Scarica Il mondo sonoro dei Bosavi e più Appunti in PDF di Etnologia solo su Docsity! IL MONDO SONORO DEI BOSAVI Particolare rilievo assume il contributo offerto da Steven Feld, che elabora un proprio quadro epistemologico che molto deve alle sue intense e prolungate esperienze di ricerca tra i Kaluli del Bosavi. Feld riconosce l’importanza germinale dell’Antropologia della musica di Merriam, ricordando che però fin da studente aveva manifestato propensione verso una più generale antropologia del suono. Egli recepisce l’idea che le foreste tropicali siano ambienti particolarmente favorevoli allo sviluppo di un altissimo livello di adattamento acustico. Feld osserva come l’ambiente della foresta pluviale sia percepito dai Kaluli come una sorta di diapason che traduce acusticamente le fondamentali coordinate spazio-temporali. Lo spazio, il tempo e le stagioni sono indicati e interpretati secondo i suoni: dai suoni si ricavano per via indiretta delle informazioni sull’altezza, la profondità e la distanza della foresta. Giunge così a delineare un’antropologia del suono che si è andata via via orientando verso la formulazione di un nuovo approccio disciplinare: l’acustemologia, termine coniato nel 1992. Il termine correla acustica ed epistemologia al fine di esplorare le complesse connessioni riflessive fra spazio uditivo e spazio acustico. Considera, quindi, l’acustemologia una radicale alternativa ai tradizionali approcci antropocentrici. Per Feld il focus è sull’espressione vocale ritualizzata: vi è un simbolismo nella voce che si lamenta e canta che è in stretta connessione con gli uccelli della foresta tropicale. Per i Kaluli gli uccelli sono spiriti e voci degli spiriti. I lamenti e i canti rituali richiamano ed evocano la presenza di spiriti e vengono interpretati come espressioni della tristezza causata dall'essere uccelli. Questa tristezza porta gli ascoltatori a gridare come uccelli, completando così un cerchio simbolico. I loro testi sono cantati in uno stile poetico chiamato parole dei suoni degli uccelli, ed elencano una serie di luoghi e di eventi ambientali concomitanti nella vegetazione, nella luce e nei suoni. I canti diventano un percorso, una serie di nomi di località che collegano la cartografia della foresta tropicale agli spostamenti dei suoi abitanti attuali e passati. Questi percorsi canori sono anche collegati al mondo degli spiriti degli uccelli, i cui patterns di volo intersecano i sentieri e i corsi d'acqua, collegando così la cosmologia degli spiriti del cielo alle storie locali sulla terra. I Kaluli interagiscono con la foresta come immagine di terra e di luogo che funge da mediatore di identità. Per i Kaluli la foresta è buona sia da ascoltare sia per cantarci insieme: i suoni ambientali sono fonte di piacere e di ispirazione. Le immagini sonore sono molto più di quelle visive. L'intero lessico che racchiude la “teoria musicale” dei Kaluli è fondato sull'interconnessione metaforica tra i campi semantici di “acqua” e “suono”. Non è un caso che Feld apra la sua principale monografia Suono e Sentimento riferendo il mito fondante della credenza che riguarda la reincarnazione in forma di uccello degli spiriti dei defunti: le voci bosavi che riecheggiano tra gli alberi della foresta. Il mito narra di un bambino e della sorella maggiore che si recano ad un ruscello per pescare dei gamberetti. La sorella ne raccoglie alcuni mentre il fratellino non riesce nell'intento e glieli chiede piangendo, senza tuttavia ottenerli. Il bambino pesca allora un gamberetto piccolissimo, lo stringe in pugno e inizia a trasformarsi in un uccello muni (colomba frugivora bella). Il bambino-uccello spicca il volo ripetendo il suo tipico richiamo simile a un lamento, mentre la sorella lo prega di tornare, offrendogli in dono tutti i gamberetti che ha raccolto. Questa dolorosa metamorfosi è causata dall'infrazione di un obbligo avvertito dai Bosavi, in quanto per loro è impensabile negare il cibo a un bambino. L'azione negativa trova quindi compensazione nell'acquisizione di un nuovo status, che tende a mediare opposizioni (giustizia-ingiustizia; vita-morte). Questo mito racchiude ogni campo dell'esperienza vitale dei Bosavi, che considerano i suoni emessi dagli uccelli come riflesso delle proprie condizioni emotive. Per il popolo del Bosavi la dimensione espressiva è quindi indissolubilmente connessa all'armonia dei legami sociali e alla relazione fruttuosa che gli esseri umani istituiscono con l'ambiente naturale in tutte le loro possibili reciproche implicazioni. Nella foresta pluviale tropicale, l’altezza e la profondità del suono si confondono facilmente. Il lavoro del microfono che cerca e indugia sopra ombre sonore che ci attraggono non è altro che una metafora dell’apertura del campo uditivo, delle emergenze che lo abitano. Perché metafora? Perché il microfono è un’estensione, in senso pieno del corpo umano, che si innesta su un inevitabile intorpidimento, ma che è capace di rifocalizzare la globalità del senso di un’esperienza. Si ascolta per vivere, per partecipare al mondo, ma anche perché il suono sollevato al di sopra è un piacere che si rinnova. La metafora traduce il piano del sonoro in modo così naturale perché è lo strumento più appropriato per proiettare la dimensione percettiva dei contrasti e delle unificazioni. Nella metafora, affetto ed effetto sonoro si fondono, proprio come nell'ascolto. La foresta è il luogo mistico da dove cantano gli ane mama, i riflessi delle persone andate, che i kaluli ascoltano risuonare nel canto degli uccelli. Si canta con la foresta e si piange, essa è un luogo da ascoltare e un’immagine della memoria. Non si cerca dunque solo una fonte sonora ma la qualità di un suono, che metta in movimento le forme della propria affettività: in questo modo potrà accadere che, cercando il canto di un uccello simbolico, si ascolti la voce di qualcosa di diverso (come accade quando Feld, registrando il canto del seyak, si sentirà rispondere che il canto registrato dice qualcosa di diverso perché è la voce di un amico che vuole ancora dialogare con lui). La foresta è un luogo da ascoltare e si fa immagine della memoria, ma è anche un luogo di sfondi riattivabile sulla base della propria motivazione affettiva. La tassonomia dei Kaluli denomina infatti gli uccelli sulla base del loro suono e non del loro aspetto: sanno infatti imitarli, ma non sanno descriverli. Inoltrandosi all'interno di papua Nuova Guinea, si arriva al monte Bosavi, vulcano estinto: i duemila residenti di questa zona chiamano sé stessi e la loro terra “Bosavi”. I Kaluli cacciano, pescano e praticano l’orticoltura. La vita sociale del villaggio ruota attorno alla casa comunitaria. La loro società è senza classi. Non esistono forme di specializzazione, livelli o stratificazioni sociali od occupazionali. secondo uno dei