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Il Patrimonio Culturale, un approccio critico. R. Harrison, Sintesi del corso di Antropologia

riassunto: Il Patrimonio Culturale, un approccio critico. R. Harrison

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Il Patrimonio Culturale, un approccio critico. R. Harrison e più Sintesi del corso in PDF di Antropologia solo su Docsity! ANTROPOLOGIA DEL PATRIMONIO il patrimonio culturale, un approccio critico. R. Harrison Riassunto fasi patrimonio introduzione cap. 6 PREFAZIONE E RINGRAZIAMENTI: nel 2007, presso la Open University nel regno unito ho iniziato a sviluppare un modulo interdisciplinare che esplorava il patrimonio e il suo posto nelle società contemporanee come fenomeno globale. C’erano pochi studi critici interdisciplinari sul patrimonio che tenevano conto dei principali cambiamenti che avevo potuto osservare in relazione alla globalizzazione del patrimonio tra la fine degli anni novanta e gli inizi dei duemila. Oltre alla sua prospettiva comparativa e alla sua attenzione all’abbondanza del patrimonio e ai vari cambiamenti che si sono verificati in seguito alla globalizzazione del patrimonio del XX e inizi XXI, questo libro si concentra su tre temi collegati: materialità, connettività e dialogo. La nozione di connettività è un modello che vede il patrimonio come un prodotto del dialogo tra persone e cose che hanno il potenziale per affrontare la crisi contemporanea dell’abbondanza del patrimonio. Esso sorge da un senso tardo moderno di incertezza e ridondanza. Nuovi temi e definizioni di patrimonio possono contribuire all’apertura di nuovi indirizzi di ricerca per sudi interdisciplinari sul patrimonio, che, in termini generali, hanno sempre sottovalutato le dimensioni affettive del patrimonio per concentrarsi invece, invece, su questioni derivanti dalla politica della rappresentanza. Importanza di affrontare il patrimonio in modo esplicitamente interdisciplinare, trattandolo come un ampio fenomeno sociale ( e allo stesso tempo materiale) piuttosto che restringendo la mia analisi a un tipologia particolare. Tale interdisciplinarietà mette opportunamente insieme piu letterature e tradizioni critiche. Insegnato a bilanciare lo sguardo al passato nel presente, muovendomi verso il futuro. CAP.1 IL PATRIMONIO OVUNQUE 1.1 introduzione: camminando in quasi tutte le città del mondo possiamo incontrare dozzine di monumenti, memoriali, edifici, zone di conservazione ecologica, siti di memoria: l’eterogeneo accumularsi delle tracce del passato nel presente. Il patrimonio, l’esperienza formalmente messa in scena di incontro con le tracce fisiche del passato nel presente, è diventato un aspetto pervasivo della vita contemporanea e si configura come una serie di componenti che fungono da elementi costitutivi del desing degli spazi urbani e suburbani contemporanei. Il primo tema di questo libro è la così detta abbondanza di patrimonio nel nostro mondo tardo moderno e la sua funzione sociale, economica e politica nelle società globali contemporanee. Inoltre sostengo che ci sia un senso di crisi e di incertezza, cresciuto in importanza nelle società postindustriali contemporanee in tutto il periodo tardo moderno. Lo stesso senso di crescente incertezza in aumento negli ultimi decenni ci incoraggia ad accumulare il superfluo, l’unitilizzato e l’antiquato ocme potenziali materie prime per la produzione di ricordi che sentiamo di non poter rischiare di perdere. Tale senso di crisi è il risultato di una serie di fattori, tra cui la sensazione della rapidità e del peso dei cambiamenti magari climatici, sociali, tecnologici etc. il senso pervasivo di incertezza che accompagna varie questioni sociali, economiche, ambientali, umanitarie; l’ossesione del presente per il passato; la crescita della nostalgia. Il secondo tema fondamentale del libro è la relazione tra patrimonio e modernità, e in particolare il ruolo dell’incertezza nell’amministrazione del patrimonio come fenomeno culturale globale. Viviamo in un epoca dove il patrimonio è onnipresente, perché? Viviamo in un momento in cui le definizioni patrimonio si sono espanse a tal punto che quasi tutto può essere percepito come patrimonio. I meccanismi per la catregorizzazione, catalogazione e gestione del passato siano diventati così sofisticati nella loro progettazione che noi siamo siamo ormai in gran parte ciechi davanti a questo accumulo rapido e pervasivo del passato nel nostro mondo quotidiano. Crisi fondamentali della nozione di patrimonio la cui soluzione ha avuto un impatto significativo sui modi in cui il patrimonio è definito, percepito, e gestito nelle società globali contemporanee. Cambiamenti che riguardano in parte il predominio delle nozioni di patrimonio che sono state ufficializzate dagli anni settanta attraveso il lavoro del Comitato del Patrimonio Mondiale. Ma si riferisicono anche ai numerosi cambiamenti sociali ed economici, diffusi nelle società tardo moderne, che coinvolgono processi di globalizzazione, deindustrializzazione e l’ascesa dell’economia esperienziale contemporanea. Il patrimonio non riguarda principalmente il passato, piuttosto il nostro rapporto con il presente e il futuro. Il patrimonio pone quesiti urgenti che sorgono come risultato della nostra considerazione delle questioni geopolitiche contemporanee. Non è un processo passivo di semplice conservazioni di cose del passato che rimangono, ma un processo attivo di assemblaggio di una serie di oggetti, luoghi e pratiche che scegliamo di rappresentare come uno specchio del presente, associato a un particolare insieme di valori che desideriamo portare con noi nel futuro. Pensare al patrimonio come a un impegno creativo con il passato nel presente focalizza l’attenzione sulle capacità che abbiamo di assumere un ruolo attivo nella produzione del nostro domani. Viene suggerito un nuovo modello dialogico in cui il patrimonio è visto come prodotto della relazione tra persone, oggetti, luoghi e pratiche che non distingue ne da piu o meno importanza da cio che è naturale o culturale e che riguarda i vari modi in cui umani e non umani sono collegati da catene di connettività e lavorano insieme per mantenere vivo il passato nel presente per il futuro . 1.2 che cos’è il patrimonio: oggi termine ampio e sfuggente. Potrebbe essere utilizzato per descrive qualsiasi cosa, sia essa concreta o immateriale. Spesso appare come un termine positivo e potrebbe essere trovato in uso nel marketing di diversi beni e prodotti. Il concetto di patrimonio non comprende solo la relazione di una nazione con la storia e la. Costruzione della storia, ma fa riferimento anche ai modi in cui molti altri attori sono coinvolti nella produzione del passato nel presente. Sempre piu spesso, il patrimonio descrive processi globalizzati e globalizzanti di ampia portata internazionale. Si consideri l’elenco delle tipologie di patrimonio culturale che l’UNESCO a prodotto nel 2002. Non si considera le varie categorie di patrimonio naturale. Il patrimonio nell’accezione attribuita al termine dalle agenzie che sono incaricate di gestirlo, non può esistere indipendentemente da un processo di categorizzazione, ordinamento, catalogazione e, di conseguenza, di conservazione e/o archiviazione. Esistono nozioni di patrimonio che sono antiche e derivano dallo sviluppo delle idee sul significato dell’essere moderno formatesi nel periodo successivo all’illuminismo. Termine in continua evoluzione, ma sempre ambiguo e mai certo. Oltre ad apparire come qualcosa di desiderabile e che ha un valore commerciale, politico o sociale, il patrimonio è spesso evocato durante dibattiti e proteste su oggetti e pratiche considerate/i a rischio. Il patrimonio è generalmente invocato come una qualità positiva, che assume una qualche relazione con il passato e che si riferisce ai modi di catalogazione e classificare le “cose” e le tradizioni del mondo. Inoltre, spesso implica un senso di minaccia, o almeno una qualche vulnerabilità, e varie altre qualità che lo contraddistinguono dal quotidiano. il nostro futuro è immaginato e reso possibile grazie al passato che viene prodotto attraverso il patrimonio nel nostro presente. Considerare il patrimonio in modo critico e comparativo come fenomeno globale, riconoscendo non solo le somiglianze, ma anche le differenze nel modo in cui il patrimonio è definit, gestito, inteso e utilizzato in diversi paesi Non di meno le storie della conservazione storica nel Regno U. e nel Nord America condividono somiglianze, e su certe questione si specchiano anche. Ciò si riflette nelle loro traiettorie storiche condivise e nelle mitologie che sono cresciute attorno ad esse. Anche se ci sono molte somiglianze bisogna mettere in luce una sostanziale differenza fra le traiettorie storiche del patrimonio in America e in Eu. Differenza connessa con le basi coloniali dei vecchi e nuovi stati nel mondo. Il patrimonio nelle società dei coloni può assumere un ruolo “predatorio” in cui certe forme del ricordo si manifestano nella selezione e nella gestione di particolari luoghi del patrimonio culturale e richiedono l’eliminazione o la cancellazione di altri ricordi o forme di memoria. La gestione del patrimonio a causa delle loro storie coloniali deve lavorare per cancellare metaforicamente e/o fisicamente le tracce della precedente occupazione indigena. Sussistono alcune differenze tra le strategie di conservazione del patrimonio che derivano da diverse traiettorie storiche delle società. 2.4 Il patrimonio e le sue relazioni con la modernità: l’esperienza della modernità. La nozione di patrimonio è generalmente considerata come moderna. Con moderno non intendo solamente che si è sviluppata di recente, ma anche che è emersa in seno a filosofie distintive e movimenti sociali e politici a cui si riconosce una sensibilità moderna. La modernità è associata a un insieme di idee e condizioni sociali ed economiche emerse nel corso dell’illuminismo ed è storicamente legata all’ascesa degli stati nazioni e di forme politiche basate sul governo liberale. Giddens: la modernità è molto piu dinamica di qualsiasi precedente tipo di ordine sociale. È una società, un complesso di istituzioni, che ha differenza di qualsiasi altra cultura precedente vive nel futuro piuttosto che nel passato. Esperienza della modernità è quindi di velocità, progresso e rottura rispetto alle tradizioni del passato. Latour: i moderni hanno la sensazione di una freccia irreversibile nel tempo. L’enfasi sul progresso e sulla rottura con la tradizione nella modernità solleva tensioni non riconosciute in termini di relazione con il tempo e con il suo scorrere, tensioni che sono al centro della comprensione contemporanea del termine “patrimonio”. 2.4.1 il patrimonio al tempo della modernità: la netta frattura percepita tra passato e presente, ne consegue che la modernità deve gestire attentamente il suo rapporto con il passato. è proprio il modo in cui la modernità si contrappone al passato che il rende il patrimonio un fattore così importante nel determinare come le società moderne pensano a loro stesse. La modernità si fissa sul passato in diversi modi. In primo luogo: è perseguita dall’idea di declino o decadenza. In secondo luogo: nel tentativo di definirsi in opposizione alla tradizione e al passato, la modernità si preoccupa di circoscriverli e di categorizzarli. Questi due fattori cioè il senso dell’inevitabilità del passare del tempo e la necessità di definire e categorizzare il passato in modi particolari, collaborano per generare una nostalgia per le “cose vecchie” e per la tradizione come rifugio da quegli aspetti della modernizzazione percepiti come piu alienanti e dirompenti. Uno dei modi in cui la modernità ha gestito le nozioni di tempo e progresso è attraverso l’istituzione del museo. Al centro di queste storie c’erano dei veri dualismi di matrice illuminista che separavano passato e presente, corpo mente, natura cultura. Tuttavia il museo, mentre contribuiva a ordinare la modernità rafforzando questi dualismi e mettendo il passato “al suo posto”, allo stesso tempo generava nuovo valore per i resti del passato, mettendo in luce le distanze tra passato e presente. Se il passato è remoto deve essere anche necessariamente raro e prezioso. E il patrimonio, se è ciò che rimane dalla costante marcia del progresso, è anche minacciato dalle stesse condizioni che lo producono. L’ambiguità della relazione tra modernità e passato produce sentimenti apparentemente contrastanti: il desiderio di liberarsi del passato e quello di feticizzarlo e conservarne i frammenti. Questa ambiguità è espressa e parzialmente riconciliata attraverso il moderno concetto di rischio. 2.4.2 modernità, patrimonio e rischio: il patrimonio viene attualmente definito sullo sfondo di una protesta contro la potenziale perdita, la cessazione o la cancellazione di un qualcosa percepito come di valore, all’interno di un discorso più ampio di conservazione o di preservazione. Douglas ha esplorato l’idea di rischio come parte della modernità e come prodotto di una percezione della vulnerabilità, risultato della globalizzazione. Queste intuizioni furo centrali nella riflessione di U. Beck per lo sviluppo dell’idea moderna di “società del rischio” in cui il pericolo è percepito come una qualità intrinseca dell’esperienza della modernità e come il risultato della preoccupazione per il futuro. Beck definisce il rischio come un modo sistematico di affrontare i pericoli e le insicurezze indotte e introdotte dalla modernizzazione stessa. I rischi sono conseguenze che riguardano la forza minacciosa della modernizzazione e la globalizzazione del dubbio. Essenziale per la “gestione del rischio”, che potremmo pensare in termini di “benessere” o “cura”, è il processo di identificazione e classificazione. 2.4.3 Modernità classificazione e ordinamento: se la classificazione è un metodo per ordinare – e quindi identificare – il rischio o la vulnerabilità, e se la percezione del rischio è parte integrante delle condizioni della modernità stessa, ne consegue che la classificazione può essere considerata centrale per il progetto di modernità. Inoltre, se è la relazione della modernità con il passato a definire il passato stesso, ne consegue che il tempo deve essere organizzato e ordinato. I sistemi classificatori non dovrebbero essere considerati come fissi, e il processo di classificazione dovrebbe essere considerato di tipo dialettico, tra il sistema e i suoi soggetti. La questione della classificazione, dell’ordine e della catalogazione ha tutta una serie di implicazioni per il patrimonio nella sua veste “ufficiale”. Fondamentali per il museo sono i processi di assemblaggio, categorizzazione, confronto, classificazione, ordinamento. Questo classificare a necessariamente delle conseguenze. L’indeginità è stata successivamente definita come il risultato del delineamento di minacce e di forme associate di vulnerabilità in relazione alle azioni di sviluppo di organizzazioni internazionali come la Banca Mondiale. Formata anche come categoria attraverso l’azione delle convenzioni internazionali. Oggi le definizioni contemporanee di indigenità enfatizzano la vulnerabilità. 2.5 teorizzare il patrimonio 2.5.1 patrimonio e actor-network theory: voglio esplorare quelle che l’antropologa Anna Tsing chiama “zone di impegno scomodo”, spazi di attrito in cui si rileva la relazione tra attori locali e processi globali per esaminare questi cambiamenti nel patrimonio e le conseguenze sociali e materiali. Nel fare ciò evidenzio i rapporti tra persone, “cose”, istituzioni, società, governi e ambiente. Un framework actor-network è utilie per tracciare questi problemi di connessione tra locale e globale. L’actor-network theory (ANT) sviluppata da sociologi. È stata descritta come un metodo semiotico materiale che mappa simultaneamente le relazioni tra “cose” e “concetti”, usando la rete come metafora per comprendere i modi in cui questi sono interconnessi. Latour indica varie strategie per lo studio dei fenomeni sociali contemporanei, una delle quali consiste nel concentrarsi sugli spazi locali dove avviene il processo di assemblaggio globale, per osservare i modi in cui il locale stesso viene generato e per studiare le connessioni tra questi spazi. Latour utilizza i termii actor o actant per indicare tutto cio che modifica un particolare stato di cose: l’agente o l’attore è un veicolo di cambiamento. Pensare in questo modo sposta l’attenzione a ciò che gli oggetti “simbolizzano” alle qualità effettive delle cose, e al modo in cui gli oggetti materiali sono coinvolti in particolari forme di interazioni che creano caratteristiche sociali, come disuguaglianze o cambiamenti di potere attraverso momentanee o piu persistenti reti di connessione sociale. 2.5.1 patrimonio e agency: esplorare il patrimonio come una produzione del passato nel presente conduce a una rivalutazione di chi e che cosa sono coinvolti nel processo di costruzione del patrimonio e ciò chiama in causa la questione dell’agency. Sta diventando consuetudine pensare all’agency non tanto come un atto individuale di volontà, ma come qualcosa che è distribuito tra le collettività. È importante pensare a queste collettività (o assemblaggi) come composte da esseri umani e non. Callon osserva che l’azione è una proprietà collettiva che straripa naturalmente, e che, per essere riconosciuta come tale, l’agency deve essere inquadrata in modi particolari, per questo motivo le agentitività sono descritte come multiple e diverse. Tali agentività sono distribuite tra le collettività che includono gli esseri umani, i loro corpi, le tecnologie che impiegano e il mondo naturale che li circonda. Le collettività sono organizzate in modi specifici e l’agency viene creata o ricreata attraverso l’assemblaggio o il riassemblaggio di queste collettività. Tutte le parti sono potenzialmente coinvolte nella distribuzione e ridistribuzione dell’agency. 2.5.3 patrimonio come assemblaggio o agencement: questa nozione di patrimonio come collettività socio-materiale porta a una altro concetto chiave: l’assemblaggio. Possiamo pensare al patrimonio come assemblaggio in due modi diversi. il primo è convenzionale: il patrimonio è pensato come una serie di oggetti, luoghi o pratiche riuniti in un museo o in un elenco, registro o catalogo di qualche genere. La categorizzazione è parte integrante della definizione e della gestione del patrimonio e del suo rapporto con la modernità. il secondo utilizza il termine assemblaggio per riferirsi a raggruppamenti eterogenei in cui il raggruppamento stesso poteva essere distinto, quale insieme, della somma delle sue parti. Tali raggruppamenti sono misti e i raggruppamenti sociali o culturali non sono distinti da quelli naturali. la teoria dell’assemblaggio si pone come alternativa alla metafora organicista della società. Le proprietà di tali raggruppamenti naturali culturali non sono un risultato inevitabile della funzione dei loro componenti ma sono un prodotto delle loro particolari storie e delle rispettive relazioni con le altre parti dell’assemblaggio. A differenza degli organismi nei raggruppamenti l’agency è distribuita lungo e attraverso l’assemblaggio, così come al suo interno. In primo luogo: pensare agli assemblaggi come gruppi eterogenei di umani e non umani ha l’effetto di appiattire la gerarchia delle relazioni che esiste all’interno del pensiero cartesiano moderno. Cose e persone sono coinvolte in reti di relazione complesse e interconnesse attraverso il tempo e lo spazio. In secondo luogo: il sociale non dovrebbe essere considerato come separato, ma come il prodotto di un movimento molto particolare di riassociazione e di ricomposizione. Benennett: l’agency è distribuita attraverso un assemblaggio, che funziona come una “federazione” di attori sociali, di cui fanno parte tutte le cose materiali e immateriali. Pensare al patrimonio come un assemblaggio significa prestare attenzione non solo agli individui e agli enti, ma anche alle disposizioni specifiche di materiali, attrezzature etc.. sia essi antichi che moderni, in dialogo con le quali il patrimonio viene prodotto. Queste specifiche disposizioni di materiali possono includere pensare a più pubblici e a varie sfere di interesse. Dopo la meta del XIX secolo l’idea della conservazione di oggetti, edifici e paesaggi si lego strettamente con quella della conservazione delle tradizioni intellettuali e culturali. Questo periodo ha visto la crescente professionalizzazione delle pratiche del patrimonio attraverso il passaggio di proprietà della sfera privata a quella pubblica e lo sviluppo di una legislazione per regolare sia questi processi sia la conservazione dei resti materiali del passato sotto forma di oggetti, edifici e paesaggi. 3.2.1 i primi inventari e la professionalizzazione della pratica: il primo inventario governativo di siti storici fu iniziato nel 1837 nella francia post-rivoluzionaria per opera della Commission des Monumentes Historique, incaricata di fare il punto sugli edifici storici della nazione. Seguita da una legislazione in Gran Bretagna che ha stilato una lista di “ monumenti antichi” e ha preposto un gruppo di ispettori impiegati come dipendenti pubblici, incaricati di fornire consulenza sulla loro protezione. Un movimento relativo alla conservazione della natura ha portato all’istituzione dei primi parchi nazionali. Con la diffusione del capitalismo industriale nei secoli XVIII e XIX, artisti e scrittori romantici svilupparono e idealizzarono la nozione di spazi che erano al di fuori dell’influsso della tecnologia e della commercializzazione: aree “selvagge”. Tale idea era fortemente condizionata dalle nozioni giudaico-cristiane della caduta della grazia nel giardino dell’Eden e dal mito di una perduta età dell’oro. Vigeva l’idea che i luoghi naturali fossero indispensabili per gli esseri umani, ma fragili e bisognosi della protezione dagli uomini stessi e dallo sviluppo industriale. Alla fine del XIX si stabili un concetto di patrimonio inteso come una lista di luoghi e di paesaggi a rischio che dovevano essere protetti dalle conseguenze dello sviluppo moderno. Tale concetto era sostenuto da una serie di ideali moderni che vedevano il passato lontano dal presente, cercavano di enfatizzare la separazione tra uomo e natura e istituivano il patrimonio come “categoria” o “luogo” separata dal quotidiano. al suo centro c’erano il concetto di sfera pubblica e l’idea che alcuni grandi monumenti, edifici, paesaggi dovessero essere conservati da e per il pubblico . Il passato era importante per formare un insieme di valori per il corretto funzionamento della società nel presente. 3.3 le origini del controllo statale La seconda fase della storia del patrimonio ha visto l’emergere del controllo e della manipolazione dello stato sul patrimonio. Il patrimonio divenne un processo normativo associato alla pianificazione burocratica modernista, uno dei vari progetti statali di standardizzazione e gestione in cui il locale passa sotto ad una amministrazione sempre piu centralizzata. Una parte importante di questo processo comporta la definizione, la standardizzazione e la categorizzazione. Un’analisi dei cambiamenti legislativi nel corso del XX secolo negli Stati Uniti e in Inghilterra dimostra che lo Stato, quando provava a estendere il suo controllo sul patrimonio, cercava anche di ridefinire quest’ultimo in modo da aumentare la propria influenza su una gamma sempre più ampia di oggetti, edifici, paesaggi. 3.3.1 breve storia della legislazione sul patrimonio nel Servizio dei Parchi Nazionali degli Stati Uniti 1870-1980: la storia del nel Servizio dei Parchi Nazionali degli Stati Uniti (US National Parck Service). Nel 1964 il Wilderness Act permise al National Parck Service di istituire aree che sarebbero state tutelate per il loro valore conservativo e non necessariamente per quello ricreativo. Da ciò emerse e si sviluppò la concezione di natura selvaggia in contrasto con l’interferenza, o anche la presenza stessa, degli esseri umani. Ciò che emerge nella storia del National Parck Service degli Stati Uniti dagli anni 70 dell’ottocento fino ai 80 del 900 è, oltre all’aumento dei controlli legislativi relativi al patrimonio, il numero crescente di oggetti, luoghi e paesaggi cui è stata attribuita la categoria di patrimonio nel corso del XXsec. Nel 1966 cominciarono ad emergere gli state historic preservation officers SHPO). Questi avevano la responsabilità di ispezionare e mantenere un registro dei luoghi del patrimonio storico all’interno dei loro stati e di sviluppare un piano per la loro manutenzione e conservazione. Tra il 1966 e il 2003 i numeri dei luoghi elenca nel registro nazionale passo da 860 a oltre 1,3 milioni. 3.3.2 breve storia della legislazione del patrimonio in Inghilterra tra 1870-1980: anche in Inghilterra, fino agli anni ottanta, si assiste a un aumento del livello di controllo statale in materia di patrimonio e a un ampliamento nella definizione del patrimonio stesso. 3.3.3 Un secolo di burocratizzazione: patrimonio negli Stati Uniti e in Inghilterra (1870 – 1980) a confronto: nel corso del XX sec. Assistiamo ad un aumento di misure legislative e a un ampliamento del ruolo dello stato sia nella definizione sia nel controllo del patrimonio attraverso controlli di pianificazione ufficiali. La parte successiva del processo si sovrappose al periodo in cui il patrimonio cominciò a rientrare nella sfera di competenza di alcune organizzazioni internazionali nate nel dopoguerra, come le Nazioni Unite. È importante considerare come la burocratizzazione del patrimonio sia stata associata direttamente a un processo di crescente professionalizzazione. Ciò ha spostato il patrimonio dalle mani di dilettanti ed entusiasti membri delle comunità a quelle di “esperti”: architetti, archeologi, ingegneri e professionisti in ambito museale. Ciò ha avuto due effetti importanti: il “patrimonio ” perse ogni legame con la quotidianità delle persone per trasformarsi in una classe separata di oggetti estinti o luoghi associati a pratiche culturali svanite o in via di scomparsa: era, per definizione, qualcosa di legato al passato e di costruito in opposizione al presente. In secondo luogo, il patrimonio divenne un’attività professionale, al di fuori della comprensione della gente comune, un campo di indagine da parte di professionisti, specialisti, “esperti”, sempre piu correlato a processi di pianificazione burocratica. Ciò ha separato a tutti gli effetti il patrimonio dal locale e lo ha organizzato come pratica nazionale, controllata dallo stato e professionalizzata. 3.4 le origini del patrimonio mondiale: l’internazionalismo del dopoguerra , l’alta diga di Assuan e le campagne di salvaguardia UNESCO: dopo la seconda guerra mondiale, la questione del patrimonio ha ricevuto una grande attenzione come parte della ricostruzione post-bellica. Le problematiche relative al patrimonio divennero competenza di alcune delle nuove ONG internazionali, come le Nazioni Unite, istituite nell’immediato dopo guerra. Queste diverse organizzazioni internazionali hanno svolto un ruolo chiave nei processi di globalizzazione, nel cui sviluppo il patrimonio ha avuto una grande importanza. Nell’immediato dopoguerra, le preoccupazioni sull’impatto del conflitto armato sul patrimonio culturale hanno portato alla sottoscrizione della Convenzione per la Protezione de Beni Culturali in caso di conflitti armati. Progetto dell’Alta Diga di Assuan in Egitto. C’è stato il coinvolgimento dell’UNESCO in relazione ai siti del patrimonio culturale egiziano per la salvaguardia dei monumenti nubiani minacciati dallo sviluppo della diga di Assuan. La campagna di salvaguardia, che sarebbe durata per 20 anni, ha coinvolto un vasto programma di scavi archeologici e di registrazione, e una serie di opere importanti, tra cui il trasferimento e la ricostruzione di vari monumenti tra cui anche dei templi. Il costo stimato dell’operazione fu di circa 80 milioni di dollari, di cui la metà è stata messa da 47 paesi donatori la maggior parte venivano dall’Italia, Repubblica federale tedesca, Stati Uniti e Francia. Nella campagna 23 templi sono stati smontati, stoccati e trasferiti. Il trasferimento dei templi fu considerata una delle grandi conquiste tecniche della campagna. Le immagini di questi templi ricorrono frequentemente nelle documentazioni dell’UNESCO. La campagna di salvaguardia in Egitto e in Sudan è diventata una pagina fondamentale nella storia delle origini dell’UNESCO, eppure il contesto socio-politico entro cui fu lanciata viene costantemente ignorato nelle narrazioni dell’agenzia. La campagna viene presentata come una storia di “cooperazione” internazionale. Quest’ultima non era semplicemente un generoso tentativo di aiutare un paese bisognoso. Le spedizioni internazionali lanciate dagli stati membri esigevano che la metà dei reperti archeologi venissero portati ai musei nei rispettivi paesi. Ciò ha condotto alla ricollocazione di interi templi. la campagna è stato un importante esercizio di costruzione della nazione, in cui il potere e l’influenza di vari stati membri sono stati espressi attraverso il supporto offerto e attraverso il numero di antichità egiziane portate a “casa” come testimoni materiali delle rispettive influenze sulla scena mondiale. Importante sottolineare il ruolo che questa campagna ha avuto nel promuovere l’idea che il patrimonio fosse un questione globale e che i singoli stati non potessero piu aspettarsi di poter operare in modo indipendente nella gestione del patrimonio ritenuto di importanza internazionale. Importante passaggio nella percezione del patrimonio: da qualcosa gestito dai singoli stati a un processo collettivo a livello globale . Il patrimonio si presenta come qualcosa da catalogare e da spartire tra le nazioni piu ricche e potenti. Lo stato di sito di intensa collaborazione internazionale ha stimolato un boom del turismo. L’idea che questi templi fossero parte di un patrimonio comune dell’umanità ha stimolato e alimentato questo boom turistico. Al di la degli stupefacenti complessi che sono stati salvati, spesso viene ignorato che oltre 100.000 nubiani furono costretti ad abbandonare le aree dove abitavano, sommerse a causa dei lavori della diga. 3.5 convenzione del patrimonio mondiale del 1972: la Convenzione ha posto la questione dell’identificazione e della gestione del patrimonio direttamente nel contesto delle circostanze della vita tardo-moderna, facendo appello all’idea di minaccia e suggerendo che la minaccia della perdita del patrimonio fosse un problema dell’umanità tutta. Ci sono parecchi punti che sono interessanti da prendere in considerazione. Un primo punto riguarda il fatto che il Testo della Convenzione riflette una serie di dualismi cartesiani. Patrimonio culturale e patrimonio naturale dovevano essere considerati come distinti e valutati in maniere diverse. Un secondo punto : si definisce il patrimonio culturale come qualcosa che sia un monumento, un edificio o un sito. In tal modo il testo della Convenzione rispecchiava particolarmente gli interessi professionali di storici, architetti e archeologi, e rafforzo l’idea che il patrimonio fosse costituito da una classe speciale di oggetti, definita e studiata da esperti. L’aspetto piu innovativo della Convenzione risiedeva nell’idea di “valore universale del patrimonio”. il testo si presenta come un discorso totalizzante che istituisce una gerarchia globale di valori, suggerisce che l’idea del significato universale di valori del patrimonio implichi due assunti. 1) tutti gli esseri umani condividono necessariamente un interesse per gli aspetti materiali del passato come “patrimonio” e che lo facciano allo stesso modo. 2) è che le persone in un paese siano necessariamente interessate e preoccupate per la conservazione di alcuni reperti materiali del patrimonio di un altro Paese. Alcuni aspetti del patrimonio trascendo i confini fisici e politici. produrre un’abbondanza di passato, poiché i nuovi passati vengono semplicemente aggiunti, piuttosto che sostituiti, a quelle rappresentazioni del passato precedentemente esibite. Porta a un Senso di abbondanza del passato che coincide con il senso accelerato di velocità e cambiamento della tarda modernità. ritengo che sia piu utile pensare ai termini modernità e tardo modernità come processi sociali, economici e tecnologici piuttosto che come periodi di tempo distinti. Per evitare di creare una frattura troppo netta e cancellare il senso di continuità in alcuni processi piu a lungo termine che attraversano entrambi periodi, in particolare le “norme” che stabiliscono l’accumulo di capitale. Eppure, nonostante il ruolo nello stimolare un rinnovato interesse e una nostalgia per il passato, tali processi non possono da soli rendere pianamente conto dei cambiamenti del patrimonio. suggerisco che questi vari slittamenti concettuali nell’esperienza del tempo e dello spazio siano stati accompagnati da altri cambiamenti sociali ed economici, che hanno riconfigurato le idee di patrimonio nel periodo tardo-moderno. Tra questi troviamo, per esempio, i processi di deindustrializzazione, le riconfigurazioni dello “sguardo” turistico e l’emergere del patrimonio come elemento chiave di una nuova economia esperienziale. 4.4 deindustrializzazione, declino e ascesa della patrimonializzazione: dal museo al sito del patrimonio: i diffusi cambiamenti economici e sociali associati ai processi di deindustrializzazione che si sono verificati nel corso del XX secolo in molte nazioni industrializzate. Parliamo di società post-industriali, cioè non più caratterizzate dall’impiego degli esseri umani aventi a che fare con materie prime, ma dal lavoro degli esseri umani su altri essere umani. Definizione che persiste nella nostra analisi sulle società contemporanee come società dell’informazione. Il passaggio a una società post-industriale deve essere inteso simultaneamente come un processo tecnologico, economico e sociale in cui la concettualizzazione di beni e la prescrizione dei beni (marketing, promozione e vendita) prevalgono sul costo della loro produzione. Un fenomeno in cui la produzione di cose materiali avviene ironicamente a costo zero e a un valore relativamente basso o nullo, mentre gli aspetti immateriali del loro sviluppo e promozione arrivano ad avere il maggior valore. Processo diffuso di esubero di ex siti industriali, città e infrastrutture, dal momento che la produzione si è spostata dai vecchi centri di produzione industriale ai nuovi. Così mentre l’interesse verso il passato stava accelerando, si assisteva, in quegli stessi paesi, all’abbandono e al declino dei centri di produzione. è possibile inquadrare la diffusa “patrimonializzazione” di molte nuove categorie di luoghi, in particolare i “siti del patrimonio industriale”, come una risposta fisica pragmatica al problema dell’eccesso di rovine materiali: che cosa fare, materialmente dei pozzi minerari, dei porti, delle fabbriche i vasti resti industriali che stavano rapidamente scomparendo. Dare loro una seconda vita come patrimonio. Le nozioni museologiche di raccolta, documentazione, conservazione e mostra sono state estese oltre le mura del museo fino alla conservazione dei luoghi. Ciò è stato in parte reso possibile estendendo i vari processi museologici moderni di categorizzazione e catalogazione ai “siti” del patrimonio: le liste sono diventate il fulcro della raccolta e ciò ha permesso che i siti fossero raccolti “raccolti” rimanendo in situ . il patrimonio si era trasformato da processo di produzione di una sfera pubblica nel XVIII secolo a processo di costruzione della nazione nel XIX e XX secolo, per poi occuparsi in gran parte della gestione del superfluo e dei rifiuti tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo. La crescita del numero di tali elenchi ha contribuito a espandere un senso di vulnerabilità e minaccia. Riutilizzo adattivo è diventato un termine alla moda per indicare il rimaneggiamento di siti ed edifici del patrimonio al fine di attribuire loro una nuova funzione secondaria, spesso commerciale, rispetto alla funzione primaria di conservazione. La crescita del turismo locale ha avuto dirette conseguenze economiche per le comunità: il settore del patrimonio è diventato un fondamentale generatore di reddito, creando il desiderio di mantenere forme cristallizzate, stereotipate di cultura per il consumo turistico. I turisti giocavano anche un ruolo attivo nel selezionare quelle forme di cultura che erano interessati a consumare. Questi riutilizzi adattivi (per esempio centro commerciale dentro un castello) hanno avuto una grande impatto nel creare e rimodellare i paesaggi urbani e rurali contemporanei. 4.4.1 vivere il passato: patrimonio, “visitabilità” ed economia esperienziale: l’aumento esponenziale dei viaggi e del turismo nazionale e internazionale da parte della piu ricca élite delle classi medie dei paesi occidentali. Tali trasformazioni sono da mettere in relazione con l’ascesa dell’industria culturale e con il dominio delle aziende della sfera culturale. A beni e servizi è attribuito un valore non tanto in base alla loro funzione, quanto in base al coinvolgimento dei sensi e alle esperienze che accompagnano il loro acquisto e utilizzo. Considerare le esperienze create come parte integrante dei beni e dei servizi forniti. Non possiamo sottovalutare l’impatto che questa conversione sull’esperienza alla fine del XX secolo, ha avuto sul patrimonio e sui musei, e la sua influenza su modalità di esibizione e presentazione del patrimonio che persistono ancora oggi. Il patrimonio non riguardava più solo la conservazione del passato, ma la sua messa in scena come “ESPERIENZA VISIBILE”. Viaggi intrapresi dai turisti per fare esperienza del passato. l’esperienza è emersa come un elemento importante per il patrimonio è attraverso il crescente interesse per il patrimonio “immateriale, esibito come un aspetto della cultura tradizionale (danze canti cibo poesie). Il patrimonio non era piu semplicemente un simbolo della società civile, ma è diventato un importante industri a se stante. Il patrimonio deve essere in grado di diversificare e richiamare non solo quei cittadini tradizionalmente esclusi dalla storia nazionale, ma anche una vasta gamma di turisti internazionali, persone di diversa età, background, religioni e interessi. Cambiamenti intellettuali che hanno dato maggiore importanza alle questioni della politica della rappresentanza e hanno visto il passaggio del patrimonio della produzione di un canone ben preciso a quella di molteplici forme rappresentative adattate a fruitori diversi. Ciò che sembra più importante è che i vari apparati e le tecniche con cui vengono create le esperienze del patrimonio siano resi evidenti, in modo che i consumatori si sentano autorizzati a esprimere un giudizio sull’attendibilità dell’esperienza e sulle informazioni presentate. 4.4.2 Patrimonio e globalizzazione: Patrimonio Mondiale come “Brand”: i progetti di riutilizzo adattivo hanno certa di trasformare oggetti, luoghi e pratiche. Tipico di questo processo è stato il modo in cui il Patrimonio Mondiale è stato utilizzato come marchio nelle destinazioni turistiche internazionali. I governi ha iniziato a vedere nella Lista del Patrimonio Mondiale un’opportunità per rivitalizzare e contribuire alle economie a livello nazionale, regionale e locale. Il Patrimonio Mondiale divenne un “brand” distintivo; un simbolo di ricchezza, di status, e la garanzia del valore di un sito come destinazione visitabile. Perché i paesi siano designati come Patrimonio Mondiale, gli stati membri dovevano rettificare la Convenzione e in generale dovevano aderire alla politica dell’UNESCO su patrimonio. una volta inseriti nella Lista, ci si aspettava che i siti venissero gestiti in modo coerente con la Convenzione del Patrimonio Mondiale e che, in quanto patrimonio mondiale fossero fruibili in qualche modo per i turisti internazionali. La designazione dei siti del Patrimonio Mondiale comportava anche una serie di obblighi circa il modo in cui questi siti sarebbero stati gestiti . Gli attriti che si sono sviluppati in seguito ai tentativi di applicare la definizione di patrimonio dell’UNESCO e le relative implicazioni per la sua gestione in paesi presso comunità con idee radicalmente diverse rispetto alla natura del patrimonio. alla fine si sono tradotti in importanti cambiamenti nella definizione stessa di Patrimonio dell’UNESCO. L’attrito creativo generato dall’applicazione della limitata definizione di patrimonio proposta dalla convenzione proposta nella Convenzione del Patrimonio Mondiale in paesi e comunità con idee radicalmente diverse ebbe un influenza importante sulle mutevoli definizioni di patrimonio sviluppatesi a seguito del lavoro dell’UNESCO. CPITOLO 5 GLI APPROCCI CRITICI AL PATRIMONIO E LA SVOLTA DISCORSIVA. 5.1 introduzione: il capitolo descrive lo sviluppo nella contemporaneità di un ambito di studi interdisciplinari sul patrimonio. articolati in una critica dell’utilizzo del patrimonio e “dell’invenzione della tradizione” da parte dei governi per produrre un senso di nazionalismo. Il capitolo ripercorre diversi dibattiti inclusi quelli negli stati uniti e in Gran Bretagna sull’interpretazione pubblica del passato, la tradizione dell’interpretazione del patrimonio negli USA. Esplora le discussioni più recenti sul patrimonio come “discorso” e sui modi in cui è coinvolto nelle questioni conoscenza/potere. 5.2 patrimonio, nazionalismo e l’invenzione della tradizione: il primo dibattito accademico. Analisi critica dell’uso del passato da parte dei governi al fine di costruire un senso di identità nazionale. C’è chi argomentava che molte “tradizioni” degli stati-nazione contemporanei avevano in realtà una storia relativamente superficiale e rilevavano il tentativo di radicare un sentimento attuale di nazionalità in un passato remoto eroico. Lo stesso autore introduce una distinzione importante tra forme di tradizione che furono costruite ufficialmente dallo stato, definite politiche e, forme di tradizione che furono costruite in modo non ufficiale da comunità entro la società, definite “sociale”. Esistenza di varie forme di archeologia (nazionalista imperialista e colonialista) con i relativi effetti di conoscenza/potere. Furono principalmente le archeologie nazionaliste ad accentuare le forti connessioni fra popoli dell’antichità e lo Stato-Nazione moderno. Furono le archeologie coloniali a denigrare e dislocare i popoli indigeni rispetto alla nazionalità attuale. 5.3 le relazioni accademiche all’espansione tardo-moderna del patrimonio: nel libro di Lowenthal afferma che il patrimonio non è affatto la storia: “non è un indagine nel passato, ma una sua celebrazione […] un atto di fede in un passato su misura per gli scopi del presente”. Samuel: la conservazione non è un evento ma un processo, l’avvio di un ciclo di sviluppo e non un tentativo di fermare il tempo. Così, Samuel anticipava le discussioni più recenti sul patrimonio come processo. Questi dibattiti non presero corpo in Nord America come nel Regno Unito. Molta della letteratura nord americana di quel periodo si focalizzava sugli standard tecnici per la conservazione del patrimonio, mentre sul ruolo sociale del patrimonio c’era poca riflessione critica. 5.4 tradurre il passato: il patrimonio e la sua interpretazione: negli USA c’era sta una storia relativamente lunga di interpretazione ufficiale dei siti del patrimonio, in particolare archeologici, cresciuti in seno agli espliciti programmi formativi di costruzione della nazione. La guida assumeva il ruolo di un “interprete” in grado di “tradurre” le tracce materiali della storia umana e naturale per i visitatori del parco. In ciò il modello rifletteva un dualismo cartesiano moderno in cui la natura e il passato erano percepiti distanti e separati dalle persone di ora, quindi era necessaria una traduzione in modo che i cittadini comuni capissero. dell’UNESCO. Nel tentativo di applicare su scala globale, in paesi con concezioni radicalmente differenti di patrimonio, un modello di patrimonio che era stato sviluppato in contesti euro- americani nel corso dei secoli XIX e XX. 6.2 patrimonio mondiale e valori universali: il principio di una lista del Patrimonio Mondiale implica anche che la convenzione debba essere globalmente rilevante e, perciò, universalmente applicabile. Questa idea contenuta nel testo della Convezione significa che essa si esprime come un discorso totalizzante che rappresenta una gerarchia globale di valori. Problema della rappresentatività difronte al proclamarsi come una convenzione universale rappresentante valori del patrimonio culturale universale. In questo capitolo faccio riferimento alla critica indigena alla separazione cultura e natura e alla sua influenza sulla definizione di (prima crisi) paesaggio culturale e anche i modi in cui modelli alternativi di patrimonio vennero acquisiti dalla definizione UNESCO di (seconda crisi) “patrimonio immateriale”. 6.3 paesaggi culturali Anangu e Tijuta National Park: l’autore porta un po come esempio questo caso in Australia della popolazione Anangu che si collocava in questo sito del patrimonio dell’umanità di circa 1400 km2. È probabilmente il piu immediato simbolo naturale dell’australia. Grandi macigni di arenaria. Gli Anungu fondarono l’ininti store all’interno del parco che offriva merci e servizi per turisti. Supervisione di un Consiglio di amministrazione a maggioranza Anangu. In base a un contratto di locazione di 99 anni. Uluru national parck venne iscritto nella Lista del Patrimonio dell’Umanità in quanto sito del patrimonio “naturale”. L’inserimento come sito naturale fu accolto con disagio. Si voleva un riconoscimento più completo del valore culturale del parco per essere meglio integrati dentro la sua gestione come paesaggio. Gli Anangu da tempo si erano preoccupati per il fatto che i turisti scalassero in cima all’Uluru per godere la vista. Arrampicarsi era diventata una di un elenco di “esperienze”. Il mancato riconoscimento dell’UNESCO entrarono a far parte delle varie critiche sul significato della separazione tra patrimonio naturale e patrimonio culturale posta nella Convenzione del Patrimonio Mondiale. Questo porto a importanti revisioni che introdussero la nuova categoria di “paesaggio culturale”. Le nuove politiche di inclusione UNESCO: questa trasformazione si inquadrava nel desiderio di maggior inclusività per la diversità umana, va anche intesa come un processo che espanse e rafforzo il campo di governance dell’UNESCO, aumentando l’insieme di oggetti, luoghi e pratiche su cui aveva autorità, e luoghi e circostanze in cui poteva intervenire nelle attività degli stati nazione. 6.5 il patrimonio culturale immateriale e l’halaiqui di piazza Jemaa el-Fna, Marrakech: come nel caso della categoria di paesaggio culturale, l’UNESCO adottò il concetto di patrimonio culturale immateriale come parte del programma di espansione della sua definizione complessiva di patrimonio, e di sviluppo di quelle che percepiva come categorie piu inclusive di patrimonio, per mantenere l’applicabilità universale. Allorchè sempre di piu si confrontava con richieste di rappresentanza di forme di patrimonio fuori dalla sua definizione originaria. Solo dopo una forte pressione esterna nata in seguito ad alcune circostante specifiche locali relative a un luogo particolare si verificò la spinta sufficiente per ottenere lo sviluppo di una convenzione dell’agenda UNESCO: questo luogo fu piazza Jemaa el-Fna in Marocco. Di sera la piazza si riempie per lo più di “narratori”, berberi o arabi, danzatrici e maghi, e quindi di banchetti di cibo amatissimi dai locali e dai turisti. In seguito a minacce alla piazza un noto scrittore Spagnolo chiese che la piazza fosse posta sotto la protezione dell’UNESCO come parte del “patrimonio orale dell’umanità”. Tale categoria non esisteva. Le successive discussioni sulla formulazione di una convenzione per la salvaguardia del Patrimonio Culturale e Immateriale furono influenzate molto dalle circostanze specifiche di Jemaa el-Fna soprattutto attraverso l’enfasi sulla narrativa orale e su gli “spazi culturali” in cui tale narrativa si colloca. Nel 2001 ci fu la prima proclamazione di 19 Capolavori del Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità. Nel 2005 si arrivò a 90 voci. Si ampiò di nuovo la definizione di patrimonio. la definizione porta chiara l’impronta delle particolari circostanze della campagna iniziale (quella di Jemaa el-Fna). La Convenzione pressava gli stati membri a definire inventari di patrimonio immateriale. Queste oggi sono note unitamente come le Liste del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO. Entrambi questi casi mostrano come istanze locali, grazie ai loro rispettivi ruoli, abbiano avuto significative implicazioni globali nel riorganizzare le categorie universali del Patrimonio dell’Umanità. Comunque l’UNESCO ha reso difficile utilizzare la lista da parte di individui o minoranze. Ciò deriva dal requisito che le candidature siano poste dagli stati membri il che da la precedenza alle agende degli stati-nazione rispetto a quelle delle minoranze. Pur includendo una piu ampia definizione di patrimonio nel contempo mantiene i principi universalizzanti e modernisti. I criteri per l’inclusione riconoscono esplicitamente il ruolo del rischio e della minaccia, criterio che richiede che misure di salvaguardia sia delineate in ogni candidatura ricevuta dal Comitato. Così il processo di di elenco e categorizzazione rimane in vigore. ciò rappresenta semplicemente una riorganizzazione delle categorie universali di Patrimonio dell’Umanità e non tanto una revisione di base del suo sistema di classificazione. Le relazioni fra attori locali, esperti di patrimonio, burocrati, oggetti, luoghi e pratiche del patrimonio, e istituzioni globali si formino e riformino mediante discussioni su specifici temi sul patrimonio culturale aiuterebbero a ridefinire e sviluppare questi modelli in modo utile. L’approccio attori – reti possa rivelare i modi in cui le relazioni fra attori locali e processi globali producono spazi di attrito creativo che hanno conseguenze di lunga durata sia per i locali sia per le istituzioni globali. CAP. 7 PATRIMONIO CULTURALE DIVERSITA’ E DIRITTI UMANI 7.1 introduzione: ho già affermato che una delle implicazioni dell’asserzione di universalità da parte della Convenzione è stata l’incapacità di ignorare le richieste di rappresentanza emerse in seguito all’applicazione globale di un insieme specifico di idee frammentarie, moderne, post- illuministe sul patrimonio. Ciò unitamente all’abbondanza e la globalizzazione del patrimonio nelle società trado-moderne (conseguenza non solo dell’attività dell’UNESCO, ma anche di più ampi processi di ristrutturazione dell’economia globale, della crescita del turismo culturale internazionale, dei flussi di persone etc..) ha generato una serie di “crisi” concettuali in relazione al patrimonio. In questo capitolo analizzo un’altra di queste (3 crisi) crisi concettuali, emersa in seguito allo scontro tra la funzione di costruzione della nazione assunta dal patrimonio e la commercializzazione massiccia del passato in forma di patrimonio nelle società transnazionali, postcoloniali e multiculturali. Da un lato il suo ruolo crescente nell’economia globale spinge il patrimonio culturale a essere più inclusivo e a mercificarsi, dall’altro, nell’”età dell’controllo” il ruolo piu tradizionale del patrimonio culturale come parte dell’apparto formativo dello stato sembra trascinarlo nella direzione opposta, verso la produzione di una narrazione nazionale unica ed egemone. Sostengo che il principio del relativismo culturale soggiace all’approccio al patrimonio rappresentativo, “orientato ai valori”, che caratterizza il principale cambio di direzione nella gestione del patrimonio alla fine del XX e all’inizio del XXI, di base è incompatibile con il principio della diversità culturale e con l’idea dei diritti umani universali o di una Convenzione del Patrimonio Mondiale “universale”. 7.2.1 patrimonio culturale, multiculturalismo e multi- “culturalismo”: dovremmo pensare il Patrimonio Culturale come una pratica discorsiva, è uno dei modi in cui la nazione lentamente costruisce per se stessa una sorta di memoria nazionale. Le nazioni lentamente costruiscono identità legando in modo selettivo i loro apici e i risultati memorabili. Il libero flusso di persone (e capitali) attraverso i confini nazionali può essere visto come caratteristico del tardo XX e primo XXI sec. Il termine “ multiculturalismo entrò nell’uso comune negli anni 70 per descrivere lo sviluppo di politiche statali per gestire il “problema” dell’esistenza di un ampio numero di gruppi etnici differenti entro un’unica nazione. Serve per prendere posizione contro le precedenti politiche di assimilazione dei gruppi etnici e razziali differenti in uno Stato-nazione unico. Qui è importante l’apporto di A. Appadurai: “mentre il passato dei gruppi viene sempre più inglobato nei musei, nelle mostre e nelle collezioni, in manifestazioni nazionali e transnazionali, la cultura diventa sempre meno quello che definirebbe P. Bourdieu un habitus (cioè un tacito spazio di pratiche e disposizioni riproducibili), per diventare più un’arena di scelte, giustificazioni e rappresentazioni consapevoli, queste spesso rivolte a un pubblico multiforme”. Mi chiedo appunto come possano disposizioni di tipo universale andare a conciliare con queste “arena di scelte” (giack). 7.3 patrimonio come gestione di valori differenti e in competizione: il progetto di crescente “riconoscimento della differenza” si è manifestato in relazione al patrimonio culturale in una serie di dibattiti sulle nozioni di “valore”. Qualsiasi decisione di conservare o meno un oggetto, un luogo o una pratica del passato deve basarsi su un’assunzione di valore, ma negli ultimi decenni si sono verificati numerosi tentativi di definire i criteri delle decisioni di conservazione, in base al riconoscimento che i valori del patrimonio non sono innati o intrinseci, ma stabiliti nel presente. Popoli differenti attribuiscono valori differenti al patrimonio. in un mondo culturalmente variegato è impossibile attribuire un unico insieme di valori. Tutto ciò ha condotto a un approccio “relativista” alla questione dei valori del patrimonio culturale, nel quale è riconosciuto che gruppi culturali differenti hanno diritto di dare valore a forme diverse di patrimonio culturale e, parimenti, di attribuire loro forme diverse di valore. Chiaramente, tale approccio risulta in contradizione con l’idea di valori universali del patrimonio espressi nella Convenzione del Patrimonio Mondiale. Il patrimonio nella 3 e ultima fase è sempre piu commercializzato e mercificato come esperienza, e simultaneamente adotta un modello “rappresentativo” basato sull’assunzione del valore della diversità. 7.4 cultura, patrimonio, modernità e “differenza”: comprendere implicazioni del multiculturalismo e l’indebolirsi del nesso fra patrimonio e stato-nazione richiede un’analisi del mutato ruolo della “cultura” nella tarda modernità. nell’ultima fase della tarda modernità Bauman dice che la cultura non è più principio normativo riguardante il controllo, ma esiste primariamente 8.6 dimenticare per ricordare, ricordare per dimenticare: se noi fossimo capaci di ricordare tutto, non potremmo dare senso alle informazioni ricordate. I ricordi sono come le piante: alcuni vanno eliminati rapidamente per aiutare gli altri a sbocciare, a trasformarsi e fiorire. Bisogna andare lontani dall’idea che la memoria sia passivamente coinvolta nella conservazione di tracce del passato nel presente, verso una comprensione della memoria come qualcosa che dobbiamo produrre attivamente e consapevolmente tramite un dialogo con tracce del passato e i suoi fantasmi. Solo mediante un impegno attivo con il presente potremmo produrre le memorie collettive che ci legheranno al futuro. La distruzione è a volte l’esito di una trasformazione sociale, il più delle volte fu l’esito di arricchimento, crescita urbana e riformistica. CAP. 9. DIALOGO E SOSTENIBILITA’ DEL PATRIMONIO: introduzione: in questo capitolo intendo esaminare l’ultima di una serie di crisi concettuali (crisi 4) emerse nella forma di una sfida ontologica indigena al concetto di patrimonio espresso nella Convenzione del Patrimonio Mondiale. Che cosa potrebbe comportare prendere sul serio tale posizione ontologica e la definizione di patrimonio che da essa emerge, come legittima richiesta alternativa che ci potrebbe aiutare a guardare al patrimonio e al mondo in un modo diverso. Per questo propongo un modello relazionale, dialogico, di patrimonio possa essere rilevante non solo per aiutarci a capire la frizione fra il Patrimonio dell’Umanità e particolari tradizioni locali con le quali esso spesso entra in conflitto, ma anche per connettere il patrimonio a temi più ampi, ambientali, politici e sociali. Fondamento di questo modo di pensare e di essere “moderni” sono modalità di ordinamento basate su una serie di dualismi pervasivi, che strutturano il mondo. Tali categorie si espressero in modo piu diretto nelle categorie distinte di patrimonio naturale e culturale che venivano definite sulla base di criteri separati nella convenzione. Ho ipotizzato che fosse stato necessario continuare ad agire così per preservare l’illusione di universalità. I sistemi classificatori hanno due possibilità nell’affrontare casi ambigui che si collocano in mezzo a categorie esistenti: o farli sparire rendendoli mitologici o riorganizzare le categorie per includerli. L’introduzione del concetto di paesaggio culturale e patrimonio immateriale quindi non costituì una sovversione basilare del sistema stesso, ma una semplice riorganizzazione delle categorie usate per descrivere il patrimonio come un fenomeno sia materiale sia sociale. 9.3 patrimonio naturale e culturale: una separazione artificiale per gli indigeni si trattava di poter camminare attraverso, e visitare, una regione conosciuta fin dall’infanzia. Consisteva nella caccia, nel raccontare storie etc… con tutte le diverse comunità indigene con cui ho lavorato, il tema dell’interconnessione fra cultura e mondo naturale emergeva in modo preponderante. Di conseguenza il patrimonio era considerato uno dei molti livelli di attenzione entro cui gli umani erano coinvolti nella loro relazioni con il mondo culturale e naturale . Era chiaramente impossibile distinguere fra la conservazione del patrimonio naturale e i processi di registrazione del patrimonio culturale. Le ontologie indigene destabilizzavano l’antropocentrismo occidentale nel suo ritenere gli umani superiori alla “natura”, o separati da essa. Si contesta l’idea che il significato del patrimonio sia creato solo dagli umani. Le ontologie indigene propongono una filosofia del divenire, in cui esistenza e luogo si uniscono nel legare del tempo ed esseri viventi nella continuità delle generazioni in posti particolari. 9.4 prospettivismo ontologico indigeno modelli dialogici di patrimonio: sviluppo di un modello alternativo, dialogico, del patrimonio quale emerge dall’ontologia della connettività del prospettivismo ontologico indigeno per superare le dicotomie moderne. Non differenziazione fra umani e non umani, in cui la condizione comune è quella di umanità non altro. Gli animali e gli altri agenti non umani sono per questo “ex umani” e per varie ragioni sono arrivati ad acquisire una forma bestiale che nasconde un nucleo comune, umano. Le relazioni fra umani e non umani sono viste come ciò che potremmo altrimenti definire “ relazioni sociali”. Ontologia multi-naturalista piuttosto che multi-culturalista . Le differenze sono dunque corporee non “culturali”. Gli animali percepiscono il mondo allo stesso modo degli umani, e in questo senso noi tutti condividiamo la stessa cultura, ciò che varia è il modo in cui gli animali abitano il mondo. Questa ontologia prospettivista per capire la relazione tra artefatti e esseri umani. Anche se l’animismo sostiene che i non umani sono soggetti cosapevoli, normalmente essi non sono percepiti come tali nella vita quotidiana, è necessario personificarli. L’essere persone è definito come la capacità di delineare un punto di vista o una prospettiva particolare. Lo sciamano è capace di attraversare i confini ontologici. Ha il potere di assumere diversi modi di essere che gli consente di concettualizzare e comunicare con gli altri oggetti-persone animati. L’essere persona o “prospettivismo”. Il prospettivismo ontologico ha conseguenze significative nello spostare il focus del patrimonio verso la relazione attiva fra umani e non umani. - la sua articolazione del multi-naturalismo amerindiano pone come cultura comune come universale, e l’essere come sede della diversità. La produzione di patrimonio emerge dalla relazione fra persone, cose e il loro ambiente come parte di un dialogo o processo di cooperazione per tenere il passato vivo nel presente. I temi del patrimonio naturale quindi diventano anche temi del patrimonio culturale, e le scienze naturali un modo di comunicare attraverso differenti condizioni dell’essere per rivolgersi a tematiche di interesse comune. Dovremmo essere attivi nel coltivare e portare i passati che creiamo alla luce dei nostri obblighi verso l’assemblaggio di attori con cui condividiamo un modo comune nel presente. 9.6: nel concepire il patrimonio non come un discorso o un processo di creazione simbolica di significato, ma come un proprietà emergente della relazione fra umani e non umani, in cui le azioni creative delle “cose” si riconoscono come esistenti in una relazione mista o condivisa di simmetria con gli umani. Aprire un dialogo con oggetti, luoghi e pratiche del patrimonio come attori a pieno titolo, e non percepirli meramente come scenografie che, nel presente, rappresentano le culture umane del passato. CAP. 10 QUALE FUTURO PER IL PASSO ( è RIASSUNTO) - ho sviluppato tre temi interconnessi materialità, connettività e dialogo come modi di pensare a ciò che il patrimonio è e a che cosa fa nelle società globali contemporanee. L'incertezza deriva da un senso dello scorrere accelerato del tempo; il tempo lineare fornisce una serie di principi di ordinamento e classificazione per gestire l'incertezza. Insieme, sono responsabili dello sviluppo della nostra concezione moderna del patrimonio come qualcosa che deve essere conservato ho salvato. L'azione accelerata di questa sensibilità moderna, unita a una serie di fattori (processi economici e demografici della deindustrializzazione, lo sviluppo dell'esperienza del patrimonio come merce commerciabile etcc.) ha contribuito all' abbondanza del patrimonio. gli Studi sul patrimonio si sono concentrati su questioni relative alle politiche della rappresentazione e agli effetti di conoscenza/potere, tuttavia, in linea generale, hanno sottostimato le qualità effettive del patrimonio, la materialità. Materialità: Sebbene non sia mia intenzione sminuire l'importanza della “svolta discorsiva” negli studi critici sul patrimonio, ritengo indispensabile un approccio più equilibrato, che consideri simultaneamente sia gli aspetti materiali sia quelli discorsivi. Ho fatto riferimento per esempio alla teoria dell'assemblaggio per dare spessore a un approccio semiotico materiale al patrimonio. Attingendo a questo approccio semiotico materiale, ho esplorato una serie di crisi di definizione, che ritengo sorte in seguito all'applicazione globale di uno specifico insieme di idee, discontinue, moderne, posta illuministe, sul patrimonio e sul passato. ha generato una serie di crisi concettuali che hanno visto trasformazioni radicali nel modo in cui il patrimonio è definito, gestito e concepito nel mondo contemporaneo. Per includere paesaggi culturali, pratiche immateriali, patrimonio assenti. il patrimonio non è un processo passivo, ma è un assemblaggio attivo di una serie di oggetti, luoghi e pratiche che scegliamo di rappresentare come specchio del presente, associato a un particoalre insieme di valori che desideriamo portare con noi nel futuro. Connettività e dialogo: riguarda invece i vari modi in cui umani e non umani sono collegati da catene di connettività e lavorano insieme per mantenere vivo il passato nel presente per il futuro. Il modello dialogico del patrimonio ci consente di concentrarci sul ruolo attivo del patrimonio e allarga il dibattito: da quello sul patrimonio come potere, a uno piu ampio relativo al futuro. Una delle implicazioni del pensare al patrimonio come relazionale è l'adozione di un ontologia della connettività, in cui tutte le cose sono legate insieme come parte di un'ampia collettività culturale-naturale, in cui azioni di una parte della collettività hanno un impatto su tutto l'insieme, e all'interno della quale ogni componente è co-prodotto dagli altri. in questo modo, la connettività può essere intesa sia come un metodo per analizzare comprendere il patrimonio e il suo ruolo nella società, sia come ontologia del patrimonio; la sua comparsa risulta dunque parte di un dialogo tra persone e cose. Forse, ancora più importante, uno studio interdisciplinare sul patrimonio ha un ruolo da svolgere nell’emancipazione dei profani, sempre più marginalizzati nei processi decisionali relativi al patrimonio. Se tutto il patrimonio e coprodotto, allora siamo tutti produttori e consumatori. Ho sostenuto che i forum ibridi forniscono un modello per processi decisionali più democraticamente dialogici che derivano da una definizione dialogica di patrimonio. L'accento deve rimanere fermamente sul processo di continua ricostruzione delle culture nel presente, e non su un facile ricorso alla tradizione come pretesto per mantenere disuguaglianze sociali, economiche politiche. I forum ibridi, in cui esperti, non esperti, cittadini ordinari e politici si incontrano, possono contribuire a diminuire il divario burocratico tra profani ed esperti in relazione al patrimonio, dal momento che fanno riferimento a una vasta gamma di aspetti tecnici, politici, ambientali e questioni sociali, aprendo così uno spazio in cui vengono prese in considerazione le relazioni tra questi vari campi. Tali forum ibridi forniscono un contesto per la coproduzione di nuove conoscenze e nuovi modi di vedere, pensare e agire nel mondo; essi offrono un nuovo insieme di strumenti per i processi decisionali, basati su un modello di patrimonio come intrinsecamente dialogico. Per dare un senso all' eterogeneo accumularsi di tracce e pratiche del passato nel presente, dobbiamo distinguere tra processi attivi e passivi di memoria e dimenticanza, così come tra politica della memoria e collettiva dell’oblio. Ricordare è un processo attivo di coltivazione e potatura, non di archiviazione