Scarica Geografia 12cfu UNIMARCONI e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! MODULO 1 GEOGRAFIA FISICA LEZ. 1 “LE CARATTERISTICHE GENERALI DELLA TERRA” OSSERVAZIONE: In geografia la raccolta, l’elaborazione e il coordinamento dei dati sono tappe analitiche che partono da un’osservazione preliminare dei rapporti di causa ed effetto tra i vari fenomeni territoriali osservati. Essa può essere: - DIRETTA: Operazione mentale svolta attraverso i sensi, in particolare la vista sul luogo da studiare, in modo da rilevare tutte le caratteristiche dell’oggetto di studio. Il punto di vista deve essere variato per cogliere tutti gli aspetti necessari allo studio. - STRUMENTALE: cosiddetta proprio perché si avvale dell’uso di strumenti specifici. Ad esempio il correntometro per misurare le correnti d’acqua, il termometro per la temperatura o l’igrometro per misurare l’umidità. - INDIRETTA: Per svolgerla lo studioso si avvale delle informazione raccolte tramite inchieste rivolte a persone che hanno conoscenze approfondite del luogo come agricoltori, pastori e in generale persone del luogo. OSSERVAZIONE GEOGRAFICA: considera sia fenomeni fisici che prodotti dall’azione umana (antropici), la variazione spaziale; l’identificazione del carattere delle variazioni spaziali. Si basa su quella che Adalberto Vallega ha definito la SCACCHIERA DELLE STRATEGIE DESCRITTIVE DEL GEOGRAFO, la correlazione fra i seguenti principi: - MAGNITUDO GEOGRAFICA: la grandezza delle superfici (Nel 1983 Peter Agget ha individuato diversi ordini di magnitudo); - LIVELLI DI ANALISI DELLA DESCRIZIONE: La capacità di una descrizione di essere più o meno analitica, in relazione al numero degli elementi presi in considerazione nella descrizione stessa; - SCALA CARTOGRAFICA: Il rapporto tra la distanza misurata sulla carta e la distanza misurata sulla terra. Tanto più elevata è l’estensione di un territorio, tanto più sintetico sarà lo studio di esso (ad esempio una scala 1:10.000 è 10 volte più grande di una 1:100.000) - QUADRO DI RIFERIMENTO che può essere di: 1° livello: la Nazione rispetto alla città di Roma; 2° livello:il quadro degli altri Paesi dell’U.E. (territorio comunitario); 3° livello, cioè quello dello spazio planetario. L’analisi assume contenuti e metodi differenti a seconda della magnitudo geografica; a seconda della magnitudo cambiano la scala, il livello di analisi e i quadri di riferimento; al crescere della magnitudo, la descrizione è meno dettagliata; la scala tende a ridursi e il quadro di riferimento è quello dello spazio planetario. L’osservazione geografica prende in considerazione fenomeni sia fisici che antropici e l’analisi geografica risulta tanto più efficace quanto più è relazionale. Il quadro di riferimento, la scala e i livelli d’analisi geografica, servono a produrre uno studio che metta in relazione il territorio con l’intorno. Al crescere della magnitudo, la descrizione si fa meno dettagliata, la scala si riduce e i quadri di riferimento si riferiscono a grandi spazi, anche a livello ecumenico. - ECUMENE: porzione di pianeta abitata o occupata dall’uomo - SUBECUMENE: porzione di pianeta abitata solo temporaneamente - AREA ANECUMENICA: abitata solo per scopi particolari, per esempio le osservazioni scientifiche Dall’ultimo ventennio del ‘900 non ci si interessa più della relazione fra la società e il solo ecumene ma della rapporto e delle relazioni di feedback tra uomo-società umana- intera biosfera GEOGRAFIA FISICA: fornisce spiegazioni della stessa azione antropica in relazione agli elementi e fenomeni fisici del territorio. L’ambiente è il sito, il supporto fisico di ogni azione antropica. Ciò che l’ambiente contiene dipende dall’evoluzione geologica e quindi dai cambiamenti naturali. Gli elementi fisici rivestono l’importanza di fornire dati sulla conformazione del territorio. La storia dell’evoluzione geologica può per es. aiutare a capire la distribuzione di giacimenti minerari e quindi gli equilibri economici a livello mondiale o anche l’organizzazione e la pianificazione territoriale, frutto dell’azione antropica in relazione agli elementi del territorio. GEOGRAFIA APPLICATA: La conoscenza della geografia fisica per la pianificazione territoriale è attualmente utilizzata in questa disciplina. Adalberto Vallega dice che bisognerebbe realizzare un’opera che tratti la geografia fisica in funzione di quella umana, opera che attualmente non esiste ancora. I TEMPI LUNGHI DELLA NATURA 4 MILIARDI E MEZZO DI ANNI FA: In base allo studio della crosta terrestre, della storia fisica del nostro pianeta e dei suoi cambiamenti ambientali avvenuti nel corso di lunghissimi periodi, nell’ordine di milioni di anni, si pensa di collocare in questo periodo la nascita della Terra. Per il periodo antecedente si parla di tempi pregeologici. 3,8 miliardi di anni fa: le rocce più antiche; 3,3 miliardi di anni fa: prime forme di vita unicellulare 700 milioni di anni fa: il primo popolamento animale di organismi complessi e variati. 2,3-2,4 milioni di anni fa: comparsa dell’uomo TEORIA DELLA DERIVA DEI CONTINENTI: Secondo quanto ritiene Alfred Wegener agli inizi del ‘900, l’aspetto attuale del nostro pianeta si deve alla frammentazione, in tempi geologici, della Pangea, in cui erano unite tutte le odierne masse continentali circondata dalla Pantalassa (un unico oceano). agli inizi dell’era Mesozoica, sarebbero cominciate ad aprirsi delle fratture che divisero la Pangea (l’ipotizzata unica massa continentale), in blocchi che cominciarono a spostarsi nella Pantalassa, in varie direzioni, movimento, questo, definito deriva dei continenti (Wegener, 1912). Questa Teoria della deriva dei continenti fu accolta con diffidenza, non essendo chiara la causa del movimento di queste masse continentali. TEORIA DELLA TETTONICA A PLACCHE: Il motivo sotteso alla deriva dei continenti fu spiegato dopo la Seconda Guerra Mondiale, con lo studio dei fondali oceanici e in particolare delle dorsali mediane, che sono dei rialzamenti dei fondali stessi. Da queste dorsali proviene infatti la fuoriuscita di grandi quantità di materiale vulcanico, a causa del quale le masse continentali si allontanano e quindi gli oceani si espandono. La correlazione tra queste teorie, i sistemi montuosi, gli archi di isole presso i continenti, ha fatto in modo che si potesse definire una cronologia assoluta dei tempi geologici (Fino a qualche decennio fa era relativa, solo ere, è stato in particolare lo studio sulla radioattività delle rocce a far giungere ad una divisione assoluta). Questi tempi geologici sono divisi in ere ed esse suddivise in periodi: · ERA ARCHEOZOICA o Precambriano; · ERA PALEOZOICA o Primaria (suddivisa in Cambriano, Siluriano, Devoniano, Carbonifero e Permiano); · ERA MESOZOICA o Secondaria (Triassico, Giurassico, Cretaceo); · ERA CENOZOICA o Terziaria (Paleocene, Eocene, Oligocene, Miocene, Pliocene); · ERA ANTROPOZOICA o Neozoica o Quaternaria (Pleistocene e Olocene), era in cui 750 milioni di anni fa ha fatto la sua comparsa l’uomo. Gli attributi di queste ere sono: INFERIORE, cioè più antico; MEDIO e SUPERIORE, ossia più recente. Il periodo più importante per i geografi è il Pleistocene (Era Quaternaria), caratterizzato da forte instabilità climatica causata dalla contrazione ed espansione dei ghiacciai polari e alpini, con conseguente movimento dei livelli oceanici e comparsa delle masse continentali; anche l’Olocene è oggetto di grande interesse, essendo stato caratterizzato da importanti fluttuazioni climatiche e dagli spostamenti delle linee costiere, sia verso terra che verso mare. TEMPI BREVI DELLA NATURA I tempi brevi della natura riguardano le variazioni che stanno avvenendo nel periodo in cui viviamo. La fase di contatto tra tempo geologico e tempo storico (in cui viviamo) risale a 10.000 anni fa, quando la calotta nordeuropea si è frantumata provocando un’alternanza di clima freddo e caldo, fino ad arrivare alla piccola era glaciale durata dal XVI al XIX secolo. Dalla metà del secolo scorso si ha ormai un aumento della temperatura e una contrazione della zona glaciale, con innalzamento del livello medio del mare, serie di condizioni che attualmente è il centro del dibattito ecologista. I tempi lunghi e brevi della natura sono caratterizzati da cicli e successioni. SUCCESSIONE A LUNGO TERMINE: nella biosfera è la risposta della vegetazione ai cambiamenti ambientali: un campo abbandonato poco dopo si popola di piante pionier, cioè erbe infestanti, a cui poi si uniscono degli arbusti ed infine alberi di crescita veloce ed alcune delle piante originarie vengono estromesse. Questa situazione con i decenni si trasforma in una foresta. Nel lungo periodo (centinaia o migliaia di anni) si può raggiungere un equilibrio, detto climax vegetale. I vari stadi in cui le piante si sostituiscono le une alle altre vengono detti successioni vegetali. CICLI A BREVE TERMINE: sono i ritmi diurni e stagionali, causati dai moti di rotazione e rivoluzione terrestri. CARATTERISTICHE FISICHE DELLA TERRA Il pianeta Terra è un corpo complesso di forma quasi sferica, costituito da una successione di strati concentrici che a partire dall’esterno sono: · L’ATMOSFERA, cioè un miscuglio di gas senza un limite preciso verso lo spazio cosmico, gas che risultano sempre più rarefatti. Essa si estende per circa 1000m. · L’IDROSFERA, cioè l’irregolare e discontinuo insieme delle acque: mari, fiumi, laghi e ghiacciai; · LA LITOSFERA O CROSTA TERRESTRE, che è solida ed è costituita da rocce spesse da 5 a 60 Km; · L’ASTENOSFERA, un mare di magma incandescente · IL MANTELLO, costituito da rocce pesanti non sempre allo stato solido. Esso si estende per 2900 Km sotto il livello del mare; · IL NUCLEO ESTERNO, che è metallico e allo stato liquido · IL NUCLEO CENTRALE, sempre metallico ma allo stato solido. Tutto il nucleo si estende per 6370 Km, fino al centro della Terra. La superficie terrestre o GEOSFERA è costituita da atmosfera, idrosfera e parte superficiale (pellicola) di litosfera. Vi si includono gli esseri viventi, che nel loro insieme compreso l’uomo che costituiscono la biosfera. La superficie terrestre, cioè la geosfera, così intesa, è l’oggetto dello studio della geografia (quindi non lo è l’intero corpo terrestre). La presenza dell’uomo è molto importante e perciò oggetto di studio della geografia umana. L’atmosfera e l’idrosfera formano il sistema clima, la litosfera, l’astenosfera e il mantello formano il sistema della tettonica a placche, i due nuclei formano il sistema geodinamo che si estende per 6370 km, fino al centro della terra. L’ambiente terrestre si divide in due: - BIOTICO (MONDO ANIMATO): si trova nella biosfera e si limita allo strato inferiore dell’atmosfera e in quello superiore della litosfera, e si estende per parecchi metri nella profondità della terra e per tutta la profondità degli oceani. - ABIOTICO (MONDO INANIMATO). Quest’ultimo è costituito da atmosfera, idrosfera e litosfera, con i loro tre diversi stati della materia: gassoso, liquido e solido. I due ambienti si intersecano. La biosfera è l’ambiente naturale dell’uomo con il quale ha un complesso rapporto di feedback e si colloca in corrispondenza delle tre facce dell’ambiente abiotico (atmosfera, idrosfera e litosfera). Gli elementi passano da un organismo all’altro e alla loro morte tornano al mondo inorganico. CARATTERISTICHE GENERALI DELLA TERRA - LA PRESSIONE: è il peso esercitato dall’aria, peso che diminuisce procedendo verso l’alto nell’atmosfera, poiché mancano gli strati inferiori. La pressione non influisce direttamente sull’aspetto fisico della superficie terrestre e la sua influenza è bassa anche sugli esseri viventi, compreso l’uomo. Fino a 1000m-2000m d’altezza non si avvertono difficoltà dovute alla pressione ma oltre i 2000m possono esserci difficoltà di respirazione in relazione alla rarefazione dell’aria. Tuttavia ci sono popolazioni, come quella del Tibet, che si sono adeguate a tale condizione vivendo a circa 4000m d’altezza. - IL VENTO: corrente d'aria orizzontale caratterizzata da velocità e direzione. I venti si muovono in conseguenza della pressione, infatti l’aria calda e umida sale verso l’alto con moti convettivi ossia verticali ascendenti: in questo caso si parla di cicloni; l’aria fredda e secca ha moti convettivi discendenti, detti anticicloni. I primi con il loro movimento ascendente creano dei vuoti d’aria, mentre i secondi con il movimento discendente, degli eccessi d’aria. - L'UMIDITA’ : che, se presente in alte percentuali, forma le nubi. Se la temperatura si abbassa le goccioline che formano le nubi si aggregano attorno a nuclei di condensazione e cadono sotto forma di precipitazioni atmosferiche → ciclo dell'acqua. L’aria può contenere al massimo il 3-3,5% di vapore acqueo evaporato dalle masse d’acqua e anche dagli esseri viventi, piante o animali. L’umidità assoluta si misura in grammi di vapore acqueo contenuto in un metro cubo d’aria, ma in meteorologia è importante e rilevante l’umidità relativa (UR). Una determinata massa d’aria può contenere un massimo di vapore acqueo (è questa appunto la UR). Oltre un certo limite l’aria è satura di vapore, perciò aggiungendo quest’ultimo o variando la pressione l’aria diviene soprassatura: a questo punto il vapore acqueo in eccesso condensa sotto forma di pioggia. - LA NEBULOSITÀ: le nubi sono costituite da piccolissime gocce d’acqua o da cristalli di ghiaccio di pochi millimetri di diametro. Le gocce essendo piccolissime risultano più leggere dell’aria rimanendovi sospese. All’abbassarsi della temperatura le gocce condensano intorno a nuclei di condensazione, cioè minuscoli granuli di pulviscolo atmosferico. Le gocce che si trovano nella parte più bassa delle nubi, essendo più grandi e pesanti (come anche nel caso dei cristalli di ghiaccio), cadono dando origine alle precipitazioni: pioggia, grandine e neve. La ripartizione delle precipitazioni nel corso dell’anno è definito regime delle piogge, molto vario a livello planetario. Nelle zone equatoriali esse sono mensilmente molto abbondanti, alternandosi una stagione piovosa e una asciutta. Nelle zone temperate cadono in ogni stagione, ma si accentuano in estate, tranne che nei Paesi Mediterranei, dove l’estate è eccezionalmente più secca.A livello planetario esistono fenomeni piovosi di grande rilevanza come i Monsoni oppure i cicloni tropicali, più dannosi di quelli extratropicali. CLASSIFICAZIONE DEI CLIMI Il climatologo Koppen ha classificato i gruppi climatici in 5 classi: 1- Climi tropicali umidi → equatoriale, tropicale con inverno secco (o della savana), monsonico; 2- Climi aridi → desertico freddo, semiarido, desertico; 3- Climi temperati caldi o mesotermici → mediterraneo, subtropicale umido, temperato fresco; 4- Climi temperati continentali; 5- Climi freddi o nivali → freddo a estate calda, freddo a inverno lungo, polari. Rispetto a questi si distinguono 11 tipi fondamentali: 1- clima caldo sempre umido; 2- clima caldo con piogge estive; 3- arido caldo; 4- arido con inverno freddo; 5- temperato caldo con piogge estive; 6- temperato caldo con siccità estiva; 7- temperato senza stagione secca; 8- temperato continentale; 9- estremamente continentale; 10- seminivale; 11- del gelo perenne. CLASSIFICAZIONE PER FASCE CLIMATICHE: - DALL’EQUATORE AI TROPICI 23°,27’: abbiamo la fascia climatica torrida, caratterizzata da clima equatoriale e dal bioma della foresta pluviale. - PROCEDENDO VERSO I TROPICI: troviamo il clima subequatoriale, con due stagioni e come bioma la savana, desertico e predesertico. - DAI TROPICI VERSO NORD O VERSO SUD, CIOÈ DA 23°,27’ A 66°,33’: abbiamo la fascia temperata, con clima variabile: mediterraneo, continentale e atlantico, esso è caratterizzato da quattro stagioni e da biomi molto variati: macchia mediterranea, prateria, foresta di latifoglie, taiga, brughiera. - PRESSO I CIRCOLI POLARI: abbiamo la fascia polare che si estende da 66°,33’ a 90°, caratterizzata da clima subpolare e polare, con i biomi della tundra e del gelo perenne. - I CLIMI D’ALTA MONTAGNA: sono nivali. L’esistenza umana dipende dal clima, cioè dalla fertilità di un luogo. LEZ. 3- L’IDROSFERA Per idrosfera s’intendono i mari e le acque continentali, l’acqua sulla superficie terrestre è allo stato GASSOSO nell’atmosfera e dalle esalazioni vulcaniche, allo stato SOLIDO nei ghiacci e nelle nevi e allo stato LIQUIDO in mari e oceani. Per più del 97% l’acqua è salata (mari e oceani), circa il 3% è dolce: acque continentali, vapore acqueo, ghiacci e nevi. ACQUE MARINE: formano un tutto continuo con tre distese di grandi dimensioni: l’Oceano Atlantico, il Pacifico e quello Indiano. Sono detti più specificatamente mari le parti più periferiche degli oceani o i tratti più o meno delineati fra mezzo le terre emerse. Gli Oceani si sono formati all’origine del pianeta per condensazione e precipitazioni di grandi masse d’acqua presenti nell’atmosfera. Più incerta è l’origine dei sali minerali che si trovano nell’acqua salata, probabilmente da attribuire alla loro presenza in ciò che viene trasportato dalle acque continentali e riversato negli oceani oppure anche ai vulcani attivi presso le coste oceaniche. L’acqua marina è una soluzione di acqua e salsedine, dove con questo termine si intende il peso dei sali disciolti in un chilogrammo d’acqua. Questa percentuale nell’acqua marina è del 3,5%, cioè 35g di Sali in 1kg d’acqua. In essa oltre alla salsedine possono trovarsi disciolti anche dei gas come l’ossigeno. Nella salsedine il rapporto tra i vari sali che la compongono non cambia mai. La differenza di salsedine è data dall’intensità dell’evaporazione, che la aumenta, dalle piogge, dall’apporto di acque continentali, che la diminuiscono, dal congelamento e dal disgelo. Mari tropicali e subtropicali: La salsedine è maggiore Mediterraneo la salsedine è alta poiché caratterizzato da evaporazione, perciò ad Oriente essa ha una percentuale del 3,9%, tranne che nell’Adriatico, grazie all’apporto del Po e di altri fiumi. Mar Rosso, caratterizzato da evaporazione ed assenza di apporti continentali, la salsedine supera il 4% nella parte più interna. Mar Nero, che ha scarsa evaporazione e dove affluiscono molti fiumi, la salinità è sotto l’1,5%. La temperatura delle acque dipende dal calore solare e ha un’oscillazione diurna/notturna e una annua. Il calore solare provoca un calore specifico dell’acqua maggiore di quello del suolo, perciò l’acqua si riscalda più lentamente dell’aria e allo stesso modo si raffredda. La temperatura dell’acqua è maggiore nei mari tropicali e negli oceani: 25°-28°; arriva fino a 35° nei mari chiusi, come il Mar Rosso o il Golfo Persico; diminuisce irregolarmente verso i Poli. Nei mari polari la temperatura è prossima allo zero o al di sotto. Essa diminuisce scendendo in asso verso gli abissi, perciò in essi è più fredda (oltre i 3000m). nei grandi fondi oceanici la temperatura è uniforme e costante intorno ai 0° e al di sotto fino a -2°. L’acqua fredda dai Poli scende lentamente verso l’equatore. Nei mari semichiusi, che presentano scarsa comunicazione con l’acqua fredda oceanica, che perciò non può penetrarvi, la temperatura non è così bassa. Nell’Adriatico l’acqua di fondo è di circa 13° . L’acqua marina essendo una soluzione non congela intorno a 0° ma piuttosto intorno ai 2°. Nell’Artico e nell’Antartico essa, congelandosi forma: -la banchisa, fatta di enormi lastre di ghiaccio trascinate verso il basso dalle correnti. Queste non sono pericolose per la navigazione; - iceberg, enormi lastroni di ghiaccio profondi centinaia di metri, che si staccano dai ghiacciai e si spostano verso latitudini più basse fino per es. a New York o nell’emisfero australe fino a Capo di Buona Speranza. pericolose per la navigazione; MOVIMENTI DELLA SUPERFICIE DEL MARE: -MOTO ONDOSO: dovuto al vento che crea attrito con la superficie. Si presenta con onde con una cresta che s’innalza e una parte depressa, cioè il ventre. Esso si attenua con la profondità fino a rovesciarsi sulla spiaggia spumeggiando. -MAREE: consistono in un innalzamento ed abbassamento del livello del mare, determinando così un livello massimo, l’alta marea, e uno minimo, la bassa marea. Un’oscillazione completa, formata da alta più bassa marea, si compie in 12h e 25’ed è causata dall’attrazione esercitata sulle acque dal Sole e dalla Luna, da quest’ultima in particolar modo. Ciò è dimostrato dal fatto che due oscillazioni durano 24h e 50’, cioè quello che viene definito un giorno lunare. L’innalzamento delle maree è massimo solo in direzione della luna, ma anche agli antipodi, nell’antimeridiano, ossia nel punto diametralmente opposto, nel primo caso perché l’attrazione è massima, nel secondo perché è minima. Nel globo abbiamo un duplice rigonfiamento, uno nel meridiano rivolto verso la Luna, l’altro nel suo antimeridiano, con una depressione nella posizione intermedia. A causa della rotazione terrestre i massimi e i minimi si spostano gradualmente su meridiani successivi, creando come un’onda che gira intorno alla Terra in 24h e 50’, con due alte e due basse maree. L’alta marea è massima in Luna nuova (LN) e in Luna piena (LP), cioè quando sole, luna e terra sono allineati e la marea lunare si somma a quella solare. E’ invece minima nel primo quarto (PQ) e nell’ultimo quarto (UQ). -CORRENTI MARINE: Negli oceani le acque si spostano in correnti, causate dai venti costanti, gli Alisei, e da quelli periodici, i Monsoni, che mettono in movimento la superficie dell’acqua fino ad una certa profondità, formando correnti di deriva o della grande circolazione oceanica. Si forma così un grande anello di correnti che gira in senso orario nell’emisfero boreale e antiorario in quello australe.Le correnti si distinguono in calde e fredde in base alla temperatura media delle acque superficiali ad una certa latitudine. Sono calde quelle provenienti dall’equatore e fredde quelle che si spostano verso di esso a partire dai Poli. Esse influiscono molto sul clima, in particolare quello europeo è influenzato dalla corrente del Golfo del Messico, le cui acque possono giungere molto a nord a causa di un ramo che raggiunge l’Atlantico in direzione Nord-Est. CICLO DELLE ACQUE Formato dalle acque marine e quelle continentali (fiumi, ruscelli, torrenti, acque lacustri e ghiacciai). Gli oceani sono il grande serbatoio dell’umidità atmosferica che si forma per evaporazione d’acqua, tornando agli oceani stessi con le precipitazioni e le acque dei fiumi. L’acqua meteorica si può immagazzinare anche sotterraneamente o in forma solida nei ghiaccia i, per poi essere restituita ai fiumi e quindi al mare. Le acque oceaniche superficiali passano perciò allo stato gassoso grazie all’energia solare. Il vapore è trasportato dai venti nelle nuvole e poi, a seconda della temperatura e della pressione precipita sotto forma di pioggia, grandine e neve. ORIGINE DELLE ACQUE SOTTERRANEE: l’acqua delle piogge in parte evapora appena arriva al suolo, in parte si divide tra quella che scorre in superficie e quella che penetra nel suolo. Quest’ultima varia in quantità a seconda della natura e della disposizione delle rocce, che sono diversamente permeabili. La pioggia riesce ad entrare nelle rocce permeabili, ma incontrando quelle impermeabili inizia a scorrere, finchè ricompare in superficie, originando così le sorgenti. ACQUE CORRENTI: come i fiumi , i ruscelli e i torrenti sono dette acque continentali. Queste scorrono dall’alto verso il basso anche in presenza di scarsa pendenza. Non sempre l’origine dei fiumi è spiegabile, a meno che non nascano da sorgenti o ghiacciai. Da questi nasce prima il ruscello, poi il torrente, quindi il fiume, tra questi i primi si chiamano affluenti o tributari. Il solco è detto alveo o letto, che non sempre è interamente coperto dalle acque a valle o in pianura, perciò si distingue un letto di piena da uno di magra. Il corso d’acqua è alimentato da un territorio più o meno grande, il bacino idrografico. L’estensione del bacino idrografico del Po è di 70.000 km2, quella di altri grandi fiumi può arrivare anche a un milione di km2. Il più grande è quello del Rio delle Amazzoni, che è di 7 milioni di km2. Il letto dei fiumi se ha una grande pendenza o è verticale crea delle cascate, che possono arrivare anche ad un’altezza di 100m. quelle del Niagara sono alte 49m, tuttavia la loro maggiore o minore portata non dipende dall’altezza ma dalla massa d’acqua. Una pendenza con letto irregolare forma una rapida, se ci sono degli scalini in successione si parla di cateratte. Caratteristiche delle acque correnti: -la portata (definita in m3/s) è la quantità d’acqua che scorre nel letto, -la sua variazione è detta regime. -La terminazione del fiume si dice foce, che nel caso dei tributari si trova nella confluenza con il fiume maggiore. Nelle regioni aride possono esservi corsi d’acqua senza foce, a causa del disseccamento del corso stesso, che perciò non ha alcuno sbocco. ACQUE LACUSTRI: le acque correnti scorrendo dall’alto verso il basso, possono incontrare delle contropendenze, ristagnando fino a formare un lago, uno stagno o una palude. L’acqua lacustre può estendersi da qualche ettaro fino a decine di migliaia di km2, come il Mar Caspio, che ha un’area di 420.000km2. Esso è detto mare solo per tradizione: insieme al Lago d’Aral è un residuo dell’antico Mare Sarmatico. Caratteristiche: i laghi sono alimentati dalle precipitazioni e dagli immissari; nel lago aperto anche in presenza di evaporazione il livello delle acque rimane stabile grazie all’apporto dell’immissario, mentre l’acqua defluisce attraverso l’emissario, mantenendo stabile l’equilibrio del lago stesso. Il lago chiuso invece ha acque salate a causa dei sali che vi entrano tramite l’immissario e non ne escono più: in questo caso la diminuzione del livello dell’acqua del lago avviene solo per evaporazione, mentre i sali vi rimangono, come nel caso del Mar Morto. Origine dei laghi: questa può essere dovuta a forze endogene o esogene: endogene sono le forze relative ai fenomeni intrinseci alla crosta terrestre, mentre esogene sono quelle esterne ad essa, come le precipitazioni. Di origine endogena sono i laghi vulcanici e quelli tettonici, questi ultimi, si formano a causa della tettonica delle placche, come il Mar Caspio, detto perciò lago- relitto, visto che i movimenti tettonici lo hanno separato dal mare. Di origine esogena sono invece i laghi di sbarramento, dove questo è provocato da frane, alluvioni, morene o può trattarsi anche di un lago artificiale. Esogeni sono anche i laghi glaciali e costieri. Stagni E Paludi: non esiste una netta differenza tra laghi stagni e paludi, tuttavia gli stagni sono specchi d’acqua di dimensioni minori di quelle dei laghi e caratterizzati da forte vegetazione; così anche le paludi, che sono invase da piante che la coprono quasi completamente. GHIACCIAI: sono anch’essi acque continentali. Al diminuire della temperatura e al crescere dell’altitudine aumentano le precipitazioni in forma di neve. Quando la neve che si fonde per ablazione uguaglia quella caduta abbiamo la formazione di nevi persistenti, al di sopra delle quali abbiamo uno strato di neve che in surplus si trasforma in ghiacciaio. I ghiacciai variano da 1 ettaro a varie centinaia di km, possono raggiungere spessori superiori ai 100m. La loro forma è varia e costituita principalmente da una zona più alta ed espansa detta d’alimentazione, cioè il bacino collettore e da una lingua di forma allungata che scorrendo verso il basso dà vita alle morene, che contengono detriti rocciosi trasportati proprio dalla neve nella sua discesa. Durante questa si possono formare crepacci e serracchi. Tipi di ghiacciai: · ALPINO: caratterizzato da un circo glaciale (proprio delle montagne con valli profonde) e una lingua, che unendosi con altri ghiacciai ne forma di più grandi e complessi, detti himalaiani; questi sono di prim’ordine; · SECOND’ORDINE: più piccolo e sprovvisto di lingua; è tipico di tutte le catene montuose che hanno ghiacciai; · SCANDINAVO: si trova in quelle catene in cui le sommità dei monti si spianano in altopiano, circondato da valli profonde, come in Norvegia; · ALASKIANO: si trova nelle regioni subpolari ed è costituito da più lingue che confluiscono in una lastra di ghiaccio detta pedemontana; · POLARE O INLANDIS: si trova in Groenlandia o in Antartide e consta di un’imponente coltre di ghiaccio che perifericamente si divide in longue che si incanalano belle valli, giungendo fino al mare. LEZ. 4 - IL MODELLAMENTO DEL SUOLO AGENTI GEOMORFOLOGICI ENDOGENI GLI AGENTI GEOMORFOLOGICI ESOGENI La degradazione meteorica è un’alterazione fisico-chimica della roccia che prepara alla vera e propria erosione. La sua causa più importante è la VARIAZIONE DI TEMPERATURA, che provoca una dilatazione o un restringimento dei minerali contenuti nella roccia. I suoi effetti sono: (ognuno dei punti si riferisce ad altrettante immagini presenti nella slide di p.2 della lezione) A. il RIPARO SOTTOROCCIA, nato da rocce stratificate; B. il TAFONE, massicce rocce granitiche; C. PARETE ROCCIOSA e falde detritiche o accumulazione di detriti ai piedi delle pareti (Dolomiti) D. FRANA (nelle slide N= nicchia di distacco; C= cumulo di frana). La frana, in particolare, può essere aiutata dal disfacimento meteorico, ma è soprattutto provocata da erosioni di acque circolanti, piogge, rapida fusione della neve, azione antropica, terremoti. Vi si individuano un’area di distacco e una di accumulazione e deposito, che può causare il formarsi di laghi di sbarramento. Tra l’area di distacco e quella di accumulazione abbiamo quella di scorrimento. Esistono tre fondamentali modalità di frane: · frana di crollo, che agisce su superfici subverticali; · frana di scivolamento o scorrimento (che scivola su uno strato argilloso); · frana da colamento o percolata (il cosiddetto smottamento). Un’altra forma di erosione è quella EOLICA, che è provocata dal vento quando la vegetazione manca o è molto discontinua. E’ influenzata dalla frequenza e dalla velocità del vento, che agisce - per deflazione: asportazione di detriti già disciolti perché la roccia è soggetta al disfacimento meteorico - per corrasione: scolpimento della roccia per mezzo di detriti che sfregando sui massi causano queste forme. L’erosione eolica avviene su vasto spazio. Accumuli dovuti a questo tipo di erosione sono le dune (piccole colline di sabbia depositata dal vento e possono essere alte anche alcune centinaia di metri; dei due versanti ce n’è uno dalla parte del vento, a pendio, e uno sottovento, ripido. La duna elementare e semilunare su terreno pianeggiante è detta barcana).e i loess. L’erosione normale è quella causata dalle acque correnti ed è cosiddetta perché molto diffusa in tutto il pianeta. Per mezzo delle acque piovane che provocano la progressiva degradazione dei rilievi avvengono:. -DILAVAMENTO O DENUDAZIONE: così chiamata perché compare la roccia nuda ed è causato dall’acqua piovana che scorrendo può far scivolare sia piccoli detriti che massi. La coltre detritica derivante da disfacimento meteorico raramente viene asportata completamente, perché si riforma sempre. Questo tipo di erosione essendo estensivo, è definito areale. -RUSCELLAMENTO: i versanti non sono perfetti piani inclinati e convogliano le acque provocando questo fenomeno. Le acque si raccolgono lungo una linea detta d’impluvio, che poi si trasforma nell’alveo di un fiume. Esse esercitano un’erosione incanalata, che causa la nascita di forme dette piramidi di terra (presenti per es. a Bolzano o in Alto Adige). L’erosione delle acque correnti modifica perciò i versanti; se le acque incontrano delle rocce dure creano un versante ripido, a reggipoggio, se incontrano rocce più tenere formano un versante più regolare, detto franapoggio. La formazione dell’alveo può subire variazioni sia a causa dell’acqua che delle masse di materiale detritico. Dopo lunga erosione l’alveo assume la forma di un ramo d’iperbole. FORME DI ACCUMULAZIONE: il materiale si accumula non solo longitudinalmente ma anche lateralmente. Al diminuire della pendenza l’acqua non risulta più essere in grado di trasportare grosse masse di detriti e li dispone perciò in alluvioni, come nel caso della Pianura Padana, che è di natura alluvionale, formata da detriti trasportati da fiumi. La forma più tipica che si può venire a creare è il cono di deiezione, quando a fondovalle si forma un accumulo di materiale a causa del brusco cambiamento di pendenza. Questi coni nelle Alpi sono luoghi privilegiati per l’agricoltura e i villaggi perché si trovano al riparo da inondazioni. I MEANDRI: 1) lentamente si formano nel corso d’acqua delle curvature (anse) che 2) si dispongono a semicerchio e 3) a forma di ferro di cavalo perché il corso rallenta e deposita materiale. La base del meandro può diventare così stretta da rompersi durante le piene e 4) così il fiume riprende il suo percorso rettilineo, mentre l’acqua dell’ansa ristagna per poi scomparire(meandro morto). (I numeri si riferiscono alle immagini numerate della slide a p. 7 della relativa lezione). FORMAZIONE DELLE VALLI: esse nascono per erosione torrentizia e fluviale della litosfera. Il corso d’acqua scava una gola, formazione tipica delle zone montane o degli altopiani. La forma più tipica della valle è quella a V, come si si trattasse di due aste inclinate che si riuniscono nell’alveo. Proseguendo l’erosione i due versanti vanno ad aprirsi, prendendo una forma ad U (valle a U). WILLIAM MORRIS DAVIS , padre della geografia americana, nel 1884 spiega le varie forme che un territorio assume con l’erosione normale. Ciclo d’erosione: spiega questo tipo di modellamento di un territorio inizialmente pianeggiante. I moti tettonici sono da lui definiti interruzione del ciclo. Davis elaborò questa teoria su una superficie caratterizzata da inclinazione. 1° stadio: giovinezza, caratterizzato da valli strette e rade; 2° stadio: maturità, valli fit te con versanti addolciti e congiunti tra loro; 3° stadio: vecchiaia, caratterizzato da valli larghe e alluvionate con versanti molto poco inclinati (la superficie iniziale non esiste più); 4° stadio: finale, caratterizzato da un rilievo poco percettibile e un piano detto penepiano. Il sollevamento del penepiano può causare una ripresa dell’erosione o u ringiovanimento, per cui si avrà un nuovo ciclo. L’azione erosiva glaciale è detta esarazione. Essa può essere diretta quando avviene per mezzo di sfregamento dei detriti posseduti dal ghiaccio che strofinano sui fianchi e sul fondo insieme a quelli caduti dalle rocce attigue; può però anche essere indiretta, quando i ghiacci trasportano detriti rocciosi dalle montagne circostanti. Forme di quest’erosione: Mammelloni o rocce montonate (ricordano le groppe di un gregge). Tra queste rocce possono crearsi cavità in cui si formano piccoli laghi. I circhi, sono grandi nicchie che intaccano la parte alta del versante subito sotto la cresta, con forma circolare o a ferro di cavallo o rettangolare. Possono avere un’ampiezza variabile da mezzo a un km, recinto roccioso e fondo pianeggiante o concavo, che accoglie un lago. Le valli glaciali nascono per erasione ed erosione fluviale (valli a U). Le morene, sono depositi di detriti vari, possono essere frontali o laterali. Una serie di morene frontali che si estendono na dietro l’altra viene chiamata anfiteatro morenico. I fenomeni periglaciali si verificano nelle parti periferiche (cioè attorno) dei ghiacciai, con diverse forme. Fenomeni crionivali: le loro forme sono cuscinetti d’erba (sui pendii) e i suoli poligonali su terreno pianeggiante. Essi esistono anche in montagna (Alpi e Appennini) . MODULO 2- GEOGRAFIA UMANA LEZ 1- DAL DETERMINISMO AMBIENTALE AL POSSIBILISMO GEOGRAFICO “La grande impresa di trasformazione e conquista del mondo si realizza attraverso l’identificazione dello spazio e la sua annessione culturale” – Eugenio Turri Mentre la geografia fisica rappresenta lo studio dei fenomeni che caratterizzano la geosfera, la geografia umana, come dice il geografo EUGENIO TURRI, studia le manifestazioni territoriali nate dal rapporto uomo – ambiente, che determinano il territorio. Le comunità umane si insediano sul territorio, ne sfruttano le risorse, generano rapporti con l'ambiente, diventano protagoniste di relazioni tra la loro area di insediamento e territori esterni, un insieme di elementi umani e di elementi fisici interagiscono tra di loro e costituiscono una struttura territoriale del tutto speciale. La geografia umana quindi si occupa della natura di queste strutture e del loro livello organizzativo. Dobbiamo dire che fin dai suoi primordi si insediò nell'arena della scienza moderna con il compito di indagare e rappresentare le manifestazioni prodotte sulla superficie terrestre dalla presenza umana e dalla sua interazione con la natura. Questo campo della geografia si è subito distinto dalle altre discipline che si occupano dell’ uomo come attore sociale quali l'economia, la sociologia, l'antropologia culturale, perche non indaga l'essenza del rapporto uomo- natura quanto piuttosto le MANIFESTAZIONI TERRITORIALI ai quali il rapporto dà luogo. Quindi possiamo dire che la geografia umana, ed è uno studio non sincronico, cioè, non si sofferma a considerare la struttura territoriale ferma o semplicemente nella sua organizzazione, ma considera la struttura territoriale nel suo cammino nel tempo , cioè in una visione diacronica. Nel corso della storia del pensiero geografico ci si è resi conto che la formazione, la strutturazione e l'evoluzione di un territorio sono mosse da un'azione sociale e quindi dinamica, capace di modellare con la cultura e i mezzi tecnologici una parte del substrato fisico, organizzandola rispetto a degli obiettivi consoni alle esigenze evolutive della comunità che pero si modificano nel tempo e non restano uguali, ma fanno assumere al territorio sempre nuove connotazioni per mezzo di processi di territorializzazione. La territorializzazione è intesa in termini di presenza umana e di intervento sulla superficie terrestre e delle conseguenti trasformazioni della natura. Per il semplice fatto di essere presente, la specie umana ha dato luogo alla territorializzazione di parti sempre più estese della superficie terrestre. Questi processi hanno trasformato la terra in mondo, una realtà in vario modo controllata dalla natura. La storia umana è stata caratterizzata dall’espansione dell’ecumene e questa espansione, dalla metà del ‘900 ha investito tutta la superficie terrestre. ANGELO TURCO, il geografo che nel 2002 meglio ha studiato questi fenomeni, secondo il quale la TERRITORIALIZZAZIONE si sviluppa attraverso una sequenza di tre forme di controllo: -Il CONTROLLO INTELLETTUALE consiste nell’incontro tra le comunità umane e la superficie terrestre, e ciò avviene quando le prime identificano i luoghi che possono rientrare nella loro dimensione esistenziale. Importante è la denominazione dei luoghi, poiché dando il nome ad un luogo, il luogo stesso cessi di essere una realtà esterna al soggetto e diventi parte della sua sfera intellettuale. Il controllo intellettuale è nato dalla scrittura a partire dal 3° millennio a.C. e procede con strumenti mediatici sempre più complessi, fino contemporanei su base virtuale. Quindi con un processo di simbolizzazione si attribuisce un segno ai sigoli luoghi, quindi senso culturale ai luoghi. -Il CONTROLLO MATERIALE consiste nell’abitare la terra e nello sfruttare le risorse dando così vita a processi in cui l’uomo, ci dice EUGENIO TURRI, plasma la terra non più solo con la forza del pensiero ma anche con l’abilità della sua mano. Alla simbolizzazione, mediante la quale si sviluppa il controllo intellettuale, segue la reificazione, quindi il processo dal piano semiotico si trasferisce sul piano ontologico dando luogo all’intervento fisico -Il CONTROLLO STRUTTURALE che consiste nella suddivisione del territorio in porzioni ognuna della quali possiede una proprio profilo funzionale caratterizzata da forme di uso della superficie terrestre e delle sue risorse, e nello stesso tempo è soggetta ad un determinato regime normativo e all’autorità di determinati soggetti decisionali. Quindi funzioni, confini diritto e apparato decisionale coinvolgono la superficie terrestre in strategie come i piani urbanistici territoriali delle città e le politiche infrastrutturali di un dato paese. Dalla territorializzazione e della sua particolarità derivano diverse manifestazioni territoriali. Quindi la diversità di un territorio (insieme dei fenomeni materiali e intellettuali dinamici nati dall’azione sociale sull’ambiente) e del suo paesaggio scaturiscono dal modo diverso in cui una determinata civiltà, attraverso la sua cultura, il suo grado tecnologico, riesce a trasformare un ambiente dando un’organizzazione e volto, che è il paesaggio. Il paesaggio, quindi, è l’insieme dei volti dati dal tempo al territorio che rispecchiano i fini culturali, ma anche economici che un comunità si è, di volta in volta, prefissata di raggiungere per soddisfare le necessità sociali. Il paesaggio è una totalità di volti del passato e del presente. La struttura territoriale, il territorio e il paesaggio sono stati studiati da due diverse impostazioni DETERMINISMO AMBIENTALE (razionalista) La prima tappa evolutiva del pensiero geografico. La geografia umana inizia il suo percorso disciplinare alla fine del 1700, quando il geografo inizia a porsi una nuova domanda, non più dove sono i luoghi, ma perché una data comunità si stanziasse in un determinato punto della superficie terrestre, e perché questo stanziamento prendesse delle caratteristiche tali da renderlo differente da altri tipi di stanziamento. CARL RITTER: fu il primo geografo che mise l’accento sulla necessità di considerare il fine ultimo della geografia non nella sua descrizione fisica del mondo, bensì nello studio delle relazioni fisiche e ambientale, nei primi decenni dell’800, quando cioè i primi paesi europei avanzati si preparavano ai cambiamenti socio –economici derivati dalla prima rivoluzione industriale. Quando nel 1859 Karl Ritter muore, l'influenza dei suoi studi e le argomentazioni apportate dalla TEORIA EVOLUZIONISTA di Charles Darwin, produssero effetti sulla riflessione geografica che, sempre più indirizzata allo studio delle relazioni tra ambiente fisico e uomo, iniziò ad interpretare le ragioni degli insediamenti umani sulla superficie terrestre e lo sfruttamento delle risorse naturali cosi come gli evoluzionisti facevano con la natura. Per cui era l'ambiente nella sua morfologia a causare le peculiarità dello stanziamento di una popolazione, circostanza questa che dipendeva dall'offerta delle risorse utili alla sopravvivenza prima e all'evoluzione della specie umana poi. Il rapporto tra ambiente fisico e uomo era visto cioè in modo unidirezionale cioè partiva dall’ambiente e giungeva all’uomo in modo CAUSALISTICO, per cui l'ambiente e le risorse da esso elargite erano la causa della sopravvivenza delle classi poveri. Le città inglesi più interessate allo viluppo industriale subirono una veloce crescita demografica; esempio ne è Manchester, che nel 1750 era ancora un borgo agricolo, ma dopo l’invenzione della macchina a vapore e quando la macchina a vapore venne impiegata nell’industria tessile alla fine degli ‘80 del 700, passò da 40.000 abitanti a 70.000. SICA nel 1977 ci spiega che la struttura urbana che si va delineando rappresenta un’entità qualitativamente nuova che si contrappone alla precedente trasformandola completamente. Dalla fagocitazione dello spazio nascono i nuovi luoghi di CONURBAZIONE: le periferie, che si distanziano dal Core (centro urbano). Nella periferia si crea una dicotomia, cresce il lavoro ma anche gli insediamenti delle fasce povere della popolazione. La periferia inizialmente era aderente alle linee delle arterie tramviarie e ferroviarie che collegano queste zone ai nuclei produttivi. Importante era la localizzazione delle fabbriche, ubicate nei vicino ai centri di estrazione delle materie prime. L’industrializzazione ebbe bisogno, quindi, per la sua sussistenza, di muovere tutto un processo di territorializzazione sorretto da nuovi valori culturali che s’insinuarono nella quotidianità dell’individuo fino a rivoluzionargli i bisogni esistenziali e sociali soddisfatti, nel tempo, da una produzione massificata basata sul consumismo. La logica della produttività fa della realtà una macchina economica che, creando interessi di potere, non doveva essere fermata. E’ una meccanica irreversibile in aumento spasmodico della sua produzione che fagocita risorse e spazio. Così nasce la periferia quale fenomeno della conurbazione urbana inizialmente aderente alla linearità delle arterie ferroviarie che la collegavano ai nuclei produttivi e dove, con il passare del tempo, si sono andati a costituire dei veri e propri quartieri che hanno allargato il ring urbano, e dove vanno a stanziarsi i ceti poveri. Con conurbazione si indica una grande area geografica occupata da centri abitati: normalmente si forma una conurbazione quando si estendono progressivamente sia una città, sia i centri minori : con l’avanzamento dei confini dei centri abitati, vanno a diminuire all’interno del territorio le zone rurali, per cui il centro principale finisce per assorbire gli altri fino a formare un’unica estensione urbana; i centri minori gravitano attorno alla città fino a formare un sistema complesso accomunato da problematiche comuni quali i trasporti, la sanità, le abitazioni, i servizi. Per capire , infine meglio, l’evoluzione della città, prendiamo l’esempio di Parigi. Dalla metà dell’800 a questa crescita disordinata della periferia, la maggior parte delle città europee cercarono di porre una soluzione e di ristrutturare il tessuto urbano. Tra tutte caso emblematico è appunto Parigi, che fino ai primi dell’800 era ancora una città dall’aspetto medievale di aspetto labirintico con strade molto strette. I quartieri popolari erano sovraffollati e malsani, spesso soggetti allo straripamento della Senna. Nel 1853 venne elaborato un grande piano urbanistico che portò alla demolizione delle piccole strade, anche perché avevano portato alla rivoluzione,e al risanamento dei quartieri antichi e la costruzione di grandi viali (i Boulevards) che attraversano la città, la creazione di parchi e giardini, la dotazione di reti fognarie e di acquedotti, illuminazione notturna , mercati, trasporti pubblici, ospedali ecc. VON THUNEN: Elaborò uno dei modelli che meglio rappresenta la città industriale di questo primo periodo, legato alla prima rivoluzione industriale, la cui teoria è del 1826 ed è legato all’economia agricola. Il primo tentativo di collegare i modelli d’impiego del suolo e la relazione spaziale che si andava a creare tra la città e la regione circostante già partire dall’800 è stata analizzata da Von Thunen. Stabilendo le modalità di ripartizione delle colture in un’area pianeggiante che subiva l’influenza di una città mercato a cui era destinata la produzione agricola, von Thünen fu uno dei primi ad elaborare un modello che illustrasse il cambiamento dell’ uso del suolo agricolo rispetto al mercato. Da questo modello spaziale, infatti, le diverse fasce della coltivazione erano posizionate intorno al centro cittadino rispettando la differenza tra il prezzo di vendita sul mercato di ciascun prodotto agricolo e il costo di ogni fattore di produzione tra i quali, per la prima volta, compare quello dei trasporti,. Calcolando il guadagno ricavato dalla produzione rispetto alle spese del suo trasporto e ad altri costi di produzione, von Thünen, elaborò una distanza oltre la quale il costo del trasporto diventava tanto elevato da non essere più ammortizzato dal guadagno che da quella coltivazione si ricava. Oltre quelle soglie avrebbero dovute essere poste cosi nuove culture. Von Thünen dimostrò che i valori del suolo rurale diminuiscono man mano che ci si allontana dalla città, situata al centro della superficie considerata. Praticare, così, la massificazione dei profitti significava dover adattare la produzione agricola andando incontro alle necessità del mercato centrale. Come si andò a sviluppare la città industriale? Possiamo dire che già dalla metà dell’800 la città industriale inizia a sviluppare quella capacità magnetica di attrazione che farà si che si vadano a sviluppare delle città satelliti: centri minori gravitano attorno alla città, dando vita ad un centro complesso accumunate dalle stesse problematiche, quali i trasporti, la sanità, le abitazioni, i servizi, ecc. L’industria da questa fase prosegue il suo inarrestabile corso, fino alla fine dell’800 quando inizia quelle che viene definita come la seconda rivoluzione industriale, che trova il suo centro propulsore negli Stati uniti d’America, a differenze della prima rivoluzione industriale il cui centro propulsore è in Europa. Si passa adesso alle grandi concentrazione industriale del Nuovo Continente, con l’affermazione delle Holding, che sono associazioni per il controllo finanziario del mercato, Cartelli, che sono associazioni di impresa che assegnano zone di commercio agli imprenditori per contrastare la concorrenza e i Trust, che è la fusione tra industrie e agisce per monopolio. I questa nuova fase l’industrializzazione ebbe bisogno di muovere un processo sorretto da nuovi valori culturali che soddisfacevano i bisogni dell’individuo attraverso il consumismo che trasforma la realtà in una macchina economica che, attraverso nuovi meccanismi di poteri e fagocitando spazio, non poteva essere fermata. WEBER, Fece una delle analisi più profonde sullo sviluppo della capacità industriale della città, proprio in questo determinato periodo. Egli ha analizzato la città in questo periodo in un saggio famosissimo del 1909 sulla localizzazione delle industrie. Il modello vuole rispondere al problema dove localizzare le industrie al fine di minimizzare i costi. A tale scopo sono presi in esami i luoghi delle materie prime, in un triangolo della localizzazione industriale dove vengono individuati il luoghi delle materie prime, i luoghi dell’energia e i luoghi del consumo. Nella sua formulazione più semplice il modello considera un suolo luogo per le materie prime, un suolo luogo per l’approvvigionamento dell’energia e un suolo luogo per il mercato. Come dimostra l’immagine (Triangolo), il luogo ottimo per l’industria sarà quello di minimo costo trasportazionale individuabile geometricamente nel triangolo localizzatore,e quindi F (centro), inoltre ai tre vertici, M1 M2, sono posti i luoghi delle materie prime e in C i luoghi del consumo. F viene individuato laddove si localizza il prodotto finito, indicato con B1 (beta1), Beta 2 e Beta 3, dopo aver più o meno perso peso per la lavorazione delle materie prime. Anche in questo caso, per la teoria di Von Thunen , l’analisi si basa sui costi di trasporto delle materie prime dei prodotti finiti in una fabbrica. Il sito per l’insediamento dell’industria veniva calcolato attraverso l’elaborazione di un triangolo di localizzazione, dove si consideravano due luoghi di produzione delle materie prime e un mercato equidistanti rispetto ai costi di estrazione, di lavorazione e distribuzione del prodotto. Esempio: pensiamo alla trasformazione del legnale in pasta di legno e quindi in carta, che comporta una perdita di peso di circa il 60 %, per cui le fabbriche di pasta di legno e le cartiere vengono collocate nelle foreste o in prossimità di esse piuttosto che nel cuore del centro abitato. La teoria di Von Thunen e di Weber ci fanno capire come la città industriale andava ad assumere, rispetto alle aree intorno, una nuova funzione. La città veniva interpretata sempre più come un magnete attraente caratterizzata da forze centripete e centrifughe. Dagli anni ‘30 del ‘900 la geografia si accosta sempre più a questa grande manifestazione territoriale urbana e negli anni ‘50 del ‘900 questo fenomeno diventa centrale nell’indagine geografica. Negli anni ‘30 si parlò per la prima volta di funzioni banali per indicare quei beni e servizi offerti alla popolazione urbana, e di funzioni specifiche o basilari per quelli capaci di attirare popolazione anche extraurbana allargando, così, l’ambito gravitazionale e di influenza della città sull’intorno. Queste ultime formavano l’apparato industriale terziario che, assieme, costituivano la base economica urbana. La distinzione tra funzioni banali e funzioni basilari permetteva di mettere a confronto diversi gruppi di città, anche di un solo paese, e di stilarne una gerarchia rispetto sua alla loro base economica, sia alla loro capacità di gestire le relazioni inter e intra spazio urbano. Per cui i beni e i servizi prodotti nella città possono essere destinati alla popolazione urbana, del dintorno o dell’ambiente esterno, formando un nucleo dove vive la popolazione e due corone. Quanta più offerta di servizi la città darà verso l’esterno tanto più sarà elevato il livello delle relazioni interregionali. WALTER CHRISTALLER: Questa concezioni delle funzioni banali e basilari trova compimento nella sua teoria del 1933. Il termine di località centrale esemplifica perfettamente la città e il ruolo funzionale centrale svolto in un dato spazio, ambito gravitazionale a livello regionale. La centralità data da Christaller alla città è attribuita ai beni centrali (trattori, macchinari), ma anche ai servizi centrali (strutture ospedaliere ecc). Per la prima volta l’opera di Christaller proponeva nella storia della geografia un modello generale per interpretare le funzioni terziarie o almeno una categoria di servizi e per spiegare come si organizzavano le reti di città in base ai servizi che essa produce. Il termine località centrale esemplifica perfettamente la città e il ruolo funzionale centrale svolto in un ambito gravitazionale. Secondo questa teoria la località centrale è il punto focale rispetto ad una determinata gerarchie di funzioni che vi sono insediate; di un agglomerato urbano che non coincide con la città, la sua grandezza non coincide con la dimensione demografica. La distribuzione delle aree di mercato corrisponde ad una struttura a nido d’ape (esagonale), con il centro corrispondente al centro di un esagono. Per ogni centro corrispondete in cascata esistono altri centri inferiori corrispondete al villaggio in cui si producono beni di minore portata (distanza massima che una popolazione è disposta a percorrere per acquistare un determinato bene). In questa teoria acquistano grande importanza anche le regioni complementari, che sono quelle aree servite da una località centrale per cui relative ai centri superiori sono estese e si sovrappongono a quelle complementari connesse ai centri di grado inferiore. La chiave di lettura di questa teoria è costituita dall’ordine delle località centrali che dipende dal rango più elevato dei servizi posseduti dalle località centrali, tenuto conto di quanto più elevato è l’ordine delle località centrale tanto più è estesa la sua area di gravitazione. Ne consegue che all’interno dell’area gravitazionale di una località centrale di ordine elevato saranno ubicate le località centrali di un ordine meno elevato. In base a questa concezione è possibile costruire una piramide per ogni città delle funzioni gerarchiche alla base della quale vengono collocate le funzioni banali e al vertice quelle basilari. Su questo scia razionalista dal quale si va ad analizzare questo nuovo corpo urbano capace di crescere e di attrarre l’intorno attraverso una forza magnetica dettata dalle sue funzioni si arriva agli anni ‘50 e al funzionalismo geografico, prospettiva che ha avuto i suoi prodromi già nell’800, in particolar modo negli anni ’30 del 900. EDWARD UHLMAN: geografo capace di sintetizzare la differenza tra il funzionalismo geografico e il possibilismo che nel 1954 in “geografia come spazia di interazione”afferma che il contributo intellettuale che la geografia umana può offrire è sintetizzabile nel concetto di sito, la condizione concreta di un luogo in una certa area e quando la geografia umana lo assume d oggetto di studio guarda alle relazioni verticali fra uomo e ambiente e situazione, costituita dagli effetti che un’area producono su un’altra area e, quando la geografia lo assume ad oggetto di studio, guarda alle relazioni orizzontali, cioè fra le diverse aree. Esistono due figure limite: da una parte la geografia umana come scienza delle relazioni tra uomo e ambiente (Possibilismo), dall’altra la geografia umana come scienza della relazioni tra diverse aree (Funzionalismo e analisi spaziale che si svilupperà negli anni ‘60). Nasce quindi negli anni ’50 il FUNZIONALISMO, e il suo studio si concentra tuttora sulla struttura territoriale e sulle relazioni con le altre aree. Proprio il rapporto che la città intrattiene con il territorio circostante diviene importante nell’indagine funzionalista definita anche come strutturalismo geografico in virtù delle assonanze con le correnti di pensiero che si svilupparono in quegli anni negli ambiti linguistici e psicologici, per cui il funzionalismo va a esaminare la città come una struttura territoriale indagabile perché la realtà è evidente, oggettiva e descrivibile, riconosciuta in maniera esaustiva attraverso una logica di causa effetto, riprendendo i precetti cartesiani. I concetti cari sono quelli di localizzazione perché un centro abitatosi posizione in un dato punto della superficie terrestre e da quale processo prende vita per crescere, distribuzione a quali forze un complesso industriale si è insediato in un territorio e concentrazione, come e perché determinati elementi si siano concentrati in un determinato spazio generando un complesso industriale. La città funzionalista è quindi razionale che non analizza soltanto il movimento ma anche le reti sulle quali questo movimento si creano le relazioni tra città persone dando vita a dei nodi quali punti di convergenze e di smistamento dei flussi che si vengono a creare. Il territorio quindi è una struttura ma anche un campo magnetico che determina un intorno fatto da aree dominanti e di fulcri. FRANCOIS PERROUX:Suo è l’ultimo modello concettuale che va ad esemplificare le caratteristiche del funzionalismo e sonda le nuove caratteristiche della città espansa degli anni ‘50/60 del ‘900. Egli cercò di analizzare come la crescita della città industriale fosse sorretta dalla polarizzazione delle altre industrie, la cui funzione trainante inter e intra urbana era esercitata dalla industria motrice, caratterizzata da attività manifatturiera. L’indagine di Perroux i concentrò sugli effetti prodotti dall’industria motrice ed osservò che pur richiedendo risorse offriva lavoro, e quindi introito favorendo l’insediamento di altre industrie che davano vita allo sviluppo territoriale definita economia esterna. La reciproca influenza tra economia esterna e industria motrice crea una dinamica industriale. Quindi dalla città paleoindustriale si arriva alle grandi concentrazioni metropolitane che porteranno ad una ulteriore crescita di questo corpo urbano, definito nebulosa urbana, che prenderà poi l’aspetto di una Megalopoli, e questa crescita della città è assolutamente dovuta alle funzioni che la città esercita e per le quali diventa un magnete di attrazione per tutto l’hinterland. I flussi migratori diretti verso i centri industriali cambiarono il volto di interi paesi. (A. Vallega). LEZ. 3 LA MEGALOPOLI TRA IMPLOSIONE FUNZIONALE ED ESPLOSIONE DEMOGRAFICA La cornubazione è la forma urbana che segna il passaggio dalla città industriale a quelle grande espansioni urbane che prenderanno il nome di Megalopoli. In particolare, il fenomeno dell’implosione funzionale della città è strettamente collegato ala sua esplosione demografica. CONURBAZIONE POLICENTRICA: evoluzione della città industriale, è una copertura urbana composta da metropoli espanse aventi ognuna una propria area metropolitana autonoma a livello amministrativo e funzionale. Quando si formano più conurbazioni o più in generale quando vengono alla ribalta agglomerazioni non si è più di fronte ad una città in espansione ma una sorta di prodotto superiore, poichè ogni città finisce per essere convogliata in un unico tessuto urbano, come appunto la Megalopoli, esempio Boswash (Boston + Washington), che è un megalopoli in forte espansione. Megalopoli è quindi il termine che GOTTMANN da a questa nebulosa urbana, a questo coagulo insediativo rifacendosi a un gruppo di antiche genti che avevano progettato nel Peloponneso (in Grecia)una città stato alla quale volevano dare il nome di Megalopoli, sognando di dare a questa città un grande futuro. La megalopoli, quindi, è un fenomeno che si sviluppa in conseguenza ad una grande implosione urbana e della conseguente esplosione demografica, costituita dalla crescita della popolazione urbana e la relativa occupazione del territorio circostante. Se la metropoli è in genere un città molto grande con più di un milione di abitanti e di grande importanza economica e culturale, la megalopoli è invece un’estensione di più aree metropolitane che può anche avere più di 30,000 di abitanti. Pensiamo a Tokaido, megalopoli giapponese o BosWash. RANK SIZE RULE: regola elaborata dai geografi per esprimere la correlazione diretta che esiste tra implosione funzionale e esplosione urbana. Essa misura la relazione tra la consistenza della popolazione (size) e l’ordine funzionale della città, ossia il rango più elevato di funzioni che esso accoglie. Per prima cosa bisogna tener presente che l popolazione può essere espressa per metro assoluto, mentre l’altra variabile che è il rango funzionale può essere espresso con metro relativo. La rank size rule è espressa nella formula Pr = a Pi/ (fratto)r, dove r è l’ordine funzionale attribuito alla città nell’insieme delle città considerate. Pi è la popolazione della città più grande nell’insieme e Pr è la popolazione della città considerata. In sostanza ciò vuol dire che la seconda città del sistema urbano dovrebbe avere un numero di abitanti pari alla metà di quello che ha la prima. E’ una formulazione troppo rigida ed è stata fatta oggetto di modifiche. Su un’area si può andare a sviluppare una rete urbana stratificata dove si vanno a posizionare come nodi le località centrali aventi funzioni di rango elevato. Prende così vita uno sviluppo locale basato su rete urbana tale da rendere l’area stessa concorrenziale a livello economico rispetto alla ben più ampia rete del sistema globale, il processo di fusione spaziale fra le cellule urbane può portare fino alla formazione di una megalopoli, un’agglomerazione urbana organizzata e coesa da implosione funzionale ed esplosione demografica, se le circostanze lo permettono . CARATTERISTICHE DELLA MEGALOPOLI: -RIFUNZIONALIZZAZIONE degli spazi urbani che ha liberato il core (centro urbano) dai luoghi deputati alla attività industriale a vantaggio delle attività terziarie di alto livello o quaternarie. Il centro è occupato dalle banche, dai centri amministrativi, di ricerca, di istruzione ecc, settori di servizio speciali, occupati dai white collars, come li definisce Gottmann, i colletti bianchi, che nei paesi più avanzati richiama una cospicua parte della popolazione attiva. L’architettura tipica di questo centro di controllo è lo skyline, grattacielo, che impera sulle città occidentali dalla fine dell’800, esempio Chicago, rappresenta il simbolo della megalopoli. -RURURBANIZZAZIONE: all’espansione privata e pubblica dei sobborghi storicamente nati con la città industriale, si accosta un’urbanizzazione degli spazi vergini attorno agli spazi interseziali che stavano intorno alla città preindustriale. Alcune grandi città stanno cercando una soluzione a questa continua cementificazione degli spazi verdi, come Londra che ha adottato spazi verdi che limitano il processo di sub urbanizzazione. Alla crescita massiccia ed irregolare del corpo urbano corrisponde anche una complessità della sua struttura socio-culturale, in particolare alla città multietnica, esempio Londra, Berlino e Parigi. Londra fino a 70 anni fa era il centro di un impero coloniale ed ha aperto le porte agli abitanti delle sue ex colonie permettendo di abitare in Inghilterra con cittadinanza. Questo fenomeno si è accentuato sempre più e a Londra si sono stanziati diversi etnie e formati interi quartieri che hanno una popolazione di diverse parti del mondo: Asia, Africa ecc. anche la Germania ha favorito dal secondo dopoguerra l’entrata degli immigrati come manodopera per rilanciare l’economia. Si sono sviluppati veri propri quartieri come quelli turchi con ristoranti e insegne turchi. Anche a Parigi si sono andati a formare dei quartieri etnici. La multietnicità ha caratterizzato non soltanto l’Europa ma anche le megalopoli degli Stati Uniti di America, dove sono stati concettualizzati i modelli del MELTING POT, cioè, la mescolanza e fusione di diverse popolazioni che si sono insediati negli usa, dotati di culture e tradizioni proprie, ma comunque hanno accettato un processo di integrazione. Diverso è invece il concetto di SALAD BOWL che è un modello che rappresenta la vicinanza di tante etnie in territorio americano ma che mantengono le proprie culture. Dagli anni ’70 in poi si entra in una nuova fase: si manifesta una ridistribuzione della popolazione frammentata e discontinua, dove il core della città si va a spopolare, processo quindi definito col termine di contro-urbanizzazione, soprattutto per sottolineare diffusi fenomeni di decentramento insediativo rispetto ai centri urbani. La prima concettualizzazione della contro-urbanizzazione è data dallo studioso Bryan Berry il quale definisce il fenomeno come un processo di deconcentrazione della popolazione urbana che implica il passaggio da uno stato di maggior concentrazione ad uno stato di minor concentrazione. Ciò rappresenta un’inversione rispetto alle tendenze prevalenti a La teoria sistemica fornì una nuova visione conoscitiva basata sulla consapevolezza della relatività della conoscenza oggettiva della realtà. Si andava perciò a opporre ai principi cartesiani in questo modo: -al principio di EVIDENZA (che implica la realtà in sé), si contrappone la PERTINENZA (realtà secondo l’osservatore) -al principio di RIDUZIONISMO (che implica l’oggetto scomposto), si contrappone l’OLISMO (oggetto nella sua totalità -al principio di ESAUSTIVITÀ (che implica la rassegna completa degli elementi), si contrappone la TELEOLOGIA (considerare fini e comportamenti), -al principio di CAUSALISMO (che implica il risalire alle cause) si contrappone AGGREGATIVITÀ (rassegna selezionata degli elementi). La teoria sistemica studia i fenomeni come aggregati di elementi che interagiscono. La terra viene considerata un holon, o organismo vivente quale miscela inscindibile di fattori umani e ambientali. Ogni sistema territoriale non subisce passivamente le sollecitazioni esterne al cambiamento ma, se dotato di un’organizzazione solida e strutturata, può cambiare quando fosse necessario modificando i propri obiettivi. (esempi di cambiamenti dovuto alla riformulazione dell’obiettivo possono essere la corsa all’industrializzazione negli anni 60 e la creazione di un sistema territoriale post-industriale negli anni 80) La prima fase della geografia sistemica considera il territorio come un sistema aperto capace di evolversi nel tempo, trasformando la sua struttura organizzativa in base all’obiettivo analitico che persegue. La seconda fase della geografia sistemica, definita anche GEOGRAFIA DELLA COMPLESSITA’,(seconda metà anni 80) concentra la sua analisi sui tipi di trasformazione verso cui il sistema va incontro durante la sua traiettoria. Il lavoro del geografo diventa più difficile perché deve decodificare una moltitudine di relazioni che vanno a creare la realtà contemporanea. Essa si concentra su vari aspetti perché il territorio non viene più messo in relazione con l’ecumene ma con l’intera geosfera Più l’organizzazione interna del sistema territoriale sarà complessa e strutturata più potrà perseguire autonomamente i suoi obiettivi temporale rispetto agli input esterni. Rispetto agli input che il sistema territoriale incamera, il sistema complesso può attuare una trasformazione della sua struttura, mettendo in atto una morfogenesi tramite: -CAPACITÀ AUTOPOIETICA O AUTOGENERATRICE: è quella di cui si avvale l’organizzazione istituzionale grazie a cui vengono regolati i comportamenti sociali. -CAPACITÀ AUTOREFERENZIALE: ha il compito di diffondere il senso identitario, culturale e valoriale proprio del sistema territoriale. La lingua è un auto coagulante sociale ed è capace di aumentare il senso di appartenenza fra individuo e territorio. MORFOGENESI: fase di cambiamento nel corso della quale il sistema trasforma la propria organizzazione. Cosa succede se un sistema territoriale non ha un’organizzazione solida coadiuvata da capacità autopoietica e autoreferenziale? Il rischio è la decostruzione dell’interna struttura. Un esempio sono i villaggi turistici di proprietà delle multinazionali, veri e propri non luoghi, realizzati in paesi economicamente disagiati eppure mete di turismo di massa. Dagli anni 90 in poi ci si rese conto di quanto il sistema diventasse sempre più dinamico e correlato ai fenomeni demografici, economici, sociali e politici. Lo sviluppo diventa sostenibile e va per questo analizzato in tutta la complessità delle relazioni che lo muovono. LEZ 6- LA PROSPETTIVA UMANISTICA IN GEOGRAFIA A partire dagli anni 70 del ‘900, ma con radici in movimenti come romanticismo e spiritualismo, si va diffondendo una nuova prospettiva umanistica anche in geografia alternativa al filone razionalista. La grammatica razionalista: DETERMINISMO – POSSIBILISMO – FUNZIONALISMO –GEOGRAFIA SISTEMICA. Essa guarda alla realtà in maniera oggettiva come un’oggetto indagabile e quindi scomponibile. Il legame fra loro è dato dalla ragione La grammatica umanistica: INDIRIZZO UMANISTICO: Questo filone considera la territorializzazione come la partecipazione dei luoghi nella sfera esistenziale del soggetto. Il geografo va ad indagare, l’aspetto culturale,le condizioni sociali, gli stili di vita per rappresentare come i luoghi rientrano nella visione e immaginazione sociale INDIRIZZO POSTMODERNISTA: guarda alla territorializzazione attuale come il frutto della dialettica fra la modernità, in cui lo spazio geografico, organizzato secondo canoni razionalistici e la postmodernità in cui lo spazio è vissuto in base allo spirito degli individui INDIRIZZO SEMIOTICO: Vede la territorializzazione come un processo che ha radici nella simbolizzazione dei luoghi. Il geografo quindi indaga la cultura della comunità e la storia dei luoghi che diviene la materializzazione del valore simbolico che la comunità ha dato al territorio nel corso del tempo INDIRIZZO SPIRITUALISTA: frutto dell’incontro tra natura e spirito umano da cui scaturiscono emozioni Secondo questa prospettiva, al centro non vi è più l’oggetto ma il soggetto, per cui i luoghi acquistano un senso “soggettivo” nella sfera intellettuale e spirituale di ognuno. Il territorio finisce di essere considerato un oggetto indagabile per sé, per entrare a far parte della dimensione esistenziale dell’individuo. PROSPETTIVA UMANISTICA E PROSPETTIVA RAZIONALISTA: mentre secondo il razionalismo è la ragione che lega lo spazio geografico al soggetto, il quale ne produrrà una rappresentazione razionale, per la prospettiva umanistica lo spazio viene sostituito dal luogo che è campo ed espressione dell’emotività con la quale si rappresenta. L’analisi umanistica parte dal soggetto e considera i luoghi rispetto alla sua emozione, da cui parte una rappresentazione simbolica. I simboli vanno così a sostituire gli oggetti divenendone metafore. Secondo la grammatica umanistica il luogo si sostituisce allo spazio e diventa la fonte di emozioni del soggetto diventano fonte di rappresentazione. Il simbolo, differentemente dalla grammatica razionalista, non va a spiegare l’oggetto ma va a comprenderlo (dal latino raggruppare, prendere insieme). Anche i SEGNI sono importanti. Nella cultura umanistica il segno è sostituito da simboli che riportano all’impulso emozionale e seguono il principio di somiglianza. Fra gli studiosi di questo ambito, un importante contributo proviene nella prima metà del ‘900 dallo statunitense CARL SAUER con la sua geografia culturale, dal post strutturalista francese degli anni ’60, nella seconda metà del ‘900 da HERBERT LEHMANN, con la geofilosofia e negli anni 70 da YI-FU TUAN che, contrapponeva impostazioni sensibili a tener conto del senso che gli spazi geografici acquistano nei riguardi della sfera intellettuale e spirituale. Nel concetto di topofilia egli esprime il rapporto simbiotico fra soggetti e luoghi. (Esempio me e il mare). “i luoghi come gli esseri umani, acquistano caratteristiche uniche nel corso del tempo. Negli anni ’70 del Novecento proprio nel momento di massima produzione dell’analisi funzionalista, compaiono alcuni studi di geografi che guardano alla città come insieme di segni che nella storia avevano modificato il loro senso culturale. Negli anni 90 DENNIS COSGROVE pubblica un lavoro sui monumenti di Roma che apre la strada a nuove ottiche: la città diviene il luogo privilegiato dell’indagine umanistica per le sue valenze simboliche, emanate anche dalle carte planimetriche attraverso cui si entra nella cultura della città stessa. La città diventerà il punto focale anche della ricerca umanistica. Lo studio specifico dei segni fissati nei luoghi fa penetrare nel senso di una cultura, costituita da tante pluralità di significato. Il quadrato, ad esempio, rappresentava simbolicamente l’articolazione dell’universo a partire da un centro situato all’incontro tra due strade principali (il cardo e il decumano, il cui orientamento era determinato su base astronomica, allo sbocco delle quali si trovavano le porte della città. A tal proposito, MICHEL FAUCAULT teorizza il concetto di ETEROTOPIE, ovvero luoghi “altri” che, pur appartenendo al corpo urbano, ne vengono isolati con appropriati sistemi di chiusura e apertura. Esempi sono i musei e le biblioteche, che sono eterotopie del tempo o come i villaggi turistici dove l’eterotopia è cronica, o come le prigioni, gli ospedali, ma anche gli insediamenti etnici, colmi di simboli presenti territorialmente attraverso cui le minoranze affermano la loro identità culturale. Il concetto di regione, già a partire dal ‘700, è stata concepita sempre in maniera oggettiva. I tentativi di affrontare il tema della regione da un punto di vista umanistico partono alla fine degli anni ‘70 del ‘900, con il lavoro di ARMAN FREMONT, il quale rappresenta la regione considerando gli elementi oggettivamente determinabili per poi giungere agli elementi soggettivi, legati al senso di appartenenza. Il territorio viene considerato come spazio di vita (l’insediamento e la mobilità delle persone disegnano un rapporto materiale con il territorio), spazio sociale (livello in cui si costruiscono le relazioni sociali) e spazio vissuto (risultante dei primi due concetti, in questo caso il territorio viene considerato negli aspetti psicologici che legano l’uomo al territorio). In questo modo la regione viene identificata non solo nella sua organizzazione economica ma anche nei sistemi di valore che la comunità riconosce e imprime in essa. La regione come spazio di identità, un magnete, non come inteso dalla visione funzionalista ma come generatore di comunità. Ogni luogo può essere analizzato semioticamente, come segno significante capace di agire sulla sfera esistenziale di ogni individuo. La regione quindi non dovrebbe essere identificata nella sua omogeneità ma come unione di valori con i quali giustifica il suo essere nel mondo. Il geografo va dunque ad indagare l’aspetto culturale e gli stili di vita con l’obiettivo di rappresentare il modo con cui i luoghi sono percepiti e rientrano nella visione e nell’immaginazione sociale. I quartieri etnici ne sono massima espressione. Quindi si può concludere identificando tre processi di territorializzazione: -Uno che riguarda le funzioni che la geografia strutturalista ha cercato di indagare, -Uno che riguarda il paesaggio in senso tangibile, cioè costituito dalle forme materiali; -Uno che riguarda il manto simbolico, da cui deriva il paesaggio composto da forme intangibili (cultura orale o dialettale, i suoni dei luoghi caratteristici come quello del campanile, le tradizioni gastronomiche), nuovo possibile traguardo della geografia regionale. MODULO 3 – CARTOGRAFIA LEZ 1 - LA TERRA E LA SUA RAPPRESENTAZIONE: CARATTERISTICHE E PROIEZIONI CARTOGRAFICHE FORMA E DIMENSIONE DELLA TERRA La cartografia è una tecnica di rappresentazione attraverso cui l’uomo ha inteso localizzare la propria posizione fisica e culturale rispetto all’intorno ambientale. La forma e la dimensione della terra hanno sempre interessato gli studiosi e i geografi. Ricordiamo già nel III sec a.C il cosmologo greco Eratostene da Cirene che intuisce la sfericità della terra e ne stabilisce la misura avvicinandosi notevolmente, ma questa ipotesi sarà a lungo accantonata, poiché per secoli prevarrà l’idea di una terra piatta. Il suo metodo si basava su una proporzione tra la lunghezza di un tratto di meridiano e l’angolo al centro corrispondente ai due punti estremi dell’arco, attraverso questa proporzione, ipotizzò di poter giungere all’intera lunghezza meridiana. Eratostene prese in considerazione due città dell’Egitto: Alessandria e Siene( attuale Assuan), ritenute poste sullo stesso meridiano (anche se in realtà non è cosi) e basandosi sulla distanza tra le due e su una misura angolare ( dedotta da l’inclinazione rispetto alla verticale dei raggi solari ad Alessandra nel giorno del solstizio d’Estate quando il sole è allo ZENIT a Siene), ottenne la stima della circonferenza terrestre in stadi pari 46250 km. La terra attualmente è misurata in 40077 km, possiamo dire che il calcolo di Eratostene si avvicinò molto alla realtà. -Nell’Europa medioevale il discorso si accantona per lasciare posto ad una visione teologica del mondo. -Nel‘600 si svolge un dibattito molto acceso con i grandi viaggi oceanici che portano alla circumnavigazione del globo. Notevoli diversità di misurazioni portano a diverse teorie: chi sosteneva che la terra fosse appiattita verso i poli, chi diceva che la terra fosse allungata come una palla da rugby. -Nel 1730 si raccolgono nuovi dati e grazie alle spedizioni GEODEDICHE si conferma la prima ipotesi cioè che il diametro della terra ai poli è minore rispetto a quello all’Equatore. E l’Equatore non corrisponde alla parte più rigonfia della terra che invece si trova in un circolo leggermente più a sud dell’EQUATORE. Questa forma irregolare ha complicato la progettazione delle carte geografiche. La terra, volendo darle una forma geometrica, possiamo dire assomigli ad un ELLISSOIDE con un indice di eccentricità di 1/300 (indice di lieve entità rispetto a Giove e Saturno) Ma non è un ELISSOIDE DI ROTAZIONE a causa delle asperità della superficie e delle irregolarità, quindi immaginandola senza irregolarità la terra può essere definita un GEOIDE : Solido ideale, la cui superficie risulta in ogni punto perpendicolare alla direzione della gravità; la sua forma corrisponde a quella che avrebbe la Terra se fosse priva di rilievi montuosi un po rigonfio in corrispondenza dei continenti e depresso in corrispondenza degli oceani. La verticale FISICA (cioè quella calcolata sul geoide ovvero la perpendicolare alla sua superficie) e la verticale GEOCENTRICA (cioè la retta passante per il centro dell’ellisse) non SEMPRE corrispondono a causa delle irregolarità del Geoide. MERIDIANI E PARALLELI IL RETICOLATO GEOGRAFICO Concetto di BIUNIVOCITA’ tra carta e realtà: Il sistema di coordinate deve consentire di individuare in maniera precisa e BIUNIVOCA ad ogni punto sulla superficie terrestre un punto preciso sulla carta geografica e viceversa. Nelle carte di piccola e media scala il sistema utilizzato è quello delle COORDINATE ANGOLARI considerando cioè la terra una sfera perfetta. Possiamo individuare un circolo massimo ovvero il cerchio individuato dall'intersezione di una sfera con un piano che passa per il suo centro. Avremo anche dei circoli minori se il piano non passerà per il centro. PARALLELI -circoli minori ottenuti intersecando la superficie sferica con piani perpendicolari all’asse di rotazione della terra. -Il circolo massimo invece è l’Equatore ovvero la circonferenza più lunga che divide la terra in emisfero BOREALE o Settentrionale e Emisfero AUSTRALE o Meridionale. E’ equidistante dai Poli. -L’equatore è il parallelo di riferimento. -I paralleli sarebbero infiniti ma convenzionalmente ne tracciamo 90 dall’Equatore al polo Nord e 90 dall’ equatore a polo Sud. -Si distinguono numerandoli con una cifra che indica la distanza angolare in gradi dall’Equatore MERIDIANI -Ogni circolo massimo passante per i POLI determina due semicerchi: un meridiano e un antimeridiano. -I meridiani quindi sono le semicirconferenze comprese tra un polo e l’altro seguendo la direzione NORD_SUD -Ad ogni meridiano ne corrisponde un opposto chiamato antimeridiano che completa la circonferenza. -I meridiani sarebbero infiniti ma convenzionalmente disegniamo 180 meridiani e 180 antimeridiani tracciati ad intervalli prefissati. Si distinguono numerandoli con una cifra che indica la distanza angolare in gradi da un meridiano convenzionale ovvero quello di Greenwich. Meridiani e paralleli creano un reticolato geografico che serve alla localizzazione precisa di un punto sulla superficie terrestre. Per localizzare un punto servono le coordinate geografiche: -LATITUDINE: il valore angolare (cioè rispetto al centro della terra) dell’arco di meridiano compreso tra un punto e l’EQUATORE. Espresso in gradi sessagesimali primi e secondi. Tutti i punti collocati sull’equatore hanno latitudine 0°, la massima latitudine è 90° e corrisponde ai poli. -LONGITUDINE: il valore angolare dell’arco di parallelo compreso tra un punto e un meridiano di riferimento meridiano di Greenwich, tutti i punti posti sul meridiano di Greenwich hanno longitudine 0°. Il valore massimo di longitudine è 180° Quando determino le coordinate di un luogo utilizziamo anche l’ora locale e l’altezza di una determinata stella sull’orizzonte CARATTERISTICHE DELLA CARTA GEOGRAFICA La carta geografica è la rappresentazione grafica della superficie terrestre su un piano bidimensionale. -La scala grafica è rappresentata per mezzo di segmenti rettilinei suddivisi in parti uguali indicanti il valore della corrispondente distanza reale sul terreno. Più il numero al denominatore è grande, più la scala è piccola più ridotta è la rappresentazione dei particolari presenti su terreno a cominciare dalle distanze. Le carte possono, quindi, essere classificate in base alla scala e alle esigenze di consultazione, così da non definirle tutte carte: -mappe catastali o piante (scala da 1:10.000 a 1:1.000) -riproducono una parte circoscritta del territorio. Le piante rappresentano la distribuzione degli edifici nei centri abitati e i loro particolari interni. Sono carte a grandissima scala. -carte topografiche (da 1:200.000 a 1:10.000) - colme di dettagli idrografici e orografici del terreno. Sono carte a grande scala; scopi escursionistici e militari. -carte generali (da 1:5.000.000 a 1:1.000.000) – Le carte generali rappresentano per lo più continenti o parti di essi e, quindi, possono essere visibili particolari fisici. Anche le grandi vie di comunicazione e le grandi Città. Nei planisferi è rappresentata l’intera superficie terrestre. Sono carte a piccola e piccolissima scala; -carte corografiche (scala da 1:1.000.000 a 1:200.000) – dove sono rappresentate parti estese di una regione con ricchezza di particolari. Centri abitati e la rete stradale. Sono carte a media scala; -Globi ( stessa scala dei mappamondi ma sono su una superficie sferica, usati per finalità didattiche, privi di errori di approssimazione , poiché la superficie è sferica. -Planisferi (scala da 1:100.000.000 a 1 5.000.000 usati a scopi didattici danno una buona idea delle distanze tra i continenti, riportano il reticolo delle coordinate, i grandi fiumi e le grandi città. Col nome di mappamondo no bisogna intendere i globi. Esistono due tipi di carte: -Carte topografiche: danno informazioni geometriche dello spazio, sono simboliche e in scala -Carte tematiche :Mettono in evidenza specifici fenomeni e la loro distribuzione spaziale, con informazioni elementari. Possono essere classificate in base alla loro funzione: FISICHE (evidenziano le caratteristiche fisiche del territorio tralasciando i prodotti dell’attivita’ umane IDROGRAFICHE MARINE E NAUTICHE GEOLOGICHE ( rivelano natura geologica) GEOMORFOLOGICHE (evidenziano conformazione della struttura terrestre e i fenomeni dinamici responsabili del suo continuo modellamento) CLIMATICHE METEREOLOGICHE (Evidenziano lo sviluppo nel tempi dei fenomeni metereologici) ANTROPICHE Trattano fenomeni legati all’uomo e alla sua attività (storiche, stradali e ferroviarie) INDUSTRIALI E MINERARIE Indicano la natura della produzione e dei minerali estratti) SIMBOLOGIA Parte costituente della carta - assieme alla costruzione del reticolato geografico e della rappresentazione in piano del territorio - è il lavoro del topografo che determina la posizione degli elementi - naturali e antropici - presenti sul terreno. • Non potendo essere riprodotti nelle loro fattezze reali, seppur ridotte secondo il rapporto di scala, viene utilizzata una serie di simboli CONVENZIONALI (devono essere leggibili per tutti) per favorire l’orientamento di chi percorre il territorio rappresentato nella carta. • La simbologia, spesso contenuta nella legenda, è formata da un insieme di segni convenzionali a cui viene associato un preciso significato con un alto grado di intelligibilità planimetrico del terreno. Possono essere presenti indicazioni relative a: sponde variabili, vegetazione di acquitrino, sabbia, isole variabili, pozzi, sorgenti, cisterne, fontane, acquedotti, ecc. L’IGM (istituto geografico militare) dalla fine dell’800 è preposto all’aggiornamento delle carte geografiche, fondato a Torino e spostato nel 1865 a Firenze . La topografia dell’IGM è in scala ed è rappresentata tutta l’Italia in fogli suddivisi in quadrati e in sezioni, le prime carte erano in bianco e nero poi sono stati introdotti i colori. La simbologia è molto intellegibile. Fondamentale la chiarezza e la leggibilità. OROGRAFIA Prendiamo in considerazione la sola simbologia inerente l’orografia a titolo esemplificativo, ma anche perché è tra gli elementi fisici più caratterizzanti del territorio e da cartografare. Per la descrizione altimetrica (orografia) vengono utilizzate le CURVE DI RILIEVO O ISOIPSE; una serie di curve di rilievo equidistanti capaci di descrivere con precisione le insenature naturali dovute alla conformazione delle montagne e a solchi erosivi delle acque superficiali, indicando – ancor prima che il topografo disegni la rete idrica – dove s’incanalano nel loro percorso verso il mare. L’equidistanza è spesso indicata in margine alla carta: tanto più è minore quanto più sarà maggiore la precisione della descrizione del rilievo. Di frequente l’equidistanza è millimetrica, pari – cioè – alla distanza di un millimetro sulla carta (25 m nelle carte con scala 1:25.000, 100 m nelle scale 1:100.000). Le curve di livello nelle carte topografiche si distinguono in curve direttrici (disegnate con tratto forte) e curve intermedie (disegnate con tratto fino), e in genere nelle equidistanze di 25m, ogni tre curve intermedie troviamo una curva direttrice che corrisponde alle quote multiple di 100 m. Inoltre nell’intervallo delle equidistanze possono esserci interruzioni di pendenza che vengono rappresentate con curve ausiliarie (con equidistanza di 5 m) che descrivono le irregolarità del rilievo. Leggere le curve di livello significa guardare la carta e capire come si presenterà il terreno; In generale possiamo dire che più le curve sono vicino l’una all’altra, più il terreno è ripido; più sono lontane più il pendio è dolce. L’assenza di Isoipse indica terreno pianeggiante. Leggere una carta significa essere in grado di dare una descrizione, anche se sommaria, del terreno rappresentato e di individuarne le caratteristiche salienti come se quel territorio lo si conoscesse nella realtà. LEZ 3 - BREVE STORIA DELLA CARTOGRAFIA 1)DALLA PREISTORIA ALLA CARTOGRAFIA GRECA L’inizio della cartografia si fa risalire a tempi preistorici lontanissimi, circa 15.000 anni fa, come testimonia il graffito rinvenuto a Mezin in Ucraina. A questo segue la “Pietra di Jebel Amud” di 10.000 -6.000 anni or sono. Importante testimonianza preistorica, i graffiti rinvenuti nella Valle Camonica (Mappa di Bedolina), abitata dagli antichi Camuni, raffigurante la mappa di un villaggio di oltre 10000 anni fa con campi, pascoli recintati per animali e abitazioni. 2)DALLA CIVILTÀ DEL MEDIO ORIENTE ALLA CARTOGRAFIA GRECA Del periodo storico, come da reperti archeologici pervenuti dalle antiche civiltà del Medio Oriente, sono gli abbozzi cartografici incisi su tavolette d’argilla che rappresentano territori conosciuti dalle popolazioni indigene. I reperti sono rari quindi l’uso non era diffusissimo, e lo scopo era prettamente pratico Ne è un esempio la tavoletta trovata in Mesopotamia, nella quale sono rappresentati i fenomeni fisici e umani più rilevanti:il fiume Eufrate montagne, insediamenti umani di quella terra:Tavoletta di Nippur appartenente alla civiltà dei Sumeri, di argilla rinvenuta in Mesopotamia risale al 1300 a.C. La civiltà egiziana ci ha consegnato delle testimonianze cartografiche importanti, soprattutto delle mappe Catastali che gli agrimensori stilavano a documento delle delimitazioni delle proprietà degli appezzamenti coltivati e forse anche per le opere di irrigazione. Un esempio è il papiro conservato al Museo Egizio di Torino che descrive uno dei giacimenti d’oro della Nubia (circa 1200 a.C.). Uno dei più antichi mappamondi è quello Babilonese proveniente da Uruk su tavoletta di argilla e risale al VII sec a.C. circa, conservata al British Museum a forma di disco circondato da un anello di acqua. La prima rappresentazione dell’ecumene (terra emersa abitata dall’uomo) è del VI secolo a.C. ed è attribuita ad Anassimandro di Mileto (porto rinomato dell’Asia Minore) della scuola ionica. Il mappamondo, che non è giunto sino a noi se non coriproduzione, rappresenta il mondo circondato dall’oceano con al centro la Grecia protesa nel Mediterraneo. La terra è rappresentata come un cerchio circondata da un anello periferico d’acqua (Oceano), in mezzo penetrava il Mediterraneo al centro del quale c’era la Grecia. Mileto era al tempo un importante porto sull’ Egeo dove confluivano notizie delle terre mediterranee con cui avvenivano scambi. È con i greci intorno al IV sec aC che si sviluppò una cartografia basata sulle intuizioni di principi scientifici quali: tentativi di misurazione del meridiano, linee di riferimento e linee perpendicolari (i nostri meridiani e paralleli), intuizioni della latitudine longitudine e delle proiezioni. -Dicearco di Messina (IV sec. a.C.) filosofo peripatetico, fu tra i primi a cercare di misurare la sfericità della Terra (concetto acquisito già nel V secolo a.C. dai Pitagorici); introduce un sistema basato su un reticolato che divide la terra conosciuta con una linea longitudinale che partiva dalle colonne d’Ercole e arrivava al Caucaso e con una linea ortogonale che collegava Siene ( oggi Assuan) con una città della Tracia. Si attribuisce al lui anche il calcolo delle circonferenza massima della terra di cui i Pitagorici avevano già affermato la sfericità. -Eratostene di Cirene (III sec. a.C.) filosofo, matematico,compì invece la misurazione del meridiano terrestre. Fu chiamato a dirigere la grande Biblioteca di Alessandria. Scrive una descrizione geografica del mondi divisa in diverse regioni e poi una carta dove utilizza sempre il sistema di linee verticali e orizzontali non poste alla stessa distanza ma che toccavano luoghi molto noti nell’antichità. Ci si avvicina così al concetto di reticolo geografico. -Ipparco di Nicea (entrambi del II sec. a.C.) considerato precursore della cartografia moderna perché intuì che per calcolare la latitudine e la longitudine fosse necessario un corretto disegno della carta e per la qual cosa inventò le proiezioni centrografica e stereografica. Afferma inoltre che tutti i pianeti ruotano su cerchi di raggio minore e poi a loro volta ruotavano tutti intorno alla Terra con orbite maggiori. Rifiuta l’idea di rotazione della Terra intorno a se stessa e l’ipotesi Eliocentrica di Aristarco. Dopo la sua morte non si registrano grandi progressi fino a Tolomeo (II sec a.C.) 2)CARTOGRAFIA ROMANA ED ELLENICA Della cartografia romana ci sono giunti purtroppo pochi documenti e, anche se indirettamente, sappiamo che nel I sec. a.C. venne fatta una misurazione del territorio di dominio romano, con indicazioni delle distanze lungo le vie consolari terrestri e dei rilievi del terreno, come anche che una carta del mondo allora conosciuto era dipinta in un portico di Roma. Inoltre, è noto che i Romani usavano per viaggiare carte su papiri o pergamene arrotolate (tabulae). Dall’eredità geografica e cartografica greca, i Romani riutilizzarono quegli elementi che potevano servire ai loro interessi pratici sui quali costruirono le“carte itinerarie” scritte,o itineraria scripta, e disegnate o itineraria picta. Il loro approccio è essenzialmente pratico e non aggiungono nulla di nuovo dal punto di vista teorico. Esempio la tabula Peutingeriana lunga circa 7m e larga 34 cm, lunga striscia arrotolata divisa in segmenti in cui erano descritte le terre dell’impero romano dalla penisola Iberica al mar Caspio con le indicazioni di fiumi, monti, strade, centri abitati, distanze tra i territori, i luoghi di sosta. Era in sostanza, la traduzione grafica degli itinerari scritti. Nel periodo Ellenico abbiamo due grandi geografi cartografi, Marino di Tiro e Claudio Tolomeo -Marino di Tiro seguendo le indicazioni di Ipparco introduce per primo la misura della latitudine e longitudine in gradi d’arco sessagesimali eliminando le incertezze dovute alle diverse unità di misura utilizzate, definì inoltre la prima proiezione cartografica quella cilindrica equidistante. -Tolomeo,opera ad Alessandria d’Egitto nel secondo secolo d.C. fu più famoso come astronomo che come geografo. Come geografo si propose di correggere le carte di Marino di Tiro. Nella sua opera Introduzione alla geografia, incluse un mappamondo in proiezione conica semplice, con indicazioni dei valori della longitudine e latitudine e carte di singole regioni in proiezione piana rettangolare. Per Tolomeo la geografia è una delineazione grafica del mondo. Anche se le carte di Tolomeo confermano i grandissimi progressi della conoscenza che del Mondo allora si aveva e nei procedimenti geometrici e matematici per rappresentarla, è giusto dire che la sua opera si basava su una sbagliata valutazione, per gran parte delle località, della lunghezza del grado di meridiano e delle coordinate geografiche. Utilizzò, infatti, imprecise misure di distanza che gli fecero attribuire (sia al Mediterraneo, che all’ecumene) un’estensione in longitudine molto superiore al reale.Dopo Tolomeo abbiamo un battuta d’arresto anzi un netto regresso rispetto alla cartografia greca e romana. 3) CARTOGRAFIA MEDIOEVALE Nei secoli dopo Cristo, le rappresentazioni cartografiche e le idee cosmografiche medioevali sono per lo più desunte dalla Bibbia e da alcuni scrittori cristiani, con una visione geocentrica e impregnati da simboli desunti dalla cultura medioevale. In queste rappresentazioni l’Est è posto in alto, e abbiamo una posizione di rilievo di Gerusalemme rispetto al mondo abitato. L’Ecumene si riduce e si popola di personaggi della cultura religiosa e biblica. Si tratta spesso di mappamondi in cui il disegni sono spesso deformati perciò il nome di carta può apparire improprio. Tre sono i mappamondi medioevali tipici: 1) i mappamondi a T , ossia le rappresentazioni più note nelle quali la Terra è rappresentata come un disco con Gerusalemme al centro, l’oriente è in alto perciò l’Asia in alto, l’Europa in basso a sinistra e l’Africa in basso a destra. I continenti sono separati da una barra verticale che rappresenta il Mediterraneo, mentre quella orizzontale rappresenta da un lato il mar Nero e dall’altro il Nilo. 2) i mappamondi a zone climatiche nei quali dentro un cerchio compare la suddivisione in zone climatiche, elaborata dagli antichi, a volte accompagnata dall’indicazione delle terre abitabili nell’emisfero boreale e terre inabitabili nell’emisfero australe; 3) commistione tra le due tipologie precedenti: a questa tipologia appartengono i cosiddetti mappamondi del Beato, questi ultimi derivati da un prototipo dell’VIII secolo (quello del Beato di Liebana dell’VIII secolo). Altri mappamondi medievali di cui si deve fare accenno sono quelli di Ebstorf del 1284 e di Hereford, (nome desunto dai luoghi dove sono stati rinvenuti) databile tra il 1270 e il 1290 circa. Nel mappamondo anonimo detto di Ebstorf del secolo XIII. gli intenti e la destinazione di uso appaiono manifesti e peculiari del clima etico e culturale della produzione cartografica e delle concezioni geografiche del Medioevo, è un mappamondo a T, di 3,50 m. infatti l’Est figura in alto simboleggiato dalla testa del Cristo Pantocratore che fisicamente domina e abbraccia il Mondo intero. La ricca iconografia trova le sue fonti nella Bibbia,nella storia dell’Antichità e nella storia leggendaria. Il mappamondo di Hereford, si trova ancora a Hereford, nell’ Inghilterra meridionale dove è stato rinvenuto. Diametro di 1,5 m. anche qui è pregnante l’ispirazione mistico e religiosa. In quello, invece, posteriore di Fra’ Mauro del 1459 sono figurati l’Europa, l’Asia e l’Africa e le terre definite incognite sono rappresentate nella posizione inferiore. È da precisare che le rappresentazioni della Terra che si susseguirono nel periodo basso medievale e prerinascimentale sono corredate di figure, vignette, iscrizioni, elementi reali e fantastici. Ai primi del Trecento compaiono in Italia le carte nautiche. Nel periodo moderno la cartografia nautica ebbe un posto di rilievo perché in questa venivano visualizzate le nuove rotte oceaniche rese possibili dal perfezionamento della bussola e della rosa dei venti, ma anche dal maggiore rigore geometrico derivato dalla presenza di alcuni meridiani e paralleli desunti dalle carte di Tolomeo. Maiorca si distinse nella produzione di carte nautiche. Riunendo le direzioni principali (N, S, E, O ) e intermedie (NE, NO, SE, SO) dei punti cardinali, si ottiene la rosa dei venti. Le 8 punte originarie sono aumentate a 32 da quando è stata applicata alla bussola, diventando uno strumento fondamentale per la navigazione. I venti da essa indicati sono quelli che spirano sul Mediterraneo e sono stati nominati prendendo come punto di riferimento l’isola di Creta. Per questo abbiamo, procedendo in senso orario a partire da nord, i venti di: tramontana, grecale, levante, scirocco, ostro (o Mezzogiorno),libeccio, ponente e maestrale. Del resto, solo i mappamondi successivi alla scoperta dell’America e ad altri viaggi potranno tener conto delle nuove conoscenze in conseguenza delle quali, come anche dell’introduzione della stampa, delle incisioni su rame e legno, degli affinamenti tecnici, dei procedimenti geometrici. 4)Dalla cartografia moderna alla cartografia contemporanea Dalla costruzione di strumenti di precisione, si ottenne la fioritura di nuove carte generali e regionali che andarono a formare gli Atlanti. Dalla scoperta dell’America, l’interesse del pubblico per le narrazioni dei grandi viaggi e per le carte geografiche aumentò, portando alla fortuna la pubblicazione degli Atlanti che continuò per tutto il Seicento e in ogni Stato d’Europa, anche se le carte presentavano ancora molte imprecisioni. Anche la rappresentazione dei rilievi ancora si serviva dei mucchi di talpa, che verranno successivamente sostituiti da altri modelli grafici come ad esempio le isoipse. È solo nel corso del XVIII secolo, con l’apporto di geografi e matematici francesi che prende avvio una cartografia moderna, capace di eliminare dalla carta terre inesistenti o le incertezze di alcuni contorni. Grazie anche alle spedizioni francesi in Lapponia ed Equador per la misurazione dell’arco di meridiano e la definizione della forma ellissoidale della terra. Inoltre, fu proprio in questo periodo che, per dotarsi di idonee carte regionali per usi amministrativi e militari, gli stati d’Europa intensificarono l’opera di promozione degli studi cartografici. Ogni Stato cominciò ad elaborare una propria carta topografica con scale e proiezioni diverse, ma con lo stesso ellissoide di base. La Francia fu il primo Paese a dotarsi di carta topografica nazionale con proiezione cilindrica trasversa a scala 1:86.400, sotto la direzione di C.F. Cassini de Thury. L’Italia affidò nel 1882 il compito di ricostruire ex novo il suo materiale topografico all’Istituto Geografico Militare (IGM) di Firenze, che fu completato nel 1921 in proiezione policonica alla scala 1:100.000 e dove è possibile notare la volontà di risvegliare l’immagine della terza dimensione, cioè il rilievo la cui visualizzazione si concretò con le isoipse nella carta a grande scala. INTRODUZIONE DELLA FOTOGRAFIA - Nella fascia intermedia ci sono le montagne formatesi circa 3-400 milioni di anni fa, definite “di mezza età”, e dal rilievo arrotondato - come il Massiccio centrale che si estende dalla Spagna alla Francia, gli Urali in Russia e alcune montagne della Spagna, nonché alcuni monti della Sardegna. - A nord si localizzano le montagne più antiche come le Alpi scandinave e i rilievi scozzesi, formatesi 4-500 milioni di anni fa per uno scontro tra le placche tettoniche che si trovano ai bordi occidentali dell’Europa e lungo l’Oceano Atlantico e da cui hanno preso forma l’Europa e il Nord America. LE ACQUE CONTINENTALI CORRENTI Le acque continentali sono caratterizzate da fiumi che possono essere raggruppati in tre versanti rispetto al mare in cui vanno a sfociare: -IL VERSANTE ATLANTICO che è il più grande d’Europa in cui confluiscono fiumi ricchi d’acqua per tutto l’anno, visto le frequenti piogge di quest’area europea, lunghi, ma con poca pendenza e spesso navigabili Reno (uno dei più trafficati del mondo), Tamigi in Inghilterra, Tago in Spagna, Loira e Senna in Francia, Elba in Germania, Vistola in Polonia); -IL VERSANTE CASPICO nel quale confluiscono i fiumi che si gettano nel Mar Caspio come quello più lungo d’Europa, il Volga, e l’Ural che tradizionalmente segna il confine tra Europa e Asia; -IL VERSANTE MEDITERRANEO comprende i fiumi che si gettano nel Mediterraneo spesso a Delta per i numerosi detriti che trasportano, per lo più brevi e con forte pendenza che nascono dai monti vicini al mare (Ebro in Spagna, Rodano in Francia, Po in Italia), e nel Mar Nero dove si buttano fiumi lunghi spesso gelati in inverno e che entrano in piena con il disgelo primaverile (Dnestr, Dnepr, Don e il Danubio, secondo fiume europeo che tocca 9 stati). LAGHI In Europa, inoltre, sono presenti laghi glaciali (i maggiori laghi europei sono proprio glaciali e si trovano nella penisola scandinava e in Russia, dove si trovano il Ladoga e l’Onega) possono trovarsi nella zona iniziale del ghiacciaio o nella zona terminale, sono allungati e occupano i solchi scavati dai ghiacciai durante la loro discesa Ci sono anche laghi Tettonici come il mar Caspio, il Ladoga e l’Onega . Esistono anche laghi vulcanici, di sbarramento e artificiali. GHIACCIAI L’Europa è anche caratterizzata da ghiacciai localizzati per lo più in Islanda (il Vatnajӧkull è il più grande d’Europa con i suoi 8100 ӧkull è il più grande d’Europa con i suoi 8100 kull è il più grande d’Europa con i suoi 8100 km²), nelle Alpi scandinave (lo Jostedalsbreen che ricopre una superficie di 816 km²) e nelle Alpi (l’Aletsch di 2500-3000 m nelle Alpi bavaresi e l’Adamello di appena 18 km² in Italia). CLIMI E BIOMI L’Europa si trova nella fascia climatica temperata e i suoi paesaggi dipendono dalle condizioni naturali (latitudine, presenza di montagne, mari, direzione dei venti ecc.). La distribuzione dei tipi di vegetazione (biomi) è profondamente dipendente dalla distribuzione dei climi che in Europa sono molti e variegati: -CLIMA FREDDO DELLA TUNDRA; Circolo polare artico, clima freddo tutto l’anno, temperature inferiori a 10 gradi, assenza di pioggia, solo neve. – CLIMA BOREALE O DELLA TAIGA; clima continentale inverni freddi estati brevi e fresche – CLIMA TEMPERATO FRESCO CONTINENTALE; meno freddo di quello boreale ma simile, caratterizzato dalla foresta mista con piante sempreverdi. – CLIMA SECCO DELLA STEPPA; temperature basse e precipitazioni scarse – CLIMA ATLANTICO; caratterizzato da clima temperato oceanico, quattro mesi in cui la temperatura è sopra ai 10 gradi, bioma caratteristico è la foresta di caducifoglie – CLIMA TEMPERATO CONTINENTALE; foresta di caducifoglie – CLIMA MEDITERRANEO estate secca e calda, piu di 22 gradi medi dei mesi caldi, bioma foresta mediterranea. – CLIMA FREDDO DI ALTITUDINE. Sulle catene montuose maggiori, con biomi disposti a fascia a seconda dell’altitudine. ALCUNE VEGETAZIONI TIPICHE (BIOMI) SONO: -LA MACCHIA MEDITERRANEA presente nelle zone a clima mediterraneo densa boscaglia caratterizzata da arbusti sempreverdi che mantengono la loro consistenza anche nei periodi pii caldi. Si è formato dopo il taglio della foresta mediterranea, che era il bioma principale che è ormai scomparso ovunque. Tuttavia anche la macchia mediterranea è scomparsa in molte zone. leccio, quercia da sughero pino, ulivo, istrice e gatto selvaggio; -LA TUNDRA che si trova in zone a clima freddo, caratterizzato da foreste di conifere come abeti, pini; -LA TAIGA tipica nelle zone a clima boreale, perenni sempreverdi resistenti al gelo. Animali orso Bruno, Alce Renna Castoro Lince. POPOLAZIONE E CITTA’ D’EUROPA Per quanto concerne la situazione demografica, in molti paesi europei l’incremento naturale della popolazione è oggi prossimo allo zero e tende ad essere stazionario a causa del calo della natalità soprattutto nelle aree industrializzate e urbanizzate, anche se negli ultimi anni ha subito una crescita a causa dell’aumento delle natalità legata all’immigrazione (per cui l’Europa si trova nel quarto stadio basso stazionario della transizione demografica). Dal rapporto delle Nazioni Unite emerge che l’apporto alla natalità è dato in massima parte dall’immigrazione, dal 2000 essa è aumentata del 34% con cifre più alte dove è maggiore l’indice del benessere. Questo incremento resta comunque al di sotto di una media globale del +41%, dato questo che evidenzia come le correnti migratorie, con questo aumento generale, rappresentino una sfida a livello mondiale. L’Europa resta il paese che, negli ultimi quindici anni, ospita il maggior numero di migranti circa 76 milioni di persone, tenendo presente che la popolazione complessiva del continente si aggira sui 740 milioni di abitanti. Il 2015 è stato un anno estremamente difficile per l’Europa a causa della difficile situazione nel mondo islamico, in particolare in Siria, ch ha portato più di un milione di migranti che hanno trovato la comunità politica impreparata. Ciò ha causato, va detto, una perdita enorme di vite umane. Ricordiamo le operazioni Mare Nostrum e Triton. L’Unione Europea con l’operazione Sofia ha provato ad alleviare il peso dei migranti sui paesi ai confini provando a ridistribuire i richiedenti asilo, ma si è determinata una netta divisione fra i paesi disposti ad accogliere queste persone e i paesi che si sono opposti, anche costruendo muri e fili spinati, come il valico Austriaco al Brennero. Così, anche se in Europa il controllo delle nascite, l’urbanesimo, l’elevato benessere e la qualità alta delle strutture sanitarie hanno portato ad una considerevole riduzione del tasso di fecondità e di mortalità infantile, l’ingresso dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie sta facendo alzare il tasso di natalità. GLI ACCORDI DI SCHENGEN del 1995 (tre anni dopo l’entrata in vigore del Trattato sull’Unione Europea, firmato nel 1992 a Maastricht), consentono la libera circolazione di merci e persone tra tutti gli Stati dell’Unione Europea anche se, quest’ultima, sta cercando di apportare modificazioni alla regolamentazione del flusso migratorio, rendendo più rigidi i controlli delle frontiere esterne allo spazio di Schengen. Dal 1 Maggio 1999 tutti i paesi dell’Unione europea sono obbligati a recepire questi accordo. Dal settembre del 2015 fino a febbraio - maggio del 2016, molti paesi dell’area Schengen, quali Austria, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia e Svezia, hanno deciso come momentanea soluzione all’imponente flusso migratorio, di sospendere il Trattato di Schengen. La questione, come sappiamo è ancora oggetto di grossi dibattiti politici interni all’Unione Europea e nel quadro politico interno italiano stesso. ASPETTI DEMOGRAFICI La Russia europea è il Paese europeo più popolato L’Islanda è il Paese meno popolato e con la densità di popolazione più bassa d’Europa, 3 abitanti per km² . Il principato di Monaco è il Paese con la più alta densità di popolazione dell’Europa. La Città del vaticano conta 900 abitanti con una densità di 2045 per km². Ovviamente, essendo la densità della popolazione una media indicante il numero degli abitanti di uno Stato diviso per la superficie dello Stato stesso per cui risulta il numero medio di abitanti per km², diversa è la situazione della distribuzione della popolazione che indica precisamente i luoghi della superficie terrestre dove vivono gli individui. La distribuzione della popolazione europea non è omogenea: le zone della Norvegia e della Russia settentrionale - a causa del clima rigido - sono quasi disabitate, al contrario di quelle pianeggianti francesi o ungheresi, che sono densamente popolate. L’ Europa attualmente ha oltre 740 milioni di abitanti (un nono della popolazione mondiale) e una densità della popolazione di 68 ab./km²,superiore a quello dell’Oceania, dell’America meridionale, ma inferiore a quella dell’Asia. La densità è una media indicante il numero di abitanti di uno stato diviso per la superficie dello Stato stesso da cui risulta il numero medio di abitanti per km². C’è da dire che mentre nell’antichità la zona più popolata d’Europa era quella mediterranea, oggi le densità più forti si localizzano nella zona nord-occidentale dell’area urbana di Londra, della regione parigina, dei Paesi Bassi, della Ruhr in Germania: in quelle zone del primo sviluppo industriale, cioè, dove le città si sono potute sviluppare in grandi metropoli e la popolazione si è maggiormente concentrata anche se con caratteristiche diverse rispetto ad altri continenti del Mondo. Proprio nella seconda metà del Novecento, infatti, gli abitanti delle città nel Mondo si sono quadruplicati e oltre 3 miliardi di persone vivono oggi nei centri urbani. Nelle conurbazioni e nelle metropoli europee molti degli abitanti hanno preferito allontanarsi dal congestionamento urbano e dal consequenziale stress acustico trasferendosi nell’hinterland (fenomeno della contro urbanizzazione della città post- industriale). Le città europee sono oggi definite post-industriali perché l’industria ha perso importanza nell’ambito dello spazio urbano, ed è stata sostituita dal settore terziario e quaternario. Quindi molte industrie sono state smantellate e sostituite da casa e uffici. La parabola che condusse i paesi europei industrializzati ad una crescente urbanizzazione ha cominciato a declinare dopo la Seconda guerra mondiale, anche se alcune zone europee continuano ad essere altamente urbanizzate ma con una tendenza generale al contenimento che ne fanno conurbazioni senza soluzione di continuità, come la nebulosa urbana di città del Reno e della Ruhr in Germania o nel Randstand Holland dei Paesi Bassi. La caratteristica dell’urbanizzazione moderna è il CONTENIMENTO. Nel RANDSTAND HOLLAND si concentra quasi tutta la popolazione dei Paesi Bassi, che ha una densità di 394 ab./km², un agglomerato urbano di città più o meno grandi che sembra formare un anello entro il quale è racchiusa la regione agricola dei polder (terreni bonificati sotto il livello del mare). Tra le maggiori città: Rotterdam, dove si concentrano le attività portuali e le industrie pesanti; Amsterdam dove si concentrano quelle culturali e finanziarie; L’Aja che è la sede degli uffici del Governo e della monarchia regnante . Altro esempio di conurbazione con tendenza al contenimento è LA RUHR in Germania nord occidentale, invece, si sviluppò nella prima metà dell’Ottocento quando attorno alle miniere crebbero città come Dortmund, Duisburg, Essen e il porto fluviale di Düsseldorf. Queste città di popolarono anche di immigrati provenienti dalle altre regioni europee e tra di esse si saldarono altre città minori. E’ l’unico caso di cambiamento di questo tipo negli ultimi 150 anni. QUADRO ECONOMICO EUROPEO: LA GRANDE CRISI CONTEMPORANEA Il quadro economico europeo è strettamente dipendente da quello dell’Unione Europea, le cui istituzioni più importanti sono: · la Commissione Europea, · il Parlamento Europeo, · il Consiglio Europeo, · il Consiglio dell’Unione Europea, · la Banca Centrale Europea. La UE è un’organizzazione internazionale regionale di integrazione economica e politica sorta da un processo avviato negli anni ’50 del Novecento dai primi sei Stati costituenti (Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Federale Tedesca). Il processo d’integrazione prese il via con: · il Trattato di Parigi (1951) e la creazione della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio; · il Trattato di Roma (1957) con la costituzione della CEE (Comunità Economica Europea), la CEEA (Comunità Europea dell’Energia Atomica) e con la creazione del MEC (Mercato Comune europeo ). · NEL 1973 aderirono alla CEE: Danimarca, Irlanda e Regno Unito. · Nel 1981 la Grecia. · Nel 1986 anche Spagna e Portogallo. · L’ Europa dei 12 giunse al: Trattato di Maastricht (1992) con il quale si costituì l’ Unione Europea (UE). · Nel 1995 divennero Paesi Membri anche Austria, Finlandia e Svezia. · Dopo il crollo dell’URSS, l’UE si aprì ad Est con l’entrata nel 2004 di: Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Slovenia, Slovacchia e Malta. · Nel 2007 divennero Paesi Membri la Romania e la Bulgaria. · Nel 2013 con l’entrata della Croazia, i Paesi membri dell’UE sono diventati 28. · Nel 2016 UE è tornata a 27 stati con l’uscita della Gran Bretagna Il trattato di Maastricht nel 1992 fornì una chiara tabella di marcia per la neonata Unione Europea: