Scarica Filosofia della Cura - Luigina Mortari e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia della Mente solo su Docsity! Filosofia della Cura - Luigina Mortari PRIMARIETÀ DELLA CURA Nel campo dell'esperienza umana ci sono cose essenziali e irrinunciabili. Spesso ciò che è essenziale è ciò che ci è più vicino e rimane sconosciuto. La CURA è essenziale e irrinunciabile: senza la cura la vita non può fiorire, la cura protegge la vita e coltiva la possibilità di esistere, tiene l'essere nel buono. C'è necessità di bene e necessità di difendersi dalla sofferenza: la cura è la risposta necessaria a questa necessità. La sapienza sulla cura ha radici antiche: • PLATONE Fedro: la cura è essenziale anche per le divinità • SOCRATE Repubblica: i filosofi "devono aver cura e custodire" gli altri cittadini Si può dire che il divenire a essere è un entrare nella luce, un essere illuminato. Ciò che illumina l'essere umano è la CURA (Heidegger) L'esserci, infatti, assume la propria essenza avendone cura. Si può dire che ognuno è quello che fa e di cui si prende cura, se abbiamo cura di certe relazioni il nostro essere sarà costruito dalle cose che prenderanno forma in queste relazioni. Della cura si può pertanto parlare in termini di una fabbrica dell'essere. HANNAH ARENDT la cura può essere definita il lavoro del vivere e dell'esistere. Proprio perché la debolezza dell'esserci, in quanto mancante d'essere, è costitutiva della condizione umana, il lavoro di cura non può non accompagnare la vita intera. Anche nel più perfetto dei mondi sempre ci sarebbe bisogno di cura: in certe fasi della vita: INFANZIA E CONDIZIONE DI MALATTIA: per lo stato di fragilità e vulnerabilità, ADULTITÀ: senza l'aiuto premuroso di altre persone non si riesce a far fiorire le proprie possibilità d'essere. La cura è ontologicamente essenziale: protegge la vita e coltiva le possibilità di esistere. Una buona cura tiene l'essere immerso nel buono. Far pratica di cura è dunquemettersi in contatto con i cuore della vita. Nasce la necessità di tratteggiare un'analitica della cura. TESI: considerare la cura come essenziale per la vita. È quindi necessario disegnare una fenomenologia delle qualità essenziali della condizione umana per poi portare all'evidenza che la cura sta in una relazione di necessità di tali qualità. Per affrontare il passaggio epistemico è necessario sapere di cosa si parla e cosa si intende per cura, ma individuare l'essenza della cura costituisce proprio l'obiettivo di un'analitica della cura. Per fare ciò si ricorre al metodo che SOCRATE chiama dialogo maieutico, il quale consiste nel dare una definizione provvisoria di qualcosa per poi cercarne di essa l'essenza. Si ha quindi una definizione semplice ed essenziale di cura: aver cura è prendersi a cuore, preoccuparsi, avere premura, dedicarsi a qualcosa. A questo punto ci si pongono le seguenti domande: Qual è la struttura essenziale della condizione umana? E in quale relazione può stare la cura con questa essenza? L'essere umano nasce come mancante d'essere, cioè è imperfetto, perché il suo essere si forma nel tempo e nei momenti, nelle esperienze, quindi ha il compito nella vita di dare forma al proprio essere. Perché l'uomo allora è mancante d'essere? Perché vive nella probabilità, coglie la sua finitezza sapendo di dover morire prima, e poi sa che i legami che si è costruito possono svanire da un momento all'altro. LE DIREZIONALITÀ DELLA CURA CURA come procurare (merimna): la vita ha costantemente bisogno di qualcosa e senza questo qualcosa la vita viene meno. Il problema sta nel fatto che questo qualcosa va procurato. Per preservare il nostro essere abbiamo la necessità di aiutare l'altro, in quanto la cura delle cose è la nostra cura della vita. CURA come dedizione: arte dell'esistere per far fiorire l'esserci. É legata alla forma di trascendenza Rapporto tra cura ed etica: via per ricercare il bene, per arrivare al bene si utilizza la cura. La cura nella sua essenza risponde a: • una necessità ontologica, la quale include una necessità vitale, quella di continuare a essere • una necessità etica, quella di esserci con senso • una necessità terapeutica per riparate l'esserci. distinzione tra ingtelletto e ragione = Kant In classe si deve dare spazio non solo alle materie curricolari ma anche ad argomenti di attualità (come ad esempio gli attentati di parigi) Ogni individuo si pone delle domande che possono essere chiuse o aperte = illegittime o legittime (irrispondibili) Incentrare la discussione sul fatto e non sulla persona Bisogna rassicurare i bambini che possono esistere delle domande e degli interrogatvi che risultano irrispondibili ma che comunque fanno pensare. LA CONSISTENZA RELAZIONALE DELL'ESSERCI In quanto mancanti d'essere non possiamo sottrarci al compito della cura della nostra esistenza. Per quanto dedicato e intenso possa essere il nostro compito di prenderci cura, tale impegno ha un limite, perché un elemento che caratterizza l'essere umano è la razionalità e in quanto esseri relazionali abbiamo bisogno degli altri. La vita risulta sempre intimamente connessa alla vita degli altri, per l'essere umano vivere significa sempre con-vivere poiché nessuno da solo può realizzare pienamente il progetto di esistere. ARISTOTELE parla dell'essere umano come ente per natura politico. Dal punto di vista dello sviluppo PSICHICO la relazione con l'altro è la relazione primaria dell'esserci. L'origine di tutto è la relazione con la madre, all'inizio il bambino non esiste come essere disgiunto ma insieme a un'altro essere umano, il quale si prende cura del suo essere. Per il neonato il bisogno della madre è l'esigenza più urgente, in questa relazione inizia a costruire il suo essere. Poiché all'inizio della vita la condizione di debolezza ontologica è massima, l'attaccamento del neonato ala madre è un bisogno vitale. In quanto mancanti d'essere abbiamo bisogno di stare in relazione con chi, come noi, ha bisogno degli altri. Anche in solitudine la relazione con gli altri permane, i pensieri che pensiamo conservano la relazione con i pensieri che abbiamo costruito insieme agli altri e le emozioni che agitano il cuore sono fili che ci tengono in relazione con gli altri. Quando perdiamo un affetto se ne va un pezzo di noi. Dobbiamo quindi aver cura delle relazioni degli altri, quando pensiamo all'altro è importante avere cura delle sue relazioni. Il limite del pensiero politico occidentale consiste nel fondarsi su una concezione dell'essere umano come individuo indipendente da altri e come soggetto autonomo in grado di bastare a se stesso (autosufficienza). Senza gli altri però non possiamo esistere, fin dai primi gironi di vita. Forse la difficoltà a pensare la realtà in termini relazionali sta nella singolarità e unicità di ogni individuo, poiché ogni essere umano è unico,mai identico a nessun'altro. EVA KITTAY mette in discussione il pensiero politico occidentale per il suo fondarsi su una visione a-relazionale della vita umana. Tutti veniamo da una relazione (madre-figlio) e per questo siamo insuperabilmente esseri relazionali. Nel venire al mondo diventiamo subito esseri dipendenti dagli altri e come tali necessitiamo di ricevere cura. Anche se l'essere umano è relazionale deve comunque fare i conti con la solitudine, siamo soli di fronte alla realtà. Quando siamo chiamati ad affrontare le cose più importanti della vita spesso siamo soli. La solitudine non è una condizione che si possa scegliere: ciascuno è inevitabilmente solo. La bisognosità dell'altro si manifesta nel neonato e poi ricompare sotto diverse forme nel corso della vita. Ciascuno cerca la verità dell'esistenza,ma quando tale ricerca avviene in solitudine, anche se molte cose importanti si possono cogliere, tuttavia nessuna di queste è verità. La verità è frutto dell'incontro con l'altro, del dialogo, quindi, il nostro esserci diviene in relazione con altri. L'unicità del nostro essere è possibile proprio partire dal divenire insieme agli altri. La fabbrica dell'essere non appartiene al singolo ma e co-costruita dai pensieri e dai gesti che si fanno insieme. L'identità personale è la forma emergente delle relazioni che strutturano il nostro spazio vitale. Quando un essere umano comincia la sua esistenza di fatto inizia a coesistere, il nascere coincide con il trovarsi esposto e la cura è l'atto di accogliere per proteggere dal minaccioso che comporta l'esposizione. Se la cura si qualifica come fenomeno ontologico sostanziale dell'esserci e se l'esserci è intimamente relazionale, poiché l'essere-con-altri è l'intima essenza dell'umano, allora l'aver cura dell'esserci è tutt'uno con l'aver cura del con- esser-ci e dunque con l'aver cura degli altri. Esserci è aver cura e in questa cura ci sono io-con-altri. La cura come premura dell'altro, come sollecitudine a favorire il ben-erssere dell'altro, è condizione indispensabile per una vita buona. Se la cura è qualcosa di ontologicamente essenziale, allora l'agire con cura è un valore primario, ed è tale non solo per chi riceve cura ma anche per chi la agisce. É un valore per chi la riceve poiché senza cura non può divenire il suo essere possibile, ed è un valore per chi la agisce poiché assumersi la responsabilità della cura significa situarsi laddove ne va dell'irrinunciabile per la vita. La relazione di cura porta valore sia a chi riceve sia a chi esercita la cura. LA CONDIZIONATEZZA DELL'ESSERCI VULNERABILITÀ la relazionalità rompe la solitudine dell'esserci e ci mette nelle condizioni di con-dividere l'esistenza, ma allo stesso tempo ci rende vulnerabili perché siamo esposti agli urti del mondo e a quelli che ci provochiamo gli uni gli altri e che possono indebolire o distruggere i legami relazionali. Il nostro stato di intima connessione con il mondo ci rende dipendenti e in quanto dipendenti dall'altro da sé diventiamo vulnerabili. Siamo vulnerabili sia nella vita corporea che in quella spirituale. I beni relazionali, mentre portano valore alla vita allo stesso tempo aumentano il suo grado di vulnerabilità. L'essere umano è vulnerabile soprattutto nei legami profondi come l'amicizia e l'amore perché sono i più delicati e meno controllabili in quanto più profondi, e non dipendono dalla propria volontà. Il nostro poter fiorire è intimamente connesso alla vulnerabilità, la vulnerabilità è quindi inevitabile, è qualità strutturale dell'esistenza. FRAGILITÀ non solo siamo vulnerabili ma intimamente fragili, siamo fragili poiché veniamo a essere indipendentemente da una nostra decisione, e una volta nel mondo veniamo a trovarci nel fluire dl tempo, e questo essere nel tempo non sta sotto la nostra sovranità. Scoprire che io non dipendo da me, e che da me non sono nulla fa sentire tutta la fragile inconsistenza del proprio essere. La matrice generativa della vita abbandona gli esseri a quella condizione rischiosa che è il divenire, senza nulla proteggere. Siamo chiamati al compito di inventarci la forma del proprio esserci, Siamo chiamati a trovare modi per conservare la vita e a inventare un modo di esserci che possa dare senso al nostro esistere. La forma che viene a prendere però non è mai permanente ma sempre provvisoria. L'ESSENZA DI UNA BUONA CURA Ricerca di una filosofia rigorosamente fondata della cura, che individui le qualità essenziali del fenomeno. Si assume il metodo fenomenologico, il quale indaga cosa sia la cura nella sua essenza, guida l'indagine a cogliere che cosa sia la cura in sé. QUESTIONI DI METODO Per agire bene è necessario avere conoscenza di ciò di cui ci si occupa che significa conoscere l'essenza di una cosa. Secondo il metodo fenomenologico l'operazione fondativa di un sapere che intende essere rigoroso consiste nel cogliere l'essenza della cosa oggetto di indagine, ossia individuare le qualità essenziali in cui quella cosa consiste. ESSENZA struttura intimamente propria di una cosa, la quale è costituita da quella serie di qualità essenziali che necessariamente la identificano. È il nucleo di proprietà senza le quali una realtà non sarebbe quella realtà. Sono qualità universali e necessarie di tutte e cose di quel tipo essenza universale: è basilare ai fini della costruzione di un discorso rigorosamente fondato L'essenza della cura è dunque ciò che permane dovunque la cura si realizza. Ci sono molti modi di attualizzazione della cura ma l'essenza è una sola ed è sempre presente in ogni azione di cura. Nella realtà concreta non incontriamo essenze generali pure, ma attualizzazioni particolari delle essenze. [ho esperienza della cura così come la ricevo o come la metto in atto nel mio essere qui e ora, non della cura nella sua essenza generale] Prendere in esame gli eventi singolari è dunque una necessità. Per avere un sapere rigoroso si deve fare un'analisi fenomenologica del concreto, cioè basarsi sul dato. È possibile parlare di essenza anche nel mondo contingente del divenire, infatti, ogni fenomeno manifesta qualità specifiche, che anche se non fanno parte dell'essenza generale concorrono a definire la sua essenza particolare essenza del concreto: è costituita dalle qualità concretamente essenziali che qualificano uno specifico evento di esperienza. La ricerca dell'essenza generale-formale va concepita in una relazione sostanziale con la ricerca delle essenze singolari-concrete, va pensata come un'intelaiatura che si riempie di elementi di concretezza in relazione alle singole determinazioni che danno forma all'accadere reale delle cose. quindi si hanno: • ESSENZA GENERALE-FORMALE è oggetto esperibile dal pensiero (caratterizza tutti quanti). È oggetto dell'indagine teoretica (assume come dati i prodotti del pensiero): individua le qualità essenziali indipendentemente dalle singole situazioni • ESSENZA REGIONALE zona dimedietà fra il piano generale e quello singolare. Una regione fenomenica comprende tutti quegli atti concreti di cura che condividono un'insieme di qualità. (caratterizza delle specifiche professioni o scelte di vita) • ESSENZA SINGOLARE-CONCRETA è incarnata in fenomeni che fanno parte del mondo reale (atti concreti). È oggetto dell'indagine empirica (sul campo): dedica attenzione alle situazioni in cui le persone mettono in atto azioni di cura L'indagine che aspira a costruire un sapere vero unisce la ricerca teoretica a quella empirica. L'essenza è sempre frutto di un pensare che lentamente costruisce l'idea a partire da un continuo riferimento all'esperienza. Quindi per cogliere l'essenza della cura si devono prendere in esame molte e differenti esperienza di cura. La mente però deve già possedere un'idea di cura sufficientemente stratta per catalogare certi fenomeni come atti di cura circolarità fra i diversi piani del pensiero Non esiste una netta separazione tra la scienza teoretica e quella empirica poiché non c'è l'intuizione pura dell'essenza e una conoscenza impura del dato di esperienza. Infatti noi siamo sempre nel mondo a contatto con le cose concrete. Non esiste un pensare sganciato dall'esperienza, esistono invece differenti tipi di pensiero: quello più esperienziale e quelli vi via più astratti. La ricerca generale non può essere pensata distinta dall'analisi del particolare, si risale alla definizione del concetto di essenza attraverso un'analisi dei casi particolari fino a trovare quelle qualità che tutti condividono. Un muoversi dialogico riscorsivo fra i differenti piani della vita della mente è il tratto specifico di un'interpretazione del metodo fenomenologico. È difficile parlare di qualcosa che da forma al nostro essere, è invece facile per le cose a noi esterne HANNAH ARENDT L'ESSENZA GENERALE-FORMALE DELLA CURA Definire l'essenza generale della cura è essenziale per trovare una base solida per la costruzione di una filosofia della cura. Una definizione generale di cura deve individuare le caratteristiche che valgono per ogni azione di cura e che quindi un fenomeno deve possedere interamente per essere definito come cura. Una filosofia della cura è qui intesa come una filosofia dell'esperienza. Per sviluppare un'analisi che colga l'essenza della cura è necessario mettere a punto un paradigma di punti investigativi che costituiscono la corniche epistemologica dell'indagine, l'architettura dell'indagine. QUALITà ESSENZIALE = la cura è parte dell'esperienza umana, quindi, si può definire la cura come una pratica: non è un mero sentimento, non è solo un'idea, ma è qualcosa che si fa nel mondo in relazione con gli altri. Se è vero che gli esseri umani "sono ciò che vanno facendo" e che un fare essenziale è la pratica di cura allora si può dire che il modo di fare cura rivela il modo di essere. SPAZIO DELL'ACCADERE DELLA CURA = l'aver cura generalmente ha luogo in una relazione fra una persona che- ha-cura e un'altra che-riceve-cura. Le relazioni possono essere informali oppure formalizzate.Generalmente, anche se non sempre, la relazione di cura è asimmetrica, cioè un polo della relazione si trova nella situazione di avere responsabilità per la situazione dell'altro. e l'altro nella condizione di secondità, poichè ha bisogno di ricevere cura. = problematicità etica Ci possono essere due tipi di cura: quello che prevede relazioni concrete cioè vissute in prima persona, e quello che prevede relazioni a distanza non direttamente vissute. Entrambe le relazioni si possono definire di cura ma sono differenziate. Inoltre si include nella pratica di cura anche il prendersi cura di animali, piante e cose che ci circondano le quali fanno parte del mondo. Una buona cura tiene l'essere immerso nel buono. C'è cura laddove l'agire è orientato dall'intenzione di produrre beneficio. L'aver cura è quindi pratica relazionale guidata dall'intenzione di prodcurare benessere per l'altro. RAPPORTO TRA CURA ED ETICA Una buona politica dell'esistenza assume come fondamentale la cura, e poichè la cura è mossa, nella sua essenza , dall'idea di bene, diventa essenziale prendere in esame l'idea di bene. Solo se ci teniamo nella luce irradiante della ricerca dell'idea di bene possiamo avere una conoscenza retta, perciò buona, delle cose. Il problema è che il bene è ciò che si eleva al di sopra dell'essere, ed è proprio in quanto tale che non può essere conosciuto, com-preso dalla mente umana. Ne consegue che l'analisi fenomenologica della cura, proprio perchè manca del chiarore rischiarante che verrebbe dall'idea di bene, è inevitabilmente lacunosa. Ragionare però sull'idea di bene, e in genere su tutte quelle questioni che sono della massima importanza per la vita, cioè quelle cose degne di valore, forse aiuta a conquistare una visione meno opacizzata da opinioni non medidtate nel profondo. Agendo si può procurare bene o male agli altri. Riflettre su cosa è bene è dunque necessario, ma non meno importante, per ridurre il tasso di errore, è capire dove sta il male. Il male va preso in esame, perchè non si trova una buona guida all'agire se non sapendo non solo cosa cercare ma anche cosa evitare. La pratica di cura declinata come cura di se è cercare ciò che è il proprio ben-esserci, aver cura per altri è facilitare l'altro nella ricerca del suo bene. Se agire per il bene è agire secondo virtù, allora l'aver cura, in quanto cerca ciò che è bene per la vita, è nella sua esenza un agire secodo virtù. Le virtù sono modi di essere che producono ben-essere. [metafora del sole: capire in cosa consiste il bene è come vedere il sole, ma noi non possiamo guardare il sole, ci è consentito di stare nella sua luce ma non di guardarlo direttamente. Camminare nella luce significa agire secondo virtù, stare nelle zone rischiarate dalbene significa stare la dove le virtù fioriscono.] Nessun'altra cosa come la passione per il bene è capace di far crescere quelle cose di valore che sono i modi di essere ispirati alle virtù. Senza la passione la vita non si trasformerebbe, non troverebbe la forza er andare in cerca di altre forme dell'essere: non solo altri modi di fare esperienza delle cose, ma anche altri spazi del pensare. Senza passione non c'è neppure la capacità di sopportare la fatica e in certi casi la sofferenza che implica il coltivare l'integrità del nostro essere. La passione per qualcosa è l'energia necessaria per iniziare processi di trasformazione, il problema è dare alla passione un buon orientamento, quello che si trova avendo come riferimento cose degne di valore per la vita. Il problema fondamentale per l'esistenza, e dunque per chi fa lavoro di cura, è trovare questo nutrimento per l'anima. Solo un avita rischiarata dalla passione per il bene è degna di essere vissuta. L'essere presi dalla passione per il bene, per l'altro e per se, è la condizione del'anima necessara per tenersi lontani dal compiere azioni che producono malessere all'altro. La passione per il bene ha la capacità di mettere in cerca dei modi buoni e giusti di agire. IL NOCCIOLO ETICO DELLA CURA AL CUORE DELLA CURA L'intenzione che orienta l'agire con cura è la ricerca di ciò che fa bene alla vita e questo significa dare un'orientamento etico all'esistenza. Poichè una rigorosa filosofia della cura sta alla ricerca dell'essenza, diventa qui necessario cercare l'essenza del cuore etico dellapratica di cura. Poichè la cura è una pratica e quindi un agire per definirla nella sua fenomenicità è necessario individuare i modi di essere in cui si attualizza: le posture dell'essere = costituiscono l'humus generativo che prepara l'azione di cura. Si può dire che il nocciolo etico dell'agire con cura si attualizza nelle posture dell'essere, le quali orientano i modi di essere (immediate evidenze fenomeniche dell'agire con cura, che chi-ha-cura manifesta concretamente e che l'altro percepisce nel vivo della relazione) con cui la persona esternalizza l'orientamento dell'esserci della cura. Le posture dell'essere sono 4: • sentirsi responsabile • condividere con l'altro l'essenziale • avere una considerazione reverenziale per l'altro • avere coraggio SENTIRSI RESPONSABILE PER L'ALTRO l'agire con cura per l'altro è mosso dal senso di responsabilità per l'altro. Il sentire la responsabilità non solo della propria qualità della vita, ma anche di quella dell'altro è una condizione necessaria per avere cura per l'altro. Responsabilità = dal altino respondere cioè rispondere ad una chiamata. essere responsabili significa rispondere attivamente al bisogno dell'altro con premura e sollecitudine, essere disponibili a fare quanto necessario e quanto possibile per il ben-essere dell'altro. Questa disponibilità non va solo agita ma anche dichiarata. Se presto un'attenzione realmente sensibile all'altro, il suo vissuto non può non toccarmi e toccandomi mi mette in questione, mi interpella e il suo interpellarmi mi intima di rispondere attivamente. Rispondere alla chiamata alla responsabilità significa agire nel modo dell'essere per altri. L'agire per alri è il modo in cui si costruisce l'agire etico. La responsabilità di chi-ha-cura si manifesta secondo gradualità diverse a seconda della condizione di bisognosità in cui si trova l'altro: • responsabilità diretta = chi-riceve-cura è completamente affidato a chi-ha-cura [neonato, disabile] • responsabilità indiretta = chi-ha-cura interpreta il proprio agire come un mettere l'altro nelle condizioni di potersi assumere la responsabilità di se La responsabilità deve essere sostenibile nel senso che si deve rispondere al bisogno dell'altro secondo la giusta misura, bisogna prendersi tempo e pensare ai propri pensieri perchè non c'è cura per l'altro se non c'è cura per se. La radice generativa dell'agire etico, che si esprime nella responsabilità per altri, deve essere rintracciata nella consapevolezza della fragilità e vulnerabilità dell'altro, nel sapere avvertire la sua debolezza ontologica. è l'idea dell'altro come qualcuno che necessità di cura a generare il senso di responsabilità. Sapere che tutti noi siamo deboli, sentire la propria debolezza e capire che l'altro è nella mia stessa debolezza, ci fa avvertire la tensione ad agire per l'altro, a fare per l'altro quello che vorremmo fosse fatto per noi. Ma ciò non è sufficiente, la disposizione alla responsabilità si genera quando nell'altro si coglie una condizione di bisognosità: vedere nell'altro un di più della debolezza che sentiamo in noi, vedere nel suo essere una bisognosità rispetto alla quale noi sentiamo di essere nelle condizioni di poter fare qualcosa. Non bisogna però pensare la responsabilitàsolo in relazione ad una situazioone di difficoltà dell'altro perchè la cura non è solo un riparare ferite ma anche un far fiorire le possibilità dell'essere. Ci deve essere inoltre un sapere sensibile che sente la qualità del vissuto dell'altro = un sentirsi toccati dall'altro Sentire laqualità del sentire dell'altro può prendere la forma: uno dei due poli della relazione che un'eccesso da un'altra parte c'è carenza. riconoscere i propri limiti e da li cercsare la giusta misura = non onnupotenza mariconoscimento della propria limitatezza. A fecondare la postura donativa è la passione per il bene, e insieme il non accettare il male, sentire l'ingiustizia della sofferenza come qualcosa che non può essere tollerato e che ci chiama in prima prsona. Il dono è qualcosa che qualcuno fa sentendosi chiamato a essere responsivo rispetto a una necessità ontologicamente essenziale che si avverte nell'altro = agire senza pretese Senza atti gratuiti la vita non troverebbe modi di fiorire nelle sue possibilità. La pratica di cura si manifesta in modi differenti ma ogni azione richiede tempo. Dedicare tempo significa donare ciò che nella vita è essenziale: il tempo dei nostri pensieri e il tempo dei nostri gesti. Donare inteso come dedicare all'altro pensieri ed emozioni, gesti e azioni, è l'essenza etica della cura. Tale è il valore del donare il proprio temo che neppure la più intensa azione di gratitudine può restituire il tempo del pensare e dell'agire dedicato ad altri. La nostra cultura chiede di essere efficienti, e l'efficienza si misura nel non perdere tempo: ma tenere il tempo per se non è un guadagno, ma un consumo entropico che non restituisce alcun guadagno di senso. Lìagire donativo della cura trova il suo senso in un piacere etico, cioè il piacere che viene dal fare ciò che è essenziale fare. Cè dunque nel fare qualcosa in modo gratuito per rispondere a una necessità vitale per l'altro una forma di piacere, un piacere etico non edonistico. Sapere di agire per rispondere al bisogno di qualcosa di ssenziale per l'altro è bastevole, perchè vedere che l'altro sta bene fa sentire bene. Sapere di dedicare tempo dove è in gioco ciò che è necessario per una buona qualità della vita basta a far trovare l'energia necessaria ad agire. Il donare è costutivo dell'azione di cura e accade come cosa del tutto normale.Chi dona non sente di fare qualcosa di eccezionale masemplicemente ciò che è necessario = straordinarietà ordinaria Ci sono momenti e situazioni della vita in cui l'atto donativo della cura è assolutamente necessario:all'inizio della vita ciascuno ha necessità del dono dell'aver cura. La cura come dono di attenzione, di gesti e di parole che avvalorano l'essere dell'altro è condizione neccessaria affichè l'altro trovi l'energia necessaria per coltivare la passione ad aver cura di se. Fare esperienza di una buona cura all'inizio del proprio tempo è cosa vitale. Quando ciò è mancante si avverte una mancanza che permane nel tempo e che spinge l'anima in una continua ricerca della cura originaria non ricevuta. Ma il vuoto dellacura originaria non può essere colmato: perchè non si trasformi in patologia si devono incontrare altre esperienze di cura che aiutino a riconciliarsi con questa mancanza.