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Il canto decimosesto de 'la gerusalemme liberata' di torquato tasso descrive l'avanzata dell'esercito crociato verso gerusalemme e i preparativi per l'assedio della città santa. Il poema epico narra le vicende della prima crociata, con particolare attenzione alle imprese dei cavalieri cristiani guidati da goffredo di buglione. In questo canto, tasso presenta i diversi contingenti che compongono l'esercito crociato, tra cui spiccano i valorosi guerrieri tancredi e rinaldo. Vengono inoltre descritti i colloqui tra goffredo e i suoi capitani, in cui si discute della strategia da adottare per espugnare gerusalemme. Caratterizzato da un linguaggio poetico elevato, ricco di immagini e metafore, che contribuisce a creare un'atmosfera solenne e maestosa attorno alle gesta dei cavalieri cristiani.
Tipologia: Schemi e mappe concettuali
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Canto l'arme pietose e 'l capitano che 'l gran sepolcro liberò di Cristo. Molto egli oprò co 'l senno e con la mano, molto soffrí nel glorioso acquisto; e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano s'armò d'Asia e di Libia il popol misto. Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi segni ridusse i suoi compagni erranti. 2 O Musa, tu che di caduchi allori non circondi la fronte in Elicona, ma su nel cielo infra i beati cori hai di stelle immortali aurea corona, tu spira al petto mio celesti ardori, tu rischiara il mio canto, e tu perdona s'intesso fregi al ver, s'adorno in parte d'altri diletti, che de' tuoi, le carte. 3 Sai che là corre il mondo ove piú versi di sue dolcezze il lusinghier Parnaso, e che 'l vero, condito in molli versi, i piú schivi allettando ha persuaso. Cosí a l'egro fanciul porgiamo aspersi di soavi licor gli orli del vaso: succhi amari ingannato intanto ei beve, e da l'inganno suo vita riceve. 4 Tu, magnanimo Alfonso, il quale ritogli al furor di fortuna e guidi in porto me peregrino errante, e fra gli scogli e fra l'onde agitato e quasi absorto, queste mie carte in lieta fronte accogli, che quasi in voto a te sacrate i' porto. Forse un dí fia che la presaga penna osi scriver di te quel ch'or n'accenna. 5
È ben ragion, s'egli averrà ch'in pace il buon popol di Cristo unqua si veda, e con navi e cavalli al fero Trace cerchi ritòr la grande ingiusta preda, ch'a te lo scettro in terra o, se ti piace, l'alto imperio de' mari a te conceda. Emulo di Goffredo, i nostri carmi intanto ascolta, e t'apparecchia a l'armi. 6 Già 'l sesto anno volgea, ch'in oriente passò il campo cristiano a l'alta impresa; e Nicea per assalto, e la potente Antiochia con arte avea già presa. L'avea poscia in battaglia incontra gente di Persia innumerabile difesa, e Tortosa espugnata; indi a la rea stagion diè loco, e 'l novo anno attendea. 7 E 'l fine omai di quel piovoso inverno, che fea l'arme cessar, lunge non era; quando da l'alto soglio il Padre eterno, ch'è ne la parte piú del ciel sincera, e quanto è da le stelle al basso inferno, tanto è piú in su de la stellata spera, gli occhi in giú volse, e in un sol punto e in una vista mirò ciò ch'in sé il mondo aduna. 8 Mirò tutte le cose, ed in Soria s'affisò poi ne' principi cristiani; e con quel guardo suo ch'a dentro spia nel piú secreto lor gli affetti umani, vide Goffredo che scacciar desia de la santa città gli empi pagani, e pien di fé, di zelo, ogni mortale gloria, imperio, tesor mette in non cale. 9 Ma vede in Baldovin cupido ingegno, ch'a l'umane grandezze intento aspira: vede Tancredi aver la vita a sdegno, tanto un suo vano amor l'ange e martira: e fondar Boemondo al novo regno suo d'Antiochia alti princípi mira,
Fende i venti e le nubi, e va sublime sovra la terra e sovra il mar con queste. Cosí vestito, indirizzossi a l'ime parti del mondo il messaggier celeste: pria sul Libano monte ei si ritenne, e si librò su l'adeguate penne; 15 e vèr le piagge di Tortosa poi drizzò precipitando il volo in giuso. Sorgeva il novo sol da i lidi eoi, parte già fuor, ma 'l piú ne l'onde chiuso; e porgea matutini i preghi suoi Goffredo a Dio, come egli avea per uso; quando a paro co 'l sol, ma piú lucente, l'angelo gli apparí da l'oriente; 16 e gli disse: "Goffredo, ecco opportuna già la stagion ch'al guerreggiar s'aspetta; perché dunque trapor dimora alcuna a liberar Gierusalem soggetta? Tu i principi a consiglio omai raguna, tu al fin de l'opra i neghittosi affretta. Dio per lor duce già t'elegge, ed essi sopporran volontari a te se stessi. 17 Dio messaggier mi manda: io ti rivelo la sua mente in suo nome. Oh quanta spene aver d'alta vittoria, oh quanto zelo de l'oste a te commessa or ti conviene!" Tacque; e, sparito, rivolò del cielo a le parti piú eccelse e piú serene. Resta Goffredo a i detti, a lo splendore, d'occhi abbagliato, attonito di core. 18 Ma poi che si riscote, e che discorre chi venne, chi mandò, che gli fu detto, se già bramava, or tutto arde d'imporre fine a la guerra ond'egli è duce eletto. Non che 'l vedersi a gli altri in Ciel preporre d'aura d'ambizion gli gonfi il petto, ma il suo voler piú nel voler s'infiamma del suo Signor, come favilla in fiamma.
Dunque gli eroi compagni, i quai non lunge erano sparsi, a ragunarsi invita; lettere a lettre, e messi a messi aggiunge, sempre al consiglio è la preghiera unita; ciò ch'alma generosa alletta e punge, ciò che può risvegliar virtù sopita, tutto par che ritrovi, e in efficace modo l'adorna sí che sforza e piace. 20 Vennero i duci, e gli altri anco seguiro, e Boemondo sol qui non convenne. Parte fuor s'attendò, parte nel giro e tra gli alberghi suoi Tortosa tenne. I grandi de l'essercito s'uniro (glorioso senato) in dí solenne. Qui il pio Goffredo incominciò tra loro, augusto in volto ed in sermon sonoro: 21 "Guerrier di Dio, ch'a ristorar i danni de la sua fede il Re del Cielo elesse, e securi fra l'arme e fra gl'inganni de la terra e del mar vi scòrse e resse, sí ch'abbiam tante e tante in sí pochi anni ribellanti provincie a lui sommesse, e fra le genti debellate e dome stese l'insegne sue vittrici e 'l nome, 22 già non lasciammo i dolci pegni e 'l nido nativo noi (se 'l creder mio non erra), né la vita esponemmo al mare infido ed a i perigli di lontana guerra, per acquistar di breve suono un grido vulgare e posseder barbara terra, ché proposto ci avremmo angusto e scarso premio, e in danno de l'alme il sangue sparso. 23 Ma fu de' pensier nostri ultimo segno espugnar di Sion le nobil mura, e sottrarre i cristiani al giogo indegno di servitù cosí spiacente e dura, fondando in Palestina un novo regno,
Principi, io vi protesto (i miei protesti udrà il mondo presente, udrà il futuro, l'odono or su nel Cielo anco i Celesti): il tempo de l'impresa è già maturo; men diviene opportun piú che si resti, incertissimo fia quel ch'è securo. Presago son, s'è lento il nostro corso, avrà d'Egitto il Palestin soccorso." 29 Disse, e a i detti seguí breve bisbiglio; ma sorse poscia il solitario Piero, che privato fra' principi a consiglio sedea, del gran passaggio autor primiero: "Ciò ch'essorta Goffredo, ed io consiglio, né loco a dubbio v'ha, sí certo è il vero e per sé noto: ei dimostrollo a lungo, voi l'approvate, io questo sol v'aggiungo: 30 se ben raccolgo le discordie e l'onte quasi a prova da voi fatte e patite, i ritrosi pareri, e le non pronte e in mezzo a l'esseguire opre impedite, reco ad un'altra originaria fonte la cagion d'ogni indugio e d'ogni lite, a quella autorità che, in molti e vari d'opinion quasi librata, è pari. 31 Ove un sol non impera, onde i giudíci pendano poi de' premi e de le pene, onde sian compartite opre ed uffici, ivi errante il governo esser conviene. Deh! fate un corpo sol de' membri amici, fate un capo che gli altri indrizzi e frene, date ad un sol lo scettro e la possanza, e sostenga di re vece e sembianza." 32 Qui tacque il veglio. Or quai pensier, quai petti son chiusi a te, sant'Aura e divo Ardore? Inspiri tu de l'Eremita i detti, e tu gl'imprimi a i cavalier nel core; sgombri gl'inserti, anzi gl'innati affetti di sovrastar, di libertà, d'onore,
sí che Guglielmo e Guelfo, i piú sublimi, chiamàr Goffredo per lor duce i primi. 33 L'approvàr gli altri: esser sue parti denno deliberare e comandar altrui. Imponga a i vinti legge egli a suo senno, porti la guerra e quando vòle e a cui; gli altri, già pari, ubidienti al cenno siano or ministri de gl'imperii sui. Concluso ciò, fama ne vola, e grande per le lingue de gli uomini si spande. 34 Ei si mostra a i soldati, e ben lor pare degno de l'alto grado ove l'han posto, e riceve i saluti e 'l militare applauso, in volto placido e composto. Poi ch'a le dimostranze umili e care d'amor, d'ubidienza ebbe risposto, impon che 'l dí seguente in un gran campo tutto si mostri a lui schierato il campo. 35 Facea ne l'oriente il sol ritorno, sereno e luminoso oltre l'usato, quando co' raggi uscí del novo giorno sotto l'insegne ogni guerriero armato, e si mostrò quanto poté piú adorno al pio Buglion, girando il largo prato. S'era egli fermo, e si vedea davanti passar distinti i cavalieri e i fanti. 36 Mente, de gli anni e de l'oblio nemica, de le cose custode e dispensiera, vagliami tua ragion, sí ch'io ridica di quel campo ogni duce ed ogni schiera: suoni e risplenda la lor fama antica, fatta da gli anni omai tacita e nera; tolto da' tuoi tesori, orni mia lingua ciò ch'ascolti ogni età, nulla l'estingua. 37 Prima i Franchi mostràrsi: il duce loro Ugone esser solea, del re fratello.
A questo, che retaggio era materno, acquisti ei giunse gloriosi e grandi. Quindi gente traea che prende a scherno d'andar contra la morte, ov'ei comandi: usa a temprar ne' caldi alberghi il verno, e celebrar con lieti inviti i prandi. Fur cinquemila a la partenza, e a pena (de' Persi avanzo) il terzo or qui ne mena. 43 Seguia la gente poi candida e bionda che tra i Franchi e i Germani e 'l mar si giace, ove la Mosa ed ove il Reno inonda, terra di biade e d'animai ferace; e gl'insulani lor, che d'alta sponda riparo fansi a l'ocean vorace: l'ocean che non pur le merci e i legni, ma intere inghiotte le cittadi e i regni. 44 Gli uni e gli altri son mille, e tutti vanno sotto un altro Roberto insieme a stuolo. Maggior alquanto è lo squadron britanno; Guglielmo il regge, al re minor figliuolo. Sono gl'Inglesi sagittari, ed hanno gente con lor ch'è piú vicina al polo: questi da l'alte selve irsuti manda la divisa dal mondo ultima Irlanda. 45 Vien poi Tancredi, e non è alcun fra tanti (tranne Rinaldo) o feritor maggiore, o piú bel di maniere e di sembianti, o piú eccelso ed intrepido di core. S'alcun'ombra di colpa i suoi gran vanti rende men chiari, è sol follia d'amore: nato fra l'arme, amor di breve vista, che si nutre d'affanni, e forza acquista. 46 È fama che quel dí che glorioso fe' la rotta de' Persi il popol franco, poi che Tancredi al fin vittorioso i fuggitivi di seguir fu stanco, cercò di refrigerio e di riposo
a l'arse labbia, al travagliato fianco, e trasse ove invitollo al rezzo estivo cinto di verdi seggi un fonte vivo. 47 Quivi a lui d'improviso una donzella tutta, fuor che la fronte, armata apparse: era pagana, e là venuta anch'ella per l'istessa cagion di ristorarse. Egli mirolla, ed ammirò la bella sembianza, e d'essa si compiacque, e n'arse. Oh meraviglia! Amor, ch'a pena è nato, già grande vola, e già trionfa armato. 48 Ella d'elmo coprissi, e se non era ch'altri quivi arrivàr, ben l'assaliva. Partí dal vinto suo la donna altera, ch'è per necessità sol fuggitiva; ma l'imagine sua bella e guerriera tale ei serbò nel cor, qual essa è viva; e sempre ha nel pensiero e l'atto e 'l loco in che la vide, esca continua al foco. 49 E ben nel volto suo la gente accorta legger potria: "Questi arde, e fuor di spene"; cosí vien sospiroso, e cosí porta basse le ciglia e di mestizia piene. Gli ottocento a cavallo, a cui fa scorta, lasciàr le piaggie di Campagna amene, pompa maggior de la natura, e i colli che vagheggia il Tirren fertili e molli. 50 Venian dietro ducento in Grecia nati, che son quasi di ferro in tutto scarchi: pendon spade ritorte a l'un de' lati, suonano al tergo lor faretre ed archi; asciutti hanno i cavalli, al corso usati, a la fatica invitti, al cibo parchi: ne l'assalir son pronti e nel ritrarsi, e combatton fuggendo erranti e sparsi. 51
o 'l forte Otton, che conquistò lo scudo in cui da l'angue esce il fanciullo ignudo. 56 Né Guasco né Ridolfo a dietro lasso, né l'un né l'altro Guido, ambo famosi, non Eberardo e non Gernier trapasso sotto silenzio ingratamente ascosi. Ove voi me, di numerar già lasso, Gildippe ed Odoardo, amanti e sposi, rapite? o ne la guerra anco consorti, non sarete disgiunti ancor che morti! 57 Ne le scole d'Amor che non s'apprende? Ivi si fe' costei guerriera ardita: va sempre affissa al caro fianco, e pende da un fato solo l'una e l'altra vita. Colpo che ad un sol noccia unqua non scende, ma indiviso è il dolor d'ogni ferita; e spesso è l'un ferito, e l'altro langue, e versa l'alma quel, se questa il sangue. 58 Ma il fanciullo Rinaldo, e sovra questi e sovra quanti in mostra eran condutti, dolcemente feroce alzar vedresti la regal fronte, e in lui mirar sol tutti. L'età precorse e la speranza, e presti pareano i fior quando n'usciro i frutti; se 'l miri fulminar ne l'arme avolto, Marte lo stimi; Amor, se scopre il volto. 59 Lui ne la riva d'Adige produsse a Bertoldo Sofia, Sofia la bella a Bertoldo il possente; e pria che fusse tolto quasi il bambin da la mammella, Matilda il volse, e nutricollo, e instrusse ne l'arti regie; e sempre ei fu con ella, sin ch'invaghí la giovanetta mente la tromba che s'udia da l'oriente. 60 Allor (né pur tre lustri avea forniti) fuggí soletto, e corse strade ignote;
varcò l'Egeo, passò di Grecia i liti, giunse nel campo in region remote. Nobilissima fuga, e che l'imíti ben degna alcun magnanimo nepote. Tre anni son che è in guerra, e intempestiva molle piuma del mento a pena usciva. 61 Passati i cavalieri, in mostra viene la gente a piede, ed è Raimondo inanti. Regea Tolosa, e scelse infra Pirene e fra Garona e l'ocean suoi fanti. Son quattromila, e ben armati e bene instrutti, usi al disagio e toleranti; buona è la gente, e non può da piú dotta o da piú forte guida esser condotta. 62 Ma cinquemila Stefano d'Ambuosa e di Blesse e di Turs in guerra adduce. Non è gente robusta o faticosa, se ben tutta di ferro ella riluce. La terra molle, lieta e dilettosa, simili a sé gli abitator produce. Impeto fan ne le battaglie prime, ma di leggier poi langue, e si reprime. 63 Alcasto il terzo vien, qual presso a Tebe già Capaneo, con minaccioso volto: seimila Elvezi, audace e fera plebe, da gli alpini castelli avea raccolto, che 'l ferro uso a far solchi, a franger glebe, in nove forme e in piú degne opre ha vòlto; e con la man, che guardò rozzi armenti, par ch'i regni sfidar nulla paventi. 64 Vedi appresso spiegar l'alto vessillo co 'l diadema di Piero e con le chiavi. Qui settemila aduna il buon Camillo pedoni, d'arme rilucenti e gravi, lieto ch'a tanta impresa il Ciel sortillo, ove rinovi il prisco onor de gli avi, o mostri almen ch'a la virtú latina o nulla manca, o sol la disciplina.
in mio nome il disponi a ciò che parti nostro e suo bene, e di' che tosto vegna, ché di lui fòra ogni tardanza indegna. 70 Non venir seco tu, ma resta appresso al re de' Greci a procurar l'aiuto, che già piú d'una volta a noi promesso e per ragion di patto anco è dovuto." Cosí parla e l'informa, e poi che 'l messo le lettre ha di credenza e di saluto, toglie, affrettando il suo partir, congedo, e tregua fa co' suoi pensier Goffredo. 71 Il dí seguente, allor ch'aperte sono del lucido oriente al sol le porte, di trombe udissi e di tamburi un suono, ond'al camino ogni guerrier s'essorte. Non è sí grato a i caldi giorni il tuono che speranza di pioggia al mondo apporte, come fu caro a le feroci genti l'altero suon de' bellici instrumenti. 72 Tosto ciascun, da gran desio compunto, veste le membra de l'usate spoglie, e tosto appar di tutte l'arme in punto, tosto sotto i suoi duci ogn'uom s'accoglie, e l'ordinato essercito congiunto tutte le sue bandiere al vento scioglie: e nel vessillo imperiale e grande la trionfante Croce al ciel si spande. 73 Intanto il sol, che de' celesti campi va piú sempre avanzando e in alto ascende, l'arme percote e ne trae fiamme e lampi tremuli e chiari, onde le viste offende. L'aria par di faville intorno avampi, e quasi d'alto incendio in forma splende, e co' feri nitriti il suono accorda del ferro scosso e le campagne assorda. 74
Il capitan, che da' nemici aguati le schiere sue d'assecurar desia, molti a cavallo leggiermente armati a scoprire il paese intorno invia; e inanzi i guastatori avea mandati, da cui si debbe agevolar la via, e i vòti luoghi empire e spianar gli erti, e da cui siano i chiusi passi aperti. 75 Non è gente pagana insieme accolta, non muro cinto di profondo fossa, non gran torrente, o monte alpestre, o folta selva, che 'l lor viaggio arrestar possa. Cosí de gli altri fiumi il re tal volta, quando superbo oltra misura ingrossa, sovra le sponde ruinoso scorre, né cosa è mai che gli s'ardisca opporre. 76 Sol di Tripoli il re, che 'n ben guardate mura, genti, tesori ed arme serra, forse le schiere franche avria tardate, ma non osò di provocarle in guerra. Lor con messi e con doni anco placate ricettò volontario entro la terra, e ricevé condizion di pace, sí come imporle al pio Goffredo piace. 77 Qui del monte Seir, ch'alto e sovrano da l'oriente a la cittade è presso, gran turba scese de' fedeli al piano d'ogni età mescolata e d'ogni sesso: portò suoi doni al vincitor cristiano, godea in mirarlo e in ragionar con esso, stupia de l'arme pellegrine; e guida ebbe da lor Goffredo amica e fida. 78 Conduce ei sempre a le maritime onde vicino il campo per diritte strade, sapendo ben che le propinque sponde l'amica armata costeggiando rade, la qual può far che tutto il campo abonde de' necessari arnesi e che le biade
uom già crudel, ma 'l suo feroce ingegno pur mitigato avea l'età matura. Egli, che de' Latini udí il disegno c'han d'assalir di sua città le mura, giunge al vecchio timor novi sospetti, e de' nemici pave e de' soggetti. 84 Però che dentro a una città commisto popolo alberga di contraria fede: la debil parte e la minore in Cristo, la grande e forte in Macometto crede. Ma quando il re fe' di Sion l'acquisto, e vi cercò di stabilir la sede, scemò i publici pesi a' suoi pagani, ma piú gravonne i miseri cristiani. 85 Questo pensier la ferità nativa, che da gli anni sopita e fredda langue, irritando inasprisce, e la ravviva sí ch'assetata è piú che mai di sangue. Tal fero torna a la stagione estiva quel che parve nel gel piacevol angue, cosí leon domestico riprende l'innato suo furor, s'altri l'offende. 86 "Veggio" dicea "de la letizia nova veraci segni in questa turba infida; il danno universal solo a lei giova, sol nel pianto comun par ch'ella rida; e forse insidie e tradimenti or cova, rivolgendo fra sé come m'uccida, o come al mio nemico, e suo consorte popolo, occultamente apra le porte. 87 Ma no 'l farà: prevenirò questi empi disegni loro, e sfogherommi a pieno. Gli ucciderò, faronne acerbi scempi, svenerò i figli a le lor madri in seno, arderò loro alberghi e insieme i tèmpi, questi i debiti roghi a i morti fièno; e su quel lor sepolcro in mezzo a i voti vittime pria farò de' sacerdoti."
Cosí l'iniquo fra suo cor ragiona, pur non segue pensier sí mal concetto; ma s'a quegli innocenti egli perdona, è di viltà, non di pietade effetto, ché s'un timor a incrudelir lo sprona, il ritien piú potente altro sospetto: troncar le vie d'accordo, e de' nemici troppo teme irritar l'arme vittrici. 89 Tempra dunque il fellon la rabbia insana, anzi altrove pur cerca ove la sfoghi; i rustici edifici abbatte e spiana, e dà in preda a le fiamme i culti luoghi; parte alcuna non lascia integra o sana ove il Franco si pasca, ove s'alloghi; turba le fonti e i rivi, e le pure onde di veneni mortiferi confonde. 90 Spietatamente è cauto, e non oblia di rinforzar Gierusalem fra tanto. Da tre lati fortissima era pria, sol verso Borea è men secura alquanto; ma da' primi sospetti ei le munia d'alti ripari il suo men forte canto, e v'accogliea gran quantitade in fretta di gente mercenaria e di soggetta.
Mentre il tiranno s'apparecchia a l'armi, soletto Ismeno un dí gli s'appresenta, Ismen che trar di sotto a i chiusi marmi può corpo estinto, e far che spiri e senta, Ismen che al suon de' mormoranti carmi sin ne la reggia sua Pluton spaventa, e i suoi demon ne gli empi uffici impiega pur come servi, e gli discioglie e lega. 2 Questi or Macone adora, e fu cristiano, ma i primi riti anco lasciar non pote; anzi sovente in uso empio e profano