Scarica Gombrich - La Storia dell'Arte e più Dispense in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 1 “La storia dell’Arte” di Ernst Gombrich INTRODUZIONE Non esiste l’arte esistono solo gli artisti. Molti desiderano vedere nei quadri ciò che amano nella realtà, preferendo quadri con soggetti attraenti, ma la bellezza del quadro non sta nella bellezza del soggetto. Sovente è l’espressione di una figura a farci amare o detestare un quadro. La gente preferisce le cose che paiono vere. Siamo propensi a percepire come esatti solamente i colori e le forme convenzionali, la gente si indegna se non li vede nel quadro. Molti quadri non sono nati per essere delle opere d’arte. Gli artisti sono contenti di un loro quadro quando riconoscono che tutto è a posto, ovvero quando c’è un equilibrio che lui ritiene perfetto. 1. STRANI INIZI (Popoli preistorici e primitivi. L’America antica) Nel passato i dipinti e le sculture non erano considerate opere d’arte ma avevano una determinata funzione, ma è difficile capirlo essendo ignari del loro utilizzo. L’arte aveva una forte connotazione magica, che conferiva un elevato potere alle immagini. Ciò che importa delle opere non è la loro bellezza ma la loro influenza, ovvero la possibilità di avere il desiderato effetto magico. Alcune opere rinvenute hanno un elevato valore artistico, magari alcune opere non assomigliano agli oggetti reali ma per gli artisti primitivi bastava poco per dare l’idea di un volto. Per molte di queste opere si è quasi sicuramente persa per sempre l’esatta interpretazione eppure sono ancora ammirevoli. La creazione artistica non era soltanto connessa alla magia e alla religione ma costituiva anche la prima forma di scrittura. 2. L’ARTE CHE SFIDA IL TEMPO (Egitto, Mesopotamia, Creta) L’arte non nasce nelle caverne della Francia perché non c’è tradizione diretta. La tradizione inizia con l’arte egizia che assume per noi un’importanza incalcolabile. Le piramidi avevano una funzione pratica: conservare il corpo e l’aspetto del re per fargli continuare la vita nell’aldilà. Invece di chiudervi dentro “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 2 veri servi, si decise di scolpire lungo le pareti figure di vita quotidiana che accompagnassero il re nell’oltre tomba. La cosa più importante era la precisione, per conservare ogni cosa nel modo più durevole e chiaro possibile. Tutto doveva essere rappresentato dal punto di vista più caratteristico. L’artista tiene conto anche dell’importanza dei soggetti e rappresenta i più importanti come più grandi e i meno importanti come più piccoli. Niente è casuale in queste rappresentazioni, tutto è nel massimo ordine. Tutto si richiama ad un’unica legge che tutti obbediscono e che noi oggi chiamiamo stile. Solo Amenofi IV (che si fece chiamare Ekhaton) riuscì a eludere i rigidi schemi dello stile egizio, a cui poi succedette Tutankhamon. Questa apertura dell’arte egizia può essere stata influenzata anche dal contatto con l’arte Cretese abile nel rappresentare la rapidità del movimento. Dopo questo breve periodo di cambiamenti si tornò al vecchio stile egizio che non cambiò per moltissimi anni. L’arte della Mesopotamia si differenzia un po’ da quella egizia. Anche loro mettevano i corpi dei re nelle tombe assieme alle loro famiglie, agli schiavi e ai loro averi, ma non decoravano le loro tombe. Le immagini dei re comunque avevano lo stesso la funzione di farli vivere in eterno. Rappresentazioni di vittorie che mostravano i re vittoriosi calpestare gli sconfitti. Finché questi dipinti rimanevano intatti c’era la credenza che la tribù sconfitta non potesse risorgere, infatti nelle rappresentazioni nessun soldato assiro era morto o ferito, solamente i nemici. 3. IL GRANDE RISVEGLIO (La Grecia VII-V a.C.) Nessuno sa esattamente quale fu il popolo che dominò in Creta, la cui arte fu copiata nel continente greco, particolarmente a Micene. Intorno al 1000 a.C., tribù guerriere proveniente dall’Europa penetrarono nella penisola greca e nelle coste dell’Asia Minore. L’arte greca prende origine dalla cultura cretese che era arrivata ad influenzare perfino quella egizia.
Nei primi anni di dominio sulla Grecia l’arte di queste tribù fu piuttosto rozza e primitiva, non aveva niente del dinamismo cretese, sembrava più rigida come quella egizia. Il vasellame era decorato con semplici motivi geometrici, e ogni scena rappresentata faceva parte di questo disegno rigoroso. Lo stile dell’arte era molto semplice e caratterizzato da una disposizione ordinata. La tribù dei Dori, alla quale appartenevano gli spartani, era nota per la sua austerità. Nei loro edifici non c’è niente di superfluo. I primi templi erano costruiti in legno, chiuso da ogni lato destinato a contenere l’immagine del Dio. Verso il 600 a.C. si cominciò a riprodurre in pietra i vecchi templi costruiti in legno, ai puntelli di legno si sostituirono le colonne atte a reggere le massicce travi trasversali di pietra. Sono questi gli architravi, e l’intero apparato poggiante “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 5 4. IL REGNO DELLA BELLEZZA (La Grecia e il mondo greco, IV-I d.C.) Verso la fine del V secolo gli artisti erano consci del loro potere e delle loro abilità, benché fossero ancora considerati artigiani e venissero spregiati dagli snob, un numero crescente di persone iniziò ad interessarsi al loro lavoro. In architettura cominciarono ad essere adottati diversi stili. Il Partenone era in stile dorico, ma negli ultimi templi fu introdotto lo stile ionico con colonne più esili, meno robuste e forti, con il capitello decorato con volute laterali. Un esempio è il tempio di Nettuno, Eretteo. L’impressione definitiva di questi edifici, con i loro particolari finemente decorati, è di un’infinita e disinvolta grazia. Anche nella scultura viene rappresentata la stessa disinvoltura e la stessa grazia nella generazione che succede a quella di Fidia. Pure le sculture recano quel segno di mutamento del gusto, volto alla delicatezza e raffinatezza. Inizia un sapiente uso del drappeggio che permette di ammirare sotto le vesti le forme del corpo umano, nessuna difficoltà gli impediva di esprimere il movimento e lo scorcio (Balaustra scolpita al piccolo tempio della Dea della Vittoria). Le statue di Fidia erano famose in tutta la Grecia perché rappresentavano gli Dei. Le statue dei templi del IV secolo, invece dovettero la loro fama alla loro intrinseca bellezza artistica, se ne elogiava la bellezza o se ne criticava la forma o lo stile. Il più grande scultore fu Prassitele, fu ricordato per la grazia del suo tocco e per il carattere dolce e fascinoso delle sue creazioni. La sua opera più famosa raffigurava la Dea Venere che si prepara al bagno non è giunta fino a noi. Possiamo però ammirare la sua abilità nell’Ermete con Dioniso fanciullo. Nelle opere di Prassitele è scomparsa ogni traccia di rigidezza, possiamo constatare quale enorme cammino abbia fatto l’arte greca in duecento anni se ripensiamo ai Polimede di Argo. Anche Prassitele si preoccupava di mostrarci le articolazioni del corpo, ma ora riesce nell’intento senza che la sua statua si irrigidisca e perda vita. Sa mostrare come i muscoli e le ossa si tendono e si muovono sotto la morbidezza della pelle, e sa rendere il corpo umano in tutta la sua grazia e la sua bellezza. Questa bellezza Prassitele la raggiunse attraverso la conoscenza. La bellezza a cui erano arrivati gli scultori era una bellezza ideale: nessun corpo è bello e simmetrico come una statua greca, la natura veniva idealizzata. L’artista infatti copiava le sembianze di un uomo reale per poi abbellirle tralasciando le “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 6 irregolarità o i tratti non corrispondenti alla sua idea di un corpo perfetto. L’Apollo del Belvedere, IV secolo a.C., è il modello ideale del corpo maschile. Ritto dinanzi a noi in quella sua straordinaria posa, reggendo l’arco con il braccio teso e il capo volto da un lato. In esso possiamo ritrovare il tenue eco dell’antico schema, secondo il quale ogni parte del corpo doveva venire colta dal suo più caratteristico angolo di visuale. Importantissima anche la Venere di Milo, 200 a.C. Si valeva dell’esperienza e dei metodi di Prassitele. Anch’essa doveva essere vista di lato e possiamo di nuovo ammirare la chiarezza e semplicità con cui l’artista ha modellato il bellissimo corpo, e il modo con cui ne ha segnato le varie parti senza mai peccare di durezza e di imprecisione. L’idea di un ritratto come lo intendiamo noi venne ai greci nel IV secolo Molto inoltrato. L’artista non riproduceva mai la forma del naso, le rughe della fronte o l’espressione particolare del modello, gli artisti greci evitarono di dare ai volti un’espressione particolare. Le statue greche non sono prive di espressione perché scialbe, però i loro volti non tradiscono mai un sentimento ben definito. Gli artisti si valsero del corpo e dei suoi movimenti per esprimere quelli che Socrate aveva chiamato “i travagli dell’anima”, perché avevano capito che il gioco dei lineamenti avrebbe sciupato e distrutto la regolarità lineare della testa. Gli artisti della generazione successiva a Prassitele, verso la fine del IV secolo a.C., poco a poco si liberarono da questa costrizione e trovarono il modo di animare i tratti del volto senza danneggiare la bellezza. Al tempo di Alessandro si iniziò a discutere di questa forma d’arte (più realistica) del ritratto. Lo stesso Alessandro si fece scolpire da Lisippo in maniera fedele. Il ritratto di Alessandro Magno è molto differente rispetto all’Auriga di Delfi o alle statue di Prassitele, anche se precedette Lisippo di una sola generazione. La fondazione di un impero per mano di Alessandro Magno fu un avvenimento importantissimo per Atene, la quale divenne da centro di interesse di alcune piccole città, a fulcro di quasi metà del mondo allora conosciuto. Generalmente ci si riferisce a questo periodo non più come arte greca ma come arte ellenistica, nome dato agli imperi fondati in Oriente da Alessandro Magno. Le ricche città dell’Asia Minore, della Siria Pergamo e Alessandria d’Egitto, avevano esigenze diverse da quelle greche, perfino in architettura. Le forme forti e sobrie dello stile dorico e la disinvoltura e la grazia dello stile ionico non bastarono più: si preferì una nuova forma di colonna inventata a Corinto, ricca città mercantile, nel IV secolo. Nuovo stile per i capitelli lo stile Corinzio, terzo degli ordini architettonici, aggiunse decorazioni di foglie d’acanto alle volute a spirale ioniche che decoravano il capitello e in generale profuse ornamenti più abbandonati e più ricchi su tutto l’edificio. Questo sfarzo si adattava bene ai monumenti suntuosi costruiti su vasta scala nelle città orientali di nuova fondazione. Lascia un’impressione di “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 7 grande magnificenza e splendore. L’arte greca doveva subire un mutamento nel periodo ellenistico: di tale mutamento troviamo tracce per esempio nell’Altare di Zeus a Pergamo. La scultura rappresenta la lotta tra gli Dei e i Titani. Non c’è più l’armonia e la raffinatezza della scultura greca precedente, raggiunge forti effetti drammatici e la scena è movimentatissima e svolazzante di drappeggi. Non si tratto più di un bassorilievo ma di un altorilievo con figure quasi a tutto tondo che sembrano invadere gli scalini. Arte ellenistica amava le opere violente e veementi: voleva impressionare e ci riusciva come nel Laocoonte, dove la forza e la disperazione vengono rappresentate in tutta la loro potenza. E’ raffigurato Laocoonte con i due suoi figli, punito dagli Dei per cercare di avvertire Troia del cavallo, è soffocato da due serpenti. È il racconto della crudeltà degli Dei contro un umano, tanto frequente nella mitologia greca e latina. Questo gruppo scultoreo mostra la sofferenza e lo strazio di questo sacerdote, tutto questo cristallizzato in un gruppo statico. Della pittura si sa bene poco (Sono arrivate a noi solamente le pitture murali decorative e i mosaici di Pompei) non tutte le pitture erano dei capolavori, ma tra cose ordinarie c’erano figure di squisita bellezza e grazia, come la Fanciulla che coglie i fiori e la testa di fauno. Per l’arte greca del tempo di Fidia e Prassitele l’uomo era al centro del mondo, nel periodo ellenistico si iniziò anche a rappresentare scenari di paesaggi di campagna e di scene pastorali che comunicavano un senso di pace. I greci spezzarono i rigidi divieti dell’arte orientale primitiva e si inoltrarono in un viaggio di scoperta con l’intento di arricchire l’immagine tradizionale del mondo mediante u numero sempre maggiore di tratti desunti dalla viva osservazione, ma non c’è presenza di prospettiva e sebbene la grande applicazione, le loro opere non sono mai uno specchio della realtà, esse portano il marchio dell’intelletto che le ha create. 5. I CONQUISTATORI DEL MONDO (Romani, buddisti, ebrei e cristiani I-IV d.C.) Mentre i Romani conquistavano il mondo e fondavano il loro impero sulle rovine delle monarchie ellenistiche, gli artisti principalmente presenti a Roma erano greci e per questo l’arte non subì notevoli modifiche rispetto al periodo ellenistico. Quando però Roma divenne “caput mundi”, l’arte tuttavia subì un certo cambiamento.
I romani ottennero i maggiori risultati dal punto di vista dell’ingegneria civile con la costruzione di strade, acquedotti e terme. Tutte avevano un aspetto imponente, che ricordassero la grandezza umana. L’edificio più famoso è il Colosseo. Struttura funzionale, a tre ordini diversi negli “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 10 maggiore dove si concentrava lo sguardo dei fedeli.
La parte dell’edificio riservata all’altare fu denominata coro. La sala principale posta al centro venne definita navata ricoperta da un soffitto di legno e travi, mentre gli scomparti laterali più bassi navate laterali o ali con soffitto piano (Sant’Apollinare in Classe, Ravenna, 530). Fu un serio problema pensare a cosa decorare nelle basiliche, perché si presentò la questione delle immagini sacre, idolatria. Su un argomento erano d’accordo tutti i cristiani: nelle chiese non ci dovevano essere statue, perché troppo simili alle sculture e agli idoli pagani condannati dalla Bibbia. E fu assolutamente vietato porre sull’altare l’immagine di Dio o di un santo, in modo tale che i pagani appena convertiti potessero afferrare la differenza tra le immagini e statue pagane e il cristianesimo. Avrebbero potuto pensare che tale statua rappresentasse Dio, come una statua di Fidia rappresentasse Zeus. Benché tutti i cristiani fossero d’accordo sul fatto di evitare le grandi statue, sui dipinti c’erano opinioni diverse; vi erano alcuni che le ritenevano utili in quanto aiutavano la comunità a ricordare gli insegnamenti ricevuti. Questo fu il punto di vista adottato nelle regioni occidentali, latine, dell’impero e Papa Gregorio Magno ricordò che molti fedeli non sapevano leggere e scrivere: “La pittura può servire all’analfabeta quanto la scrittura a chi sa leggere”. Fu un avvenimento molto importante per la storia dell’arte che una tale autorità si fosse pronunciata a favore della pittura. Il genere d’arte permesso era comunque limitato, vista la necessità di rappresentare tutto nella forma più semplice e chiara possibile, senza troppi elementi che distraessero il fedele dalle sue sacrosante finalità. Chiarezza espositiva tipicamente egizia, ma forte influenza dell’arte greca (presenza drappeggi). Dopodiché gli artisti si concentrarono sull’essenziale. Ne è un esempio il mosaico della Basilica di Ravenna, Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Illustra il racconto evangelico di Cristo che sfama cinquemila persone con cinque pani e due pesci. Questo mosaico sprigiona colori intensi e caldi, con un effetto di intenso splendore con un’atmosfere sacrale e miracolosa. La figura ferma e tranquilla di cristo occupa il centro del mosaico: ma non è il Cristo barbuto che noi conosciamo, bensì il giovane dai lunghi capelli dei primi cristiani. La scena ha l’aspetto di una cerimonia solenne, era il simbolo e la prova del potere di Cristo impersonato nella chiesa. Il mosaico inizialmente può sembrare rigido, non vi è traccia di quella padronanza del movimento e dell’espressione che fu orgoglio dell’arte greca e poi romana. La posizione frontale delle figure rimanda addirittura d’una pittura infantile. Invece l’artista doveva conoscere bene l’arte greca. Sapeva drappeggiare con esattezza un mantello intorno ad un corpo, in modo che sotto si vedessero le articolazioni. Sapeva mescolare e usare bene i colori di ogni piastrella e non trovava difficile usare la prospettiva. Se il mosaico può sembrare un po’ primitivo, “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 11 ciò è dovuto al desiderio di semplicità dell’artista. Le idee egizie sull’importanza della chiarezza espositiva ritornano ad imporsi con autorità, e le forme usate dagli artisti in questi esperimenti non furono le forme semplici dell’arte primitiva, bensì le forme elaborate della pittura greca. L’arte cristiana del medioevo divenne un miscuglio di metodi primitivi e di tecniche raffinate, egizie, greche e romane. Così l’enorme repertorio di figure greche e romane fu continuamente copiato e gli artisti non si proposero più di fare scoperte circa il modo di rappresentare il corpo. Nella parte bizantina, la parte orientale di lingua greca dell’impero romano con capitale Bisanzio (Costantinopoli), ci furono grandi dispute sulle rappresentazioni dell’arte sacra che portò la parte orientale a non accettare la supremazia del papa romano.
Questo avvenimento si rivelò di fondamentale importanza per tutta la storia dell’Europa. C’era un partito detto ICONOCLASTI, avverso a tutte le immagini sacre: quando nel 754 esso prevalse, tutta l’arte sacra venne vietata nella chiesa orientale. Ma gli avversari degli iconoclasti, detti ICONODULI, erano ancor meno d’accordo con le idee di Papa Gregorio. Per loro le immagini non erano solo utili, ma sante, attraverso le immagini noi veneriamo Dio e i santi, non ci limitiamo ad idolatrare le immagini in quanto tali, come facevano i pagani. Quando il partito degli iconoduli ebbe ripreso il potere dopo un secolo di repressioni, le pitture in una chiesa non poteva essere considerate solamente utili per l’analfabeta ma erano ormai divenute misteriose emanazioni del soprannaturale. Vennero create delle icone, dei modelli prestabiliti a cui gli artisti dovevano attenersi nelle loro rappresentazioni comportando una discreta rigidità nell’arte. La chiesa orientale non poteva più tollerare che l’artista sbrigliasse in simili opere la propria fantasia. I bizantini divennero intransigenti come gli egizi.
Chiedendo al pittore di attenersi strettamente ai modelli predefiniti, la Chies Bizantina aiutò a preservare le tecniche dell’arte greca in materia di drappeggio, dei volti e dei gesti. (Pala d’altare Madonna con il bambino sul trono). Nonostante una certa rigidezza però l’arte bizantina rimase quindi più vicina alla natura che non l’arte occidentale dei periodi successivi, questo perché la necessità di attenersi ai soli moduli permessi nelle raffigurazioni di Cristo o della Vergine tarparono le ali all’originalità degli artisti bizantini. Gli artisti godevano comunque di una minima libertà riuscendo a rappresentare la maestosità di Dio con grandi mosaici con fondo dorato presenti nelle chiese bizantine. L’impero di Bisanzio era riuscito a far vivere qualcosa della grandiosità dell’arte d’Oriente impiegandola a gloria di Cristo. I fedeli si ritrovano quindi davanti a queste maestose figure di Cristo e della Vergine, rappresentati come sovrani dell’universo, dalle dorate e scintillanti “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 12 pareti, si rivelano come simboli perfetti della Divina Verità. Questo succede ancora oggi in tutti i paesi retti dalla Chiesa orientale. Le immagini sacre o ICONE dei russi riflettono ancora oggi le grandi creazioni degli artisti bizantini. (Cattedrale di Monreale, Cristo Sovrano dell’Universo, Madonna con il bambino e santi, Sicilia) 7. GUARDANDO VERSO ORIENTE (Islam, Cina, II-XIII sec.) Ancora più rigorosa del cristianesimo riguardo le immagini sacre fu la religione del Medio Oriente. Le immagini furono proibite così gli artisti si concentrano su forme e motivi fino a creare l’arabesco. Più tardi si inizio a permettere la produzione di immagini pErchè prive di riferimenti religiosi. Le rappresentazioni sono elementari, manca lo scorcio, le figure sembrano ritagliate e incollate so uno sfondo, ma questo rende le immagini molto semplici da leggere. L’arte cinese si sa bene poco se non che erano molto bravi col bronzo. Gli artisti prediligevano le forme tonde e sinuose sia nella pittura che nella scultura. Principali rappresentazioni servivano per descrivere i fasti del passato. Nessuna traccia di rigidità e abbondanza di linee ondulate. In Cina forte influenza religione buddista che portava alla rappresentazione dei molti asceti della cerchia del Buddha, con buona verosimiglianza. I cinesi non pensavano che pittura fosse un’opera servile, ritenevano che niente era più importante del modo giusto di meditare. Pittura principalmente usata per fornire materia per profondi pensieri. Artisti cinesi non uscivano all’aperto ma dopo un attento studio della natura tentavano di richiamare le sfumature viste mediante l’utilizzo della memoria. Non si cercava nell’arte la perfezione dei particolari ma si preferiva cogliere il sentimento dell’autore. Grande osservazione da parte degli artisti. Arte sembrò sempre un gioco aggraziato e complesso, solo nel XIII sec. gli artisti cercarono di applicare l’arte a nuovi temi, dopo un contatto con la cultura orientale. 8. L’ARTE OCCIDENTALE NEL CROGIOLO DI FUSIONE (Europa VI-XI Secolo) Il periodo che seguì la prima era cristiana viene generalmente conosciuto come “l’era delle tenebre”. Non ci sono limiti stabili ma si va dal 500 al 1000 d.C. In questo periodo non emergono stili nuovi ma c’è un groviglio si stili che cominciò a risolversi solo a fine di questo periodo. I barbari compivano razzie e saccheggi. Sebbene erano davvero barbari avevano anche loro una propria arte, ed erano abili a scolpire legno e metalli. Monaci anglosassoni crearono molte chiese tentando di volgere al cristianesimo l’arte nordica. I monumenti più sorprendenti furono dei manoscritti miniati (es. “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 15 di miniature. Per l’artista è divenuto di estrema importanza esprimere il sentimento che anima le figure. Oltre alle rappresentazioni sacre nel XIII sec. artisti iniziarono a rappresentare anche ciò che gli interessava. Solitamente artisti non disegnavano mai dal vero, pochi esempi giunti fino a noi come il disegno dell’elefante di Mathew Paris. La Francia era il paese più importante e ricco d’Europa, e solo a metà del XIII sec. uno scultore italiano prese a emulare i maestri francesi, questi era Nicola Pisano. Nelle sue opere inseriva più storie, rappresentando i particolari più vivaci della narrazione. Abile utilizzo del drappeggio per conferire dignità e verità alle figure. Artisti italiano, in particolare a Venezia, guardavano più a Costantinopoli che a Venezia. Fu l’arte bizantina che permise agli italiani di valicare la barriera tra pittura e scultura. Nonostante la rigidezza nell’arte bizantina si erano conservate le scoperte dei pittori ellenistici più di quanto fossero sopravvissute nelle miniature dell’alto medioevo occidentale. L’artista che per primo applicò queste scoperte fu Giotto. Le sue opere principali sono degli affreschi. Le sue rappresentazioni delle statue ricordano molto quelle degli scultori gotici ma qui siamo in pittura, Giotto aveva riscoperto l’arte di creare su una superficie pietà l’illusione della profondità. Nelle sue rappresentazioni religiose cerca di ricreare l’evento come pensa che realmente accadde. Per lui la pittura è più di un surrogato della parola scritta. Ci pare di essere testimoni dell’evento reale come se fosse recitato su un palcoscenico. Giotto inizia un capitolo nuovo nella storia dell’arte, che da lui in poi, è la storia dei grandi artisti. 11. CORTIGIANI E BORGHESI (il XIV sec. 1300-1400) Il duecento, secolo precedente, era stato il secolo delle grandi cattedrali, ma esse nel trecento non furono più l’obiettivo principale dell’arte. A metà del XII secolo, quando lo stile gotico si stava sviluppando. L’Europa era ancora un continente di contadini scarsamente popolato, nelle quali i centri di potere e cultura erano i monasteri e i castelli baronali. La necessità di costruire cattedrali fu il primo indizio di un nascente orgoglio civico. Ma 150 anni più tardi le città erano diventate grandi e fecondi centri commerciali e la borghesia si sentiva sempre più indipendente rispetto alla chiesa e ai signori feudali.
Anche i nobili lasciarono i loro manieri fortificati per trasferirsi in città, dotate di agi e raffinatezze. Il gusto del Trecento fu rivolto più al raffinato che al grandioso. In Inghilterra si fa una distinzione fra lo stile gotico puro delle prime cattedrali chiamato “gotico primitivo inglese” e il suo sviluppo seguente detto “gotico fiorito”, vi è un mutamento del gusto: I costruttori non si “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 16 accontentavano più di una semplice linea nitida e maestosa ma c’era la volontà di mostrare la propria abilità della decorazione e nella complessità dell’ornato. Un esempio è la Cattedrale di Exeter. Nelle prospere città ora non solo le chiese erano oggetto di lavoro per gli architetti ma soprattutto edifici secolari come i palazzi comunali (es. Palazzo Ducale a Venezia, iniziato nel 1300), porte cittadine.
Le opere più caratteristiche della scultura del ‘300 non sono quelli in pietra, ma i lavori più minuti in oro e avorio: opere solitamente fatte per cappelle private.
Un esempio è la statuetta della Vergine creata da un orafo francese. Queste statuette non intendono proclamare una verità in tono solenne come le statue delle grandi cattedrali, ma vogliono ispirare amore e tenerezza. L’orafo parigino pensa alla Vergine come una madre reale e a Cristo, come un bambino. Cristo allunga le mani verso la Vergine, e questa lo sorregge con il braccio, formando un’aggraziata curva. Il suo contributo personale fu la squisita raffinatezza di ogni particolare, dalle mani, alla superficie d’argento dorato all’equilibrio della statuetta. Niente e casuale nelle opere degli artefici gotici, mostrano una cura infinita dell’artista nel trovare linee aggraziate e armoniose (Drappeggio). Furono opere eseguite per essere rappresentate da veri intenditori, e considerate preziose e degne di alta considerazione.
La grazia e la delicatezza dei particolari si possono anche notare nei manoscritti miniati dell’epoca. (Gesù nel tempio, caccia con il falco). Non c’è conoscenza giottesca di rappresentare un episodio rendendolo vivo, e i volti sono tutti disegnati quasi allo stesso modo, con sopracciglia ad arco, bocca volta in giù, capelli e barba ricciuti.
La tecnica è ancora piuttosto irreale. Fu solo nel corso del 300 che l’aggraziata narrazione e l’osservazione fedele, vennero gradatamente fusi. Questo grazie all’arte italiana, soprattutto a Firenze, e in particolare grazie a Giotto. Giotto aveva mutato l’intera concezione della pittura. La vecchia maniera bizantina sembrava da un tratto rigida e superata. L’influenza delle idee di Giotto influenzò le regioni al di là delle Alpi,
ma contemporaneamente anche le influenze nordiche arrivarono in Italia, in particolare a Siena, città toscana rivale di Firenze, dove non si era rotto con la tradizione bizantina come aveva fatto Giotto. Così si ebbe la Scuola Senese con Duccio Buoninsegna, il quale aveva tentato di immettere nuova vita nelle vecchie forme bizantine anziché eliminarle completamente.
Simone Martini e Lippo Memmi nell’ Annunciazione, una pala d’Altare, in cui l’Arcangelo Gabriele giunge dal cielo per salutare la Vergine, dimostrano il loro sentimento lirico, la predilezione per le forme delicate, amavano le curve gentili del drappeggio e la grazia dei corpi snelli. Le figure sono stagliate su un fondo d’oro, abilmente disposte da “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 17 formare una composizione. Assomiglia ad una preziosa opera orafa. I pittori assorbono le tecniche medioevali della disposizione delle figure in uno schema e insieme combinano le tecniche di Giotto per creare particolari reali all’interno del quadro. Bisogna ricordare che raramente nel medioevo vennero compiuti ritratti. A Praga solamente tra il 1379 e il 1386 vennero composti numerosi busti tra cui quello di Peter Parler il Giovane, che probabilmente è il vero primo autoritratto di un artista.
Gli artisti e le idee passavano da un centro all’altro dell’Europa, e nessuno pensava a respingere una conquista perché straniera. Allo stile sorto da questo scambio verso la fine del ‘300 gli storici hanno dato il nome di “gotico internazionale” . Bel esempio è il Dittico di Wilton House. Qui vengono ritratti i donatori, come si farà molto in seguito. L’arte del dittico è legata alle opere di cui abbiamo trattato prima, condivide il gusto delle belle linee fluenti e dei motivi graziosi e delicati. Artista prova la sua abilità nello scorcio e il suo compiacimento nello studio di fiori veri attraverso la sua rappresentazione. Gli artisti del gotico internazionale applicarono lo stesso spirito di osservazione e lo stesso gusto delle cose belle e delicate nel ritrarre il mondo che li circondava. Nell’opera dei fratelli Limbourg, Calendario maggio, si nota come le pitture avessero guadagnato in vivacità e spirito d’osservazione. La miniatura rappresenta la festa di primavera che si celebrava ogni anno alla corte ducale con gentiluomini su cavalli e belle fanciulle nelle loro vesti eleganti. Si nota come ogni particolare si fonde nel quadro che si avvicina a costruire una scena reale, ma nemmeno qui si riesce a creare lo spazio attorno alle figure raggiungendo solo un’illusione della natura.
Egli non dà un’autentica scena del vero. Per esempio gli alberi non sono alberi reali dipinti dal vero, ma piuttosto una fila di alberi simbolici. Da qui inizia a spostarsi l’attenzione dell’artista verso una rappresentazione capace di rendere nel modo più fedele possibile un aspetto della natura. Per l’artista il compito era cambiato. Prima il tirocinio consisteva nell’imparare certi antichi schemi corrispondenti ai personaggi principali della storia sacra, ora, il mestiere dell’artista, richiedeva la capacità di fare studi dal vero e inserirli nei propri dipinti. Artisti iniziano a girare con un taccuino su cui collezionano schizzi di animali e piante presi dal reale. Come Studi di Scimmia, di Antonio Pisanello. Il pubblico iniziò a giudicare l’abilità dell’artista nel rappresentare la natura e all’abbondanza di particolari attraenti, ma gli artisti iniziarono anche a investigare le leggi dell’ottica fino a raggiungere “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 20 gotico ma uno stile narrativo che non ricorreva ad uno stile nitido e piacevole, ma piuttosto un effetto di caos improvviso. Figure sono dure e angolose nei loro movimenti, come quelle di Masaccio, i gesti sono violenti e non vi è alcun tentativo di mitigare l’orrore della storia. La nuova arte della prospettiva accresceva ancora di più l’illusione della realtà.
Il dominio della scienza e la familiarità con l’arte classica rimasero inizialmente prerogativa degli italiani. Ma la volontà di creare un’arte nuova, più fedele alla natura ispirò pure gli artisti nordici. Donatello a Firenze si era stancato delle ricercatezze del gotico internazionale e aveva vagheggiato figure più vigorose e austere, così anche uno scultore d’oltralpe lottava per un’arte più realistica e diretta: Claus Sluter. La sua opera più famosa è il gruppo dei profeti Daniele e Isaia, con grande verosimiglianza. Non sono più le figure solenni e rigide allineate ai lati dei portali delle cattedrali gotiche, esse differiscono dalle opere precedenti come il San Giorgio di Donatello. Non sembrano tanto statue quanto solenni personaggi di sacre rappresentazioni medievali sul punto di recitare la loro parte, non dimentichiamo però la sorprendente illusione di verosimiglianza e l’onda del loro drappeggio e la dignità del loro portamento.
La conquista definitiva della realtà nel nord fu conquistata da un pittore Jan Van Eyck che lavorò nell’attuale Belgio. La sua principale opera è il grande polittico che si trova a Gand, pala d’altare dipinta per una chiesa nella Fiandre. Ci sono numerose somiglianze con l’affresco di Masaccio a Firenze. L’altare si poteva mostrare aperto, come succedeva nei giorni festivi quando tutti i suoi splendidi colori venivano rivelati, oppure chiuso nei giorni feriali dimostrando un aspetto più sobrio. In questa opera l’abilità di rappresentare secondo la realtà la si vede principalmente nelle figure di Adamo ed Eva dopo il peccato, ritratte nelle ali interne, che molto probabilmente riprendono le sembianze da modelli reali, tanto è vero che le generazioni successive furono alquanto scandalizzata da tanto franchezza. Nella sua opera non si rompe definitivamente con il gotico internazionale, lo si può notare dalla lucentezza dei preziosi broccati indossati dagli angeli musicanti dipinti, seguendo i metodi di artisti come i fratelli De Limbourg. Ma vi è una novità legata principalmente allo studio accurato dei particolari e delle proporzioni che indicano un profondo studio del vero, dove per esempio i fitti dettagli del Polittico di Jan Van Eyck come i boschi non possono venire paragonati al sottobosco ornamentale della miniatura dei De Limbourg, i Cavalli di Van Eyck sono vivi rispetto al cavallo stilizzato dei fratelli. Van Eyck va ricordato per l’infinita cura e pazienza dedicata ai particolari e all’osservazione. “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 21 Mentre gli artisti italiani della cerchia di Brunelleschi raggiungevano la verosimiglianza della natura attraverso l’applicazione di leggi scientifiche, Van Eyck in maniera diversa la raggiungeva sommando pazientemente un particolare all’altro fino a rendere l’opera come se fosse il riflesso di uno specchio. Questa differenza tra arte nordica e italiana durò a lungo, ogni opera che eccelle nella rappresentazione esteriore degli oggetti, come fiori e tessuti è più probabilmente di un artista dei Paesi Bassi, mentra una pittura dalla prospettiva chiara e dalla sicura conoscenza del corpo umano sarà italiana. Van Eyck inventò anche la pittura ad olio che li permise di dipingere in maniera più lenta e con più precisione. Nei ritratti egli ottenne i risultati più importanti come nel dipinto dei coniugi Arnolfini.
Il quadro rappresenta un momento importante per la loro vita, lo sposalizio. Nello specchio in fondo alla camera vediamo tutta la scena riflessa a rovescio e li pare di scorgere anche l’artista. Per la prima volta nella storia, l’artista diventa un perfetto testimone oculare nel senso più vero del termine. In questo tentativo di rendere la realtà come appare all’occhio Van Eyck dovette rinunciare agli schemi piacevoli e alle fluenti curve del gotico internazionale. Artisti di quest’epoca sfidarono le convenzioni del passato per ricercare la verità e molto probabilmente scandalizzarono i loro contemporanei. Il pittore svizzero Witz per esempio rappresentò il Cristo che cammina sulle acque prendendo come ambientazione un lago familiare, quello di Ginevra. È forse la prima rappresentazione esatta, il primo “ritratto” di una vera veduta. La pesca miracolosa, per la pala d’altare. 13. TRADIZIONE E RINNOVAMENTO (I) (il tardo 400 in Italia) Con le nuove scoperte fatte dagli artisti d’Italia e Fiandre all’inizio del ‘400, l’arte non doveva esclusivamente servire a narrare in modo commovente la storia sacra, ma poteva rispecchiare un frammento del mondo reale. Fino al 1400 l’arte si era sviluppata in Europa in maniera analoga. Ricordiamo che lo stile die pittori e degli scultori gotici in quel periodo era detto “internazionale” perché gli scopi che si proponevano i maestri di Francia, Italia, Germania e Borgogna erano tutti molto affini. Ciò vale anche per la cultura e la politica, ma appena le città crebbero d’importanza gli artisti si organizzarono in corporazioni che influenzavano pesantemente il governo delle città, per garantire un mercato sicuro ai loro prodotti. Queste corporazioni avevano voce in capitolo nel governo della città e concorrevano alla sua prosperità e la abbellivano. Grazie dello sviluppo e alla differenziazione delle singole città, il gotico internazionale fu l’ultimo stile internazionale sorto in Europa, almeno fino al XX “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 22 secolo. Nel 1400 l’arte si spezzettò in una quantità di “scuole” diverse. Crearono scuole per tramandare l’arte ai giovani attraverso tirocinio lunghi e completi, affiancati dai grandi maestri. Per la seconda generazione di artisti, quella che seguì Donatello, Brunelleschi e Masaccio, non sempre fu facile combinare le nuove scoperte dell’arte con il volere dei mecenati: i nuovi metodi contrastavano con le ordinazioni tradizionali. Brunelleschi aveva avuto l’idea di reintrodurre le forme degli edifici classici e molti sui seguaci cercarono di seguirlo come Leon Battista Alberti, come si può vedere dalla facciata della Chiesa di Sant’Andrea di Mantova, concepita come un gigantesco arco trionfale alla maniera romana. Il problema fu trovare un compromesso tra queste volontà e le nuove esigenze delle case. Alberti escogitò una soluzione, decorando con forme classiche una facciata del Palazzo Rucellai a Firenze. Un palazzo a tre piani che di classico non aveva nulla, lo decorò ispirandosi al Colosseo, dove i vari ordini greci erano stati applicati ai diversi piani, infatti anche qui al piano inferiore è applicato lo stile dorico. Alberti si è limitato a calare il disegno gotico nelle forme classiche, smussando il “barbarico” arco acuto e usando gli elementi dell’ordine classico in un contesto tradizionale.
Il più grande fra i maestri fiorentini che riuscirono a conciliare le nuove conquiste con la tradizione antica fu uno scultore della generazione di Donatello, Lorenzo Ghilberti: In uno dei suoi bassirilievi per il fonte battesimale, Il battesimo di Cristo, nelle sue opere dispone con cura le pieghe di un drappeggio, come le opere degli orafi dei ‘300, ma al tempo stesso la figura e vigorosa e concreta come quelle di Donatello. Ghiberti ebbe cura di restare lucido e moderato. Non ci dà come Donatello l’idea dello spazio reale. Preferisce accennare appena alla profondità, stagliando le figure su uno sfondo neutro. Anche Beato Angelico, come Ghiberti, era rimasto fedele ad alcune concezioni del gotico senza rifiutare le nuove scoperte: per lui la prospettiva non è più un problema e punta molto a rappresentare la storia sacra (Affresco, l’Annunciazione, in un convento fiorentino) in tutta la sua bellezza e la semplicità rinunciando a ogni ostentazione di modernità e manca quasi ogni suggerimento di realtà corporea.
Le difficoltà che presentano queste opere si possono vedere nella scena di battaglia di san Romano, Palazzo de’ Medici, del pittore fiorentino Paolo Uccello. La scena può sembrare piuttosto medievaleggiante, le figure sono un po’ legnose e nel complesso risulta troppo vivace per essere una scena di guerra. Si possono comunque notare ovunque elementi riguardanti l’interesse di Uccello per “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 25 chiamiamo “rinascimento italiano” venne sempre più in primo piano. 14. TRADIZIONE E RINNOVAMENTO (II) (Il 400 Nordico) La differenza tra il Nord e l’Italia è meglio compresa nell’architettura. Brunelleschi in Italia aveva messo fine allo stile gotico introducendo l’uso rinascimentale dei motivi classici applicati agli edifici. Ci volle più di un secolo prima che d’oltralpe finisse il periodo gotico come avvenne in Italia con Brunelleschi.
Durante il 1400 essi continuarono a coltivare lo stile gotico del secolo precedente. Ma benché le forme degli edifici conservassero ancora gli elementi caratteristi dell’architettura gotica, come l’arco a sesto acuto, il gusto dell’ornato complesso, del fiorito e della decorazione fantastica si accentuò ancora di più (gotico fiorito). Il palazzo di giustizia di Roeun è un esempio di questa tarda fase del gotico francese, chiamato flamboyant. Caratterizzato da un carattere fiabesco ricco di decorazioni e ornamenti fantastici, senza tener conto del loro valore funzionale rispetto alla struttura. Ma oramai erano esaurite le ultime possibilità dell’architettura gotica. Difatti in Inghilterra prevalgono sempre di più le linee diritte rispetto a quelle curve caratterizzanti il precedente gotico fiorito, definendo così “gotico perpendicolare” a causa delle sue linee dritte. Un classico esempio è la cappella del King’s College a Cambridge, di forma assai più semplice rispetto a quella degli interni gotici precedenti, non esistono navate laterali e archi acuti. Ma mentre la struttura generale si presenta più sobria, l’immaginazione degli artefici gotici si sfoga liberamente nei particolari, specie nelle volte a ventaglio. Pittura e scultura si sviluppano fuori dall’Italia come l’architettura. Mentre il Rinascimento aveva trionfato in Italia su tutta la linea, il 400 nordico rimase ancora fedele alla tradizione gotica.
Le regole matematiche della prospettiva e lo studio dei monumenti romani non preoccupavano affatto i maestri nordici. Nonostante queste differenze i problemi affrontati dagli artisti erano gli stessi: rappresentare arte come specchio della natura, come fece Jan Van Eyck, aggiungendo con cura particolare dopo particolare mediante un lungo lavoro di osservazione. Le idee di Jan Van Eyck vennero adattata anche a metodi più tradizionali come fece Lochner, Colonia, rappresentando la Madonna del Roseto ancora su sfondo dorato. Confrontandola al trecentesco dittico di Wilton House, Lochner è in grado di creare il senso dello spazio intorno alla Vergine che spicca su uno sfondo d’oro. Paragonate alla vergine le figure del Dittico appaiono un poco piatte, inoltre Lochner fa sembrare lo sfondo una scena reale aiutandosi aggiungendo due angeli che reggono la tenda così che “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 26 sembri appesa alla cornice.
Il pittore francese Jean Fouquet crea rappresentazioni molto simili alla natura reale utilizzando le luci quasi come Piero della Francesca. Nel ritratto Estienne Chevalier ci mostra questo donatore con accanto santo Stefano.
Sempre confrontandolo al Dittico di Wilton House, queste figure grazie alluso della luce sembrano scolpite, mentre nel primo senza nessuno gioco di luce e ombra le figure sembrano appiccicate al quadro senza nessuno spessore. Un grande artista nordico che andò a Roma fu Rogier van der Weyden, sapeva riprodurre figura nei minimi dettagli di ogni particolare portando avanti la concezione prettamente nordica della rappresentazione esatta della realtà di Jan Van Eyck.
Eppure nella grande pala d’altare raffigurante la deposizione, Weyden non ci da una scena vera. Egli ha posto le figure su un proscenio poco profondo su un fondale neutro. Egli doveva attenersi a contorni chiari e una composizione che soddisfacesse per la sua esemplarità. Da allora gli artisti nordici si sforzarono di conciliare le nuove esigenze imposte dall’arte con il suo antico fine religioso.
Altro grande pittore fu Hugo van der Goes che rappresenta nella Morte della Vergine una mirabile rappresentazione delle varie reazioni dei dodici apostoli dinanzi all’avvenimento. L’artista doveva lottare con la prospettiva e non doveva lasciare spazi vuoti o privi di significato. Egli si sforzò di distribuire le figure e di metterle tutte bene in vista, questo accrebbe la tensione attorno alla Vergine morente. Altra opera è l’Altare della Chiesa di nostra Signora a Cracovia scolpito da Veit Stoss. Il reliquiario al centro mostra sempre la morte della Vergine circondata dai 12 apostoli, le due portelle invece descrivono momenti della vita della Vergine. Alla metà del 400 in Germania venne inventata la stampa, scoperta tecnica di enorme importanza, difatti questo diede un notevole impulso alla creazione di illustrazione per il libro: xilografia, ovvero stampi di legno, erano stati stampati con figure di santi e testi di preghiere da distribuire ai pellegrini. L’agonia del giusto, era un sermone usato dalla Chiesa per rammendare al fedele l’ora della morte e l’arte del ben morire. Successivamente si scartò il legno in favore del rame, il quale poteva rendere meglio i particolari e un effetto più raffinato che la xilografia di legno. Uno dei maggiori incisori del “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 27 tempo fu Martin Schongaeur. Una sua incisione è La Natività, dove si sforzò di fissare ogni particolare della scena. Di questo artista bisogna ammirare la pazienza e la sua tecnica così minuziosa nei particolari. Per ovviare al solito problema della resa spaziale delle figure e all’equilibrio d’insieme, Martin decise di porre la Natività in una rovina come cornice., potendo dare spicco alle figure su uno sfondo nero. L’arte della xilografia si diffuse presto in tutta Europa, queste stampe diventarono inoltre un nuovo mezzo di cui gli artisti si valsero per uno scambio di idee. Così la stampa delle immagine e la loro veloce diffusione assicurò il trionfo del Rinascimento Italiano nel resto dell’Europa. Fu una delle motivazioni che misero fine all’arte medievale nel Nord. 15. L’ARMONIA RAGGIUNTA (la Toscana e Roma. L’inizio del 500) Il periodo del XVI secolo, il Cinquecento, è quello più famoso dell’arte italiana e uno dei più splendidi di ogni tempo. Fu l’epoca di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Correggio e Giorgione, di Durer e Holbein in Nord Europa e molti altri.
Questo periodo chiamato “Rinascimento maturo” fu caratterizzato da questa improvvisa fioritura di geni. L’orgoglio delle città e municipale che si sviluppò in questo periodo diede grande incentivo all’emulazione fra gli artisti che venivano chiamati per abbellire le città, un sentimento sconosciuto nelle nazioni feudali del Nord, le quelli godevano di minore indipendenza e minor orgoglio municipale. L’artista oramai non è più artigiano tra gli artigiani fu di diritto un maestro, che non poteva raggiungere la fama e la gloria senza esplorare i misteri della natura e ricerca le leggi segrete dell’universo. Gli snob, fin dai tempi dei greci, consideravano gli artisti, che lavoravano con le mani, meno importanti dei poeti, i quali invece usavano il cervello, e questo servì da forte motivazione per gli artisti per riscattare la loro posizione sociale da padroni di botteghe a uomini ricchi di doti uniche e preziose. Ad aiutare gli artisti a vincere i pregiudizi fu, ancora una volta, la ricerca di fama da parte dei mecenati. Molte corti, nelle quali l’artista poteva acquistare reputazione e prestigio, si contendevano i servizi degli artisti più importanti: l’artista si era finalmente affrancato. In questo modo gli artisti poterono dettare loro le condizioni e non dipendere più dai capricci dei committenti, capovolgendo le parti. Il campo che maggiormente fu sensibile a questo mutamento fu l’architettura. Ma in nessun altro campo il conflitto tra le esigenze dei mecenati e gli ideali degli artisti fu più pronunciato. I dotti maestri aspiravano a costruire templi e archi trionfali, ma venivano “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 30 paziente osservazione della natura e dei particolari ma al tempo stesso, grazie all’uso dello sfumato, non era più lo schiavo incondizionato infondendo vita nei colori distesi della sua pittura. Il secondo grande Fiorentino fu Michelangelo Buonarroti che aveva fatto tirocinio dal Ghirlandaio. Fu proprio Michelangelo a porre fine allo snobismo di Aistotele nei confronti degli artisti e a rivalutare la posizione sociale dell’artista. Il Ghirlandaio produsse opere più per la colorita rappresentazione della vita del tempo che per l’eccellenza nel disegno, e sapeva narrare perfettamente la storia sacra. Un esempio della sua pittura è la nascita della Vergine. Michelagelo, che aveva idee sull’arte troppo diverse dal suo maestro, fece un lavoro molto minuzioso sullo studio dei corpi che per lui rappresentare un corpo umano non diventò mai un problema. Venne chiamato da papa Giulio II per farsi fare un sepolcro, che poi però non venne mai commissionato realmente mandando su tutte le ire l’artista, il progetto della tomba era venuto in contrasto con il progetto della nuova San Pietro del Bramante. Michelangelo così scappò a Firenze. Il papa lo richiamò poi per dipingere la volta della cappella sistina, le cui parete erano già state affrescate dal Ghirlandaio e Botticelli, che richiese 4 anni di lavoro che divenne uno dei principali capolavori della storia dell’arte. La cappella somiglia a una grande sala riunioni ampia e alta, dalla volta concava. Fu un lavoro immenso dotato di dipinti che raffiguravano numerose scene bibliche e svariate figure, vive e di sovrannaturale bellezza con colori forti e luminosi. I meravigliosi nudi rivelarono tutta la maestria michelangiolesca nel disegno del corpo umano còlto da qualsiasi punto e angolatura. Michelangelo studiava minuziosamente ogni particolare e preparava le sue figure negli abbozzi preliminari. La scena principale, la creazione di Adamo ruota tutta attorno al tocco tra le dita, il tema centrale della volta. Michelangelo riuscì ad imperniare tutta la scena sul gesto della mano divina, rendendo l’idea dell’onnipotenza nella forza del gesto creatore.
Nella scultura Michelangelo era il migliore e lui concepiva che la figura era già presente all’interno del blocco di marmo, suo materiale prediletto, e che l’artista dovesse solamente togliere la pietra che la ricopriva. Così nel contorno delle figure egli rifletteva sempre la semplice forma di un blocco e, nonostante tutto il movimento che anima i corpi, essi sono sempre iscritti in un nitido profilo. Questa arte michelangiolesca nello scolpire il marmo è la scultura dello Schiavo morente, scelse l’attimo in cui la vita abbandona questo copro vigoroso del giovane in un gesto di stanchezza e rassegnazione. La sua enorme fama la si può ammirare sia come pittore che come scultore e tutti volevano una sua opera, ma con l’età divenne sempre più burbero e l’ultima opera che gli venne commissionata fu la “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 31 realizzazione della cupola per la basilica di san Pietro, il completamento dell’opera del suo antico nemico Bramante.
La cupola si elevava sulla città di Roma ricordando sempre così il segno “divino” che lasciò questo genio rinascimentale. Altro straordinario artista fu Raffaello, nato a Urbino, che aveva fatto tirocinio dal Perugino, per il quale i problemi che avevano assillato gli artisti precedenti non erano così insuperabili (aveva anche appreso lo sfumato di Leonardo). Quando arrivò a Firenze si trovò nel pieno della sfida tra Leonardo e Michelangelo. Raffello era di indole dolce e questo gli permise di lavorare per molti mecenati.
I suoi quadri più famosi raffigurano madonne con bambine, che diventarono dei modelli da imitare come lo furono le opere di Fidia e Prassitele. La loro apparente semplicità è il frutto di una profonda meditazione, di attento calcolo e di immensa saggezza artistica. Un quadro come la Madonna del Granduca è veramente classico, fu il paradigma della perfezione per le generazioni seguenti. Tutti i suoi quadri tendevano ad una semplicità che solo Raffaello raggiunse.
Giulio II lo chiamò a Roma per decorare con affreschi di pareti e soffitti di alcune stanze del vaticano, dove l’artista diede la prova della sua perfetta padronanza del disegno e dell’equilibri compositivo. Tutte queste figure fanno parte di un’armoniosa e complessa melodia. Altra opera mirabile è l’affresco che rappresenta La Ninfa Galatea, correndo sulle onde sopra un cocchio trascinato da due delfini, e i suoi compagni, divinità marine e ninfe. Bellezza sempre nuove risaltano nella ricchezza e complessità della composizione. Qui la bellezza è sorprendente e ogni figura è controbilanciata da un’altra, ogni movimento risponde ad un movimento contrario. Gli amorini e le divinità marine sembrano ruotare intorno alla Ninfa. Raffaello, senza provocare disordine o squilibrio, ha ottenuto in tutto l’affresco un effetto di moto continuo. La sua ammirazione fu proprio dovuta alla suprema maestria nella disposizione delle figure e per la perizia consumata nella composizione. Altra cosa che sorprende di Raffaello è la pura bellezza e armoniosa composizione delle figure in libero movimento, egli aveva abbandonato la fedele imitazione della natura, ambizione di tanti artisti del 1400, per rifarsi a un tipo immaginario di bellezza regolare, riusciva a idealizzare senza mettere in pericolo la vivacità e la spontaneità dell’opera. Non c’è nulla di calcolato o di schematico nella bellezza di Galatea.
Alla fine divenne anche architetto e progetto chiese, ville e palazzi studiando le rovine dell’antica Roma. “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 32 16. LUCE E COLORE (Venezia e l’Italia settentrionale del primo 500) Venezia fu una delle ultime città che accetto lo stile rinascimentale e l’applicazione brunelleschiana delle forme classica, ma una volta adottata le infuse gaiezza. Uno degli edifici più caratteristici di questo stile è la “Libreria” di San Marco fatta dal Sansovino. Stile ripreso dal Colosseo: ordine dorico per il piano inferiore e ordine ionico per quello superiore. I pittori veneziani pare non considerassero i colori come un accessorio alla pittura. Giovanni Bellini per esempio usava i colori per colpire con la loro pastosità infondendo un effetto luminoso e splendente alle sue opere. Riusciva a infondere vita a una disposizione semplice e simmetrica senza sovvertirne l’ordine. Da lui fecero tirocinio Giorgione e Tiziano che chiaramente seguirono il maestro nell’utilizzo dei colori e della luce per conferire unità alle opere. Giorgione raggiunse i risultati più rivoluzionari (es. La tempesta). Nei suoi quadri dove non c’è un’eccessiva cura nella composizione il dipinto raggiunge un’unità grazie alla luce e all’atmosfera che li permeano. Tiziano Vecellio raggiunse una fama pari a quella che raggiunse Michelangelo. La sua estrema perizia gli permise di trascurare le venerate regole della composizione e di affidarsi al colore per ripristinare un’armonia da lui apparentemente infranta (in un dipinto spostò addirittura la vergine dal centro della scena). La sua fama tra i contemporanei si basò principalmente sui ritratti. Non c’è da stupirsi si i potenti si contendevano l’onore di avere il proprio ritratto dipinto da questo maestro. Non che Tiziano tendesse a rendere la somiglianza in modo particolarmente lusinghiero, ma erano convinti che grazie alla sua arte essi sarebbero vissuti in eterno. Nelle generazioni successive il più progressista fu il Correggio. Fu principalmente nel chiaroscuro che egli elaborò effetti completamente nuovi, destinati a influire grandemente sulle scuole posteriori. Il Correggio sfrutto ancor più di Tiziano, la scoperta della possibilità di equilibrare la luce e il colore, per far convergere il nostro sguardo nei punti voluti. Ciò che del Correggio maggiormente imitarono i secoli successivi fu il suo modo di dipingere volte e cupole delle chiese. 17. DIFFUSIONE DELLE NUOVE CONQUISTE CULTURALI (Germania, Paesi Bassi nel primo 500) Ci furono 3 tangibili conquiste dei maestri italiani a cui gli artisti stranieri miravano: la scoperta della prospettiva scientifica, la conoscenza dell’anatomia e infine la conoscenza delle forme architettoniche classiche che parevano la massima espressione di ogni dignità e bellezza. Gli architetti avevano la sfida più ardua e ci volle molto tempo prima che l’architettura venisse adottata d’oltralpe. Alcune opere risultano un miscuglio di richiami classici uniti al gotico, da far orrore agli artisti italiani. Un vero artista “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 35 furono forse i primi pittori moderni. Giambologna, scultore fiammingo, si propose di attuare l’impossibile, una statua che sfidasse il peso della materia.
La statuetta di Mercurio, qui il Dio tocca solo con la punta del piede uno sbuffo d’aria che esce dalla bocca di una maschera simboleggiante un vento. La statua sembra davvero librarsi in aria con rapidità e grazia. Giambologna qui si divertì a sfidare le regole da tempo codificate dove uan statua dovrebbe ricordare il blocco pesante da cui proviene. Uno dei più grandi maestri del tardo 500 fu Tintoretto.
Questi deve aver sentito che i quadri del Tiziano tendevano più a piacere che a commuovere e che non erano fonte di emozione sufficiente a far rivivere davanti ai nostri occhi le grandi storie della Bibbia. Era stanco della pura bellezza di forme e colori. A ragione o a torto decise di raccontare le stesse storie in maniera diversa, capace di dare un brivido allo spettatore e comunicargli l’intensa drammaticità degli eventi dipinti. Un esempio è l’opera Ritrovamento dei resti di San Marco, dove invece di una nitida e raffaellesca disposizione delle figure principali, ci troviamo in uno scantinato. Il dipinto rappresenta la storia di come i resti di San Marcon vennero portati da Alessandria d’Egitto alla famosa chiesa di San Marco, all’improvviso appare San Marco inondato di luce che indica dove giace la sua salma. Il Tintoretto sacrificò anche la pastosa gamma cromatica delle precedenti opere di Giorgione e Tiziano, mostra come i toni spezzati e la luce irreale accentuino la drammaticità e la commozione, qui il dramma raggiunse l’apice. Venne criticato perché la sua pittura non era rifinita ma questa non poteva interessarlo perché non serviva ai suoi fini, Tintoretto voleva mostrare le cose in una nuova luce. Artista che seguì questa strada fu El Greco, la sua arte supera perfino quella del Tintoretto nella noncuranza della forma e del colore naturali e per l’originalità delle sue visioni, proprio perché venendo da Creta era abituato a vedere le immagini bizantine, lontane da ogni forma di verosimiglianza. In uno dei suoi quadri, rappresenta l’Apocalisse di San Giovanni. Da qui si può vedere quanto aveva imparato dal nuovo metodo compositivo e anticonformista del Tintoretto e di come abbia adottato le figure allungate del Parmigianino. Una generazione più tardi si criticò l’innaturalezza delle sue forme e dei suoi colori, considerando i suoi quadri quasi di cattivo gusto.
Nell’Europa del nord gli artisti furono sconvolti dalla crisi del protestantesimo, in Germania, Olanda e Inghilterra, invece ci si interrogava se l’arte dovesse esistere ancora o meno. Con la riforma molti protestanti erano contrari ai quadri e alle “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 36 statue nelle chiese perché li consideravano un segno di idolatria papista, facendo perdere agli artisti la maggiore fonte di lavoro: i quadri per le pale d’altare. Agli artisti rimaneva come unica fonte di guadagno, la possibilità di illustre libri e di fare ritratti. Questa crisi si vede bene bel lavoro di Hans Holbein il Giovane, pittore tedesco. Questi assimilò presto le conquiste sia dei pittori nordici che italiani. Famoso è la mirabile pala d’altare della Vergine con i Donatori con la famiglia del Borgomastro. L’attenta cura con cui disegna il particolare (Jan Van Eyck) e una certa indifferenza per la bellezza convenzionale mostrano come avesse imparato il mestiere del Nord.
Ricevuto a corte in Inghilterra da Enrico VIII venne nominato pittore di corte e il suo compito fu quello di far ritratti ai reali. Non dubitiamo che quello che è rappresentato è quello che effettivamente ha visto il pittore, in questi ritratti non c’è alcuna drammaticità, nulla che colpisca l’occhio, ma sembrano rivelare le idee e la personalità del modello. Esempio: Sir Richard Southwell. L’unica pittura che sopravvisse alla Riforma fu il ritratto a cui Holbein aveva dato basi così solide.
Anche nel ritratto gli influssi del manierismo meridionale si erano fatti sentire sempre di più , e lo stile sobrio di Holbein furono sostituiti da ideali di cortigiana raffinatezza ed eleganza. Uno dei migliori esempi di questi ritratti è Giovane uomo fra le rose di Nicholas Hilliard. Un solo paese riuscì a sopravvivere del tutto alla crisi delle Riforma: i Paesi Bassi.
Qui gli artisti si specializzarono in tutte le rappresentazioni contro cui la chiesa protestante non poteva obiettare e non si specializzarono così solo in ritratti. Dai tempi di Van Eyck gli artisti dei Paesi Bassi erano ricordati come perfetti imitatori della natura. Agli artisti del Nord, ai quali non venivano commissionate più pale d’altare o altre opere di devozione, iniziarono a dipingere le loro nuove specialità, quadri il cui pregio essenziale era la stupenda abilità e fedeltà della rappresentazione. Le pitture che riproducevano scene di vita quotidiana o soggetti affini sono note usualmente come “pitture di genere”. Il maestro di questo genere fu Pieter Bruegel il Vecchio. Il genere principale di questo pittore furono le scene contadine, in festa nei banchetti e al lavoro, una delle più riuscite sono le Nozze contadine.
Qui tutti i particolari si rimpiccioliscono e la festa si svolge in una stalla. La cosa più rilevante è questa ricchezza di aneddoti e di spirito e in questa capacità di osservazione, nonostante questo il dipinto non appare per nulla affollato o confuso. Bruegel con queste vivaci e solo apparentemente semplici opere Bruegel aprì un nuovo campo nell’arte. “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 37 In Francia la situazione fu diversa. Minacciata dalla tradizione italiana e da quella dei Paesi Bassi. La forma che venne accettata fu quella dei raffinati manieristi come Cellini. Jean Goujon, che univa l’eleganza meticolosa del Parmigiano e il virtuosismo del Giambologna, Fontana degli innocenti.
Una generazione più tardi sorse in Francia un artista nel quale le fanatasie bizzare dei manieristi italiani si fondevano con lo spirito di Bruegel. Jacques Callot amava le combinazioni sorprendenti di figure smilze e alte e di vasti insoliti scenari, come Tintoretto e El Greco, per rappresentare le follie dell’umanità attraverso scene di reietti, mendicanti e sonatori ambulanti, come Bruegel. 19. VISIONE E VISIONI (l’Europa cattolica. Prima metà del 600) Lo stile che seguì il Rinascimento venne chiamato Barocco¸ questo nome gli viene posto per sottolinearne l’aspetto ridicolo: significa assurdo e grottesco, e fu usato da chi sosteneva l’opinione che le forme classiche dovessero essere usate o combinate solamente nei modi adottati dai greci e romani. Fusione tra i principi delle chiese medievali e le conquiste rinascimentali nelle chiese: forma allungata che accentua importanza altare, combinata con l’importanza degli spazi ampi nei quali la luce penetri attraverso la cupola maestosa. La pittura barocca non è una semplice continuazione del manierismo, si riteneva che l’arte si era innestata su una radice pericolosa e che la si dovesse districare. Ora l’argomento riguardava due artisti dai metodi opposti: Annibale Carracci e Caravaggio. Il primo apparteneva a una famiglia di pittori e aveva studiato a Venezia. La sua parola d’ordine era il culto della bellezza classica. La sua pittura ha molto del rinascimentale ma è difficile prenderla per veramente rinascimentale. Il modo con cui fa gioco della luce e con cui confluisce sui sentimenti è barocco. Al Caravaggio invece la paura del brutta pareva una debolezza spregevole, cercava la verità come gli appariva: non aveva rispetto per la bellezza ideale. Il naturalismo del Caravaggio, cioè il suo intento di rendere la natura, bella o brutta che la si consideri fu forse più religioso della cultura della bellezza in Carracci. Anche la sua luce servì al suo scopo è dura e quasi abbagliante e che fa risaltare la scena. Guido Reni, uno dei maestri italiani che lavoravano a Roma, seguì la scuola di Carracci. La sua fama era più forte una volta che ora. Il suo stile si ispirava fortemente a Raffaello. Oramai l’arte era giunta ad uno sviluppo così elevato che era inevitabile scegliere un metodo. Carracci, Reni e gli altri portarono avanti il programma volto all’abbellimento della natura secondo i canoni della scultura classica che viene chiamato neoclassicismo o “accademia” per distinguerlo dall’arte classica libera da ogni programma. Fra questi accademici vi è Nicolas Poussin, che studiò le statue classiche con zelo per riuscire a “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 40 genere di pittura.
Così la specializzazione, cominciata nei paesi nordici del 500 giunse a estreme conseguenze nel 600, facendo sempre gli stessi generi di quadri, portarono il loro mestiere ad un punto di perfezione, diventando dei veri e proprio specialisti. Un esempio di pittori specializzati in marine, con mare, nubi e onde fu Simon de Vlieger, che ci mostra come questi artisti olandesi riuscissero a esprimere l’atmosfera del mare con mezzi semplici e modesti. Non avevano bisogno di alcun episodio drammatico, per rendere interessante l’illustrazione bastava un frammento della realtà. Nave da guerra olandese. Uno tra i primi scopritori della bellezza del cielo fu Jan Van Goyen che sapeva trasformare una scena banale come una vista sulle campagne olandesi con un mulino a vesto all’orizzonte, come nell’opera Mulino sul fiume, in una visione di riposante bellezza, dando l’idea di essere davvero in quel luogo.
Sono stati proprio Van Goyen e Vlieger a insegnarci a vedere il “pittoresco” in una semplice scena, anche quotidiana, per primi dischiusero la bellezza della natura della campagna e degli scorci anche umili. Il più grande pittore d’Olanda e uno dei più grandi di tutti i tempi fu Rembrandt Van Rijn, egli non annotò le sue impressioni come Leonardo, ma ci ha lasciato una mirabile testimonianza della sua vita attraverso una serie di autoritratti dalla giovinezza alla vecchiaia, senza mai cercare di nascondere la bruttezza, ma dipingendo ciò che vedeva, è il volto di un vero essere umano.
Rembrandt , com Hals, si compiaceva del proprio virtuosismo, dell’abilità con cui riusciva a rendere il luccichio dell’oro o il gioco della luce sul colletto, nel ritratto Jan Six. Rembrandt rivendicava il diritto dell’artista di dichiarare che un quadro era finito “quando aveva raggiunto il suo scopo”, non fa che rafforzare il senso di vita che emana dalla sua figura. Sembrava essere penetrato nella più segreta intimità di ogni essere umano, arrivando a intuire i comportamenti di ognuno nelle diverse situazioni.
Nei suoi ritratti ci sentiamo di fronte a veri e propri esseri umani, Rembrandt pareva possedesse quello che i greci chiamarono “il lavorio dell’anima”. Una delle sue opere più importanti fu la Riconciliazione di Davide e Assalonne, un episodio biblico mai rappresentato. Davide è vestito come un indiano o un turco, con un grande turbante, e Assalonne possiede una spada orientale. Da ammirare è il gioco della luce sul tessuto prezioso e lo scintillio dei gioielli. Avviene che la luce in alcuni suoi quadri è abbagliante e si servì di questa tecnica per accentuare la drammaticità della scena. Egli non fu solo un grande pittore ma anche “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 41 grande incisore, utilizzando la tecnica dell’acquaforte.
Chi è abituato alle belle figure delle opere italiane può sentirsi urtato vedendo per la prima volta un’opera di Rembrandt in cui l’artista pare non curarsi affatto della bellezza ne tantomeno della bruttezza. Come Caravaggio, più della bellezza e dell’armonia egli apprezzava la verità e la sincerità. Come lo si nota nella sua incisione predica di Cristo, nella quale Cristo predica ai poveri, agli affamati, e agli afflitti: la povertà, la fame e le lacrime non sono cose belle. Questo atteggiamento anticonformista a volte ci fa dimenticare quanta bravura avesse nel disporre i gruppi, che deve alla tradizione dell’arte italiana che egli non sottovalutava affatto. Molti pittori olandesi seguirono la tradizione di dipingere scene di vita quotidiana del popolo e rustica, come quella di Bruegel. L’artista che portò questo alla perfezione fu Jan Steen. Un esempio facilmente confrontabile con il dipinto di Bruegel è Festa per un battesimo. Esistono anche altri quadri tipici del seicento più vicini a Rembrandt, piuttosto che all’umore gaio e gustoso di vivere di Jan Steen, come i paesaggi di Jacob van Ruisdael che apparteneva alla seconda generazione dei grandi pittori olandesi. Ruisdael si specializzò sempre di più nel ritrarre scene di bosco, come nel quadro Stagno circondato da alberi, dove amò approfondire l’effetto del chiaroscuro sugli alberi con luce vespertina. Fu lui a scoprire la poesia del paesaggio nordico come fece Claude Lorrain per la natura italiana. Forse nessun si era sforzato come lui ad esprimere i propri sentimenti e stati d’animo attraverso le immagini di natura. L’arte olandese: riflettendosi nell’arte, la natura riflette sempre la mente dell’artista, i suoi gusti e quindi il suo stato d’animo. Ramo interessante della pittura olandese è quello che riguarda la natura morta: gli artisti erano liberi di dipingere quello che preferivano, disponendo gli oggetti secondo la loro fantasia (Willem Kalf). Questi artisti dimostrano che il soggetto del quadro era molto meno importante di quello che si pensava, infatti alcuni pittori si specializzarono nella realizzazione di quadri sempre uguali dimostrando che il soggetto è di secondaria importanza. Tra i più importanti artisti appartenenti alla generazione successiva a Rembrandt, si ricorda Jan Vermeer van Delft. Le sue pitture sono vere nature morte con esseri umani. Come nel suo più importante dipinto La lattaia, dove è ritratta una semplice donna che versa il latte in una casa tipica olandese. In questa scena possiamo ammirare una scena consueta caratterizzata da una tranquilla bellezza, mentre i fiotti di luce entrano dalla finestra e ravvivano il colore di un panno. La cosa più miracolosa è che Vermeer riesce a raggiungere una completa e faticosa “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 42 esattezza nella rappresentazione dei tessuti, dei colori e delle forme senza che il quadro appaia mai travagliato o duro, come un fotografo che si sforzi di attenuare i forti contrasti degli oggetti senza offuscare le forme, egli ammorbidì i contorni pur mantenendo l’effetto di solidità e fermezza. L’elemento principale della tecnica pittorica di Vermeer è quest combinazione di morbidezza e precisione. 21. POTENZA E GLORIA (Italia. Tardo 600 e 700) Nella prima metà del 600 continuarono a proliferare in Italia idee nuove e sconcertanti per edifici e decorazioni e verso la metà del secolo, lo stile che chiamiamo barocco era ormai in pieno sviluppo. Il barocco è caratterizzato da uno stile sfarzoso, ornato fino all’eccesso e presenta quasi un effetto teatrale. Il famoso architetto Francesco Borromini non si accontenta più di decorare un muro con ordini dell’architettura classica e compone la sua chiesa, Sant’Agnese in Piazza Navona a Roma, riunendo forme diverse: la vasta cupola, i campanili laterali, la facciata, che sembra modellata d’argilla. Inoltre raddoppiò i pilastri laterali per creare un effetto più fastoso. Gli svolazzi e le curve del barocco dominano ora sia lo schema generale sia i particolari ornamentali. La chiesa al suo interno appariva festosa e piena di splendore e movimento. Entrando in queste chiese si comprende ancora meglio lo sfarzo e l’ostentazione di pietre preziose che avevano lo scopo di evocare una visione di gloria celeste, ricordarci il paradiso, ancora più concreta di quella suggerita dalle cattedrali medievali. Più i protestanti predicavano contro l’esteriorità delle chiese, e tanto più ansiosamente la chiesa cattolica cercava di valersi dell’opera degli artisti. Il mondo cattolico aveva scoperto che l’arte oltre ad insegnare il Vangelo agli analfabeti avrebbe potuto aiutare a persuadere e convertire chi magari avesse letto troppo. Così le chiese vennero trasformate in grandi mostre d’arte di travolgente splendore, dove oltre ai particolari era fondamentale l’effetto d’insieme. Dobbiamo immaginarle come una cornice ai riti sfarzosi della chiesa cattolica, in opposizione alla più austera chiesa protestante. Le più squisite creazioni scenografiche furono quelle di Gian Lorenzo Bernini, scultore, un ritrattista consumato, che per dare forma visiva alla propria esperienza religiosa si valeva dell’espressione come Rembrandt si era valso della sua profonda conoscenza psicologica, lo si può notare nel busto di Costanza Buonarelli. Una delle sue opere più importanti fu l’Estasi di Santa Teresa, un altare destinato ad una chiesa romana. La santa è sollevata su una nube e viene folgorata da torrenti di luce che scendono dal “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 45 23. IL SECOLO DELLA RAGIONE (Inghilterra e Francia nel 700) Gli anni attorno al 1700 segnarono l’apice del barocco nell’Europa cattolica. Le nazioni protestanti ne vennero influenzate ma non lo accolsero del tutto.
Per esempio la chiesa costruita da Sir Christopher Wren in Inghilterra, Sant Paul Cathedral, consta una cupola centrale affiancata da due campanili e un accenno di facciata classica che incornicia l’entrata principale. Non c’è traccia né di bizzarria né di capriccio nella decorazione, non esprime movimento, ma piuttosto staticità e robustezza. Ogni forma segue strettamente i migliori modelli del Rinascimento italiano, ogni singola parte dell’edificio, può essere separata senza perdere il suo intrinseco significato. Di fronte all’esuberanza di Borromini, Wren ci appare sobrio e misurato. Il contrasto tra l’architettura cattolica e quella protestante aumenta se consideriamo l’interno delle chiese. La chiesa anglicana è principalmente una sala dove i fedeli si radunano per pregare, non deve dare evocare la visione di un altro mondo ma deve prima di tutto essere accogliente. La sala era dignitosa ma al tempo stesso semplice. Come per le chiese, così per i castelli, nessun re d’Inghilterra o nobili inglese avrebbe voluto competere con i principi tedeschi per lusso e stravaganza. L’ideale del 700 inglese non fu il castello, bensì la casa in campagna. Gli architetti delle case di campagna evitarono perlopiù le stravaganze del barocco: ambivano a non infrangere alcuna regola del “buon gusto”. Le case erano ispirate al modello dell’architettura classica e in particolar modo alle opere di Andrea Palladio. Per questo il 700 in Inghilterra fu denominato il secolo della ragione, che richiamasse il buon gusto, attenendosi il più possibile alle regole dell’architettura classica aborrendo lo sfarzo del barocco condannato assurdo e artificioso. Era contrario ai voli di fantasia dei progetti barocchi e a un’arte tesa a impressionare e suggestionare gli animi. I vasti parchi di Versailles furono considerati eccessivi, prediligendo parchi e i giardini panoramici, che facevano sfondo alle loro ville palladiane. Questi dovevano riflettere la bellezza della natura, ispirandosi ai quadri di Claude Lorrain, componendo scenari armoniosi. La casa di Lord Burlington, progettata da se stesso e decorata da William Kent, mostra un chiaro esempio di una villa palladiana, ultimo grido di moda all’epoca. E’ l’imitazione fedele della villa Rotonda del Palladio. A differenza degli altri architetti dell’Europa cattolica, questa casa riporta molto elementi dell’architettura classica: un portico ha la forma esatta di un frontone classico corinzio e i muri dell’edificio sono disadorni, senza curve o decorazioni bizzarre. “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 46 Per gli artisti non era un grande periodo visto che i gentiluomini volevano principalmente affidare ordinazioni ad artisti che si erano fatti un nome in paesi stranieri.
Questo irritò molti pittori come William Hogarth che scelse di creare opere che avessero presa sui concittadini come la narrazione dei vizi del libertino e i premi della virtù. La sua arte per conquistare un popolo puritano doveva avere una destinazione evidente. Studiò i maestri del passato e la loro tecnica pittorica come Jan Steen che riempivano i quadri con episodi pieni di arguzia tratti dalla vita del popolo ed eccellevano nel riprodurre i caratteri.
Scrisse un libro intitolato The Analysis of Beauty in cui sostiene che la linea ondulata è stata sempre più bella della linea ad angolo. Anche lui apparteneva al secolo della ragione e credeva nelle norme oggettiva del buon gusto, tuttavia Hogarth non riuscì a distogliere i suoi compatrioti dalla predilezione per i maestri antichi, l’unica speranza per un artista era lo studio attento e l’imitazione dei pregi maggiori dei maestri antichi. Solo una generazione dopo nacque un pittore la cui arte soddisfece la società inglese: Sir Joshua Reynolds. Reynolds era stato in Italia e studò attentamente i maestri antichi. Riteneva che la tecnica giusta potesse essere insegnata in larga misura purchè gli studenti avessero la possibilità di studiare i capolavori consacrati dell’arte italiana.
Gli artisti dovevano ancora combattere contro lo snobismo verso le arti manuali. Reynolds frequentava gli ambienti più abbienti di Londra, e benchè egli credesse nella superiorità della pittura e sperasse di farla risorgere in Inghilterra, accettava il fatto che l’unico genere d’arte veramente richiesto in questi ambienti era il ritratto. Nei suoi ritratti metteva in risalto il carattere delle persone e il loro ruolo in società. Anche dovendo ritrarre un bambino Reynolds tentava di far più un semplice ritratto, ambientandolo con cura. Un esempio di questi dipinti è il ritratto di Miss Bowles e il suo cane. L’artista mira a mostrarci il commovente affetto della bambina per il suo animaletto. Egli voleva mettere in evidenza il carattere dolce della bimba e far vivere per noi la sua gentilezza e il suo fascino. Reynolds non permise mai che l’interesse per il soggetto rovinasse l’armonia del quadro. Thomas Gainsbourough si era fatto da sé e non accettava di copiare i maestri, al contrario del più elaborato e sofisticato Reynolds, voleva dipingere ritratti schietti e anticonvenzionali in cui dispiegare la pennellata brillante e il colpo d’occhio sicuro. Un suo ritratto è Miss Haverfield.
Il pittore la dipinse nell’atto di allacciare il nastro del mantello e seppe infondere in quel semplice movimento una tale “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 47 grazia e un tale incanto. In questo dipinto dimostra un’abilità incomparabile nella riproduzione dei tessuti e della superficie degli oggetti. Egli trovò pochi compratori per i suoi paesaggi di tranquille campagne sicché la maggior parte dei suo quadri rimase allo studio di schizzi fatti per suo personale piacere. I suoi schizzi non sono vedute disegnate direttamente dal vero, sono composizioni panoramiche destinate a evocare uno stato d’animo. Anche in Francia nel primo 700, il gusto barocco aveva lasciato il posto agli accenti più intimi e delicati del rococò di Watteau. Ora tutto questo trasognato mondo aristocratico cominciava a perdere importanza. I pittori presero a osservare la vita quotidiana degli uomini del loro tempo, a disegnare scenette patetiche e divertenti capaci di svilupparsi in un racconto.
Il più grande tra i pittori di questo filone fu Jean-Baptiste-Simeon Chardin che amava le tranquille visioni della vita spicciola di ogni giorno, il colore è calmo, moderato e opaco, lo si osserva nell’opera Il Benedicite. In Francia, come in Inghilterra, il rinnovato interesse per la gente comune, che andava sostituendo gli orpelli del potere, andò a beneficio dell’arte ritrattistica. Forse il più grande ritrattista francese non fu un pittore ma uno scultore, Jean-Antoine Houdon che nelle sue opere continuò la tradizione continua cento anni prima da Bernini, lo si vede nel busto da lui scolpito di Voltaire, dove si può vedere lo spirito mordace e un’intelligenza penetrante proprio come il busto di Costanza Buonarelli di Bernini. 24. LA TRADIZIONE SI SPEZZA (Inghilterra, America e Francia. Tardo 700 e primo 800) A partire dal rinascimento le mode andavano spesso mutando e gli artisti si proponevano problemi diversi, ma il fine della scultura e della pittura rimaneva immutato, fornire cose belle a chi le voleva e le sapeva godere.
Anche gli “idealisti” riconoscevano che l’artista doveva studiare la natura e imparare a disegnare il nudo; d’altra parte pure i “naturalisti” erano d’accordo sull’insuperata bellezza delle opere dell’antichità classica. Verso la fine del 700 molte affinità andarono a poco a poco scomparendo e derivavano molti cambiamenti della concezione di arte. Nel secolo della Ragione le persone cominciarono a prendere coscienza dei vari stili. Qualcuno cominciava a volere qualcosa di diverso dagli altri. La consapevolezza consentì alla gente di scegliersi uno stile architettonico come si sceglie una carta da parati. Molti viaggiatori notavano che c’era differenza tra i templi greci e i disegni di Palladio. Nacque negli architetti la preoccupazione per lo stile corretto. Questa rigida applicazione delle regole classiche “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 50 conservatrici fu Jean-Auguste-Dominique Ingres che ribadiva la necessità della rigorosa precisione dello studio del vero e disprezzava l’improvvisazione e il disordine.
Tra i suoi principali oppositori ci fu Eugene Delacroix che non tollerava i richiami greci e romani, l’importanza del disegno esatto. Egli riteneva che il colore fosse più importante del disegno e la fantasia della ricerca. Nei suoi quadri non ci sono contorni nitidi e i nudi non sono modellati La pittura del paesaggio stava affermandosi come genere dominante nel XIX sec. e uno di suoi principali esponenti fu Camille Corot che era partito dal rendere il reale ma voleva catturare anche qualcosa di diverso utilizzando il colore per dare maggiore tono alle sue figure.
La rivoluzione successiva prese di mira soprattutto le convenzioni che reggevano la scelta del soggetto. Nelle accademie prevaleva l’idea che pittore dignitose dovessero rappresentare personaggi dignitosi, come contadini e lavoratori. Fu il pittore Gustave Coubert a dare il nome a questo movimento: il realismo
Non voleva grazia ma verità. Voleva che i suoi quadri fossero una protesta contro le convenzioni correnti del tempo, che proclamassero il valore il valore dell’intransigenza e della spontaneità artistica contro l’abile rimaneggiamento dei paradigmi tradizionali.
Altri artisti pensarono che era necessario tornare a prima di Raffaello e fondarono la “confraternita preraffaellita”, ma il suo ideale non ebbe successo.
La terza ondata rivoluzionaria in Francia fu portata avanti da Edouard Manet e dai suoi amici che seguivano la linea impostata da Coubert. Il pubblico si era talmente abituato a vedere le cose rappresentate col chiaroscuro che si era dimenticato che alla luce del sole non si possono cogliere le gradazioni di passaggio tra l’ombra e la luce. Alla luce i contrasti sono netti. Tali idee sulle prime sembravano stravaganti. Per tutta la storia si è stati propensi a giudicare i quadri più da ciò che sappiamo che da ciò che vediamo.
Si può dire che Manet e i suoi seguaci provocarono nella cromatica una rivoluzione pari quasi alla rivoluzione apportata dai greci al trattamento delle forme.
Scoprirono che all’aria aperta noi non vediamo i singoli oggetti con il loro colore, ma piuttosto una mescolanza di toni che si fondono nella nostra mente.
A volte all’aria aperta e in piena luce le forme rotonde appaiono talvolta piatte, come semplici macchie di colore. Manet voleva approfondire questo aspetto e per questo quando ci troviamo dinanzi una sua opera essa ci appare più vivida di qualsiasi opera di un maestro antico.
Le nuove teorie non riguardavano soltanto il trattamento dei colori ma anche l’impressione del movimento. Fra i pittori che si unirono a Manet ci fu Claude Monet che si era fatto creare lo studio su “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 51 una barca per poter notare le variazioni e gli effetti del passaggio fluviale. Secondo la sua visione il pittore non ha agio di mescolare e armonizzare i colori, e tanto meno a stenderli a strati come i pittori antichi: deve fissarli subito su una tela con rapidi colpi, non curandosi dei particolari ma dell’effetto di insieme.
Questi pittori vennero chiamati impressionisti, perché i loro quadri non si basavano su una solida conoscenza e reputavano sufficiente un’impressione fuggevole. Non soltanto la tecnica ma anche il genere dei soggetti scandalizzava i critici. Nel passato ci aspettava dai pittori la scelta di un angolo di natura che fosse pittoresco, ma questo è assurdo perché voleva dire basarsi su temi già visti nei quadri precedenti.
I giovani pittori applicarono i loro nuovi principi non solamente al paesaggio, ma anche a scene i vita quotidiana come fece Pierre Auguste Renoir. Gli impressionisti non poterono basarsi sulle conquiste delle precedenti generazioni. Sapevano che l’occhio era uno strumento fantastico ma queste pitture bisogna saperle guardare. Ci volle tempo prima che il pubblico apprezzasse un quadro impressionistico. Tutti i pregiudizi legati al soggetto dignitoso, al disegno esatto erano accantonati. Questi sviluppi ebbero un duro colpo sulla critica che non si riprese più.
Gli alleati dei pittori che gli consentirono di raggiungere una vittoria così rapida furono la fotografia che richiedeva all’inizio lunghi tempi di esposizione, ma che aiutò anche a scoprire il fascino delle vedute casuali. Gli artisti furono costretti ad esplorare ambiti inaccessibili alla fotografia e questo permise all’arte moderna di essere quello che è oggi.
Il secondo alleato degli impressionisti furono le pitture cinesi che ebbero grande successo in quel periodo. Queste figure non esitavano a rappresentare figure ritagliate, rappresentando il netto successo della visione sulla conoscenza. Il pittore che fu principalmente colpito da questo fu Edgar Degas che nelle sue pitture voleva dare risalto allo spazio e alla solidità del forme viste dalle angolazioni più inattese, il suo interesse era quello di giocare con luci e ombre e la possibilità di dare dinamismo allo spazio.
I principi essenziali del nuovo movimento potevano trovare espressione nella lotta contro il modernismo che vide come protagonista o scultore francese Auguste Rodin. Come gli impressionisti disprezzava la rifinitura esteriore e preferiva lasciare un po’ di margine alla fantasia dello spettatore.
Fuori dalla Francia uno dei più famosi seguaci del movimento fu James Abbott McNeill Whistler. La sua preoccupazione principale non erano gli effetti di luce ma quanto piuttosto la composizione di delicati schemi pittorici. In pittura non importa il soggetto ma il modo in cui esso viene tradotto in forme e colori. Whistler divenne una figura di primo piano del cosiddetto “estetismo” secondo cui la sensibilità artistica è l’unica cosa seria della vita. “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 52 26. ALLA RICERCA DI NUOVI CANONI (il tardo ottocento) I critici soprattutto in Inghilterra erano afflitti dalla decadenza dell’artigianato dovuto alla rivoluzione industriale. La loro propaganda non riuscì ad abolire la produzione in serie, ma contribuì ad aprire gli occhi del pubblico su certi problemi diffondendo il gusto del genuino.
Ma molti artisti agognavano ad un’arte nuova, l’Art Nouveau. Gli architetti sperimentavano nuovi motivi ornamentali. Per la prima volta dai tempi di Brunelleschi gli architetti europei si trovarono di fronte ad uno stile nuovo.
Gli impressionisti spesso vengono considerati come i primi pittori moderni ma la loro concezione di rappresentare la natura così come la vediamo non erano lontane dalle scoperte rinascimentali della natura. Forse il primo a possedere una chiara nozione della natura fu Paul Cezanne. Egli mirava a un’arte che avesse qualcosa di grande maestosità e serenità. Era d’accordo con gli impressionisti che i metodi dell’accademia erano contrari alla natura. Il compito consisteva nel dipingere sur nature, nel valersi delle scoperte degli impressionisti, ma allo stesso tempo riconquistare quel senso di ordine che era stato proprio dell’arte di Poussin. Cezanne aborriva alla confusione, egli desiderava colori intensi e forti non meno di quanto desiderava composizioni nitide. Il suo desiderio di fedeltà alle impressioni provare di fronte al soggetto pareva cozzare con il suo desiderio di ridurre, come diceva, l’impressionismo a qualcosa di più solido e persistente. Cezanne aveva deciso di non accettare nessun metodo pittorico tradizionale, ha voluto ricominciare da capo come se non fosse esistita la pittura prima di lui. C’era una cosa che egli era disposto a sacrificare: la convenzionale “esattezza” del contorno.
George Seurat, si accingeva ad affrontare lo stesso problema come se fosse un’equazione matematica e decise di dipingere i suoi quadri come un mosaico, mediante piccoli tocchi regolari di colori puri, tecnica nota con il nome di pointillisme. Nel 1888 arrivò a Parigi Vincent Van Gogh. Egli bramava un’arte scevra di cerebralismi che non richiamasse soltanto l’attenzione dei ricchi intenditori ma desse gioia e consolazione a ogni creatura umana. Van Gogh usava le pennellate non solo per frantumare il colore ma anche per esprimere la sua concitazione. Van Gogh voleva che la sua pittura esprimesse ciò che sentiva, e se la deformazione avesse servito al suo scopo, avrebbe usato la deformazione.
Diverso è il caso di un altro artista Paul Gauguin che scelse di lasciare l’Europa convinto che la conoscenza accumulata avessero privato l’uomo del massimo dei doni: la forza e l’intensità del sentimento e la capacità di esprimerlo in forma diretta. A differenza di Cezanne non si preoccupò che le forme semplificate e gli schemi cromatici rendessero i quadri piatti.
Cezanne, Van Gogh e Gauguin “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 55 all’angoscia e all’emozione di quell’urlo. Gli occhi fissi e le guance incavate ricordano un teschio. Qualcosa di terribile deve essere avvenuto, ma non sapremo mai cosa. Il caricaturista poteva rappresentare la bruttezza dell’uomo ma non gli veniva concesso di imbruttire in luogo di idealizzare. Espressionisti sentivano così tanto le emozioni, la sofferenza umana, la miseria, la violenza, la passione, che consideravano poco onesta l’insistenza sull’armonia e la bellezza dell’arte. L’arte dei maestri classici sembrava loro falsa e ipocrita. Divenne quasi un punto d’onore evitare tutto ciò che sapesse di grazia e armonia, scandalizzando i borghesi e scuotendone la compiaciuta soddisfazione. L’Espressionismo ebbe la sua massima fortuna in Germania. L’artista tedesca Kathe Kollwitz era molto sensibile nei confronti dei poveri e dei diseredati e voleva farsi paladina della loro causa. La sua illustrazione “Il bisogno”, si ispira a un dramma sulla condizione degli operai tessili della Slesia in un periodo di disoccupazione e rivolta sociale. Ci si chiedeva se l’arte si fosse mai elevata così tanto da abbandonare ogni riferimento al mondo oggettivo. Al contrario di Millet che nelle sue spigolatrici voleva farci sentire la dignità del lavoro materiale, lei non vedeva altro sbocco se non la rivoluzione, ispirando tanti artisti e propagandisti del comunismo dell’Est. Nel 1906 un gruppo di pittori tedeschi fondò una società chiamata Die Brucke per dare un taglio netto con il passato e lottare per una nuova idea. Emil Nolde, una delle sue suggestive incisioni in legno, “Il Profeta”, che illustra bene gli effetti forti ai quali questi artisti tendevano. La loro stilizzazione consisteva nel mettersi totalmente al servizio dell’enfasi espressiva, e così tutto si concentra nella contemplazione estatica del mistico. Il movimento espressionista trovò il suo terreno più fertile in Germania. Quando salirono al potere i nazionalsocialisti nel 1933, tutta l’arte moderna fu bandita e i maggiori esponenti del movimento furono esiliati o fu loro vietato di lavorare, come alle sculture espressionista Ernst Barlach, la cui scultura “Pietà!”, mostra una grande intensità espressiva nel semplice gesto delle mani vecchie e ossute di questa mendicante., la quale china si copre il capo con il mantello in un patetico richiamo. Fra i pittori che scandalizzarono il pubblico rifiutando di vedere solo il lato piacevole delle cose, fu l’austriaco Oscar Kokoschka, le cui prime opere esposte a Vienna nel 1909 provocarono un’ondata d’indignazione. Il suo quadro “Bambini che giocano” mostra un gruppo di bambini che giocano. Se ripensiamo ai ritratti di fanciulli dei grandi artisti come Rubens, Velàzquez, Reynolds o Gainsborough, comprendiamo le ragioni dello scandalo. Nel passato un bambino in un quadro doveva apparire grazioso e contento. Gli adulti non volevano “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 56 sapere di angosce e dolori infantili. L’artista ha colto la pensosità e il carattere trasognato, la goffaggine dei movimenti e le disarmonie dei corpi in sviluppo. La sua opera è tanto più simile al vero proprio per quello che le manca di esattezza convenzionale, non usò i prodotti correnti del disegno esatto. L’arte di Barlach o di Kokoschka si può difficilmente definire sperimentale. Ma la dottrina dell’espressionismo in sé stessa incoraggiava indubbiamente l’esperimento se ci si doveva mettere alla prova. Ciò che importava in arte non era l’imitazione della natura ma l’espressione dei sentimenti mediante la scelta di linee e colori, era legittimo chiedersi se l’arte non si sarebbe elevata abbandonando ogni riferimento al mondo oggettivo e basandosi esclusivamente sugli effetti di toni e forme. Il pittore Vasilij Kandinskii ambiva a un mondo rinnovato mediante un’arte di pura “spiritualità”. Egli pose in rilievo gli effetti psicologici del colore puro, il modo in cui il rosso vivo può colpirci come uno squillo di tromba.Nei suoi dipinti il linguaggio musicale è applicato ai colori, dando inizio all’arte astratta, un esempio è il dipinto “Cosacchi”. Fu il primo pittore che arrivò a realizzare un quadro che non rappresentava alcun oggetto identificabile: primi esempi di arte figurativa. Il cubismo nato a Parigi, determinò un distacco ancora più radicale dalle tradizioni pittoriche occidentali degli accordi cromatici espressionisti di Kandinskij. Cubismo non voleva abolire figura ma revisionarla: il punto di origine fu il conflitto tra il disegno e il senso del volume, il bisogno di riconciliare la rappresentazione della realtà con un segno incisivo. Sia Van Gogh che Gauguin avevano incoraggiato gli artisti ad abbandonare l’arte estremamente raffinata per forme e schemi cromatici schietti e immediati. Gli artisti iniziarono ad amare i colori semplici e le audaci armonie barbariche e a disegnare le sottigliezze. Nel 1905 un gruppo di giovani pittori conosciuti come Les Fauves allestì una mostra a Parigi. Dovevano il loro nome all’aperto rifiuto delle forme naturalistiche e al gusto dei colori violenti. Il più celebre del gruppo fu Henri Matisse. Studiò gli schemi cromatici dei tappeti orientali e dello scenario naturale nordafricano, sviluppando uno stile che ha esercitato una grande influenza sul disegno moderno. Il suo dipinto “La Desserte”. Matisse si spinse oltre nella trasformazione in ornamento dell’impressione visiva. Il gioco del disegno degli oggetti disposti sulla tavola è il motivo essenziale del quadro. La semplificazione dei contorni e perfino la distorsione delle forme della donna e degli alberi sono indispensabili agli effetti del loro inserimento fra i fiori della tappezzeria. L’artista chiamò la “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 57 pittura un’”armonia in rosso”. C’è qualcosa di decorativo dei disegni infantili nei colori smaglianti e nei contorni semplici di questi quadri, anche se Matisse non rinunciò mai a un’intellettualistica raffinatezza. Picasso, pittore spagnolo, iniziò dipingendo a Parigi soggetti graditi dagli espressionisti come mendicanti e reietti. Ma non fu soddisfatto e iniziò così a studiare l’arte primitiva sulla quale Gauguin e Matisse avevano attirato l’attenzione. Picasso imparò come fosse possibile costruire l’immagine di un volto o di un oggetto con pochissimi e semplicissimi elementi, il che era diverso dall’impressione visiva degli artisti precedenti. Si poteva costruire il quadro con oggetti semplici pur mantenendogli solidità e profondità. Secondo Cézanne il quadro andava costruito con forme di solidi come coni e cilindri. La “natura morta con violino” presenta un ritornò quasi ai principi egizi secondo cui un oggetto era disegnato dall’angolo visivo atto a farne risaltare più chiaramente la forma caratteristica. Nonostante questa confusione apparente di forme sconnesse il quadro non è caotico. L’artista lo ha costruito con parti più o meno uniformi, e l’insieme risulta coerente come certe opere d’arte primitiva. L’insieme risulta coerente come certe opere dell’arte primitiva. Esso è attuabile solo con forme più o meno familiari. I cubisti usarono sempre motivi semplici perché spettatore doveva conoscere la forma reale dell’oggetto per coglierne gli aspetti del quadro. Questa è la ragione per cui i pittori cubisti scelsero per lo più motivi comuni, chitarre, bottiglie e figure umane. Il cubismo presume che gli spettatori sappiano quale sia l’aspetto di un violino e che non vengano dinanzi ai loro quadri per ricevere questa informazione elementare, il pittore invita e costruire l'idea di un oggetto tangibile e solido mediante qualche piatto frammento esposto sulla tela. Il cubismo rappresentò un tentativo di non avallare il paradosso della profondità della superficie, come invece fecero i Fauves; Picasso voleva scoprire fin dove si potesse spingere il tentativo di ricavare dalle forme e dai materiali più eterogenei l’immagine di un oggetto (“Testa”). Picasso mutò i suoi metodi tornando a volte a forme tradizionali, salde e persuasive come il piatto “Uccello”. Per Whistler ogni soggetto per un artista non è che un pretesto per studiare l’equilibrio del colore e del disegno: il cubismo è ripartito da dove si era fermato Cézanne, per questi artisti era più importante la forma che il soggetto. Paul Klee, pittore e musicista svizzero, fu molto impressionato dagli esperimenti cubisti. Tali esperimenti gli indicarono non tanto la strada verso nuovi metodi di rappresentazione della “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 60 contare tutti i dettagli del dipinto. Furono chiamati “Pittori della domenica” e il loro orgoglio fu essere “terra-terra” e concreti, dipingendo quadri che anche l’uomo comune potesse comprendere. L’americano Grant Wood celebrò la bellezza del nativo Iowa con voluta semplicità. Per il quadro “Risveglio Primaverile”, egli fece perfino un modellino in creta che gli consentiva di studiare la scena da un punto di vista inatteso, conferendo all’opera qualcosa dell’incanto di un giocattolo che riproduce un paesaggio. - SURREALISMO: Movimento artistico diffusasi in Europa a partire da Parigi nella prima metà del Novecento. La caratteristica comune a tutte le opere surrealiste è la critica radicale alla razionalità cosciente, e la liberazione delle potenzialità immaginative dell'inconscio per il raggiungimento di uno stato conoscitivo "oltre" la realtà (sur-realtà) in cui veglia e sogno sono entrambe presenti e si conciliano in modo armonico e profondo. Il Surrealismo è certamente la più "onirica" delle manifestazioni artistiche, proprio perché dà accesso a ciò che sta oltre il visibile. Inoltre esso comprende immagini nitide e reali ma accostandole tra di loro senza alcun nesso logico. E’ quel processo in cui l'inconscio, quella parte di noi che emerge durante i sogni, emerge anche quando siamo svegli e ci permette di associare libere parole, pensieri e immagini senza freni inibitori e scopi preordinati. I maggiori esponenti surrealisti sono: De Chirico, Magritte, Giacometti, Dalì. Una strada poco percorsa in passato fu creare immagini di fantasia o di sogno come solo Goya aveva fatto. Fu l’ambizione dell’artista greco Giorgio De Chirico catturare quel senso di estraneità che ci può invadere nell’impatto con l’imprevisto e con l’enigma totale. Impiegando le tecniche tradizionali di rappresentazione, egli mise insieme una monumentale testa classica e un grosso guanto di gomma in una città deserta, “Canto d’amore”. Anche René Magritte fu fedele a questo indirizzo e molte delle sue immagini oniriche, dipinte con accuratezza meticolosa e presentate con titoli inquietanti, sono memorabili proprio in quanto inspiegabili. Come il dipinto “Tentando l’impossibile”. Gli artisti si spinsero sempre più verso la sperimentazione. L’artista di Magritte si cimenta nell’impegno tipico delle accademie, dipingere un nudo, rendendosi però conto che non sta copiando la realtà bensì creando una nuova realtà, proprio come facciamo nei sogni. Un altro artista surrealista fu il pittore italo- svizzero Alberto Giacometti. Guardando la sua scultura “Testa” , ci può far pensare all’opera di Brancusi, sebbene non fosse tanto la semplificazione che egli perseguiva quanto il “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 61 raggiungimento dell’espressione con mezzi minimi. Ciò che si può vedere nella lastra non consiste che in incavi, uno verticale e uno orizzontale, ma essa ci guarda fissamente. Ispirati dagli scritti di Freud e dall’inconscio che prende il sopravvento in noi fanciullo, gli artisti surrealisti che l’arte non può mai essere il prodotto della piena ragione, ma solo l’irrazionale può darci l’arte. I surrealisti vanno alla ricerca di stati mentali in cui possa affiorare ciò che è profondamente sepolto nell’inconscio. Uno dei principali pittori surrealisti, lo spagnolo Salvador Dalì, tentò di imitare la magica confusione della nostra esistenza onirica. In alcuni dei suoi quadri egli mescola frammenti sorprendenti e incoerenti del mondo reale dandoci la sensazione che questa apparente follia debba avere un senso. Esaminando il suo quadro “Apparizione di un volto e di una fruttiera su una spiaggia”, scopriamo che il paesaggio di sogno dell’angolo superiore destro, la baia con le sue onde e la montagna con la sua galleria, rappresenta al tempo stesso il muso di un cane il cui collare è anche un viadotto ferroviario sul mare. Il cane è sospeso a mezz’aria e la parte centrale del suo corpo è formata da una fruttiera con pere, fusa a sua volta con il viso di una ragazza i cuoi occhi sono formati da strane conchiglie su una spiaggia costellata di enigmatiche apparizioni. Come in sogno, certe cose si stagliano con chiarezza inattesa, mentre altre forme restano vaghe e ambigue. Gli artisti moderni non possono più accontentarsi di rappresentare semplicemente ciò che vedono. Quello che attira la nostra attenzione è la coincidenza di varie cose in ogni singola forma che richiama diversi significati. Il segreto dell’artista consiste nel compiere tanto bene il proprio lavoro che quasi ci dimentichiamo di domandare quali fossero in origine le sue intenzioni. Fu un momento decisivo nella storia dell’arte quello in cui il pubblico fissò a tal segno la propria attenzione sulla tecnica altamente artistica sviluppata dai pittori da dimenticare di dare loro compiti più determinati. “La Storia dell’Arte” | Riassunto di Matteo Valori 62 “Ecco la ragione per cui ho tentato di narrare la storia dell’arte come la storia di una continua tessitura e trasformazione di tradizioni, dove ogni lavoro accenna al futuro e ricorda il passato. Non c’è aspetto della storia più affascinante di questo: una catena vivente collega ancora l’arte dei nostri giorni a quella dell’età delle piramidi. L’unico compito che essi additano all’artista è alla creazione di qualcosa di nuovo, ogni opera rappresenterebbe un nuovo stile, una nuova teoria.” E. H. GOMBRICH