Scarica Giovan Battista Marino e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! MARINO È il personaggio più emblematico e più rappresentativo della poesia e dell’espressione del genere poetico del secolo decimo-settimo. In una lettera scritta da Angelo Grillo, un monaco benedettino che fa un profilo del Cavaliere Marino: come Tasso anche Marino guarda alla tradizione e ai modelli classici, ma sempre rinnovandoli, è paradigmatico perché riesce ad esprimere lo spirito di quel tempo, le scelte contenutistiche, di stile, retoriche che vanno a soddisfare il “capriccio” dell’età Barocca, del secolo di Proteo, del secolo multiforme; quindi il capriccio è sia un elemento caratteristico dello stesso Marino, in quanto,è una figura molto particolare, ha una vita avventurosa, rispetto a quella di Tasso, è più intensa e variegata, segnata anche dal capriccio e da una serie di disavventure legate sia a una portata eversiva della sua opera letteraria sia di alcuni suoi atteggiamenti di alcune esperienze biografiche; per cui la sua stessa vita è segnata dal capriccio anche in tal senso. Ha una vita molto variegata,caratterizzata da cambiamenti costanti che vanno a caratterizzare sia l’esperienza biografica sia quella poetica. Novità e capriccio delle poesie sono gli elementi che il monaco in questa lettera mette subito in evidenza. Questa lettera è importante perché ci dà informazioni significative di una testimonianza del tempo, poiché, il monaco vive in quel tempo e che in tempo reale racconta e testimonia della portata di novità ma anche di successo che ha un autore che in quel momento sta consolidando la propria fortuna, anche se Marino rispetto allo stesso Tasso, ha avuto una fortuna quasi immediata, quindi molto più veloce, un po' per i tempi, un po' per la sua capacità di autopromozione, perché rispetto allo stesso Tasso, Marino riusciva anche ad autopromuovere se stesso e quindi di sapersi collocare nel luogo giusto nel momento giusto, anche le vicende biografiche travagliate hanno dato un certo successo perché quello che oggi viene definito gossip anche allora aveva molta presa sul pubblico. L’intero percorso di Marino. È un percorso che è emblematico e pragmatico del primo seicento e soprattutto è un percorso che permette di soddisfare delle nuove esigenze da parte del pubblico, poiché aveva bisogno di un nuovo tipo di letteratura, di nuovi argomenti e Marino riesce bene ad interpretare il gusto del tempo e quindi a soddisfare la richiesta di una nuova letteratura. VITA Della vita di Marino non abbiamo molti elementi: sappiamo che si ferma a Napoli a più riprese,siamo verso la fine del ‘500(1588,1592,1594), in un ambiente in cui si sentiva molto la presenza di Tasso. In modo particolare Marino frequenta gli ambienti della scuola di Matteo Capua, principe di Conca, il quale gli permette di entrare in contatto con Giovanni Battista Manso, primo biografo di Tasso; ne avremo un’altra nel ‘700 scritta da Serrasi, poi nell’ ‘800 si Solerti. Marino ha una passione per l’arte che poi gli permetterà anche di scrivere un’opera importantissima che metterà a confronto degli autori di testi poetici con autori di testi pittorici; ha una passione enorme per le arti, per i musei, per i pittori e gli scultori del tempo,quindi, è in continuo dialogo con questa dimensione artistica che ritroviamo anche nella sua scrittura poetica. Per dare idea della portata e dei temi nuovi, che non sono legati alla storia, quindi i poema cavalleresco viene completamente superati,i temi sono particolari e bizzarri, e su tutti campeggia l’amore e la bellezza: la ricerca dell’amore in tutte le forme possibili. Il primo testo con cui diventa celebre, sia dentro che fuori Napoli, è una canzone dei baci. Sono dei versi dedicati al bacio come espressione d’amore tra gli amanti, come espressione che permetto lo scambio vitale tra anime, che espressione d’amore del corpo. È una canzone scritta in decasillabi e settenari. LL’interno di questa canzone abbiamo anche elementi autobiografici, anche perché tutta la vita sentimentale di Marino è segnata da questa passione molto forte per una dimensione anche erotica del vissuto amoroso: i baci vanno a caratterizzare la sua esperienza del vissuto d’amore. Va a descrivere tutti le sfumature possibili, sensuali e sentimentali che si realizzano attraverso il bacio. Engono usate forme ridotte anche per descrivere la leggerezza, del gioco amoroso, di questa esperienza del bacio, anche per non caricarla eccessivamente di erotismo e passione. Il verso finale lascia aperte diverse interpretazioni, perché si può riferire o al bacio tra due amanti o a ciò che e presente nella mente dell’amante che può presentare o portare con se altri desideri, o a dei giochi tra amanti? Da Napoli Marino si trasferisce a Roma dove inizia la sua autoproduzione: siamo nel centro dell’Italia e da qui il motore di tutti i movimenti del storico o letterarie del tempo. Entra in contatto con le famiglie più importanti del tempo, conosce Caravaggio e inizia la sua autopromozione attraverso la stesura delle sue opere e l’inizio di una nuova stagione poetica. Le sue Rime vengono pubblicate a Venezia nel È un omaggio che fa a Lucrezio in tutta libertà, libero dai vincoli formali e contenutistici che lo avrebbero ostacolato in Italia che in Francia invece riesce con grande apertura a poter realizzare in maniera serena. Il poema si incentra sull’amore che lega Venere ad Adone, un giovinetto bellissimo di stirpe regale: una favola mitologica che si oppone alla materia storica, quindi Adone è un poema che attinge al mito, alla favola mitologica che si oppone, rompendo con la tradizione, ad Ariosto e Tasso, perché propone la scelta della materia mitica. Ovidio nel libro decimo delle Metamorfosi dedica pochissimi versi a questa storia, diventa la base per il poema più lungo della letteratura italiana. Sintesi dei blocchi narrativi: Canti I-III: fase iniziale del poema, con l’arrivo di Adone a Cipro, l’incontro e l’innamoramento con Venere; Canti IV-VIII: i due amanti attraversano insieme il giardino dei sensi, e infine consumano la loro unione sessuale nel canto VIII, canto significativamente intitolato I trastulli; Canti IX-XI: dopo l’unione sessuale e le nozze, Venere e Adone visitano i cieli della Luna, di Mercurio, di Venere, osservando dall’alto le meraviglie del mondo; Canti XII-XVI: i due amanti vengono separati dall’arrivo di Marte; inizia una serie di avventure e magie che vede Adone prima trasformato in un pappagallo, poi venire rapito da ladroni e infine ricongiungersi con Venere, e persino essere eletto re di Cipro; Canti XVII-XX: Venere si allontana da Cipro e, nel canto XVIII, Adone viene ucciso da un cinghiale durante una battuta di caccia. Il poema si chiude con una lunga celebrazione dei giochi in onore del giovinetto, trasformato in anemone. Adone incarna alla perfezione la scelta di una narrazione sensuale, mirata soprattutto ai piaceri della passione amorosa, oltre che gli elementi negativi. Un’altra rottura con la tradizione riguarda la perdita di una narrazione compatta: il principio costruttivo è l’aggiunta che prima consolida e sorregge una favola esile, poi finisce per renderla imponente. Inoltre presenta una natura aggregata che è evidente nell’episodio dell’usignolo nel canto VII: ci permette di comprendere in che modo Marino procede per aggregazione, rompendo la struttura unitaria del testo. Inoltre i quest’opera trova un continuo dialogo il sacro e il profano, questo è un elemento che caratterizza un po' tutta la produzione di Marino, perché è presente anche nelle Rime e in altri testi. Dopo la permanenza in Francia torna in Italia nella primavera del 1623. Tornato a Napoli pensa di costruire una casa-museo, con i libri e le opere d’arte accumulate nel corso della sia vita;nel 1624 si ammala e trascorre in condizioni precarie le ultime settimane di vita. @O SHOT ON-REDMI9
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sequenze come una grande catena e sempre con la stessa melodia, sia che stia spargendo la sua voce sia che la stia raccogliendo la lega e la scioglie a sé.( quindi è capace di grandi prodigi dal punto di vista musicale). - 34-35: O che piacevoli, o che pietose rime il cantore lascivo compone e detta. Prima esprime in maniera flebile il suo lamento, poi all’improvviso rompe la sua canzone in un lungo sospiro. In tante melodie ora languido ora sublime lui varia il suo stile, frena le pause a volte affretta la fuga e imita insieme e in lui si raccolgono tanti strumenti musicali, la cetra, il flauto, il liuto, l’organo e la lira. Fa della sua gola lusinghiera( portatrice di lusinghe) e dolce una lunga e articolata scala musicale. Di qui quell’armonia che l’aria accarezza ondeggiando ma mano la fa salire in alto e qui si regge per molto tempo finchè poi precipita e si cala a fondo.(l’alterarsi dei momenti in cui la voce aumenta e momenti in cui si abbassa). Aumentando i gorgheggi a piena voce, forma delle note a più suoni. - 36-37: Sembra che abbia dentro la bocca in ogni fibra del suo corpo una ruota rapida o un turbine molto veloce. La sua lingua che si avvolge su se stessa e vibra, sembra la spada di uno schermidore( qualcuno che maneggia la spada) molto abile, destro e molto feroce. Se piega e increspa la voce o se la sospende e la libera nel cielo in variazioni più lente, tu dirai e lo nominerai spirito del cielo( come se fosse uno spirito divino) che in tanto modi il canto snoda sul cielo pieno di figure e trapunto di stelle. (Ogni due versi ci sono delle domande retoriche): Chi crederebbe che un’animetta così piccola possa accogliere così tanta forza? E chi crederebbe che tanta dolcezza può essere nascosta all’interno delle vene e delle ossa di un atomo sonante?(piccolissima creatura che è quasi invisibile che però è prodigiosa). O che sia qualcos’altro che viene mosso da un’aurea lieve, una voce pennuta, una piuma canora o un canto alato? - 38-39: Mercurio allora che vedeva Adone ascoltare u canto così bello con orecchie fisse(molto attentamente) disse a lui rivolto:<< Cosa ti sembra della sorprendente divinità di quell’uccellino, diresti mai che tanta forza unisce uno spiritello in così poca sostanza?(in un corpo così piccolo). Uno spiritello composto d’armonia che tra l’altro vive nascosto in anguste viscere?(vive con delle piccole viscere).>> Non si può negare che la Natura appunto mostra in ogni sua opera della sua creazione un’arte mirabile, ma quale pittore, che scopre ingegno e studio, che mostra maggiore arte nelle figure piccole, così la Natura mostra un artificio superiore a tutti gli altri nelle creature più piccole. ( come il pittore dà il meglio di se quando dipinge i particolari e non le opere più grandi, perché è più bravo il pittore che sa dipingere i particolari, così la natura dà il meglio di se quando deve creare piccole creature).Questo eccesso di creazione, che viene creato dalla Natura nella figura dell’usignolo, supera ogni altro miracolo che la Natura abbia potuto compiere. - 40-41: Io voglio raccontarti una bella storia che parla del canto miracoloso dell’uccellino: un caso memorabile ma anche triste, da commuovere persino una roccia. Sfogava attraverso uno strumento a corda, in un suono triste un amante solitario il suo dolore. Le selve tacevano e la notte occupava ogni parte del cielo. Mentre addolciva l’amaro veleno d’amore con il suono che lo teneva sveglio, il giovane innamorato, che per allontanarsi dalla città era giunto nel bosco, questo uccellino batteva le penne e gemendo si accostava invaghito e mormorando per il suono udito.( L’uccellino che stava riposando nella selva, sente questo suono e si avvicina e si posa poi sulla spalla del suonatore). - 42-43: L’infelice uccellino che si era svegliato a richiamare il giorno sopra un faggio e supplicava l’aurora di ritornare, tramite il suo canto dolcissimo, udì tutto intorno i segreti del bosco solitario e selvaggio interrompersi, perché l’aria era ferita da questi accenti musicali angosciati e dolorosi del suonatore d’amore , che subiva il suo dolore e suonava anticipando il canto dell’uccellino che dava annuncio del giorno. Infastidito e incuriosito dal suono che sembrava quasi chiamarlo a sé, l’uccellino dalle cime del grande albero pian piano scende sui rami più bassi, e cominciando a riprodurre musicalmente le ultime note pronunciate, quasi desideri ascoltare ed emulare il suonatore, tanto si avvicina, vola e non si ferma che in fine gli si posa sulla testa. - 44-45: Colui che percuote le corse( il suonatore) sente il lieve peso dell’uccellino sulla testa, però continua a suonare. Anzi inizia a suonare in maniera più dolce (aumenta il tenore delle sue dolenti note) e l’usignolo quanto più può inizia a riprodurre il suono , segue il suo stile e lo imita. Il suonatore canta, e nel cantare geme e si lamenta, l’uccellino accompagna il suo canto e il suo gemito. E così l’uno sul debole strumento come a raddoppiare il suo canto doloroso e l’altro a replicarlo nella melodia come volersi addolorare del dolore altrui( anche l’uccellino canta con dolore, solo perché voleva imitare il dolore del ragazzo) con l’alternanza dei suoni, tenevano intente all’ascolto tutte le stelle e sospingevano le ore notturne ad un più dolce riposo.( l’atmosfera sembra quasi armonica). - 46-47: Da principio il giovane disprezzò la contesa( non voleva sfidare l’uccellino) e anzi iniziò quasi a giocare con lui, lievemente prese con le unghia a grattare le corse e poi si fermò un po'. Aspettò che l’uccellino recepisse le corde che lui aveva toccato e poi rinforza il suo spirito debole e, l’infaticabile mostro di natura(così viene definito l’usignolo), ciò che il giovane fa con la mano lui lo riproduce con il becco. Il suonatore arguto quasi disdegnando gli acuti contrasti di quell’imitazione(effettivamente l’usignolo teneva testa al suonatore), nonché concorra, ma voglia in qualche modo sovrastare con il paragone, inizia con il liuto a sovrastare i tasti più acuti che producono suoni ancora più difficili; però la linguetta dell’usignolo canterina e feconda, ostinata a cantare, gli va sempre dietro(quindi riproduce anche i suoni più difficili e i tasti più acuti dello strumento). - 48-49: Il maestro a questo punto arrossisce e si vergogna che sia stato vinto da una creatura così umile. Accorda lo strumento, tira i nervi, scende con le dita fino alla rosa(disegno inciso al centro del liuto). Lo sfidatore non cessa di stargli dietro, anzi gli rende ogni sua risposta più vigorosa, e a seconda che il ragazzo cala o cresce di tonalità, lui addirittura intreccia e mescola labirinti di voce(gorgheggi). A quel punto il suonatore si stupisce e irrigidisce molto e dice all’usignolo, adirato:<< Io ti ho sopportato già per un po'. Ora se tu non farai questa cosa che io faccio sul mio strumento io o te la do vinta o spezzo o strumento>>. Prese in braccio il liuto e come colui che era capace di grandi virtuosismi, comincia ad intrecciare le note e i tempi in modo eccezionale, mise tutte le sue forze per modulare dei suoni complicatissimi, quindi impegnò le sue conoscenze per variare il più possibile il suono per renderlo più complicato. - 50-51: Senza fare alcuna pausa prende e lascia la radice del manico(movimento delle dita che fanno su e giù), la melodia si abbassa e poi