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i Diritti Umani, Diritto dell'Unione Europea , Anna Lucia Valvo, Sintesi del corso di Diritto dell'Unione Europea

Appunti presi a lezione relativi ai diritti umani

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017
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Caricato il 21/07/2017

rita_la_paglia
rita_la_paglia 🇮🇹

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Scarica i Diritti Umani, Diritto dell'Unione Europea , Anna Lucia Valvo e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! Capitolo VII: I DIRITTI UMANI NELL’UNIONE EUROPEA. 1.Considerazioni di carattere metodologico L’espressione diritti umani presenta non pochi problemi da un punto di vista definitorio. Se i diritti umani non fossero tutelati da un organismo giuridico e da normative, questi finirebbero col rimanere soltanto dichiarazioni d’intenzioni filosofiche, più che di diritto. L’ostacolo alla costituzione di un tale organismo è rappresentato dalla resistenza opposta dagli stati a limitare la loro sovranità. L’eccezione a quanto detto è rappresentata dalla Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma nel 1950 . si rileva facilmente come l’accordo internazionale che ha dato luogo a un organismo come quello della corte europea dei diritti dell’uomo, sia stato il frutto di un’omogeneità di concezioni, che gli stati firmatari possedevano. Per tentare di definire il concetto di diritti dell’uomo si deve trovare un accordo su cosa si intenda per uomo. Se l’uomo deve essere considerato uomo in quanto uomo oppure uomo in quanto cittadino. Va chiarito che tale termine prescinde da qualsiasi ruolo sociale attribuibile all’uomo, cittadino o lavoratore. La questione si ripropone nell’irrisolto problema se i diritti umani siano diritti naturali, immanenti cioè alla natura umana e in essa strutturati oppure se siano storicamente acquisiti e positivizzati. Il problema dei diritti umani è essenzialmente il problema del loro fondamento. Taluno sostiene che la ricerca del fondamento dei diritti umani è un’illusione, e che ogni ricerca del fondamento assoluto è infondata ed afferma che tali diritti si presentano come storicamente relativi e quindi diventa non possibile attribuire loro un fondamento assoluto sul presupposto che tali diritti sono spesso antinomici fra loro : i diritti individuali si oppongono ai diritti sociali, e l’attuazione integrale degli uni impedisce l’attuazione integrale degli altri. Si ha uno spostamento del discorso dal piano filosofico a quello politico nel senso che il problema di fondo dei diritti dell’uomo è oggi non tanto quello di giustificarli quanto quello di proteggerli. Quanto ai diritti umani astrattamente intesi, che i titolari dell’obbligo siano gli stati, appare indubitabile. Nel caso ad esempio dei diritti del fanciullo oltre allo stato però i titolari dell’obbligo sono gli adulti che compongono il nucleo esistenziale del fanciullo, la famiglia, le istituzioni sociali. Tuttavia si rileva che l’aspetto principale dell’attuale crisi del concetto dei diritti umani risiede nella frammentazione e nella smisurata moltiplicazione parzializzante dei diritti del soggetto. Questo è il caso della assolutizzazione dei diritti categoriali : anziani, donne, minoranze etniche. Si assistenza ad una frantumazione dell’uomo che diviene da ente unificante a fonte di infinita variabilità. Si rende inoltre necessario un chiarimento rispetto alla pretesa universalità dei diritti umani intesa in senso occidentalistico. L’idea diffusa in occidente è che il concetto dei diritti umani abbia una valenza universale o globale. Tuttavia la realtà dei fatti smentisce in modo categorico questa convinzione e la totalità degli stati non occidentali si mostra refrattaria a questa forma di imperialismo dei diritti umani ( occidentali). Si può dire che all’idea di una globalizzazione dei diritti umani intesa come utopia che intende superare i differenti retroterra culturali, si può molto più realisticamente contrapporre l’idea che i diritti umani che tengano conto delle specificità dei popoli e che possono avere uno statuto effettivo e un effettivo sistema di protezione, soltanto attraverso le differenti concezioni presenti nei diversi stati nazionali. 2. i diritti dell’uomo nell’unione europea: dai trattati istitutivi al trattato di nizza. I diritti umani possono essere considerati come fondamentali e corrispondono ad irrinunciabili esigenze spirituali e materiali della persona, sono i diritti alle libertà fondamentali civili, politiche, sociali,economiche, culturali. Sono universali nella misura in cui appartengono ad ogni essere umano per il solo fatto di essere tali. Sono inviolabili dato che nessun essere umano può esserne privato o vederli conculcati e sono anche indisponibili nel senso che ad essi nessuno può rinunciare sia pur volontariamente, salva la rinuncia volontaria al loro esercizio. Però a 70 anni dalla dichiarazione univers dei diritti umani si assiste ad una sistematica violazione di tali diritti. Alle enunciazioni dei diritti e delle libertà fondamentali non si accompagna una effettiva protezione degli stessi. È come dire che quella dei diritti dell’uomo è più una vittoria della idea che della effettiva realizzazione. E insieme con l’idea dei diritti umani sembra andar perdendo terreno anche l’idea della democrazia. Non può esistere una concreta realizzazione di diritti umani se non esiste un regime democratico nello stato nazionale che ne predisponga gli idonei strumenti di garanzia e protezione. Occorre ricordare che i trattati istitutivi nei loro testi originari, mancavano di ogni e qualsiasi riferimento ai diritti fondamentali. D’altra parte la vocazione in origine essenzialmente economica delle comunità europee ne giustifica la mancanza di indicazioni di merito. Nel corso degli anni divenne indispensabile individuare un modo per assicurare una protezione comunitaria dei diritti umani. In tale contesto un ruolo fondamentale è stato svolto dalla corte di giustizia che con i suoi sempre più frequenti richiami alla Dichiarazione univers dei dir uman e alla convenzione di roma da un canto ne ha garantito la effettiva tutela giuridica in ambito europeo e d’altro canto ne ha determinato l’inserimento nei trattati ue. La corte di giust non ha mancato di specificare che nel garantire la tutela di tali diritti è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri. Ai trattati internazionali in materia di diritti dell’uomo cui gli stati hanno cooperato o aderito rinvenendo dunque negli ordinamenti degli stati membri e nella cedu i due ambiti di riferimento dai quali estrapolare e rivedere in chiave ue i diritti fondamentali. La giurisprudenza della corte di giustizia rappresenta quindi la chiave di volta per la ricostruzione dei diritti fondamentali della persona quali principi guida dell’ordinamento dell’ue. Ad una codificazione dei diritti umani nell’ambito del lue si giunge con il trattato di Maastricht ma con il trattato di Amsterdam subisce una evoluzione decisiva con l’introduzione di disposizioni che conferiscono una specifica rilevanza ai diritti dell’uomo nella misura in cui il loro rispetto diventa uno dei principi su cui si fonda l’unione europea. Il trattato di lisbona ripropone la procedura di controllo introdotta con il tratt di nizza e anche l’art 7 tue che prevede la possibile sospensione di alcuni diritti degli stati membri che si rendono responsabili della violazione di quei valori su cui si fonda l’unione, espressamente richiamati nell art 2. la disposizione che consente anche una specie di controllo preventivo che si concretizza nella possibilità di constatare l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dei succitati valori, al di la della vaghezza della sua formulazione introduce una procedura che si presta a facili usi strumentali per fini che possono andare ben oltre la effettiva esigenza di rispetto e tutela di diritti e libertà fondamentali della persona. È contraddittoria l’espressione in quanto il rischio postula l’idea della eventualità che un qualcosa di negativo o di contrario al diritto accada, il rischio è meno certo del pericolo e l’espressione evidente al contrario è relativa a qualcosa di certo e di talmente manifesto che non necessita dimostrazioni. Si domanda quale possa essere l’oggetto della constatazione da parte del consiglio : lo stato infatti o ha posto in essere attività violative dei principi e valori di cui all art 2 oppure no. Non indica inoltre a quali criteri il consiglio debba ancorare la valutazione dell’evidente rischio. Questo ampio margine di discrezionalità di cui gode il consiglio può trasformarsi in arbitrio. Questa formulazione pone uno qualsiasi degli stati membri alla mercè di tutti gli altri i quali hanno la possibilità di puntare il dito contro uno qualsiasi degli stati per ragioni che poco o nulla hanno a che vedere con il rispetto dei valori di cui all’art 2 del trattato. A critiche si espone anche il par 2 dell’art 7 tue che contempla la partecipazione del consiglio europeo nella fase di constatazione dell esistenza di una violazione grave e persistente. La constatazione spetta al consiglio europeo ma il compito di adottare misure sospensive vs stato responsabile di violazioni spetta al consiglio. La sanzione ha carattere temporaneo , va da se che trascorso un certo periodo di tempo la situazione deve evolversi in positivo nel qual caso viene meno la sanzione e lo stato riacquisisce tutti i diritti inerenti allo status di stato membro dell’unione o in negativo ma non è prevista espulsione dello stato membro dall’organizzazione. Quanto alla possibile revoca o modifica delle misure sanzionatorie che può essere decisa “ per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione” si osserva la mancanza di indicazioni di carattere temporale, la qual cosa introduce un potere discrezionale del consiglio. Cambiamenti possono consistere sia in miglioramenti che peggioramenti. Il consiglio potrà quindi decidere non sulla base di criteri giuridicamente vincolanti ma su valutazioni di carattere politico. Discrezionalità facilmente tramutabile in arbitrio. 3. La Carta di Nizza: dal Consiglio europeo di colonia del 3-4 giugno 1999 al Consiglio europeo di Nizza del 7-9 dicembre 2000 Nonostante la carta europea dei diritti fondamentali, esista da molto tempo, essa ha acquistato uno status giuridicamente vincolante solo con l’entrata in vigore del trattato di lisbona. L’esigenza della compilazione di una carta dei diritti fondam era stata evidenziata nel corso del consiglio europeo di colonia del 1999. il consiglio europeo auspicava l’elaborazione di un catalogo nel quale fossero inseriti, i diritti di libertà e uguaglianza garantiti dalla Cedu e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli stati membri, e d’altro canto i diritti fondamentali riservati ai cittadini dell’unione. Nel tentativo di conferire il massimo grado di democraticità all’organo deputato alla redazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europeo, questo vide la partecipazione dei rappresentanti dei parlamenti nazionali, un membro della commissione, sedici membri del parlamento europeo e quindici rappresentanti degli stati membri riuniti nel consiglio. La vicenda della Carta di nizza è emblematica delle difficoltà del processo di integrazione europea e delle contraddizioni intrinseche all’ue stessa. Già in occasione del consiglio europeo di nizza il parl europeo aveva avanzato la proposta di integrare l’art 6 del trattato sull ue con un esplicito riferimento alla carta allo scopo di conferirle un valore giuridico. Si dovette assistere alla decisa opposizione degli stati membri probabilmente processo ogni qualvolta ha riscontrato la presenza di uno stesso giudice nelle diverse fasi del procedimento o nei differenti gradi di giudizio. Nondimeno il par 5 dell’art 26 della convenzione dispone nel senso che qualora la questione sia deferita alla grande camera, nessun giudice della camera che ha pronunciato la sentenza può farne parte, eccezion fatta per il presidente della camera e per il giudice che vi ha rappresentato in rappresentanza dello stato interessato. Quindi si ha una negazione del principio della imparzialità del giudice determinata dal protocllo n 11 che appare in evidenza. In nuovo sistema si pone anche in contrasto con i sistemi costituzionali di molti stati parti alla Convenzione. Quanto alle competenze , “ la competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa alle condizioni previste dagli articoli 33-34-46.47. la corte inoltre è giudice della propria competenza. Dispone l’art 33 nel senso che ogni alta parte contraente possa essere citata in giudizio da un’altra alta parte contraente nel caso in cui quest’ultima ritenga che la prima si sia resa responsabile della violazione delle norme della convenzione e dei suoi protocolli. Mentre l’art 34 della convenzione attribuisce lo stesso diritto ad ogni persona fisica, organizzazione non governativa o gruppo di privati che sostenga di essere vittima di una violazione da parte di una delle alte parti contraenti dei diritti riconosciuti nella convenzione o nei suoi protocolli. La competenza a pronunciarsi sulla ricevibilità del ricorso appartiene : 1 ai giudici unici, 2 ad un comitato di 3 giudici che può dichiarare irricevibile o cancellare dal ruolo un ricorso individuale quando tale decisione può essere adottata senza ulteriori accertamenti. Ad una camera di 7 giudici. Le competenze della Grande Camera sono definite dall’art 31 della convenzione a norma del quale l’organo decisionale di ultima istanza si pronuncia sui ricorsi presentati ai sensi dell’art 33 o 34 quando la questione le sia stata deferita dalla Camera. La grande Camera è anche competente ad esaminare in via preventiva le richieste di pareri consultivi da comitato dei ministri a corte. Al fine di garantire una efficace protezione dei diritti dell’uomo la convenzione predispone un sistema di controllo del comportamento degli Stati parte alla convenzione stessa. Questo non è sostitutivo degli strumenti di garanzia predisposti in materia dagli ordinamenti nazionali. Anzi il controllo della corte di strasburgo è sussidiario rispetto a quello nazionale ed a esso è possibile ricorrere soltanto in un secondo momento dopo aver esaurito i mezzi di ricorso interno senza che vi sia stata la possibilità di riparare la violazione delle norme della convenzione perpetrata da parte dello stato in questione. Il sistema istituito dalla convenzione prevede un duplice diritto di azione : da parte degli stati e da parte degli individui. La legittimazione attiva è della vittima diretta della violazione o di un parente prossimo o di chiunque possa dimostrare di avere un interesse ad ottenere che si ponga fine alla violazione. La corte può essere adita entro 6 mesi dalla data della decisione interna definitiva. Condizioni di irricevibilità del ricorso e relative ai ricorsi individuali sono : l’anonimato, la riproposizione di ricorsi identici, ricorsi manifestamente infondati. Se il ricorso viene dichiarato ricevibile, la corte procede all’esame nel merito con le parti in contraddittorio. La procedura dinnanzi alla corte al di là di tale ultima ipotesi, si può concludere con la pronuncia della sentenza, con la cancellazione della causa dal ruolo disposta dalla corte o per composizione amichevole. Quanto alla definitività della sentenza, questa diviene ale solo nel caso in cui non venga impugnata innanzi alla grande camera. Il compito di controllare l’esecuzione della sentenza è affidato al comitato dei ministri. Questa è l’unica competenza rimasta al comitato. Prima la corte aveva sempre respinto ogni richiesta del ricorrente diretta ad ottenere sanzioni che in qualsivoglia misura implicassero l’obbligo per gli stati di abrogare o modificare la normativa interna che aveva pregiudicato i loro diritti, successivamente la corte di Strasburgo ha evidenziato un’inversione di tendenza affermando che gli stati hanno l’obbligo di rimuovere la violazione e di ripristinare la situazione esistente anteriormente alla violazione stessa. Arrivando anche al punto di indicare lel misure generali o individuali che devono essere adottate dagli stati al fine di rimuovere le conseguenze di una violazione, ponendosi quindi in un’ottica di restituito in integrum. Emblematico è il caso dejdovic c italia. Sulla scorta di questa nuova tendenza della Corte europea, il comitato dei ministri ha adottato una serie di iniziative dirette ad aiutare gli stati ad individuare i problemi indicati nelle sentenze, ed eventualmente le misure di esecuzione necessarie a rimuovere la situazione incompatibile con la convenzione. 6. il problema dell’adesione della ue alla cedu. La cedu viene in conto non solo per il catalogo dei diritti in essa contenuto ma anche per il sistema di tutela giudiziaria di tali diritti da essa predisposto. Non è inutile ricordare che tutti gli stati membri del lue fanno parte del consiglio d’europa e della cedu , mentre l’unione europea in quanto tale non partecipa al sistema della convenzione. Il trattato di lisbona ha predisposto una base giuridica per l’adesione dell’unione europea alla cedu, superando il parere negativo espresso dalla corte di giustizia, parere con il quale la corte aveva escluso che la comunità disponesse delle competenze necessarie per l’adesione alla convenzione sul presupposto che il trattato ce non conferiva alle istituzioni comunitarie, un generale potere normativo in tema di diritti umani, e sul piano esterno il potere di concludere accordi in materia. Il trattato di lisbona dunque ha predisposto questa base giuridica. La procedura di adesione è disciplinata dall’art 218 tfue in base al quale l’accordo relativo all’adesione deve essere assunto dal consiglio con decisione unanime, previa approvazione del Parlamento europeo e l’entrata in vigore dell’accordo di adesione è subordinata al processo di ratifica degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali. L’adesione alla cedu da parte dell’ue è caratterizzata da una pluralità di cautele dirette a preservare le specifiche caratteristiche dell’ordinamento dell’ue. Si è detto che il trattato di lisbona ha modificato l’art 6 del trattato ue in quale prevede, da un canto che i diritti fondamentali garantiti dalla cedu e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e dall’altro che l’Unione aderisce alla Cedu. Il trattato di lisbona dispone che l’accordo di adesione deve soddisfare talune condizioni dirette a garantire che siano preservate le caratteristiche specifiche dell’Unione europea e del diritto dell’Unione e che l’adesione di questa alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo non incida ne sulle sue competenze ne sulle attribuzioni delle sue istituzioni. Nel 2013 la Commissione si è rivolta alla corte di giustizia per ottenere il suo parere in merito alla compatibilità del progetto di accordo con il diritto dell’ue. L’art 6 del tue specifica che l’adesione non incide sulle competenze del lue come stabilite nei trattati probabilmente allo scopo di chiarire che l’adesione non determina differenti competenze dell’ue sul piano della tutela dei diritti umani che vadano oltre quelle sue tipiche. Inoltre dispone che l’accordo di adesione deve stabilire le modalità specifiche dell’eventuale partecipazione dell’unione agli organi di controllo della convenzione europea. Inoltre è necessario che l’accordo di adesione non influisca sulla posizione di ciascuno stato membro rispetto ai protocolli aggiuntivi alla convenzione stessa. La stessa cautela deve essere usata rispetto alla posizione dei vari stati membri in merito alle misure prese da ciascuno di essi in deroga alla convenzione. La corte di giustizia all’esito dell’analisi del progetto di accordo, ha espresso un parere negativo. Nel suo parere la corte ha ricordato che il problema della mancanza di una base giuridica per l’adesione dell’unione alla cedu è stato risolto dal trattato di lisbona sottolineando tuttavia che l’unione europea non può essere considerata alla stregua di uno stato e l’adesione deve tenere in considerazione le caratteristiche particolari dell’ue stessa. Inoltre la corte di giust ha osservato che la cedu vincolerebbe le sue istituzioni e gli stati membri e diventerebbe dunque parte integrante del diritto dell’ue. L’ue sarebbe sottoposta al pari di qualsiasi altro stato membro alla cedu, ad un controllo esterno avente ad oggetto il rispetto dei diritti e delle libertà in essa previsti con la conseguenza che l’unione e le sue istituzioni sarebbero assoggettate ai meccanismi di controllo previsti da tale convenzione. La corte di giustizia, nel parere in questione, rilevava inoltre che nel progetto di accordo era dato evidenziare una contraddizione consistente nell’equiparare l’unione ad uno stato. Secondo la corte questo non teneva in conto il fatto che gli stati membri hanno accettato che sulle materie oggetto di delega di competenze all’Ue, i loro reciproci rapporti fossero disciplinati dal diritto di quest’ultima, con esclusione di qualsiasi altro diritto. L’adesione potrebbe compromettere l’equilibrio sul quale si fonda l’ue nonché l’autonomia del diritto dell’unione. Nel parere in questione la corte di giustizia ha anche prospettato gli eventuali problemi che potrebbero verificarsi all’esito dell’entrata in vigore del protocollo , 16 alla cedu che prevede una sorta di interpretazione pregiudiziale sulle norme della convenzione che può esser sottoposta dalle giurisdizioni nazionali di ultimo grado alla corte di Strasburgo. Questo meccanismo potrebbe pregiudicare l’autonomia e l’efficacia della procedura di rinvio pregiudiziale prevista dal tfue creando un rischio di elusione della procedura di rinvio pregiudiziale. La corte di giustizia ha rilevato anche problema di conflitto con l’art 344 tfue nella misura in cui nel progetto di accordo non era stata esclusa la possibilità di portare dinanzi alla corte di strasburgo le eventuali controversie tra gli stati membri o tra questi e l’ue relative all’applicazione della cedu nell’ambito di applicazione sostanziale del diritto dell’unione ancorchè al contrario è sempre la corte di giustizia ad essere competente in via esclusiva a conoscere di qualsiasi controversia tra gli stati membri e tra questi ultimi e l’unione in merito al rispetto della cedu. Nel caso di adesione la corte di Strasburgo sarebbe stata legittimata a pronunciarsi sulla conformità alla convenzione di determinati atti, azioni od omissioni posti in essere nell’ambito della pesc. Una simile situazione equivarrebbe ad affidare il controllo giurisdizionale esclusivo degli atti, delle azioni o delle omissioni dell’unione sopra citati ad un organo esterno all’unione. Di conseguenza il progetto di accordo lede le caratteristiche specifiche del diritto dell’unione riguardo al controllo giurisdizionale degli atti, delle azioni o delle omissioni dell’unione nel settore della pesc. La soluzione che prevede l’adesione della ue alla cedu era stata adottata in sede di elaborazione del trattato cost. in quella sede erano state prospettate varie improbabili soluzioni. 7. Considerazioni di carattere critico sull’adesione della ue alla cedu. La prima perplessità che suscita la prevista adesione dell’ue alla cedu è determinata dal fatto che non si capisce bene quale potrebbe essere la posizione degli stati contemporaneamente membri dell’unione e parti della convenzione. Nel caso di adesione non si comprende bene se gli stati potrebbero ritenersi svincolati dagli obblighi derivanti dalla convenzione stessa in quanto stati-nazione singolarmente considerati, oppure rimarrebbero comunque vincolati alla convenzione in quanto stati membri dell’unione europea e tale titolo parti alla convenzione. Altri rilievi potrebbero essere avanzati rispetto alla possibilità per gli stati di esercitare il diritto di recesso, così come anche rispetto al numero di seggi da attribuire ai membri in seno all’assemblea parlamentale. La situazione appare complessa ne ai fini della soluzione è sufficiente l’indicazione di cui all’art 2 del protocollo. Per non tacere poi del fatto che poiché tutti gli stati membri sono parti alla convenzione europea dei diritti dell’uomo, la prevista adesione dell’ue in quanto tale determinerebbe una inutile duplicazione di compiti che a nulla rileva in termini di maggiori garanzie per i cittadini. Potrebbe ritenersi che l’ipotesi dell’adesione dell’ue alla convenzione di roma possa essere una scelta condivisibile in quanto tale adesione accrescerebbe la protezione dei diritti dell’uomo in quanto estenderebbe alle istituzioni europee il medesimo meccanismo di controllo giudiziario esterno già predisposto nei confronti degli stati membri. Tuttavia è noto che la competenza della corte europea dei diritti dell’uomo non ha carattere consultivo e le sue decisioni non attengono al mutamento del merito delle decisioni giurisdizionali assunte dai tribunali nazionali, ma rilevata la violazione di norme della convenzione, tali decisioni possono limitarsi esclusivamente alla previsione di un’equa riparazione a beneficio del titolare del diritto oltree che alla declaratoria di avvenuta violazione del diritto controverso. Inoltre verrebbe sminuita l’importanza della funzione della corte di giustizia che assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati. Per non tacere poi dell’eventuale conflitto di attribuzioni cui potrebbe dar luogo l’adesione stessa rispetto alla posizione che verrebbe ad assumere la convenzione nel sistema delle fonti dell’ordinamento europeo. Se infatti, dovesse accadere che l’unione europea dovesse aderire alla cedu, sarebbe ragionevole pensare che essa potrebbe assumere la stessa posizione che gli accordi internazionali hanno nell’ordinamento europeo. Nel caso quindi in cui la ue dovesse aderire alla convenzione si domanda dinanzi a quale giudice si dovrebbe proporre ricorso nel caso di violazione di un diritto fondamentale. Inoltre quali sarebbero i rapporti tra la corte di Strasburgo e quella di Lussemburgo? Dovrebbe quest’ultima accettare una serie di limitazioni alle sue competenze e cedere il passo alla corte europea oppure dovrebbe esercitare un’attività di controllo sull’attività di quest’ultima. Sia pure a voler ritenere risolvibili i problemi appena prospettati e pur a voler ritenere che l’unione europea in quanto tale possa assumere la veste di parte dinnanzi a quest’ultima, la cosa si risolverebbe in un notevole aumento del numero dei ricorsi che avrebbe come unico effetto quello di allungare i tempi. Ulteriori critiche possono aversi in ordine ai rapporti tra la carta di nizza e la cedu. Non può non ribadirsi che la carta di nizza si risolve in una mera enunciazione di un catalogo di diritti , in una dichiarazione di carattere politico senza alcun effetto da un punto di vista della sua concreta applicazione. Inoltre si potrebbe ipotizzare che di fronte alla moltiplicazione dei cataloghi e alla moltiplicazione delle istanze giurisdizionali si dovrebbe istituire una sorta di kafkiana super corte europea che agisse alla stregua di una corte costituzionale preposta alla soluzione dei conflitti intercorrenti fra le varie corti europee esistenti e così all’infinito. Nondimeno non sembra che la prospettata adesione dell’unione europea alla cedu possa aggiungere alcunché all’auspicato processo di integrazione, anzi è ragionevole ritenere che questa possa rappresentare una fonte di complicazione giuridica ed una inutile duplicazione di diritti e libertà fondamentali destinati a rimanere più sul piano delle enunciazioni che non sul piano dell’effettivo rafforzamento della loro protezione.