Scarica Il Cristiano nel Mondo di Aristide Fumagalli e più Sintesi del corso in PDF di Teologia solo su Docsity! Il cristiano nel mondo Aristide Fumagalli PARTE PRIMA: Fede cristiana e agire morale Capitolo I: I legami della libertà 1. Morale ed etica Il nome “etica” di derivazione greca e il nome “morale” di derivazione latina sono usati a volte con diverso significato: - Etica indica la riflessione di taglio filosofico, lo studio fondamentale del problema - Morale indica la riflessione di materia religiosa, si riferisce alle norme concrete del comportamento umano Rimane affermato l’uso sinonimo dei due termini. Potremmo definire l’etica/morale come “ciò che caratterizza” l’agire umano. In base all’accezione arcaica di dimora, l’etica/morale può essere intesa come la “dimora propria dell’uomo”. Cosa caratterizza il modo umano di comportarsi? La libertà: l’agire umano è libero. Ragione e volontà sono gli ingredienti dell’agire libero. L’etica si propone anche come riferimento per l’agire umano. Di conseguenza, l’etica/morale presenta non solo un’accezione interpretativa, ma anche normativa. 2. La presunta libertà Nella civiltà classica, l’etica è stata concepita in stretta dipendenza a Dio. La filosofia moderna ha cercato di dare un valore autonomo all’etica (o morale), come se Dio non esistesse: lo sforzo di dare alla morale una fondazione autonoma raggiunge il vertice con Kant. La sua etica si qualifica come autonoma, indipendente da qualsiasi autorità che non sia la ragione dell’uomo. Disancorato dal divino, l’agire morale appare però in balìa di altre correnti. L’io attorno al quale gravitava l’etica moderna entra in crisi: l’etica si qualifica come post-moderna. Tra i principali maestri che caratterizzano la nascita dell’etica post-moderna spicca Nietzsche. Superando il laicismo del periodo moderno, toglie di mezzo quel Dio che avrebbe inibito l’apparire del superuomo (morte di Dio). La metafora più adatta a rappresentare l’uomo postmoderno è quella del turista che vaga a piacimento e non prende dimora da nessuna parte, ma rimane in ogni posto fino a che ne ha voglia. Tuttavia, in questo modo la libertà individuale sarà sempre qualcosa di rincorso e mai raggiunto. La libertà individuale, per quanto bella, risulta impossibile. Costretta a fare il bene o il male, costretta comunque a fare, alla libertà sfugge ciò che la renderebbe totale: la scelta iniziale di esistere. Ci sono altre presenze nel campo d’azione della libertà, come il corpo, il mondo, gli altri. 3. La libertà legata La libertà è condizionata da tre fattori: il corpo, il mondo e gli altri. Il corpo la condiziona per le sue necessità fisiologiche e i suoi limiti (la morte). Il mondo è il luogo dove viviamo e al quale siamo strettamente legati. Gli altri sono quelli che popolano il mondo, che consentono all’uomo di venire al mondo e poi vi consentono di stare. E non solo gli altri ci mantengono in vita, ma danno vita alla nostra identità personale. 4. La libertà trasgressiva La libertà conserva sempre un margine di indipendenza: nessuno può negarmi la libertà di pensare in un certo modo, di avere certi gusti e di amare certe persone, tuttavia essa è limitata da alcune leggi civili e religiose. Questo fa nascere il desiderio di una libertà assoluta, sciolta da ogni vincolo: da qui deriva il desiderio della trasgressione. 1 5. L’inevitabile oltre della libertà L’uomo si pone la domanda su perché vive, chi ha deciso che lui debba giocarsi la sua libertà e fare scelte. Le risposte sono molte: se alcuni parlano di puro caso, le grandi religioni parlano di Dio. 6. Etica laica e teologia morale Aveva ragione Dostoevskij quando osservava che se Dio non esiste tutto è permesso, o si deve riconoscere la possibilità di un’etica atea? L’etica laica della sola libertas e la morale religiosa della sola veritas soffrono dello stesso difetto: entrambe riducono l’equazione ad una sola variabile. Lo smarrimento di una delle due variabili impedisce di riconoscere la loro collaborazione e il peculiare apporto di ciascuna all’agire morale: “verità e libertà o si coniugano o periscono”. Capitolo II: La legge della libertà 1. I dinamismi pasquali della morale cristiana È interessante notare come nel Vangelo di Giovanni non si dica che Gesù sulla croce “spirò”, ma anche “emise l’ultimo respiro”. Espresso in questo modo dà l’idea che Gesù emetta il suo spirito a vantaggio dell’umanità, come un preannuncio della Pentecoste. Ad esso si aggiunge il perdono ai suoi carnefici, che non si sono pentiti, ma “non sanno quello che fanno”. Il perdono arriva a tutta l’umanità ed è un invito ad affidarsi a Dio. Da parte dei suoi c’è invece incredulità: Giovanni dice “venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto”. Di fronte al sepolcro vuoto, anziché aprire gli occhi e credere nella resurrezione, hanno diffuso una diceria. Queste vicende evidenziano i dinamismi essenziali della morale cristiana: A) L’attrazione dello Spirito. La pasqua di Gesù è un evento trinitario: morendo sulla croce egli si consegna nelle mani del Padre che lo attrae nella comunione dello Spirito santo. - Il dono dello Spirito. Il Figlio Gesù attira tutta l’umanità nell’amore trinitario, rendendola partecipe dello Spirito che offre gratuitamente agli uomini dalla croce - La (ri)creazione della libertà. Mediante il dono dello Spirito santo, il Padre riplasma gli uomini peccatori immagine del Figlio affinché scelgano in piena libertà di lasciarsi attirare nella comunione trinitaria. B) L’azione della libertà. Lo Spirito santo effuso da Gesù include tutti. - La resistenza della libertà. La libertà umana, che non può non agire, può però resistere all’attrazione dello Spirito santo, rifiutando di essere ricreata in Cristo e indurendosi nel peccato - La resa della libertà. La libertà umana, obbligata all’azione, può altrimenti affidarsi all’attrazione dello Spirito, lasciandosi riconciliare con Dio. 2. La gradualità della morale cristiana Il disegno salvifico di Dio, che culmina in Cristo, è unitario, ma si è realizzato progressivamente attraverso il tempo. L’aspetto unitario e l’aspetto graduale sono entrambi importanti. Nella Bibbia possiamo riconoscere quattro gradi del dono divino a fondamento e orientamento della risposta morale dell’uomo, dai quali scaturiscono le implicazioni morali per l’uomo. 1. Il dono iniziale e fondamentale della creazione, narrato nella Genesi e in alcuni Salmi. Ad esso corrisponde la responsabilità dell’uomo sia nei confronti di Dio, a cui deve l’origine della sua vita, sia nei confronti di ogni realtà creata, del cui uso e trattamento l’uomo è chiamato a rispondere a Dio. La morale cristiana non è una morale autonoma, ma responsoriale e religiosa; 2. Il dono dell’alleanza con il popolo di Israele, con epicentro nell’alleanza al Sinai. Da esso deriva l’obbligo di osservare la Legge, emblematicamente espressa nel testo del Decalogo: il Decalogo insegna a concepire la Legge come dono liberante di Dio; 3. Il per-dono della nuova alleanza in Cristo, definitivamente compiuta nella sua pasqua l’incondizionata offerta di alleanza configura la morale cristiana non anzitutto come l’adempienza alla Legge, ma primariamente come l’accoglienza di una Grazia. L’agire morale non nasce come 2 Le virtù sono ramificazioni di uno stesso albero, il bene. Ci sono tre virtù teologali, cioè rivolte a Dio, nell’affidarci a lui: - Fede (credere) - Speranza (nel conseguimento della meta del proprio cammino) - Carità (amore su cui si fondano le scelte del cammino) Ed esistono anche tre virtù cardinali, cioè basilari: - Prudenza (saggezza) - Giustizia (da eseguire nei confronti del prossimo e da attenderci da Dio) - Fortezza (coraggio della scelta verso il bene) - Temperanza (moderazione al momento di qualunque scelta) La virtù è inserita nell’uomo dallo Spirito ed è la forma spirituale della libertà che fa agire verso il bene. 4. Lo sviluppo morale Poiché l’infusione della virtù nell’uomo è opera dello Spirito santo, la virtù può essere descritta come la forma spirituale della libertà, la configurazione che la libertà assume quando è abitata dallo Spirito. Tale forma è realizzata durante l’intera storia dell’uomo. La visione dinamica dell’agire morale può avvalersi della legge della gradualità di cui si parla nell’Esortazione apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II. In essa si evidenzia la storicità dell’uomo: “l’uomo chiamato a vivere responsabilmente il disegno di Dio è un essere storico, che si costruisce giorno per giorno con le sue scelte libere”. Capitolo IV: Le scelte della libertà La libertà si trova impegnata nell’alternativa tra due possibili scelte: la scelta del male, definibile peccato, e la scelta del bene, definibile conversione. 1. Il peccato L’iniziativa dello Spirito santo obbliga la libertà a reagire, impedendo spazio di astensione rispetto all’amore di Cristo: “Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde”. L’unico peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito santo. In analogia col rigor mortis che caratterizza la morte biologica, il peccato, in quanto indurimento della libertà, viene definito mortale. Il peccato come disamore Considerando che lo Spirito instilli l’amore di Cristo nell’intimo dell’uomo, il peccato può essere definito come disamore, la maligna opposizione all’amore. Il disamore peccaminoso è la distrazione dall’amore integrale di Cristo e la deviazione verso forme di pseudo-amore: commettere peccato significa omettere di amare integralmente. Le forme principali di disamore potrebbero essere descritte attingendo alla tradizione dei vizi capitali. La distinzione dei peccati L’indurimento comincia con il peccato veniale, che porta gradualmente a quello mortale. Il peccato veniale crea le premesse per la rottura della relazione amorosa con Dio e il prossimo. Può essere riconosciuto come la preistoria del peccato mortale. Il peccato mortale è un atto contro l’amore per Dio e il prossimo. Non si restringe a un atto puntuale, ma comporta il protrarsi di una relazione interrotta. Ciò non compromette la possibilità che si realizzi con un solo atto. Si ha un peccato mortale quando sono presenti tre elementi: avvertenza piena (consapevolezza di quello che si fa), deliberato consenso (scegliere di fare il male secondo libertà) e materia grave (violazione di uno dei Comandamenti). 2. La conversione Rispetto all’attrazione dello Spirito, la libertà può arrendersi e lasciarsi plasmare affinché ami come Cristo: ciò avviene nel corso del tempo. La meta è l’uomo perfetto, che raggiunga la misura della pienezza di Cristo. La storia della conversione non conosce solo il progresso lineare, ma anche arresti, cadute, regressi. 5 La conversione iniziale La conversione ha il suo momento iniziale nell’atto di fede. Il momento sacramentale è quello del battesimo, il quale però benché tolga il peccato lascia la concupiscenza. L’inizio della conversione morale si caratterizza come liberazione dal dominio della concupiscenza in modo tale che la libertà non assecondi la sua inclinazione al peccato. Strumento necessario è il sacramento della riconciliazione. La conversione progressiva Occorre che ciascuno si impegni a far sì che nessuna azione sia senza amore, è una lotta contro il peccato veniale. Bisogna riconoscere e combattere il peccato fin dal suo comparire come tentazione, che come atto sulla libertà richiede di reagire. La tradizione cristiana distingue la tentazione tra diavolo, mondo e concupiscenza. La tentazione diabolica, per quanto spirituale, agisce nel mondo attraverso la concupiscenza. La tentazione mondana è conosciuta come “occasione di peccato”, e con essa si intende una circostanza che costituisce occasione esteriore di tentazione. Secondo la gravità del peccato si distingue in occasione prossima o remota; secondo la possibilità di evitarla si parla di occasione necessaria o volontaria di peccato. La concupiscenza è la tentazione interiore e sorge come deformazione della coscienza. Il racconto della Genesi (del serpente e della mela) mette in luce come il peccato sia nato nella tentazione interiore, che mira a falsificare la realtà: l’immagine del mondo viene distorta. Bisogna quindi vigilare sulla propria immaginazione. La conversione perfetta Fin dal suo sorgere, la conversione è orientata a Dio attraverso l’imitazione di Cristo. PARTE SECONDA: Natura e tecnica Capitolo I: Bioetica: una nuova scienza? Ci si chiede se la bioetica sia una nuova scienza oppure un modo diverso di considerare la morale. Ci si chiede anche quali regole si debbano considerare per agire nella bioetica. Le risposte sono difficili e bisogna innanzitutto considerare il processo culturale che ha portato alla bioetica. 1. All’origine della bioetica Essa è nata dal rinnovamento sociale, culturale e scientifico che ha fatto seguito alla seconda guerra mondiale, da cui il pensiero comune è uscito con un’ottica più consapevole e attenta ai bisogni dell’umanità e ai rapporti interpersonali. Dal processo di Norimberga emergono concetti come “crimini di guerra” e “diritti dell’uomo”: da quel momento ci si rende conto che la bioetica non sarà più limitata ad alcuni individui e momenti, ma sta diventando un fenomeno universale. Negli anni ’50 del secolo scorso avvengono una serie di progressi in medicina: la scoperta del DNA, le tecniche di rianimazione, la pillola anticoncezionale e la fecondazione di animali in vitro. La Chiesa ha stabilito che tutto nasce dalla crisi morale dell’uomo, il quale sente, a livello scientifico, la necessità di dare altre forme alla morale. Prima era solo il filosofo a occuparsi della morale, ma ora ne trattano anche gli scienziati: da qui lo scienziato Potter introduce il termine bioetica, cioè il comportamento morale applicato allo sviluppo della vita. 2. L’identità della bioetica La definizione di bioetica si lega alla comprensione di cosa siano natura e tecnica e del loro rapporto. Per fare questo si devono superare alcune incomprensioni diffuse nel nostro contesto culturale. La natura viene definita dalla scienza positiva intendendo le cose naturali e i meccanismi organici che presiedono al funzionamento del cosmo e dell’uomo in esso inserito. Ma in questo modo si riduce il concetto di natura. 6 A un secondo livello, la natura è l’insieme dei significati storicamente e culturalmente interpretati, accessibili al soggetto (es. una carezza veicola una serie di significati come l’affetto). La natura sarebbe, in questo senso, la cultura. A un primo e superficiale livello, con tecnica si considera l’insieme degli strumenti e delle procedure che hanno come scopo il raggiungimento di un fine. In questo modo la tecnica sarebbe frutto dell’essere umano e eticamente neutra (interpretazione antropologica). Riflesso di questa deriva sul discorso etico è rinvenibile nel paradigma naturalista, che cede all’individualismo. Esiste però un altra visione della tecnica che considera il fatto che la tecnica si costruisce un sistema in grado di autoalimentarsi e imporre la propria logica sull’intero vivere. In questo modo è la tecnica a determinare il futuro dell’umanità e sull’homo economicus si impone. Occorre riconoscere il legame intrinseco tra natura e tecnica inserendo entrambi in una più globale visione del vivere. Essi sono due aspetti della stessa dinamica che è la vita. Bioetica come etica o etica speciale? Dire che la bioetica si comprende come etica significa che essa ne condivide l’identità, la funzione e l’epistemologia. Come l’etica, essa è una attività speculativa chiamata a rendere ragione dell’agire morale dell’uomo nei suoi tratti di libertà, consapevolezza e responsabilità. La funzione della bioetica si configura quindi come sostegno all’esperienza etica della persona e non può subentrare nella coscienza di chi è chiamato a scegliere nelle diverse situazioni del suo vivere. Considerare la bioetica un’etica speciale significa identificarla una disciplina autonoma all’interno del sapere morale. La bioetica risulta come la scienza morale – rivolta quindi alla spiegazione, giustificazione e valutazione dell’agire morale – specificata dalla considerazione dell’intreccio di natura e tecnica che descrive il vivere dell’uomo nei suoi momenti più significativi (nascere, morire, guarire…). Capitolo II: Un nuovo modo di generare? 1. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita La procreazione medicalmente assistita (PMA) può essere in vivo o intracorporea, e in vitro o extracorporea, dove la penetrazione dello spermatozoo avviene in provetta per procedere poi al trasferimento dell’embrione nella donna. 2. L’esperienza del generare umano A livello bio-fisico la generazione è un processo complesso che coinvolge tutto l’organismo. Tre aspetti significativi del carattere totalitario sono: il legame tra processo di maturazione dei gameti maschili e femminili e la totalità della struttura corporea (pubertà), la gestazione e la fecondazione. All’embrione nelle sue primissime fasi si deve riconoscere che siamo di fronte ad un essere umano inserito in un processo che necessariamente porta, se non interrotto da ulteriori fattori, al suo sviluppo personale. Tutto questo comporta anche un coinvolgimento psicologico. Psicologicamente, il processo di genitorializzazione è estremamente complesso ed è un intreccio tra desiderio e bisogno. L’atto del generare mantiene forte valenza sociale. Assistiamo a tre paradossi: lo sviluppo di istituti civili quali adozione o affidamento opposti alla concentrazione sull’avere un figlio proprio come necessario alla realizzazione della coppia, il differimento del momento in cui generare in un’età sempre più tarda e infine l’insistenza nella richiesta di tecniche generative, anche invasive, in un contesto dove sono presenti bambini già nati e bisognosi. 3. Criteri di valutazione etica Il ricorso alla tecnica in caso di sterilità è mosso dal desiderio (legittimo) di avere un figlio. Ma spesso la procreazione assistita non si limita ad interventi terapeutici, ma arriva ad ottimizzare il figlio. La morale implica anche il rispetto dell’embrione, che non deve essere manipolato a piacimento, ma rispettato nel suo ambito naturale in cui si svilupperà. 4. Ripresa sintetica 7 Esiste anche il suicidio assistito, che è la situazione in cui l’operatore non agisce in prima persona nel procurare la morte, ma fornisce al malato le conoscenze e gli strumenti affinché possa procedere da solo. La pratica opposta all’eutanasia si definisce distanasia o esubero terapeutico (più diffuso “accanimento”): si tratta della dilazione ad oltranza della morte attraverso l’utilizzo di tecniche mediche e si configura come applicazione al malato di mezzi sproporzionati rispetto alla propria condizione. Si riconosce in entrambe la stessa dinamica di fuga dall’evento della morte. Il compito etico chiede invece di trovare un equilibrio nella ricerca di cure proporzionate. Entrambe le procedure sono contro la morale teologica, in quanto non tendono conto della dignità della persona che muore. 3. Quasi una conclusione: vivere la propria morte l’apparente contraddizione di questo titolo si spiega con la necessità di essere educati alla consapevolezza che avremo una fine e che questa non dipende da noi e non deve dipendere da altri esseri umani. Abbiamo nella Chiesa l’esempio di uomini e donne che si sono preparati con coscienza alla morte. PARTE TERZA : Sessualità e matrimonio Capitolo I: Gli enigmi dell’amore Fino agli anni ’60 tutto ciò che riguardava il sesso era taciuto e relegato all’istituto matrimoniale e controllato dalla morale, sia religiosa che laica. In quegli anni è avvenuta una rivoluzione che ha portato l’argomento a essere vissuto senza regole. Ecco alcuni trend che troviamo nella fenomenologia della relazione di coppia oggi nella cultura occidentale: - Quasi tutte le relazioni hanno una dimensione sessuale, ogni contatto tra le persone ha una forte connotazione sessuale - Il matrimonio non è più il “binario su cui vivere la funzione sessuale” - L’inizio di una seria relazione amorosa è frutto di una decisione libera dei due soggetti, come non lo era mai stata - Ne consegue che il permanere in una storia affettiva è meno dipendente dalle regole sociali - La direzione del rapporto individuo-società è invertita: oggi è l’individuo che assegna valore a ciò che lo circonda. Capitolo II: Il sacramento dell’amore 1. L’evidenza ecclesiale: il matrimonio celebrato La chiesa propone ai fedeli una serie di riti: tra questi c’è anche la celebrazione del matrimonio. Accanto al sacramento c’è il rito, momento di riflessione su come la forza dello Spirito Santo penetra l’unione dei due sposi e la sostiene. Durante il rito si devono ricordare gli aspetti del senso morale del matrimonio: la dimensione comunitaria, la presenza dello spirito, il fatto che i due sposi sono i ministri del sacramento. 2. La rivelazione biblica del sacramento All’inizio del Vangelo di Matteo, un fariseo vuole mettere alla prova Gesù e gli chiese se sia lecito ripudiare la donna per qualunque motivo. Gesù rimanda alla legge di Mosè, dicendo che lui ha fatto una legge per cui è possibile ripudiare la donna solo “per la durezza del vostro cuore”, cioè per assecondare quello che nel popolo ebraico fin dalle origini era un dato di fatto. Invece la pienezza della legge è quella che risponde al desiderio di Dio di creare e fondare, dove il matrimonio concorre a questo desiderio. Dio ogni giorno di creazione guarda la sua opera e dice che è buona. Dopo la creazione di Adamo si accorge che è smarrito, gli manca qualcosa. La donna gli è necessaria e la sua creazione sarà ugualmente cosa buona. La ricerca di un simile nasce nell’uomo per la presenza del desiderio insopprimibile provocato dall’eros. Per 10 far capire interamente la necessità di questa unione completa, la Genesi parla di donna creata dalla costola dell’uomo. Uomo e donna restano distinti perché sia sempre vivo il desiderio dell’uno verso l’altro. San Paolo riconosce nelle coppie che si muovono intorno a lui l’opera di Dio: la promessa del rinnovo di un’alleanza, fatta nella Genesi, si è concretizzata in Cristo. La Pasqua è il momento supremo di questa unione, in cui lo sposo (Cristo) dà la vita per lei (Chiesa). 3. Il sacramento delle origini Il sacramento del matrimonio è il primo a nascere nella Genesi e serve da prototipo a tutti gli altri. Dio crea un giardino nel quale l’uomo si trovi bene, quindi Dio diffonde ovunque amore. La storia nasce da questo amore. Capitolo III: Le caratteristiche dell’amore 1. Il nome proprio dell’amore: come Cristo amò la Chiesa L’amore di Cristo è il criterio per interpretare la qualità dell’amore tra uomo e donna. Il culmine dell’amore di Gesù è nell’accettazione del sacrificio della Croce, quando dà la vita per la Chiesa, la sposa. Quello dei coniugi è prima di tutto amore pienamente umano, quindi sensibile e spirituale, non semplice trasporto dei sensi. È inoltre atto della volontà libera, destinato a mantenersi e ad accrescersi attraverso le esperienze quotidiane. 2. Le caratteristiche dell’amore di Cristo Cristo irradia amore distinto in quattro tratti essenziali: - Amore totale, fino al sacrificio - Amore fedele, nonostante il tradimento di Giuda e Pietro - Amore indissolubile, assicurando la presenza dopo la morte - Amore fecondo, ha dato la vita perché i suoi fedeli avessero la vita L’eucarestia insegna che il dono della vita totale, fedele, indissolubile e feconda inizia non quando si offre, ma quando si riceve. - Sacramento dell’amore totale. Dal punto di vista fisico si può esprimere con l’amore sessuale. - Sacramento dell’amore fedele. L’unione di coppia presuppone esclusività e questo è il riflesso dell’amore esclusivo che Cristo ha per la Chiesa come sua sposa. - Sacramento dell’amore indissolubile. I due non diventano uno solo istantaneamente, ma nel tempo. Se i due vogliono unirsi totalmente e indissolubilmente devono mettere in gioco la loro storia sotto tutti i punti di vista. - Sacramento dell’amore fecondo. Donare la vita Capitolo IV: I sentieri dell’amore 1. Sentieri che si aprono La via dell’amore comincia dal grembo materno e procede fino a farci riconoscere e accettare la persona con cui intraprendere un legame coniugale. Per arrivare a questo, occorre un coinvolgimento complesso della personalità: prima di tutto la costruzione di una solida identità personale e quindi la conoscenza della diversità dell’altro, secondo occorre sviluppare il desiderio di fare una scelta di fede, cominciando lasciandosi amare da Cristo. Il primo compito dei fidanzati è di prendersi cura l’uno dell’altro. L’impegno della conoscenza reciproca deve partire da loro, ma è importante che abbiano una guida spirituale a cui affidarsi, che insegni loro come aprire il loro amore di coppia verso i più prossimi e quindi estendersi come testimonianza dello spirito d’amore che opera in loro. 2. Sentieri quotidiani 11 Una volta sposati, è necessario che gli sposi conducano una vita cristiana, sulla quale fondare la loro quotidianità. Su questa base si garantiscono le quattro caratteristiche dell’amore coniugale, basato su quello di Cristo. La spiritualità coniugale Spiritualità qui significa presenza dello Spirito, trasmesso attraverso il sacramento. La vita cristiana no deve basarsi sulla semplice obbedienza a leggi, ma deve derivare dall’agire autonomo dello Spirito Santo. Dai partecipanti al Concilio Vaticano II è emersa la convinzione che il matrimonio possa essere considerato alla stregua di una vocazione sacerdotale: amandosi l’un l’altro, gli sposi amano Dio. 3. Sentieri tortuosi Ci sono possibili deviazioni che oscurano la relazione d’amore con Cristo. Il criterio fondamentale per riuscire è quello di rimanere fedeli a Cristo. La testimonianza di questa fedeltà si ha soprattutto dal comportamento, dai fatti e non tanto da ciò che si dice. Non è considerata trasgressiva solo l’instabilità del divorzio, ma anche la stabilità di un matrimonio che non sia dono completo dei coniugi. Questo consente alla Chiesa di valutare la possibilità di sciogliere matrimoni non cristianamente regolari, anche se celebrati. PARTE QUARTA: Persona e società Capitolo I: Un’etica sociale cristiana 1. Tre domande per cominciare Cerchiamo di rispondere a queste tre domande: - Cos’è la società oggi? - Quali sono le sue caratteristiche? - In che senso mi riguarda? La cristianità del sociale: in che senso la fede cristiana ha a che fare con la società? 2. Sguardo all’attuale fenomeno sociale La società attuale si presenta complessa e rappresenta una sfida sempre nuova da affrontare. Il suo tratto sintetico è la globalizzazione: un fenomeno storico-antropologico da capire anche risalendo alle sue cause. La tensione fondamentale oggi sembra essere quella tra individuo e società: l’uomo si sente isolato e completo, ritenendo la società una realtà esterna a lui. In realtà la persona è sempre un “essere in relazione”. A fronte di tale approccio individualista al sociale, apprezzate sono le relazioni comunitarie o primarie in cui prevalgono i tratti del riconoscimento dell’altro e dell’attivo coinvolgimento. La libertà dell’uomo di decidere quali proposte sociali seguire (religione, educazione, abitudini) deve essere presente in tre dimensioni: personale, comunitaria, istituzionale. 3. Un metodo per l’etica sociale Il percorso per arrivare a questa libertà si può dividere in tre tappe: - Fenomeno sociale (storia) - Rilettura alla luce della fede cristiana (Bibbia) - Etica sociale (dottrina sociale della Chiesa) Al primo posto c’è l’uomo, come protagonista della società e del suo sviluppo storico. Al secondo la Bibbia, come rivelazione divina all’uomo e dell’uomo a se stesso. Al terzo posto la necessità di un’etica che guidi il compimento della libertà da parte dell’uomo 12