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Guide e consigli
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gestire il disagio a scuola, Sbobinature di Pedagogia

descrivere il disagio a partire dalla sua etimologiA E CIO CHE POI COMPORTA NELL'INDIVIDUO

Tipologia: Sbobinature

2022/2023

Caricato il 25/10/2023

carla-ratto
carla-ratto 🇮🇹

3

(1)

26 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica gestire il disagio a scuola e più Sbobinature in PDF di Pedagogia solo su Docsity! APPUNTI DA INTEGRARE AL RIASSUNTO Amenta Gestire il disagio a scuola STORIA PERSONALE: influenza il modo di sentire e percepire dinanzi alle situazioni. Spesso può essere poco efficace e fuorviante. Certamente quello che accade nella nostra storia passata influenza il futuro ma non così tanto lL giudizio sui fatti e i sentimenti presenti vengono in questi casi alimentati da un precipitoso ritorno al passato che può essere rischioso in quanto appartiene al passato e non ha a che fare con il presente. Il rischio che corre l’educatore è quello di trattare l’educando non per quello che è ma in base alla situazione che si viene a creare; DISAGIO SINTOMATICO E SOMMERSO= Nell’uno e nell’altro caso, sono accomunati dalla medesima difficoltà a vivere in quanto le competenze richieste dalla società sono carenti; va però rilevato che i sintomi spesso diventano <<asintomatici>> perché molti disagi si configurano come situazioni di apparente normalità, Per molto tempo la letteratura scientifica sull’adolescenza descrivere il disagio come uno stadio caratterizzato da conflittualità, atteggiamenti di ribellione verso il mondo adulto. Le ricerche recenti hanno messo in evidenza uno scenario singolare: il conflitto sembra assumere caratteri più mitigati; gli adolescenti sono di fronte a quelli che vengono definiti disagi asintomatici, che richiedono nell’educatore una capacità di lettura raffinata per rilevare e interpretare sintomi che alle volte sono “travestiti”. L’educatore non può considerare portatori di disagio solo coloro che dimostrano sintomi chiari, è necessario superare l’analfabetismo educativo a partire dalla capacità di decodificare i segnali esterni del disagio non limitandosi alle sue manifestazioni. 3 . SUPPOSIZIONI E PROPOSTE INTERPRETATIVE Esiste un accordo unanime tra gli studiosi nel considerare il disagio come un fenomeno difficile da descrivere; allo stesso disagio si possono individuare cause diverse ed una stessa causa può determinare effetti differenti e non sempre prevedibili. Il disagio può essere causato anche da livelli di stress negli ambienti e relazioni di vita quotidiani. Lo stress può provenire da svantaggi psicofisici, socio-economici e culturali. La presenza di deficit, handicap che gravano sulla salute del soggetto è una delle premesse principali di disagio obiettivo, lo svantaggio complica il processo di integrazione nei diversi sistemi. Alcuni studi fanno risalire il disagio agli svantaggi connessi alla condizione socio- economica e culturale, la marginalità sociale, la povertà.. il problema principale è quello che la nostra società che se è considerata emancipata va verso l’esclusione. La marginalità sociale e la povertà sono due fenomeni strettamente connessi al disagio e in certi casi alla devianza. Abbandono scolastico= Questo indica però la presenza di qualche difficoltà nella relazione tra alunno e scuola, accompagnata nell’allievo dalla delusione per mancata diventano ubbidienti, ordinati ed educati. L’adattamento sproporzionato si realizza a scapito dello sviluppo del se autentico per lasciare spazio alla costruzione del se falso. Questi comportamenti (iperadattati e ipermaturi) nei contesti educativi passano molte volte inosservati anzi vengono considerati graditi. La svalutazione del se è all’origine del comportamento adattato fuori misura; l’educatore dovrebbe evitare di assecondarli, incoraggiarli e dovrebbe insegnare loro a sostituirli con risposte alternative che si fondano sul se. La società oggi tende a fornire delle contraddizioni; da una parte esalta il fatto che tutti devono avere una vita migliore, e dall’altra la vita viene banalizzata. Predomina una "cultura della morte” che parla di aborto, vittime di malnutrizione, cali delle nascite.. alla base vi sono dei fattori che ruotano attorno alla perdita di sacralità della vita umana. In Italia, a differenza del Terzo Mondo dove prevale la violenza fisica, prevale l’abbandono psicologico ed educativo che molte volte non vengono neanche notate. Vi sono infatti molti bambini trascurati dal punto di vista affettivo e psicologico, quelli che si sentono “figli dell’abbandono” perché vivono rapporti superficiali. La diminuzione delle nascite è un primo segno che la società non è in grado di prendersi cura dell’altro. Altri sintomi sono: la violenza, l’abuso; sono il risultato di disagi e l’unica strada da percorrere è la fuga. Ciò comporta una società regolata dal binomio generatività-stagnazione: 3.4 DISAGIO E FRUSTRAZIONE DEI BISOGNI. (aggiungere a pag 7, dopo il primo punto) L’insoddisfazione è considerata una delle maggiori cause che accompagna il disagio. A seconda dei bisogni insoddisfatti si possono distinguere vari tipi di disagio. Quando ad esempio ci si riferisce alle “nuove povertà” il disagio è collegato alla frustrazione dei bisogni primari; se si parla di disagio esistenziale si cerca di dare un senso alla propria vita. I bisogni dei minori sono visti molte volte come qualcosa di superfluo, fino al punto di far parlare di essere “invisibili per forza”, “generazione invisibile” infatti molti atti vandalici, come altri tipi di reati, vengono compiuti perché i soggetti hanno bisogno di essere visti. Da inserire a pag 8 prima di in base a questo schema , Quindi possiamo dire che i comportamenti problematici possono diventare un modello usato nelle situazioni analoghe future. Un modello integrativo prevede che quando un soggetto ha un bisogno può soddisfarlo per passare a occuparsi del bisogno successivo. CASO: se un bambino in classe ha bisogno di attenzioni, come ad esempio “carezze”, da parte dell’insegnante ed essa svaluta tale bisogno, il bambino potrebbe reagire esprimendo rabbia fino ad arrivare alla rassegnazione. L’allievo che capisce che il suo bisogno non viene compreso ne soddisfatto può attuare delle strategie distruttive per lui e per l’insegnante. L’insegnante potrebbe reagire rimproverando il bambino ma non otterrebbe comunque niente; il soggetto portatore di disagio non avendo totale consapevolezza di sé e dei suoi bisogni ricorre ai mezzi di cui dispone per comunicare: parolacce, disturbo, non studia… Un altro esempio che possiamo fare è quello di un bambino appena nato che come mezzo di comunicazione ha soltanto il pianto, quindi per esprimere ogni suo bisogno ricorrerà ad esso. Sta a chi si prende cura di lui interpretare di che tipo di pianto si tratta; qui entra in gioco l’empatia tra la madre e il figlio, quando il bambino si renderà conto che la madre capisce i suoi bisogni comincerà a fidarsi di lei ed a costruire il proprio sé. Anche l’educatore, come la madre, deve comprendere i bisogni dei suoi alunni, quindi deve affinare la sua capacità di comprensione empatica in modo tale da poter cogliereadeguatamente cosa c’è dietro il disagio 3.5 QUALI I BISOGNI E I PERMESSI NEGATi (da inserire a pag 8 piu comprensibile) Al di la del disagio, i bisogni inascoltati sono molti: -Permesso di esistere. Quando un bambino viene al mondo la famiglia deve riorganizzare i suoi confini interni ed esterni ed una serie di condotte richiedono adattamenti e accomodamenti a volte considerevoli, il permesso fondamentale, in questa fase, su cui si fonderanno tutti gli altri è quello di esistere, i messaggi sole”, oppure “togli gli occhiali cosi fai vedere il tuo bel viso ( SEMPRE RIFERENDOSI AL CASO DI PAOLO ) STILE TIMOROSO: In questo modo qualcuno degli allievi sicuramente abuserà della bontà dell’insegnante.(aggiungere a pag 10) STILE CALCOLATORE; possiamo dire che questo tipo di docente è colui che non si lascia sopraffare emotivamente.(aggiungere a pag 10) INTERVENTI COMUNEMENTE IMPIEGATI PER GESTIRE IL DISAGIO ( NEL DETTAGLIO AGGIUNGERE A PAG10) CASO: Mario, alunno di terza media, è stato bocciato due volte per la condotta. Aveva molte difficoltà a stare seduto in classe e chiedeva sempre di uscire. Quando gli veniva dato il permesso di uscire, trascorreva il suo tempo passeggiando per la scuola. Mario restava fuori più del dovuto e al suo rientro veniva accolto con delle note sul registro. In passato Mario era stato uno studente modello quindi è palese che stava vivendo un disagio. Alla domanda “come mai sei stato bocciato” lui rispondeva dicendo che aveva preso tutto alla leggera ma aveva giurato di mettersi la testa apposto e di comportarsi bene. IGNORARE, SOPPORTARE IN SILENZIO: Il docente, di solito, quando si crea una situazione che suscita la risata in classe ad esempio, tende ad ignorare il soggetto che la provoca. A volte gli educatori ignorano per paura di rinforzare il comportamento. L’atteggiamento dell’educatore che ignora può esprimere l’intenzione di sottovalutare l’episodio e non dargli troppo valore. L’allievo che prende in giro il docente o che fa baccano vuole soltanto ricevere attenzioni da parte di chi si occupa di lui. Occorre osservare che il silenzio dinanzi al comportamento disturbante può essere interpretato come un consenso. Nelle situazioni in cui il bisogno dell’allievo fosse quello di ricevere attenzioni, il fatto di ignorarlo può produrre effetti paradossali: potrebbe portare l’allievo a persistere ed aumentare i suoi comportamenti fino a quando non riceve le dovute attenzioni. LA PREDICA: È un metodo poco efficace e più che un metodo può essere considerato uno sfogo dell’educatore. Si tratta di un intervento genitoriale volto a rimettere ordine. L’uso della predica per un’intera classa può risultare dannoso perché si fa anche ai soggetti che non sono coinvolti. L’uso della predica potrebbe risultare inutile e diventa rischioso quando ci si rivolge in maniera generica alla classe e non al singolo soggetto, per tale motivo l’intervento rivolto alla classe è poco appropriato se manca un’esplicita considerazione della responsabilità personale. La predica per concludere sollecita più ad un adattamento che ad un cambiamento. CRITICA E RIMPROVERO: La critica e il rimprovero diretto non si possono considerare interventi efficaci perché fanno appello all’addestramento dell’allievo. Se i cambiamenti sono volti alla compiacenza dell’allievo non si può dire che rappresentano un successo per l’educatore, senza considerare che sono di solito provvisori e momentanei. Un altro rischio è che l’allievo possa architettare le mosse successive di qualche rivincita. La critica accompagnata da sentimenti di preoccupazione o rabbia da parte dell’educatore insieme ai messaggi educativi può portare a dei messaggi svalutanti e distruttivi. LA PUNIZIONE: È un tipo di intervento ormai poco praticato in ambito educativo, ma quando viene utilizzato esso è poco efficace perché funziona solo nell’istante in cui viene usato. Si tratta di un intervento volto a cancellare il disturbo quindi può essere efficace nel momento in cui si utilizza ma svanisce velocemente poiché interviene sulla manifestazione esterna del problema e fa appello alla volontà dell’educando, inoltre svaluta l’importanza di alcune parti fondamentali della personalità dell’allievo. La punizione inoltre non si fonda sulla comprensione dell’errore ed è considerata un tipo di intervento banale, ripetitivo e poco efficace dal punto di vista educativo. LA SOSPENSIONE: È una sconfitta per l’educatore perchè viene usata quando non si riesce ad affrontare il problema e si decide di allontanare il soggetto dalla classe/scuola. Si rincorre alla sospensione solitamente o per motivi di condotta o a causa di uno scarso rendimento. La sospensione è del tutto improduttiva in quanto non risolve il problema, interviene meramente sulla manifestazione esterna del disagio e l’allievo è invitato a far appello al suo autocontrollo per evitare di incorrere nelle conseguenze negative. È un intervento che equivale a gettare la spugna e a rinunciare a lavorare sul problema che è diverso dall’educare, dal gestire una situazione, dal rispondere a bisogni educativi speciali di un educando attraverso interventi qualificati. L’autoperpetuazione,(aggiungere a pag 11) è uno degli aspetti più preoccupanti delle strategie, L’autoperpetuazione (nota: fa parte di una pedagogia definita “nera”, ovvero quella che da per scontato che gli adulti hanno ragione in ogni cosa) LA FOCALIZZAZIONE SUI SINTOMI DEL DISAGIO= Al fine di cadere nella banalità è importante tenere distanti il sintomo dal problema.( aggiungere a pag 11 dopo per eliminare.) Un esempio valido può essere quello del medico che in base al sintomo comprende la patologia e solo in un secondo momento potrà dare una cura. Vi è una distinzione tra due tipi di approcci: il primo incentrato sul sintomo e il secondo sul disagio. Molti interventi fatti per alleviare il disagio si possono considerare una sorta di terapia sintomatica dove sparito il sintomo sparisce anche il disagio. Se l’allievo non studia perché non riesce a concentrarsi è inutile dirgli che deve studiare perché il problema è proprio quello di non riuscire a farlo. Fin quando non si comprendono i meccanismi che lamentano i sintomi esterni, gli interventi del docente possono funzionare solo temporaneamente. ( agg sempre pag 11) e; se da una parte è piuttosto palese che il controllo volontario sortisce scarso effetto dinanzi ai disagi, è che vero che dall’altra, spesso ci si ostina in questa direzione ( agg a pag 11 quando si parla di impegnarsi volontariamente a dormire) ’alfabetizzazione affettiva. CASO: una giovane mamma mentre chiedeva come fare per abortire, al posto di provare sentimenti negativi come rabbia e tristezza, era felice e raccontava della sua esperienza con molta disinvoltura e il sorriso sulle labbra. Questo tipo di analfabetismo affettivo è tutt’altro che inusuale. Spiegato meglio(pag 13 )=Un primo indizio, della presenza di un sentimento di ricatto, può essere quando l’alunno racconta un’esperienza triste mostrandosi allegro. (Es: caso della madre che gettò dalla finestra il figlio di pochi mesi perchè piangeva). Un altro criterio per individuare i sentimenti di ricatto è dato dal cambiamento di direzione dell’azione pertinente attraverso la sostituzione radicale del sentimento rispondente alla situazione: ad esempio il ragazzo che subisce un sopruso, preso dalla paura, potrebbe passare a tranquillizzare l’interlocutore procurandosi ulteriori svantaggi piuttosto che protestare. casi in cui si possono accertare dei cambiamenti di direzione sono numerosissimi, ad esempio il caso della madre che preoccupata per la salute del figlio che non vuole mangiare si sente travolta dall’impulso di gettarlo dalla finestra e a volte rompe i piatti o colpisce la carrozzina. Concetto più completo ( pag 13) Un terzo criterio per individuare i sentimenti di ricatto è la presenza di una manifestazione esagerata sproporzionata. Per individuare i sentimenti di ricatto è la presenza di una manifestazione esagerata e sproporzionata, ad esempio, un bambino di 7 anni improvvisamente in preda di una crisi di rabbia, superata la crisi i docenti cercavano di capire cosa fosse successo, ma il bambino promette che non l’avrebbe più fatto, la madre in seguito al suo comportamento gli dà una punizione. La rabbia dell’allievo, in questo caso non si può considerare un sentimento genuino. Pregiudizi, manipolazione, trasfert e controtrasfert: CASO: Giulio, un ragazzo di 16 anni, si trova in una comunità per dei problemi con la giustizia. L’episodio che l’ha portato all’arresto è il furto di un’auto, ma non mancavano altri episodi. Giulio non ha avuto un passato facile: anche se il suo livello cognitivo era solo lievemente al di sotto della norma egli non aveva mai frequentato la scuola in modo corretto. Qualsiasi cosa succedeva a scuola era colpa sua; un giorno si trovarono rotte le finestre della scuola e il nome di Giulio e di altri suoi compagni apparve tranquillamente sul giornale. Gli educatori della comunità credevano che il suo caso fosse irrecuperabile perché il soggetto non collaborava. Quando vi fu un incontro con i genitori si gettò un po di luce sulla questione: anche loro pensavano che non c’era niente da fare per il bambino, che si sarebbe messo sempre nei guai. Nonostante tutto volevano aiutare il figlio. Cosa deve fare l’EDUCATORE? Sicuramente è stato Giulio a fare credere che lui sia irrecuperabile; l’educatore se si dovesse trovare in una situazione del genere avrebbe pochi appigli da cui partire per capire come agire. Il primo passo che esso deve fare è quello di verificare se la sua reazione automatica somiglia a quella che hanno realizzato quanti lo hanno preceduto, come i genitori. Il secondo passo è quello di capire quello che fa Giulio per alimentare l’idea che ha l’educatore di se. Deve cercare di interrompere quello che sta succedendo e andare nella direzione opposta. TRANSFERT era usato per indicare l’atteggiamento emotivo del paziente nei confronti de terapeuta. Inseguito è stato usato per indicare il processo proiettivo di affetti da parte del paziente nei confronti del terapeuta. Può essere positivo(quando i vissuti verso il terapeuta sono positivi Es: affetto) o negativo (se il paziente prova ostilità per il terapeuta ma in fondo è rivolto ai genitori. TRANSFERT - controtrasfert: IL bambino che a casa sa che riceverà attenzione sono quando sta male perché i genitori sono troppo presi dal lavoro, si fingeva malato pur di ricevere quelle attenzioni. Efficacia, ascolto di sé, empatia: CASO:(aggiungere a pag 14) un’insegnate dice che un bambino di quinta era il terrore della storia. Un giorno fece pipì nell’armadio in presenza dei compagni. Sempre l’insegnante racconta che gli altri insegnante sono più preoccupati di non sapere qual è il prossimo comportamento disfunzionale del bambino; hanno paura di non sapere come gestirlo. Al colloquio con la madre esce fuori la stessa cosa, ovvero anche lei non sa come gestirlo e ha paura dei suoi comportamenti. Per risolvere la situazione l’insegnante iniziò parlando con il maniera catastrofica: si butta per terra, batte i piedi.. racconta che all’età di 6 anni fu accompagnato dalla madre e dalla zia dal dentista per un’estrazione ma senza che lui sapesse nulla. Il dentista l’aveva rassicurato dicendogli che avrebbe dato soltanto un’occhiata. Nello studio medico, Giulio comprese che la madre, la zia e il medico avevano ordito una sorta di complotto e si erano accordati di estrargli il dente a sua insaputa. La sua rabbia è quella di non essersi sentito rispettato. L’intenzione della madre era quella di risparmiargli un trauma. È questo il motivo per cui Carlo vive ancora oggi una sorta di incubo maturando cosi l’idea che gli altri sono falsi e che l’unico modo per evitare di essere imbrogliati sia quello di non fidarsi. Come possiamo vedere il ricorso al sotterfugio non è raro ma ha dei costi notevoli. Si dice una cosa per un’altra quando si sa che il protagonista della situazione non reagirà bene. 2. IL CONFLITTO EDUCATIVO ( agg a pag 16) - CONFLITTO INTRAPSICHICO: Per gestire questo conflitto il soggetto deve venire a conoscenza ed essere consapevole delle polarità dei problemi. - CONFLITTO INTERPERSONALE: In questo conflitto, Buzzi ne individua 4: conflitto emotivo, conflitto di dati, conflitto di interessi, conflitto di valori. ( aggiungere a pag 17)Nell’interazione educativa l’esito delle transazioni dipende dalle aspettative reciproche del partner; quindi lo stile dell’educatore può essere descritto dalla dimensione convenzionalità vs flessibilità. Secondo la prima polarità l’educatore parte dal presupposto che l’osservanza delle attese istituzionali, il rispetto delle norme, regole sia prioritario rispetto a qualsiasi altro obiettivo. Gli educatori cercano di rispettare le condizioni reciproche non interpretano ruoli secondo norme e schemi rigidi ma manifestano flessibilità ed apertura, consapevoli che la pressione verso la conformità, la disciplina, provocano un’esperienza negativa negli allievi e reazioni di tipo difensivo. Il dilemma della ricerca di un equilibri tra libertà e autorità, tra l’iniziativa dell’educando e quella dell’educatore.. si presenta in veste diversa in vari settori disciplinari: ad esempio nella determinazione degli obiettivi in riferimento ai bisogni degli allievi, delle realtà locali. 3. LA RICERCA DI OPZIONI EFFICACI: SUGGESTIONI E RIFLESSIONI ( agg a pag 17) Un primo criterio basilare del successo risulta quello di invitare l’educando piuttosto che imporre in maniera autocratica: occorre preservare la sua libertà consentendogli di poter esercitare il suo potere e la sua facoltà di scelta. Paradosso—> significa fare una cosa che non si riesce a fare solo perché quella determinata cosa viene richiesta. CASO: Giuseppe docente di scuola elementare un giorno decide di creare nella classe terza una piccola biblioteca invitando ciascuno bambino a portare un libro in modo che i compagni a turno potessero leggere il loro più quello degli altri. Elesse un segretario che aveva il compito di compilare il registro per gestire i libri. Il maestro commise un piccolo errore: elogiava solo i bambini che leggevano tanto mentre quelli che prendevano in prestito meno libri venivano disapprovati. Tra i bambini quindi si diffuse l’idea che fosse più conveniente prendere più libri anche se essi non venivano neanche aperti. Al posto dell’interesse alla lettura, il maestro riuscì a promuovere lo scambio di libri. FINE 3 CAPITOLO (AGG A PAG 19) I docenti chiedono tecniche per attirare l’attenzione degli allievi; non esiste una tecnica, il docente di volta in volta si trova a dover interpretare la situazione e individuare i bisogni degli interlocutori. Il docente dinanzi alla sua classe dispone delle seguenti opzioni: • Ricorrere alla critica, all’imposizione, far appello alla buona educazione; • Mollare tutto e andarsene; • Parlare senza essere ascoltato. Allora cosa fare con gli allievi demotivati? Ci si aspetta che l’educatore li ancoraggi al cambiamento; quanto più il docente si attiva tanto più l’allievo si depotenzia. Una prova interessante è quella di ribaltare la situazione: ad esempio l’educatore potrebbe dire “ sono stanco”. La resistenza non va scoraggiata ma va considerata un importante veicolo per il cambiamento. Al posto di creare una relazione in cui un docente si aspetta delle cose dall’educando invitato a corrispondere, il controparadosso determina una situazione nuova che pone l’altro dinanzi ad un bivio: - Non cambiare nulla dimostrando che l’educatore avrà avuto ragione e che le sue previsioni erano esatte;