Scarica Gerrig, Zimbardo, Anolli, Baldi, (2018), Psicologia generale (2° edizione), Pearson e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! PSICOLOGIA GENERALE (Gerrig, Zimbardo, Anolli, Baldi), Pearson (2018) – RIASSUNTO Cap. 1 – Psicologia scientifica. Sviluppo storico e metodi di ricerca Psicologia: tra le scienze più antiche e recenti. Platone (427-347 a.C.), Aristotele (384-322 a.C.) e altri si interessano di fenomeni di cui si occupa la psicologia. Come scienza autonoma nasce nel 1879 con la fondazione a Lipsia, da parte di Wilhelm Wundt del primo laboratorio che indaga sui fenomeni psicologici. Inizio di nuovi metodi per cercare di rispondere alle domande. Studio della mente umana attraverso osservazione controllata e sperimentazione. 1.1 Cos’è la psicologia? Studio scientifico del comportamento degli individui e dei loro processi mentali. Scientifico: aspetto che richiede che le conclusioni a cui approda siano basate su prove raccolte con il metodo scientifico, in modo oggettivo, a partire da evidenze basate sui fatti. Comportamento: azioni attraverso cui gli organismi rispondono agli stimoli interni e interagiscono con l’ambiente. Comportamento osservabile degli esseri umani (sorridere, correre, piangere ecc.). Si esamina cosa fa l’individuo e come si comporta nel farlo, considerando il suo comportamento calato nell’ambiente sociale e culturale in cui è prodotto. Processi mentali: non è possibile capire le azioni degli esseri umani senza capirne i processi mentali, perché la maggior parte delle attività umane si svolgono nella mente. L’aspetto più importante dell’indagine psicologica. Gli psicologi attingono alle conoscenze di altri studiosi (sociologi, antropologi, informatici, filosofi, linguisti ecc.) e conducono ricerche anche in ambito biologico. La psicologia si collega anche con gli studi di medicina, educazione, giurisprudenza e dell’ambiente. per migliorare la qualità della vita individuale e potenziare il benessere della collettività. 1.2 Basi della scienza psicologica Psicologia scientifica è nata in Europa nella seconda metà dell’800 per diffondersi negli USA e nel mondo. Ha radici nel pensiero classico d’Occidente, riconducibili alle prime domande dell’uomo su se stesso. Domande che si sono sviluppate in modo diverso da una civiltà all’altra. In Occidente filosofi e uomini si sono occupati di tematiche psicologiche, per scoprire gli sviluppi della psiche. Psyché è nozione importante in Grecia. Platone teorizza la separazione tra psyché e soma (anima e corpo). Psyché sarebbe il principio di vita, soma è materia inanimata. concezione dualistica durata per secoli. - Repubblica : mito della caverna. Suddivisione tra conoscenza delle cose sensibili (doxa) e conoscenza dell’intelletto, reminiscenza che la psyché ha del mondo delle idee. - Fedro : metafora per l’anima come forza costituita da una biga alata e da un auriga. L’auriga che è in noi guida un carro a due cavalli, di cui uno è buono e bello, l’altro contrario e la guida risulta difficile e molesta. Ci sono due componenti irrazionali nell’anima che devono essere costantemente guidati dall’auriga e che nella psyché rappresentano le passioni che vanno controllate affinché la biga possa procedere senza intoppi. Parti necessarie perché la biga non può procedere senza cavalli. Aristotele nel De Anima ritiene che l’anima sia inscindibile dal corpo e che la sua essenza permette all’organismo di sopravvivere. Psyché è la forma di un corpo vivente, il principio alla base di tutte le attività, l’atto primario. Lucrezio (94-50 a.C.) dichiara la sua incompetenza sulla natura dell’uomo. Seneca (4 a.C.-65 d.C.) separa l’anima dal corpo e vede la ragione come ratio, logos greco, principio divino che regge il mondo e a cui l’uomo deve ubbidire. Antonino (121-189 d.C.) vede nell’intelletto il principio che guida l’azione dell’uomo. Averroè (1126-1198) pone l’accento sull’inscindibile unità di corpo e anima e ne nega l’immortalità. Avicenna (980-1037) è del parere opposto di Averroè. Alberto Magno (1205-1280) e Tommaso d’Aquino (1225-1274) accettano il pensiero di Aristotele sull’anima dell’uomo come forma sostanziale del corpo ma affermano che l’anima è anche forma spirituale, autonoma dal corpo. René Descartes (1596-1650) separazione tra anima e corpo. Per lui anima (res cogitans) e corpo (res extensa) sono unite nell’uomo dalla ghiandola pineale. Per lui il corpo è regolato da modalità di funzionamento meccanico. Inaugura lo sviluppo della scienza moderna e del metodo scientifico (Galileo, Copernico, Keplero, Newton ecc.). Dal ‘600 in poi crescono i lavori nell’ambito delle scienze empiriche e si affinano i metodi di indagine. Anche le ricerche sul sistema nervoso, su anatomia e fisiologia fecero registrare progressi (Thomas Willis per studi su strutture cerebrali; Charles Bell e Francois Magendie sullo studio delle vie nervose; Johannes Muller sulla teoria delle “energie specifiche dei sensi”; Hermann Von Helmholtz misura la velocità degli impulsi nervosi; Gustav Fechner ed Ernst Weber sui rapporti tra caratteristiche fisiche degli stimoli e corrispondenti sensazioni; Hermann Ebbinghaus studi sulla memoria). Dopo due secoli dagli esperimenti di Galileo si sente l’esigenza di utilizzare il metodo sperimentale anche in psicologia. fondazione dei primi laboratori di psicologia sperimentale. 1.3 Wundt e l’introspezione 1879, Wundt fonda il suo laboratorio a Lipsia e dà vita a un programma di ricerche psicologiche. Applica i metodi della fisiologia ai processi e ai contenuti della coscienza umana. Cerca di analizzare e misurare le sensazioni, i tempi di reazione dei processi mentali, dell’attenzione, della memoria e dell’associazione delle idee. Usa resoconti dell’esperienza diretta dei soggetti. esperienza diretta come oggetto di studio, rilevabile attraverso l’introspezione. L’introspezione richiedeva: a) Controllo dello stimolo in grado di produrre l’evento mentale oggetto dell’osservazione; b) Elaborazione e stesura di un resoconto dopo l’osservazione dell’evento. L’osservatore doveva: a) Avere la possibilità di stabilire quando attivare il processo; b) Essere in una condizione di ‘sforzo attentivo’; c) Doveva essere possibile ripetere diverse volte la stessa osservazione; d) Condizione sperimentale doveva prendere in considerazione variazioni di intensità e qualità della stimolazione. I risultati dipendevano dall’esperienza dell’osservatore. Secondo Wundt il metodo dell’auto-osservazione sperimentale poteva rivelare l’esistenza di processi mentali come l’appercezione, la volontà e le emozioni. Era convinto che il metodo sperimentale non fosse in grado di studiare i processi mentali di ordine superiore, che potevano essere studiati solo dall’osservazione naturalistica e dalla storia. Convinzioni superate dai successivi sviluppi. 1.4 Strutturalismo Termine strutturalismo compare per la prima volta in un articolo del 1898 di Edward B. Titchener, allievo di Wundt. Primo passo per comprendere la mente doveva essere scoprirne la struttura, scomponendola nei suoi elementi primari e scoprire come si combinano tra loro e perché. Secondo lui l’esperienza cosciente è costituita da percezioni, idee, emozioni, a cui corrispondono componenti fondamentali, ovvero sensazioni, immagini e stati affettivi. Questi ultimi 3 sono elementi semplici sulla base dei quali si strutturano le percezioni, le idee e le emozioni. Titchener si focalizza sulle sensazioni e sulle caratteristiche essenziali che la identificano (qualità e intensità). A queste due aggiunge anche durata e chiarezza. Indicò con l’espressione errore dello stimolo l’attribuzione di significati e valori soggettivi ai dati oggettivi dell’esperienza, che dovrebbero essere analizzati sulla base delle componenti mentali che li costituiscono. Tutte le esperienze mentali degli umani secondo lo strutturalismo potevano essere comprese attraverso la combinazione delle componenti di base. Critiche allo strutturalismo: 1) Riduzionista perché riduceva la complessità dell’esperienza umana; 2) Elementarista perché concepiva la mente come risultato del combinarsi di elementi semplici; 3) Mentalista perché analizzava solo i resoconti verbali della consapevolezza umana cosciente ignorando chi non potesse descrivere le introspezioni (bambino, malati mentali). 1.5 James e il funzionalismo Funzionalismo è una psicologia funzionale e descrittiva più interessata alle funzioni della mente che alla sua struttura. Si oppone allo strutturalismo e alla psicologia di Wundt. Franz Brentano non condivise l’idea di Wundt secondo cui la psicologia dovesse studiare i contenuti dell’esperienza consapevole e immediata. Secondo lui i processi psichici sono contraddistinti dall’intenzionalità e l’oggetto di studio è l’attività mentale. A William James si ispira la psicologia funzionalista. James teorizza, in Principi di psicologia (1890), una psicologia sperimentale originale. Parte dalla teoria dell’evoluzione e dal legame tra individuo e ambiente. Funzionalismo attribuisce importanza alle abitudini apprese, che permettono a un organismo di adattarsi all’ambiente e di funzionare. Bisogna rispondere alla domanda ‘Qual è la funzione o lo scopo di ogni atto comportamentale?’ John Dewey, James Angell (autore del manifesto della psicologia funzionalista dal titolo The Province of Functional Psychology, 1907) e George Mead. Il funzionalismo contribuisce al formarsi di un concetto di esperimento di laboratorio a partire dall’oggetto di indagine, cioè il comportamento nella sua totalità. 1.6 Prospettiva psicodinamica Secondo questa prospettiva il comportamento è guidato o motivato da forze interiori. Le azioni umane sono il risultato di istinti ereditari, di impulsi di natura biologica e di tentativi di soluzione di conflitti tra bisogni personale e richieste della società. Deprivazione, attivazione fisiologica e conflitti sono fonti di stimolazione del comportamento. L’organismo torna in equilibrio quando i suoi bisogni sono soddisfatti e le sue pulsioni sono ridotte. Scopo dell’agire è la riduzione delle tensioni. Principi psicodinamici sviluppati soprattutto da Sigmund Freud (1856-1939). Lavora con pazienti mentalmente disturbati. Freud considera la persona in balia di forze esterne e interne e fu il primo a rilevare che la natura umana non è sempre razionale e che le azioni possono essere la risultante di motivi inconsci. La prima infanzia è il periodo in cui si forma la personalità. I neofreudiani hanno ampliato la teoria psicodinamica per includere gli influssi sociali e le interazioni dell’individuo nella sua vita. 1.7 Psicologia della Gestalt Gestalt = Forma. Fa riferimento a una configurazione unitaria e organizzata. Termine introdotto per la prima volta in Germania da Christian von Ehrenfels, il quale suggerì che la combinazione di elementi produce una Gestaltqualitat o qualità-insieme. Il 1912 è la data di nascita della psicologia della Gestalt, anno in cui Max provocare una condizione di iperattività nei bambini, si può verificare facendo consumare zuccheri ai bambini e osservando gli effetti. Se ci si limita a sostenere questa teoria senza condurre una verifica, non si può falsificare l’ipotesi. - Metodo di ricerca : metodo scientifico è insieme di procedure per raccolta e interpretazione dei dati per limitare errori e trarre conclusioni verificabili. Psicologia è una scienza quando rispetta i vincoli posti dalle regole del mondo scientifico. Il ricercatore può scegliere quale metodo di ricerca utilizzare. - Raccolta dei dati : ricercatori devono raccogliere i dati in funzione degli obiettivi della loro ricerca, ottenuti attraverso protocolli sperimentali, prodotti come prove a sostegno delle ipotesi. Si può disporre di dati comportamentali (collegati alla rilevazione del comportamento) o di dati self-report (descrizioni che le persone fanno riguardo ciò che accade nella loro mente). - Analisi dei dati, accettazione, falsificazione delle ipotesi : raccolti i dati, questi si analizzano e si discutono. L’analisi contribuisce a verificare se le ipotesi sono corrette. Per l’analisi si usano due tipi di statistiche, quelle descrittive e quelle inferenziali. - Divulgazione dei risultati : se i dati possono avere qualche ricaduta scientifica si passa alla divulgazione (dissemination) dei risultati con l’invio di un articolo a una rivista, in cui è necessario riportare i dati in una forma facile da comprendere, poi altri ricercatori la valuteranno (peer review). L’articolo viene pubblicato solo se la valutazione degli esperti è positiva. - Questioni aperte : resi noti dati e risultati, la comunità scientifica esamina il lavoro e le questioni rimaste irrisolte. Quando i dati non supportano un’ipotesi in modo adeguato, i ricercatori sono tenuti a rimettere in discussione le loro ipotesi. 1.12 Metodi della psicologia Osservazione: modalità principale per studiare le persone. Si focalizza sia sul processo, sia sull’esito del comportamento. Nell’osservazione naturalistica il ricercatore osserva un comportamento che accade in natura senza cambiarlo o influenzarlo. In laboratorio i ricercatori non possono osservare gli effetti a lungo termine dei contesti naturali sul comportamento e per questo si può usare l’osservazione naturalistica. Cheney e Seyfarth (2007) hanno osservato il comportamento dei babbuini neri; questi studi permettono di esaminare come il comportamento di individui (o animali) ne influenzi la sopravvivenza e la riproduzione. Ricerche utili per capire come i babbuini sviluppano la loro intelligenza sociale e come le pressioni evolutive potrebbero aver prodotto somiglianze e differenze tra il comportamento umano e quello dei primati. L’osservazione naturalistica permette di scoprire l’estensione di un fenomeno; in quella clinica, usata per diagnosi e psicoterapie, l’osservatore interagisce con la persona osservata. Metodo sperimentale: gli psicologi cercano di affrontare un problema operando in modo da risalire alle cause che ne sono alla base. Obiettivo del metodo sperimentale è la formulazione di leggi scientifiche sulle relazioni causali tra variabili. Variabile è qualsiasi caratteristica che può assumere valori quantitativi o qualitativi. Con questo metodo il ricercatore manipola le variabili indipendenti e ne studia gli effetti su variabili dipendenti. Le conclusioni sono accurate quando non influenzate da bias. Standardizzazione e definizioni operazionali: standardizzare è utilizzare procedure uniformi in ogni fase della sperimentazione (standardizzazione delle procedure). Le condizioni saranno diverse a seconda che il partecipante sia assegnato al gruppo sperimentale o a quello di controllo. Standardizzazione implica uniformità nell’attribuzione dei punteggi e nella valutazione dei dati (standardizzazione delle norme). Le osservazioni devono essere standardizzate. Le teorie devono essere tradotte in concetti dal significato univoco (operazionalizzazione). Definizione operazionale di un concetto scientifico è l’insieme delle operazioni usate per determinarne il significato. A ogni variabile va data una definizione operazionale: ex. i bambini in un esperimento possono essere considerati come definizione operazionale “alunni che frequentano la classe 3 di una scuola primaria”. Il setting sperimentale è il contesto in cui si svolge l’esperimento, con procedure e strumenti. Variabili confondenti: confusione delle variabili è una delle maggiori minacce alla validità degli esperimenti. Se il comportamento dei partecipanti è modificato da variabili si crea confusione nell’interpretazione dei dati. Fonti di confusione possono essere: Effetto dell’aspettativa: (effetto Rosenthal) provocata dall’attesa che lo sperimentatore e i soggetti hanno in merito ai risultati. Rosenthal e Fode (1963): esperimento che studia come le convinzioni dei ricercatori e dei soggetti sperimentali possono influenzare la realtà e dare vita a una profezia che si autoavvera. Effetto placebo: quando i partecipanti modificano le loro risposte in assenza di qualunque trattamento. In ambito medico si usa per spiegare i casi in cui la salute di un paziente migliora dopo l’assunzione di farmaci inerti. Si intende un miglioramento della salute o del benessere legato alla convinzione dell’individuo che il trattamento funzioni. Miglioramenti potrebbero avere un’origine psicologica. Procedure di controllo: un buon disegno di ricerca anticipa le possibili variabili confondenti e progetta strategie per eliminarle. Queste strategie sono chiamate procedure di controllo, finalizzate a tenere costanti le variabili e le condizioni. In un esperimento le modalità devono essere uguali per tutti i partecipanti per fare in modo che la loro esperienza sia la stessa. Per eliminare le distorsioni prodotte dall’effetto aspettativa bisognerebbe far sì che i partecipanti siano inconsapevoli delle condizioni sperimentali in cui si trovano (tecnica di controllo a singolo cieco); se anche lo sperimentatore è ignaro della condizione sperimentale a cui sono stati assegnati i soggetti si ha la tecnica di controllo a doppio cieco. Per controllare l’effetto placebo si inserisce una condizione in cui non viene somministrato il trattamento (controllo placebo). Disegni di ricerca: per eliminare il rischio di ipotesi che minacciano la validità delle conclusioni della propria indagine, si mette a punto un disegno di ricerca, struttura di tutta la ricerca. Tale disegno dovrebbe escludere a priori tutte le possibili interpretazioni alternative derivate dall’influenza di eventuali variabili confondenti. Su questo si fonda l’affidabilità dei risultati. Si deve scegliere quale disegno si adatti meglio agli obiettivi della ricerca. Disegno tra soggetti (between-subjects) prevede che i partecipanti siano assegnati casualmente alla condizione sperimentale e alla condizione di controllo. È una strategia importante per eliminare le variabili confondenti. Assegnazione casuale alle condizioni sperimentale e di controllo. Ogni partecipante ha la stessa probabilità di trovarsi in una condizione o nell’altra. Si cerca di costruire un campione di soggetti il più simile possibile per quanto riguarda le caratteristiche rilevanti ai fini dell’esperimento. Per selezionare un campione rappresentativo si usa la procedura del campionamento casuale (randomizzata), dove ogni membro della popolazione studiata ha la stessa probabilità di partecipare all’esperimento. Disegno entro i soggetti (within-subjects) usa ogni partecipante come controllo di se stesso. Il comportamento di ogni partecipante prima del trattamento viene confrontato con quello dopo il trattamento. (ex. bambini ricordano più gli individui cattivi; Kinzler e Shutts, 2008). I metodi di ricerca richiedono la manipolazione di una variabile indipendente per verificarne gli effetti sulla variabile dipendente. Ma la gran parte di questi esperimenti sono condotti in laboratorio e l’ambiente può provocare distorsioni al corso naturale del comportamento. Inoltre i partecipanti alla ricerca di solito sanno di trovarsi all’interno di un esperimento e possono reagire cercando di compiacere lo sperimentatore. Quasi-esperimenti: quando non sono soddisfatti i requisiti che definiscono il vero esperimento. Le interferenze basate su un quasi-esperimento non sono affidabili perché non tengono sotto controllo tutte le variabili confondenti. In certi casi ragioni pratiche ed etiche rendono impossibile assegnare le persone a caso alle diverse condizioni sperimentali. I quasi-esperimenti inducono a trarre conclusioni di tipo causale più deboli di quelle ottenute con un vero esperimento, ma sono condotti sul campo, in un contesto naturale di vita quotidiana. Metodo correlazionale: si usa quando si vuole determinare fino a che punto le variabili sono associate tra loro. Per calcolare il grado di correlazione tra due variabili i ricercatori calcolano, quando queste sono misurate su scala a intervalli o su scala a rapporti, il coefficiente di correlazione r di Bravais-Pearson. Valore compreso tra +1,0 (perfetta correlazione lineare diretta) e -1,0 (perfetta correlazione lineare inversa); 0,0 indica l’assenza di correlazione o una debole. +1,0 (correlazione positiva) indica che all’aumentare dei punteggi relativi a una variabile aumentano anche quelli relativi all’altra variabile. -1,0 (correlazione negativa) indica che all’aumentare dei punteggi relativi a una variabile diminuiscono quelli relativi all’altra. ex. bisogno di sonno correlato al successo scolastico. Più gli studenti dormono e più ottengono voti alti. Correlazione che però non implica causalità ma può essere spiegata da altri nessi causa-effetto; in gioco potrebbe esserci una terza variabile, come ad esempio la difficoltà dei corsi. Studio di casi: nello studio di un caso, un’analisi approfondita di particolari individui può condurre a importanti rivelazioni rispetto a caratteristiche generali dell’esperienza umana. Ricerche d’archivio: ricercatori fanno riferimento a ricerche in dati archivi, biblioteche o web, informazioni utili per verificare le ipotesi. 1.13 Misurazione in psicologia Sono importanti le definizioni operazionali dei fenomeni oggetto di studio che permettono la misura dei fenomeni. Scale di misurazione: misura è un numero usato per indicare il valore del rapporto di una grandezza rispetto a una grandezza assunta come campione (unità si misura come m, gr, l ecc.). Stanley Stevens (1951) ha distinto 4 tipi di scale di misura: 1. Scale nominali : raggruppano in categorie a ciascuna delle quali si attribuisce un numero o un’etichetta. Cose appartenenti alla stessa categoria hanno lo stesso numero; categorie diverse hanno diversi numeri; 2. Scale ordinali : permettono di stabilire delle graduatorie, delle relazioni di maggiore e minore rispetto a una caratteristica osservata ma non ci informano sulla distanza che intercorre tra i ranghi della graduatoria; scala dei voti scolastici. 3. Scale a intervalli : comportano un punto 0 fissato e la suddivisione dei valori che la compongono in intervalli uguali tra loro. Intervallo è un’unità di misura (ex. valutazione della temperatura). Permette di formare graduatorie ma l’intervallo tra due posizioni successive è costante su tutta la scala; 4. Scale a rapporti : livello di misurazione di variabili come quelle fisiche di lunghezza e peso, il cui punto = indica l’origine del contenuto misurativo. Danno la possibilità di identificare una posizione corrispondente alla mancanza di una determinata proprietà, lo 0. Si possono stabilire rapporti tra i valori che la compongono. Esperimento sugli effetti dei messaggi subliminali Influenza subliminale. James Vicary nel 1957 inventò la pubblicità subliminale e affermò che il messaggio “Compra Popcorn” comparso sullo schermo durante le proiezioni di un film aveva aumentato le vendite. I messaggi subliminali possono davvero influenzare gli stati mentali e il comportamento? Esperimento su 237 volontari uomini e donne tra 18 e 60 con videocassette finalizzate a migliorare l’autostima. Soggetti assegnati casualmente a 2 condizioni, dopo essere stati sottoposti a un test per capire i livelli di autostima di partenza, standardizzati. Metà partecipanti ricevette una videocassetta con messaggi subliminali per migliorare la memoria (etichettate con “autostima”), l’altra metà per l’autostima (etichettate come “memoria”). I ricercatori non sapevano del trattamento a cui erano stati sottoposti i partecipanti (controllo a doppio cieco). assenza di un miglioramento significativo in tutte le misure di autostima e memoria ma l’effetto placebo legato all’aspettativa di essere aiutati ha introdotto un’altra variabile indipendente. I partecipanti riportarono di aver ricevuto benefici coerenti con l’etichetta della cassetta che avevano ascoltato. Si ha un fenomeno di priming (o facilitazione affettiva) quando uno stimolo precedente influenza la risposta a uno stimolo successivo anche se non vi è correlazione diretta tra i due. Attendibilità e validità: l’attendibilità si riferisce alla coerenza o stabilità di dati comportamentali risultanti dalla somministrazione di test psicologici. Risultato è attendibile se a partire da condizioni simili si ripeterà in tempi differenti e uno strumento è attendibile se permette di ottenere punteggi analoghi quando viene utilizzato ripetutamente e l’oggetto che si vuole misurare rimane lo stesso. Validità è il livello di precisione con cui un test o uno strumento utilizzato in una ricerca misura la variabile psicologica che si intende misurare. Da controllare sono la validità interna (grado in cui si ha ragione di ritenere che ci sia una relazione causa-effetto tra variabile indipendente e dipendente); validità esterna (livello di generalizzabilità dei risultati di una ricerca ad altri soggetti e situazioni); validità di costrutto (accuratezza con cui i risultati di una ricerca sono conformi alla teoria che ne è alla base); validità statistica (probabilità che la relazione tra variabili sia significativa e non ottenuta per caso). Test possono essere attendibili senza essere validi. Misure self-report: quando si cerca di ottenere dati relativi a esperienza che non si possono osservare direttamente (legate a stati psicologici interni come atteggiamenti, credenze ecc. o esterni come attività criminali), le ricerche si basano su dati di autovalutazione e le misure self-report sono risposte a queste domande. Strumenti self-report includono interviste, questionari ecc., una serie di domande che variano da fattuali a indagare il comportamento passato o presente, relative ad abitudini ecc. Le domande aperte permettono di rispondere liberamente, quelle chiuse presentano un numero fisso di alternative. L’intervista è un colloquio tra ricercatore e individuo per raccogliere informazioni dettagliate ed è un metodo interattivo. Si deve costruire una relazione positiva con l’intervistato. Strumenti di autovalutazione non possono essere usati con bambini in età preverbale, adulti analfabeti, stranieri che non parlano la lingua, animali ecc. E con questi strumenti attendibilità e validità non sono sempre garantite. Si può mentire per influenza di desiderabilità sociale o perché imbarazzati dal fornire informazioni su di sé e se lo scopo del questionario si conosce si può mentire e alterare la verità. Cap. 3 – Sensazione e percezione Condillac (1754): Trattato sulle sensazioni. È convinto che non sia possibile generare idee in assenza di sensazioni. Per noi non è immaginabile un organismo privo di sensi. Sensazione e percezione forniscono i materiali grezzi per i nostri processi cognitivi. Le percezioni non si limitano a registrare stimoli sensoriali. Questo materiale grezzo è elaborato in tempo reale da processi cognitivi complessi che generano, a partire da conoscenze precedenti, interpretazioni del mondo sulla base di stimoli esterni. L’ambiguità degli stimoli sensoriali, passibili di interpretazioni, è il primo aspetto problematico della percezione. Gli stimoli sensoriali non contengono informazioni sufficienti a spiegare le nostre percezioni. Secondo Condillac la vista impiega una frazione di secondo per organizzare il percetto visivo. Alcuni hanno dimostrato che è possibile discriminare la scena di un picnic all’interno di una batteria di 8 immagini visualizzate in sequenza e in un secondo sullo schermo di un pc. Il mondo fornisce in modo continuativo un numero elevato di stimoli sensoriali da integrare in modo coerente nelle nostre percezioni. In un’immagine che contiene molti elementi anche se si riesce a vederli e comprenderli, non è possibile elaborarli tutti insieme in maniera esaustiva. Esplorazione e ricerca sono un modo per fronteggiare l’eccesso di stimoli a cui siamo sottoposti. Ex. non possiamo sapere se in un’immagine c’è un cane se qualcuno non ci dice di cercarlo. Il processo di attenzione selettiva permette di selezionare una parte dello stimolo sensoriale per un’elaborazione accurata, a scapito di altri aspetti dello stimolo. 3.1 Cosa sono sensazione e percezione Bisogna spiegare come corpo e mente attribuiscono un senso alla molteplicità di stimoli presenti intorno a noi. Percezione: termine che si riferisce al generale processo di individuazione di oggetti ed eventi nell’ambiente, volto ad attribuire loro un senso, a comprenderli, riconoscerli e categorizzarli e reagire a essi. Percetto: ciò che è percepito, risultato fenomenico di cui viene fatta esperienza tramite la percezione. Il processo della percezione può essere diviso in 3 fasi: - Sensazione: impressione soggettiva, immediata e semplice che corrisponde a una data intensità dello stimolo fisico. Processo attraverso cui la stimolazione dei recettori sensoriali (strutture presenti negli occhi e nelle orecchie) produce impulsi neuronali che riproducono le esperienze vissute dentro e fuori dal corpo. Permette di cogliere gli elementi base del campo visivo; - Organizzazione percettiva: fase in cui il cervello integra i segnali raccolti dagli organi recettori grazie alla conoscenza pregressa del mondo per formare una rappresentazione interna di uno stimolo esterno. Per la Principi di raggruppamento percettivo: Koffka, Kohler, Wertheimer hanno studiato i principi del raggruppamento percettivo (sostenitori della psicologia della Gestalt). Fenomeni psicologici possono essere compresi solo all’interno di un’organizzazione, non se scomposti in elementi di base. Gestalt significa “forma”. Negli esperimenti la Gestalt studia in che modo gli insiemi di elementi percettivi si organizzano in configurazioni unitarie, come variando un singolo fattore si osserva come questo influenza il modo in cui le persone percepiscono la struttura della configurazione. Principio della vicinanza: a parità di condizioni si unificano gli elementi vicini. Principio della somiglianza: a parità di condizioni si unificano gli elementi simili. Principio della buona direzione: a parità di condizioni si unificano gli elementi che hanno continuità di direzione. Principio della chiusura: a parità di condizioni si unificano gli elementi che tendono a chiudersi fra loro. Principio del destino comune: a parità di condizioni si unificano gli elementi che condividono la stessa direzione di movimento. Integrazione spaziale e temporale: i processi percettivi si basano sul riuscire a mettere insieme le informazioni nel modo giusto. Si percepisce solo una visuale ristretta rispetto a un mondo percepibile che si estende in tutte le direzioni. Per avere un’idea esaustiva di ciò che ci circonda è necessario combinare le informazioni relative alle fissazioni oculari di differenti collocazioni spaziali, attraverso l’integrazione spaziale e di differenti momenti nel tempo, con l’integrazione temporale. Quando le persone osservano una fotografia sono in grado di utilizzare i processi mnestici per estendere i confini di quella inquadratura. Per questo spesso ricordano di aver visto prospettive in grandangolo mentre in realtà hanno visto figure in primo piano. errore: estensione dei confini. La memoria visiva per ciascuna fissazione sul mondo non è in grado di trattenere dettagli precisi. Si utilizza la nostra conoscenza del mondo per estendere la visuale oltre a ciò che riusciamo a vedere (come guardando fuori da una finestra) e si tendono a ricordare più dettagli di quelli inclusi in una fotografia. I prestigiatori hanno sfruttato per molto tempo i vantaggi della cecità al cambiamento (change blindness). Percezione del movimento: richiede confronti tra differenti osservazioni visive. Se ci si avvicina a una persona ferma la sua immagine nella nostra retina aumenta e la velocità con cui aumenta consente di capire quanto velocemente ci si sta avvicinando. La percezione di movimento richiede la capacità di combinare informazioni provenienti da differenti osservazioni visive. Phenomeno phi: quando due punti di luce statici posti in differenti punti del campo visivo vengono accesi e spenti in modo alternato a un ritmo di circa 4-5 volte al secondo (effetto dei cartelloni pubblicitari luminosi). Ci sono modi per immaginare il percorso che va dalla localizzazione del primo punto a quella del secondo ma gli osservatori nella maggior parte dei casi vedono il percorso più semplice. Come si raggruppano le informazioni di modalità diverse? Binding problem: come associamo informazioni provenienti dalle diverse modalità (forme, colori, orientamento) in modo da percepire un oggetto unitario? Le informazioni provenienti dalla localizzazione spaziale dello stimolo possono servire da “collante” per la percezione di un oggetto nella sua interezza. Se le proprietà di essere rotondo, rosso e muoversi a una certa velocità e traiettoria occupano lo stesso punto nello spazio e nel medesimo momento è presumibile siano integrate e combinate tra loro. Ricorrere solo alla cooccorrenza temporale e spaziale potrebbe non essere sufficiente. Sebbene diversi fenomeni di raggruppamento possano essere copresenti nel campo visivo allo stesso momento, taluni (con il raggruppamento determinato di informazioni di diversa tipologia) richiedono maggiori risorse attentive per essere percepiti. La risoluzione del binding problem dipende da diverse popolazioni di neuroni adibiti a elaborare le informazioni in entrata, integrate fra loro grazie a neuroni interconnettivi che creano “mappe” delle diverse caratteristiche visive dell’oggetto. Percezione della profondità: percepire le 3 dimensioni dello spazio è vitale per ottenere risorse. Questa percezione richiede accurate informazioni circa la profondità dell’oggetto, che si ottengono dalla distanza dall’oggetto percepito, e la sua direzione rispetto alla posizione di chi osserva. L’interpretazione della profondità si basa su fonti informative relative alla distanza (indizi di profondità: binoculari, di movimento, pittorici): Indizi binoculari e di movimento: la presenza di 2 occhi consente di avere a disposizione informazioni circa la profondità. Indizi che implicano confronti tra le informazioni visive fornite dagli occhi. Gli occhi distano circa 5-6 cm e osservano la realtà da punti di vista diversi. Lo scarto tra posizioni orizzontali di immagini corrispondenti nei due occhi è la disparità retinica. Il grado di disparità dipende dalla distanza relativa tra oggetto e individuo. Quando si osserva il mondo con entrambi gli occhi aperti, la maggior parte degli oggetti percepiti stimola posizioni differenti sulle due retine. Se la disparità tra due immagini corrispondenti è contenuta il sistema visivo le integra nella percezione di un singolo oggetto collocato in profondità. Se le immagini sono distanti tra loro si vedono le immagini doppie. Il sistema visivo interpreta lo spostamento orizzontale tra due immagini come indizio di profondità in uno spazio tridimensionale. Convergenza: informazione binoculare relativa alla profondità in base alla quale gli occhi si girano verso l’interno per osservare uno stimolo vicino. Anche il movimento costituisce un’altra fonte di informazione di profondità. Il movimento di parallasse fornisce informazioni di profondità in quanto, se ci muoviamo, le distanze relative degli oggetti determinano la velocità e la direzione del loro movimento relativo sull’immagine retinica. Indizi monoculari: anche la visione monoculare può fornire informazioni di profondità, definite indizi monoculari, perché relativi alle informazioni ottenute da un occhio soltanto. L’occlusione si ha quando un oggetto opaco si sovrappone parzialmente a un altro oggetto. Le informazioni ottenute da essa indicano che l’oggetto nascosto è più lontano dell’altro. L’oggetto opaco interrompe la luce e crea ombre. Ci sono altre informazioni pittoriche legate al modo in cui la luce si riflette dalla realtà tridimensionale a una bidimensionale: la dimensione relativa implica che oggetti della stessa dimensione collocati a distanze diverse proiettano immagini di dimensione differente sulla retina (relazione dimensione/distanza). L’oggetto vicino proietta immagini grandi, quello lontano immagini piccole; la prospettiva lineare è indizio di profondità che dipende dalla relazione dimensione. Quando linee parallele si allontanano dall’osservatore, convergono verso un punto sull’orizzonte sull’immagine retinica (illusione di Ponzo: linea orizzontale superiore è interpretata visivamente come più lunga perché secondo la prospettiva lineare le linee convergenti sono percepite come parallele che si allontanano); i gradienti di trama danno indizi di profondità perché la densità della trama aumenta quanto più la superficie si allontana. Le unità che compongono la trama diventano più piccole quanto più si allontanano nello spazio e il sistema visivo interpreta tale riduzione come indizio di una maggiore distanza nello spazio tridimensionale. il nostro sistema visivo usa questi indizi in modo automatico per avere una percezione della profondità. Costanze percettive: il mondo è percepito come invariante, costante e stabile al di là dei cambiamenti nella stimolazione dei propri recettori sensoriali. Questo fenomeno si chiama costanza percettiva. Si percepiscono le proprietà dello stimolo distale piuttosto che quelle del prossimale. Le proprietà dello stimolo prossimale cambiano ogni volta che testa o occhi si muovono. È importante percepire come costanti le proprietà degli oggetti nel mondo al di là delle variazioni degli stimolazioni luminose che colpiscono i nostri occhi. Compito della percezione è scoprire proprietà invarianti dell’ambiente al di là delle variazioni delle impressioni retiniche. Costanze di forma e grandezza: in parte la dimensione di un oggetto è percepita sulla base della dimensione della sua immagine retinica. La dimensione dell’immagine retinica dipende sia dalla reale dimensione dell’oggetto sia dalla sua distanza dall’occhio. L’informazione sulla distanza è fornita da indizi di profondità. Il nostro sistema visivo integra l’informazione disponibile sulla profondità con quella retinica relativa alla dimensione dell’immagine per fornire una percezione della grandezza dell’oggetto (corrisponde alla dimensione reale dello stimolo distale). Costanza di grandezza: capacità di percepire le dimensioni effettive di un oggetto al di là delle variazioni di grandezza della sua immagine retinica. Stanza di Ames: forma di una stanza che sembra rettangolare, come se i due angoli sul fondo fossero collocati alla stessa distanza dall’osservatore. Sembra rettangolare ma è composta da superfici non rettangolari poste ad angoli non corrispondenti in altezza e in profondità. Se ci si potesse muovere osservando la stanza, il nostro sistema visivo riuscirebbe ad acquisire la informazioni relative a questa struttura e l’illusione scomparirebbe. La costanza di grandezza viene meno quando l’esperienza non è in grado di fornire informazioni su come potrebbe presentarsi un oggetto a grande distanza all’osservatore. Costanza di forma: capacità di percepire la forma di un oggetto anche quando l’oggetto è inclinato verso l’osservatore, modificando la forma dell’immagine retinica in modo differente da quella dell’oggetto fisico. Quando è disponibile un’informazione corretta di profondità, il proprio sistema visivo può determinare le dimensioni effettive di un oggetto valutando la distanza dagli elementi che lo compongono. Costanza di luminosità: tendenza a percepire il bianco, il grigio e il nero degli oggetti come costanti al di là delle variazioni di illuminazione. Deriva dal fatto che la percentuale di luce che un oggetto riflette rimane la stessa anche se cambia la qualità assoluta di luce presente. 3.4 Processi dall’alto verso il basso: quando ciò che si sa guida ciò che si percepisce Siamo in grado di riconoscere la maggior parte degli oggetti come stimoli già visti prima o elementi di categorie dotate di significato già esperiti nella nostra esperienza passata. Importanza di contesti e aspettative: percezione deve fornire una visione accurata del mondo ma alcune volte i processi bottom-up non permettono di costruire un’identificazione univoca di un dato stimolo e non si possono interpretare. In questo caso i processi top-down usano il contesto e le aspettative per contribuire a determinare un significato chiaro di ciò che si è percepito. Importante il concetto di ambiguità nella comprensione della percezione (possono essere date più interpretazioni alla stessa immagine). Artisti hanno usato l’ambiguità percettiva come dispositivo creativo per le loro opere, come ad esempio Salvador Dalì. Illusioni percettive: ci sono situazioni in cui il sistema percettivo inganna, e c’è un’illusione quando si percepisce uno stimolo in modo non corretto. Le illusioni visive indicano che possiamo percepire proprietà che in realtà non appartengono a un’immagine. Il fenomeno dei contorni illusori ne è un esempio (la percezione completa le parti mancanti per ottenere un’interpretazione comprensibile degli stimoli). Il contesto influenza le nostre assunzioni relative alle caratteristiche dello stimolo. Esempio di illusione percettiva è la nostra vista del sole che sorge e tramonta quando in realtà resta sempre al centro del sistema solare. Un piccolo appartamento diventa più spazioso se tinteggiato con colori luminosi. Effetti contestuali sul raggruppamento percettivo: fenomeno che avviene in modo automatico. Più elementi sono presenti nel contesto, più è difficile percepire un elemento separatamente dagli altri (meno impegnativo seguire il movimento dello stormo che quello dei singoli uccelli). Nell’illusione di Ebbinghaus i cerchi al centro delle due configurazioni sono della medesima grandezza, tuttavia il cerchio al centro della configurazione di sinistra sembra più grande di quello di destra e viceversa. Effetti contestuali sul riconoscimento di oggetti: quando l’ambiente dà informazioni ambigue noi usiamo gli indizi contestuali e le nostre aspettative per sviluppare un’interpretazione. La percezione è influenzata dalla nostra conoscenza. In alcuni casi l’analisi del contesto è necessaria per raggiungere risultati più difficili. Il processo di riconoscimento di un’immagine si basa sull’utilizzo top-down di informazioni mnestiche. Riconoscere persone in circostanze impreviste o in gruppi sociali diversi da quelli in cui le si è conosciute per la prima volta richiede più tempo. Il problema sta nel contesto spaziale e temporale. A partire dal contesto si generano aspettative relative a ciò che è più probabile percepire. Percezione e azione: legame tra mente e corpo è evidente nei fenomeni che integrano i processi percettivi e motori. Affordance (invito all’uso) indica il fenomeno in base al quale le caratteristiche degli oggetti ne suggeriscono l’uso in un determinato modo. Percepire un affordance implica conoscere il significato di un ambiente, oggetto o evento rispetto alle capacità di azione dell’individuo (ex. un oggetto piccolo che sta in una mano consente l’azione di lanciare). Affordance è introdotto da Gibson (1979) per cogliere la complementarità tra individuo e ambiente e l’interdipendenza tra percezione e azione. Affordance percepite con il riconoscimento di informazioni strutturate su aspetti quantificabili di un determinato sistema di percezione-azione in relazione ad aspetti quantificabili di un determinato oggetto, evento, superficie. Ciò che un oggetto evento o superficie consente di fare a una specie è diverso da ciò che consente di fare ad un’altra (proprietà peculiari, specie-specifiche). Warren (1984) dice che anche la percezione dei confini dell’affordance (possibilità di compiere o meno l’azione) è determinata da informazioni scalari e consente l’organizzazione dinamica del sistema di azioni a disposizione di un individuo. Riconoscere tali informazioni permette all’individuo di adottare un nuovo modo di agire. Cap. 4 – Attenzione e Coscienza Attenzione e coscienza sono due dimensioni psicologiche fondamentali per l’uso di numerose capacità psichiche, dalla percezione all’apprendimento alle emozioni. 4.1 Attenzione Dal punto di vista cognitivo, l’attenzione è l’insieme dei dispositivi e meccanismi che consentono di concentrare e focalizzare le proprie risorse mentali su alcune informazioni, definendo ciò di cui siamo consapevoli in un dato momento. La valorizzazione ci consente di selezionare determinate informazioni da sottoporre a elaborazioni, mentre l’inibizione ci permette di trascurare altre informazioni irrilevanti. Siamo continuamente bombardati da informazioni percettive, ma le nostre capacità di elaborarle non sono in grado di attribuire significato a tutti gli stimoli che ci troviamo di fronte. Soluzione per evitare sovraccarichi è focalizzarsi su alcune parti dell’informazione a disposizione (ex. un suono o un colore) piuttosto che su altre, e di selezionarle per un’altra elaborazione sulla base dell’importanza attribuita loro in un dato contesto e periodo di tempo. Ci sono alcuni aspetti dello stimolo che, se sufficientemente salienti, possono attirare la nostra attenzione e distrarci. Attenzione selettiva: i processi attentivi sono in grado di selezionare le informazioni sulla base della loro salienza o di elaborarle con efficienza. Operazione che si chiama attenzione selettiva e non riguarda solo la posizione di uno stimolo ma anche le proprietà di oggetti ed eventi (colori, forme, rumori, suoni, dimensioni ecc). Si basa sugli oggetti perché seleziona gli oggetti e non le coordinate spaziali. Quando l’attenzione è diretta verso un oggetto, le parti di un oggetto sono selezionate insieme per essere elaborate. Fuoco dell’attenzione: consente di concentrare le risorse attentive su uno specifico stimolo dell’ambiente. Può variare per dimensioni. Presenta una relazione inversa con l’efficienza di elaborazione delle informazioni: più è ristretta l’area dell’attenzione, maggiore è l’efficienza cognitiva e viceversa. Come si muove? Andando dalla posizione di partenza a quella di arrivo, occuperà tutte le posizioni intermedie. Si può muovere sia a velocità costante che a tempo costante. Il diametro del fuoco si allarga finché in esso non compare lo stimolo, quindi si restringe sul bersaglio. Si avrà una specie di salto tra la posizione di partenza e quella di arrivo, senza interessare le posizioni intermedie. Informazioni a cui non si presta attenzione: si è sempre circondati da un vasto numero di stimoli. Le cose su cui ci si focalizza, le memorie che evocano, determinano che cosa si trova nella coscienza. Broadbent dice che la mente opera solo su alcuni stimoli in entrata grazie all’intervento di un sistema di filtraggio. L’elaborazione degli stimoli a cui non si presta attenzione fallisce prima del momento in cui le persone riescono a identificare gli stimoli stessi. L’effetto cocktail party contraddice questa idea perché le persone possono riferire di aver udito il proprio nome in una stanza rumorosa, anche se si era impegnati in un’altra conversazione. Le persone sono sensibili a percepire il proprio nome tra le informazioni a cui non stanno prestando attenzione le persone hanno bisogno dell’attenzione cosciente per identificare immagini, suoni e percetti nell’ambiente. Attenzione divisa: l’attenzione può essere divisa su diversi stimoli. Così l’informazione è meno accurata. I partecipanti a un esperimento di Duncan (1984) vedevano, al centro di un monitor, un rettangolo con una piccola apertura su un lato e una linea che lo attraversava. Rispondendo a domande relative allo stesso oggetto, l’accuratezza delle risposte era elevata, mentre quando erano invitati a rispondere a domande sia sul rettangolo che sulla linea, l’accuratezza delle risposte calava. In questo caso è opportuno considerare l’attenzione come un processo che agisce a laboratorio per rifare l’attività. Si registra un miglioramento nelle prestazioni rispetto alla prima. Chi aveva mostrato più incremento nel sonno REM, nella seconda notte avevano dato risultati migliori nel problem solving. sonno REM fornisce al cervello un contesto in cui solidificare il raggiungimento di nuovi apprendimenti. La prestazione di alcuni compiti è marcata dall’aumento delle fasi 3 e 4 nella prima parte della notte e del sonno REM nell’ultima. Sogni: gran parte della ricerca sui sogni si svolge nei laboratori del sonno, dove gli sperimentatori possono monitorare le persone che dormono nelle fasi REM e non-REM. Gli individui riportano un numero di sogni maggiore quando vengono risvegliati da una fase REM, ma questi hanno luogo anche nella fase non-REM (in questo caso hanno meno probabilità di contenere storie ad alto coinvolgimento emotivo. Si ritiene che i sogni abbiano un importante significato. Freud e l’interpretazione dei sogni: Freud chiamava i sogni “psicosi transitorie” o “via regia verso l’inconscio”. Sosteneva che erano l’appagamento di un desiderio perché permettono alle persone di esprimere desideri inconsci forti in forma mascherata a simbolica. Il mascheramento avveniva per dare rifugio a desideri proibiti. Forze opposte che operano nei sogni sono desiderio e censura (difesa contro il desiderio). La censura trasforma il significato nascosto (contenuto latente, verità inaccettabile socialmente) del sogno in contenuto manifesto (versione accettabile della storia)che appare dopo un lavoro onirico. L’interpretazione dei sogni richiede un lavoro di disvelamento a ritroso, dal contenuto manifesto a quello latente. I sogni rivelano i desideri inconsci, le paure connesse a questi e i meccanismi di difesa che il paziente utilizza. Approcci non occidentali all’interpretazione dei sogni: nel mondo occidentale le persone non pensano ai propri sogni finché non studiano psicologia. Nelle culture non occidentali, la condivisione e l’interpretazione dei sogni sono parte integrante del tessuto culturale. Tra gli indiani Archur in Ecuador si crede che un individuo sogni per la comunità intera, non per se stesso. Ognuno racconta il proprio sogno e gli altri offrono l’interpretazione. In alcune culture determinati individui sono indicati come possessori di poteri speciali che gli permettono di interpretare i sogni. Nella cultura maya sono gli sciamani ad avere questa capacità. In molte culture, le madri al mattino chiedono ai propri figli di raccontare cosa hanno sognato. Mentre Freud rivolge l’interpretazione dei sogni al passato, in molte culture si crede che i sogni rappresentino una visione sul futuro. L’orientamento verso il futuro dell’interpretazione dei sogni è importante per la tradizione culturale. Teorie contemporanee sul contenuto dei sogni: contatto tra i diversi approcci all’interpretazione dei sogni è che forniscono informazioni per la persona o la comunità. Il modello attivazione-sintesi sostiene che i segnali emessi dal tronco cerebrale stimolino il proencefalo e le aree associative della corteccia nella produzione di memorie casuali e di connessioni con le esperienze passate del sognatore. La ricerca contemporanea sui sogni contraddice questa visione secondo cui il contenuto del sogno emerge da segnali elettrici causali. Gli studi di neuroimaging suggeriscono che l’ippocampo sia attivo durante il sonno REM. Anche l’amigdala è attiva durante il sonno REM. Secondo Paller e Voss (2004), una delle funzioni del sonno è mettere assieme le recenti esperienze di un individuo con i suoi obiettivi, desideri e problemi, quindi il contenuto dei sogni riflette il tentativo del cervello di tessere una trama narrativa attorno a frammenti di vita recente di una persona, che emergono in fase REM. Il contenuto dei sogni mostra continuità con le preoccupazioni del sognatore al risveglio. Ci sono differenze di genere per quanto riguarda il contenuto dei sogni. Chi ha passato molto tempo di veglia in attività come lettura, sport o altro, riporta una percentuale più alta di sogni riguardanti queste attività. Alcune persone hanno più difficoltà di altre nel ricordare i sogni, che comunque è più facile ricordare vicino alla fase REM. 4.5 Stati di coscienza alterati Le culture hanno sviluppato pratiche che permettono di andare oltre la coscienza e sperimentare stati alterati di essa. La meditazione è una tecnica individuale, mentre riti religiosi sono tentativi condivisi di trascendere la coscienza. Ipnosi: il termine deriva da Ipno, dio greco del sonno, anche se il sonno non ha a che fare con l’ipnosi. L’ipnosi è uno stato di consapevolezza alternativo, caratterizzato dall’abilità che alcune persone hanno di rispondere alle suggestioni con cambiamenti di percezione, memoria, motivazione e controllo di sé. In questo stato i partecipanti mostrano un’accresciuta responsività di suggerimenti dell’ipnotizzatore e sentono che il loro comportamento ha luogo senza intenzione. Alcuni studiosi credono che gli individui ipnotizzati entrino in uno stato di trance diverso dalla coscienza in veglia; altri invece che l’ipnosi fosse solo una motivazione accresciuta. Alcuni effetti dell’ipnosi però sembrano andare oltre i processi motivazionali e le risposte placebo. Induzione ipnotica e ipnotizzabilità: ipnosi inizia con l’induzione ipnotica che serve a minimizzare le distrazioni esterne e a incoraggiare il partecipante a concentrarsi sugli stimoli suggeriti e a credere che stia per entrare in uno speciale stato di coscienza. Si danno suggerimenti per immaginare certe esperienze o visualizzare eventi e reazioni. La procedura di induzione usa suggestioni che portano a un profondo rilassamento. L’ipnotizzabilità rappresenta il grado di responsività dell’individuo alla suggestione ipnotica. Ci sono molte differente nella suscettibilità a questo fenomeno. L’ipnotizzabilità è un attributo stabile. I bambini tendono a essere più responsivi degli adulti (il picco dell’ipnotizzabilità si raggiunge con l’adolescenza e cala subito dopo). I ricercatori hanno identificato il gene COMT che influenza l’utilizzo della dopamina da parte del cervello e le differenze in questo gene sono legate a quelle individuali nell’ipnotizzabilità. Effetti dell’ipnosi: come si può essere sicuri che i comportamenti dell’ipnosi derivino da essa e non dalla volontà degli individui che vi si sottopongono di compiacere l’ipnotista? Condotti esperimenti per confrontare l’efficacia dei suggerimenti quando le persone sono in uno stato di veglia o di ipnosi. 3 gruppi da 12 soggetti in base al livello di ipnotizzabilità. Gli individui ad alta ipnotizzabilità fornirono la dimostrazione che i suggerimenti per mitigare il dolore agivano in modo più efficace sotto ipnosi che in stato di veglia. furono registrati i tracciati EEG per determinare se l’attività cerebrale dei partecipanti fosse influenzata da suggestioni ipnotiche. Quelli ad alta ipnotizzabilità ricevevano suggestioni ipnotiche per la riduzione del dolore e producevano più risposte cerebrali attenuate nelle aree sensoriali. Potenziale dell’ipnosi nel controllo del dolore (analgesia ipnotica). La mente può amplificare gli stimoli dolorifici attraverso l’anticipazione e la paura e si può diminuire questo effetto psicologico grazie all’ipnosi. Gli individui ad alta ipnotizzabilità sono il gruppo che ottiene un sollievo maggiore dal dolore attraverso l’ipnosi. Persone più suscettibili all’ipnosi hanno anche maggiore estensione delle regioni cerebrali della parte anteriore del corpo calloso (che è importante nell’attenzione e nell’inibizione degli stimoli indesiderati). Meditazione: la meditazione è una forma di alterazione della coscienza progettata per migliorare la conoscenza di sé e il benessere con il raggiungimento di uno stato di profonda tranquillità. Meditazione concentrativa: una persona può focalizzarsi e regolare il respiro, assumere posizioni corporee, minimizzare le stimolazioni esterne, generare immagini mentali, liberare la mente da tutti i pensieri. Meditazione mindfulness: l’individuo lascia che ricordi e pensieri gli attraversino la mente senza reagire. La mente può aiutare il corpo. La meditazione influenza gli schemi di attività cerebrale. Chi pratica meditazione mostra una corteccia cerebrale più spessa nelle aree uditive e somatosensoriali. Con l’aumentare dell’età la corteccia cerebrale in genere perde spessore e questo forse può rallentare con la meditazione. Sostanze psicoattive Alcune sostanze possono alterare la percezione della realtà. Nelle culture occidentali, le sostanze psicotrope sono associate più al divertimento che all’adempimento di rituali religiosi come nell’antichità. Queste vengono assunte per rilassarsi, controllare lo stress, evitare di affrontare i problemi quotidiani ecc. queste hanno impatto sullo stato psicologico dell’individuo e molte hanno anche uso medico. Le sostanze psicoattive sono composti chimici che influenzano i processi mentali e il comportamento modificando temporaneamente lo stato di coscienza. Giunte al cervello, si legano ai recettori sinaptici, bloccando e stimolando alcune reazioni. Alterano il sistema di comunicazione cerebrale con effetti su percezione, memoria, umore e comportamento. L’uso continuato di queste crea assuefazione, per cui la loro efficacia nell’organismo diminuisce a causa di un’accresciuta resistenza cellulare o per un aumento dei processi metabolici di attivazione. Il cervello produce risposte che contrastano gli effetti della droga e per questo si devono aumentare le dosi per raggiungere lo stesso risultato (tolleranza). L’esito tragico dell’assuefazione e della tolleranza è la dipendenza fisiologica, per cui il corpo si adatta e diventa dipendente dalla sostanza, a causa dell’impoverimento dei neurotrasmettitori dovuto alla frequente presenza di droga. Un dipendente ha bisogno fisico di quella sostanza e sente dolore per crisi di astinenza quando questa non c’è. La dipendenza psicologica si ha quando l’individuo è ossessionato dall’uso della sostanza, il suo stile di vita diviene del tutto accentrato sull’uso della droga. Cap. 5 – Apprendimento ed Esperienza 5.1 Cos’è l’apprendimento Un processo continuo, basato sull’esperienza, che si traduce in un cambiamento duraturo nel comportamento. Processo basato sull’esperienza: l’apprendimento può avvenire solo con l’esperienza, che include una fase di raccolta di informazioni (valutazione e rielaborazione) e una fase di azione per produrre risposte in grado di modificare l’ambiente. L’apprendimento consiste nelle risposte, influenzate dalle informazioni contenute nella memoria. Cambiamenti duraturi nel comportamento richiedono pratica, che si può mettere in atto solo a seguito di un processo di maturazione già avvenuto. In un bambino non avverrà nessuna modifica di comportamento finché questo non sarà sufficientemente maturo. Cambiamento nel comportamento o nel comportamento potenziale: si riscontra facilmente apprendimento quando si possono osservare risultati, ma si può analizzarlo in modo diretto, osservando cambiamenti nel cervello. Hebb (1949): idea di plasticità neurale connessa con l’attività nervosa indotta dall’esperienza. Durante i fenomeni di abituazione e sensibilizzazione, i collegamenti sinaptici si modificano, si rafforzano e si indeboliscono. L’apprendimento può essere rilevato più facilmente da un cambiamento nelle prestazioni. C’è una distinzione tra apprendimento e prestazione: la differenza tra ciò che si è appreso, le nostre potenzialità e ciò che viene davvero messo in atto tramite il comportamento osservabile. Cambiamento stabile e duraturo: per essere appreso, un cambiamento nel comportamento deve mantenersi costante nelle diverse circostanze. Processo continuo: l’apprendimento è un processo continuo e rappresenta una tappa fondamentale nel processo di evoluzione. È intrinseco all’esperienza degli esseri umani, che sono nella condizione di apprendere in ogni situazione. L’apprendimento ha un carattere storico nell’autobiografia di ciascuno di noi. Siamo nella condizione di imparare sempre, in modo deliberato o inconsapevole. Se la nostra vita è esperienza, ciò che impariamo in modo inconsapevole è più di ciò che impariamo in modo consapevole. L’apprendimento continuo si fonda sull’esperienza, fonte di tutte le conoscenze e le competenze attraverso la sequenza di successi e insuccessi che abbiamo. Acquisizione di conoscenze e competenze attraverso la scelta e l’attribuzione di priorità a certe condizioni invece che ad altre. L’apprendimento è selettivo, perché si basa sulla ricerca di conferme di apprendimenti precedenti, o è orientato all’acquisizione di nuove prospettive. Abituazione e sensibilizzazione: se si osserva la stessa immagine molte volte in un tempo contenuto, la risposta emotiva diventerà sempre più debole. Abituazione: quando uno stimolo è presentato ripetutamente si riscontra una diminuzione della risposta comportamentale. Questa aiuta a focalizzare la propria attenzione su eventi nuovi presenti nell’ambiente, perché permette di contenere lo sforzo comportamentale impiegato per rispondere più volte a stimoli già incontrati. Questo processo si adatta alla definizione di apprendimento: cambiamento nel comportamento è basato sull’esperienza e questo è stabile. Ma è improbabile che sia permanente. Quando si attiva la sensibilizzazione, la risposta a uno stimolo che si presenta ripetutamente è più forte. Se si è sottoposti a uno stimolo doloroso e l’intensità di questo rimanesse costante, proveremmo più dolore durante l’ultima somministrazione dello stimolo rispetto alla prima. Ripetute esperienze di uno stimolo doloroso portano a un cambiamento costante nella risposta comportamentale. È più probabile una risposta di sensibilizzazione quando gli stimoli sono intensi o fastidiosi, negli altri casi è più frequente l’abituazione. 5.2 Condizionamento classico Il corpo impara a produrre una risposta fisiologica quando un evento situazionale è associato a un altro evento. Questo apprendimento è definito condizionamento classico, forma base di apprendimento in cui uno stimolo o evento predice il verificarsi di un secondo stimolo o evento. L’organismo apprende un’associazione tra due stimoli: il primo che non attivata quella risposta e il secondo che l’attivava automaticamente. Esperimento di Pavlov: fisiologo russo che per la prima volta studia il condizionamento classico, in modo casuale durante una ricerca sulla digestione nei cani. Per attivare le secrezioni corporee salivari, nutriva il cane con carne liofilizzata. Dopo aver fatto la procedura, osservò che i cani iniziavano a salivare prima di essere nutriti, perché la salivazione compariva alla vista del cibo e poi alla sola vista dell’assistente che portava il cibo. Ogni stimolo che precedeva la comparsa di cibo attivava la produzione della saliva e scoprì per caso che l’apprendimento avrebbe potuto essere l’esito dell’associazione fra due eventi. A intervalli regolari, uno stimolo acustico neutro (non aveva alcun precedente significato per il cane in relazione al cibo o alla salivazione) precedeva la presentazione di cibo al cane. La prima reazione allo stimolo fu solo una risposta di orientamento (il cane si orientava verso il suono). Dopo ripetute associazioni fra suono e cibo, la risposta di orientamento lasciò il posto alla salivazione. Dimostrò poi la generalizzabilità di questo effetto. Riflesso è una risposta innescata naturalmente, attivata o elicitata, da stimoli specifici biologicamente rilevanti per l’organismo. Ogni stimolo che attiva un riflesso sul piano fisiologico è uno stimolo incondizionato. Il comportamento attivato da uno stimolo incondizionato è una risposta incondizionata. L’apprendimento prodotto dal condizionamento classico crea le connessioni SC-RC. Con l’associazione, lo stimolo condizionato ha la capacità di influenzare il comportamento. Stimolo incondizionato (SI) = cibo Risposta incondizionata (RI) = salivazione. Stimolo condizionato (SC) = stimolo acustico Nessuna risposta. Stimolo condizionato (SC) = stimolo acustico Stimolo incondizionato (SI) = cibo Risposta incondizionata (RI) = salivazione. Stimolo condizionato (SC) = stimolo acustico Risposta condizionata (RC) = salivazione. Processo di condizionamento: Acquisizione ed estinzione: l’acquisizione è il processo attraverso cui la RC è inizialmente attivata e aumenta gradualmente in frequenza in seguito a prove ripetute. SC e SI devono essere accoppiati spesso prima che lo SC attivi la RC in modo affidabile. Nel condizionamento classico la contiguità temporale (timing) è fondamentale. SC e SI devono essere presentati in tempi vicini per essere percepiti come associati. Ci sono 4 tipologie di marche temporali tra i 2 stimoli. Il condizionamento ritardato è quello più usato (SC compare prima di SI e rimane finché SI non è presentato). Nel condizionamento di traccia SC è discontinuo o scompare prima che compaia SI (traccia fa riferimento alla memoria che si assume l’organismo preservi dello SC). Nel condizionamento simultaneo SC e SI sono presentati nello stesso momento. Nel condizionamento retrogrado SC e presentato dopo SI. Condizionamento più efficace è quello ritardato. L’intervallo di tempo fra SC e SI in grado di produrre un condizionamento ottimale dipende da molti fattori, inclusa l’intensità dello SC e il tipo di risposta che deve essere condizionata. Per risposte muscolari è meglio un intervallo tra 100 e 150 ms, per risposte viscerali è meglio un intervallo da 5 a 15 ms. quando SC non è più associato a SI, la RC diventa più debole nel tempo e scompare. Quando la RC non compare più in presenza di SC, si parla di estinzione. Le risposte condizionate non sono necessariamente un aspetto permanente del repertorio comportamentale, ma ricompare in forma debole quando SC è presentato nuovamente. Questo è il recupero spontaneo. Se dopo l’estinzione l’associazione SC-SI è rinnovata, l’apprendimento è più rapido ed è un esempio di risparmio. Generalizzazione dello stimolo: una volta che una RC è stata associata a un dato SC, stimoli simili potrebbero attivare la medesima risposta (bambino morso da un cane proverà paura anche per altri cani). Questa estensione è chiamata generalizzazione dello stimolo. Più uno stimolo è simile all’iniziale SC e più forte è la risposta attivata. È possibile individuare un gradiente di generalizzazione, la cui esistenza indica il modo in cui il condizionamento classico svolge la sua funzione nell’esperienza quotidiana, perché gli stimoli in natura di grazie alla correlazione diretta tra risposta e rinforzo. Più alto è il rapporto, più lunga è la pausa. Allungare troppo il rapporto senza aver allenato il soggetto a produrre tante risposte, può portare all’estinzione. Schemi a rapporto variabile: numero medio di risposte tra un rinforzo e il successivo è predeterminato. RV- 10 vuol dire che in media il rinforzo è somministrato ogni 10 risposte. Questi schemi producono in assoluto il tasso di risposta più alto e la più forte resistenza all’estinzione. Il gioco d’azzardo sembra essere governato da schemi RV. Schemi RV lasciano libertà di indovinare quando verrà elargito il premio. Schemi a intervallo fisso: il rinforzo è erogato in seguito alla prima risposta fornito dopo un intervallo costante e prestabilito. In IF-10 il soggetto, dopo aver ricevuto il rinforzo, dovrà attendere 10 secondi prima che un’altra risposta sia rinforzata, indipendentemente dal numero di risposte prodotte. Subito dopo ogni risposta rinforzata, l’animale rende meno, e all’avvicinarsi del rinforzo successivo le risposte aumentano progressivamente. Schema a intervallo variabile: media determinata dell’intervallo. In IV-20, i rinforzi sono forniti a un tasso medio di 1.20 secondi. Il tasso di risposta è moderato ma costante. Estinzione graduale ma più lenta. Modellamento (shaping): come si può addestrare un ratto a produrre un comportamento che raramente potrebbe mettere in atto in modo spontaneo. Bisogna utilizzare un metodo chiamato modellamento per approssimazioni successive: si rinforza ogni risposta che in modo progressivo si avvicina e infine che ricalca il comportamento desiderato. Si deve deprivare il ratto di cibo per un giorno, poi porzioni di cibo devono essere sistematicamente disponibili nel distributore di cibo della camera operante; così il ratto impara che è lì che deve andare a cercare il cibo. Inizia il processo di modellamento: fornendo il cibo in modo contingente a specifici aspetti del comportamento del ratto, come il suo orientamento verso la leva, per poi fornire cibo solo quando il ratto si sposta sempre più vicino alla leva, poi quando tocca la leva fine quando la preme per ottenere il premio. Con piccoli progressi il ratto ha imparato che premere la leva gli procura una ricompensa in cibo. Il processo di modellamento (shaping) consiste nel definire cosa costituisce un progresso verso il risultato desiderato e nell’usare un rinforzo differenziale per perfezionare ogni passaggio. Scott (1997): esperimento per migliorare le prestazioni di un campione canadese di salto con l’asta. Modellamento permette di ottenere un miglioramento attraverso approssimazioni successive del comportamento desiderato. Condizionamento classico e operante sono le modalità fondamentali attraverso cui si è espresso l’approccio dell’apprendimento associativo. Contiguità temporale e spaziale, contingenza nella connessione fra stimoli e risposte agiscono in modo automatico e di necessità. L’apprendimento è misurato come variazione delle risposte comportamentali dopo la situazione di stimolazione e l’organismo è passivo nel processo di apprendimento. Comportamento superstizioso e illusione di controllo A volte i rinforzi hanno luogo a prescindere dalle risposte comportamentali. Popoli antichi credevano che la danza potesse far piovere. Il fatto che la danza fosse seguita ogni tanto dalla pioggia permise la formazione di associazioni R-E (risposta-esito) tra danza e pioggia. Anche alcuni studenti usano vestirsi di un certo colore quando sostengono un esame, o si comportano in altri modi. Skinner nel 1948 conduce il primo esperimento di laboratorio per studiare il comportamento superstizioso. In esperimenti condotti con esseri umani, molti ricercatori hanno messo in luce comportamenti superstiziosi che non possono essere interpretati secondo il paradigma del condizionamento classico. Alloy e Abramnson (1979) hanno condotto uno studio in cui studenti universitari premevano tasti e ottenevano diversi tipi di rinforzi in differenti contingenze R-E. per alcune contingenze il rinforzo era indipendente dal comportamento del soggetto (programmato ad avere luogo con la stessa probabilità a prescindere dalla risposta). Ma gli studenti tendevano a credere di essere stati loro a originare il rinforzo. È il fenomeno dell’illusione di controllo, perché i soggetti si comportano in maniera superstiziosa ma credono anche di poter controllare un esito che in realtà non è controllabile. 5.4 Imprinting e apprendimento L’apprendimento è un processo sociale fondato sull’interazione fra due o più organismi. Il fenomeno più noto è il tipo di apprendimento chiamato imprinting (studiato da Heinroth), apprendimento precoce da parte di animali appena nati che dimostrano una reazione di inseguimento verso il primo oggetto mobile che vedono o sentono. Oca di Lorenz e pulcino intelligente: l’oca di Lorenz è famosa per aver riconosciuto come madre l’etologo austriaco. Lorenz dimostrò la teoria dell’imprinting, apprendimento innato che funziona solo in un periodo critico breve e circoscritto, le prime parti dello sviluppo. Assimila l’informazione “mamma”, e la mantiene in memoria per lunghissimi periodi. Dice che l’imprinting è un apprendimento qualitativamente diverso da quello associativo e la costruzione in questo legame sociale è guidata da meccanismi genetici. In realtà, al contrario di quanto sostenuto da Lorenz, sembra che l’imprinting non sia circoscrivibile a un vero e proprio periodo critico. Quest’ultimo è stato rinominato periodo sensibile, indicando il periodo in cui le influenza ambientali sono più efficaci per l’apprendimento di conoscenze e abilità. In un altro esperimento l’imprinting è stato usato per studiare le capacità di apprendimento spaziale e di memoria dei pulcini. Il pulcino è capace di ricordarsi l’informazione “mamma” che è in grado di aggiornarla. 5.5 Apprendimento cognitivo Di fronte a una situazione problematica ognuno può avere un’intuizione (insight), manifestazioni difficili da spiegare nei termini del condizionamento pavloviano o skinneriano. Molti ritengono che le intuizioni siano causate da un processo differente, apprendimento cognitivo (cambiamento relativo ai processi mentali piuttosto che comportamentali). Apprendimento per insight: lo psicologo della Gestalt Kohler propose una nuova prospettiva per spiegare l’apprendimento. Riteneva che la psicologia dovesse riconoscere i processi mentali come componente essenziale dell’apprendimento. Sottopose a verifica sperimentale la sua concezione cognitiva dell’apprendimento a partire dall’osservazione del comportamento stesso. Mostrò che gli scimpanzé potevano imparare a risolvere problemi complessi non solo per prove ed errori, ma anche tramite improvvise intuizioni che combinavano risposte più semplici precedentemente apprese. Uno degli scimpanzé aveva imparato ad ammucchiare le scatole e ad arrampicarsi sopra di esse per raggiungere la frutta fuori dalla sua portata. Quando gli venne richiesto di combinare i due apprendimenti, dopo un apparente momento di “riflessione” si alzò, trascinò una cassa e un bastone sotto la frutta, saltò sulla cassa e riuscì a raggiungere la frutta con il bastone, pur non avendo mai usato prima queta combinazione di risposte. Con questo Kohler ha provato che gli animali potevano imparare attraverso il processo di apprendimento per insight, con una riorganizzazione della propria percezione dei problemi di una data situazione. Scimmie e esseri umani imparano a risolvere problemi percependo oggetti familiari con nuove forme o relazioni. Mappe cognitive: dopo gli scimpanzé anche i ratti riuscivano a esplorare labirinti del laboratorio come se seguissero una mappa mentale, piuttosto che eseguire meccanicamente comportamenti appresi. Immagini mentali: una mappa cognitiva genera un’immagine mentale che un organismo usa per muoversi all’interno di un ambiente familiare. La mappa cognitiva è l’unico modo di rendere conto di come un ratto riesca a selezionare velocemente un percorso alternativo in un labirinto quando la strada usuale per raggiungere l’obiettivo è bloccata. Piuttosto che esplorare ciecamente le diverse parti del labirinto per prove ed errori, i ratti di Tolman sceglievano la deviazione più breve intorno a una barriera anche se la scelta di quel percorso non era stata precedentemente rinforzata, come fossero in possesso di una rappresentazione mentale del labirinto. Gli animali avevano appreso conetti, non solo comportamenti. Apprendimenti in assenza di rinforzo: Tolam permise ai ratti di vagare liberamente nel labirinto per molte ore, periodo nel quale non ricevettero rinforzi. Esplorarono e basta ma nonostante l’assenza di rinforzi, i ratti impararono a muoversi nel labirinto per cercare cibo più velocemente di quelli che non avevano esplorato prima. I ratti avevano appreso qualcosa: apprendimento latente. Importanze del lavoro di Tolman: sfida le teorie di Pavlov, Watson e dei comportamentisti. Semplice associazione tra stimolo e risposta non erano in grado di spiegare il comportamento osservato nei suoi esperimenti. 5.6 Apprendimento situato, simulazione ed esperienza L’apprendimento è un “contenitore” da riempire con gli insegnamenti formali espliciti compiuti da chi è esperto. La concezione trasmissiva dell’apprendimento (da uno a molti) è superata. L’apprendimento avviene sempre in un contesto fisico e relazionale in cui esperto e novizio sono entrambi protagonisti nel tessere la tela degli apprendimenti. Sono interdipendenti, poiché gli esperti insegnano per quanto gli utenti sono in grado di assimilare e viceversa. Apprendimento situato: legato a una specifica situazione e immerso in un dato contesto immediato. Il contesto è la matrice dei significati, insieme delle condizioni che rendono intelligibili i contenuti delle attività proposte, in grado di attribuire versatilità alle conoscenze apprese. L’apprendimento situato garantisce un’esperienza interattiva e aperta dotata di ricchezza discorsiva e argomentativa. Consente un’esperienza individualizzata, poiché ogni fruitore vi partecipa secondo il suo background, la sua enciclopedia delle conoscenze, i suoi atteggiamenti e aspettative. Favorisce un’esperienza socializzata, implica la condivisione dei risultati e delle difficoltà. Apprendimento latente, conoscenza tacita e apprendimento riflessivo: apprendimento situato è apprendimento contingente, legato a determinate circostanze. L’apprendimento contingente accanto a forme esplicite e formali comporta ampie zone di comportamento latente. L’esposizione all’ambiente, la sua osservazione ed esplorazione, l’esecuzione di una serie di azioni costituiscono premesse rilevanti per l’apprendimento latente. Risultato rilevante del percorso di apprendimento latente è l’acquisizione di una mole rilevante di conoscenze tacite, conoscenza individuale implicita. È inconsapevole, inflessibile per ridurre i tempi e gli sforzi nella pianificazione ed esecuzione dei compiti. Fa riferimento alle conoscenze procedurali. La conoscenza tacita si fonda sul training e può essere appresa e condivisa attraverso l’apprendistato. L’imitazione accurata di modelli e un’interazione con loro consentono al novizio di appropriarsi di procedure, strategie, accorgimenti sottesi alle attività in esame. Una volta acquisita, la conoscenza tacita si trasforma nel tempo in abitudini ripetute in modo automatico. L’apprendimento situato e partecipativo consente di condividere le forme di conoscenza tacita in una comunità. Facilita l’esplicitazione di tali forme di conoscenza, promuovendo percorsi di apprendimento riflessivo. Dewey diceva che imparare dall’esperienza significa stabilire una connessione all’indietro e in avanti fra ciò che facciamo con le cose e ciò per cui siamo soddisfatti o insoddisfatti dalle cose fatte. C’è un ciclo di apprendimento in cui lo svolgimento delle attività è seguito da valutazione e rappresentazione accurata prima di tornare alle attività e all’esperienza. Il ciclo favorisce l’elaborazione di strategie mentali per incrementare gli apprendimenti stessi e i cambiamenti a essi connessi. L’apprendimento riflessivo conduce a forme avanzate di pensiero critico (considerazione attiva di ogni credenza e forma di conoscenza alla luce dei fondamenti che le supportano e delle conclusioni cui conducono; caratterizzato dalla coscienza che la propria azione è inserita in una traiettoria, la cui consapevolezza dà senso a ciò che facciamo). Partecipazione guidata: l’immersione nella situazione implica una partecipazione dei fruitori all’attività di apprendimento. La focalizzazione delle risorse comporta un’osservazione attenta dei singoli passaggi di apprendimento e delle loro connessioni. Facilita la comprensione dell’azione concomitante. È più facile apprendere e ripetere un comportamento complesso si è osservato rispetto a quando viene descritto solo in modo astratto. Apprendimento situato con la partecipazione non è casuale o caotico ma guidato. La partecipazione guidata implica la distinzione fra esperto e novizio. Apprendimento partecipe e attivo. Favorisce la flessibilità nell’adattare gli apprendimenti fatti a vari contesti diversi. L’ “addestramento ai confini” incrementa l’elasticità e la versatilità mentale dei discenti. 5.7 Nuove frontiere dell’apprendimento E-learning: l’apprendimento ha allargato i propri orizzonti fino ad assumere forme inimmaginabili. Si parla di apprendimento elettronico o e-learning (apprendimento che sceglie come strumento privilegiato la tecnologia). In questa categoria rientrano sia gli apprendimenti delle tecnologie, sia gli apprendimenti attraverso le tecnologie, come quello a distanza, quello online. Apprendere le tecnologie: quando si parla di apprendere le tecnologie, l’attenzione è focalizzata sul cosa viene appreso, sull’esito finale dell’apprendimento. L’apprendimento delle tecnologie è un processo che genera cambiamenti cognitivi interni e che conduce all’acquisizione di nuove conoscenze e ad azioni immediate. L’apprendimento delle tecnologie fa riferimento a processi cognitivi di natura esplicita e implicita, deducibili dalle azioni eseguite sul prodotto tecnologico. Mays e Fowler (1999): l’apprendimento delle tecnologie implica un cambiamento permanente nella prestazione tecnologica di un individuo. È un apprendimento che avviene in sinergia con altri processi cognitivi. Si basa sull’esperienza passata. L’apprendimento è cumulativo e ciò che impariamo in qualsiasi momento è influenzato dai nostri apprendimenti pregressi. L’apprendimento in questi casi assume la forma di un cambiamento con valore adattivo in quanto aumenta l’efficacia dell’interazione con l’ambiente tecnologico. Apprendere le tecnologie comporta una performance sul mezzo. La prestazione tecnologica implica una norma di confronto con nuovi prodotti, consentendo di creare interazione fra individui e mezzi elettronici e di condividere l’esperienza tecnologica senza bisogno di valutazioni formali. Apprendere attraverso le tecnologie: e-learning è un esempio di apprendimento mediato dalle tecnologie, in parte esterno alla scuola, in parte interno. Quello esterno risulta fortemente contestualizzato, basato sull’imitazione o esperienza condivisa con un esperto. L’importanza degli apprendimenti procedurali evidenzia il carattere implicito dell’e-learning, per cui non è sempre consapevoli di ciò che si sta imparando. La motivazione e la possibilità di scelta di un percorso rispondente ai propri interessi mettono in luce il ruolo di curiosità e emozioni positive. Immediata applicabilità dell’apprendimento ma non generalizzabilità. E-learning e apprendimento tradizionale: l’e-learning si distingue da forme di apprendimento non guidato. Anche se le figure del tutor e del docente non sono fisicamente presenti, svolgono un ruolo centrale. L’interazione reale è sostituita da un’interazione virtuale. Rispetto all’apprendimento tradizionale, l’e-learning presente maggiore frammentazione. Non linearità, presentazione multimediale di contenuti e frammentazione contrastano la visione tradizionale di un sapere unitario. Per contro, la didattica dei corsi a distanza è costituita da oggetti di apprendimento (learning objects), da assemblarsi in forme molteplici. Tale impostazione si adatta a fatica alla formazione universitaria. L’e-learning è flessibile e permette di autoregolare l’apprendimento, elementi fondamentali nell’apprendimento a distanza. Serious Games: la mente simulativa costituisce una disposizione che consente agli individui di riprodurre e anticipare fenomeni dell’esperienza al fine di intervenire secondo quanto richiesto dalla situazione. I Serious Games sono una manifestazione della mente simulativa, una rivoluzione culturale poiché essendo in grado di simulare qualsiasi esperienza sono lo strumento principale per acquisire e perfezionare competenze in qualsiasi settore. Attività di gioco e simulazione mentale costituiscono un intreccio indissolubile con l’apprendimento fin da bambini. Dunque i Serious Games sono attività digitali interattive che attraverso la simulazione virtuale consentono ai partecipanti di fare esperienze precise e accurate in grado di promuovere, attraverso la forma del gioco percorsi attivi, partecipanti e coinvolgenti di apprendimento nei vari domini dell’esistenza umana. Si tratta di un’applicazione digitale interattiva che ha un obiettivo sfidante; è divertente e coinvolgente da usare; incorpora concetti di punteggio; fornisce al partecipante un’abilità, conoscenza o atteggiamento che possono essere applicati nel mondo reale. Possono riguardare diversi contenuti e competenze psicologiche. Possono incrementare sia le conoscenze dichiarative esplicite sia procedurali. Hanno la potenzialità di promuovere funzioni psichiche fondamentali (leadership, cooperazione, innovazione). La combinazione simulazione-apprendimento-gioco è quella che consente la creazione di Serious Games. Componente simulativa: giochi simulativi virtuali che, con dispositivi digitali, riproducono aspetti dell’esperienza. Gli aspetti simulativi hanno un grado di fedeltà variabile. Simulazioni ad alta fedeltà (modellano e riproducono fenomeni reali rappresentati in modo accurato; serious games scientifici destinati a l’integrazione di processi mentali differenti, ci affidiamo all’esecutivo centrale per destinare le nostre risorse mentali ad aspetti differenti del compito; - Buffer episodico: sistema di immagazzinamento con capacità limitata, controllato dall’esecutivo centrale. Permette di recuperare le informazioni dalla memoria a lungo termine e di combinarle con le informazioni della situazione attuale. Il buffer episodico fornisce una risorsa per integrare differenti tipologie di stimolazione percettiva con l’esperienza passata e consente di costruire un’interpretazione coerente di ciascuna situazione. L’integrazione della memoria a breve termine nel contesto più ampio della memoria di lavoro dovrebbe contribuire a rinforzare l’idea che la memoria a breve termine non è un luogo ma un processo. La memoria di lavoro è un’attività di focalizzazione a breve termine sugli elementi necessari. La memoria di lavoro getta una luce più intensa sulle rappresentazioni mentali e coordina le attività richieste per svolgere azioni a partire da tali rappresentazioni. La capacità della memoria di lavoro si differenzia da persona a persona. Per misurare le differenze si può usare lo span di operazione. Lo span di operazione richiede ai soggetti di portare a termine un compito (ex. problemi matematici) svolgendo al tempo stesso un secondo compito. Fornisce un indice delle differenze individuali nell’efficienza dell’esecutivo centrale in relazione alla sua capacità di destinare la giusta quantità di risorse mentali alle varie operazioni. La memoria di lavoro permette ai soggetti di mantenere l’attenzione focalizzata sui compiti che devono eseguire. Più è elevata la capacità della memoria di lavoro, più i soggetti dovrebbero essere in grado di mantenere la concentrazione. Se si esegue un compito più impegnativo, le persone con più capacità della memoria di lavoro, riportano meno distraibilità rispetto a quelle con una minore capacità della memoria di lavoro. Le persone con maggiore capacità di lavoro sono in grado di utilizzare maggiormente le risorse dell’esecutivo centrale e mantenere la propria attenzione focalizzata su compiti più impegnativi. La memoria di lavoro funziona come un canale per il passaggio di informazioni che vanno e vengono dalla memoria a lungo termine. 6.3 Memoria a lungo termine: codifica e recupero Quanto a lungo può durare un ricordo? Quando gli psicologi parlano di memoria a lungo termine si riferiscono ai ricordi. La memoria a lungo termine (MLT) è il magazzino di tutte le esperienze, gli eventi, le informazioni, le emozioni, le capacità, le parole, le categorie, le regole e i giudizi acquisiti dalla memoria sensoriale e da quella a breve termine. Conoscenze totali che ogni persona ha di sé e del mondo. Indizi di recupero: per recuperare un ricordo devono essere usati indizi di recupero, che possono essere forniti dall’ambiente esterno o generati internamente. Quando si prova a recuperare un ricordo esplicito è perché serve per uno scopo e quello scopo costituisce l’indizio di recupero. Ill recupero avviene in funzione della quantità degli indizi a disposizione. Recupero e riconoscimento: il recupero è la riproduzione dell’informazione a cui si è stati esposti. Il riconoscimento è la realizzazione che un evento o stimolo è stato esperito in passato. È possibile collegare recupero e riconoscimento alle esperienze quotidiane di memoria esplicita. Metodo di riconoscimento è quello che usa la polizia quando chiede a una vittima di ricordare caratteristiche distintive dell’aggressore. Sia il recupero sia il riconoscimento richiedono una ricerca attraverso l’utilizzo di indizi di recupero. Per il recupero è necessario che l’indizio consenta di recuperare l’informazione. Per il riconoscimento l’indizio è costituito da opzioni di scelta, tra cui è presente quella corretta. Memoria episodica e semantica: la memoria dichiarativa assume diverse forme in funzione degli indizi necessari per il recupero. Tulving ha proposto la distinzione tra memoria episodica e semantica. Memoria a lungo termine Memoria procedurale (ricordi di come si fanno le cose) / Memoria dichiarativa (ricordi di fatti ed eventi) Memoria episodica (ricordi di particolari esperienze personali) / Memoria semantica (conoscenza generale). La memoria episodica permette di conservare gli eventi specifici di cui si fa esperienza (ricordo dei compleanni felici o del primo bacio). Per riattivarli è necessario che gli indizi di contesto facciano venire in mente qualcosa legato al momento in cui è accaduto quel dato evento. La memoria semantica è generica, categoriale, come il significato di parole o concetti. I ricordi della memoria semantica non sono infallibili. Si possono dimenticare molti fatti che sono stati dissociati dai contesti in cui li abbiamo memorizzati. Contesto e codifica: il principio della specificità del contesto di codifica funziona che i ricordi si attivano più rapidamente quando il contesto di recupero è coerente con quello di codifica. Specificità del contesto di codifica: Tulving e Thomson (1973) hanno dimostrato il potere della specificità del contesto di codifica ottenendo prestazioni opposte durante le attività di recupero e riconoscimento. Hanno evidenziato l’importanza del cambiamento di contesto. Dopo che i partecipanti all’esperimento hanno memorizzato la parola nero associandola al contesto treno, era difficile per loro recuperare questa rappresentazione quando il contesto era mutato in bianco. Hanno fornito dimostrazioni convincenti della memoria contesto-dipendente. Studenti di pianoforte hanno dimostrato di saper suonare un brano musicale in modo più accurato usando il piano su cui lo avevano appreso. I ricordi sono stati codificati in relazione a un contesto ambientale esterno. Tuttavia, la specificità della codifica può far leva anche su stati interni, in questo caso si parla di fenomeni di memoria stato-dipendente. Effetto di posizione seriale: immaginiamo di dover apprendere una lista di parole casuali, se dovessimo ripetere quelle parole in ordine, i nostri ricordi si costruirebbero secondo questo modello: riusciremmo a ricordare bene le prime parole (effetto priorità) e le ultime (effetto recenza), e difficilmente le intermedie. Quando i partecipanti sono invitati a ricordare liste di parole dalla lunghezza variabile, usano procedure di rievocazione seriale (in ordine) o rievocazione libera (a caso). Il ruolo che il contesto svolge nel formare la curva di posizione seriale è relativo alla differenziazione contestuale dei diversi item contenuti nella lista. L’informazione intermedia diventerà più disponibile se è resa maggiormente differenziata. L’effetto recenza si verifica in quanto le ultime 4 parole vengono differenziate quasi automaticamente. Stessa cosa per l’effetto priorità: ogni volta che iniziamo qualcosa di nuovo, i nostri processi mnestici creano un nuovo contesto, dove le prime esperienze sono differenziate. Processi di codifica e recupero: la memoria funziona in modo più efficace quando le fasi di codifica e recupero sono ben abbinate. Livelli di elaborazione: il processo che si mette in atto quando si elabora un’informazione e l’attenzione che prestiamo nel momento in cui la codifichiamo influiscono sulla qualità del ricordo dell’informazione. La teoria dei livelli di elaborazione dice che quanto più è profondo il livello in cui viene elaborata un’informazione, tanto più è probabile che sia recuperata dalla memoria. La profondità dell’elaborazione è definita tramite il tipo di giudizi richiesti ai partecipanti in relazione a materiali sperimentali. Quanto più a fondo viene effettuato il processo di elaborazione, tanto più i soggetti sono in grado di ricordare l’informazione. Il modo in cui le informazioni impegnano la memoria, i processi mentali usati per codificare le informazioni, producono un effetto sulla fase successiva di recupero. Elaborazione e memoria implicita: i ricordi impliciti sono spesso più nitidi quando c’è un forte legame tra i processi di codifica implicita e i processi di recupero implicito e questa prospettiva è chiamata trasferimento di elaborazione appropriato. Il ricordo è più nitido quando il tipo di elaborazione compiuto nella fase di codifica si trasferisce ai processi di elaborazione necessari per il recupero. Esperimento tipico per valutare la memoria implicita: studenti sono invitati a indicare il grado di piacevolezza relativo a ciascuna parola contenuta in una lista di nomi concreti da 1 a 5. Le valutazioni di piacevolezza richiedono ai partecipanti di pensare al significato di ogni parola senza impegnare esplicitamente la memoria. Dopo, si valuta la qualità del ricordo dei partecipanti usando uno tra i seguenti 4 compiti di memoria implicita: Completamento di parole parziali: partecipanti devono completare gli spazi formando la prima parola che viene in mente; Completamento della radice di parole: radici di parole a completare; Riconoscimento di parole: parole presentate brevemente sullo schermo, i partecipanti devono cercare di indovinare di che parola si tratta; Anagrammi: si chiede di indicare in un anagramma la prima parola che viene in mente. Le risposte corrette possono essere fornite da parole provenienti dalle liste precedenti, per questo memoria implicita. In ogni compito, aver letto la parola nella lista costituiva un vantaggio, anche se ai partecipanti era richiesto solo di indicare il grado di piacevolezza. Priming: questo grado di vantaggio, in quanto la prima esperienza della parola si innesca nella memoria nelle esperienze successive. Gli esercizi di memoria implicita si basano su una corrispondenza fisica tra stimolo iniziale e risposte date nell’esercizio. Utilizzando due tipi di esercizi di memoria implicita basati sul priming, in relazione a caratteristiche fisiche e al significato, possiamo osservare la relazione tra codifica e recupero. I ricercatori hanno valutato la memoria implicita usando domande di cultura generale ed esercizi di completamento di parole. Le valutazioni profonde richiedono un’elaborazione concettuale nella fase di codifica che non è presente nelle valutazioni superficiali. Le domande di cultura generale richiedono un’elaborazione concettuale che non è necessaria negli esercizi di completamento di parole. Hanno trovato una maggiore percentuale di valutazioni profonde corrette dovuta al priming quando i processi di codifica e recupero erano concordi. Se per codificare informazioni usiamo un certo tipo di elaborazione, saremo in grado di recuperare meglio quell’informazione, quando quella si baserà sullo stesso tipo di analisi. Biologia e memoria: tecniche di neuroimaging Relazioni tra anatomia e memoria con esperimenti su pazienti affetti da amnesie, grazie a neuroimaging. Attraverso la tomografia a emissione di positroni Tulving individua una differenza nell’attivazione tra emisfero destro e sinistro nella codifica e nel recupero di informazioni episodiche. Si è scoperto che un’attività cerebrale elevata nella corteccia prefrontale sinistra durante la codifica dell’informazione episodica e nell’area prefrontale destra durante il recupero di informazione episodica. Processo di codifica e recupero presentano differenze anatomiche e concettuali. La ricerca effettuata con risonanza magnetica funzionale ha fornito dettagli relativi al modo in cui operazioni della memoria sono distribuite nel cervello. Questo ha identificato le specifiche regioni cerebrali attivate nel momento in cui vengono formati nuovi ricordi. I ricercatori hanno cercato di identificare le regioni cerebrali maggiormente attive quando le informazioni erano state codificate con successo. Questo ha mostrato l’attivazione di molte regioni. Le scansioni cerebrali permettono di avere informazioni sul funzionamento dei processi mnestici nel corso del tempo. Per i ricordi autobiografici, il ruolo delle diverse regioni cerebrali si modifica nel tempo. I partecipanti ascoltavano una parola come albero e cercavano di ricordare un evento specifico legato a quella parola. Nella fase iniziale, struttura come l’ippocampo erano attive quando tentavano di recuperare i ricordi episodici. Quando i partecipanti elaboravano ricordi l’attività cerebrale di altre aree diventava più evidente. Corteccia visiva si attivava nel momento in cui arricchivano i loro ricordi con immagini visive. Perché dimentichiamo: le dimenticanze a volte dipendono ad esempio dal fatto di cercare di ricordare il nome di una persona in un contesto diverso da quello in cui lo abbiamo memorizzato originariamente. Ma ci sono anche altre ragioni. Ebbinghaus (1885) ha impiegato come materiale da ricordare per degli esperimenti le sillabe senza senso. Interferenza: quando dobbiamo registrare un nome, prima di memorizzarlo, ne avevamo in testa molti altri e questi possono avere un effetto negativo sulle nostre capacità di ricordare il nome giusto al momento giusto. L’interferenza proattiva (che agisce in avanti) si riferisce alle circostanze in cui le informazioni che abbiamo acquisito nel passato rendono difficile l’acquisizione di nuove informazioni. L’interferenza retroattiva (a ritroso), si ha quando l’acquisizione di nuove informazioni rende difficile il ricordo di informazioni memorizzate in precedenza. Ebbinghaus ha documentato l’interferenza con esperimenti. Dopo aver appreso molte liste di sillabe prive di significato, scoprì di aver dimenticato il 65% delle nuove sillabe. Come memorizzare informazioni non strutturate: Ripasso elaborativo: strategia per migliorare la codifica di informazioni. Consiste, mentre stiamo registrando un’informazione e la stiamo memorizzando per la prima volta, nell’elaborare altro materiale per arricchire la codifica. Si può inventare una relazione che associ gli elementi da memorizzare in modo meno arbitrario. Ex. topo-albero da ricordare: costruire un’immagine mentale di un topo che si arrampica su un albero. La memoria visiva può rafforzare le nostre capacità di ricordo. Mnemotecniche: per rafforzare la memoria si possono sviluppare strategie di memorizzazione chiamate mnemotecniche. Molte di queste lavorano fornendo indizi di recupero disponibili per organizzare informazioni arbitrarie. Il metodo dei loci consente di ricordare l’ordine di una lista di nomi o oggetti associandoli con sequenze di luoghi in cui si è familiari. Il metodo della parola-aggancio prevede che al posto di associare gli elementi ai luoghi familiari li si associa ad indizi (ex. una serie di rime che legano i numeri con le parole). Tecniche di memoria Tecniche PQ4R: Preview (anteprima: guardare rapidamente il capitolo per avere un’idea degli argomenti principali), Question (domanda: formulare delle domande per ogni paragrafo che aiutano a focalizzare l’attenzione mentre si legge), Read (lettura: leggere il materiale per rispondere alle domande formulate), Reflect (riflessione: riflettere su quanto letto per metterlo in relazione a ciò che già sappiamo sugli argomenti), Recite (ripetizione: provare a ricordare il materiale nel modo più concreto tipo ripetendo le risposte delle domande ad alta voce), Review (ripasso: ripassare i punti principali, consultare nuovamente il libro e ripetere le fasi precedenti). Metamemoria: domande relative al funzionamento dei propri processi mnestici e alle informazioni che si è certi di possedere, sono domande di metamemoria. Quando e perché la sensazione di conoscere può essere considerata attendibile. Ricerca introdotta da Hart (1965). La ricerca sulla metamemoria si concentra sia sui processi che attivano la sensazione di conoscere sia sul grado di attendibilità di tale sensazione. L’ipotesi dell’indizio di familiarità indica che le persone basano la propria sensazione di conoscere sulla familiarità che percepiscono in relazione all’indizio di recupero. L’ipotesi dell’accessibilità suggerisce che le persone basano le loro valutazioni a partire dalla disponibilità di parte delle informazioni memorizzate. Le teorie suggeriscono che si può confidare nel nostro istinto quando pensiamo di conoscere qualcosa. Processo di ricostruzione della memoria: in molti casi non riusciamo a ricordare un’informazione direttamente, ma la ricostruiamo basandoci su più tipologie generali di conoscenza memorizzata. Per fare esperienza della memoria ricostruttiva bisogna rispondere a delle domande senza esitazione anche se non riusciamo a focalizzare nella nostra memoria episodica lo specifico ricordo di riferimento. Per questo bisogna usare ricordi generici e ricostruire quello che è accaduto. Attendibilità dei processi di ricostruzione: se le persone sono in grado di ricostruire ricordi, piuttosto che recuperare una rappresentazione specifica di ciò che è accaduto, ci potranno essere distorsioni, circostanze in cui la memoria differisce dalla realtà. Bartlett (1932) studia come le conoscenze pregresse dell’individuo influenzino il modo di ricordare nuove informazioni analizzando il modo in cui studenti britannici ricordavano storie in cui i contenuti e il lessico erano presi da un’altra cultura. Le distorsioni coinvolgevano 3 tipi di processi di ricostruzione: livellamento (semplificazione); modellamento (enfatizzazione di dettagli); assimilazione (cambiamento dei dettagli per adattarsi al background dei partecipanti). I lettori ripetevano la storia con parole familiari della loro cultura e sostituivano quelle sconosciute. Ci sono altri processi ricostruttivi a cui le persone fanno ricorso per riprodurre ricordi passati. Anche i nostri ricordi autobiografici possono essere ricostruiti a partire da fonti diverse. Le persone non sempre sono accurate nel ricostruire gli episodi originari relativi a molti aspetti dei loro ricordi. Testimonianza oculare L’attendibilità di un ricordo dipende dall’attenzione con cui è codificato dalla combinazione di circostanze di codifica e recupero. Studi sulla memoria oculare sono stati condotti da Loftus (1979). I ricordi oculari sono soggetti a distorsione derivante dalle informazioni post evento. Dopo gli eventi, i soggetti hanno diverse opportunità di acquisire nuove informazioni che possono influenzare i ricordi originari, dimostrando di essere soggetti a informazione erronea. La capacità di ricordo dei soggetti può essere danneggiata se discutono di eventi osservati con altri testimoni, perché possono non riuscire a isolare i ricordi oculari da ciò che hanno appreso confrontandosi con altri. condizioni necessarie e sufficienti; 2) i prototipi sono gli elementi centrali attorno a cui si organizza la categoria; 3) l’appartenenza a una categoria è graduale perché avviene in base al grado di somiglianza con i prototipi di quella categoria; 4) le categorie non hanno confini netti ma sfumati e continui; 5) gli esemplari di una categoria non hanno proprietà uguali ma simili. principio di somiglianza e analogia. I concetti di rappresentatività (possesso del maggior numero di proprietà tipiche di una categoria) e appartenenza (possesso di specifiche proprietà essenziali comuni a tutti i suoi componenti) però sono sovrapposti secondo questa teoria, mentre in realtà sono distinti. Concezione estesa del prototipo: anni ’90. Si passa dal prototipo come esemplare concreto al prototipo come costrutto mentale, insieme di proprietà astratte. Prototipo diventa configurazione di effetti prototipici e assume il valore di categoria perché ne costituisce il culmine. Le proprietà di una categoria non costituiscono un tutto omogeneo, ma presentano differenze al loro interno. Ci sono proprietà condivise da tutti i componenti e altre che non tutti hanno. Devono essere distinte le proprietà essenziali e quelle tipiche. Le prime definiscono l’appartenenza in negativo alla categoria, escludendo da essa quanti non le possiedono. Le proprietà tipiche sono specifiche aggiunte, soggette a eccezioni e cancellabili senza inficiare il processo di appartenenza. Le essenziali sono più importanti delle tipiche, ma queste ultime sono correlate con la prototipicità categoriale: più è alto il numero delle proprietà tipiche in un componente, maggiore è la sua rappresentatività categoriale. Oltre la teoria classica del prototipo: secondo altre ottiche, i conetti sarebbero determinati a partire dagli scopi che una persona si prefigge. Secondo la rappresentazione concettuale funzionalista di Barsalou (1987), i concetti non avrebbero caratteristiche di stabilità poiché persone diverse possono formarsi differenti rappresentazioni della stessa categoria di oggetti o eventi in situazioni e tempi diversi. 7.4 Problem solving e ragionamento Problem solving: l’attività di problem solving è parte fondamentale dell’esistenza di ognuno di noi. Alcuni problemi implicano una discrepanza tra ciò che sappiamo e ciò che serve sapere e quando ne risolviamo uno riduciamo la discrepanza. Spazio del problema: un problema è la percezione della differenza tra il nostro stato attuale e uno desiderato. La definizione formale di un problema comprende uno stato inziale (informazione incompleta o condizione di insoddisfazione da cui partire); uno stato finale (informazione o condizione che si vuole ottenere); insieme di operatori (passaggi da compiere per muoverci dallo stato iniziale a quello finale). Queste parti rappresentano lo spazio del problema. Nella risoluzione di un problema, la maggior parte delle difficoltà iniziali sorgono perché qualcuno di questi elementi non è ben definito. Compito è scoprire come usare le operazioni disponibili per trovare la soluzione. Il lavoro da fare prevede innanzitutto rendere espliciti l’inizio, la fine e gli operatori. Per risolvere alcuni problemi difficili (ex. di matematica) si possono usare algoritmi, procedure step-by-step che forniscono la giusta soluzione, ma è più probabile che questi siano disponibili per problemi ben definiti. Se non disponibili ci si può affidare alle euristiche (strategie o regole empiriche; aspetto critico del giudizio e della presa di decisione). Per studiare i passaggi che algoritmi ed euristiche mettono in atto, si usano protocolli di verbalizzazione del pensiero (think aloud), facendo verbalizzare ai partecipanti i loro pensieri man mano che si presentano. Migliorare abilità di problem solving: cosa rende difficile la risoluzione dei problemi? Il fatto che ci siano troppe cose di cui tenere conto allo stesso momento. Il problema è difficile se le richieste mentali necessarie alla risoluzione del problema sono superiori alle risorse di elaborazione. Per risolvere un problema bisogna pianificare le operazioni da mettere in atto. Per migliorare l’abilità di problem solving è importante trovare un modo di rappresentare il problema. Se ci si trova a dover risolvere problemi simili, è utile far pratica con ciascuna componente della soluzione, in modo che si automatizzino e richiedano meno risorse. Trovare una rappresentazione utile vuol dire trovare un modo diverso di pensare al problema. La fissità funzionale è un blocco mentale che influisce negativamente sulle capacità di risoluzione dei problemi, inibendo la percezione di una nuova funzione per un oggetto precedentemente associato a un altro scopo. Quando cerchiamo di risolvere problemi mettiamo in atto una forma di pensiero chiamata ragionamento. Ragionamento deduttivo: il ragionamento deduttivo comprende la corretta applicazione di regole logiche come quelle del sillogismo aristotelico. La ricerca psicologica ha dimostrato come sia presente un senso astratto e generale di logica formale, ma il ragionamento deduttivo della vita quotidiana è influenzato sia dalle conoscenze che abbiamo sul mondo, sia dalle risorse di rappresentazione che possiamo dedicare a un problema di ragionamento. In questo caso può esserci un errore derivato dall’effetto del bias dovuto alla credenza, quando le persone tendono a giudicare valide le conclusioni che ritengono credibili e non valide quelle che, invece, giudicano non credibili. Ci sono 2 processi mentali applicati durante il ragionamento deduttivo: 1) usa le esperienze passate per fornire risposte rapide e automatiche ai problemi (euristiche); 2) consente la lenta applicazione della logica formale. Sotto pressione, l’errore derivante dall’effetto di distorsione della credenza aumenta. A volte usare le esperienze passate migliora la prestazione nei compiti di ragionamento. Compito di selezione di Wason. Ragionamento induttivo: forma di ragionamento che usa indizi a disposizione per generare conclusioni probabili ma non certe. La conclusione è basata sulle probabilità e non su certezze logiche. Nella vita, gran parte delle abilità di risoluzione dei problemi si affida al ragionamento induttivo. Per risolvere un problema si possono richiamare alla memoria soluzioni già usate in passato (soluzione di problemi per analogia) che possono portare a produrre una generalizzazione. Il ragionamento induttivo permette l’accesso a metodi testati e provati che risolvono velocemente problemi con cui quotidianamente si ha a che fare. Se però ci sono differenze sostanziali tra esperienze passate e situazione presente, affidarsi alle analogie può essere poco efficace. I precedenti successi con la stessa regola hanno creato in noi una disposizione mentale (stato cognitivo preesistente, abitudine o atteggiamento, che può migliorare qualità e velocità della percezione e l’abilità di soluzione dei problemi entro certe condizioni). Tale disposizione può però anche inibire o distorcere la qualità delle attività mentali quando le condizioni vecchie non sono più adeguate alle nuove situazioni. La differenza tra ragionamento induttivo e deduttivo sussiste anche dal modo in cui la mente elabora i due diversi tipi di ragionamento, che portano a diversi modelli di attivazione cerebrale. Il ragionamento deduttivo produce maggiore attivazione dell’emisfero destro, l’induttivo di quello sinistro (svolge un ruolo importante nell’elaborazione del linguaggio). Ragionamento abduttivo: nel ragionamento abduttivo si passa a ritroso dagli effetti alle cause, nel tentativo di spiegare qualcosa che è già accaduto. Si procede per supposizioni, cercando di individuare una soluzione. Forma di ragionamento facile ma non sempre esente da rischi e spiegazioni erronee. È influenzato da processi di fissazione attentiva, dalla concentrazione dell’attenzione su aspetti parziali e limitati di quanto è detto o accaduto. Forma di fissità funzionale dell’attenzione e del pensiero che induce a concentrarsi sull’ipotesi di partenza e a cercare indizi e informazioni per confermare tale interpretazione. 7.5 Giudizio e presa di decisione Siamo sempre chiamati a fare scelte dagli esiti incerti e raramente siamo sicuri di aver preso la giusta decisione. Simon (1979) parlava di razionalità limitata e imperfetta, che procede attraverso un’esplorazione locale e progressiva dei fenomeni e dei problemi da risolvere. I giudizi sono il risultato dell’applicazione delle nostre risorse limitate a situazioni che richiedono una presa di decisione . Il giudizio è il processo attraverso cui si formano opinioni, si raggiungono conclusioni e si fanno valutazioni critiche degli eventi e delle persone. La presa di decisione è il processo con cui si sceglie tra due o più alternative, accettando o rifiutando le opzioni disponibili; è più legata ad azioni comportamentali. Euristiche e giudizio: Tversky e Kahneman dicono che le persone, per formulare giudizi, utilizzano più spesso le euristiche piuttosto che metodi formali di analisi. Le euristiche sono regole empiriche informali, scorciatoie che riducono la complessità nella formulazione del giudizio. I ricercatori hanno ipotizzato che gli esseri umani abbiano sviluppato una cassetta degli attrezzi adattiva (repertorio di euristiche veloci ed economiche che portano a giudizi corretti nella maggior parte dei casi). L’abilità di formulare giudizi corretti velocemente e con risorse limitate è adattiva, ha una funzione di sopravvivenza. Ci sono circostanze in cui però le euristiche portano a giudizi non corretti. Per trarre conclusioni deduttivamente corrette, a volte c’è bisogno di rallentare e sforzarsi di applicare le conoscenze acquisite sulle regole della logica. Molti usano modelli di processo duale di giudizio e presa di decisione: il primo riguarda processi veloci, automatici e inconsci (euristiche), il secondo si riferisce a processi più lenti e consapevoli. Euristica della disponibilità: è più probabile pensare a parole che iniziano con la c piuttosto che pensare a quelle in cui la c è in terza posizione. Il giudizio deriva dall’euristica della disponibilità: la sua formulazione dipende dalla disponibilità delle informazioni in memoria. Questa euristica ha 2 componenti: una relativa alla facilità con cui vengono recuperate le informazioni, la seconda riguarda i contenuti della memoria che si ha la sensazione vengano recuperati più facilmente. Gli indizi di recupero possono essere più o meno efficaci per l’accesso alla memoria: dipende dal contesto in cui vengono usati. Cambiando il contesto di recupero è possibile modificare il giudizio. Così la facilità con cui vengono recuperare dalla memoria le informazioni varia da contesto a contesto. La difficoltà nel passaggio tra parola scritta e sua rappresentazione in memoria ha influito sul giudizio di tipicità. I giudizi formulati facendo affidamento sulla facilità di recupero delle informazioni possono dipendere dal contesto. I ricercatori hanno dimostrato che più i partecipanti conoscono un paese più ne sovrastimano la popolazione. Molti studenti mostrano un bias nel modo in cui memorizzano le informazioni e questo incide negativamente sulla loro prestazione agli esami. Si ricordano più facilmente le occasioni in cui cambiare risposta ha dato un esito negativo piuttosto che quelle in cui ne ha dato uno positivo. Euristica della rappresentatività: quando formuliamo giudizi basandoci sull’euristica della rappresentatività, assumiamo che se qualcosa possiede le caratteristiche tipiche di un membro di una categoria allora è un membro di quella categoria. Questa euristica sostiene l’idea che le persone usino informazioni appartenenti al passato per formulare giudizi che si riferiscono al presente. È l’essenza del ragionamento induttivo. Nella maggior parte dei casi, finché non si hanno idee sbagliate sulle connessioni tra caratteristiche e categorie, formulare giudizi sulla base della similarità può essere ragionevole. La rappresentatività però potrebbe portare fuori strada se si ignorano altre informazioni. L’implicazione della vita di tutti i giorni è che potremo essere tratti in inganno da un’alternativa rappresentativa prima di aver considerato la struttura di quelle disponibili. In uno studio le persone erano più felici di ricevere meno dolci se il singolo dolce più buono era migliore della media tra il dolce più buono e l’ultimo dolce. Per influenzare le persone nella valutazione di un evento dovremmo capire come sistemare le componenti dell’evento in modo che venga codificato il valore rappresentativo desiderato. Euristica dell’ancoraggio: il risultato parziale più alto porta alla stima più alta. Esiste l’euristica dell’ancoraggio quando i giudizi delle persone sul valore di qualche evento o esito evidenziano aggiustamenti insufficienti, verso l’alto o verso il basso, rispetto a un valore di partenza. Il giudizio è ancorato in maniera troppo salda a una congettura iniziale. Le persone tendono a essere influenzate da un punto di ancoraggio. Alla domanda “quanto tempo impiega Marte a compiere un’orbita completa intorno al sole?” le persone partono dal valore di ancoraggio 365 giorni e lo aggiustano fino al raggiungimento di un valore considerato plausibile. Bisognerebbe però fare uno sforzo ulteriore per confermare che un valore plausibile sia la risposta esatta. Psicologia della decisione: i fattori psicologici influenzano la presa di decisione. Se c’è una domanda in cui si chiede una preferenza si focalizza l’attenzione sulle caratteristiche positive di un’opzione, mentre la domanda in cui è richiesta una cancellazione focalizza l’attenzione sulle caratteristiche negative dell’opzione. Il modo in cui è formulata una domanda può avere conseguenze sulle decisioni che vengono prese, per questo bisogna comprendere gli aspetti psicologici della presa di decisione. Contesto delle decisioni: uno dei modi più immediati per prendere una decisione è giudicare quale opzione porti al maggior guadagno e quale conduca alla minor perdita, ma la percezione di un guadagno o di una perdita dipende dal contesto della decisione. I punti di riferimento sono fondamentali nella presa di decisione e cosa appare un guadagno e cosa una perdita sarà determinato in parte dalle aspettative del decisore. Anche lo stesso contesto può avere un’influenza opposta su tipologie di giudizio differenti. Il venditore di auto è un buon esempio di contestualizzazione di informazioni per aumentare l’effetto desiderato sulle nostre decisioni. Conseguenze della presa di decisione: non tutte le decisioni conducono al migliore dei mondi. Quando le decisioni si rivelano sbagliate, proviamo rammarico. La ricerca suggerisce che le persone sperimentano più rammarico in relazione alle decisioni prese in ambito scolastico e lavorativo, perché in questi ambiti ci sono più opportunità e percorsi. Le persone provano un rammarico maggiore quando hanno chiari i costi associati a una decisione. Quando le persone si aspettano di poter rimpiangere la loro decisione, è probabile che siano più caute nel momento in cui devono prenderla: impiegano più tempo e cercano il maggior numero possibile di informazioni. In alcune circostanze, le persone cercano di evitare del tutto di prendere decisioni. Nel caso di una decisione difficile conviene sospenderla e aspettare di avere più informazioni. 7.6 Creatività È un’abilità individuale di generare idee o prodotti che siano al tempo stesso innovativi e appropriati alle circostanze in cui vengono generati. Valutare la creatività: come stabilire se gli individui sono creativi o meno? I ricercatori hanno misurato il pensiero convergente e divergente. Molti studi si focalizzano sul pensiero divergente, abilità di generare una varietà di soluzioni insolite ai problemi. Creativo è un individuo che riesce a mettere insieme le informazioni per produrre informazioni innovative. Le domande che valutano il pensiero divergente analizzano la capacità di pensare in maniera fluida e flessibile. Le risposte sono conteggiate in base alla fluidità (numero totale di idee), unicità (numero di idee non citate da altri nel campione) e originalità (numero di idee trovate almeno dal 5% del campione). Il pensiero convergente è l’abilità di combinare diverse fonti di informazione per trovare la soluzione a un problema. Per valutarlo c’è un test delle associazioni remote (RAT), che consiste nel trovare la parola che funga da collegamento tra una serie di parole date. Altre valutazioni delle capacità creative si focalizzano sull’insight (riorganizzazione improvvisa di un problema che ne facilita la soluzione). Sono creative le persone i cui lampi di insight danno vita a soluzioni innovative. Il pensiero produttivo è la competenza di trovare soluzioni originali al di fuori di quelle note, grazie all’individuazione di nuove connessioni tra pensieri e fatti. È caratterizzato dal desiderio di esplorare l’ignoto, dalla capacità di rivedere ciò che è dato per scontato, di tendere verso la novità con curiosità, versatilità e interesse costanti. I ricercatori hanno concluso che le persone creative hanno una duplice abilità: sono le più brave nel generare idee creative e nel distinguere quali siano le migliori. La ricerca ha cercato di stabilire se vi sia un legame tra creatività e intelligenza, mettendo a confronto le misure del QI e di pensiero divergente in adolescenti di età tra 12 e 16 anni. Gli studenti con un QI più alto sono più abili nel pensiero divergente. Come si fa a diventare più creativi? Ci sono 3 manipolazioni elaborate per rendere le persone maggiormente creative. I contesti possono avere grande influenza sulla qualità dei prodotti creativi delle persone. Influenza positiva delle esperienze multiculturali sulla creatività di alcuni studenti. L’esposizione a culture differenti permette alle persone di raccogliere idee da fonti o luoghi non familiari e unire idee apparentemente incompatibili. Un secondo metodo per aumentare la creatività emerge da uno studio che mette a confronto i pensieri delle persone sul futuro immediato e lontano. È probabile che quando consideriamo il futuro immediato ci concentriamo su dettagli più concreti, quando consideriamo il futuro lontano abbiamo pensieri più astratti. I ricercatori hanno previsto di rendere i partecipanti più creativi inducendo il pensiero astratto. Un terzo metodo riguarda come le persone ragionano su quello che sarebbe potuto essere e non è stato. Riflettere su eventi passati mette in modo una forma di ragionamento controfattuale. Alcuni pensieri controfattuali sono additivi perché codificano una gamma di azioni possibili più ampia in reazione a un esito negativo. Altri sono sottrattivi perché, in relazione a un esito negativo, codificano un insieme di azioni più ristretto. I partecipanti che avevano costruito pensieri controfattuali additivi avevano più comportamenti creativi a breve termine. Quoziente d’intelligenza (QI) e scala Stanford-Binet: nel 1916 Terman rielabora la scala di Binet e diventa la Scala Stanford-Binet. Qui introduce il concetto di QI (quoziente d’intelligenza), che esprimeva il risultato della prova. QI è dato dal rapporto fra età mentale ed età cronologica della persona a cui la Scala SB viene applicata, rapporto moltiplicato per 100. QI = EM/EC x 100. Se QI = 18/18 x 100 = 100. Il QI pari a 100 è il QI medio per ogni livello d’età. Calcolo non preciso, abbandonato in favore dell’indice QI-deviazione. Nella revisione del 1937 a questo metodo, venne introdotta la Scala Terman-Merrill, divisa in 2 parti equivalenti o parallele. Nel 1960 queste due parti vennero tolte e si tornò a un’unica forma, dove il punteggio complessivo ottenuto non fu più espresso in QI-rapporto ma in QI-deviazione, più preciso in termini statistici. QI-deviazione su determinato in base alla distanza, espressa in unità di deviazioni standard, del punteggio totale conseguito da un soggetto rispetto alla media aritmetica dei punteggi del proprio gruppo d’età. Nel 1986, Thorndike, Hagen e Sattler rimaneggiarono le prove, suddivise in 4 aree, per meglio cogliere l’articolazione delle diverse capacità intellettive, con un punteggio separato per ogni area. Le aree erano: ragionamento verbale, ragionamento astratto/visivo, ragionamento quantitativo, memoria a breve termine. L’edizione del 2003 valuta i punti di forza e debolezza dei processi cognitivi delle persone, esaminando 5 fattori: ragionamento fluido, conoscenza, ragionamento quantitativo, ragionamento visuo-spaziale, memoria di lavoro. Altri test d’intelligenza: strumento di grande risonanza è la Scala d’intelligenza Wechsler-Bellevue per adulti, formata da 11 subtest suddivisi in una subscala verbale e in una subscala di performance, dalla cui applicazione si ottenevano un QI verbale, uno di performance e uno totale. Nel corso della prima guerra mondiale, furono creati i primi test collettivi, Army Alpha e Army Beta (1917), i Beta per persone non acculturate. Prove collettive note sono Progressive Matrices di Raven (in versione Standard, Advanced e Coloures), costituite da stimoli figurativi di tipo geometrico che richiedono la scelta tra più alternative dello stimolo pertinente al tipo di quesito proposto. Recenti sono la Scala Leiter-3 di Roid, Miller, Pomplun e Koch (2016), test non verbale per la misura del QI e dell’abilità cognitiva di soggetti tra 3 e 75 anni, con 10 subtest di cui 5 compongono la batteria cognitiva e 5 quella di attenzione e memoria; e il KBIT-2 di Kaufman e Kaufman con 2 subtest verbale e uno non verbale. Dibattito sul QI: alcuni psicologi osservano che per gran parte del ‘900 la psicologia sperimentale non disponeva di una soddisfacente teoria dell’intelligenza, per cui i test intellettivi erano privi di una solida base teorica e contestano che il QI possa essere considerato una misura che dà conto di un’intelligenza generale innata. I test del QI sono una misura di alcuni tipi di intelligenza, quelli più collegati alle influenza ambientali e agli apprendimenti scolastici. Herrnstein e Murray (1994) dicono che le differenze razziali nei punteggi ai test dell’intelligenza sono il riflesso di fattori ereditari e quindi inutili sono le politiche educative a favore delle minoranze etniche perché le loro difficoltà sono dovute non a problemi ambientali ma al QI, ma non hanno considerato che questi gruppi etnici partono in posizione di svantaggio nei confronti dei tradizionali test d’intelligenza, fatti a immagine e somiglianza delle cultura e della classe media occidentale. L’uso dei test di QI come arma impropria di discriminazione sociale ed etnica è poco edificante. 8.4. Disabilità intellettiva Non è una sindrome a sé stante, ma una condizione condivisa da sindromi diverse tra loro, da situazioni patogene, da condizioni di disagio esistenziale che possono comportare disturbi psichici pervasivi o stati di deprivazione con carenze nutrizionali, mancanza di afferenze affettive e di stimolazioni cognitive. È caratterizzata da limitazioni nel funzionamento intellettivo e nel comportamento adattivo e ha origine prima dei 18 anni. La disabilità intellettiva o disturbo dello sviluppo intellettivo è caratterizzata da deficit delle capacità mentali generali (ragionamento, problem solving, pianificazione, pensiero astratto, capacità di giudizio, apprendimento scolastico e di esperienza). Questo comporta una compromissione del funzionamento adattivo, per cui l’individuo non è capace di soddisfare gli standard di autonomia e responsabilità sociale. vari livelli di gravità sono definiti sulla base del funzionamento adattivo e non dei punteggi di QI, perché il funzionamento adattivo determina il livello di assistenza. Ci sono 4 livelli di gravità: lieve, moderato, grave, estremo, le cui caratteristiche sono di tipo concettuale, sociale, pratico. Sono fondamentali l’attività di ricerca e l’uso di opportune metodologie psicoeducative per tempi prolungati, oltre che un idoneo inserimento scolastico nella scuola comune, supervisionato da un’equipe di esperti. In gran parte dei paesi però, il supporto familiare è l’unica forma di sostegno presente. I supporti consistono nelle risorse e strategie finalizzate a promuovere l’educazione, gli interessi e il benessere della persona, tali da migliorare il funzionamento individuale. La Supports Intensity Scale di Thompson e la Supports Intensity Scale – Children’s Version rispondono all’esigenza di valutare i tipi di sostegno di cui hanno bisogno le persone disabili. 8.5 Persone dotate sul piano intellettivo Persone intellettivamente più abili (gifted) si distinguono per il raggiungimento di traguardi di eccellenza nei settori di cui si occupano. Il loro QI è superiore a 130-140 punti. Se la plusdotazione è riconducibile a una base genetica, incide anche la componente educativo-ambientale. Essere seguiti precocemente da genitori in un ambiente gratificante affettivamente e cognitivamente è il primo passo per realizzare le potenzialità ereditarie dei bambini, poi l’insegnamento a scuola. Alunni dotati di attitudini sintetico-creative ottengono spesso voti bassi a scuola, perché limitati dal tipo di insegnamento che vi si impartisce. I plusdotati vivono la scuola spesso come un’istituzione poco stimolante, per cui sarebbe necessario uno stile di insegnamento flessibile, stimolante per i plusdotati e ottimo per tutti. Sono tramontati gli stereotipi che vedono i gifted come persone con problemi psichici o fisici, chiuse in sé e poco socievoli. 8.6 Intelligenza ed età Quando si verifica il declino delle capacità cognitive negli anziani in buona salute, di solito è circoscritto ad alcune abilità. Rispetto alle capacità verbali, quelle che permettono di imparare velocemente e accuratamente mostrano il declino maggiore. Diminuzione della fluidità è stata attribuita a un rallentamento della velocità di elaborazione: compromessa la prestazione degli anziani in compiti intellettuali che richiedono il ricorso a pluralità di processi mentali in un breve lasso di tempo. In un ricerca su individui di età media 69 anni, gli adulti che negli anni si erano occupati di più in attività sociali, fisiche e intellettuali mostravano anche la più elevata velocità di processazione nei compiti cognitivi. Ma questa correlazione non implica per forza un rapporto causa-effetto. Un uso frequente del computer si frappone al declino intellettuale. C’è una correlazione positiva tra uso del computer e abilità cognitiva. Tuttavia il pattern di risultati positivi suffraga la spiegazione secondo cui l’uso del pc previene il rischio di perdere le capacità acquisite. Ma gli psicologi hanno dimostrato un incremento collegato con l’età nella saggezza-competenza nelle pratiche fondamentali della vita. Alcune competenze si acquisiscono meglio nel corso di una vita lunga e intellettualmente ricca. 8.7 Basi genetiche dell’intelligenza Non disponiamo di certezza scientifica per quanto riguarda l’ereditarietà dell’intelligenza. Il Qi è la misura di una parte, circoscritta e culturalmente determinata dell’ampia gamma di abilità intellettive, il cui perimetro non solo non si esaurisce all’interno del mondo occidentale, ma i cui confini sono tutt’altro che stabiliti e definitivamente delimitati. In base ad alcuni esperimenti, i coefficienti di correlazione riferiti da Plomin (2001) raggiungono il valore più alto nel caso dei gemelli monozigoti vissuti nello stesso ambiente; pur essendo vissuti in ambienti diversi, i gemelli monozigoti registrano un coefficiente di correlazione superiore a quello dei gemelli dizigoti vissuti nello stesso ambiente e ai fratelli biologici vissuti insieme. I dati mettono in luce il peso elevato della componente genetica ma ereditarietà e ambiente covariano (più le persone sono simili geneticamente, più condividono le stesse esperienze). Anche l’ambiente ha un ruolo non trascurabile. Per stimare quanto la variabilità di una caratteristica in una popolazione è determinata dalla variabilità genetica si calcola l’indice di ereditabilità. Secondo questi calcoli l’incidenza dell’ambiente è inferiore a quella dell’ereditarietà. In un ambiente culturale fortemente disomogeneo a pari di legami di parentela, il peso della variabilità ambientale sarà superiore a quello della variabilità genetica; diversamente, in un ambiente socioculturale omogeneo, sarà la variabilità genetica ad avere un peso maggiore di quella ambientale. Cap. 9 – Comunicazione e interazione Comunicazione è un’esperienza che ci accompagna durante tutta l’esistenza. Vuol dire “essere in comunicazione gli uni con gli altri”. Oggi assistiamo a un’esplosione dei processi di comunicazione. La comunicazione è diventata un fenomeno di moda. La nostra vita è invasa dalla comunicazione, anche grazie a Internet. Viviamo in una situazione di sovraccarico e di saturazione comunicativa. La comunicazione è diventata oggetto di studio scientifico da circa 60 anni. Scienze della comunicazione: informatica, psicologia, sociologia, antropologia, pedagogia, neuroscienze ecc. Ambito multidisciplinare. Ci sono parecchi punti di vista che si applicano alla stessa realtà e offrono diversi approfondimenti e c’è un confronto fra le varie discipline. 9.1 Principali linee di studio della comunicazione Punto di vista matematico: comunicazione come scambio di informazioni: a metà ‘900 c’è la terza rivoluzione industriale, quella dell’informatica, introdotta dagli studi di Shannon sulla trasmissione dell’informazione. È la teoria matematica della comunicazione (1948). L’informazione, terza dimensione della realtà, è espansiva (diffusiva perché genera ulteriore informazione), è compattabile, comprimibile e facilmente trasportabile. Secondo Bateson (1972) l’informazione è differenza che genera differenza. È la relazione fra due o più dati, in grado di generare ulteriori conoscenze. È un’entità astratta che riduce una condizione di incertezza. Poiché la comunicazione è una trasmissione di informazioni, Shannon vuole esaminare le condizioni fisiche del passaggio di un segnale codificato da una fonte A lungo un canale più o meno disturbato a un destinatario B, in grado di codificare il segnale. Introdusse poi il concetto di ridondanza (ripetizione del segnale), di filtro (selezione di alcuni aspetti del segnale) e di feedback (informazione che torna all’emittente per modificare i suoi messaggi successivi). Secondo Shannon l’informazione è una grandezza fisica osservabile e misurabile e consiste in ciò che è probabile passi da emittente a ricevente. Il valore informativo del segnale deve superare quello di interferenze. Se segnale e interferenze sono equiprobabili si ha il massimo di entropia (mancanza di informazione). Più è grande la quantità di informazione più piccola l’entropia e viceversa. Shannon e Weaver hanno identificato la trasmissione dell’informazione non come processo unidirezionale ma come svolgimento circolare e ricorsivo. La comunicazione è un’attività in grado di rigenerarsi. Teoria forte del codice: condizione necessaria e sufficiente per comunicare è che l’emittente e il ricevente abbiano a disposizione lo stesso codice per codificare e decodificare il segnale trasmesso. Tuttavia il codice, pur essendo una condizione necessaria, non è sufficiente per comunicare. Punto di vista semiotico e semantico: comunicazione come produzione di significati: comunicazione è capacità di produrre segni che abbiano un significato. È in gioco il processo di significazione che prevede un referente, la referenza (rappresentazione mentale corrispondente), il segno (immagine sonora dell’oggetto). Triangolo della significazione. Il rapporto fra segno e referente è mediato dalla referenza. Ogni simbolo è un prodotto culturale, esito di processi convenzionali condivisi da parte di membri di una data comunità. La semiotica (scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale) è al centro delle ricerche dei lavori di Peirce e de Saussure, Barthes ed Eco. Nella prospettiva del segno come equivalenza, esso è concepito come combinazione fra immagine acustica (significante) e di un’immagine mentale (significato). Significante/significato, espressione/contenuto sono due facce della stessa medaglia perché sono in rapporto di interdipendenza. Il segno è arbitrario (non motivato dalla realtà) e oppositivo (ogni segno è diverso dagli altri). Non c’è relazione tra significante e significato (luna è diverso da moon ma vuol dire la stessa cosa). Questa concezione del segno è fondamento della linguistica strutturale di de Saussure (distinzione tra langue e parole). Il segno come inferenza è stato definito da Peirce come qualcosa che conduce a un interpretante in corrispondenza con qualcosa. Il segno assume una funzione di rimando (rimandare a qualcosa di diverso da sé) e Peirce individua 3 tipi di segni: icone (somiglianza con il referente), indici (analogia con oggetto a cui si riferiscono), simboli (connessione con il referente; corrisponde al segno di Saussure). Il segno come inferenza costituisce un indizio da cui trarre conseguenza e questo a sua volta implica l’esistenza di modelli mentali e culturali che consentono di inferire gli aspetti mancanti e cogliere il senso dei messaggi. Comunicazione è costellata da indizi (parole, sguardo, gesti). Punto di vista pragmatico: comunicazione come pratica: per comunicare serve saper usare in modo appropriato i significati in base alle situazioni. La pragmatica si occupa dell’uso di significati. Wittgenstein: significato dipende dal modo concreto con cui si impiega una certa parola, frase o gesto in una situazione. È un’entità dinamica, motivata e concreta. Il significato è immerso nelle pratiche comunicative (insieme di scambi verbali e non verbali osservabili tra i partecipanti) la pragmatica pone in evidenza la relazione tra segni e interpretanti ed esamina i rapporti che intercorrono fra un testo e il contesto in cui si è manifestato. La pragmatica prende in esame i processi impliciti della comunicazione che comportano processi per inferire dal contesto ciò che dice il testo. In questo ambito rientrano fenomeni comunicativi come la deissi, l’implicatura conversazionale (colma lo spazio fra ciò che è stato detto e ciò che è stato fatto intendere), la presupposizione. Teoria degli atti linguistici: la pragmatica mette in evidenza la comunicazione come fare, come azione. Austin (1962) ha proposto la teoria degli atti linguistici, dicendo che quando parliamo compiamo 3 tipi di azione: atti locutori (il fatto di parlare); atti illocutori (dicendo qualcosa manifestiamo certe intenzioni comunicative); atti perlocutori (dicendo qualcosa produciamo determinati effetti su chi ascolta). Qualsiasi scambio comunicativo consiste nell’adoperare enunciati per realizzare un effetto intenzionale sull’interlocutore entro un certo contesto relazionale. Enunciati esprimono più di quanto significhino a livello letterale. Austin e Searle (1979) distinguono fra atto e forza illocutoria dell’atto. Da quest’ultima dipendono l’interpretazione e il risultato dell’atto. Principio di cooperazione e implicature conversazionali: Grice (1991) parte dalla distinzione fra significato naturale e significato convenzionale. La comunicazione è un processo costituito da un soggetto che ha intenzione di far sì che il ricevente pensi o faccia qualcosa, operando in modo che il ricevente riconosca che l’emittente sta cercando di causare in lui quel pensiero o quell’azione. Mutua consapevolezza di intenzionalità comune fra i partecipanti. Secondo Grice, comunicare vuol dire rispettare il principio di cooperazione, declinato in 4 massime: 1) massima di quantità (contributo che soddisfi la richiesta di informazioni in modo adeguato agli scopi della conversazione, non fornire un contributo più informativo); 2) massima di qualità (non dire ciò che credi falso o ciò per cui non hai prove adeguate); 3) massima di relazione (sii pertinente); 4) massima di modo (evitare oscurità e ambiguità, sii breve e ordinato nell’esposizione). Distingue negli scambi comunicativi tra dire e significare, livelli fra cui esiste uno scarto che deve essere colmato, perché ciò che è inteso è più esteso di ciò che è detto. Per colmare lo scarto i partecipanti devono fare ricorso all’implicatura conversazionale che permette di andare oltre al significato letterale e capire l’intenzione comunicativa. Le implicature conversazionali seguono un principio di risparmio comunicativo, consentono di cogliere il percorso di senso di una frase. Punto di vista psicologico: comunicazione come relazione interpersonale: siamo una specie ultrasociale e la comunicazione è tessuto dell’identità di ciascuno di noi. Nella comunicazione costruiamo, alimentiamo, manteniamo e modifichiamo le relazioni interpersonali. È utile la distinzione di Bateson fra due livelli presenti nei nostri messaggi, la notizia (contenuto che manifestiamo) e il comando (come intendere ciò che diciamo). In ogni situazione esercitiamo un controllo su ciò che manifestiamo in linea con ciò che intendiamo dire. C’è il livello di comunicazione (i contenuti) e il livello della metacomunicazione (che ha come oggetto la comunicazione stessa). Passiamo dai contenuti alla relazione interpersonale. Ogni volta che comunichiamo stabiliamo legami e connessioni con gli altri in modo implicito o esplicito. La definizione di sé e dell’altro avviene nella e tramite la comunicazione. È un processo continuo e reciproco. È una sequenza ininterrotta e una spirale di messaggi in cui stimolo, risposta e rinforzo si sovrappongono e si fondono. È impossibile individuare in modo oggettivo chi ha iniziato per primo un modello comunicativo. Questa condizione è alla base dei conflitti interpersonali. Il nostro linguaggio riesce a gestire una sequenza di pensieri uno dopo l’altro e siamo portati a linearizzare e segmentare in modo arbitrario il processo circolare e continuo della comunicazione. Ognuno degli interlocutori percepisce l’altro come causa del disagio relazionale e valuta se stesso come vittima che non può reagire alla situazione. La comunicazione è la matrice della nostra identità personale e sociale. L’identità è ciò che siamo a vari livelli (individuale, sociale, istituzionale). L’identità è statica, fissa e chiusa denotativo e connotativo. Negli scambi comunicativi facciamo ricorso in modo abituale a metafore, ossimori, climax, iperboli e altre figure retoriche. Danno vivacità, varietà, creatività alle pratiche comunicative. 9.4 Intenzionalità e comunicazione Ogni scambio comunicativo presuppone intenzionalità. Significato di intenzione: l’intenzionalità è sia una proprietà essenziale della coscienza in quanto coscienza di qualcosa, sia la proprietà di un’azione compiuta in modo volontario raggiungere uno scopo. Nel primo caso intenzionale si oppone a inconscio, nel secondo a involontario. Intenzionalità è una proprietà di certi stati mentali e si suddivide in 2 ambiti: a) intenzione antecedente (progettazione, pianificazione); b) intenzione in azione (intervenire in modo consapevole in un’attività). Intenzione comunicativa consiste nel rendere manifesto al destinatario e al parlante che il parlante vuole dire cose al destinatario. Tale intenzione è di natura graduale e progressiva. Si va da una comunicazione standard (informazione elementare) a una comunicazione focalizzata (scambio articolato come una bugia). Principio della pars pro toto: il parlante ha in mente qualcosa da dire che elabora e articola a livello mentale, come un’informazione, emozione, desiderio, ma è in condizione di dover scegliere un percorso comunicativo. In questa operazione è guidato dal principio della pars pro toto. Nel manifestare un messaggio può esprimere solo parte dei suoi contenuti mentali. Questa condizione ha un fondamento biologico. Ogni messaggio non è mai né totalmente esplicito, né completo, né esauriente riguardo quanto il parlante ha in mente. Rimane opacità comunicativa poiché l’intenzione comunicativa è parziale e sfumata. Principio totum ex parte: il ricevente si trova nell’impossibilità di avere un accesso diretto a quanto ha in mente il parlante. Non si può leggere la sua mente in modo immediato, ma bisogna fare riferimento agli indizi che il parlante mette a disposizione. Indizi sono parole scelte, ordine con cui si forma una frase, pause, pronuncia ecc. In questo modo il ricevente può avanzare un’ipotesi su ciò che l’interlocutore deve comunicare, ma l’interpretazione è parziale, governata dal principio totum ex parte (si attribuisce un’intenzione completa al messaggio del parlante in base a un numero limitati di indizi comunicativi). Il messaggio del parlante può essere interpretato in modo corretto o distorto, quindi entra in azione il ragionamento pratico sotteso a ogni scambio comunicativo. Tale forma di ragionamento si manifesta nell’inferenza non dimostrativa, quando si conferma l’ipotesi di ciò che è comunicato dall’interlocutore con abduzione e non con deduzione o induzione. L’inferenza è efficace in base all’uso contingente dei significati. Con l’inferenza non dimostrativa, il destinatario può fare implicazioni su quanto comunicato dal parlante. La vaghezza nell’attribuzione dell’intenzione si aggiunge all’opacità intenzionale del parlante e questa combinazione illustra i fenomeni di incomprensione fra interlocutori. Principio dell’assumere per garantito: comunicazione è un gioco prodotto dai partecipanti da comprendere, spiegare e interpretare in modo contingente. Per governare questa condizione, negli scambi comunicativi quotidiani, gli interlocutori fanno riferimento a un processo immediato di comprensione del significato del messaggio. Entra in gioco il principio dell’assumere per garantito secondo cui il ricevente propende ad accogliere il primo senso del messaggio che gli viene in mente e che non è immediatamente contradetto da un significato. Questo atteggiamento del ricevente si fonda sull’oscillazione fra stabilità e variazione dei contesti. Se prevale la regolarità, l’incremento di prevedibilità assicura il riconoscimento immediato del significato dello scambio comunicativo. Se prevale la variabilità, i fattori di incertezza rendono opportuna un’analisi più accurata di tale significato. Comunicazione menzognera Per dire una menzogna occorre che si realizzino 3 condizioni allo stesso tempo: a) falsità del contenuto di quanto detto; b) consapevolezza di tale falsità; c) intenzione di ingannare il destinatario. Menzogna è la trasmissione intenzionale a un altro di conoscenze ritenute non vere. Scopo della comunicazione ingannevole da parte del parlante è che il destinatario abbia una rappresentazione fuorviante della situazione. Il parlante deve far credere al destinatario che crede in ciò che ha detto e che abbia rispettato la regola della sincerità. La sincerità ha a che fare con la veridicità. Ci sono menzogne preparate, impreparate, cooperative (benevole) e non cooperative (o di sfruttamento). Quando diciamo una menzogna entrano in gioco diverse intenzioni comunicative: a) intenzione nascosta (si inganna il destinatario falsificando le informazioni); b) intenzione manifesta (si trasmettono informazioni false). L’intenzione manifesta è divisa in intenzione informativa (vogliamo dare informazioni false come fossero vere) e intenzione di sincerità (si desidera che il destinatario creda vero ciò che si dice). Comunicazione menzognera implica un sovraccarico mentale, perché non bisogna far trapelare nessun indizio e apparire spontanei. Si fa ricorso a strategie linguistiche come lo stile di ambiguità e della prolissità (strategia del dire per non dire). O al contrario uno stile improntato all’assertività e all’evitamento ellittico per dire il minimo necessario. I comportamenti che accompagnano la menzogna riguardano la riduzione dei gesti illustratori e dei movimenti delle mani. 9.5 Comunicare con le parole Nel comunicare si fa ricorso in contemporanea a numerosi sistemi comunicativi verbali e non. Si usano numerosi registri e codici, connessi con dispositivi neurofisiologici e associati alla cultura di appartenenza. Comunicazione è manifestazione rilevanti dell’interdipendenza intrinseca tra cervello e mente, biologia e cultura, geni e apprendimento. Esistono diverse ipotesi sull’origine del linguaggio. La comparsa del linguaggio come facoltà specie-specifica degli esseri umani si è manifestata nel corso del tempo in migliaia di lingue naturali. I nostri scambi comunicativi nella vita quotidiana presuppongono necessariamente l’esistenza di una lingua naturale conosciuta, parlata e condivisa dagli interlocutori. Ogni lingua naturale è un sistema complesso e convenzionale, potente e flessibile, idoneo a manifestare ciò che le persone hanno in mente. Fra lingua e cultura esiste una corrispondenza stretta, perché a ogni cultura corrisponda una lingua specifica e viceversa. Esse coevolvono congiuntamente mediante un processo di influenza reciproca. De Saussure mise in evidenza che ogni lingua è un sistema di segni convenzionali, in quanto combinazione tra significante e significato. I segni linguistici vanno organizzati in modo sistematico a diversi livelli. A livello sonoro (fonemi, unità foniche indivisibili e astratte, di per sé sprovviste di significato, ognuno costituito da un insieme finito di tratti sonori binari necessari e sufficienti). La diversità fonemica delle lingue si riduce progressivamente in funzione della distanza geografica dall’Africa. il numero più esteso di fonemi si trova nelle lingue koisiane dell’Africa del sud, mentre le lingue con una quantità più ridotta di fonemi si trovano nel Sudamerica. Nella costruzione di una lingua le componenti fonetiche sono aggregate dai parlanti per formare le parole, segmentabili in unità linguistiche più piccole dette morfemi (unità verbali minime). Ci sono i morfemi liberi (il, infatti, adesso ecc.) e morfemi legati. L’insieme delle parole di una lingua forma il suo lessico, formato da 9 categorie grammaticali (nome, verbo, aggettivo, avverbio, pronome, articolo, preposizione, congiunzione, interiezione. Qualsiasi lingua è caratterizzata da creatività espressiva che gli permette di produrre un numero infinito di enunciati. La sintassi è insieme organico e formale delle regole che governano la creatività della lingua. Sintassi è stata oggetto di studi da parte di Chomsky, ed è il cuore del linguaggio. È espressione della mente umana e si fonderebbe su un organo del linguaggio situato nel cervello, sarebbe quindi universale e indipendente dalla lingua di riferimento. A questa prospettiva si oppone la concezione della lingua come manifestazione storica e locale di una carta cultura (ipotesi della relatività linguistica, ipotesi Sapir-Whorf). Il linguaggio può essere comparso solo dopo l’evoluzione del cervello, della conformazione moderna dell’apparato vocale umano, dell’accrescimento del nervo ipoglosso, dell’emergere di forme e ipersocialità nei gruppi umani e della comparsa della capacità di costruire artefatti elaborati. Questo rende difficile stabilire un’epoca certa per l’origine del linguaggio. Per Chomsky il linguaggio deriva da una specializzazione cognitiva umana, chiamata grammatica universale associata a un organo del linguaggio, comparso per una mutazione genetica singola. Bickerton ipotizza un protolinguaggio consistente in frasi telegrafiche, composte solo da parole prive di grammatica presente già nell’Homo erectus. Pinker avanza l’ipotesi dell’istinto del linguaggio, che si sarebbe evoluto per influenza della selezione naturale. Jackendoff ha elaborato una teoria gradualistica. Dunbar ha proposto un’origine sociale del linguaggio come sostitutivo dell’attività di grooming degli scimpanzé. Condillac, Corballis e Givòn ritengono che il linguaggio abbia un’origine motoria come evoluzione della comunicazione non verbale degli ominidi. Ipotesi che gode di buon accreditamento prevede che il linguaggio si sia evoluto per successive esplosioni punteggiate, in cui a periodi di relativa stabilità seguirebbero momenti di profondo cambiamento per raggiungere una nuova fase di immobilità. 9.6 Comunicazione senza parole Comunicazione non verbale: per milioni di anni gli ominidi e gli esseri umani hanno comunicato in modo non verbale con azioni e movimenti corporei come gesti, mimica del volto, sguardo, grida e richiami vocali. Su questa piattaforma non verbale di comunicazione, nel corso dell’evoluzione umana si è sviluppata la facoltà del linguaggio. C’è asimmetria strutturale fra linguaggio e sistemi non verbali di comunicazione. Il linguaggio non è indipendente ma supportato e veicolato da qualche dispositivo non verbale, richiede sempre il supporto di un dispositivo extralinguistico. Al contrario i sistemi non verbali di comunicazione sono autonomi. La mimica facciale è un insieme coerente e articolato di espressioni visibili, in grado di mostrare una gamma estesa di segnali di varia natura. Anche la voce è un sistema versatile per manifestare emozioni, sensazioni, desideri e pensieri. Linguaggio e comunicazione non verbale hanno seguito percorsi evolutivi diversi. Potenza, flessibilità e adattabilità del linguaggio sono connesse con la sua convenzionalità e arbitrarietà, che assegnano a ogni lingua un valore digitale per la presenza dei tratti che caratterizzano le sue componenti. Sistemi non verbali sono caratterizzati da un valore motivato e iconico nell’esprimere un evento perché hanno un valore analogico (variazioni continue e graduate). I sistemi non verbali sono limitati a livello semantico ma svolgono in modo efficace una funzione relazionale per avanzare e condividere bisogni, stati motivazionali, emozioni, desideri e richieste di vario genere. Comunicazione non verbale ha un carattere imperativo. Sistemi di comunicazione non verbale: Sistema vocale: la voce manifesta e trasmette componenti di significato oltre che parole. Fa riferimento al canale vocale-uditivo, che consente trasmissione e ricezione dei segnali a distanza, è caratterizzato da rapida evanescenza e assicura un feedback completo. La voce è una sostanza fonica, composta di fenomeni e processi vocali: riflessi, caratterizzatori vocali, vocalizzazioni; caratteristiche organiche (configurazione anatomica) e fonetiche (uso dell’apparato fonatorio); caratteristiche paralinguistiche (proprietà acustiche transitorie che accompagnano la pronuncia di qualsiasi frase). Contrapposto alla voce c’è il silenzio. È assenza di parola, modo strategico di comunicare e il suo significato varia con le situazioni, con le relazioni e con la cultura di riferimento. Valore comunicativo del silenzio è da attribuire alla sua ambiguità. Il silenzio è governato da regole sociali definibili come regole del silenzio, che concernono dove, quando, come e per cosa usarlo, e vanno imparate dal bambino al pari del linguaggio. Di solito è associato a situazioni sociali in cui la relazione fra i partecipanti è incerta, poco conosciuta, vaga o ambigua. Presenta anche variazioni culturali (in oriente è inteso come indicatore di fiducia, confidenza e armonia. Espressioni facciali: tali movimento servono per manifestare determinati stati mentali del soggetto, le esperienze emotive e gli atteggiamenti interpersonali. Accompagnano gli scambi comunicativi nella vita di tutti i giorni. Secondo la prospettiva emotiva che risale a Darwin, i movimenti facciali sono destinati a esprimere le emozioni che un individuo prova. Secondo la teoria dei programmi affettivi elaborata da Ekman, ci sono 7000 espressioni diverse, le quali sono manifestazioni immediate e non richieste, universalmente condivise, fisse e discrete, specifiche per ogni emozione provata e attivate da programmi nervosi. Le emozioni trapelerebbero sul volto in modo naturale, automatico e spontaneo. A ogni emozione concepita come categoria discreta corrisponde una specifica espressione facciale. Ekman avanza l’ipotesi dell’universalità delle espressioni facciali per ogni tipo di emozione, in modo indipendente dalla cultura, anche se in certe circostanze le persone sono in grado di intervenire volontariamente sui muscoli facciali. Per questo parla di regole di esibizione: le persone hanno modo di governare le espressioni delle emozioni secondo 4 regole: accentuazione, attenuazione, neutralizzazione, simulazione. In base a queste correzioni potranno sentirsi emotivamente appropriati in una determinata circostanza (espressioni emotive artificiali). C’è anche una prospettiva comunicativa delle espressioni facciali (Fridlund). Secondo la sua teoria dell’ecologia comportamentale, le espressioni facciali sono segnali per comunicare all’interlocutore i propri interessi e motivi sociali, hanno un valore sociale. questa prospettiva presuppone un grado di separazione fra espressioni facciali e stati psicologici interni (non tutto ciò che appare sul volto indica un’esperienza emotiva interna). Dissociabilità fra interno ed esterno si generano gradi di libertà delle espressioni importanti della comunicazione. Scompare la distinzione tra espressione autentica ed espressione falsa. Sono messaggi inviati agli altri e svolgono una funzione comunicativa. C’è anche una prospettiva relazionale, secondo cui le espressioni facciali si realizzano in un contesto sociale in funzione dell’uditorio. L’effetto audience è fondamentale per comparsa, mantenimento e cambiamento delle espressioni. Le espressioni facciali sono manifestazioni del coinvolgimento delle persone in un ambiente sociale, favoriscono un allineamento relazionale. Sistema dei segni: scambi comunicativi accompagnati della presenza di gesti. Gesti sono azioni motorie coordinate e circoscritte, in grado di partecipare all’elaborazione del significato di un messaggio e indirizzate a un interlocutore. I gesti possono essere distinti in: gesticolazione (o gesti iconici); pantomima (imitazione motoria di azioni di scene o situazioni); emblemi (gesti simbolici); gesti deittici (movimenti per indicare un certo oggetto); gesti motori (movimenti ripetuti in successione e ritmici); lingua dei segni. C’è interdipendenza fra gesti e parole. I gesti partecipano a precisare il significato di enunciati per renderli più precisi e completi. Nel bambino si sviluppano insieme con l’apprendimento del linguaggio. Gesti e scambi comunicativi sono generati dalla stessa rappresentazione mentale di ciò che si comunica. Prossemica e aptica: sistemi di contatto. Prossemica concerne percezione, organizzazione e uso dello spazio, della distanza e del territorio nei confronti degli altri. Aptica fa riferimento alle azioni di contatto corporeo con un altro. Per la prossemica abbiamo bisogno di creare e mantenere contatti con gli altri e la vicinanza spaziale è premessa psicologica e fisica. Regia delle oscillazioni fra affiliazione/vicinanza e riservatezza/distanza è mediata con la gestione della territorialità. Territorio è un’area spaziale che assume significati psicologici negli scambi di comunicazione. Territorio pubblico (individui hanno libertà di accesso ma ci sono norme e vincoli ufficiali) e territorio domestico (sentiamo di avere libertà di movimento in maniera regolare e abituale; casa, ufficio ecc.). Gestione del territorio concerne la regolazione della distanza spaziale, indicatore della distanza comunicativa fra persone. Ci sono diversi tipi di distanza: zona intima (fra 0 e 0,5 metri, distanza delle relazioni intime); zona personale (fra 0,5 e 1 m); zona sociale (fra 1 e 3,5-4 m, distanza per le interazioni meno personali); zona pubblica (oltre i 4 m). alcune popolazioni sono caratterizzate da una cultura della distanza, altre da una cultura della vicinanza. L’aptica concerne azioni di contatto corporei nei confronti degli altri ed è uno dei bisogni fondamentali della specie umana. Nel periodo neonatale e dell’infanzia, il tatto è uno dei canali più importanti di comunicazione. Contatto corporeo è un atto comunicativo non verbale primario che influenza la natura e la qualità della relazione. Il contatto corporeo serve a comunicare una relazione di dominanza e di potere, poiché le persone che occupano una posizione sociale dominante hanno libertà di toccare coloro che sono in posizione di minor potere. Il contatto corporeo sembra favorire forme di accondiscendenza ed empatica interpersonale, ma può anche suscitare reazioni negative di fastidio e irritazione. Accanto a culture del contatto (araba e latina) ci sono culture del non contatto (nordiche, giapponese, indiana). 9.7 Sintonia semantica e pragmatica Qualsiasi messaggio comunicativo è prodotto da molti sistemi differenti di significazione e segnalazione. Da parte dell’emittente, differenti componenti del significato sono fra loro organizzate e integrate in modo coerente per la sua definizione finale. La nostra mente non è modulare, ma multimodale e situata, fondata sull’intreccio di connessioni fra centri nervosi, in funzione dell’esperienza immediata. In condizioni standard, qualsiasi messaggio si presenta in modo coerente e unitario. Oltre ai processi messi in atto dall’emittente e dal ricevente, nell’attività di sintonia del messaggio svolge una funzione rilevante anche il contesto come matrice di riferimento. Gli aspetti pragmatici di unificazione dei valutano le probabilità di queste componenti e le combinano; alti livelli di motivazione sono determinati da più probabilità che si verifichino le 3 componenti. 10.3 Cosa sono le emozioni Studi scientifici sulle emozioni sono iniziati nel 1884, quando William James pubblica Che cos’è un’emozione? Oggi gli psicologi definiscono un’emozione come un’esperienza complessa, un insieme di cambiamenti corporei e mentali che include attivazione fisiologica, sentimenti, processi cognitivi, espressioni visibili e reazioni comportamentali attivate in risposta a situazioni significative. I processi cognitivi associati includono interpretazioni, ricordi e aspettative che permettono di etichettare la situazione che stiamo vivendo come felicità. Aspetti fisiologici delle emozioni: quando si prova una forte emozione il cuore batte, la respirazione aumenta, i muscoli si irrigidiscono e possono esserci tremori. Il sistema nervoso autonomo prepara il corpo alla risposta emotiva attraverso l’azione dei sistemi simpatico e parasimpatico. L’equilibrio tra i sistemi dipende dalla qualità e dall’intensità della stimolazione di attivazione. Con una stimolazione moderata non piacevole, il sistema simpatico è più attivo, con una piacevole si attiva maggiormente il sistema parasimpatico. Se la stimolazione è più intensa vengono coinvolti entrambi i sistemi. Fisiologicamente emozioni come paura o rabbia attivano il sistema di reazione di emergenza del corpo che lo prepara a un potenziale pericolo. Sistema simpatico attiva il rilascio di ormoni che determinano il rilascio di zucchero nel sangue, aumentando pressione sanguigna, sudorazione e salivazione. Finita l’emergenza, il parasimpatico inibisce il rilascio di ormoni. Il sistema nervoso centrale invece è costituito da encefalo e midollo spinale. Integrazione di aspetti ormonali e neuronali di attivazione è controllata dall’ipotalamo e dal sistema limbico, i sistemi di controllo legati a emozioni e modelli di attacco, difesa e fuga. La ricerca si è focalizzata sull’amigdala, parte del sistema limbico che agisce come via d’accesso ai processi emotivi e come filtro per la memoria. L’amigdala decodifica le informazioni che riceve dagli organi sensoriali, attribuisce un significato alle esperienze negative. Esistono differenze rilevanti tra maschi e femmine in termini di rappresentazioni delle emozioni a livello cerebrale (negli uomini l’amigdala destra, nelle donne la sinistra). Corteccia cerebrale è legata alle esperienze emotive attraverso i suoi collegamenti neuronali interni e le sue connessioni con altre parti del corpo. La corteccia fornisce associazioni, ricordi e significati che integrano l’esperienza psicologica con le risposte biologiche. Teoria periferica: secondo James si proverebbe un’emozione in seguito alla reazione corporea. La prospettiva secondo cui l’emozione deriva da un feedback corporeo è conosciuta come teoria periferica delle emozioni di James-Lange, secondo cui la percezione di uno stimolo causa un’attivazione autonoma che porta all’esperienza di una specifica emozione. Assegna un ruolo primario alle reazioni viscerali, ossia alle azioni del sistema nervoso autonomo, periferiche rispetto al centrale. Teoria centrale: Walter Cannon critica la teoria di James-Lange, evidenziando che l’attività viscerale è irrilevante per l’esperienza emotiva. Secondo lui, l’emozione richiede un intervento del cervello tra stimolo in entrata e la risposta in uscita. Per Philip Bard, lo stimolo di attivazione emotiva determina sia un’attivazione corporea attraverso il sistema nervoso simpatico, sia un’esperienza emotiva soggettiva attraverso la corteccia cerebrale. Si forma la teoria centrale delle emozioni di Cannon-Bard. Afferma che uno stimolo emotigeno produce due reazioni simultanee (se qualcosa ci fa arrabbiare, il cuore aumenta il battito nello stesso momento). Teorie entrambe parziali. Teoria cognitivo-attribuzionale delle emozioni: Schachter ipotizza una teoria emotiva a due fattori, secondo cui l’esperienza emotiva è conseguenza di 2 fattori, attivazione fisiologica (arousal) e attribuzione causale. Componenti necessarie per il verificarsi dell’esperienza emotiva. Attivazione è primo passo per lo sviluppo dell’esperienza emotiva, poi il soggetto valuta il livello di attivazione fisiologica, quali etichette verbali (lessico emotivo) possono esprimerla al meglio e il significato da attribuire alle reazioni messe in atto nel contesto. Secondo Lazarus l’esperienza emotiva si configura in seguito al modo in cui sono valutate le interazioni in corso con l’ambiente. Quando un’esperienza passata lega certe emozioni a determinate situazioni non è necessaria una ricerca esplicita nell’ambiente per interpretare la propria attivazione. Teoria cognitivo-attivazionale: esperimento su partecipanti di sesso maschile che hanno attribuito un giudizio emotivo basandosi su una distorsione dello stimolo che genera arousal (uomini che avevano appena attraversato un ponte pericoloso hanno scritto storie con maggiore immaginazione sessuale). Evidente un grado di manipolabilità e influenza reciproca tra attivazione e fattori cognitivi di valutazione. Rapporto tra emozione e attivazione è mediato dall’attribuzione causale relativa alla fonte dell’attivazione. Teorie dell’appraisal: anni ’60. Teoria dell’appraisal sostengono le emozioni scaturiscano in seguito a un atto di conoscenza (cognition) e valutazione (appraisal) della situazione in funzione dei propri interessi, scopi, significati. Interessi personali sono al centro delle emozioni, perché danno un significato affettivo agli eventi. Alcuni interessi hanno un fondamento biologico (ex. sul sistema affiliativo madre-bambino si basa l’interesse all’unione con altri). Altri interessi presentano una matrice più sociale e culturale. Riguardano i processi attraverso cui gli individui attribuiscono significato alla situazione contingente. Dalla psicologia del senso comune, secondo cui le emozioni si contrappongono alla razionalità, sono interpretate come passioni, le teorie dell’appraisal considerano che le emozioni sono intrecciate con i processi cognitivi, poiché la loro attivazione implica elaborazione cognitiva della situazione. Emozioni sono l’esito di un’attività di conoscenza e di valutazione della situazione in riferimento alle sue conseguenze per il benessere dell’individuo, alle aspettative e agli standard culturali. Non è lo stimolo in sé e per sé ad attivarle ma il valore che un individuo attribuisce a quello stimolo. Situazioni che soddisfano scopi e desideri suscitano emozioni positive; situazioni minacciose o dannose suscitano emozioni negative. Emozioni cambiano quando cambiano i significati o i valori attribuiti a una situazione. La situazionalità dei significati è centrale per capire la diversità e l’intensità delle emozioni. Far fronte in condizioni standard a classi di situazioni in modo efficace e tempestivo aumenta in modo significativo i gradi di libertà dell’individuo. Questo determina l’architettura dinamica e componenziale delle emozioni, poiché emerge una specifica emozione (emozione modale). Sottolineano la condizione dimensionale delle emozioni, poiché variano lungo diverse dimensioni. Il soggetto procede a valutare la pertinenza dello stimolo per i bisogni e gli scopi dell’organismo (valutazione del significato e del valore soggettivo della situazione in funzione del proprio sistema di aspettative). L’organismo valuta le proprie capacità di far fronte allo stimolo (coping; ristrutturazione interna degli scopi). Il coping può essere primario (controllare l’evento che ha attivato l’emozione), secondario (gestire le reazioni emotive) ma anche attivo (prontezza e preparazione dell’organismo a entrare in azione) o passivo (preparazione alla difesa). Il soggetto valuta compatibilità con norme sociali e con l’immagine di sé e l’adesione o la trasgressione delle norme e dei valori dei gruppi di riferimento suscitano emozioni diverse. Emozioni ostacolano i processi mnestici? Ci sono le memorie flash (ricordi connessi con eventi pubblici fortemente emotivi), ricordi chiari, vividi e ricchi di dettagli nella loro sequenza anche a distanza di tempo. In questi ricordi gli individui si dichiarano certi di quello che ricordano come se lo avessero vissuto poco prima. Tuttavia anche le memorie flash contengono errori e vere invenzioni di scene o particolari. In questo caso si parla di fiducia in se stessi da parte di chi riporta una testimonianza. In caso di stress e trauma gli eventi emotivi deteriorano i processi di memoria in forma grave fino a giungere a condizioni di amnesia. Nel disturbo post-traumatico da stress gli individui manifestano disturbi della memoria in cui si alternano intrusioni involontarie dei ricordi del trauma e assenza di ricordi. A seguito di processi di isolamento e scissione fra gli aspetti cognitivi e quelli affettivi del trauma possono presentarsi forme di apatia e distacco emotivo. Secondo Easterbrook (1959), il rafforzamento dei processi di memoria a seguito di eventi emotivi è da attribuire al restringimento dell’attenzione sugli aspetti focali di questi eventi. In presenza di stimoli visivi, l’attivazione emotiva condurrebbe a mettere a fuoco parti centrali e salienti dell’episodio emotivo, sacrificando le informazioni periferiche. Chiamato effetto arma da fuoco. Deterioramento della memoria a seguito di episodi emotivi: riduzione dell’ippocampo che conduce a deficit di memoria per gli aspetti contestuali, frammentazione e mancanza di connessione fra ricordi. 10.4 Manifestazione delle emozioni Per primo, Darwin si è chiesto se le espressioni facciali delle emozioni fossero culturalmente invarianti. Voleva analizzare la funzione adattiva delle emozioni, considerate come modalità di elaborazione del cervello umano altamente specifiche. Secondo lui erano stati mentali ereditari e specializzati, formatisi per relazionarsi con situazioni ricorrenti. I ricercatori hanno verificato la teoria dell’universalità delle emozioni osservando le risposte emotive dei bambini appena nati. Teoria dei programmi affettivi: per Tomkins invece le emozioni sono associate alla realizzazione di scopi universali, connessi con la sopravvivenza della specie e dell’individuo, sostenendo che ogni emozione di base sia regolata da un programma affettivo nervoso, evolutosi per consentire alla nostra specie un adattamento efficace al proprio habitat. I bambini rispondono a certi stimoli con una risposta emotiva generale da essere adatta a una vasta gamma di circostanze. Tuttavia alcune risposte emotive sono molto simili in bambini appartenenti a diverse culture. Nonostante le regolarità rilevate a livello crossculturale, i bambini americani avevano maggiore tendenza a mostrare espressioni del viso combinando sopracciglia abbassate e angoli della bocca rivolti verso il basso rispetto ai cinesi. Dunque la cultura può influenzare le risposte emotive. Inoltre i bambini sembrano avere una capacità innata di interpretare le espressioni facciali delle altre persone. Ipotesi dell’universalità delle espressioni emotive: Ekman (1969) dimostra che esiste una gamma di espressioni emotive universale nella specie umana perché si tratta di componenti innate appartenenti alla nostra eredità evolutiva. Le espressioni facciali emotive sono Gestalt unitarie e chiuse, universali e fisse, di natura discreta. Espressione facciale di ciascuna delle emozioni di base (collera, disgusto, paura, gioia, tristezza, sorpresa) è unica e universale, presente in ogni cultura e riconosciuta da tutti. Metodo standard: Ekman ha fatto ricorso al metodo standard, che consiste nel mostrare a individui di varie culture fotografie di espressioni facciali stereotipate delle sei emozioni di base da parte di soggetti americani e nel chiedere di riconoscere l’emozione corrispondente scegliendo una parola tra una lista chiusa di 6 termini emotivi. Le persone in tutto il mondo, al di là delle differenze culturali, etniche, di genere o educative, esprimono le emozioni di base secondo modalità simili e sono in grado di identificare le emozioni che gli altri individui stanno provando, interpretando le loro espressioni facciali. L’ipotesi dell’universalità delle emozioni è relativa solo alle emozioni di base. Ekman definisce la sua posizione sull’universalità teoria neuroculturale, per indicare i contributi comuni del cervello e della cultura nell’espressione delle emozioni. Il cervello specifica quali muscoli facciali muovere per produrre un’espressione nel momento in cui un’emozione è attivata. I giapponesi riuscivano a identificare la rabbia in misura minore rispetto ad americani, ungheresi, polacchi e vietnamiti. Questo metodo è limitato da debolezze metodologiche che mettono in discussione i risultati in base ai criteri di validità ecologica, validità convergente e validità interna. L’ipotesi di un legame fra emozioni ed espressioni facciali non nega l’esistenza di variazioni culturali e si può parlare di interdipendenza fra componenti biologiche e influenze culturali nella manifestazione delle emozioni. Prospettiva contestualista: la prospettiva contestualista pone attenzione alla connessione fra espressioni facciali delle emozioni e contesto immediato. Le espressioni facciali assumono valore emotivo definito solo in riferimento a una situazione specifica. Risultano pianificate in relazione al contesto e a regole contingenti. Le espressioni hanno un alto valore di indessicalità, fanno riferimento a una realtà attraverso l’uso di indizi contestuali. Le espressioni facciali sono accompagnate da movimenti corporei e le informazioni derivate da questi non costituiscono un’aggiunta alle espressioni facciali ma sono componente essenziale per la percezione delle manifestazioni emotive. Anche la voce contribuisce al riconoscimento delle espressioni facciali. La percezione delle manifestazioni di un’emozione è multimodale e corale, perché coinvolge l’organismo nelle sue modalità. Contesto fisico e sociale sono fondamentali nel riconoscimento delle manifestazioni emotive. 10.5 Regolazione delle emozioni Siamo in grado di regolare le emozioni che proviamo. Abbiamo gradi di libertà che ci consentono di regolarle in modo selettivo. La regolazione delle emozioni è parte integrante dell’esperienza emotiva. L’esito è un incremento di competenza, fiducia in se stessi e di armonia con gli altri, di resilienza alle condizioni meno favorevoli della realtà. Consiste nell’attribuire forma alla condotta emotiva a fronte di un evento saliente, in modo da orientare la sua esperienza e manifestazione. Occorre evitare qualsiasi forma di eccesso per evitare di correre il rischio di un’iperregolazione emotiva (controllo rigido delle esperienze affettive con processi legati alla soppressione delle emozioni), o di iporegolazione emotiva (impulsività, reattività agli stimoli emotigeni). Regolazione e intelligenza emotiva: attività mentale che si svolge nel tempo e che prevede processi con varie fasi dell’episodio emotivo. È un indicatore dell’intelligenza emotiva, abilità di percepire ed esprimere emozioni. Intelligenza emotiva: identificare emozioni proprie e altrui, impiegarle per facilitare il pensiero. Gross e Thompson (2007) hanno proposto un modello teorico che distingue fa operazioni di regolazione concernenti gli antecedenti e quelle riguardanti la risposta emotiva. Per gli antecedenti emotivi, gli individui possono regolare le loro emozioni attraverso selezione della situazione, modificazione della situazione, dislocazione dell’attenzione e rivalutazione della situazione. In riferimento alla risposta emotiva, la regolazione emotiva consiste nel saperla modulare nelle sue componenti. Si può intervenire sugli aspetti fisiologici. Modulazione della risposta emotiva riguarda la calibrazione delle espressioni emotive nelle loro diverse forme. Si può modulare la risposta emotiva attraverso la condivisione sociale delle emozioni. Parlare delle proprie emozioni con altri contribuisce alla definizione del loro significato e della loro rilevanza personale e sociale, consente di ottenere sostegno, conforto e consolazione per tollerare la situazione.