Scarica Grammatica italiana sintesi principali argomenti e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Grammatica e Composizione solo su Docsity! L’AGGETTIVO L'aggettivo (dal latino adiectivus «che aggiunge») è quella parte variabile del discorso che si aggiunge al nome per qualificarlo o per determinarlo meglio. A seconda della loro funzione, gli aggettivi si distinguono in qualificativi e determinativi. Aggettivo qualificativo L'aggettivo qualificativo esprime una qualità del nome al quale si aggiunge: ad esempio, casa grande, mare calmo, fiore profumato, bella ragazza, ecc. I gradi dell’aggettivo qualificativo I gradi dell'aggettivo qualificativo sono tre: a) grado positivo quando l'aggettivo esprime una semplice qualità (bello); b) grado comparativo indica un confronto di uguaglianza, di superiorità o di inferiorità fra due termini: comparativo di uguaglianza, quando la qualità espressa dall'aggettivo è uguale nei due termini messi a confronto. Ad esempio: Sonia è così buona come Giovanna. comparativo di maggioranza, quando la qualità espressa dall'aggettivo è posseduta in grado maggiore dal primo termine di paragone. Ad esempio: Paolo è più buono di Sandro. comparativo di minoranza, quando la qualità espressa dall'aggettivo è posseduta dal primo termine di paragone in grado minore. Ad esempio: Egli è meno bravo di te. c) grado superlativo quando esprime il grado massimo di una qualità. Si divide in due tipi: Il superlativo assoluto, quando il massimo grado della qualità è espresso senza alcun paragone. Esso si forma aggiungendo al tema dell'aggettivo il suffisso -issimo: bellissimo, carissima, velocissimi, graziosissime; Il superlativo relativo (di maggioranza e di minoranza), quando il massimo grado è espresso con un paragone. Esso si forma premettendo l'articolo al comparativo di maggioranza o di minoranza. Ad esempio, Carlo è il più bravo della classe; Elisa è la meno dotata tra le compagne. Aggettivi determinativi Gli aggettivi che, nei riguardi del nome, precisano il possesso, la posizione, la quantità o il numero si distinguono in: Aggettivi possessivi Gli aggettivi possessivi indicano l'appartenenza di un oggetto (o di un essere) e contemporaneamente il possessore; essi sono: mio - mia - miei - mie tuo - tua - tuoi - tue suo - sua - suoi - sue nostro - nostra - nostri - nostre vostro - vostra - vostri - vostre loro altrui Tra gli aggettivi possessivi si colloca proprio (propria, propri, proprie) che usato da solo è sempre di terza persona. Esempio: Egli ha scontato la propria colpa. L'aggettivo dimostrativo Aggettivi dimostrativi Indica un essere o una cosa nel suo rapporto di vicinanza o di lontananza nello spazio e nel tempo. I più comuni sono: questo questa questi queste codesto codesta codesti codeste quello (quel) quella quelli (quegli, quei) quelle stesso stessa stessi stesse medesimo medesima medesimi medesime Questo indica un essere o una cosa vicina a chi parla; Codesto indica, invece, un essere vicino a chi ascolta e lontano da chi parla; Quello indica un essere lontano da chi parla e da chi ascolta. Esempi: Ti regalo questo libro; Dammi codesta rivista; Guarda là quel palazzo. Parlando di tempo, questo si riferisce a tempo vicino a noi, quello a tempo lontano da noi. Stesso e medesimo indicano identità, somiglianza oppure servono a rafforzare un sostantivo. Esempi: Sono arrivati con lo stesso treno; Ho avuto la medesima idea. Altri aggettivi dimostrativi, con valore propriamente di qualità, sono: tale, quale, cotale, siffatto, cosiffatto. Aggettivi indefiniti Indicano la qualità e la quantità in modo indeterminato. Ecco le principali forme: Qualità Qualunque Qualsiasi Qualsivoglia Altro Quantità Qualche Di affermazione, negazione, dubbio: Indicano affermazione. Indicano negazione. Indicano dubbio. sì, davvero, sicuramente non, mai, giammai, nemmeno forse, probabilmente IL VERBO Il verbo è la parte variabile del discorso che annuncia le azioni compiute da persone, animali, cose. È l’elemento più importante della frase: il centro attorno a cui si organizzano gli altri elementi. I verbi ausiliari Il verbo essere e il verbo avere possono essere usati nel loro significato proprio, quando una persona deve dire chi è (Sono Francesco. Lui è Marco), dove si trova (Sono a scuola. Siamo a Milano. Siete al parco?) e cosa possiede (Ho tanti amici. Hai una nuova borsa). Il verbo essere e il verbo avere, però, possono anche essere usati come ausiliari, ovvero come “aiuto” a tutti i verbi per formare i tempi composti. Ad esempio: Ho giocato. Abbiamo dormito. Hai nuotato. Avete mangiato. Il verbo essere serve per creare la forma passiva di tutti i verbi. I verbi servili Dovere, potere e volere sono verbi servili: si uniscono all’infinito di un altro verbo indicando in che modo avviene un’azione. Dovere indica la necessità di un’azione: Devo studiare. Dovresti riposare. Potere indica la possibilità di un’azione: Potrei uscire. Possiamo bere. Volere indica la volontà: Vuole parlare. Vorrebbe scusarsi. I verbi fraseologici I verbi fraseologici si uniscono all’infinito o al gerundio di un altro verbo ed esprimono l’aspetto dell’azione. In particolare, indicano: - l’imminenza di un’azione: Sta per piovere. Si usano a questo scopo le espressioni: stare per, essere per, essere sul punto di. - l’inizio di un’azione: Comincia a piovere. Si usano a questo scopo le espressioni: cominciare a, mettersi a. - lo svolgimento di un’azione: Sta piovendo. Si usano: stare + gerundio, andare + gerundio. - la durata di un’azione: Continua a piovere. Si usano: continuare a, insistere a. - la conclusione di un’azione: Ha smesso di piovere. Si usano: finire di, smettere di. Verbi transitivi e intransitivi I verbi transitivi sono quelli che reggono, o possono reggere, un complemento oggetto. I verbi intransitivi sono quelli che non possono reggere un complemento oggetto. Il complemento oggetto è direttamente collegato al verbo. Risponde alle domande: “chi?/che cosa?” e non è introdotto da preposizioni. Ad esempio: Maria studia (che cosa?) la grammatica francese. Studiare è un verbo transitivo, perché regge il complemento oggetto, in questo caso la grammatica francese. Esempio: Marta chiama (chi?) la mamma. Chiamare è un verbo transitivo, perché regge il complemento oggetto, in questo caso la mamma. Esempio: Giorgio ha telefonato (a chi?) a Marco. Telefonare non è un verbo transitivo, perché non regge il complemento oggetto: a Marco, infatti, è un complemento di termine. Forma attiva Esempio: Giovanni lava i piatti. Giovanni compie l’azione ed è il soggetto grammaticale della frase. Tutti i verbi hanno la forma attiva. Ad esempio: Marta mangia la mela. Luca studia italiano. Marco scrive una lettera. Forma passiva Esempio: I piatti sono lavati da Giovanni. Giovanni compie l’azione, ma non è il soggetto grammaticale della frase. I piatti sono il soggetto della frase e subiscono l’azione di essere lavati. Solo i verbi transitivi possono avere la forma passiva e la forma riflessiva. Ad esempio: I cani sono seguiti dai bambini. Le galline sono allevate dalla nonna. La luce fu spenta dalla mamma. Forma riflessiva Esempio: Giovanni si lava. L’azione compiuta dal soggetto ricade sul soggetto stesso; in altre parole, soggetto e complemento oggetto coincidono. Il complemento oggetto è sempre espresso da un pronome personale atono: mi, ti, si, ci, vi, si. Ad esempio: Maria si pettina. Marco e Chiara si abbracciavano. Adesso ci facciamo una bella doccia! L’interiezione o esclamazione L’interiezione, detta anche esclamazione, è la parte invariabile del discorso mediante la quale si esprime una sensazione, un sentimento di vario genere (gioia, paura, dolore, ecc.). L’interiezione è sintatticamente staccata dalla frase, cioè non è indispensabile al significato della stessa. Ad esempio, nella frase “ahi, mi sono fatto male al piede” l’interiezione esprime una sensazione di dolore, ma potrebbe anche essere omessa senza pregiudicare il significato della frase stessa. Onomatopee Le onomatopee, parole che riproducono suoni e rumori, possono essere considerate simili alle interiezioni e sono spesso utilizzate nei fumetti: crash!, sob!, splash!, ecc. Sintassi Un insieme di parole aventi un senso compiuto, che generalmente si conclude con un punto, è chiamato periodo. Un periodo è composto da una o più proposizioni, che sono degli insiemi di parole tra le quali necessariamente c’è un verbo. Per sapere quante proposizioni compongono un periodo, basta individuare i verbi. Analisi della proposizione Ogni proposizione è formata da diverse parti: tra queste alcune sono essenziali, come il soggetto e il verbo che, in analisi logica, si chiama predicato; altri sono secondari e perciò si dicono complementi. Il soggetto È il nome o pronome, che indica una persona, un animale o una cosa, che fa l’azione o di cui si parla o anche, in caso di un verbo passivo, che subisce l’azione. Esempi: Mario studia; la mela sta sul tavolo. Il soggetto può essere anche sottinteso. Esempio: ho letto un giornale (soggetto sottinteso io). Il predicato Il predicato è costituito dal verbo della frase. Si ha il predicato verbale quando il verbo esprime in sé un senso compiuto, cioè una precisa azione o una particolare condizione. Es: Gianni legge il giornale, Maria studia, il bambino gioca, la relazione è redatta dall’impiegato (dove i verbi sono predicati verbali); Invece, quando la voce verbale, ad esempio del verbo essere, ha bisogno, per esprimere un senso compiuto, di essere accompagnata da un nome o da un aggettivo, insieme a quest’ultimo costituisce il predicato nominale, in cui la voce verbale si chiama più precisamente copula e il nome o l’aggettivo che l’accompagna si chiama nome del predicato. Esempio: Luigi è bravo, lo scolaro è negligente, voi siete volenterosi (dove i verbi, con gli aggettivi, costituiscono dei predicati nominali).