Scarica Giovan Battista Marino e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVAN BATTISTA MARINO nasce a Napoli nel 1569 e fin da giovane si dedicò alla letteratura dopo aver abbandonato gli studi giuridici. Dal 1596 entrò sotto la protezione del principe di Conca e approfondì la lirica. A causa di problemi giudiziari, dovette scappare a Roma, dove passò al servizio del cardinale Pietro Aldobrandini. Successivamente nel 1606 seguì il cardinale a Ravenna ma rimane oppresso dall'ambiente provinciale della Romagna e dopo due anni Marino prese contatti con il duca di Savoia Carlo Emanuele I per diventare poeta di corte a Torino. Ciò, però, fece infuriare Gaspare Murtola, allora poeta di corte di Savoia: i due letterati si scambiarono dei sonetti polemici, fino a che Murtola cercò persino di uccidere Marino. In uno di questi sonetti Giovan Battista Marino lo invita a dedicarsi a mestieri manuali e servili. Marino sostituì Murtola come poeta di corte fino al 1615, quando venne arrestato e restò in carcere per un anno. Successivamente, le sue opere vennero considerate eretiche e l’Inquisizione voleva portarlo a Roma per sottoporlo a processo. Una volta liberato, si trasferì a Parigi: Dopodichè lavorò al suo capolavoro, l’Adone, pubblicato nel 1623. Poi si trasferì a Napoli, dove si ammalò e morì nel 1625. Due anni dopo l’Adone finì nell’Indice dei libri proibiti. La produzione di Marino si può suddividere in due periodi. LE RIME Nel primo periodo l’autore si dedicò alla poesia lirica e pubblicò una raccolta di Rime nel 1602, suddivisa in due parti, cui poi ne aggiunse una terza, dal titolo La lira, nel 1614. La produzione lirica di Marino rappresenta la sintesi della poetica barocca, fondata sulla ricerca della meraviglia e sulla tendenza alla catalogazione e all’enciclopedismo. Le Rime si distaccano dal modello del Canzoniere di Petrarca perché affrontano temi più ampi ma anche perché Marino abbandona il concetto di “libro” unitario e mette insieme parti autonome, distinte da un tema. Inoltre Marino sperimenta varie soluzioni metriche; scrive ad esempio sonetti, madrigali e canzoni. ALTRE OPERE Il soggiorno torinese segnò il passaggio a nuovi generi letterari. Nel 1619, Marino scrisse “La Galeria”, un libro di liriche contenenti l’ecfrasi, ovvero la descrizione, di quadri e sculture celebri che era accompagnato da riproduzioni grafiche delle opere stesse. I costi esorbitanti impedirono però la compiuta realizzazione del progetto. Inoltre la descrizione di opere d’arte in poesia si trova nella seconda cantica dantesca, quando Dante descrive alcuni bassorilievi del monte Purgatorio. La Galeria testimonia il profondo interesse di Marino per le arti visuali e i suoi rapporti con alcuni artisti dell’epoca come Caravaggio. Nel 1614 scrisse le “Dicérie sacre”, tre prediche in prosa su diversi argomenti, e gli “Epitalami”, composizioni poetiche che affrontano il tema del matrimonio. Invece nel 1620 venne pubblicata “la Sampogna”, una raccolta di idilli pastorali. Infine, nel 1623, Marino fece pubblicare “L’ADONE”, poema mitologico in venti canti su cui aveva lavorato per circa un decennio. MARINISTI E ANTIMARINISTI Marino incarna a pieno lo spirito dell’epoca sviluppando tutti i temi che caratterizzano il barocco. La sua opera intitolata “L’Adone” gli assicurò una fama eccezionale, ma anche un numeroso gruppo di seguaci della sua poetica soprannominati “marinisti”. Il Marinismo è affascinato dalla scienza moderna poichè l’Adone contiene un celebre elogio di Galileo ma rimane ancora legato al mondo del mito. Si presenta come un momento fondamentale della storia letteraria in cui si realizza un conflitto fra tradizione e modernità. I marinisti attuano il concettismo ovvero l’accumulo di figure retoriche. Giovan Battista Marino, però, ebbe anche critici e detrattori soprannominati “antimarinisti” che sono coloro che voglio tornare alla semplicità classica. Questo indirizzo poetico si sviluppò a partire dagli anni Venti del Seicento, soprattutto a opera di vari poeti. Ad esempio Ciampoli fu autore di una Poetica sacra, che sancì la formazione del classicismo. Invece Gabriello Chiabrera cercò di reintrodurre le forme della poesia antica. La «bellezza medusea» (APPROFONDIMENTO) Il critico e saggista Mario Praz (1896-1982) individua nella lirica barocca una delle prime manifestazioni della «bellezza medusea», che sarà poi centrale nell’estetica del Romanticismo. Contrariamente al canone classico, centrato sulla piacevolezza, in questa bellezza «il dolore e il piacere si combinano in un’impressione unica»: si tratta di «un nuovo senso di bellezza insidiata e contaminata», spesso sconfinante nel brutto o addirittura nell’orrido, di cui Praz individua precoci tracce nei momenti di maggiore sincerità della poesia del Seicento. L’ADONE L’Adone di Giovan Battista Marino è un’immensa opera di argomento mitologico, il poema più lungo della letteratura italiana con i suoi oltre 40.000 versi. Suddiviso in venti canti, viene pubblicato a Parigi nel 1623 con dedica al re di Francia Luigi XIII e alla madre del sovrano Maria de’ Medici, al termine di una redazione più che ventennale. Quest’opera è uno spartiacque nella letteratura italiana, perché costituisce la dissoluzione del poema tradizionale e, allo stesso tempo, inaugura inedite soluzioni stilistiche e strutturali. TRAMA: Dopo un naufragio, il giovane Adone approda all’isola di Cipro, dove si svolgerà quasi tutta la vicenda; qui incontra la dea Venere, che si innamora di lui perché il figlio Cupido la colpisce con una freccia. Si celebra il matrimonio tra i due innamorati, a cui segue un lungo periodo di idillio, durante il quale il giovane e la dea visitano i giardini dei sensi, i cieli di Luna, Mercurio e Venere e l’isola della poesia. Interviene però Marte, geloso del nuovo amore di Venere: la dea fa fuggire Adone donandogli un anello magico per proteggerlo dai malefici. Adone viene imprigionato nella dimora sotterranea della maga Falsirena, ma riesce a liberarsi e a tornare a Cipro, dove però vede Venere amoreggiare con Marte. Dopo una serie di avventure e di equivoci – Adone si è travestito da donna ed è inseguito da vari pretendenti –, il giovane ritrova Venere e i due ricominciano ad amarsi. Grazie a una vittoria in una partita a scacchi e a una gara di bellezza, Adone è proclamato re di Cipro. Ma ecco che si prepara un tragico finale: Adone ottiene finalmente da Venere il permesso di andare a caccia, prima negatogli dalla dea. A questo punto Marte istiga un cinghiale ad attaccare Adone, che per difendersi scaglia una freccia di Cupido e così infonde una furia amorosa nell’animale. Una folata di vento scopre una coscia del giovane e il cinghiale vi si avventa per “baciarlo”; il bacio del cinghiale, tuttavia, è un terribile morso che uccide Adone. L’opera si conclude con la descrizione della sepoltura dell’amante ucciso e i giochi e gli spettacoli indetti da Venere in suo onore. STRUTTURA: La prima caratteristica che balza agli occhi è la sproporzione tra la mole del poema e l’esilità della trama narrata. Marino si orienta su un poema mitologico, cioè su una vicenda dallo sviluppo e dalla conclusione predeterminata, evitando l’argomento cavalleresco che aveva decretato il successo di Ariosto e Tasso. Lo schema narrativo, dunque, è “obbligato”, visto che il mito era ben noto. Marino però lo arricchisce con una struttura animata da una tensione dinamica: alcune strategie narrative, per esempio, come l’allontanamento dei due amanti e le sventure che colpiscono Adone, vengono reiterate e creano un effetto di sospensione, rimandando l’esito della storia. Inoltre, l’autore sceglie consapevolmente di