /ke/:CAELUM> it.cielo [tʃ], fr.ciel [s], sp.cielo [q] /ki/:CILIA> it.ciglia [tʃ] - Palatalizzazione di /lj/ e /nj/ L’approssimante /j/ palatalizza le consonanti /l/ e /n/ in tutte le lingue romanze. Gli esiti sono: - /lj/ e /nj/>/ʎ/ per la laterale e /ɲ/ per la nasale, entrambe geminate - In spagnolo /lj/ passa da [ʎ] a [x] FOLIAM> it.foglia [ʎʎ], fr.feuille [ʎ], sp.hoja [x] VINEAM>it.vigna [ɲɲ], fr.vigne[ɲ], sp.viña [ɲ] 26 - Mentre in sardo il risultato è /lj/ e /nj/>[dz]: FILIA> fizza; VINEA> binza - Palatalizzazione di /sj/ /sj/>[ʃ] in rumeno; in italiano vi è stata una reinterpretazione di [ʃ] in posizione intervocalica come allofono di /tʃ/: BASIARE>it.bacio [tʃ], fr.baiser [z], sp.besar [s] (in spagnolo e francese non si verifica la palatalizzazione di /s/ ) Nelle forme protoghesi queijo e beijo il punto di partenza è la metatesi [sj]>[js]; /j/ ha poi assimilato tanto la vocale precedente ([aj]>[ej]), quanto la consonante successiva [jz]>[jʒ] Il gruppo latino /rj/: - In italiano /rj/>/j/: AREAM>it.aia [j]; CORIUM> it.cuoio - Per altre lingue la metatesi /rj/>/jr/: AREAM>fr.aure [jr]; CORIUM>fr.cuir I gruppi bilabiali /pj bj wj mj/ : - hanno esito palatale in francese e occitano: SEPIAM> fr.sèche [ʃ], occ.sapcha; RABIAM>fr.rage [ʒ], occ.rauja, - in italiano si è conservato il gruppo con geminazione della consonantica: SEPIAM> seppia[ppj]; RABIAM>rabbia [bbj] - Palatalizzazione di /ka/ e /ga/ Solo in francese e nelle varianti settentrionali dell’occitano le consonanti velari /k/ e /g/ palatalizzano se seguite dalla vocale centrale /a/: /ka/>[ʃ] : CAMPUS> fr.champ (it.campo [ka]) /ga/>[ʒ]: GALLINAM>a.fr.geline (it.gallina [ga]) Le geminate /ll/ e /nn/: in spagnolo e catalano in posizione intervocalica si palatalizzano in [ʎ] e [ɲ]: VALLE>sp.valle, cat.vall; ANNU> sp.año, cat.any. In catalano e in alcuni dialetti asturiani la palatalizzazione della /l/ avviene anche in posizione iniziale di parola: LACTE>cat.llet, ast.lleche; LUMBU>cat.llom, ast.llombu Nelle varietà spagnole meridionali e nella maggior parte del dominio linguistico ispanoamericano si verifica lo yeísmo che è un cambio fonetico che consiste nel pronunciare allo stesso modo "y" (/ʝ̞/ o [ʝ̞]~[ɟ͡ʝ]~[ʤ]~[ʒ]~[ʃ]) e il digramma "ll" (/ʎ/). - Palatalizzazione dei gruppi consonantici /kt/, /ks/, /gn/ /kt/: 27 In francese /kt/>/j/à NOCTE> nuit In italiano c’è stata l’assimilazione /kt/>/tt/à notte In spagnolo /kt/> /tʃ/à noche /ks/: in francese, spagnolo, occitano /ks/> /j/: MAXILLA> a.fr.maisselle, a.sp.maxiella in italiano /ks/>/ʃ/: mascella; /ks/> /ss/: SAXU>sasso /gn/> /ɲ/ e depalatizzazione in francese moderno: LIGNU> it.legno, sp.leño, In rumeno questi tre gruppi consonantici hanno esito di forme labializzate: NOCTE> noapte; LIGNU>lemn - Palatalizzazione dei gruppi consonatici con /l/ I gruppi consonantici con /l/ possono restare immutati o evolvere in direzione palatale, con esiti diversi anche per la stessa lingua: - In italiano lo sviluppo /l/> /j/ nei gruppi consonantici è generale, in rumeno si dà solo nei gruppi con consonante velare /kl/ e /gl/; - Lo spagnolo e il portoghese palatalizzano rispettivamente in [ʎ] e [ʃ]< /kl/, /pl/, /fl/ CLAVEM> it.chiave [kj], rum.cheie, sp.llave [ʎ], port.chave [ʃ]; PLENUM>it.pieno [pj], sp.lleno[ʎ], port.cheio [ʃ]; FLAMMAM> it.fiamma, sp.llama, port.chama; GLACIA>it.ghiaccio BLANCUM>it.bianco. Dopo consonante o in posizione intervocalica gli esiti possono essere diversi: AMPLUM>it.ampio, sp.port.anchi; VECLUS> it.vecchio, sp.viejo, port.velho Risalgono a tempi più recenti la palatalizzazione di /t/ e /d/ davanti a /j/ nel francese del Quebec (amitié [ami’tʃe] ‘amicizia’, canadien [kana’dʒ] ‘canadese’) e davanti a /i/ ne portoghese del Brasile (cidade [si’dadʒi] ‘città). La lenizione Questo processo che trasforma il sistema consonantico latino nel passaggio alle lingue romanze non interessa tutte le lingue romanze, in genere il fenomeno non si riscontra nelle lingue romanze occidentali (italiano e romeno). La lenizione è l’indebolimento delle consonanti, cioè si tratta di una perdita della loro forza consonantica, misurata in una scala che vede a un 30 Il raddoppiamento fonosintattico Il dileguo della consonante finale ha lasciato delle tracce in italiano e francese. In italiano alcuni monosillabi derivanti da forme latine con consonante finale (AD>a; TRES>tre; IAM>già; EST>è; PLUS> più; QUID> che) hanno acquisito la proprietà di geminare la consonante successiva: che credi? [ke ‘kkredi], più vino [pju ‘vvino]. Da questo nucleo di parole, l’accento p stato reinterpretato come fattore scatenante del raddoppiamento, esteso poi a monosillabi tonici (ho, do, può) e i polisillabi ossitoni (così, città, verrò) e anche polisillabi parossitoni (qualche, ogni, dove). In francese questo fenomeno si verifica nella liaison. Capitolo 6: Elementi di grammatica storica: morfologia e sintassi 6.1 Morfologia nominale Le classi flessive del latino Nomi e aggettivi latini sono distribuiti in classi flessive (declinazioni) che si contraddistinguono per la presenza di una vocale tematica, semanticamente vuota, tra la radice o base lessicale che esprime il significato principale della parola e la desinenza, che esprime il numero e il caso (che indica la funzione sintattica). Es: ROSARUMà ROS- (base lessicale, che ritroviamo anche in ROSETUM)- A-(vocale tematica, tipica della I classe)-RUM (desinenza che esprime il genitivo plurale). Le classi flessive dei nomi (classi nominali) sono 5: I e la V classe flessiva sono composte per lo più da nomi femminili, la II per lo più da nomi maschili e neutri, la III e la IV, nomi maschili, femminili e neutri. Gli aggettivi, in latino, si dividono in 2 classi (classi aggettivali): gli aggettivi di I classe seguono la II declinazione per il genere maschile e neutro e la I declinazione per il genere femminile; quelli di II classe seguono invece la III declinazione (ALTUS, ALTA, ALTUM/ VERDIS;VERDE). In latino la declinazione dà le informazioni relative al caso dei nominali, al numero per i nomi, al genere e al numero per gli aggettivi; il tema possiede già di per sé un genere. In italiano la declinazione dei nominali serve a distinguerne numero e genere. I classe: capra, ae II classe: lupus, i III classe: canis, is IV classe: fructus, us V classe: dies, ei 31 Le classi flessive delle lingue romanze Nel passaggio alle lingue romanze si è avuta una riorganizzazione delle classi flessive: i nomi della V sono confluiti nella I (FACIE(M)> faccia) e raramente nella III (FIDE(M)>fede), i nomi della IV>II (FICU(M)>fico). C’è stata una riduzione delle classi flessive in italiano, sardo, spagnolo, portoghese e rumeno da 5 a 3: it.capra/capre, lupo/lupi, cane/cani; port.cabra/cabras, lobo/lobos, cao/caes, ecc. La distinzione tra nomi appartenenti originariamente alla II e alla III classe latina si perde nelle lingue che hanno subito l’apocope delle vocali finali, ad es in francese loup/loups, chien/chiens; in queste lingue gli aggettivi delle due classi latine confluiscono tutti in una sola classe (fr.haut/haute/hauts/hautes, vert/verte/verts/vertes); in italiano, in rumeno, spagnolo, sardo si conservano le due classi aggettivali del latino (it.alto/alta/alti/alte; verde/verdi). Il sistema causale latino Il latino possiede 6 casi, che indicano la funzione sintattica svolta dalla parola nella frase: nominativo: soggetto; genitivo: compl. di possesso e specificazione; dativo: compl di termine; accusativo: compl oggetto; vocativo: per l’invocazione o allocuzione (atto enunciativo in cui l’emittente si rivolge al destinatario); ablativo: cocmpl di modo/ mezzo/ strumento. Ogni caso è espresso da diverse desinenze secondo il genere, il numero e la classe flessiva e la maggior parte delle desinenze esprime più di un caso. Questo fenomeno è chiamato sincretismo e si verifica quando funzioni grammaticali diverse, distinte in origine, sono espresse da una sola forma: es. le desinenze -ae, -i, -is, -us, -ei appartengono al genitivo singolare, ma vediamo che -i è anche la desinenza del nominativo plurale dei nomi di II classe (lupi) e del dativo singolare dei nomi di III (cani). I casi inoltre sono spesso associati alle preposizioni per l’espressione di alcuni complementi: CUM + ablativo (cum amicis), AD + accusativo (ad portas ‘verso le porte’), A(B) + ablativo (ab urbe ‘dalla città’). Riduzione dei casi latini I casi nel tempo subiscono una riduzione, il cui esito finale è la presenza nelle lingue romanze moderne di un’unica forma, a base essenzialmente accusativale (per questo gli etimi latini di parole romanze sono normalmente al caso accusativo). A questo processo è possibile che sia legata la caduta delle consonanti finali -m e -s e il collasso della quantità vocalica e la riorganizzazione del sistema su base qualitativa. Il passaggio dal sistema casuale latino a quello romanzo percorre varie tappe. In base alle varie testimonianze si è ipotizzata l’esistenza di un sistema transitorio tricasuale: nominativo-accusativo-obliquo (unica forma in cui sono confluiti il genitivo e il dativo). 32 In area galloromanza prende forma un sistema bicasuale, composto da un caso del soggetto (caso soggetto ) e uno dell’oggetto e dei complementi preposizionali (caso regime). Il sistema bicasuale galloromanzo con le forma a.fr.mur ‘muro’ e a.occ.amic ‘amico’: antico francese Antico occitano Singolare Plurale Singolare Plurale Caso soggetto murs mur amics amic Caso regime mur murs amic amics Questo sistema era poco funzionale e ricco di anomalie perché limitato ai nomi e agli aggettivi maschili, soprattutto quelli derivanti dalla II classe latina, quindi nel tempo cade in disuso. Nelle lingue moderne si conserva l’esito del caso regime che marca con la -s il plurale dei nomi e degli aggettivi (no per il singolare). Il sistema bicasuale rumeno,oggi è ancora in uso, oppone un caso nominativo-accusativo (per il soggetto, l’oggetto diretto, il complemento di tempo e i complementi preposizionali) a un caso genitivo-dativo ( per il complemento di possesso e l’oggetto indiretto). Il sistema riguarda i nomi e gli aggettivi femminili singolari, che al plurale hanno un’unica forma, di solito identica a quella del genitivo-dativo singolare. Nom-acc: casa, case; gen-dat: case, case. L’opposizione tra i due casi si dà anche nei determinanti maschili e femminili. Il determinativo o articolo è enclitico in rumeno (dipende dalla parola che lo precede): lupul=il lupo; lupului=del lupo lupii=i lupi; lupilor=dei lupi Del sistema casuale latino vi sono residui in diverse varietà francoprovenzali e retoromanze, ma nel complesso, nella maggior parte delle lingue romanze, nomi e aggettivi non hanno casi e la loro funzione sintattica è espressa dalle preposizioni e dall’ordine delle parole nella frase. L’unica forma che si ritrova nelle lingue romanze deriva dall’accusativo latino: i nomi it.carbone, sp.carbón, fr.charbon deivano dall’accusativo CARBONE(M) e non dal nominativo CARBO. La forma del nominativo si è perpetuata in non poche parole (COMPANIO> it.compagno, cat.company; DEUS> sp.dios; DRACUS>it.drago), così come in alcuni antroponimi (CAROLUS> sp.Carlos). Le forme plurali romanze Le lingue romanze continuano la distinzione latina tra il singolare e il plurale dei nomi e degli aggettivi. 35 simultaneamente) e -mente è diventato un suffisso, semanticamente dissociato dal sostantivo da cui ha origine. I pronomi personali CASI 1° PERSONA SING. 1° PERSONA PLUR. 2° PERSONA SING. 2° PERSONA PLUR. Nom. Ego, io Nos, noi Tu, tu Vos, voi Gen. Mei, di me Nostri /nostrum, di noi Tui, di te Vestri / vestrum, di voi Dat. Mihi, a me, mi Nobis, a noi, ci Tibi, a te, ti Vobis, a voi, vi Acc. Me, me, mi Nos, noi, ci Te, te, ti Vos, voi, vi Abl. Me, (da, con) me Nobis, (da, con) noi Te, (da, con) te Vobis, (da, con) voi Il latino possedeva solo la 1 e la 2 persona singolare e plurale (EGO,TU, NOS, VOS), mentre per la 3 persona singolare e plurale utilizzava forme del dimostrativo (IS, ILLE, IPSE). Questa asimmetria si spiega considerando il fatto che i pronomi di 1 e 2 persona indicano i partecipanti all’atto linguistico, hanno perciò natura essenzialmente deittica (quell’elemento che fornisce informazioni sulla collocazione spaziale o temporale dei partecipanti all’atto comunicativo), mentre i pronomi di 3 persona non hanno un ruolo enunciativo nell’atto linguistico. Lo sviluppo della 3 persona è un’innovazione, quindi, delle lingue romanze, realizzata dalle forme del dimostrativo ILLE (femminile ILLA) o IPSE (femminile IPSA): it.egli/ella, fr.il/ellle ecc. 36 Le forme dei dimostrativi latini sono alla base anche dell’origine dell’articolo definito: it.il/la, fr.le/la ecc. Accanto ai pronomi personali tonici, le lingue romanze sviluppano una serie di pronomi atoni o clitici. I pronomi clitici di 3 persona utilizzano il dimostrativo ILLE: it.lo/la <ILLU, ILLA; sp.los/las<ILLOS,ILLAS. I pronomi personali romanzi conservano forme residuali del sistema dei casi latino. Nella serie di pronomi tonici: - alla 1sg e 2 sg il caso del soggetto (<nominativo latino), si opone al caso obliquo (<accusativo-dativo): it.io-me, tu-te; sp.yo-mí, tu, tí. In rumeno e in sardo si distinguono invece i tre casi (nominativo, accusativo e dativo): rum.eu-mine-mie, tu-tine-tie. - Alla 1pl e 2pl la distinzione, casuale si neutralizza ovunque (it.noi,voi; sp.nos,vos), tranne in rumeno dove si oppone il caso nominativo- accusativo al dativo (noi-noua). - Alla 3sg e 3pl la maggior parte delle lingue non ha conservato la distinzione tra il caso soggetto e il caso obliquo (it.egli/ella-lui/lei, egli/elle-loro). In spagnolo, in portoghese e vari dialetti italoromanzi si sviluppa un valore comitativo in alcune forme pronominali, derivate dal lat. MECUM ‘con me’ e TECUM ‘con te’ a cui speso si preposta la preposizione con: sp.port.conmigo. Nell’ambito dei pronomi e aggettivi dimostrativi, il latino a affianca una serie di deittici, una serie di anaforici (IS ‘colui- IPSE ‘proprio lo stesso’- IDEM ‘il medesimo’). Nel passaggio dal latino alle lingue romanze il sistema ha subito una ristrutturazione formale e semantica, il cui punto di partenza è la scomparsa degli elementi foneticamente deboli IS e HIC, questo ultimo conservato solo nella forma neutra in HOC come clitico o dimostrativo (it.ciò). ISTE è passato al ruolo di deittico per la prossimità, IPSE per il grado intermedio (sp.ese), mentre ILLE indica la distanza. Le stesse forme combinandosi con l’avverbio ECCE/ECCU(M). IPSE, è sconfinato nel campo semantico di IDEM, al suo posto si usano varie combinazioni ISTU(M) IPSU(M)> it.(i)stesso, METIPSIMUM(M)>it.medesimo. Le lingue iberoromanze, l’italiano e il sardo conservano le tre classi di dimostrativi: questo, codesto e quello, sp.este, ese, aquel; passando poi, in italiano e catalano moderni a due classi, opponendo la prossimità alla distanza: questo e quello. Il sistema dei dimostrativi romanzi conserva residui dei casi e del genere neutro del latino: lo spagnolo ad esempio ha un articolo neutro (lo) e un pronome personale neutro (ello ‘ciò’), oppure ad esempio nei dialetti italoromanzi meridionali (nap.chest -chell, chist, chill). 6.2 morfologia verbale i verbi latini sono distribuiti in 4 classi flessive (coniugazione): 37 I -ARE: CANTARE; II -ERE: HABERE; III -ERE:VENDERE; IV -IRE:DORMIRE. le 4 coniugazioni latine si riducono a 3, poiché nell’evoluzione fonetica, le coniugazione di II e III classe tendono a confondersi per le loro affinità. Numerosi nei verbi, come nei nomi, sono i casi legati al fenomeno del metaplasmo, ovvero il passaggio dei verbi da una classe flessiva all’altra, per esempio i passaggi dalla II e III classe alla IV: FLORERE> fiorire; FUGERE> fuggire. Capitolo 7: Il lessico delle lingue romanze 7.1 Il lessico di origine latina Il lessico delle lingue romanze è in gran parte di origine latina e costituisce un importante elemento di continuità diacronica che accomuna l’intera area romanza, seppure in modo non uniforme. Le parole latine ereditarie delle lingue romanze sono oltre 7000, solo il 15% delle 50.000 presenti nel Thesausus Linguae Latinae, il monumentale dizionario che raccoglie l’intero patrimonio lessicale latino dalle origini al VI sec d.C. esiste però una correlazione tra il tasso di stabilità delle parole e la loro frequenza d’uso, cioè le parole più comuni sono quelle che hanno più probabilità di tramandarsi da una generazione all’altra, rispetto a quelle più rare. L’alta frequenza d’uso delle parole non ha però impedito la scomparsa di voci comunissime latine, come EQUUS ‘cavallo’, IGNIS ‘fuoco’. Tra le varie cause che contribuiscono alla perdita di una parola vi sono la scarsa consistenza fonetica e l’isolamento morfosemantico, inoltre anche i cambiamenti socioculturali provocano il rinnovamento del lessico, ad esempio si è persa buona parte della terminologia militare latina (BELLUM ‘guerra’, GALEA ‘elmo’) ed è stata sostituta da prestiti da altre lingue (guerra e elmo sono germanismi). I campi lessicali che mostrano maggiore stabilità nel passaggio dal latino alle lingue romanze sono quelli della Parentela (PATER, MATER…); delle Parti del corpo (BUCCA, DENS, LINGUA); degli Animali (CAPRA; LUPUS); dell’alimentazione (PANIS, FARINA); dell’artigianato; del tempo e del calendario (APRILIS, DOMINICUS ecc). Ma anche nei campi lessicali più stabili si verificano delle innovazioni, per esempio PATER e MATER si sono conservati nella maggior parte delle lingue romanze, ma in rumeno e in sardo si conservano gli esiti di TATA; MAMMA e BABBUS, voci del linguaggio infantile, forse di origine onomatopeica; oppure in italiano ‘frate’ continua nella forma latina FRATER, ma ha acquisito un significato diverso, cioè quello di ‘membro di un ordine religioso’. 40 Ai prestiti entrati in una lingua per via scritta si dà il nome di prestiti colti o libreschi. In questa categoria rientrano i latinismi affluiti nelle lingue romanze e i grecismi, che il lessico latino e tardo aveva già assorbito, passati poi alle lingue romanze. i grecismi sono dei neologismi formati a partire da dei morfemi che funzionano come prefissi o suffissi (auto- , neo-, micro-, geo-, filo-). Oltre per via scritta, nelle lingue romanze riscontriamo una gran varietà di prestiti diffusisi per via orale. Tra questi ricordiamo: - I germanismi medievali, arrivati tramite i molteplici contatti intrattenuti dal mondo romano con diverse tribù germaniche; - I bizantismi, parole trasmesse per via orale dal greco medievale alle lingue romanze; - Gli arabismi, che costituiscono una componente importante del lessico iberoromanzo; - Gli americanismi, penetrati in spagnolo e in molte altre lingue a seguito delle esplorazioni e della conquista del continente americano da parte di spagnoli, inglesi, francesi; - I germanismi moderni, nuovo contingente di parole di origine tedesca e inglese diffusisi tra il 700 e l’800; - Gli slavismi del rumeno. Si parla invece di prestiti interni per quanto riguarda il passaggio di parola da una lingua romanza all’altra. A questa categoria appartengono: - I francesismi appartenenti, in particolari quelli di età moderna, ai domini nozionali più diversi (bureau; elite) - gli occitanismi, nati grazie al successo internazionale della lirica trobadorica che portarono le lingue romanze ad incorporare varie voci dell’occitano medievale; - gli italianismi di ambito commerciale e marinaresco, veicolati da alcuni volgari italiani (banca, debito, bussola, ciurma) e di ambito artistico e culturale diffusi a partire dal 500 (balcone, burlesco, caricatura, sonetto); - gli ispanismi: duranti i c.d siglos de oro della civiltà ispanica, il lessico romanzo accoglie una buona quantità di parole spagnole (brío, crianza, zarabanda) - i catalanismi: numerose parole catalane penetrano nello spagnolo e nei dialetti italoromanzi delle regioni sotto il dominio aragonese (come nap.riggiola ‘mattone’ e sic.capuliari ‘tagliuzzare’; - i protoghesismi, di numero esiguo nelle lingue romanze, ma il portoghese si è fatto veicolo di prestiti da lingue esotiche (banana dalla Guinea, macaco, piranha, catamarano). 41 7.3 Le neoformazioni romanze Un’altra componente del lessico romanzo è costituita da parole formate tramite meccanismi di derivazione e composizione a partire da basi lessicali latine o esotiche. I processi di derivazione consistono nella formazione di parole nuove attraverso l’aggiunta di un affisso, a questo si dà il nome di prefisso se si trova a inizio parola, di suffisso se si trova a fine di parola. La maggior parte dei prefissi romanzi sono prestiti dal latino (ex-,re-,in-) o dal greco (neo-,geo-) ed esprimono localizzazione spaziale (sottobosco) o temporale (preistorico), negazione (inutile), ripetizione (rileggere), possono avere valore accrescitivo (megasconto), diminutivo (microorganismo) ecc. I prefissi lasciano intatta la categoria lessicale della basa a differenza dei suffissi che possono, invece, determinare un cambiamento: da un nome si può formare un aggettivo (odoreà odoroso9, da un verbo può diventare un nome (coltivareà coltivazione) ecc. I suffissi derivazionali nelle lingue romanze, di numero maggiore rispetto ai prefissi, sono principalmente di origine latina (-bilis, -tor,-arius), da cui giungono per tradizione diretta o colta; i suffissi possono essere prestiti di lingue romanze (fr.-age,it.-occio,sp-azo) o germaniche (-ing,-isk). I suffissi formano nomi di azione (allenamento), di qualità (gentilezza), di luogo (lavanderia), di agente (cacciatore), nomi astratti (ottimista), verbi (simpatizzare), inoltre i suffissi hanno la funzione di alterare i nomi (poetastro), aggettivi (piccoletto), verbi (canticchare). La categoria più diffusa dei suffissi è quella dei diminutivi, molto usati in alcune lingue romanze, come il latino e lo spagnolo, mentre altre lingue preferiscono forme perifrastiche: it.alberello, sp.arbolito, fr.petit arbore. Si possono formare parole nuove anche attraverso processi di derivazione senza aggiunta di affissi, in questo caso si parla di conversione: ad esempio la nominalizzazione di aggettivi, di verbi ecc. Altro meccanismo per la formazione di parole nuove è la composizione, cioè la combinazione di due o più parole, il cui significato è il risultato dell’interazione fra i significati dei due costituenti. Questo meccanismo è ampiamente usato nelle lingue romanze per formare parole funzionali (it.tuttavia) e parole lessicali (apriscatole). I composti romanzi più comuni sono quelli nati dall’unione di aggettivi e dalla combinazione di un verbo e un nome (portabandiera). Riguardo all’ordine delle parole nei composti, le lingue romanze prediligono la ramificazione a destra, quindi il verbo precede il nome e il nome l’aggettivo.