Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Gli iperoggetti: una nuova prospettiva sulla realtà, Sintesi del corso di Sociologia Dei Media

Il concetto degli 'iperoggetti', ovvero entità che trascendono le nostre normali categorie di pensiero e percezione. Vengono discusse le caratteristiche di questi iperoggetti, come la loro vastità spaziale e temporale, la loro pervasività e la loro capacità di influenzare profondamente l'esperienza umana. In particolare il caso del riscaldamento globale, considerato come un iperoggetto che ci circonda e ci coinvolge in modo ineluttabile. Vengono inoltre approfondite le implicazioni filosofiche, estetiche e politiche di questa nuova prospettiva sulla realtà, sottolineando come gli iperoggetti ci costringano a ripensare il nostro rapporto con il mondo e a confrontarci con la nostra stessa finitezza e vulnerabilità.

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 30/05/2024

giorgio-caruso-3
giorgio-caruso-3 🇮🇹

1 / 20

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Gli iperoggetti: una nuova prospettiva sulla realtà e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! UN TERREMOTO NELL'ESSERE: INTRODUZIONE AGLI IPEROGGETTI Con il termine iperoggetti si indica, entità diffusamente distribuite nello spazio  e nel tempo. Un iperoggetto può essere un buco nero. Un iperoggetto può  essere la biosfera o il sistema solare. Un iperoggetto può essere al somma  complessiva di tutto il materiale nucleare presente sulla Terra, o  semplicemente il plutonio o l'uranio. Un iperoggetto può essere il prodotto  stesso, incredibilmente longevo, della produzione umana: il polistirolo o le  buste di plastica. Gli iperoggetti, dunque, sono <<iper>> in relazione a qualche altra entità, siano  essi costruiti direttamente dagli esseri umani oppure no. Gli iperoggetti hanno numerose proprietà in comune. Sono viscosi, ovvero si  <<attaccano>> alle entità con le quali sono in relazione. L'iperoggetto non esiste in funzione della nostra conoscenza: è iper in relazione  a vermi, limoni e raggi ultravioletti tanto quanto per gli esseri umani. Gli iperoggetti hanno già avuto un impatto significativo sullo spazio umano, sia  psichico che sociale. Sono direttamente responsabili di quella che definisco  <<la fine del mondo>> e rendono obsoleti tanto il negazionismo ecologico  quanto l'ambientalismo apocalittico. Gli iperoggetti stanno modificando anche l'arte e l'esperienza degli esseri  umani (la cosiddetta dimensione estetica). Siamo entrati in quella che chiamo  Età dell'Asimmetria. Gli iperoggetti non sono semplici assortimenti, sistemi o assemblaggi di  oggetti. Sono oggetti a pieno titolo. Il termine che si attribuisce al termine <<oggetto>> proviene dalla Object  Oriented Ontology od OOO (<<ontologia orientata all'oggetto>>). Sarebbe sbagliato affermare che gli iperoggetti sono frutto dell'immaginazione  (umana). Gli iperoggetti sono reali, al di là del fatto che qualcuno li contempli o meno. PRIMA PARTE COSA SONO GLI IPEROGGETTI? VISCOSITA' L'accesso agli iperoggetti non avviene percorrendo una distanza, attraverso un  RIASSUNTO IPEROGGETTI qualche mezzo trasparente: gli iperoggetti sono qui, proprio qui, nel mio spazio  sociale. Dal centro della galassia, un buco nero super massiccio colpisce la mia  attenzione - come fosse al mio fianco, fermo al semaforo nella macchina  accanto alla mia. Ogni giorno il riscaldamento globale brucia la pelle della mia  nuca provocandomi prurito, fastidio. Sullo specchietto retrovisore di tutte le macchine americane campeggia uno  slogan molto appropriato per i tempi in cui viviamo: GLI OGGETTI NELLO  SPECCHIO SONO PIU' VICINI DI QUANTO APPAIANO. Il fatto che gli iperoggetti ci siano vicini non li rende per questo meno  inquietanti. A volte il riscaldamento globale non scalda: al contrario, si  manifesta stranamente come freddo pungente o sotto forma di violente  tempeste. La mia sensazione di calore sulla nuca è solo una rappresentazione  distorta della mano calda del riscaldamento globale. IPEROGGETTI SONORI: un suono da cui non posso fuggire, una pellicola fluida e  viscosa. Prima del bello, deve già esistere un reticolo appiccicoso e viscoso nel quale  trovo l'accordo perfetto con un oggetto. L'arte degli iperoggetti rende visibile,  udibile e decifrabile quell'esperienza che Sartre detestava, l'<<aderenza  molle>> tra le cose: <<il vischioso è me>>. Il vischioso, per Sartre, è la qualità  percepita da una mano che, immersa in un barattolo di miele, è come se  iniziasse a dissolversi: <<la morte zuccherata del per-sé (la vespa che affonda  nella marmellata e vi annega)>>. Le vecchie torie estetiche che tenevano  separate dolcezza e potenza non significano più nulla perché la dolcezza - è  chiaro a tutti - è potenza. Forse è la cosa più potente che esista. È possibile immaginare un suono così penetrante da riorganizzare la nostra  struttura interiore e provocare la nostra morte? Senza dubbio il Pentagono sta  sviluppando - e forse addirittura testando - armi soniche basate su un principio  simile. Quando l'interno di una cosa coincide perfettamente con il suo esterno,  si parla di dissoluzione o di morte. Dato un iperoggetto abbastanza grande (per  esempio, l'entropia dell'intero universo), tutti gli esseri esistono nelle fauci di  una qualche forma di morte: è il motivo per cui i Thangka buddisti della Ruota  della Vita raffigurano i sei regni dell'esistenza tra i denti di Yama, il Signore  della Morte. Un bambino rigurgita latte coagulato. Impara a distinguere tra vomito e non- vomito e arriva a conoscere il non-vomito in quanto tale. Ogni soggetto si  forma a discapito di una sostanza viscosa e avvelenata, piena di batteri,  infestata di acidi gastrici. Il genitore raccoglie il latte rigurgitato in un fazzoletto  di carta e lo getta nel water. Ora sappiamo dove va a finire. Ci ha sempre fatto  comodo pensare che la forma a U dello scarico fosse una comoda curvatura  dello spazio ontologico capace di portare qualsiasi cosa si gettasse in una  dimensione completamente diversa, in un Altrove, lasciando tutto pulito qui in  superficie. Ora sappiamo come vanno davvero le cose: invece che nella terra  dell'Altrove, i rifiuti vanno a finire nell'Oceano Pacifico o in un impianto di  trattamento delle acque reflue. La conoscenza dell'iperoggetto-Terra e  uccelli non percepiscono un pezzo di materia tradizionale, ma solo una forma  estetica. Gli oggetti quantici sono distribuiti diffusamente sia in un senso convenzionale  (sebbene straordinario), sia in un senso del tutto non convenzionale. Partiamo  da quello convenzionale. Stando all'ipotesi di De Broglie, un pacchetto d'onde  è una massa che contiene qualcosa di simile a una particella distribuita su una  scala di localizzazioni determinata probabilisticamente. Si può dire che il  pacchetto d'onda è distribuito in un'area piuttosto vasta dello spaziotempo.  Alcuni fisici fanno riferimento al sistema solare: per quanto sfuggente, un  elettrone è comunque destinato a essere trovato da qualche parte nel sistema  solare. Sembra uno scherzo, ma non lo è: anzi, è proprio in questo modo che  Bohm spiega come trovare la posizione di una particella nel suo manuale sulla  teoria dei quanti. uo manuale sulla teoria dei quanti. Passiamo ora alla spiegazione non  convenzionale. Il principio di non-località ci costringe quantomeno a rivedere  le nostre idee sulla materia e sul materialismo. La non-località è l’equivalente  di una teoria della testualità a livello quantistico: l’informazione si disperde tra  particelle che sembrano occupare diverse regioni dello spaziotempo. Se dico  che la realtà esiste solo per me o per te e che questo saggio non esiste  davvero, verrò allora bollato come un postmoderno nichilista o come un  pensatore new age imboscato nell’accademia? Eppure qualsiasi mio collega del  dipartimento di fisica può affermare in tutta tranquillità che l’universo è un  ologramma proiettato da una superficie inscritta in un buco nero – il che non è  poi troppo diverso dall’ologramma che campeggia sulla mia carta di credito.  Bohm si serve dell’analogia con l’ologramma per descrivere «l’immenso  oceano di energia cosmica» da cui hanno origine le particelle elementari. Le  immagini «catturate» da una lente fanno sembrare le cose solide e  apparentemente isolate. Un ologramma non può essere visto direttamente,  ma è una trama di pattern di interferenza creati da onde luminose che  rimbalzano sull’oggetto e di raggi luce divisi da un beam splitter. Quando la  luce passa attraverso un pattern di interferenza, un rendering tridimensionale  dell’oggetto appare davanti al pattern stesso. Se si taglia un piccolo pezzo di  ologramma o si lascia passare la luce attraverso un suo frammento, si vedrà  ancora una versione (leggermente più sfocata) dell’oggetto intero, poiché ogni  singolo frammento dell’ologramma contiene informazioni sull’intero oggetto. Un ologramma è una forma di scrittura. Un universo olografico spiega i principi  della non-località. I rivelatori di onde gravitazionali mostrano gli schemi  sospettosamente regolari emanati dalla radiazione cosmica di fondo; è come  se a qualche livello la realtà fosse fatta di pixel, di microscopici <<punti>> di  informazioni: è la regolarità che ci aspetteremmo se la realtà fosse davvero la  proiezione di un ologramma. Un universo olografico sarebbe un iperoggetto  distribuito diffusamente nel tempo e nello spazio caratterizzato da effetti non- locali che sfidano lo spazio e il tempo; scomponibile in numerose parti, non  smetterebbe però di essere un oggetto coeso. Il principio di non-località ci dice proprio questo: al livello più profondo della  realtà non esiste nulla che possa essere detto locale. Lo località è  un'astrazione. Metaforicamente possiamo applicare lo stesso concetto alla  teoria degli iperoggetti. La pioggia che mi ha bagnato in California a inizio 2011  probabilmente è stata causata dallo tsunami che intanto la Nina aveva  sollevato nell'Oceano Pacifico, essendo la Nina una manifestazione del  riscaldamento globale. Anche il terremoto che ha colpito il Giappone nel 2011  potrebbe essere stata una manifestazione del riscaldamento globale le forti  piogge sono semplicemente una manifestazione locale di un'entità più vasta  che non posso vedere direttamente gli intellettuali di destra fanno bene a  temere riscaldamento globale dato che incombe in maniera spaventosa  minacciando il nostro mondo. Siamo di fronte alla spaventosa mia e siamo di  fronte alla dimostrazione del fatto che tutto è connesso. Il riscaldamento globale come tutti i progetti e non locale distribuito  diffusamente nel tempo e nello spazio cosa significa? Significa che la mia  esperienza del tempo che fa è in realtà ho una falsa esperienza non si dà mai il  caso che le gocce di pioggia cadono solo nella mia testa sono sempre una  manifestazione del riscaldamento globale. se guardi attentamente un'immagine dei libri della serie occhio magico, ti  renderai conto che quei che credevi fossero solo scarabocchi sono in realtà  parte di un oggetto di ordine superiore che compare solo se incroci gli occhi:  occhi: La tazza del fiore raffigurati sono in realtà entità distribuite nella trama  delle piccole chiazze sfocate delle immagini. L'oggetto è già lì prima che tu lo  guardi. Il riscaldamento globale non è una funzione dei nostri strumenti di  misurazione. Essendo distribuito nella biosfera, è difficile percepirlo come  entità unica. Eppure ecco. Piove su di noi, brucia la nostra pelle, fa tremare la  terra causa uragani devastanti. Il riscaldamento globale è un oggetto fatto da  tanti pezzi diffusamente distribuiti. Delle gocce di pioggia mi bagnano in  California, lo tsunami che distrugge le città giapponesi. Proprio meglio oggetti figurati nei libri di occhio magico, il riscaldamento  globale e reale e solo che per vederlo serve un radicale cambio di prospettiva. Il concetto di non-località Evaporare la specificità delle cose. Facendo le smanie  nella nebbia astratta del generale, del non locale. Quello di non località è un  concetto ben strano. Quando si parla di progetti non località significa che  rigenerare finisce in secondo piano rispetto a particolare. Non troverò da  nessuna parte l'iperoggetto petrolio, ma solo gocce, flussi, fiumi e chiazze di  esso. ONDULAZIONE TEMPORALE Quando ti avvicini a un oggetto infiniti altri ne spuntano fuori. Iper oggetti ci  avvolgono: eppure sono distribuiti così diffusamente nel tempo, che paiono  restringersi come una di quelle lunghe strade che si perdono nell'orizzonte. Sono inquietanti proprio perché non possiamo scorgerne la fine. Le Everglades, Una regione paludosa della Florida meridionale, esistono da  circa 5000 anni. Alcuni per abitudini le considerano natura, in realtà sono  iperogetti così diffusamente distribuiti nel tempo e nello spazio da sconcertare  gli umani e rendere l'interazione con essa affascinante allo stesso tempo  perturbante e complessa. Joel Trexler è un ecologista che alle Everglades si  sente a casa. Questo sentirsi a casa si manifesta nel modo in cui raccoglie una  pianta carnivora o nel suo entusiasmo per il berone (un fossile vivente): molte  cose sono difficili da contemplare o da fotografare, eppure ci attraggono  irresistibilmente. Trexler sostiene che è possibile riportare le Everglades alla  condizione in cui erano 50, 100, 1000 anni fa. Non esiste nulla di  incontaminato, non esiste natura, ma solo storia. Faccio partire il motore della mia auto: ossa liquefatte di dinosauro vanno in  fiamme.  Respiro: l'inquinamento batterico di qualche cataclisma archeano mi riempie  gli alveoli (lo chiamiamo ossigeno). Accendo la televisione e sento che ha nevicato: in un mucchietto di neve c'è la  traccia della radiazione del Big Bang. Il petrolio è il risultato di una qualche oscura segreta collisione tra rocce, alghe  e plancton avvenuta milioni e milioni di anni fa: quando vedi il petrolio vedi il  passato. Gli iperoggetti si allungano nel tempo fino a raggiungere  un'estensione così vasta che diventano quasi impossibili da cogliere  concettualmente.  Esamino la tabella delle temperature ricavata dall'Istituto Godard per gli Studi  Spaziali, che mi mostra un secolo di riscaldamento globale su una linea  scendente frastagliata. Scopro che il 75% degli effetti del riscaldamento globale  persisteranno da qui fino ai prossimi 500 anni. Tra 30.000 anni le correnti degli oceani avranno assorbito la maggior parte dei  composti di carbonio, ma il 25% di essi resterà nell'atmosfera. Parliamo di lassi temporali lunghi quanto l'intera esistenza dell'uomo sulla  terra. Il 7% degli effetti del riscaldamento globale persisterà ancora per  100.000 anni. Chiameremo queste tre ere la raccapricciante, la terrificante e la  pietrificante. L'ultimo termine è particolarmente appropriato, dato che ciò che  resterà degli esseri umani tra centomila anni saranno proprio i fossili; e che i  nuovi <<minerali>> (come il cemento) creati con estrema dagli umani, tengono  in piedi strutture (grattacieli, cavalcavia, mattoni) che al punto non saranno  altro che uno degli strati geologici. La scala del tempo è una medusa che ci  pietrifica. Ora lo sappiamo, così come sappiamo che abbiamo alterato i futuri  fossili della Terra. Il futuro scava il presente. Sono scale temporali smisurate, che ci umiliano, che ci obbligano a prendere  coscienza di quanto siamo simili alla Terra. Da questo punto di vista il concetto  di infinito è molto più facile da gestire. L'ide di infinito ci riconduce pur sempre  alle nostre facoltà cognitive: è per questo che Kant (matematico) conferma il  fatto che l'infinito sia una grandezza incalcolabilmente vasta, assolutamente  grande. Ma gli iperoggetti non durano per sempre: piuttosto, ci mettono al  cospetto di un finitudine molto grande. Posso concepire l'infinito, ma non  posso contare fino a centomila. Centomila anni è una quantità di tempo che va  al di là di ogni immaginazione. Eppure eccolo qui, davanti a me, questo  Il fenomeno del phasing si verifica quando un oggetto ne traduce un altro, una  caratteristica del modo in cui gli oggetti si influenzano a vicenda in generale. INTEROGGETIVITA' L’interoggettività costituisce uno spazio ontologicamente «frontale» rispetto  agli oggetti, nel quale possono darsi fenomeni come quello che chiamiamo  mente. A prendere atto di questo ci costringono gli iperoggetti, con la loro  distribuzione e pervasività. Gli iperoggetti forniscono buoni esempi di  interoggettività. Vediamo l’impronta che un dinosauro ha lasciato su una roccia che un tempo  era una pozza di fango. La realtà del dinosauro esiste in senso interoggettivo:  c’è una qualche forma di spazio condiviso tra noi, la roccia e il dinosauro,  anche se il dinosauro non è più lì. L’impronta del dinosauro nel fango è visibile  agli esseri umani sessantacinque milioni di anni più tardi sotto forma di solco in  una roccia. Un'impronta di dinosauro nel fango fossilizzato non è un dinosauro. L'impronta  è piuttosto una traccia dell'iperoggetto-evoluzione che unisce me, il dinosauro,  il fango e il mio atto intenzionale che li tiene insieme nella mia mente. Gli iperoggetti lasciano impronte in ogni dove. SECONDA PARTE L'EPOCA DEGLI IPEROGGETTI LA FINE DEL MONDO È come se gli umani stessero perdendo in un colpo solo sia il loro mondo sia la  loro idea di mondo (inclusa l'dea di mondo che hanno sempre avuto), un fatto  sicuramente disorientante. In questo momento storico è importante lavorare  per oltrepassare la nostra idea di mondo. Il riscaldamento globale ha esasperato la nostra idea di mondo portandola a un  punto di rottura. Agli esseri umani manca un mondo per una ragione molto  semplice: perché nessuna entità ha un mondo. Il <<mondo>>, inteso come  totalità significante di tutto ciò che è, è impossibile da immaginare: e questo  semplicemente perché non esiste. Cosa resta se non siamo mondo? L'intimità. Abbiamo perso il mondo ma  abbiamo guadagnato un'anima: le entità con cui coesistiamo si impongono alla  nostra consapevolezza con un'urgenza sempre maggiore. Nel 2002 lo studio di architettura R&Sie ha progettato a Bangkok il Dusty  Relief, un edificio elettrostatico che raccoglierebbe le impurità tutto intorno,  anziché scaricarle altrove. Alla fine del processo, l'intero palazzo viene rivestito  da un gigantesco manto di sporcizia. essun «altrove». Il capitalismo ha liquidato miti feudali e prefeudali come la  gerarchia divina tra classi. Li ha però sostituiti con un altro mito smisurato:  quello di Natura. La Natura è proprio la massa informe che precede il processo  di lavorazione capitalista. Heidegger ha trovato il termine migliore per  designarla: Bestand (fondo). Il termine Bestand sta a indicare il generico  «cose», in inglese «stuff». Vi ricordate la pubblicità che negli anni Novanta  recitava «Drink Pepsi: Get stuff» («Bevi Pepsi: colleziona cose»)? La produzione  capitalistica si regge su un’ontologia implicita: il materialismo nella sua  declinazione aristotelica, vale a dire una forma di materialismo che non si fa  incantare dagli oggetti materiali nella loro molteplice specificità, ma solo dal  loro generico essere-cose.  Riguardo al capitale, Marx dice esattamente la stessa cosa. Finché c'è Natura  c'è materia. Cos’altro si intende per Bestand? Il Bestand è deposito. Schiere e schiere di  villette prefabbricate che aspettano di essere abitate, terabyte su terabyte di  memoria che aspettano di essere riempiti. Il deposito è l’arte dello zeugma – il  modo in cui le cose sono collegate in espressioni come «onda su onda» o  «mattone su mattone». Depositare è la moda dominante dell’esistenza sociale:  parcheggi sterminati e deserti, nei ristoranti tavoli così agghindati che non ci si  può tenere per mano, prati enormi e desolati. La Natura è deposito. Catene e  catene montuose che si succedono all’infinito. La Natura è il deposito dei depositi. Si pensi di nuovo al film Manufactured Landscapes: un oceano di tasti di  telefono a perdita d'occhio in qualche località sperduta della Cina. La ragione profonda per cui il concetto di sostenibilità è fallimentare dipende  dal fatto che non viviamo più in un mondo. Il termine stesso «ecologia», giacché ecologia è, alla lettera, riflessione sulla  casa e dunque sul mondo (oikos più logos). In una realtà priva di casa, priva di  mondo, la realtà è costituita solo da quelli che ho definito oggetti. Gli oggetti  sono unici. Gli oggetti non possono essere ridotti a oggetti più piccoli o dissolti  in oggetti più grandi. Gli oggetti si ritraggono l’uno dall’altro e da se stessi. Gli  oggetti sono come il TARDIS: più grandi all’interno che al loro esterno.  Non esiste un oggetto di ordine superiore che conferisce valore e significato a  tutti gli altri, né uno di ordine inferiore a cui possano essere ridotti. Se non  esiste un oggetto di ordine superiore né un oggetto di ordine inferiore, ci  troviamo dunque nell’assai strana situazione in cui ci sono più parti che interi:  24 il che rende qualsiasi tipo di olismo impraticabile. È simile a quello che succede con un magnete. Se lo si taglia, le due metà  continueranno ad avere un polo positivo e un polo negativo. Non esiste la  «metà» di un magnete rispetto a un magnete «intero». Nell’epoca degli iperoggetti ci riscopriamo all’interno di altri grandi oggetti (e  quindi più grandi di noi): la Terra, il riscaldamento globale, l’evoluzione. Ecco  per cosa sta eco in ecologia: oikos, casa. L'iperoggetto-radiazione nucleare è come una prigione al cui interno ci sono  due prigionieri: uno sono io, l'altro è una persona che vivrà nel futuro. L’enormità di una finitudine molto estesa scava dal di dentro ogni mia  decisione. Persino quando cambio una maledetta lampadina, ora, mi tocca  pensare al riscaldamento globale. È la fine del mondo, perché posso vedere  appena al di là dell’orizzonte dell’umano mondeggiare. Il riscaldamento globale  invade «il mio mondo» e al posto delle normali lampadine mi costringe a usare  i LED. Le scelte etiche e politiche diventano molto più chiare e meno controverse se  concepiamo l’inquinamento, il riscaldamento globale e le radiazioni come  effetti di iperoggetti, piuttosto che come flussi o processi che possono essere  direzionati. Non si sa come, ma i flussi vanno a finire sempre nel giardino dei  gruppi sociali meno influenti: una tribù di nativi americani deve vedersela con i  rifiuti radioattivi; una famiglia di afroamericani deve vedersela con i deflussi di  sostanze tossiche; un villaggio nigeriano deve vedersela con le chiazze di  petrolio. Potrebbe essere utile immaginare il riscaldamento globale come una  bomba nucleare alla moviola. Gli effetti incrementali restano praticamente  invisibili fino a quando un’isola non scompare sott’acqua. La popolazione  povera – attualmente la maggioranza sul pianeta – percepisce l’emergenza  ecologica come un accumulo di violenza che le sta alle calcagna. C’è un’immagine del mondo che deve essere distrutta. Che si tratti della  Contea o delle giungle di Avatar, dei parchi nazionali o delle riserve naturali,  che si tratti dei campi coltivati, tutto è un’immagine del mondo. Non sto  dicendo che dobbiamo estirpare gli alberi: sto dicendo che dobbiamo  distruggere il processo di estetizzazione: in caso di emergenza ecologica,  rompere il vetro. Immaginiamo un ipotetico pianeta, distante oltre Plutone. Non possiamo  osservarlo direttamente, ma abbiamo numerosi indizi sulla sua possibile  esistenza. I pianeti sono iperoggetti in senso stretto: sono caratterizzati da una  geometria di tipo gaussiano e da una distorsione dello spaziotempo misurabile  proprio perché sono così estesi. Producono effetti su tutto ciò che esiste sulla  loro superficie e al loro interno. Sono «dappertutto e in nessun luogo». Sono  incredibilmente antichi e di enormi dimensioni, se paragonati agli esseri umani.  C’è qualcosa di inquietante riguardo all’esistenza di un pianeta così lontano,  che forse non appartiene neppure al «nostro» sistema solare tradizionale, ma  che è abbastanza vicino da essere preoccupante. È invisibile tranne che per la  sua ipotetica influenza su oggetti come le comete. Il momento storico in cui gli iperoggetti diventano visibili agli esseri umani è  arrivato. Questa visibilità cambia tutto. Gli esseri umani fanno il loro ingresso  in un’era di sincerità, caratterizzata da un’intrinseca ironia che è ben altro  rispetto all’ironia estetizzante e un po’ forzata tipica del postmoderno. Siamo circondati da iperoggetti come il riscaldamento globale e le radiazioni  nucleari, non certo da entità astratte come la Natura, l’ambiente o il mondo. La  a lungo termine degli iperoggetti, non possiamo più liberarci di questa  consapevolezza, che dunque finisce per deteriorare la nostra capacità di  prendere decisioni sicure nel presente. Gli umani sono entrati in un'era di ipocrisia. È qui che posso finalmente  affermare che l'epoca degli iperoggetti è epoca di ipocrisia, di debolezza e  inadeguatezza. L'ipocrisia è una <<condanna segreta>>: convenzionalmente, saremmo portati  a credere che qualcuno stia nascondendo qualcosa, fingendo. L'ipocrisia è una finizione, un atto, un messaggio in un certo senso segreto:  criptato. Il riscaldamento globale esisteva molto prima che gli strumenti umani  iniziassero a rivelarlo. Per milioni di anni il petrolio è defluito in profondità  sotto l'oceano. Stando all'OOO, gli oggetti sono, in un certo senso aristotelici. Che cos'è un  oggetto aristotelico? Innanzitutto, non è un'entità materiale. Abbiamo visto il  legno, abbiamo visto fotografie di atomi, certo, ma abbiamo mai visto la  materia in quanto tale? Inizio a pensare che quella cosa chiamata <<materia>>  sia in fin dei conti come quella cosa chiamata Natura o quella cosa chiamata  Babbo Natale: devi far finta di crederci per non turbare i bambini. Secondo l'OOO, gli oggetti sono caratterizzati da una proprietà molto  interessante: vediamo solo le loro qualità sensuali nelle interazioni che  generano spontaneamente nuovi oggetti. Questo oggetto ha anche proprietà molto particolari. Quali sono? Come tutti  gli altri oggetti, gli iperoggetti si ritraggono: in un certo senso sono  inaccessibili. Nessun altro oggetto, nessun dito, fotone o supercomputer, puo  fare esperienza di tutti gli aspetti di un oggetto. Prendiamo una moneta: non  potrai mai vederne il rovescio in quanto rovescio. Quando la capovolgi, il  rovescio diventa questo lato. Tutti gli oggetti sono fatti in questo modo. L'iperoggetto è un mentitore. Non lo vediamo mai direttamente, possiamo  inferirlo attraverso grafici, strumenti, scottature solari, malattie da radiazioni,  nascite. Vediamo solo ombre di iperoggetti. Vediamo ombre di uomini  impresse su un muro in Giappone. Vediamo nuvole di pioggia, funghi atomici.  Vediamo frammenti della condanna. Svegliarsi all'ombra di dell'invisibile potere degli iperoggetti è come trovarsi in  un film di David Lynch in cui diventa sempre più difficile distinguere il sonno  dalla veglia. Il vero motivo per cui davanti agli iperoggetti abbiamo sempre torto, è perché  non incontriamo mai l'iperoggetto direttamente, e dato che siamo più piccoli  in confronto a esso, non siamo capaci di coglierlo interamente. Gli iperoggetti  ci si appiccicano addosso, come specchi liquefatti. Si attaccano ovunque,  colando spaziotempo tutto intorno. I marxisti sosterranno che sono le grandi multinazionali le responsabili del  disastro ecologico, e che è autolesionista ritenere che noi tutti ne siamo  responsabili. Il marxismo liquida la risposta <<etica>> all'emergenza ecologica  come ipocrisia. Secondo molti ambientalisti e alcuni anarchici, i marxisti  privano gli uomini della propria responsabilità. Il cinismo viene praticato molto spesso dalla sinistra: «poiché non sarà l’azione  di una persona a risolvere il problema del riscaldamento globale, è meglio non  fare nulla, o magari aspettare che arrivi la rivoluzione». Come ho già sostenuto,  i vegetariani, chi guida una Prius e gli entusiasti del fotovoltaico spesso si  scontrano con questa logica. Non succede niente. Il risultato? Il riscaldamento globale continua. L'ETA' DELL'ASIMMETRIA La vita moderna ci mette davanti alla scelta tra due opzioni:  L’essenza delle cose è altrove (nella struttura profonda del Capitale,  nell’inconscio, negli atomi, nell’evoluzione, e così via).  1. Non c’è alcuna essenza. Le filosofie, proprio come le elezioni, hanno  conseguenze. Il fatto che si possa scegliere solo tra queste due opzioni è  uno dei motivi per cui la Terra è attualmente in pericolo. È quasi come  dover scegliere tra un marrone tendente al grigio e un grigio tendente al  marrone.  2. Ma c’è una terza opzione:  C’è un’essenza, ed è proprio qui, nell’oggetto che, pur ritraendosi,  risplende con le sue qualità sensuali.  3. Stiamo entrando in una nuova era del sapere. La stranezza risiede negli oggetti stessi, non nell’interpretazione che ne  facciamo.  Gli iperoggetti hanno trascinato esseri umani scalcianti e urlanti nell’Età  dell’Asimmetria, dove le facoltà cognitive umane sono diventate forze  autodistruttive. Più conoscenze accumuliamo su radiazioni, riscaldamento  globale, più ci rendiamo conto di quanto vi siamo invischiati. Pensiamo a Hegel. La storia dell’arte delineata da Hegel è piuttosto informativa  riguardo a cosa abbia contribuito a farci accedere nell’era dell’Antropocene.  Hegel concepisce l’arte come una dialettica tra ciò che si pensa di sapere e i  materiali che si hanno effettivamente a disposizione. Poiché quello che si  pensa di sapere è in continua espansione, l’arte si muove senza retromarcia,  poiché non è possibile ignorare quello che già si sa. Hegel delinea una storia  dell’arte interamente teleologica: il progredire della conoscenza umana  determina un superamento dei materiali artistici, fino ad arrivare al  superamento dell’arte stessa. Per «materiali», intende il «soggetto materiale»  dell’arte: la pittura, la pietra e l’inchiostro. Hegel individua tre epoche dell’arte:  Simbolica, Classica e Romantica. Nell’epoca simbolica, per esempio, un  intelletto debole è sopraffatto dai materiali. In questa fase, migliaia di  immagini (per Hegel inadeguate) dello Spirito proliferano sotto forma di dei  indù, di Buddha: Hegel sta pensando perlopiù all’arte «orientale». 3 Secondo  questa concezione, una cattedrale gotica racchiude in sé anche la fase  simbolica: diventa un’enorme massa di pietra e di vetro che non ha compreso  che il Dio dell’«al di là» è morto in croce e si è incarnato negli esseri umani (lo  Spirito Santo).  Questa spinta teleologica è di grande interesse: è un sintomo di modernità.  Oltre a farcela intuire, nasconde una quarta possibilità perfettamente  plausibile, stando alla logica interna alla storia dell’arte hegeliana: è davvero  possibile entrare in un’era post-romantica o, potremmo dire, genuinamente  post-moderna. Ed è quella che definisco l’Età dell’Asimmetria. In che modo  quindi vi facciamo ingresso? L’epoca simbolica dell’arte è instabile perché,  stando a Hegel, tutte le posizioni sono instabili: c’è un divario tra l’idea e la  posizione che questa determina. La posizione è l’inconscio dell’idea. Quando  comprendi una posizione, questa è ricapitolata nella fase successiva del  pensiero. È nata una nuova idea, una fusione tra l’idea originaria e la posizione  che la accompagna. Un incremento della conoscenza conduce lo Spirito a un  incremento della comprensione dei suoi materiali: questo si riflette a sua volta  sullo Spirito, che affina la sua idea di sé. L’epoca simbolica si ricapitola in quella  classica. L’epoca classica è un’età dell’oro in cui si realizza una perfetta  simmetria tra spirito e materiali. Umani e non-umani si incontrano a metà  strada dando vita a una serie di meravigliose combinazioni. La musica di  Mozart suona così squisitamente neoclassica perché incarna il fatto che il non- umano non soverchia più l’umano, anche se l’uomo continua a non  comprendere a pieno le profondità della propria interiorità. Dunque, l’epoca classica si ricapitola in quella romantica. A questo punto,  l’autocomprensione dello Spirito ha superato di gran lunga i materiali. Cambio  al volante: arriva la filosofia. In questa epoca gli esseri umani sono in grado per  la prima volta di riconoscere le profondità della loro interiorità: diventa  impossibile incarnarla in un’entità non-umana. 6 L’arte romantica deve  esprimersi sul fallimento cui è destinato ogni tentativo di incarnarla in oggetti  esteriori. E però – ironia della sorte – è proprio prendendo atto di questo  fallimento che l’arte riesce a parlare dell’interiorità. Ma non si tratta proprio di  ciò che non può essere incarnato? Il compito dell’arte, allora, consisterà nel  fallire meglio, o meglio in modo sublime. Paradossalmente, le cattedrali gotiche sono meno cristiane di un quartetto di  Beethoven. Da qui in avanti, l’arte può esprimersi solo sull’incapacità dei  materiali di incarnare pienamente lo Spirito, e questo proprio perché lo Spirito  non è riducibile a quei materiali.