Scarica Gang giovanili. Perché nascono, chi ne fa parte, come intervenire, Franco Prina e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Gang giovanili, Franco Prina Introduzione. Di cosa parliamo quando usiamo la parola gang? Sfuggire alle generalizzazioni Cosa si intende per gang o banda? Pervenire una definizione condivisa è un obiettivo mai pienamente raggiunto, si tratta non solo di parole contenitori, che fanno sintesi eccessiva di cose molto diverse tra di loro, ma di parole volutamente utilizzate per indurre reazioni, giudizi, atteggiamenti nei confronti delle tante diverse espressioni delle aggregazioni giovanili, in genere impressioni di paura che portano a vedere con favore repressione. Un ruolo rilevante è ricoperto dai media che trattano il fenomeno e lo rappresentano, rappresentazioni che contribuiscono alla costruzione dell’oggetto e all’utilizzo improprio di parole ed espressioni, più nota è baby gang. Se da un lato gang rimanda a un’organizzazione strutturata che genera pericolo, l’accostamento del termine baby attira l’ascoltatore dal momento che i protagonisti sono bambini, desta scandalo. Costante è la tendenza alla generalizzazione: tutto è banda, qualunque forma di violenza in cui sono coinvolti due o più adolescenti o giovani, ciò induce a considerare il fenomeno allarmante, oggi gang sono tra i fenomeni che si prestano alla costruzione di quello che è stato descritto come l’effetto moral panic, attribuzione delle responsabilità di un esteso sentimento di paura e allarme presso la popolazione. Cosa che giustifica l’urgenza di risposte affidate a strumenti di penalità. Altro tratto costante è nelle assenze della quotidianità, in tutte le differenze, delle vite dei protagonisti e di chi li circonda, messa in relazione del fenomeno con dinamiche sociali diffuse. Un’estraneità rispetto alle persone che vivono nei contesti da cui quegli stessi protagonisti provengono, questo ha merito di non far ignorare ricchezza delle differenze presenti nei territori di devianza giovanile e criminalità, ovvero maggioranza di persone che con quei fenomeni non ha nulla a che fare. Sfuggire alle semplificazioni Si oscilla tra il considerare il fenomeno estremamente diffuso e all’opposto negarne l’esistenza, evitare i due estremi implica rifuggire dalle semplificazioni, cioè impegnarsi a descrivere e comprendere le tante forme che assumono le aggregazioni con la consapevolezza che le parole costruiscono la realtà, il modo in cui si definisce un fenomeno orienta le reazioni sociali e istituzionali allo stesso, usare concetti imprecisi, perseguire soluzioni semplicistiche, il più delle volte inefficaci se non controproducenti. Enfasi posta sulle parole gang o banda possono avere effetti boomerang, orientano chi è definito in un certo modo nell’adesione a quell’immagine. In questo libro Nel libro useremo le parole gang o bande. Gang sarà riferita alle organizzazioni, soprattutto americane che presentano strutture e attività di grande rilievo. Per le situazioni che toccano il nostro paese useremo banda giovanile, street gang, definisce tante aggregazioni spontanee di ragazzi. Parleremo a volte anche di gruppi giovanili di strada, riconoscere in essi valenze diverse da quelle riconducibili alla sfera della devianza pur se presente. Baby gang sarà utilizzata solo in riferimento a bande di giovani definite nei resoconti giornalistici. Non tutti i minorenni e i giovani adulti che compiono reati insieme ad altri costituiscono una banda, non possiamo parlare di banda ogni volta che si è in presenza di comportamenti aggressivi da parte di due o più individui, si tratta di aggregazioni contingenti, occasionali, agiscono in modalità banda senza esserlo. Queste situazioni trovano nei diversi ordinamenti giuridici diverso trattamento. Circoscriviamo lo sguardo ai gruppi che presentano una certa costante frequentazione e un grado anche minimo di struttura, con attenzione a distinguere gruppi di coetanei, di strada, che presentano solo esteriormente i tratti di una street gang e gruppi variamenti implicati in comportamenti violenti. Nella situazione italiana alla prima categoria 1 appartengono i gruppi che si propongono allo sguardo altrui con caratteristiche esteriori che li rendono assimilabili a qualche gang. Gruppi di strada che occupano uno spazio come luogo in cui trascorrere del tempo, hanno una propria identità culturale, si estraniano alle norme sociali o a quelle che proibiscono consumi di alcool e droghe. Le caratterizzanti di una banda giovanile: Relazioni dirette quotidiane tra i membri Persistenza della frequentazione Legami reciproci su sentimenti di amicizia e lealtà Strutturazione di ruoli, condivisione di criteri per accettazione e allontanamento Riconoscimento di se come appartenenti a quel gruppo, a idee, valori, visioni, gusti Esibizione di alcuni simboli Definizione di luoghi di incontro ritenuti proprietà Consumo di sostanze Partecipazione corale alla difesa del gruppo e dei suoi membri quando attaccati fisicamente o provocati sul piano dell’identità Per alcuni di questi gruppi che possiamo identificare nelle bande di giovani devianti si aggiungono le caratteristiche: Predazione di beni utili, scippi, rapine, furti Azioni per l’affermazione di un dominio sul territorio o per la regolazione dei conflitti sia interni al gruppo sia con nemico Manifestazione sentimenti di malignità in comportamenti ma anche con parole ed espressioni Distruttività di cose e simboli Esibizione di forza per la coltivazione dell’immagine di sé, per mantenere il potere su un territorio Gestione di attività e servizi illegali per conto di organizzazioni di criminalità organizzata, sottostando a regole da esse imposte Progressiva strutturazione con l’età e l’esperienza può far crescere alcuni di questi gruppi fino a garantire loro il pieno dominio dei mercati e attività illegali in un territorio. La fascia di età a cui ci riferiamo sono i minorenni, con attenzione sia a quelli imputabili (14-18) sia a quelli di età inferiore non imputabili, data la fattura non netta dei passaggi tra le soglie fissate normativamente e la compresenza nei gruppi di strada e nelle bande giovanili devianti di individui di età diverse, considereremo la fascia di età definita dei giovani adulti, con un limite di età non precisato ma può esserci di aiuto la disposizione del 2014 che ha innalzato la possibilità di permanenza negli istituti penali minorili fino ai 25 anni. Accostare ai minorenni giovani fino a quell’età non esclude che vi siano tra di essi persone pienamente e compiutamente adulte, autonome e in posizioni di leadership. 1. Le cronache italiane raccontano Napoli: le paranze del consumismo e della violenza Luogo in Italia evocato quando si parla di bande giovanili è Napoli. Appropriazione di oggetti e denaro, umiliazione vittime, violenza, esibizione di simboli, ricerca dominio, attività illegali, questi gruppi sono un esempio molto significativo, con le peculiarità del contesto napoletano, delle condizioni di vita, della cultura diffusa in cui giovani crescono. Contesto in cui attività illegali sono appannaggio della criminalità organizzata (camorra), rapporto tra giovani che vogliono compiere atti criminali e strutture di governo del territorio, meritano una riflessione. Per molto tempo nascita street gangs dotate di autonomia non era possibile in un territorio in cui dominava la camorra, è ancora vero, tuttavia ci sono segnali di cambiamento, l’attenuazione del potere dei clan per i sanguinosi conflitti e per i parziali successi delle forze dell’ordine e della magistratura, dall’altro c’è stato un venir meno nelle giovani generazioni un rispetto verso gli adulti. Bisogna distinguere i ragazzi appartenenti o vicini a famiglie camorristiche, educati ai valori dagli altri gruppi di adolescenti, figli della deprivazione economica e culturale di tante zone della città. 2 avrebbero con le maras originali dell’America Latina, anche se tali legami spesso sono desunti solamente dai simboli esibiti, non si può negare che quelle realtà abbiano interesse a individuare nelle comunità bacini di reclutamento per l’espansione dei traffici, ragazzi in difficoltà di integrazione, affascinati dai simboli identitari e dalla possibilità di guadagno. Il paradosso è l’enfasi giornalistica che ne accresce fama nelle comunità dei giovani latinos. Importanza di distinguere i pochi che aderiscono in pieno e i tanti che si omologano solo esteriormente, cosa non facile nel clima di intolleranza verso gli stranieri. La provincia italiana: i gruppi della noia e del vuoto I fenomeni delle piccole bande non riguarda solamente le grandi città, ma anche nelle piccole città e provincie, per compiere reati o violenze nei confronti degli altri. Spesso sono figli di famiglie con problemi sociali ed economici ma compaiono anche figli di famiglie di classe media. Gioco del lancio dei sassi dal cavalcavia presentano solo alcuni dei tratti propri delle bande, numerosità minima, senza un autoriconoscimento, usano mezzo di espressione di vitalità e rabbia giovanile come mezzo per uscire dalle condizioni di invisibilità, dar voce al loro essere anonimi. È interessante il ruolo che la rappresentazione enfatica di questi comportamenti ha nel loro riprodursi, anche i media si interrogano se è opportuno darne notizia. Più recenti sono i gruppi che non si trattengono nell’esibire ideologia dell’odio per il diverso, i giovani sembrano assorbire senza remora intolleranza, razzismo, xenofobia, soprattutto nei contesti di provincia dove ci sono minori opportunità di conoscenza diretta e contaminazione positiva. In molti casi piccoli gruppi senza struttura, non mancano gruppi che sono diramazioni locali di formazioni più strutturate, assimilabili alle gang ideologiche. Più vaghi sono i riferimenti ideologici dei gruppi che si dedicano a violenze di persone deboli, come ragazze e donne vittime di stupri. Abusi sono un’attività che riempie, insieme all’alcool e alle droghe, il vuoto, la noia, le violenze si esprimono laddove la cultura dell’omertà può contare sull’accoglienza di attenuanti asserendo la corresponsabilità delle vittime che vivono nel timore delle conseguenze di denuncia. Possono esserci vittime indifese come gli anziani. Gruppi alla ricerca di modi per riempire i tanti vuoti che il contesto relazionale e sociale non riesce a colmare se non con le proposte del consumismo o con la cultura del pregiudizio e della prevaricazione. Vuoto di strumenti culturali per dare senso all’esistenza. Violenza come forma di puro divertimento sadico, sostegno e incoraggiamento reciproci hanno ruolo fondamentale. Colpisce il diffondersi nella società italiana il venir meno della presa sulle persone delle culture e dei relativi valori che l’hanno a lungo permeata (cattolica, comunista, liberale, laica) al loro posto esaltano egoismo, insofferenza alle norme, indifferenza, disprezzo, odio per il diverso che uniti al vuoto lasciato dalle istituzioni che tradizionalmente curvano la socializzazione e occupavano il tempo libero dei ragazzi. 2. Conoscere e spiegare Non solo oggi, non solo in Italia Storia di forme analoghe di aggregazioni giovanili è molto risaliente nel tempo. Dal 500 gruppi di giovani generazioni o bambini si aggregano per compiere atti illegali, accompagnati frequentemente da violenza, nelle città principalmente ma anche nelle campagne. Nell’800 fenomeno preoccupa attenzione pubblica, classe borghese si sente presa di mira, responsabile delle condizioni di poveri se non miserabili, condizioni che generano sentimenti di ribellione, predazione benestanti, scontri contro che deve assicurare ordine, ma violenza è anche per regolazione di conflitti tra appartenenti a stesse classi sociali subalterne. Territorio diventa una sorta di proprietà da conquistare e difendere. Cronache sono piene delle gesta delle bande dei quartieri popolari, interesse provoca il boom di storie sempre più truci e in gran parte romanzate. In alcuni romanzi troviamo i germi di quelle denunce delle condizioni sociali e materiali in cui i fenomeni maturano. Impegno grandi inchieste sociali porta alla luce aspetti più oscuri e nascosti delle città, individui non possono che delinquere, prostituirsi, drogarsi. Negli stati uniti nell’800, fenomeno delle gang assume contorni più definiti, l’espansione delle città, processi migratori da tutto il mondo è il contesto in cui molti giovani si uniscono in bande, per ribellarsi al basso status sociale e pregiudizio verso immigrati, es. The Forty Thieves, gang irlandese-americana New York 1820, prima gang 5 riconosciuta negli Stati Uniti, molte altre band appaiono in diverse parti del paese, irlandesi, ebraiche, italiane, afroamericane, cinesi. Nel ‘900 all’enorme sviluppo delle gang contribuisce la Grande Depressione, sociologi cominciano ad occuparsi del fenomeno e la questione diventa oggetto di studi. Gang associate alle aree naturali in cui è divisa la città, zone di transazione per chi approda in cerca di sistemazione, proliferare degli slumus (baracche), comparsa dei quartieri connotati etnicamente. Con seconda guerra mondiale nuovi tipi di bande (motociclisti, prigioni), gli studi pongono associazione con la nozione di ghetto, correlazione con diverse identità nazionali, forme di azione che conciliano dominio sul territorio e interessi economici. Anni 60 nei ghetti afroamericani compare componente di ribellione ai valori del sistema dominante e discriminazione razziale, nasce in ambienti intellettuali, si diffonde nelle aree della marginalità e teorizza come le azioni dei proletari esclusi e ghettizzati possano in sé avere valenza politica quando attaccano i beni della borghesia e si scontrano con istituzioni. Stagione seguente è stagione di riflusso di quelle valenze per ripresa ricerca di arricchimento, perdono carattere politico ed espandono propria presenza. Rilevanza intreccio tra gang e questione razziale caratterizza tuttora realtà statunitense verso afroamericani e ispanici. Gang latinoamericana è in cima alle preoccupazioni pubbliche, assimilabili alle grandi organizzazioni criminali, enorme volume di affari che gestiscono è garantito dal possesso di arsenali di armi e uso violenza, ma anche dalla corruzione dei rappresentanti di istituzioni e dall’influenza sulle rappresentanze politiche. Caratteristiche pandillas composte dai più giovani hanno una doppia natura, da un lato gruppi identitari di strada, aggregano intorno alla rivendicazioni di valori e cultura dei contesti da cui provengono, dall’altro bande di strada dedite a reati predatori, scontri, violenze, spaccio. Entrambe le facce hanno attrattività sui giovani marginali e in cerca di identità. In Europa nel 900, in particolare anni 60, compaiono gruppi di giovani che manifestano bisogno di aggregazione e che esprimono contrapposizione ai valori e ai gruppi dominanti, presenti nel Regno Unito, Francia, Germania. Ci troviamo elementi in misura diversi che persistono ancora oggi, distinzione affidata a simboli esteriori, provocazione persone per bene, eccessi nei consumi, esaltazione della virilità, scontri tra bande. Vicende che negli ultimi tre decenni hanno avuto come scenario la Francia, fenomeno delle bande nei quartieri popolari delle periferie delle grandi città, protagonisti immigrati che sperimentano doppia segregazione, essere poveri e stranieri, l’esito è che si sentono esclusi dalle possibilità di realizzazione. La banda elemento che assicura l’identità, la devianza strumentale si concilia con la dimensione della protesta, sommosse che connotano il panorama delle banlieues parigine o di altre città, in cui l’unica risposta possibile sembra la repressione. Alla ricerca di una definizione Gang ormai da un secolo sono oggetto di molti studi, dall’insieme di questi un punto pare mettere d’accordo tutti, sono una realtà più articolata della sua rappresentazione mediatica, è testimonianza la pluralità di parole usate per indicare queste aggregazioni, parole in parte sovrapponibili, in parte distinte ma che sono il portato sia di realtà oggettivamente differenti nel tempo e nello spazio, sia di come si è guardato e si guarda al fenomeno. Due ordini di distinzioni, la prima geografica, tra le definizioni elaborate negli stati uniti e in altre aree del continente americano e quelle proposte in Europa dall’altro. La seconda tra le definizioni che assumono una prospettiva istituzionale e criminalizzante e quelle che hanno prospettiva critica più aperta, con maggiore accoglienza della complessità. Dagli stati uniti all’Europa. Prime definizioni sociologiche di gang sono elaborate negli stati uniti e risalgono alla Scuola di Chicago. ‘’gruppo interstiziale formatosi spontaneamente e integratosi attraverso il conflitto, caratterizzato da rapporti faccia a faccia, colpi e scontri fisici, gruppo compatto, conflitto e pianificazione, risultato è sviluppo di una tradizione, struttura interna non dettata da riflessione, spirito di corpo, solidarietà, morale, consapevolezza di gruppo, attaccamento a un territorio.’’ Definizione ampia che indica organizzazioni di tipo diverso. Secondo dopoguerra, USA definizione di gang non è più a prescindere dal riferimento ala delinquenza e alla violenza, ignorare l’attività deviante rende difficile distinguere bande da altri gruppi. Malcom Klein indica tre elementi costitutivi: 6 ‘’percepiti come aggregazione problematica da altri nella loro comunità, riconoscono come gruppo distinto da altri, coinvolti in un numero di atti criminali tali da suscitare una forte reazione negativa da parte dei residenti della zone e delle forze dell’ordine’’ In questa definizione si introduce elemento dell’autoriconoscimento degli individui che vi appartengono e delle reazioni che suscitano. Walter Miller parla della struttura e dell’organizzazione del gruppo ‘’associazione autoformata di parti, con interessi comuni, leadership identificabile, struttura di autorità ben definita e caratteristiche organizzative che agiscono in concerto per raggiungere scopi’’ Anni successivi, USA, termine gang usato per le forme di organizzazioni, spesso connotate sul piano etnico , strutturate in forma gerarchica, violente, armate, con affari illegali, nelle grandi città. Assimilabili a forme che assumono i gruppi di criminalità organizzata, con forte presenze nelle carceri e con dimensione transnazionale (gang dei latinos). Distinzione tra gruppi di criminalità organizzata e bande, nella tradizione americana si affacciano a specificazione di youth gang r street gang, nel primo caso attenzione è posta sull’età, carattere di aggregazione di coetanei, nella seconda elemento centrale è legame con la strada, spazio quotidiano di vita, luogo identitario, ciò che sono oggi le pandillas, gruppi che nei barrios di tante città del centro America aggregano ragazzi che si riproducono nella diaspora di tanti di loro in Nord America o in Europa. Studiosi canadesi definizione di street gang ‘’gruppo che privilegia forza dell’intimidazione del gruppo, violenza per compiere atti criminali per ottenere potere e riconoscimento e controllare affari redditizi’’ In Europa c’è stato sforzo di adeguamento alla diversa realtà delle definizioni. Nel Regno Unito resta la parola gang, nelle altre lingue si usano gli equivalenti di banda, non si tratta solo di difesa dell’anglicismo ma di una percezione che il fenomeno e la parola gang rimanda, in Europa non esiste, non ha le caratteristiche che ad essa si associano. Non mancano denominazioni più generiche come bande giovanili, bande urbane, gruppi di strada che riflettono il carattere più fluido, meno strutturato nell’agire deviante, nella gestione di affari illegali, nell’esercizio della violenza. Approcci diversi. La seconda distinzione riguarda l’approccio culturale con cui osservatori si rapportano al fenomeno, ruolo non marginale hanno i pregiudizi le impostazioni teoriche, gli interessi di chi si occupa del tema, coglie nel segno chi sostiene che le definizioni dicono cose su chi le formula, rivelano preletture e gli interessi che coltiva. Relativamente al nostro campo è sguardo dall’esterno e uno sguardo dall’interno, primo legato a esigenze di ordine e repressione dei gruppi non conformisti, tende ad evidenziare ciò che le gang e bande fanno, come si rapportano, quali problemi provocano, il secondo si concentra su ciò che le gang e le bande sono, ciò che rappresentano pere chi ne fa parte e per i contesti in cui sono presenti. Il primo approccio assume come principale elemento costitutivo la devianza dalle norme e dalle leggi penali e i problemi sociali che suscitano, adottano sguardo patologizzante a cui consegue soppressione dell’agente patogeno, affidata alle politiche penali e solo marginalmente alle politiche sociali, definizioni formulate in ambienti di polizia, che risentono del modo di guardare la realtà proprio della cultura di quella istituzione, con le relative categorie valutative, gli stereotipi e i pregiudizi che la animano. È molto precisa la definizione di gang utilizzata dal dipartimento di giustizia e dal dipartimento per la sicurezza interna degli stati uniti ‘’associazione i cui membri si identificano collettivamente adottando un’identità di gruppo che usano per creare un’atmosfera di paura, intimidazione, e impiegando mezzi come nome comune, slogan, segni, simboli, tatuaggi, stile, acconciatura. Scopo è impegnarsi in attività criminali che utilizzano violenza e intimidazione per promuovere propri obiettivi criminali, o atti di delinquenza minorile che se commessi da un adulto sarebbero reati. Associazione ha le seguenti caratteristiche: regole per aderire, riunirsi su base ricorrente, fornire protezione fisica, controllo su un ambito geografico o difendere propri interessi percepiti dai rivali, avere struttura identificabile.’’ Sottolinea che gang debbono essere distinte da altri tipi di gang (motociclisti, carcerarie, gruppi di odio, gruppi criminalità di adulti, terroristi) lamentando che non sempre sono trattate separatamente sia nella pratica che nella ricerca. In Europa esempio di questo approccio è UK amministrazione degli affari interni ‘’gruppo che ha identità distinta e coinvolto in comportamenti criminali o antisociali come parte di tale identità, usa armi da fuoco o la minaccia di armi da fuoco quando compie reati’’ 7 Non mancano tentativi delle autorità di polizia, di costruire banche dati, censire gang o bande presenti, scelta di definizioni entro cui ricondurre le realtà, calcolare il numero delle aggregazioni che corrispondono alla definizione data. Esempio il Canada che ha sviluppato un framework per raccolta dati secondo quattro criteri: - Coinvolgimento criminale, tipo di crimine - Natura della banda, attributi della banda, dei membri, collegamenti di reti - Ambito geografico - Visibilità, manifestazioni della presenza di una banda, proteste cittadini, presenza virtuale La correttezza e precisione dei dati ricavabili è posta in dubbio da studiosi indipendenti, chi parla addirittura di numeri a caso. Di grande interesse è il ricorso a quelle che sono definite indagini di autoconfessione o della delinquenza autorivelata, indagini condotte attraverso questionari anonimi autosomministrati, rivolte a campione casuale e rappresentativo della popolazione, individui hanno garanzia dell’anonimato e confessano messa in atto di comportamenti illeciti come rati, all’intervistato si possono anche porre domande circa l’appartenenza a un gruppo o gang. La difficoltà nel ricavarne dati certi risiede nella comprensibile diffidenza a rispondere sinceramente e disponibilità a partecipare a indagine di questo tipo da persone appartenenti ad aree deprivate. Indagini autoconfessione sono state condotte su fenomeni circoscritti (bullismo, droghe) su popolazioni definite e facilmente raggiungibili (studenti). Indagine più estesa internazionale è International Self-Report Delinquency Study, studio sulla delinquenza e vittimizzazione tra i giovani, utilizza strumenti standardizzati e procedure di raccolta dati con questionari anonimi. I ricercatori hanno estrapolato dati su chi si può considerare componente di una banda avendo risposto affermativamente a sei domande: avere gruppo di amici, passare tempo in strada, accettare che il gruppo si ponga in attività illegali, considerare gruppo come banda o gang, gruppo da più di tre mesi. Percentuale di potenziali appartenenti a bande pari al 5,7 dei giovani anche se difficoltà a controllare la verdicità. A fianco di questi tentativi molte ricerche producono descrizioni puntuali di carattere qualitativo, usando metodi della ricerca empirica: interviste, focus group, raccolta di resoconti e altre forme di espressione dei protagonisti. Interessanti sono ricerche condotte da studiosi che si sono integrati nelle bande, indagini di tipo ‘’etnografico’’ basate sull’osservazione partecipante, possibili dalla conquista della fiducia degli individui osservati, facile per ricercatori nati negli stessi quartieri e che magari non hanno rotto i legami con chi ha intrapreso quelle strade. Interessanti i tentativi di mappatura delle presenze sui territori con tecniche di osservazione delle dinamiche di incontro, stazionamento, movimento di persone, fatte perlopiù da operatori sociali nei luoghi naturali. La conoscenza delle caratteristiche e dei cambiamenti è una premessa indispensabile. La complessità delle spiegazioni e delle interpretazioni La difficoltà della ricerca sul fenomeno è perché senza una buona descrizione quantitativa e qualitativa, l’obiettivo di individuare le cause appare problematico. Anche le spiegazioni sull’esistenza delle gang hanno visto succedersi numerosi paradigmi esplicativi, sinteticamente: dalle teorie che hanno ricondotto le cause alle scelte razionali degli individui o alla loro diversità biologica e alle propensioni innate, a quelle che hanno attribuito le responsabilità della devianza a differenti fattori sociali e ambientali. Spiegazioni spesso contrapposte tra chi considera l’uomo come unico responsabile delle sue scelte e dei suoi comportamenti e chi sostiene che è la società a determinarne senza scampo il destino. Bisogna distinguere i diversi piani in cui si possono trovare i fattori utili alla spiegazione dei comportamenti: il piano macro (fondo delle condizioni strutturali e culturali che connotano l’insieme della nostra società), quello meso (condizioni che in maniera più specifica caratterizzano i diversi contesti socioculturali), quello micro (riferibile alle modalità spesso legate alle singole personalità, in cui individui sperimentano e vivono quelle condizioni nel quadro delle relazioni prossime per loro più significative). Il piano macro. Porsi su questo piano significa ricondurre la formazione, l’agire delle bande negli scenari strutturali e culturali che connotano ogni specifico tempo. Sono utili riflessioni negli anni recenti a proposito dei tratti che connotano le società definite come post moderne. Trasformazione che ha privato solidi riferimenti e prospettive certe grandi fasce delle popolazioni, tante assenze e incertezze. Altre considerazioni sono sugli orientamenti culturali che si sono imposti, che propongono un individuo considerato ideale nelle società di oggi, individuo libero, flessibile, egoista, artefice del proprio destino, responsabile del successo e del fallimento. Progressivo venir meno di identificazione forte con qualunque istituzione, riconosciuta solo se risponde con immediatezza alle esigenze sentite volta in volta, legami deboli ed effimeri. Vivere al meglio il presente, immediato senza una prospettiva strategica, 10 problema di come assolvere all’unico imperativo e vincolo per tutti proposto dal sistema culturale ed economico dominante, essere consumatori insaziabili, essere alla moda, apparire di meritevole ammirazione, godersi la vita al meglio, rincorsa del nuovo. In questo orizzonte sono invischiati tutti, ma in particolare coloro che hanno meno strumenti culturali, quelli che sperimentano i limiti alla realizzazione di quei desideri dovuti alle condizioni economiche. Comportamenti come crisi della legalità, in cui le leggi sono percepite come ostacoli alla libertà o al raggiungimento di obiettivi di possesso e che paiono non comprimibili, leggi e norme aggirate anche per affermarsi sugli altri, dominare. Tra i tratti culturali diffusi e legittimati uno ha attinenza con il nostro oggetto di interesse: violenza come mezzo di affermazione e soluzione dei conflitti, se si guarda a fondo è riflesso di una più estesa violenza strutturale (guerre e quella che impone con la forza o il ricatto condizioni materiali di sfruttamento o di deprivazione per grandi masse di persone) e della violenza culturale dei modelli dominanti di consumo e di stili di vita, imposti senza possibilità di alternativa pensa l’esclusione sociale. Gran parte dei comportamenti di gang possono essere interpretati alla luce di queste condizioni strutturali e dei modelli diffusi nel contesto della società globalizzate, una banda non può essere considerata un corpo estraneo rispetto a dinamiche sociali più estese. Il piano meso. Guarda alle differenze delle condizioni e di conseguenza dei vissuti che caratterizzano le adolescenze e giovinezze, differenti posizioni nell’accesso alle opportunità di istruzione, formazione, occupazione determina il tipo e l’entità del capitale sociale a disposizione dei singoli e gli ostacoli. Struttura forme articolate di costruzioni sociali della realtà che alimentano le spiegazioni di senso comune, i giudizi sugli altri, la percezione delle opportunità a volte facendoli considerare insormontabili. È su questo piano che si incontrano le condizioni specifiche che vivono i ragazzi dei ghetti urbani, delle periferie. Hanno attinenza con questo piano le analisi sui fattori che alimentano le aggregazioni definite bande quando insistono sull’accentuata marginalità e conseguente carenza di opportunità di integrazione nel contesto sociale e lavorativo, marginalità che vede sommarsi povertà economiche e culturali insieme ad assenza di opportunità di occupazione, a cui si pone rimedio con le svariate forme di economia informale o mercati illegali. Altrove la marginalità sociale si somma a quella razziale, i giovani stranieri sono alle prese con l’incerta definizione della propria identità in un contesto nel quale percepiscono ostilità e discriminazione, vivono la disaffiliazione sociale, non essere riconosciuti come figli e dunque sentirsi rifiutati dalla società in cui si è inseriti, ciò alimenta bisogno di affiliazione ad altro. Il piano micro. Forme di devianza e adesione ad aggregazioni come le bande sono riflesso di problemi che si manifestano sul piano relazionale prossimo, mostrano fragilità di chi sta intorno agli adolescenti, molti segnali di difficoltà nella comunicazione interpersonale tra adulti e ragazzi, non hanno strumenti per confrontarsi, per reggere dialettica con i figli perché loro stessi immaturi e fragili, incerti su regole e divieti. Tensione tra adulti e adolescenti in famiglia nei contesti più depravati assume contorni di rotture traumatiche, allontanamento, fughe, rinuncia rassegnata da parte degli adulti a influenzare pensieri e scelte dei figli. Scuola, associazioni, parrocchie, organizzazioni restano soli riferimenti positivi per contrastare devianza, se però pensiamo alla scuola, insegnanti sono lasciati soli a combattere battaglia di portata enorme, con fallimento inevitabile. Allontanamento e abbandono testimoniano inadeguatezza nella trasmissione delle basi culturali ma anche nei processi di socializzazione e maturazione di orizzonti di senso. Fallimento scolastico alimenta sfiducia dei genitori nei ragazzi che diventano ancor meno motivati, da qui la ricerca di altri spazi e modi per assicurarsi le gratificazioni e acquisire reputazione agli occhi del mondo. L’assoluta centralità nella determinazione della propria identità e del proprio esistere è esperienza diffusa, il gruppo dei simili condivide le stesse difficoltà, unico universo frequentabile, luogo in cui ci si sente accolti, gruppo da cui però si dipende e che impone omologazione totale pena espulsione e solitudine, vale ancor di più quando i legami connotano una banda. 3. Chi sono, perché lo fanno, cosa pensano Fenomeno in crescita e protagonisti sempre più giovani? Le bande sono in crescita? L’età dei protagonisti è sempre più bassa? In Italia non esistono dati ricavati da qualche forma di registrazione, di un oggetto banda non se ne trova una definizione in nessuna legge, non disponiamo di dati ufficiali sul fenomeno. Dati prossimi sono atti di violazione delle leggi che vedono la compresenza di più persone, 11 sono dati prossimi perché c’è il limite di tutte le statistiche sulla delittuosità e della criminalità, numero oscuro dei reati che non si conoscono. Istat afferma che solo il 37,5% dei reati è registrato, si affianca percentuale di quelli non ascrivibili a nessuno 62% (per i furti fino al 90%). Più prossimi ancora sono dati sulle denunce per associazione per delinquere, reato a se stante art. 416 del codice penale, e le condanne per associazione per delinquere delle bande giovanili sono pochissime, quasi nulle per minorenni. Al di là dei dati ufficiali, non si esclude che censimenti informali su gruppi considerati bande siano effettuati da polizia e carabinieri su un determinato territorio, ma non risultano studi che li riprendano e sistematizzino. Quantificare è impossibile, ciò rende insidioso ogni ragionamento, ci si deve affidare ai dati quantitativi che offrono indizi indiretti su alcune tendenze di carattere generale. Tra questi sulla rilevanza, andamento della delinquenza minorile, posto che non siamo interessati solo ai minorenni e che non è possibile sapere quanti reati di minorenni vi sia nel numero oscuro. Un po’ di numeri Il numero dei minorenni denunciati è tendenzialmente stabile, inizio anni 90 denunce massimo 46K, 95 tendenza in diminuzione. Anche minorenni denunciati e arrestati stabile 32K nel 2013, 35.500 nel 2015, 32.500 nel 2017, non mostrano aggravamento della delinquenza minorile. Considerando che non vi sono state significative modificazioni della numerosità della popolazione nell’età 10-19 (anzi da 5.660.000 del 2002 ai 5.740.000 de 2017). Lo stesso ragionamento sulla fascia d’età dei giovani adulti (18-24), dai 150K del 2008 ai 136K del 2017, picco 153K del 2013. Interesse è provare a trarre indicazioni su due aspetti, abbassamento età degli autori di reati e la loro più accentuata femminilizzazione. Liquidiamo il secondo aspetto non essendovi alcun indicatore che sostenga la tendenza netta circa la crescita della numerosità delle ragazze che commettono reati, femmine dai 14-17 dal 2008 a 2015, da 4K a 5.800, per scendere a 4.900 del 2017. Quelle di età superiore (18-24) va da picco di 27K nel 2013 per 20K nel 2017. Unico dato in crescita sono infraquattordicenni da 347 nel 2010 a 888 nel 2015, scendono 700 nel 2017, ma bisogna calcolare il peso delle ragazze di gruppi rom, tra il 50% e il 70%. Complesso ragionare sulla questione dell’abbassamento dell’età, ripartizione per fasce vede un aumento del numero di infraquattordicenni denunciati dai 1.400 ai 2K tra 2008 e 2014, 3K nel 2015, 3.100 nel 2016, componente femminile oscilla tra 25% e 34%. Va dato peso che negli ultimi due anni la categoria di reati registrati aumentata il modo abnorme e quella di altri delitti. Se da un lato dati sembrano testimoniare precocità nella commissione di reati non si deve sottovalutare maggiore propensione alla denuncia, infraquattordicenni prima raramente erano denunciati. Oggi con l’effetto dell’allarme al bullismo e percezione che intervento della polizia sia auspicabile si denuncia di più, ci sono inoltre orientamenti culturali che vedono questa risposta come utile e altri che ritengono giusto per le vittime e chi commette la crescita di consapevolezza sul proprio agire. I fenomeni di delinquenza colpiscono forse perché oggi toccano le fasce sociali tradizionalmente più integrate e conformiste, borghesia, ceto medio, classe operaia. Il quadro delle tendenze relativo ai reati per cui i minorenni sono stati denunciati ha variazioni minime, a parte aumento dei furti, lesioni e droghe, tutti gli altri in calo. Rapine in pubblica via tra le 1.000 e le 1.200 all’anno. Altro dato sono minorenni e giovani autori di reato che ogni anno entrano negli istituti penali minorili, diminuzione nell’arco degli ultimi 30 anni, 1991 erano 1.954, nel 1993 erano 2.134, fino a 994 nel 2014 e con stabilizzarsi dei 1.100 negli ultimi anni. Percentuale stranieri dal 37% anni 90, a 61% nel 2004, 40-50% nel 2018, percentuale ragazze tra 10% e 12%. Utile il dato sul co-offending, concorso di due o più soggetti nella commissione dello stesso reato, hanno quota significativa ma non maggioritaria, 2015 erano 22%, con qualche differenza per i vari reati, 42% violazione domicilio, 29% rapine, 28% furti, 26% estorsioni, 24% norme in materia armi, 23% violenze sessuali. Le percentuali di co- offenders sono più alte in realtà, qui non compaiono minorenni che compiono reati con maggiorenni. Non va scambiato con dato sulle bande. Su 30.000 segnalazioni a minorenni l’associazione compare in misura minima, 130 nel 2008, 62 nel 2017. Quasi nessun minorenne viene condannato in via definitiva per il reato associativo (0 o max 6), maggioranza dei processi si chiude senza condanne ma con soluzioni alternative. 12 In altri casi il gruppo di coetanee è un rifugio per giovani donne vittimizzate in casa o famiglia, per cui aggressività ha senso di rivalsa, in altri la devianza si esprime in attività predatorie o partecipazione a traffici di droga, rimedio alle difficoltà delle famiglie in situazioni di povertà, per trovare risorse economiche. Le strade e le piazze (anche virtuali) Il rapporto con il territorio è centrale a causa della collocazione spaziale della marginalità di cui le bande si considerano espressione, vi è correlato il conflitto per difendere il proprio spazio e dimostrare forza agli occhi del contesto più ampio. Ancora oggi il territorio è centrale, non a caso definite di strada, pensiamo alle banlieues, cités o periferie di grandi città, composte da ragazzi che in quelle strade o piazze sono cresciuti. Può apparire non normale che bambini e ragazzi passino quasi tutto il loro tempo in strada senza adulti ma questa situazione è stata la più frequente in passato per le classi subalterne e lo è anche oggi, aree in cui sono insediate culture per le quali le relazioni adulti-bambini non si giocano soltanto nel chiuso di mura domestiche ma hanno valenza comunitaria. A maggior ragione se condizioni abitative non consentono fruizione agevole spazi. Per molti bambini e ragazzi strada è contesto unico di riferimento e identità. Oggi soprattutto immigrati, proprio perché giovani giudicano integrazione un’illusione, se e quando c’è stata era subordinata e precaria, e comunque avvertono che non li riguarda. La territorialità dell’insieme delle esperienze possibili è nuovamente rafforzata. La strada è anche il luogo in cui si viene osservati, si costruisce reputazione, spazio della definizione del noi e del loro, in-group e out-group, estraneo e nemico che comprende istituzioni, le vedono come contenitori di quanto non potranno mai permettersi, le istituzioni e luoghi dove sono diventano scenari e obiettivi di azioni che simbolicamente affermano la protesta e la rabbia, la discriminazione percepita. Per altri gruppi contesto di appartenenza può avere ancora valenza identitaria anche dove agire non è confinato in esso, palcoscenici più lontani: centro città, quartieri bene, lusso, sono opportunità di procurarsi beni costosi e sfregiare i loro possessori. Dinamica di allontanamento ancora più accentuata quando la banda è impegnata in attività di servizio a disposizione della parte della città perbene (droghe, prostituzione, gioco d’azzardo, scommesse). Il legame con il territorio non è più assoluto per motivazioni che hanno anche attinenza con trasformazioni, processi di gentrification, prodursi di mix sociale di gruppi con livelli economici, culturali diversi o per i sempre più alti flussi di mobilità che disperdono gruppi omogenei e rompono legami spontanei originari. Trasformazioni sottraggono il formarsi di bande giovanili. Aggregazione in bande riguardano non solo grandi città ma anche piccoli paesi e periferie, causa del vuoto di alternative, contesti in cui scambi reali tra le persone è limitata. Permangono i legami amicali. Prevale esigenza di trovare senso al tempo, la rete diventa luogo virtuale nel quale incontrarsi, riconoscersi, condividere, senza più pretesa di dominio del territorio, in attesa di fuggirne. L’influenza delle immagini Le gang raccontate nelle cronache giornalistiche alimentano il panico morale nei lettori, al loro fianco non mancano forme di descrizione giornalistica del fenomeno che vanno oltre la semplice cronaca. Oltre al giornalismo ci sono altre forme di narrazione dai romanzi, ai film sino alle serie tv, questi hanno contribuito alla mondializzazione del mito delle gang (famoso musical West Side Story), la narrazione proposta è piuttosto stereotipata e presenta tratti sessisti, razzisti con analisi sociali semplificatorie, l’unica salvezza sembra essere l’intervento della repressione poliziesca. In Italia tutti conoscono Saviano, con romanzi d’inchiesta o cronaca romanzata e cinematografie (es. la paranza dei bambini, parla di gruppi di adolescenti vicini alle organizzazioni, o Baby gang di Calvagna). Gli interrogativi intorno alla questione della cronaca e della rappresentazione sono principalmente: - Può offrire modelli da imitare a giovani e giovanissimi ad essa esposti? - Inchieste giornalistiche orientate alla denuncia contribuiscono a contrastare e ridimensionare il fenomeno? - Quale funzione assolve la rappresentazione nella costruzione della percezione collettiva e delle reazioni che si ritiene possano e debbano essere poste in essere per affrontarlo? Primo è molto discusso, numerosi studi concentrati sull’influenza della rappresentazione della violenza, ruolo che non va assolutizzato ma che ha una qualche influenza nel fornire modelli, stimoli al disimpegno sociale o 15 condivisione di giustificazioni al proprio agire. Immagini costituiscono fattori attrattivi e inducono all’imitazione. Senza dimenticare che sono filmati autoprodotti, scambiati a costituire la fonte di ispirazione prima, video di rapper o cantanti che narrano quei mondi. È indispensabile distinguere livelli, in alcuni casi si parla di imitazione solo esteriore, con appropriazione di simboli, in cerca di identità sociale riconoscibile (latinos), ma bisogna sottolineare che molti simboli non sono più esclusivi ma look di moda per ragazzi del tutto estranei, mentre magari gli aderenti a bande si adattano agli stili delle mode dominanti, simboli di ricchezza e inclusione. L’importanza dell’immagine nel tempo presente, di modelli e personaggi non può non essere rilevante per i giovanissimi, osserviamo riproduzione di atteggiamenti, pose, linguaggi, fino all’assimilazione piena di modelli di azioni che si possono ripetere nel contesto di vita. Tutto questo non è solo effetto dell’esposizione ai media. Seconda domanda, buone inchieste hanno dato voce a situazioni di vittimizzazione di persone che hanno contribuito ad attivare iniziative di contrasto, altri lavori hanno consentito di comprendere disagio e difficoltà dei delinquenti. Non manca chi ha affermato che lavoro giornalistico e di inchiesta può costituire elemento di rinforzo delle bande se non ampliarlo. A volte interesse per i capi delle gang più famose è stato sfruttato da quelli più intelligenti, consentire a un inviato di entrare nel territorio di una banda, esibire segni proibiti, mettere in scena azioni spettacolari, in contrasto con esigenza di nascondersi che è la regola di ogni gruppo. Non mancano rischi per chi svolge questo lavoro. I vantaggi che il rapporto con i media può garantire alle gang sono molti: accrescimento prestigio, coraggio sfidare establishment, influenza sui più giovani, avvertimento altre bande, estensione possibilità di fare affari. Interesse per la diffusione della propria immagine è fondamento di forme di autopromozione. Video musica rap, trap, gangsta rap, vi troviamo spesso protagonisti che propongono ed esaltano la vita estrema, video che hanno grande seguito, con un paradosso, a fronte dell’allarme sulla loro influenza diventano prodotti assunti e promossi dalle media corporations, che ne traggono grandi profitti. Effetti dell’esposizione ai media e narrazione che ne deriva, per chi fa parte di bande e vive esperienze di strada e devianza non mancano. 4. Le risposte istituzionali e sociali Le risposte istituzionali non sono estranee alle politiche penali e sociali che in ogni epoca e in ogni contesto statuale sono dominanti. Le bande di strada hanno avuto un trattamento particolare, misure specifiche, scelte di forte attenzione da parte delle istituzioni di controllo, nasce forse dalla paura per presenza di gruppi che esprimono in forme aggregate aggressive il loro malessere e bisogno di identità e riconoscimento, paura che giustifica la repressione come strumento privilegiato, nella riflessione su questi orientamenti ha ruolo importante la rappresentazione giornalistica del fenomeno, alimenta la percezione di una loro estraneità alle normali dinamiche sociali, non stupisce che la paura sia diffusa anche presso chi non ha alcun rapporto diretto con i fatti oggetto delle cronache. Rappresentazione che influenza un allarme, richiede decisioni rapide e possibilmente capaci di rassicurare, controllo e repressione. Scelte di trattare in questo modo il problema fa gioco a tanti: ai media che vendono di più, polizia che ottiene riconoscimento, leader gang ottengono visibilità, esponenti politici orientati nella direzione di quello che è stato definito populismo penale, all’insegna di meno tolleranza, pene più severe, carcere per tutti, così da assecondare senso comune e ottenere consenso. Il tema della repressione alle gang si intreccia agli appartenenti alle nuovi classi pericolose, migranti, ribelli, poveri, si concentra attenzione attraverso meccanismi di controllo mirato, svolto in maniera diffusa nei contesti di aggregazione. Interventi che hanno come corollario la ridefinizione della funzione del carcere, che mantiene solo retoricamente la finalità rieducativa, mentre è sempre più orientato alla neutralizzazione e all’incapacitazione dei detenuti. A poco servono avvertenze di chi sostiene che sola repressione non è risolutiva ma spesso di rinforzo, saperi esperti spesso marginalizzati, con eccezione di neuroscienziati e genetisti che sperano siano in grado di fornire strumenti di identificazione precoce dei potenziali delinquenti sulla base di predisposizioni naturali, poter provvedere a selezione segregazione preventiva. Scenario delle società neoliberali mette in discussione politiche del 900, in cui hanno trovato concretizzazione cultura della prevenzione e presa in carico. 16 Politiche prevalenti oggi danno impressione di incapacità, di non volontà di affrontare nodi di fondo e contraddizioni sociali, di rispondere in modo adeguato a domande di senso profondo. Questo porta a concentrarsi sul presente, paure, azioni di contenimento che diano alla popolazione impressione di ristabilire ordine e risolvere problema. In questo scenario resistono e cercano di svilupparsi programmi di prevenzione che faticosamente realizzano alternative a risposte penali. L’ossessione: identificare, punire, escludere Quali sono le politiche che si sviluppano per affrontare il fenomeno? Ogni paese ha differenti caratteristiche, tradizioni e sistemi penali, difficile tracciare quadro analitico. Ma si possono evidenziare alcuni approcci. Prima grande distinzione tra paesi che hanno definito leggi per contrastare in modo specifico il fenomeno delle gang e paesi che hanno continuato a trattare i reati compiuti in gruppo come reati ascrivibili sempre a singoli, semmai aggravati da più partecipanti, con una strada intermedia costituita dal punire l’associazione di chi in modo continuativo progetta, definisce reati, costituendo gruppo organizzato. Esempi di paesi che puniscono le gang sono oltreoceano, dove organizzazioni criminali sono fortemente strutturate e ramificate (USA, Canada). In Europa oltre alle aggravanti di commissione di reati in concorso con altri, diversi stati hanno individuato specifiche per la costituzione di forme associative, es. Francia che si confronta da tempo con le bande ha percorso predisposizione di dispositivi ad hoc. La nozione di banda prevede esistenza di struttura, gerarchia, premeditazione, ciò è avvenuto negli anni in cui gli apparati di polizia si concentrano sulle violenze urbane, definendo indicatori e schedando le bande. La politica appronta due leggi significative 2007 e 1020, con la prima si aggravano le sanzioni per reati specifici commessi da bande, con la seconda diviene reato in se il fatto che persona partecipi a un gruppo, reato con un anno di carcere e 15K di multa, norma definita come preventiva. In Italia non troviamo definizione giuridica del termine banda, è consolidata la configurazione del reato associativo per le vere e proprie organizzazioni criminali, più controverso è il riconoscimento di gruppi più o meno strutturati, tale imputazione richiede che si dimostri di essere in presenza di un’aggregazione, struttura. La poca frequenza delle condanne sulla base di quel reato è per la difficoltà di pervenire a dimostrazione dell’esistenza di tali condizioni, riflesso evidente della minore gravità ed estensione del fenomeno delle bande che commettono reati. Le decisioni politiche operate per il contrasto al fenomeno mediante controlli e repressione sono limitate a enunciazioni e proclami che hanno ottenuto effetti solamente sul piano del consenso, abbandonate una volta passata la momentanea emergenza. Altre volte all’effettiva implementazione di nuovi dispositivi normativi o rafforzamento di quelli esistenti non ha corrisposto un risultato apprezzabile in termini di efficacia. Constatazione soprattutto negli Usa, sproporzione tra investimenti per sradicare il fenomeno e la persistenza, paragone nel campo della lotta alle droghe, investite enormi risorse ma portato a risultati nulli e un rafforzamento dei mercati illegali. Anche nel caso delle gang c’è stato effetto del rinforzo. Il fatto che tutte le aggregazioni presenti in un territorio vengano definite e trattate come gang produce effetti di identificazione anche in gruppi che presentano al massimo sul piano esteriore simboli, i giovani segnati dall’etichetta di essere membri di bande hanno effetti di rinforzo, effetto di accrescere pratiche devianti. Nonostante questi esiti le politiche premono unico tasto della repressione. Oltre che formare nuove leve, carcere contribuisce a rafforzare reputazione dei leader che esibiscono esperienze di carcerazione come resistenza, mostrando che il carcere non ha avuto effetti ma che si è più determinati di prima. Non solo repressione Non mancano riflessioni e pratiche su altre strategie in chiave preventiva, principali sono attivazioni di servizi specializzati e coinvolgimento delle comunità locali e delle loro associazioni etniche, religiose, culturali. Attivare servizi di specializzazione significa sviluppare lavoro di strada di contatto con le persone coinvolte per creare relazioni che attirino verso progetti di diversa occupazione. In secondo luogo offrire opportunità di cambiamento e costruzione alternative di vita, obiettivo di rinforzare fattori favorevoli della disaffiliazione, fattori raggiunti solo se operatori integrano lavoro con quello dei servizi sociali, sostegno psicologico e agenzie lavorative e professionali. Coinvolgimento delle comunità è concepito con due programmi, mobilitazione per denuncia e difesa dalle aggressioni e per sostegno alle vittime, dall’altro sollecitazione a farne attori di iniziative e progetti volti al miglioramento delle condizioni dello stesso contesto sociale, cosa possibile se comunità sono ascoltate su 17