Scarica Il nuovo Caratteri e comunicazione visiva. Introduzione allo studio della tipografia e più Sintesi del corso in PDF di Tipografia solo su Docsity! Il nuovo caratteri & comunicazione visiva Definizione di “carattere” = [segno tracciato, impresso o inciso cui si attribuisca un significato], [ la forma delle lettere di una scrittura], nella tipografia [i blocchetti parallelepipedi (detti anche tipi o caratteri mobili)]. La locuzione italiana carattere tipografico corrisponde all’inglese typeface o type family: una “famiglia” di caratteri che portano tutti lo stesso nome, affini per disegno e atti a essere usati insieme; una serie coerente di variazioni sul tema, di “varianti” o “stili”. I caratteri tipografici vengono solitamente denominati con il nome del disegnatore.
Una singola “variante” o “stile” di un carattere tipografico sarebbe una font.
Tipografia = tecnica e attività del comporre e stampare - o meglio luogo ove si stampa. Il linguaggio verbale scritto: nozioni di base (pag. 25- 39) Per alfabeto latino si intende un ampio repertorio di segni che trae origine dall’antichità romana e da successive elaborazioni. E’ un alfabeto che, si è adattato alle esigenze di scrittura di molte lingue. E’ composta di base da circa un centinaio di segni alfanumerici. Aggiungendo anche i segni d’interpunzione e una quantità variabile di altri glifi, si arriva a 200/250 segni, tutti diversi. Questo repertorio di segni ci permette di creare rappresentazioni condivisibile e adeguato al contenuto stesso. Lettere maiuscole (capitali o alte) Il maiuscolo tipografico prende origine dalla capitalis, la lettera capitale elaborata in epoca romana. Le forme generiche delle lettere maiuscole (o bilineari) si colorano entro due linee parallele, come fossero due binari, trasmettendo una sensazione di stabilità. Da ciò deriva il “tono” del maiuscolo: “ a voce alta”. Lo utilizziamo per: - l’inizio di una frase o di un nome,
- evidenziare interamente una parola o una frase,
- creare una capolettera, - nella storia la capolettera conteneva anche elementi figurativi che illustravano il contenuto. Lettere maiuscole basse Il minuscolo tipografico deriva sostanzialmente dalla lettera “maiuscola carolina”, il cui il nome proviene dalla riforma della scrittura valuta dall’imperatore Carlo Magno intorno all’800” d. C. Le forme generiche del maiuscolo di “movono” (quasi) all’interno di quattro allineamenti principali. Lettere maiuscolette Il maiuscoletto si inserisce nel repertorio tipografico nel XVI secolo. Il suo disegno è caratterizzato da particolari e indispensabili accorgimenti, non facilmente riconoscibili se non accostati accanto alle maiuscole. Il maiuscoletto avrà un colore tipografico più debole rispetto al maiuscolo. Ha un tono intermedio e può essere utilizzato nelle titolazioni o nelle bibliografie. Numeri Esistono numeri arabi maiuscoli e minuscoli. I numeri arabi minuscoli sono detti anche bassi (oldstyle, elzeviriani ...) hanno un andamento analogo a quello delle lettere minuscole, racchiudibile fra quattro allineamenti principali. Politìpi (legature)
La parola politipo deriva dal greco “molti caratteri”, sottintendendo “in un sola figura”. Tale disegno costituisce un segno - glifo - a sé stante, che viene sostituito alle coppie o terzine di lettere corrispondenti. Tra i politipi ricordiamo la e commerciale - & - che ha come congiunzione latina et. Segni d’ interpunzione (punteggiatura) I segni d’interpunzione rivestono un ruolo fondamentale nel sistema dell’alfabeto latino. Conferiscono senso ulteriore e univoco a un testo. In genere un uso errato della punteggiatura può stravolgere il significato di un testo. I segni d’interpunzione più diffusi nelle lingue che usano l’alfabeto latino sono : punto, virgola, due punti, punto e virgola, punto esclamativo; per estensione: virgolette, apostrofi, parentesi, trattini, lineette. Lettere accentate e diacritici vari L’uso della vocale accentata all’interno di una parola è invece limitato ai dizionari o ad altri testi di dizione, per specificare l’apertura o la chiusura di quella vocale, oppure in casi di ambiguità non chiarita dal contesto. Allineamenti, sistemi di misura, anatomia del carattere (pag. 40- 48) Allineamenti e anatomia dei caratteri Le lettere minuscole che vanno verso l’alto (es.b, d, f, h): sono le lettere che chiamiamo con tratti ascendenti; al contrario le lettere (g, p, q): queste lettere sono dette con tratti discendenti. Le lettere minuscole che non si discostano da un andamento “mediano”, collocandosi al centro di un’immaginaria griglia (es. a, c, e, x): queste lettere seguono l’andamento dell’occhio medio del carattere. Corpo del carattere Nella tipografia in piombo i caratteri erano (e sono) fusi in rilievo su blocchetti di lega metallica. Il corpo del carattere era la misura dell’altezza della faccia rettangolare di quel blocchetto, destinata a essere inchiostrata nelle parti in rilievo e a imprimere la carta. Anche oggi si fa così. Il corpo di un carattere è l’altezza del rettangolo immaginario che può contenere tutti i glifi di quel carattere. Sistemi di misura tipografici Sistema didot e il sistema pica. Tutti e due sono sitemi duodecimali, ossia su base dodici, si basano su una grande unità di misura, la riga tipografica, e una piccola unità di misura, il punto tipografico; una riga tipografica è composta da dodici punti tipografici. Un punto tipografico è poco più di un millimetro. La riga tipografica viene utilizzata per misurare la giustezza di un teso, vale a dire l’estensione in larghezza della riga più lunga di un testo. Composizione dei caratteri (pag. 70-83 ) Leggibilità e composizione I caratteri non nascono per vivere isolati ma per essere accostati gli uni agli altri. Sulla leggibilità o comfort di lettura influiscono questi parametri: 1. avvicinamento delle lettere - la giusta distanza dei segni all’interno di ogni parola. Tale distanza teoricamente varia per ogni corpo di composizione. In un corpo grande le lettere sono più ravvicinati e compatte, in un corpo piccolo devono essere più distaccate. 2. La giusta spaziatura fra le parole - se le parole sono troppo distaccate si crea una serie di piccoli barriere alla percezione; se lo spazio è insufficiente si rallenta l’identificazione dei vocaboli e dei significati. 3. La giustezza o lunghezza delle linee di composizione. Un rapporto ottimale tra corpo del carattere e giustezza è di 1:25 circa, pari a 60 segni per linea di scrittura. 4. La giusta interlinea
Dinamica orizzontale: avvicinamento e spaziatura Lo spazio orizzontale fra i caratteri viene misurato con un valore relativo: em o quadrato. Un em rappresenta uno spazio orizzontale: Per un carattere in corpo 10 un em è pari a 10 punti; per il corpo 48, è pari a 48 punti. Questo sistema si usa per definire: - La spaziatura: spazio fra le parole; - L’avvicinamento (tracking): spazio fra le lettere di una o più parole; - La crenatura (kerning), lo spazio fra coppie specifiche di segni. Dinamica orizzontale: la giustezza La giustezza è la lunghezza della riga di testo più ambia, misurata in ciceri o in pica. Una giustezza “giusta” è quella che non scoraggia il lettore, non costringendolo a una riga troppo lunga e faticosa o a una riga troppo breve. La giustezza “giusta” si stabilisce in base a diversi fattori, tra cui: - tipologia del carattere con cui è composto il testo;
- corpo del carattere:
- interlinea; - allineamento del testo; - numero di colonne di cui si compone la pagina; In una pagina di libro convenzionale la giustezza comprenderà un numero di caratteri fra 45 e 75. Per “caratteri”- o “battute” - s’intendono anche la punteggiatura e gli spazi fra le parole. La giustezza è da 20 a 40 volte il corpo del testo. Per le pagine a più colonne, il numero medio di caratteri per riga sarà compreso tra i 40 e i 60. Una giustezza troppo breve cause un affollarsi di caratteri o creerà dei vuoti fra le parole oppure uno spezzarsi continuo del testo. Invece una giustezza troppo ampia può causare un affaticamento della lettura. Dinamica verticale: l’interlinea L’interlinea è la distanza tra una riga di testo e la riga successiva, si misura in punti dalla linea di base di una riga di testo alla linea di base della riga di testo successiva. - l’interlinea “normale” è pari alla misura del corpo usato più il 20% del corpo stesso. Per esempio: corpo 10/12 pt. - Un testo breve può essere “sterlineato”, vale a dire un’interlinea negativa, pari o inferiore al corpo del carattere, a condizione che le aste ascendenti , le eventuali maiuscole accentate e le aste discendenti non si tocchino. - In tutti i seguenti casi è richiesta un’interlinea maggiore: • giustezza lunghe rispetto al corpo del carattere; • caratteri con forza d’asta scura; • caratteri con occhielli larghi; • caratteri con forte contrasto fra pieni e sottili e asse perpendicolare; • testo con abbondanza di esponenti, deponenti, segni diacritici, espressioni matematiche, uso frequente delle maiuscole.
- Nel caso di testi a più colonne è opportuno allineare sempre le linee di base del teso principale tra una colonna e l’altra. Dinamica laterale: allineamento del testo Giustificato: giustezza fissa: spaziatura variabile, sillabato. Testo che presenta margini paralleli a sinistra e a desta. E’ una composizione adatta a testi abbastanza lunghi o molto lunghi. La giustificazione offre due punti di riferimento stabili (uno di partenza e uno di arrivo) all’occhio del lettore che viene in questa maniera abituato a un ritmo costante. A bandiera: giustezza variabile: spaziatura fissa, non sillabato. E’ una composizione che presenta un margine uniforme da un lato (allineato) e ,dall’altro, un margine variabile da riga a riga. Oltre alle difficoltà della giustezza variabile anche quella della sillabazione obbliga il lettore a “ricomporre” mentalmente le parole sillabate. A bandiera a sinistra : immaginando l’asta della bandiera a sinistra e le frange a destra. Per i testi sia corti, sia abbastanza lunghi. La bandiera a sinistra, può essere opportuna in una pagine a più colonne di testo, e può valorizzare l’uso di molti caratteri lineari perché ne spezza la monotonia. A bandiera a destra: immaginando in questo caso l’asta della bandiera a destra e le frange a sinistra. La bandiera a destra deve essere utilizzata solo nel caso di testi brevi. A Epigrafe: giustezza variabile: spaziatura fissa, non sillabata.
E’ la composizione del testo secondo un asse centrale. E’ adatta a testi brevi a causa del variare continuo sia del punto di partenza sia del punto di arrivo nella lettura delle righe. A Sagoma: giustezza variabile: spaziatura variabile, sillabato. Si può adottare nel caso in cui il testo debba seguire i margini di un’immagine scontornata, purché la giustezza minima sia sufficientemente ampia e il testo abbastanza lungo da metterne in risalto la sagomatura. Di forte impatto grafico e visivo, si presenta a interventi misurati. A Giustezza crescente o decrescente: giustezza variabile: spaziatura variabile, sillabato. Sono le composizioni che adottano giustezze gradualmente crescenti o decrescenti. Hanno un valore di intervento grafico.
A Finalino: giustezza variabile: spaziatura variabile, sillabato. Un virtuosismo tipografico d’altri tempi, con cui si concludeva un capitolo o un’opera. E’ la composizione secondo un asse centrale, con una giustezza gradualmente decrescente, spaziatura costantemente e anche senza sillabazione alcuna delle parole. Serie e varianti dei caratteri (pag. 87-91) All’interno di un carattere tipografico possiamo avere più varianti (o stili, o font). Forma e postura E’ la differenza fra il tondo (roman) e il corsivo (italic) o inclinato (slanted), obliquo (oblique). Per “forma” si intende il modificarsi della sagoma del disegno dei caratteri fra la variante tonda e quella corsiva. Per “postura” si intende l’inclinazione (variabile) delle aste verticali e delle controfirme del carattere rispetto alla linea di base. Forza d’asta Nelle varianti di forza d’asta cambia lo spessore, la forza dei tratti. In termini di tipografia avremo uno spessore denominato “normale”, più sottile chiamato “light”, il chiarissimo “ultralight” eccetera; con forza d’asta più spesse avremo “in crescendo” il neretto o grassetto (semibold), il nero (bold), il nerissimo “extrabold o black”. Proporzione Le varianti di proporzione interessano principalmente la dimensione orizzontale dell’occhio del carattere. A partire da un proporzione “normale”, potremo avere proporzioni via via più strette dal condensato (condensed) all’ultracondensato (ultracondensed) o stretto (narrow), nell’altra direzione avremo proporzioni sempre più larghe, dall’esteso (extended) all’allargato (enlarged). Le varianti dei caratteri sono una dotazione importante a nostra disposizione per aumentare il senso di un messaggio testuale; agevolando l’articolazione e la gerarchizzazione, restituiscono (o conferiscono) il tono voluto. Aiutano la lettura del testo e l’interpretazione del contenuto. Classificare i caratteri (pag.132-155) La classificazione dei caratteri di Thibaudeau Tra i primi esempi di classificazione dei caratteri tipografici vi è quella di Francis Thibaudeau (1860-1925). Presentata fra il 1921 e il 1924, si basa sulla presenza o assenza delle grazie e, se presenti, sull’osservazione delle caratteristiche di tali elementi. Consiste in quattro gruppi principali di lettere: Antiques (Lineari), Egyptiennes (con due sottogruppi), Romain Elzévir (con sei sottogruppi), Romain Didot. La classificazione dei caratteri di Vox La classificazione di Vox si basa sul concetto di prototipi, individuati e definiti grazie a una visione generale della storia dei caratteri tipografici. L’attenzione è rivolta più all’aspetto generale di un carattere che non alle grazie o al dettaglio dei tratti. L’approccio storico della classificazione di Vox (detta anche “classificazione di Lure”) non va inteso come una semplice descrizione erudita del passato dei caratteri; si tratta di una “valorizzazione della biologia “familiare” dei caratteri”. La classificazione di Vox consiste in nove gruppi: Humanes (Umanistici), Garaldes (Garaldi, dal nome di Claude Garamont e di Aldo Manuzio), Réales (Reali), Didones (Didoni, dai nomi di Didot e Bodoni), Mécanes (da Meccanici, in 3b. Transizionali > Barocchi Nei prototípi del XVII continua il gioco delle variazioni sul tema dei Romani antichi. L’asse del carattere può variare tra una lettera e l’altra, le lettere sono più disegnate che scritte, grazie e tratti sono modulati in un dialogo di forme in contrasto. Si stabilisce l’uso del tondo e del corsivo sulla stessa riga di testo. Caratteristiche: - grazie sottili con raccordo curvilineo; - contrasto medio/alto fra pieni e sottili; - asse della o poco inclinato o perpendicolare; - barra della e minuscola parallela alla linea di base; - tratto terminale in alto della r inclinato. 3c. Transizionali > Neoclassici L'estetica neoclassica è connessa alla cultura razionalista e illuminista. Nelle lettere neoclassiche si può ancora scorgere un'eco del segno della penna a punta larga, ma costretta a un asse verticale (o razionalista) e improntata a una rigorosa solidità costruttiva. Caratteristiche: -grazie sottili con raccordo curvilineo (Baskerville, Bell) o più spesse con raccordi anche angolari (Fournier); -contrasto medio/alto fra pieni e sottili; -asse della o perpendicolare; -barra della e minuscola parallela alla linea di base; -tratto terminale in alto della r poco inclinato. 4. Romani moderni (o protoromantici) Con i prototípi di questo gruppo s'instaura una nuova proporzione orizzontale della lettera, in luogo di quella 'antica' in uso dal tempo della capitalis romana con poche variazioni. La definizione di 'Romantici' data da Bringhurst a questi caratteri è tanto interessante quanto problematica. Si basa sull'osservazione del nuovo, forte contrasto che viene introdotto nei segni alfabetici, assimilato a una delle tematiche del romanticismo. Ma i legami fra l'estetica neoclassica e quella (proto) romantica sono sottili, così come i confini temporali fra i due movimenti. Caratteristiche: - grazie sottili con raccordo curvilineo, angolare o misto; - contrasto alto fra pieni e sottili; - asse della o perpendicolare; - barra della e minuscola parallela o quasi alla linea di base; - tratto terminale in alto della r orizzontale o a inclinazione mista. 5. Nuovi transizionali Caratteri ispirati a prototipi perlopiù ottocenteschi, meno contrasti e con minori dettagli rispetto ai Romani moderni. Le nuove esigenze di comunicazione della nascente civiltà industriale, particolarmente nella stampa di quotidiani, a partire dagli inizi del XIX secolo impongono alte tirature, carta di qualità inferiore, forte impatto visivo dei caratteri a scapito della qualità inferiore, forte impatto visivo dei caratteri a scapito della qualità e finezza del disegno, colore tipografico più marcato. Caratteristiche: - grazie spesse con raccordi curvilinei; - contrasto moderato fra pieni e sottili; - asse della o perpendicolare; - barra della e minuscola parallela alla linea di base; - tratto terminale in alto della r poco inclinato. 6. Egiziani I caratteri Egiziani prendono il nome dall’interesse per l’Egitto suscitato dalla campagna napoleonica del 1798 -1801. I loro prototipi sono caratteri ispirati a forme storiche ma semplificati nel disegno, adatti anch’essi, come i Nuovi Transizionali, alle nuove esigenze di comunicazione del XIX secolo. Uno dei primi esempi di questo genere viene disegnato dall’inglese Vincent Figgins nel 1815 col nome di Antique. Gli Egiziani si dividono sostanzialmente in egiziani inglesi e francesi. 6a. Egiziani > Inglesi Gli Egiziani di stile inglese hanno generalmente: -grazie spesse con raccordi curvilinei (ma sottili e con raccordi angolari nel Joanna); -scarso contrasto fra pieni e sottili; -asse della o perpendicolare; -barra della e minuscola parallela alla linea di base; -tratto terminale in alto della r parallelo alla linea di base. 6a. Egiziani > Francesi Gli Egiziani di stile francese hanno generalmente: -grazie spesse con raccordi angolari o quasi; -contrasto fra pieni e sottili assente o molto scarso; -asse della o perpendicolare; -barra della e minuscola parallela alla linea di base; -tratto terminale in alto della r parallelo alla linea di base. 7. Lineari Si suddividono in quattro sottogruppi. 7a. Lineari grotteschi (o Benton) Sono detti anche “Benton” dal nome di Morris Fuller Benton, che ne disegnò diversi prototipi, in particolare il Franklin Gothic. Caratteristiche: - assenza di grazie; - contrasto fra pieni e sottili quasi assente; - asse della o perpendicolare alla linea di base; -controforme leggermente strette; -occhio medio generalmente alto; -barra della e minuscola parallela alla linea di base; -tratto terminale in alto della r parallelo alla linea di base; -discendente della g minuscola perlopiù chiuso (cappio), ma a volte aperto (gancio), per esempio nel Bell Gothic. 7b. Lineari neogrotteschi I Lineari neogrotteschi si diffondono dagli anni Cinquanta del Novecento, particolarmente grazie alla scuola svizzera di design, con caratteri emblematici come l'Univers e l’Helvetica. Caratteristiche: -assenza di grazie; -contrasto fra pieni e sottili scarso; -asse della o perpendicolare alla linea di base; -controforme generalmente più ampie rispetto ai grotteschi; -occhio medio generalmente alto: -barra della e minuscola parallela alla linea di base; -tratto terminale in alto della r parallelo alla linea di base; -discendente della g minuscola perlopiù aperto (gancio). 7c. Lineari umanistici Benché privi di grazie, presentano tratti finemente modulati e, in generale, reminiscenze della scrittura manuale, calligrafica o epigrafica; le maiuscole sono spesso improntate alla 'proporzione antica'. Gli esiti sono evidentemente molti, confrontando caratteri come il Goudy o l'Optima, e sconfinano altrettanto evidentemente nelle tipologie dei lapidari e dei calligrafici. Sono caratteri che mitigano l'essenzialità tipica dei lineari, con un comfort di lettura talvolta adatto anche a testi di una certa lunghezza. Caratteristiche: -assenza o accenni di grazie; -contrasto fra pieni e sottili variabile; -modulazione variabile del tratti; -discendente della g minuscola perlopiù chiuso (cappio). 7d. Lineari geometrici Traggono origine dai movimenti funzionalisti e modernisti della prima metà del Novecento (Bauhaus). Caratteri generalmente disegnati piuttosto che scritti, sono basati su forme geometriche come il cerchio, il rettangolo, il quadrato. Caratteristiche: -assenza di grazie, -contrasto fra pieni e sottili scarso; -asse della o perpendicolare alla linea di base; -tratto terminale in alto della r parallelo alla linea di base; -discendente della g minuscola perlopiù aperto (gancio), ma chiuso (cappio) per esempio nell'Erbar.