Scarica I QUADERNI DELLA DIDATTICA. Metodi e strumenti per l'insegnamento e l'apprendimento dell'italiano. e più Sintesi del corso in PDF di Lingua Italiana solo su Docsity! I QUADERNI DELLA DIDATTICA METODI E STRUMENTI PER L’INSEGNAMENTO E L’APPRENDIMENTO DELL’ITALIANO. CAPITOLI 3-4 3 LA DIDATICA DELLA RIFLESSIONE SULLA LINGUA: FONDAMENTI E PROPOSTE. (Rovida) I campi della riflessione sulla lingua. 3.1.1 Gli “oggetti” della riflessione sulla lingua nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Le indicazioni nazionali 2012, nel paragrafo dedicato agli Elementi di grammatica esplicita e riflessione sugli usi della lingua, indicano sotto forma di elenco quali ne siano gli oggetti. “Gli oggetti della riflessione sulla lingua e della grammatica esplicita sono: le strutture sintattiche delle frasi semplici e complesse (per la descrizione delle quali l’insegnante sceglierà il modello grammaticale di riferimento che gli sembrerà più adeguato ed efficace); le parti del discorso o categorie lessicali; gli elementi di coesione che servono a mettere in rapporto le diverse parti della frase e del testo (connettivi di vario tipo, pronomi, segni di interpunzione); il lessico e la sua organizzazione; le varietà dell’italiano più diffuse”. - In primo luogo, riflessioni sugli usi della lingua e grammatica vengono nominate come due elementi distinti che non coincidono. La grammatica infatti riguarda la struttura complessiva della lingua, considerata a tutti i suoi livelli (fonologia, morfologia, sintassi, lessico) e si deve dunque considerare come un aspetto della più ampia riflessione sulla lingua, riflessione che comprende anche altri ambiti come per esempio le citate varietà dell’italiano più diffuse. - L’elenco degli “oggetti” grammaticali non rispecchia l’ordine canonico con cui vengono nominati gli ambiti della grammatica ma mette al primo posto le “strutture sintattiche delle frasi semplici e complesse”. Si tratta certo di una sequenzialità meditata tanto più che segna un elemento di significativo cambiamento rispetto alle IN del 2007 in cui, a proposito della riflessione sulla lingua, si affermava: “essa si concreterà nella progressiva capacità di nominare e riconoscere nei testi le diverse categorie grammaticali presenti in italiano (articolo, sostantivo, aggettivo, verbo, avverbio ecc.) e infine le categorie sintattiche essenziali (frasi semplici e complesse, soggetto, predicato, oggetto diretto ecc.). Quell’infine rispecchiava e accreditava la prassi didattica che guida gli studenti in un percorso lineare che parte dall’articolo per approdare al periodo ipotetico. Il nuovo ordine dato agli elementi di morfosintassi è. Invece, conforme agli orientamenti didattici più attuali che sostengono l’opportunità di “partire dalla sintassi”. - Altro elemento di novità importante è l’affermazione: “l’insegnante sceglierà il modello grammaticale di riferimento che gli sembrerà più adeguato ed efficace”. Si tratta della presa d’atto che non solo nella comunità scientifica ma anche nella prassi didattica si riconosce la validità di modelli alternatici a quello tradizionale. Se si collega questa affermazione con il contenuto degli obiettivi di apprendimento, si può leggere un richiamo alla grammatica valenziale perché alcuni termini e concetti (nucleo, frase minima, elementi richiesti dal verbo) rimandano appunto a quel modello teorico. - Speciale rilievo è dato agli elementi di coesione, di cui viene fra parentesi suggerito un elenco (connettivi di vario tipo, segni di interpunzione, pronomi) richiama l’attenzione su fenomeni importanti come la funzione coesiva dei pronomi e la funzione logico-sintattica della punteggiatura. La declinazione degli obiettivi di apprendimento al termine dei vari livelli scolastici non solo specifica e articola le componenti degli “oggetti” su cui si esercita la riflessione linguistica, ma ne amplia anche il quadro rimandando a elementi che non attengono solo alla grammatica e alle varietà d’uso (aspetti sociolinguistici) ma anche ad aspetti testuali, intertestuali e pragmatici. Ad esempio: - Confrontare testi per coglierne alcune caratteristiche specifiche, ad esempio maggiore o minore efficacia comunicativa; differenze fra testo orale e testo scritto; ecc. (dagli obiettivi di apprendimento al termine della classe 3° della scuola primaria). 3.1.4 La riflessione sulla lingua nel Quadro di Riferimento Invalsi. Nel QdR Invalsi 2013 le espressioni “riflessione sulla lingua” e “grammatica” vengono utilizzate in pratica come sinonimi, anche se fra gli ambiti a cui fanno riferimento i quesiti è compreso anche un livello testuale. Nel paragrafo intitolato Riflessione sulla lingua si ricorda che: il sistema della lingua viene descritto secondo diversi livelli di osservazione (micro linguistici e macro linguistici) che hanno una loro autonomia nella ricerca e nella pratica didattica, anche se nella comunicazione operano congiuntamente. Si tratta dei livelli pragmatico- testuale, logico-semantico, morfosintattico, lessicale e fonologico- grafico. A questi livelli di descrizione corrispondono gli ambiti e gli “oggetti” a cui sono riconducibili i quesiti contenuti nella seconda parte delle prove di italiano, ambiti ed oggetti che sono riportati in forma di tabella nel paragrafo Ambiti grammaticali verificati nelle prove Invalsi. *Nel QdR Invalsi si osserva infatti che “Le disposizioni ministeriali vigenti non consentono allo stato attuale di ricavare un sillabo dettagliato ed esplicito in materia grammaticale. Vale a dire una lista di argomenti scandita per livelli scolari che dia luogo a una progressione unitaria e puntuale dei contenuti fondata da una parte sulle capacità cognitive e linguistiche maturate via via dagli studenti, dall’altra sulle oggettive difficoltà dei temi. 3.1.5 Grammatica, testualità, pragmatica, sociolinguistica. Con il termine riflessione sulla lingua si intende un campo di fenomeni, di conoscenze e di prospettive vasto e complesso che comprende la grammatica in senso proprio (morfosintassi e lessico) ma non si esaurisce in essa. La riflessione sulla lingua si può sintetizzare come segue: - La riflessione sulla lingua abbraccia diverse prospettive di descrizione della lingua; include la grammatica, ma non si esaurisce nella grammatica. - La grammatica nelle sue diverse componenti è rilevante oggetto di attenzione a tutti i livelli scolastici con particolare risalto dato alla morfosintassi e al lessico (relazioni di significato fra le parole e meccanismi di formazione delle parole). - La riflessione sulla lingua comprende contenuti che riguardano elementi di testualità (tipi e dorme testuali, principi costitutivi del testo come coesione e coerenza, con particolare sottolineatura per la funzione dei connettivi), di sociolinguistica (mutamenti della lingua nel tempo e nello spazio, variazioni legate al mezzo, ecc.), di pragmatica (scopi e modi della comunicazione come strumento di interazione fra gli esseri umani in vari contesti). - Gli “oggetti” della riflessione sulla lingua sono sostanzialmente gli stessi, ripetuti ciclicamente e descritti in forma molti simile ai vari livelli scolastici, anche se con suggerimenti di metodo che differenziano l’approccio. La mancata articolazione della materia in una progressione lineare risponde alla volontà di lasciare libertà alla scuola e agli insegnanti di progettar i percorsi curricolari che ritengono più idonei al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento nelle situazioni specifiche in cui operano. Gli stessi “oggetti” vengono riproposti ciclicamente nei vari ordini scolastici senza però un’indicazione precisa dei crescenti livelli di complessità a cui vanno trattati. L’assenza di una scansione per anni ei contenuti, specie per quanto riguarda gli argomenti di grammatica, crea problemi ai quali non si può cercare risposta ni documenti ministeriali quando si tratti, come nel caso delle prove standardizzate nazionali, di proporre quesiti che possano “andar bene per tutti”*. - La riflessione sulla lingua può essere applicata alla scoperta delle regolarità e alla descrizione del sistema linguistico ai suoi vari livelli; può essere applicata alla propria produzione linguistica per migliorarne la correttezza e l’efficacia; può essere applicata alla comprensione dei testi, alla analisi di varie situazioni comunicative con l relative variazioni linguistiche (storiche, geografiche ecc.) con ricadute sulla padronanza linguistica e sulla formazione culturale. Definire gli obiettivi della riflessione sul sistema della lingua (morfosintassi e lessico). 3.2.1 Dalla conoscenza implicita alla coscienza metalinguistica. Come ricorda Lo Duca grammatica è un termine polisemico, portatore di significati diversi sia nel linguaggio comune, sia nel linguaggio specialistico. pronuncia. Perché il bambino passi dalla fase di “lettore decodificante semi-fluente” alla fase di “lettore fluente” è necessario che impari a vedere in modo automatico i pezzi di parole. Un riconoscimento fluido dei vocaboli è alimentato dalle cognizioni sia lessicali sia grammaticali: il bambino che sa che cosa c’è in una parola è avanti di anni nella lettura rispetto al bambino che lo ignora. Tutte le cognizioni relative ai vari aspetti di una parola (le lettre e gli schemi di lettere, i significati, le funzioni grammaticali, le radici, i prefissi e i suffissi che costituiscono i morfemi delle nostre lingue) contribuiscono alla velocità di lettura. La scuola deve dunque trasmettere e sfruttare il sapere morfologico per favorire la fluidità della lettura: se il bambino non passa dalla lettura corretta a quella fluida, cioè non legge abbastanza in fretta per capire ciò che legge, resta indietro e questa cosa accade a molti bambini. 3.3 Modelli di riferimento e nozioni 3.3.1 I modelli teorici. Con il termine grammatica si indicano anche i modelli teorici che i linguisti hanno messo a punto per descrivere e spiegare la natura e l’organizzazione di una lingua. Nell’introduzione all’analisi e alla discussione dei vari modelli, Berretta individua quattro criteri fondamentali per sottoporli a valutazione: - La coerenza interna: come qualsiasi altro modello, anche una grammatica non deve contenere contraddizioni teoriche fra loro in contrasto. - L’adeguatezza ai dati empirici: una grammatica è adeguata ai dati empirici se riesce a spiegarli (predirli, generarli) da un lato e dall’altro se non afferma cose non aderenti alla realtà (cioè non predice dati che poi possono essere contraddetti in sede di verifica). - La semplicità: una grammatica è tanto più semplice quanto più riesce a spiegare con un minor numero di regole un dato insieme di fenomeni, oppure con un ugual numero di regole un insieme più grande di fenomeni (assegnare spiegazioni analoghe a fatti analoghi). - La potenza: una grammatica è tanto più potente quanto è più grande il numero di fenomeni che riesce a spiegare. Berretta evidenzia le differenze profonde che vi sono tra i modelli linguistici detti “analitici” e i modelli “sintetici o generativi”. I modelli analitici partono da un corpus dato, cioè da insieme di frasi della lingua in esame: a queste applicano un apparato di classificazione, che permette di ricavarne le entità costitutive, ai diversi livelli di analisi, nonché le regole che governano la selezione e combinazione di tali entità nel corpus. In altre parole, se in entrata di tali modelli si ha un insieme finito di frasi, in uscita si avrà il medesimo insieme, debitamente analizzato, sezionato, etichettato. I modelli generativi si prefiggono obiettivi opposti: partire dalle unità della lingua e trovare le regole che permettano di costruire un insieme infinito di frasi: tutte, e solo, le frasi grammaticali della lingua in esame. Il che equivale a simulare il meccanismo della competenza linguistica del parlante nativo. 3.3.2 La grammatica nozionale Nell’ambito dll proposta di modelli teorici alternativi a quello tradizionale si collocano i principi della grammatica nozionale proposta in Italia da Simone: “le grammatiche nozionali partono dalla identificazione di alcune nozioni, vale a dire di alcuni significati ineludibili nella comunicazione umana (il tempo, il modo, lo spazio, il riferimento, la quantità ecc.), identificano le categorie o funzioni sintattiche che le realizzano in una lingua, descrivono le forme superficiali che tali categorie assumono. È un percorso esattamente inverso a quello compiuto dalle grammatiche formali (tra cui rientra il modello tradizionale), le quali partono dalla superficie della lingua, da ciò che si vede o si sente, vale a dire dai significanti, analizzati e classificai in categorie sulla base di caratteristiche soprattutto formali (variabilità, concordanza, posizione e distribuzione nella catena parlata, ecc.) solo in un secondo tempo le grammatiche formali identificano le funzioni che le categorie assolvono. Questa prospettiva si presta particolarmente a una didattica integrata L1 L2 perché favorisce il confronto di come una stessa nozione sia linguisticamente realizzata in lingue diverse. Lo Duca osserva che il modello nozionale, mentre ha avuto successo nell’insegnamento delle lingue seconde, non ha incontrato lo stesso favore nell’insegnamento dell’italiano per 2 ragioni principali: - Una grammatica per la scuola debba essere sostanzialmente una grammatica di superficie, dunque di forme, di oggetti linguistici concreti che si possono leggere e scrivere, sui quali è abbastanza facile guidare l’osservazione e la riflessione degli allievi, anche dei più piccoli o dei più svantaggiati; - L’impalcatura teorica di tipo formale delle grandi grammatiche di riferimento dell’italiano che hanno visto la luce negli ultimi quindici anni. Lo Duca accenna al modello grammaticale detto valenziale di cui riconosce che forse più di altri possiede le caratteristiche di semplicità e di potenza descrittiva necessarie ad un modello da adottare per l’insegnamento. 3.3.3 La grammatica valenziale: principi fondanti. I principi della grammatica valenziale sono stati elaborati nel secolo scorso dal linguista francese Tesnière. La frase è vista come un aggregato organizzato di elementi, ciascuno dei quali esercita un ruolo o una funzione in rapporto alla totalità dell’intera struttura frasale. Al vertice di questo insieme organizzato di elementi di trova il verbo con la sua valenza: il verbo, in base al suo significato ha la capacità di richiedere e vincolare a sé uno o più elementi. Sabatini a cui si deve il maggior contributo per la diffusione anche didattica della grammatica valenziale in Italia, sottolinea come questo modo di considerare la struttura della frase sia profondamente innovativo rispetto a quello della grammatica tradizionale. Il verbo, con gli elementi che ne saturano la valenza (detti argomenti), forma la frase minima (o frase nucleare o nucleo), cioè una frase che pur ridotta ai minimi termini, ha un senso compiuto. Il verbo è il perno della frase perchè per completare il suo significato richiama altri elementi chiamati argomenti. Frase nucleare= verbo+ argomenti. In base alla loro valenza i verbi possono essere classificati in: - zerovalenti: i verbi intransitivi (cosiddetti impersonali) che si riferiscono a fenomeni come piovere, nevicare. Frase minima: Piove. - monovalenti: i versi intransitivi come dormire, nascere, ridere che richiedono un solo argomento, il soggetto. Frase minima: Il bambino dorme. - verbi bivalenti: i verbi intransitivi come amare, leggere, riparare che richiedono il soggetto e un argomento diretto (oggetto diretto). Frase minima: Il bambino legge un libro. Verbi intransitivi come aderire, dipendere che richiedono il soggetto e un argomento introdotto da preposizione (oggetto indiretto). Frase minima: Tutti hanno aderito alla proposta. - verbi trivalenti: i verbi intransitivi come dare, raccontar, regalare che richiedono il soggetto, un argomento diretto e uno introdotto da preposizione (oggetto indiretto). Frase minima: Tina ha regalato un libro a Matteo. I verbi intransitivi come andare, parlare che richiedono il soggetto due argomenti entrambi introdotti da preposizione (oggetti indiretti). Frase minima: Il traghetto va da Genova a Olbia. - verbi tetravalenti: come rimandare, trasferire che richiedono il soggetto, un argomento diretto e due argomenti introdotti da preposizioni (oggetti indiretti). Frase minima: La ditta ha trasferito gli uffici da Roma a Milano. Alla frase minima possono essere aggiunti altri elementi non richiesti dal verbo che svolgono ruoli distinti: - Aggiungono informazioni che riguardano un singolo elemento del nucleo e a esso si collegano (circostanti) - Aggiungono informazioni che riguardano la frase nel suo insieme (espansioni). Il modello della struttura della frase proposto dalla grammatica valenziale permette dunque di spiegare come la frase viene generata e di cogliere il rapporto gerarchico degli elementi della frase. Espansioni In laboratorio Ogni settimana Circostanti Nucleo Gli alunni -----svolgono----- esperimenti della prima C di scienze La grammatica valenziale permette di spiegare i rapporti tra frasi all’interno della frase complessa con lo stesso schema che spiega i rapporti fra gli elementi della frase semplice. - Gli argomenti soggetto, oggetto diretto o indiretto possono essere sostituiti dalla frase che completano il nucleo: frasi completive o argomentali: soggettive, oggettive, interrogative indirette: Tutti aspettano il tuo arrivo (oggetto indiretto) / che tu arrivi (frase completiva oggettiva). - I circostanti possono essere sostituiti da frasi relative: Il nonno ama i libri di storia (circostante)/ che parlano di storia (frase relativa). - Le espansioni possono essere trasformate in frasi dipendenti o avverbiali: Le vendite sono calate per l’aumento dei prezzi (espansione)/ perché i prezzi sono aumentati (frase dipendente o avverbiale). Nella rappresentazione grafica di una frase complessa le frasi completive si collocano nel nucleo, le frasi relative nella fascia dei circostanti, le frasi dipendenti o avverbiali nella fascia delle espansioni. Nucleo Gli amici ----- aspettavano ----- il suo arrivo/ che arrivasse Di sera/ quando è sera Espansioni Nucleo L’aria ------------------------------ rinfresca Circostanti di 10 anni/ che ha 10 anni Nucleo Anna ----------------- ha-------------------- una sorellina 3.3.4 La grammatica valenziale: applicazioni didattiche La grammatica valenziale possiede le caratteristiche di potenza, economicità e semplicità di un buon modello teorico perché è in grado di spiegare con un numero limitato di principi e di termini, una varietà di fenomeni riducendoli agli elementi fondamentali. Questa caratteristica del modello ha una prima conseguenza importante nella didattica, perché permette all’insegnante di costruire un percorso di riflessione grammaticale che ha come traguardo il possesso di forti strumenti concettuali per la descrizione del sistema flessionale (i suffissi con valore flessionale, in lingue come l’italiano occupano l’ultima posizione e si chiamano desinenze; es.: in cambiamento, -o). 3.4 Criteri e scelte per la costruzione di un curricolo 3.4.1 La progressione Il criterio della progressione prevede una ripresa ciclica di contenuti che stabilisca un rapporto corretto fra complessità delle nozioni e sviluppo cognitivo dell’allievo. Gli aspetti morfologici e quelli sintattici devono essere ripresi ciclicamente, al fine di poter operare precisazioni e approfondimenti e raggiungere una valida sistematizzazione dei concetti centrali. Nell’ipotizzare un curricolo verticale si devono dunque individuare dei parametri che permettano di riprendere la stessa materia con criteri di progressione. Nei primi anni della scuola primaria l’uso della lingua e la riflessione su di essa vanno curate insieme. L’apprendimento della strumentalità del leggere e dello scrivere è da considerarsi attività linguistica e metalinguistica al tempo stesso. Lo sviluppo della competenza d’uso della lingua deve peraltro rimanere l’obiettivo prioritario di tutta la scuola primaria e la riflessione sugli aspetti morfosintattici e sui criteri di formazione delle parole non deve porsi obiettivi di completezza e sistematicità. Le attività possono anche essere frammentarie: il loro valore consisterà non nella quantità di argomenti trattati, ma nella qualità delle operazioni cognitive mobilitate attraverso attività significative. Una prassi abbastanza diffusa nella scuola primaria è invece quella di trattare una grande quantità di argomenti con poco spazio per ciascuno, con il rischio di semplificazioni sbagliate o di anticipazione di concetti che i bambini non sono davvero in grado di capire. Un curricolo che voglia avere caratteri di ricorsività e di progressione deve aderire alle tappe naturali dello sviluppo del pensiero e della lingua degli alunni (lo sviluppo del pensiero astratto comincia verso gli 11-12 anni); deve riprendere gli stessi contenuti in modo sempre più completo, approfondito e generalizzato. Nella scuola primaria la sistematicità è nella consapevolezza del docente che incontra le naturali curiosità dei bambini e ne orienta le scoperte. 3.4.2 L’ambiente di apprendimento e il metodo Creazione di un ambiente di apprendimento favorevole e della messa in atto di un metodo induttivo che guidi chi impara in un percorso di scoperta re che attivi significative operazioni cognitive. La riflessione sulla lingua può certamente essere condotta con percorsi di esplorazione e scoperta che stimolano la capacità di porsi problemi, di mettere in atto strategie di indagine e di verifica, di diventare consapevoli dei propri percorsi di apprendimento. Inoltre la riflessione sulla lingua per sua natura favorisce il parlare euristico ed è quindi particolarmente congeniale all’apprendimento cooperativo e laboratoriale. Una didattica laboratoriale in senso proprio, come quella indicata da Lo Duca, richiede tempi molto distesi e non si può realisticamente pensare, come del resto riconosce l’autrice stessa, che tutto il percorso curricolare venga affrontato con questa modalità. I percorsi, effettuati in classi di diversi livelli scolastici, riguardano vari argomenti d9i morfosintassi fra i quali per esempio la regola dell’accordo fra soggetto e predicato; il numero e la natura degli argomenti di una frase minima; la funzione degli articoli; l’aspetto del verbo; i meccanismi di derivazione delle parole. L’insegnante può però sempre seguire un metodo induttivo guidato, che a partire dall’osservazione, faccia mettere in atto operazioni cognitive significative quali: - Riconoscere (es. individuare i nomi in un breve testo) - Distinguere (es. individuare frasi e non-frasi in un elenco dato) - Analizzare (es. scomporre una parola in morfemi e cogliere la corrispondenza fra pezzi di parola e pezzi di significato) - Rappresentare (es. fare lo schema di una frase semplice partendo dal verbo) - Riprodurre (es. scrivere una frase semplice rispettando dei vincoli) - Utilizzare in modo appropriato concetti e termini acquisiti (es. descrivere la struttura di una frase complessa). I libri di testo vanno utilizzati come fonte di materiale linguistico da osservare, come strumenti di consultazione e come mezzi di sistematizzazione. Nei libri che scrivono di lingua gli studenti trovano e imparano anche la metalingua cioè la terminologia tecnica, la fraseologia, lo stile sintattico e retorico. Il linguaggio metalinguistico è però un linguaggio difficile di fronte al quale l’allievo non va lasciato solo: la mediazione dell’insegnante è sempre necessaria. Ciò che è essenziale è la consapevolezza dell’insegnante che la sequenza degli argomenti che i libri di testo propongono no può essere assunta come sequenza curricolare. La costruzione del curricolo è compito dell’insegnante. 3.4.3 Scelte teoriche e opportunità didattiche Assumere che il ruolo più significativo della riflessione sulla lingua sia lo sviluppo delle capacità logiche comporta la scelta di modelli e concetti di riferimento che rispondano a criteri di scientificità. Il modello valenziale permette di descrivere e rappresentare la frase semplice e complessa come strutture stratificate le cui componenti hanno collocazioni gerarchiche diverse. Questo a differenza di quanto accade nell’analisi logica tradizionalmente proposta nella scuola che è un carnevale di complementi senza gerarchia, una folla di nomi che si accavallano mescolando argomenti ed espansioni. La sintassi del modello valenziale ha una prospettiva formale. Parla di argomenti del verbo, di circostanti degli argomenti e del verbo, di espansioni del nucleo ma non parla di specificazione, di tempo e di luogo. E qui si apre un problema rispetto al quale, nella didattica, bisogna fare una scelta: i costituenti della frase semplice vanno descritti solo in base a criteri sintattici o anche dando un nome al contenuto di alcune relazioni concettuali. Colombo sostiene che l’approccio essenzialmente formale del modello valenziale non esclude una riflessione complementare e distinta, sulle relazioni concettuali che possono essere veicolate dalle forme; in questa fase il punto di partenza non sarà l’analisi della frase ma l’esplorazione di grandi categorie nozionali e delle loro sfaccettature (es. tipi di relazioni causali o temporali), a cui segue la domanda: in quali modi la lingua le può veicolare? Seguendo questa linea nel presentare una possibile distribuzione dei contenuti in un curricolo verticale, si suggerisce di classificare i costituenti della frase semplice non solo in base a criteri sintattici ma anche dando un nome al contenuto di alcune relazioni concettuali (tempo, causa ecc). con gli allievi per individuare gli argomenti di un verbo, si esplicitano le domande che il verbo fa in base al suo significato. Si dirà per esempio che abitare fa due domande: Chi abita? Dove abita? Sarà dunque coerente dire che A Roma, in paese, sono espressioni che indicano un luogo con un ancoraggio al contenuto informativo certamente utile e opportuno specie con allievi del primo ciclo. Come le frasi avverbiali vengono classificate in finali, causali, temporali ecc. diremo che le espansioni della frase nucleare indicano uno scopo, una causa, una circostanza di tempo, cogliendo la simmetria non solo sintattica ma anche semantica fra alcuni costituenti della frase semplice e quello di alcune frasi nella frase complessa. Questo non significa fare rientrare dalla finestra la vecchia analisi logica e del periodo ma accettare un certo grado di eclettismo ed elasticità che permette di avvalersi di diversi riferimenti teorici in relazione al tipo di fatto linguistico che è oggetto di attenzione. Ogni modello vede la lingua da una certa prospettiva, nessun modello è in grado di spiegare tutti i fenomeni linguistici, data la scarsa docilità della lingua a sottomettersi ad un sistema chiuso di categorie che si escludono reciprocamente. 3.4.4 A partire dalla sintassi Impostare la riflessione sul sistema della lingua a partire dalla sintassi e dal materiale predisposto e non dai testi. Nella prassi didattica della scuola primaria la morfologia è molto spesso l’oggetto centrale se non esclusivo e comunque il punto di partenza della riflessione sulla lingua. Nella secondaria di primo grado si affronta generalmente la morfologia in prima, la sintassi della frase semplice (analisi logica) in seconda, la sintassi della frase complessa in terza. Le Indicazioni Nazionali suggeriscono un’inversione di tendenza rispetto a queste abitudini. Devoto sosteneva che le capacità di analisi e di rielaborazione strutturale sono prioritarie nell’apprendimento della lingua; la sintassi è infatti l’aspetto più profondo della lingua perché riconducibile a un’intelaiatura universale. Come sottolinea Prandi pretendere di descrivere nomi, articoli, aggettivi e pronomi prima di aver studiato la frase è come pretendere di descrivere pedali, ruote catene e manubri nascondendo la bicicletta ella quale sono parti. La necessità di partire dalla sintassi risulta tanto più evidente nelle fasi iniziali del percorso di riflessione grammaticale: è assolutamente necessario per i bambini della primaria avere come oggetto di riflessione la lingua che usano per comunicare, lingua che è fatta di frasi e non di parole isolate. È necessario portare avanti parallelamente elementi di sintassi ed elementi di morfologia in modo che si integrino a vicenda. 3.4.5 A partire da materiale esemplare Oggi l’orientamento più condiviso, benchè ancora discusso, è che si debba fare grammatica a partire da frasi esemplari. Sabatini ricorda che quando parliamo e scriviamo teniamo contemporaneamente presenti le regole della grammatica e quelle della pragmatica che ci guidano a produrre messaggi adatti a specifiche situazioni comunicative. Per conoscere e padroneggiare queste regole però è bene seguire prima la strada della grammatica, sapendo che tutto va poi riesaminato dal lato della pragmatica. Nella descrizione della struttura grammaticale della lingua l’unità di base da osservare è la frase, un’espressione linguistica costruita secondo le regole generali della lingua, tale da avere un significato compiuto anche senza collegamenti ad altre frasi o altri segni e senza riferimento a una situazione comunicativa. E anche Colombo sostiene che: “le generalizzazioni grammaticali, lessicali, testuali sono tali in quanto valgono indipendentemente dai singoli testi, costituiscono un potenziale di opzioni anteriore alle diverse situazioni comunicative in cui si realizzano. Altra cosa necessaria è reimpiegare continuamente quanto appreso nel vivo delle pratiche testuali, mostrandone la spendibilità e arricchendolo di senso”. Si lavorerà dunque su frasi della lingua d’uso utilizzando campioni predisposti, cioè preparati o scelti in modo da essere funzionali al tipo di fenomeno che si studia e alle conclusioni a cui si vuole arrivare. Si fa grammatica su frasi esemplari, che rendano trasparente la comprensione del sistema linguistico e non su enunciati, cioè produzioni linguistiche che sono comunicative e accettabili solo se inserite in un contesto di comunicazione. Si parte dal semplice per arrivare al complesso, selezionando le osservazioni da compiere e rimandando a livelli più alti del curricolo considerazioni più complete e raffinate. Si fa grammatica sulla lingua scritta che permette di rendere i fatti linguistici oggetti da osservare. 3.5 Una proposta di distribuzione in progressione di esiti e contenuti 3.5.1 Scuola primaria Nei primi due anni l’allievo acquisisce a livello intuitivo la nozione di frase, sintagma e parola svolgendo attività di manipolazione concreta su materiale predisposto. A partire dalla classe terza svolge attività più sistematiche sulla struttura di frasi e parole acquisendo una terminologia essenziale per descrivere gli oggetti e i fenomeni linguistici che osserva. Il percorso di sintassi si conclude con l’acquisizione della nozione di frase minima e non minima. L’esperienza didattica insegna che gli allievi tendono a dire che il numero di argomenti necessari per un verbo è superiore a quello che è in realtà. Questa tendenza va però sempre più scomparendo man mano che il principio della valenza del verbo diventa più familiare. Va comunque tenuto presente che esiste anche un margine di discrezionalità che rende consigliabile accettare anche opinioni diverse sulla valenza di un ceto verbo, purchè si tratti di opinioni ragionevoli e motivate. 3.6 Le grammatiche di riferimento A partire dal 1988 sono state pubblicate importanti grammatiche che danno una descrizione ampia e completa della nostra lingua, quelle che vengono definite grammatiche di riferimento. Il lavoro recente di Vanelli indaga su quanto della linguistica moderna sia stato accolto nelle grammatiche attuali della lingua italiana. La grammatica tradizionale sembra godere di un’autorevolezza per niente scalfita fagli sforzi innovativi della linguistica moderna. Vanelli riconosce alle migliori grammatiche tradizionali lo sforzo di raccogliere, ordinare, classificare e analizzare la congerie dei fatti linguistici e di essere accessibili anche ai lettori non professionali, riconoscendo che le nuove teorie della lingua sono complesse e spesso anche ostiche nella terminologia usata e che la complessità della teoria non coincide con la capacità di rendere conto di tutti i fatti linguistici. Ciò che si augura è che “ciò che di nuovo e interessante la linguistica ha elaborato negli ultimi decenni venga riconosciuto come tala e venga accolto dalla comunità scientifica almeno nei suoi aspetti non controversi e più produttivi” che si riescano a trasferire almeno dei frammenti di modernità nella pratica scolastica. Ci sono tavole e grafici che restituiscono il modo in cui i singoli studenti delle singole classi hanno risposto item per item. La lettura di questi dati permette di individuare quali sono gli aspetti della comprensione e/o della competenza grammaticale in cui gli studenti risultano più deboli e individuare quindi dove rinforzare la didattica. L’analisi di questi dati è particolarmente utile se integrata con la consultazione delle Guide alla lettura delle prove che vengono rese disponibili subito dopo la somministrazione. La guida riconduce ciascun quesito all’aspetto indagato e descrive le operazioni cognitive che il compito implica. Le prove INVALSI e i loro risultati possono essere un’utile risorsa didattica se viste e utilizzate nella giusta prospettiva. Gli studenti non devono essere “addestrati” a sostenere le prove INVALSI, ma è utile far prendere loro confidenza con i formati dei quesiti proponendo i fascicoli degli anni precedenti. Riflettere insieme sul perché delle risposte e delle scelte, condividere, verbalizzandoli, i “percorsi di pensiero”, riflettere sugli errori sono azioni che valorizzano la consapevolezza metacognitiva dello studente rispetto al proprio modo di operare. La lettura dei dati restituiti può dare importanti spunti di riflessione per l’organizzazione scolastica nel suo complesso, per le azioni didattiche dei consigli di classe e dei singoli docenti, per l’autovalutazione della scuola per poter identificare propri punti di forza e criticità, individuando possibili interventi di miglioramento. 4.3 La lettura nell’indagine OCSE PISA Il Programme for International Student Assessment (PISA) promosso dall’OCSE nell’ambito degli studi internazionali sugli apprendimenti degli studenti è fondato sulla convinzione che livelli adeguati di abilità e conoscenze in lettura, scienze e matematica siano condizione indispensabile agli studenti per svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società e siano anche la base per l’innovazione dei sistemi produttivi, per la crescita economica e la mobilità sociale. L’indagine permette di comparare a livello internazionale gli esiti degli studenti che stanno per uscire dalla scuola dell’obbligo (15 anni). Si propone di rilevare in quale misura i quindicenni possiedano gli strumenti per affrontare efficacemente problemi e sfide della vita reale e per continuare ad apprendere nell’arco della vita. Ciò che interessa non è soltanto valutare la capacità di riprodurre le conoscenze, quando piuttosto esaminare se gli studenti sono in grado di utilizzare quanto appreso e di applicarlo a situazioni non familiari. L’indagine è triennale e, a rotazione, approfondisce uno degli ambiti presi in considerazione; la prima rilevazione del 2000 aveva approfondito le competenze di lettura considerata un indicatore fondamentale nella società della conoscenza; la rilevazione del 2009 ritorna alla lettura come ambito principale di indagine rinnovando il quadro di riferimento sulla literacy in lettura. 4.3.1 Il framework della lettura 2009, i testi, gli aspetti della comprensione. Il quadro di riferimento guarda alla literacy non come “alfabetizzazione” cioè come mera capacità di decodificare segni e come abilità che si acquisisce una volta per tutte durante i primi anni di scuola, ma piuttosto come insieme di conoscenze, abilità e strategie in divenire che gli individui sviluppano nel corso della vita attraverso le interazioni con i pari e con gruppi più ampi di cui fanno parte. PISA 2009 così definisce literacy in lettura: comprendere e utilizzare testi scritti, riflettere su di essi e impegnarsi nella loro lettura (engaging with) al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e le proprie potenzialità e di essere parte attiva della società. PISA 2009 amplia la definizione del 2000 integrando in essa aspetti motivazionali e metacognitivi; il termine engaging cioè “dedicarsi a” nella traduzione della definizione della reading literacy, chiama in causa la dimensione della motivazione nei confronti della lettura. La ricerca ha evidenziato come l’engagment nella lettura sia fortemente correlato ai risultati scolastici, PISA 2009 ha mostrato come esso sia anche in grado di mediare l’impatto del background socio-economico sui risultati di lettura. PISA 2009 per costruire le prove cognitive tiene conto di 3 dimensioni relative al rapporto tra lettore e testo: la gamma dei testi definita secondo le variabili in tavola; la situazione di lettura, l’uso che si fa dei testi; gli aspetti della lettura, i processi cognitivi attivati. Modello interattivo della lettura alla base del Quadro di riferimento e relazioni tra reading literacy e le sottocompetenze di lettura indagate. 4.3.2 Le prove di lettura Le prove di lettura sono costituite da uno stimolo (un testo, anche con immagine, un grafico, una tabella, un elenco) e da domande chiuse a scelta multipla (semplice o complessa) e da domande aperte (a risposta univoca, a risposta breve o articolata). Gli studenti hanno 2 ore di tempo per rispondere alle domande contenute in uno dei 13 fascicoli complessivi in cui sono organizzate le prove. Ciascuno dei fascicoli contiene una differente combinazione di prove, per permettere l’utilizzo di una quantità complessiva di quesiti elevata senza al contempo sovraccaricare il singolo studente. In aggiunta alla prova “carta e matita” in PISA 2009 è stata proposta la possibilità di somministrare agli studenti una prova di valutazione in lettura di testi elettronici. Questa opzione prevede la valutazione degli studenti nel leggere, comprendere e utilizzare testi in formato elettronico e nell’accedere alle informazioni attraverso la Rete e valutarle. 4.3.3 I risultati delle prove e le scale di literacy in lettura La prima modalità di considerare i risultati delle prove è di stabilire il livello medio delle prestazioni degli studenti dei vari paesi partecipanti rispetto alla media OCSE che per PISA 2009 corrisponde a 493. Gli studenti italiani per PISA 2009 si collocano lievemente, ma significativamente, sotto la media OCSE con un punteggio di 486. Le difficoltà dei quesiti e le abilità degli studenti sono classificate in sette livelli, due in più rispetto alle rilevazioni precedenti. Sono stati aggiunti due livelli agli estremi della scala, il livello 1 diventa 1° e 1b e descrive i risultati degli studenti nelle nuove prove più facili, e il livello 6 descrive competenze elevate in relazione alle nuove prove più difficili inserite in questo ciclo. I sette livelli restituiscono una descrizione più dettagliata di che cosa sono in grado di fare gli studenti con competenze molto scarse (low performer) e quelli co competenze molto alte (top performer). Nella scala complessiva di literacy in lettura sono descritte le caratteristiche dei compiti ai vari livelli e le percentuali di studenti in grado di svolgerli. In Italia, il 93,4% degli studenti è in grado di affrontare compiti relativi al livello 1a. Livello 1 a: punteggio limite inferiore a 335, sono i lettori che dimostrano di essere in grado di individuare una o più informazioni dati esplicitamente nel testo, in posizione evidente, senza informazioni concorrenti; di riconoscere il tema o l’intenzione dell’autore relativamente a un argomento familiare, di fare semplici inferenze in base alle conoscenze comuni. Il lettore è esplicitamente guidato nel considerare gli elementi rilevanti del compito e del testo. L’indagine PISA vuole rilevare in quale misura i 15enni in uscita dalla scuola dell’obbligo possiedano gli strumenti per affrontare con efficacia problemi e sfide della vita reale e per continuare ad apprendere nell’arco della vita. Da questo dipendono le scelte di varietà dei testi e di situazioni di lettura proposti nelle prove. PISA 2009 rinnova il framework di lettura; propone una nuova definizione di literacy in lettura che integra aspetti cognitivi, motivazionali e metacognitivi; dalla correlazione tra questi ultimi (rilevati nei Questionari Studente) e i risultati delle prove risulta che motivazione e metacognizione sono dimensioni rilevanti in grado di attenuare l’effetto del background socioeconomico e culturale sul rendimento degli studenti. PISA 2009 definisce tre aspetti interrelati della comprensione: accedere alle informazioni e individuarle (con una attenzione alla lettura dei testi elettronici); integrare e interpretare ciò che si legge; riflettere sul testo e valutarne il contenuto e la forma. Le difficoltà dei quesiti e l’abilità degli studenti sono classificati in una scala complessiva di literacy in lettura che comprende 7 livelli. 4.4 La lettura nell’indagine IEA PIRLS Lo studio IEA PIRLS 2001 (Progress in International Reading Literacy Study) è una delle indagini internazionali promosse da IEA (International Association for the Evaluation o Educational Achievment), vuole rilevare le competenze di lettura dei bambini al quarto anno di scolarità cioè nel momento in cui si passa dall’imparare a leggere al leggere per imparare e analizzare le esperienze famigliari e scolastiche che possono influenzare l’apprendimento. 4.4.1 Il framework di lettura, i testi, gli aspetti della comprensione Il framework definisce la literacy in lettura come la capacità di comprendere e usare quelle forme della lingua scritta richieste dalla società e/o ritenute importanti dagli individui. I testi oggetto della valutazione di PIRLS sono in relazione agli scopi che rendono conto delle letture fatte a 9-10 anni a scuola e a casa: - lettura per fruire di un’esperienza letteraria - lettura per acquisire e usare informazioni Gli aspetti della comprensione sono 4: - ritrovare informazioni date esplicitamente nel testo - fare inferenze dirette - interpretare e integrare concetti e informazioni - analizzare e valutare il contenuto, il linguaggio e gli elementi testuali. - 4.4.2 Le prove di lettura In PIRLS 2011, la prova è costituita da 10 testi: - 5 letterari / narrativi - 5 espositivi 6 dei 10 testi, 3 letterari e 3 informativi, sono ripresi dalle rilevazioni precedenti in modo da poter misurare i cambiamenti nel tempo della reading literacy. I testi sono accompagnati da illustrazioni a colori; alcuni dei testi espositivi sono accompagnati o costituiti da testi non continui. Ciascun testo è seguito da 13-16 domande, la metà delle domande è a scelta multipla, mentre l’altra metà è costituita da domande aperte, che richiedono una risposta più o meno articolata. Naturalmente a ciascun bambino è proposto un fascicolo co un determinato sottoinsieme di item. 4.4.3 I risultati delle prove, le scale di apprendimento I risultati sono analizzati come punteggio medio di ciascun paese rispetto alla media dei paesi partecipanti; l’Italia registra un punteggio medio di 541, significativamente superiore alla media PIRLS (500). I risultati dell’Italia nono coerenti con i risultati delle prove nazionali. Sono poi costruite due scale di lettura: per quanto riguarda l’Italia, il punteggio nella scala di lettura a scopo letterario è significativamente inferiore a quello nella scala complessiva (539 vs 541), mentre il punteggio nella scala di lettura per ricavare informazioni è significativamente superiore (545 vs 541). Sono tuttavia differenze contenute 3-4 punti rispettivamente. Le scale di lettura PIRLS sono articolate in quattro livelli: livello Avanzato (625 p), livello Alto (550 p), livello Intermedio (475), livello Basso (400 p). grazie a questa lettura è possibile farsi un’idea sia dei compiti in cui gli studenti hanno maggiore o minore probabilità di riuscire, sia di cosa caratterizza le competenze degli studenti stessi. In Italia la percentuale di studenti che raggiungono il livello Intermedio in lettura è dell’85%, ma questa percentuale comprende anche gli studenti che si collocano al livello Avanzato e Alto; la percentuale di studenti che raggiungono il livello Alto è il 10%. Le prove nazionali e internazionali di sistema sono indirizzate non solo alle scuole ma soprattutto ai decisori politici che ne dovrebbero tenere conto nell’ottica di offrire alle scuole supporti e risorse per il miglioramento degli apprendimenti.