Scarica IL PROCESSO DI COGNIZIONE - RIFORMA CARTABIA e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 IL PROCESSO DI COGNIZIONE PROCEDURA CIVILE 2 – di Nicole Pignarca CAPITOLO PRIMO: L’ATTO INTRODUTTIVO 1 L’introduzione della controversia: la mediazione e la negoziazione assistita Il processo di cognizione costituisce il nucleo centrale del sistema giudiziario. Col tempo, dunque, l’eccesso di contenzioso e l’eccessivo garantismo processuale hanno come conseguenza un allungamento dei tempi e un accumulo di arretrato. La tendenza più recente è quella volta a scoraggiare il cittadino che intende rivolgersi al giudice. Di fatti, si è avuta l’introduzione di un tentativo obbligatorio di conciliazione, attraverso il ricorso a strumenti di mediazione ovvero negoziazione assistita. Si potrebbe evincere un impedimento al libero esercizio del diritto di azione che l’art 24 Cost. assicura, ma non è così, in quanto si sottolinea che non preclude l'accesso alla giustizia, ma la dilazione nel tempo, e ciò in vista di un obiettivo, quale quello di incentivare lo spirito conciliativo, riducendo il contenzioso. Le caratteristiche principali della mediazione sono le seguenti: -non è regolato espressamente il procedimento di mediazione, ad esso si applica il regolamento dell'organismo scelto dalle parti; -la domanda di mediazione deve contenere una generica indicazione della pretesa; -il procedimento si deve esaurire in tre mesi a far tempo dal deposito della domanda; -l’art. 8 impone il rispetto del contraddittorio, cosi ché tale disposizione si pone come limite alla potestà regolamentare degli organismi di mediazione e nei procedimenti di mediazione obbligatoria e oggi imposta alle parti l'assistenza di un avvocato; -il procedimento può concludersi con accordo amichevole, ma in caso di mancato accordo, il mediatore può formulare, di sua iniziativa o su richiesta di parte, una propria proposta conciliativa; in caso di mancato accordo e di mancata formulazione della proposta, il procedimento si conclude con un verbale negativo; -possono essere organismi di mediazione enti pubblici o privati iscritti in pubblici registri di previa valutazione del ministro della Giustizia; organismi istituiti dai consigli dell'ordine degli avvocati; -tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, e il verbale di accordo è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 €, altrimenti l'imposta è dovuta per la parte eccedente. Il d.l. 132/2014 ha introdotto l'istituto della negoziazione assistita. Istituto le cui forme sono mutuate dalla disciplina della mediazione (d.l. 28/2010). Per accedere a tale procedimento le parti, sottoscrivono un accordo, in forma scritta a pena di nullità, col quale si impegnano a collaborare in buona fede e con lealtà reciproca per risolvere in via amichevole la lite tra esse insorta. Il procedimento può avere ad oggetto soltanto diritti disponibili ed è imposto dalla legge come condizioni di procedibilità per: - le domande giudiziali in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, ovvero - fuori dei casi nei quali è obbligatorio il procedimento di mediazione innanzi ad un organismo a ciò abilitato, le domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 €. Può avere una durata non inferiore ad un mese e non superiore a tre mesi, prorogabili di ulteriori 30 giorni. È governato da uno o più avvocati tenuti alla riservatezza e che non possono essere chiamati a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rise e delle informazioni acquisite nel corso del procedimento. Si conclude con eventuali accordo che costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. 2 Le forme dell'atto introduttivo: citazione e ricorso Secondo quanto previsto dall'art. 99 ( Principio della domanda ) :” chi vuol far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente". Questo principio esprimere il divieto di iniziativa processuale d'ufficio, infatti mira a garantire la l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 terzietà del giudice di fronte alla controversia ed è una conseguenza del riconoscimento in capo un soggetto di un diritto disponibile garantito e tutelato dall'ordinamento. Quindi, perché una controversia sia portata dinanzi ad un giudice, è necessario che qualcuno prenda l’iniziativa e i modi secondo i quali la controversia può essere introdotta sono essenzialmente due: la parte che assume l'iniziativa (attore), si può rivolgere direttamente al giudice per esporgli i termini della questione; l'attore dovrà invitare il suo avversario (convenuto) a presentarsi dinanzi al giudice per discutere della causa, contenendolo in un luogo e per una data prefissati; oppure invitandolo ad instaurare un contraddittorio preliminare alla fissazione di un'udienza di discussione dinanzi al giudice. Nel primo caso l'atto introduttivo si chiama ricorso, e nel secondo atto di citazione. Nel caso di ricorso l'attore si limita ad esporre la richiesta non potendo il giudice di norma decidere inaudita altera parte, è quest'ultimo a dover fissare l'udienza nella quale si regolarizza il contraddittorio e a dare le disposizioni perché il ricorso con il suo successivo provvedimento di fissazione dell'udienza di comparizione sia portato a conoscenza dell'altra parte; nel caso della citazione invece l'attore inserisce nell'atto introduttivo non solo l'esposizione della pretesa, ma anche la chiamata del convenuto perché compaia dinanzi al giudice per l'udienza che lo stesso attore ha di sua iniziativa fissata. Dunque, il modo della citazione è più coerente con una visione del processo che assegna al giudice una funzione neutrale, là dove la forma del ricorso meglio si adatta all'idea che il giudice sia il dominus cui spetta cadenzare i tempi e gli sviluppi. DAVANTI AL GIUDICE DI PACE è prevista una sorta di coesistenza tra i due sistemi: la domanda si propone normalmente con citazione, ma l’art. 316 prevede anche la possibilità che la parte si presenti al giudice per proporre la domanda verbalmente. In ogni caso il giudice fa redigere processo verbale che è notificato con citazione a comparire a udienza fissa. -RICORSO : è l’atto introduttivo con cui la parte si rivolge direttamente al giudice esponendogli i termini della questione; sarà poi il giudice che, nel rispetto del principio del contraddittorio e non potendo di norma decidere inaudita altera parte, fisserà l’udienza e provvederà a far sì che il ricorso con il suo successivo provvedimento di fissazione dell’udienza sia portato a conoscenza dell’altra parte. Si ritiene che dal giorno in cui viene DEPOSITATO IL RICORSO, nella cancelleria del giudice competente, si avrà litispendenza Il modo del ricorso è coerente con l’idea che vede il giudice dominus del processo, cui spetti cadenzarne i tempi e gli sviluppi. -L’ ATTO DI CITAZIONE : è l'atto con cui la parte ( l’attore ) si rivolge direttamente alla parte avversa, cioè il convenuto, invitandolo a comparire davanti al giudice nel termine di 70 gg e (ai sensi della riforma Cartabia) per discutere della causa oppure invitandolo ad instaurare un contraddittorio preliminare alla successiva udienza di discussione davanti al giudice. La difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 86 o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (art. 163 cpc nuovo). Tale atto di iniziativa contiene non solo l’esposizione della pretesa (editio actionis) ma anche la chiamata (vocatio in ius) del convenuto che deve comparire nell’udienza fissata dall’attore. L'atto di citazione viene quindi notificato al convenuto tramite ufficiale giudiziario e poi depositato presso la cancelleria del giudice competente. Nel momento in cui avviene la notificazione dell’atto di citazione al convenuto si verifica la litispendenza, ossia il processo ha inizio. La forma della citazione assegna al giudice una funzione neutrale. La riforma del codice di pc. del 1990 ha lasciato in vita entrambe le forme previste dall’ordinamento per l’atto introduttivo del giudizio: iniziano infatti su ricorso le controversie di lavoro e tutte quelle a cui tale rito è esteso, con atto di citazione le altre cause. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 Nel caso della citazione quest'ultimo dovrà constatare che la copia predisposta dalla parte è conforme all'originale; nel caso del ricorso l'attore dovrà farsi rilasciare dall'ufficio le copie conformi necessarie. 4 I vizi dell’ atto introduttivo Nel campo del diritto sostanziale, la FORMA degli atti è individuata in funzione della loro struttura, cosicché quando la forma è prescritta come indispensabile, il suo difetto si traduce in una insanabile NULLITA’. Nel campo del processo il legislatore, invece, accanto ai requisiti di forma, prevede i requisiti di CONTENUTO- FORMA, individuati in funzione dello scopo dell’atto: ne consegue che a norma dell’art 156 terzo comma, “la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il suo scopo”. Prendiamo in considerazione l’atto di citazione per cui la legge prevede la forma scritta, di cui elemento essenziale è la sottoscrizione, il difetto dell’una o dell’altra, determinando una incompletezza strutturale dell’atto, lo rende insanabilmente nullo. Più complesso è il discorso relativo ai requisiti di contenuto-forma, cioè quelli disposti in relazione alla funzione o scopo dell'atto, un loro difetto non si traduce necessariamente nella nullità dell'atto. Il codice di 42 ha inserito moltissimi meccanismi di recupero, utilizzando i quali è possibile eliminare i vizi, superando gli ostacoli processuali e pervenire a una decisione di merito. Ma è evidente che questi meccanismi di recupero dilatano i tempi processuali e allontanano l'obiettivo di uno svolgimento immediato e concentrato del processo. Per capire questo bisogna analizzare l'art. 156 c.p.c.. ART. 156 propone tre principi: 1° comma: PRINCIPIO DELLA TASSATIVITÀ « non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme, di alcun atto di processo se la nullità non è comminata dalla legge». Ciò vuol dire, in primo luogo che la nullità di un atto si determina quando è espressamente prevista dalla legge; in secondo luogo, che non tutte le deviazioni dell'atto dal suo modello legale comportano nullità; vi sono anche i vizi che determinano semplice irregolarità degli atti processualmente irrilevante . 2° comma: PRINCIPIO DELL'INIDONEITÀ DELLO SCOPO « la nullità può essere pronunciata se mancano nell’ atto i requisiti formali per raggiungere lo scopo». Dunque, nonostante il disposto di cui al 1° comma, qualora il vizio formale sia talmente grave da impedire all'atto di perseguire il suo scopo, si determinerà la nullità dell'atto, in quanto non adempiealle finalità che la legge gli attribuisce. 3° comma: PRINCIPIO DELLA STRUMENTALITÀ DELLA FORMA O DELLA SANATORIA DELLA NULLITÀ « la nullità non può essere mai dichiarata se l’ atto ha raggiunto il suo scopo». Quindi anche se un vizio è espressamente previsto da una norma di legge come causa di nullitàdell'atto, la nullità non sarà mai dichiarata se l’atto ha raggiunto suo scopo. Applicando ora questi principi potremmo evincere che non tutti gli elementi della citazione qualora dovessero mancare determinano la sua nullità, masolo quelli espressamente previsti dalla legge a pena di nullità anche se un vizio non è previsto dalla legge come causa di nullità della citazione, può comunque determinarla se esso non lo rende in grado di raggiungere il suo scopo anche se un vizio è previsto dalla legge come causa di nullità dell'atto, può essere sanato strillato raggiunge il suo scopo. In conclusione, per stabilirsi un atto di citazione è nullo sarà necessario conoscere se esso haraggiunto o meno il suo scopo. Qui viene in rilievo la differenza tra le due parti di cui si sostanza l'atto di citazione, che hanno appunto scopi differenti: quelli relativi alla VOCATIO IN IUS : che serve a chiamare in causa al l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 convenuto, e quelli relativi L’ EDITIO ACTIONIS : che serve a indicare l'oggetto del giudizio. La nullità della citazione è regolamentata dall'art. 164 ( intitolato “nullità dell’atto di citazione”) , che elencando i vizi che sono causa della nullità dell'atto, li disciplina in relazione alla vita del convenuto. Tale articolo è stato riformulato nel 1990, ma l'originaria formulazione trattava allo stesso modo tutti i vizi dell'atto di citazione, sia che riguardassero la vocativo che l’edictio, e collegava alla considerazione del convenuto un generale effetto sanante. La nuova formulazione del medesimo articolo distingue invece I VIZI relativi alla VOCATIO IN IUS dai VIZI relativi alla EDITIO ACTIONIS, attribuendo ai primi minor rilievo, di conseguenza è possibile un recupero pieno dell'atto introduttivo sin dalla sua origine ( ex tunc ). I secondi hanno maggiore rilievo, per cui il recupero dell'atto non è possibile ed il processo potrà continuare solo a condizione che l'atto sia rinnovato o sia convenientemente integrato con effetti chenon possono prodursi se non dal momento della rinnovazione o della integrazione ( ex nunc ) I vizi relativi alla vocatio in ius sono elencati nel 1° comma dell’art 164: l'atto di citazione è nullo se è omessa o è assolutamente incerta l'individuazione del giudice e delle parti, della data dell’udienza di comparizione. È altresì nullo se viene assegnato un termine a comparire inferiore rispetto a quello previsto dalla legge( 20gg. prima dell'udienza che diventano 10 in caso di abbreviazione); se manca l’avvertimento previsto dall’art 163 n. 7, cioè l'avvertimento che la mancata costituzione nei termini dell'art. 166, implica le decadenze previste dall'art. 167, riguardanti la possibilità di proporre domande riconvenzionali, eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili dal giudice, lapossibilità di chiamare in causa un terzo). Quando il vizio si è verificato possono aversi due possibilità: che il convenuto si costituisca o che resti contumace e, al verificarsi di queste due possibilità il legislatore ricollega effetti diversi. Problema: coordinamento con art. 183 quater c.p.c. ordinanza «anticipatoria» di rigetto della domanda. ■ se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito di cui all'articolo 163, terzo comma, n. 3), e la nullità non è stata sanata o se, emesso l'ordine di rinnovazione della citazione o di integrazione della domanda, persiste la mancanza dell'esposizione dei fatti di cui al numero 4), terzo comma del predetto articolo 163. IL CONVENUTO SI COSTITUISCE ( ART. 164 COMMA 3 ) poiché l’ atto ha raggiunto il suo scopo (che era la costituzione del convenuto ) la citazione è valida, cioè i vizi sono sanati ( perché l'atto ha raggiunto il suo scopo ) ed esso è efficace sin dall'inizio. Dunque, avremo una sanatoria con effetti ex tunc, e quindi un recupero pieno dell'atto. Però, il convenuto, qualora i vizi riguardi il termine a comparire o l'avvertimento di cui all'articolo 163 n° 7, può, costituendosi, chiedere che il giudice fissi una nuova udienza. Se non propone tale richiesta, l'udienza di comparizione e trattazione resta quella originariamente fissata. IL CONVENUTO NON SI COSTITUISCE ( ART. 164 COMMA 2 ) Poiché l'atto non ha raggiunto il suo scopo, la citazione è nulla, allora il giudice rilevata la nullità dispone la rinnovazione dell'atto entro un termine perentorio. Se la rinnovazione viene eseguita questa sana vizi e gli effetti sostanziali e processuali delladomanda si producono fin dal momento della 1° notificazione, se la rinnovazione non viene eseguita il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue. Potrebbe darsi che la parte proceda alla rinnovazione ripetendo volontariamente il vizio o inserendone qualche altro, allo scopo di allungare i tempi processuali. In questo caso il giudice non dichiara l'estinzione del processo ma dispone un ulteriore rinnovazione. Il comma 4 dell’art 164 prende in esame i vizi riguardanti l’editio actionis. L’ atto di citazione deve contenere: -l'enunciazione della pretesa -l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che giustificano la pretesa, con le relative conclusioni. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 Se manca l'indicazione di questi due elementi la citazione è nulla. Ma anche qui la legge sembra prevedere un meccanismo sanante: il convenuto non si costituisce, il convenuto si costituisce. SE IL CONVENUTO NON SI COSTITUISCE la citazione è nulla e il giudice rilevata la nullità ordineràla RINNOVAZIONE della citazione in un termine perentorio. Gli effetti della domanda si produrranno ex nunc, cioè dal momento della notificazione della nuova citazione.Dunque restano ferme le decadenze maturate e restano salvi i diritti acquisiti prima della rinnovazione. In mancanza della rinnovazione il processo si estingue. SE IL CONVENUTO SI COSTITUISCE la citazione resterà nulla, perché il convenuto pur costituitosi continuerà ad ignorare l'oggetto del processo e quindi questa parte dell'atto di citazione non ha raggiunto il suo scopo. Il giudice in questo caso, anziché ordinare la rinnovazione, dovrà ordinare l'INTEGRAZIONE dell'atto di citazione. Restano però serve le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione. In mancanza dell’integrazione il processo si estingue. In realtà si tratta di una sanatoria più apparente che reale. Infatti, è più corretto dire che non c'è sanatoria e che il meccanismo è stato ideato dal legislatore non per recuperare l'originaria citazione, che comunque viene sostituito dal nuovo atto, ma soprattutto allo scopo di tenere in vita un processo che si basta su un atto nullo. La salvezza, perciò riguarda solo gli aspetti procedimentali, quali l’iscrizione al ruolo e la nomina del giudice istruttore. 5 Il coordinamento tra l’ art. 164 e l’ art. 294 La disciplina indicata sembra prevedere che il giudice, nell’esaminare l’atto introduttivo, ove il convenuto non si sia costituito, deve fare solo un riscontro tra quest’ultimo e il modello legale, e qualora rilevi l’esistenza di una difformità che non consenta all’atto di perseguire il suo scopo o cheil vizio sia giuridicamente rilevante, egli deve disporre la RINNOVAZIONE dell’atto senza la quale il processo non può proseguire. Tuttavia, l’art 294 prevede l'ipotesi in cui una parte è dichiarata contumace perché non si è costituita tempestivamente, riconoscendole la possibilità di costituirsi in qualsiasi stato e grado del processo, sempre che riesca a dimostrare che il suo stato di contumacia non è stato volontario, ma condizionatoda un vizio della citazione o notificazione, in seguito al quale non è stato messo nella condizione di conoscere della pendenza del processo. Quindi, in questo caso “ il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità dellacitazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo” , ottenenendo una REMISSIONE IN TERMINI. Di qui il problema di capire in quali ipotesi, di cui all'art. 164, è applicabile l'art. 294. Il problema non si pone per la EDITIO ACTIONIS: infatti l’attuale formulazione del 164 chiarisceche l’atto introduttivo non ha per suo unico obiettivo quello di consentire al convenuto di venire a conoscenza del processo, ma della pretesa del processo. Tuttavia, il legislatore distingue tra conoscenza del processo e conoscenza della pretesa e chiarisce che la conoscenza del primo non include necessariamente la conoscenza della seconda. Può dunque accadere che, il convenuto nonostante la nullità dell’atto, sia posto in condizione di avere conoscenza del processo e non della pretesa. Quando ciò avviene, la costituzione del convenuto , sana il vizio con efficacia irretroattiva ( ex nunc), perché l’atto di citazione risulta inidoneo ad assolvere alla sua funzione. Non essendo concepibile una rimessione in termini, l’art 294 non è applicabile. La nuova formulazione del 164 prevede che : quando vi è un vizio relativo alla editio actionis ed il convenuto si costituisce in una fase avanzata del processo, il giudice deve necessariamente rimetterlo in termini, previa integrazione della domanda e non deve chiedersi se la parte abbia avuto o meno conoscenza del processo. Il problema del coordinamento riguarda invece solo l’atto introduttivo viziato nella parte relativa alla VOCATIO IN IUS. La costituzione del convenuto sana il vizio con efficacia retroattiva ( ex tunc ), l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 8 Gli interventi del legislatore PRIMA della riforma del 95 il legislatore aveva scisso l'originaria “ prima udienza di trattazione “ (ex art. 183 ) in 2 udienze, quella di prima comparizione ( ex art. 180 ) e quella di trattazione ( ex art. 183 ) ed aveva previsto un termine ulteriore, non inferiore a 20 gg. prima di questa udienza, entro il quale il convenuto poteva proporre le eccezioni processuali e di merito che non erano rilevabili d'ufficio. DOPO la nuova disciplina aveva evidenziato alcuni difetti, quale ad esempio un allungamento eccessivo dei tempi processuali, dato che quasi sempre il giudice finiva col poter iniziare l'attività istruttoria dopo almeno 4 udienze e, cioè, dati di intervalli tra un'udienza e l'altra, dopo non meno di 2 anni dalla proposizione della domanda. Per ovviare a questo inconveniente, il legislatore del 2005, ha ripristinato il sistema disegnato dal riformatore del 1990, con alcuni correttivi mirati a rendere più agevole il diritto di difesa da parte del convenuto. Di conseguenza l'art. 180 si limita oggi a prevedere che “ la trattazione della causa è orale “; l'udienza di 1° comparizione è stata accorpata all’udienza di trattazione, regolato dall'articolo 183. L'udienza di 1° comparizione ( ex art. 180 ) aveva la funzione di “ udienza-ponte “ in quanto consentiva al giudice istruttore di fissare la successiva udienza di trattazione in funzione delle esigenze del suo calendario di lavoro e al convenuto di utilizzare un ulteriore spazio temporale perproporre le eccezioni eventualmente non proposte con la comparsa di risposta (infatti, come abbiamo visto prima era previsto un lasso di tempo di 20 gg. prima dell'udienza di trattazione per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio ). La sua soppressione ha imposto la modificazione di altre norme. Si è, infatti, reso necessario prevedere che il convenuto nella comparsa di risposta debba enunciare compiutamente le sue pretese e richieste rilevanti ai fini della determinazione del thema decidendum. Di conseguenza si è previsto che la comparsa di risposta debba anche contenere le eccezioniprocessuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Visto che è stata in qualche modo resa più gravosa la difesa del convenuto si è protratto lo SPATIUM DELIBERANDI ( che è il tempo che va dalla data di notificazione dell’atto introduttivo a quello dell'udienza di trattazione che serve al convenuto per organizzare la sua difesa ), a sua disposizione che è di 120 GG [90 gg.( prima 60 gg )] dalla notificazione dell'atto di citazione se il luogo dellanotificazione si trova in Italia e di 150 gg. ( prima 120 gg ) se il luogo si trova all'estero. Ma anche in questo caso si sono posti dei problemi di adattamento. Ci si chiede infatti, che cosa succede se il convenuto invece di costituirsi 70 GG [20 gg]. Prima dell'udienzadi comparizione, oggi di trattazione, si costituisca in detta udienza. Sicuramente non solo non potrà proporre le domande, ma neppure sollevare d'ufficio eccezioni riservate alla parte. Come reazione a questa situazione si è finito con allargare l'area delle eccezioni rilevabili d'ufficio, riducendo quella delle eccezioni a istanza di parte ad una area residuale e ammettendo la possibilità di introdurre fatti a sostegno delle eccezioni rilevabili d'ufficio anche dopo l'udienza ai sensi dell'art.183 9 La mancata costituzione delle parti art. 171 L’ART 171 ha subito un piccolo aggiustamento, con la riforma del 1990, nella parte in cui è previsto che il convenuto può si costituirsi anche tardivamente ma restano ferme le decadenze previste dall'articolo 167. Esso propone la regola cardine secondo cui: - se una delle parti si costituisce nel termine assegnatole, l’altra parte può costituirsi anche successivamente: se non si costituisce ENTRO IL TERMINE DI CUI ALL’ART. 166 il giudice CON ORDINANZA ne dichiara la contumacia. Ad essa si collegano altre regole: Se nessuna delle parti si costituisce il processo , che non è stato iscritto al ruolo, entra in unostato di quiescenza dal quale può essere tratto tramite la riassunzione entro un anno dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto davanti al stesso giudice. In caso di mancata l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 riassunzione il processo si estingue. Dottrina e giurisprudenza ritengono che se una delle parti si costituisce tardivamente e l’altra non si costituisce: il giudice istruttore dovrà ordinare la cancellazione della causa alruolo. Se anche l’altra parte si costituisce tardivamente: il processo si ritiene validamente instaurato operando la sanatoria per il raggiungimento dello scopo(156). Tale soluzione va però rivista alla luce della riforma del 1190: ricordiamo infatti che qualora il convenuto si costituisca tardivamente incorre nelle decadenze previste dall’ 167. È più ragionevole ritenere che, di fronte alla tardiva costituzione dell’attore, il convenuto, non costituitosi tempestivamente nella convinzione che l’attore volesse abbandonare la causa, possa eccepire che il giudice avrebbe dovuto disporre la cancellazione della causa al ruolo e mettere inmoto il meccanismo della riassunzione. Diversa è invece l'ipotesi prevista dall'art. 181 , il quale regola “ La mancata comparizione delle parti “, e che al comma 1 disciplina: se nessuna delle parti pur essendosi costituite, si presentiin udienza, il giudice è infatti tenuto a fissare una nuova udienza di cui deve essere data comunicazione alle parti costituite. Se neanche in questo udienza si presentano il giudice con ordinanza non è impugnabile cancella lacausa dal ruolo. Se invece non è presente l’attore, l’art 181 comma 2 dice che spetta al convenuto scegliere: che il processo continui, in questo caso il giudice dovrà perciò procedere; che il processo si chiuda: il giudice fisserà allora una nuova udienza, di cui il cancelliere da notizia all’attore, se questo di nuovo non compare, il giudice, ove il convenuto non chieda che siproceda in sua assenza, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo. N.B. LA PARTE CHE NON SI COSTITUISCE IL PROCESSO È DICHIARATA CONTUMACE LA PARTE COSTITUITA NEL PROCESSO CHE DISERTA UNA O + UDIENZE È ASSENTE CONTUMACE è colui che decide di non costituirsi in giudizio, ma che può essere fisicamente presente l'udienza. L'ASSENTE è colui che pur essendosi costituito non compare in udienza. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 CAPITOLO SECONDO : LA FASE PREPARATORIA 1 Problemi di tutela e tecnica processuale Circa 50 anni fa venne diffusa in Italia la distinzione tra tutela e tecnica che aveva riscosso molto successo in Germania. Con questa distinzione si voleva dire che anche gli ordinamenti i quali riconoscono cittadinanza al monopolio delle parti nel governo delle situazioni sostanziali di loro pertinenza, mentre devono rispettare tale monopolio per tutto ciò che concerne l’iniziativa processuale, sono liberi di disciplinare come meglio credono il successivo svolgimento del processo. Per tanto, la tutela dovrebbe rientrare in tutto ciò che riguarda il principio della domanda, mentre ciò che riguarda il principio della trattazione o dispositivo, sarebbe di pertinenza della tecnica. A base di tale conclusione era la premessa che mentre i diritti soggettivi possono essere considerati di spettanza esclusiva dei singoli, il processo è un’istituzione di carattere pubblico che ogni stato può organizzare nei modi che ritiene più coerenti con i suoi obiettivi generali. È chiaro che i due aspetti, di tutela e tecnica non sono del tutto indipendenti in quanto le soluzioni tecniche adottate dall’ordinamento non possono che riflettersi sulla sostanza della tutela, tanto è vero che da sempre la tecnica è stata utilizzata per raggiungere particolari fini di tutela attraverso l’elaborazione di procedimenti speciali. Le legislazioni processuali di questo secolo, superando il tradizionale modello di processo scritto,segreto, formale,dominato da un potere direttivo della parti quasi assoluto, che fa del giudice un mero arbitro chiamato a fornire la soluzione finale del conflitto, tendono sempre più verso un processo caratterizzato dalla: ORALITA’ , orale non è solo il processo dal quale sono banditi gli scritti diffusivi, ma è di volta in volta il processo che si svolge in udienza PARTECIPAZIONE ATTIVA DEL GIUDICE DALLA CONCENTRAZIONE in uno spazio temporale ristretto DALLA LEALTA’ delle parti, che devono scoprire subito le loro carte, essendo sanzionato con decadenze, ammissioni legali etc ogni comportamento scorretto DAL RICONOSCIMENTO ALL’ AUTORITA’ DEI POTERI DEL GIUDICE Un modello processuale del genere è difficilmente realizzabile nella pratica e comunque va sottolineato quanto dice Verde, secondo il quale non esiste una soluzione astratta valida in eterno, essendo necessario costruire il processo di cognizione sulla base di scelte empiriche storicamente condizionate da vari fattori. Emblematica è in questo senso la recente riforma della fase introduttivadel processo di cognizione. 2 Il clima in cui è maturata la riforma del 1990( e la successiva controriforma ) Come dovrebbe essere chiaro, il processo nasce da un ATTO DI IMPULSO, che normalmente risale alla iniziativa di chi assume di essere titolare della situazione sostanziale bisognosa di tutela. Successivamente si avrà: una fase PREPARATORIA una fase ISTRUTTORIA una fase CONCLUSIVA in cui le parti facciano il punto della decisione e il giudice decide. Occorre chiarire alcuni punti, quali : come sono configurate queste fasi - chi ha la responsabilità di portarle avanti come interagiscono tra loro. Secondo una ispirazione privatistica del processo , legata all'ideologia dello Stato liberale, spetterebbe alle PARTI la preparazione del processo, la produzione delle prove, la discussione in ordine ai risultati acquisiti e IL GIUDICE dovrebbe intervenire per risolvere i singoli episodi di conflitto ed emanare la decisione finale. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 sveltirei ritmi del processo e proprio per evitare le lungaggini dovute ai continui rinvii delle udienze ha voluto cadenzare ex novo i tempi e i termini con il cd. Decreto di competitività (2005), ripristinandoil sistema designato dal legislatore del 1990, con alcuni correttivi mirati a rendere più agevole il diritto di difesa soprattutto da parte del convenuto. Con la riforma del 2005 , infatti, emerge che: le UDIENZE ex art.180 : di 1° COMPARIZIONE ex art.183 : di TRATTAZIONE sono state incorporate in un'unica udienza di COMPARIZIONE DELLE PARTI E TRATTAZIONE DELLA CAUSA ( nuovo art.183 ) Vecchio art. 180: l’udienza di prima comparizione ex 180 aveva la funzione di udienza ponte che consentiva al giudice istruttore di : controllare d'ufficio la regolarità del contraddittorio; fissare la successiva udienza di trattazione in funzione delle esigenze del suo calendario di lavoro, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a 20 gg. prima di tale udienza per proporre eccezioni eventualmente non proposte con la comparsa di costituzione della trattazione della causa viene redatto un processo verbale nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza. Va ricordato che la trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale, ed inoltre se richiesto egli può autorizzare comunicazioni di comparsa Oggi il nuovo art 180 (forma di trattazione) appare come svuotato del proprio contenuto originario: esso non segna più quella fase del processo caratterizzata dall’incontro tra parti e giudice ma riafferma il principio della oralità della trattazione e ribadisce la necessità di redigere processo verbale. N.B.: quando parliamo di trattazione orale della causa, non vuol dire che di esso non resta alcuna traccia scritta, ma semplicemente che attore e convenuto si confrontano dinanzi al giudice e di questo confronto si redige processo verbale, tutto viene verbalizzato facendo rimanere della trattazione traccia scritta. Inoltre non è più previsto che il giudice su richiesta delle parti fissi un termine per il deposito di note difensive.Da quanto detto emerge che del vecchio articolo è rimasta solo la 1° parte del 2° comma, e la 1° parte del 3° comma, tutte le altre attività processuali di parte, che prima si svolgevano in questa udienza, sono state inglobata nella nuovo udienza prevista dall'articolo 183, tranne che per le eccezioni processuali e di merito che devono essere contenuta nella comparsa di risposta mentre prima potevano essere proposte sino a 20 giorni prima dell'udienza di trattazione. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 La sua soppressione ha imposto di modificare altre norme , infatti, si è reso necessario prevedereche il convenuto nella comparsa di risposta debba: - enunciare compiutamente le sue pretese e richieste rilevanti ai fini della determinazione del thema decidendum; - proporre tutte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio a pena di decadenza (art 167 come modificato dalla legge 2005). Se il convenuto anzicchè costituirsi 10gg prima dell’udienza di trattazione(183)si costituisce in tale udienza egli NON POTRA’ più non solo proporre domande ma neppure sollevare d’ufficio eccezioni riservate alla parte (eccezione di prescrizione ,di incompetenza etc.). Riassumendo, dalla riforma emerge una nuova scansione temporale del processo: UDIENZA DI COMPARIZIONE DELLE PARTI E DI TRATTAZIONE (NUOVO ART.183) Questa udienza ingloba le due udienze ex art.180 e 183 , in tale udienza parti e giudice devono fare quello che prima facevano in 2 udienze. È la fase del processo relativa all’individuazione della causa. L’UDIENZA DI ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA (NUOVO ART.184) Questa udienza è la fase del processo relativa all’istruzione della causa. L' udienza prevista dall'art. 184 è un udienze istruttoria nel corso della quale saranno raccolti imezzi di prova a richiesta o dall'attore o dal convenuto, nel rispetto della cd. REGOLA DI GIUDIZIO FONDATA prevista dall'art. 2697 C.c.. 2697. ONERE DELLA PROVA. - [1] ( ATTORE ) Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento [2] ( CONVENUTO ) Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si èmodificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda Quindi tirando un diritto dei provare gli elementi costitutivi della sua pretesa, Colui che si difende, dei provare gli elementi modificativi, distintivi, impeditivi della pretesa attorea. RIMESSIONE DELLA CAUSA IN DECISIONE da qui scaturirà la pronuncia della sentenza l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 5 Lo svolgimento dell’udienza di trattazione ART. 183: PRIMA COMPARIZIONE DELLE PARTI E TRATTAZIONE DELLA CAUSA comma 1 : All’udienza fissata per la 1°comparizione delle parti e trattazione il giudice deve in via preliminare verificare che non ci siano irregolarità processuali che possano impedire o pregiudicare lo svolgimento del processo fino alla decisione sul merito, e quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'articolo 102, che fa riferimento all'integrazione del contraddittorio nei casi di litisconsorzio necessario; dall'articolo 164 commi 2, 3, 5 ( relativo alla nullità della citazione) ; dall'articolo 167 commi 2, 3 ( relativi alla nullità della notificazione) ; dall’articolo 182, relativo al difetto di rappresentanza,assistenza o di autorizzazione; dall'articolo 291 comma 1,( relativo ai vizi di forma nella comparsa di costituzione del convenuto) . In tutti questi casi il giudice fissa una nuova udienza di trattazione. Dal 1° comma dell’art. emerge che nell’udienza di comparizione e trattazione il G.I. deve compiereuna serie di attività: prima di tutto il giudice deve verificare d'ufficio la regolarità del contraddittorio e, se occorre pronuncia alcuni provvedimenti, quali: -ORDINA L'INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO IN CASO DI LITISCONSORZIO NECESSARIO ( ARTICOLO 102 ). Quindi in caso di litisconsorzio necessario, se la domanda non è stata proposta da tutti o nei confronti di tutti i litisconsorti, il giudice deve ordinare il integrazione del contraddittorio in un termine perentorio. Se nessuno delle parti ottempera a quest'ordine, il processo si estingue. Quindi, in caso di non rispetto dell'ordine di integrazione del contraddittorio e non avendo le parti eccepito l'estinzione del processo, il giudice, non potendo pronunciare l'estinzione, emette un provvedimento di assunzione dall'osservanza del giudicato per contraddittorio non integro. Questo provvedimento consente sostanzialmente - DI CHIUDERE IL PROCESSO NON ESSENDOCI L'INTEGRITÀ DEL CONTRADDITTORIO, FORMALMENTE - poi non c'è violazione dell'articolo 307 (in quanto si tratta di unprovvedimento di merito). -VERIFICA LA REGOLARITA’ DELLA CITAZIONE ( ART. 164 ) e qualora questa presenti un vizio che sia causa di nullità , ai sensi dell’art 164, ne ordina la rinnovazione, es. mancanza della data dell’udienza. -VERIFICA CHE NON CI SIANO VIZI NELL’ATTIVITÀ SVOLTA DAL CONVENUTO NELLA COMPARSA DI RISPOSTA e: qualora è omessa o assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale (che ai sensi dell’art.167 comma 2 deve essere inserita, a pena didecadenza, nella comparsa di risposta), il giudice rilevata la nullità, ne ordina l’integrazione in un termine perentorio( azionando così il meccanismo della sanatoria) qualora il convenuto abbia indicato nella comparsa di risposta la chiamata di un terzo (ai sensi dell’art.167 comma 3), il giudice dovrà fissare una nuova udienza. In questo caso il giudice non ha discrezionalità, è cioè tenuto a fissare l’udienza, senza dover autorizzare la chiamata del terzo come invece avviene per l’attore. -VERIFICARE LA REGOLARE COSTITUZIONE DELLE PARTI e ,ai sensi dell’art.182: comma 1: il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi comma 2: quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ( ci si riferisce a quelle persone che non possono stare in giudizio perché non hanno il libero esercizio dei propri diritti e quindi devono essere rappresentati, assistiti e autorizzati), il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza o il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che non si sia verificata una decadenza -VERIFICARE LA REGOLARITÀ DELLA NOTIFICAZIONE e qualora ricorra un vizio, ai sensi dell’art.291 ,deve ordinare la rinnovazione della notificazione nulla. Se il giudice dichiarasse contumace la parte, nonostante il vizio della notificazione, avremo un caso di contumacia involontaria (che la parte poi potrebbe far valere con l’impugnazione ordinaria. Comma 2: l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 primo grado e su istanza di parte, possa definire il giudizio all’esito dell’udienza ex art. 183 c.p.c. Dunque, l’espressione “nel corso del primo giudizio” ed in più, nell’art 183 quater cpc si fa espressa menzione del “all'esito dell'udienza di cui all'art 183”, sta a significare che entrambe le ordinanze non possono essere emanate nel corso del procedimento semplificato, in quanto l’art. 183 riguarda espressamente il giudizio di cognizione (secondo il prof. nel silenzio dell'art 183 ter cpc riguarda anche quest'ultimo). Il giudice, quindi, può pronunciare ordinanza di accoglimento quando i fatti costitutivi sono provati e le difese della controparte manifestamente infondate (ex. questione di fatto non tutelabili). Inoltre, in caso di pluralità di domande, o meglio, la domanda dell'attore e domanda riconvenzionale del convenuto, l'ordinanza potrà essere pronunciata solo se tali presupposti ricorrono per tutte. La ordinanza di accoglimento è provvisoriamente esecutiva, ed è reclamabile ai sensi dell'art. 669 terdecies e non acquista efficacia di giudicato ai sensi dell'art. 2909 c.c., né la sua autorità può essere invocata in altri processi. Con la stessa ordinanza il giudice liquida le spese di lite, in quanto se non reclamata definisce il giudizio e non potrà essere ulteriormente impugnata. In caso di accoglimento del reclamo, il giudizio prosegue innanzi a un magistrato diverso da quello che ha emesso l'ordinanza reclamata. In merito all'art. 183 quater cpc “ ordinanza di rigetto della domanda”, questa può essere pronunciata, nelle controversie di competenza del tribunale aventi ad oggetto diritti disponibili, su istanza di parte, qualora la domanda sia manifestamente infondata, ovvero se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito di cui all'art. 163 3 co. N. 3 “determinazione della cosa oggetto della domanda”, e la nullità non è stata sanata o se, emesso l'ordine di rinnovazione della citazione o di integrazione della domanda, persiste la mancanza dell'esposizione dei fatti di cui al n.4 3.co predetto art163 “esposizione dei fatti ed elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda con le relative conclusioni”. Anche con tale ordinanza il giudice liquiderà le spese di lite per la medesima ragione. Tale ordinanza se non è reclamata o se il reclamo è respinto, definisci il giudizio e non sarà ulteriormente impugnabile; invece, in caso di accoglimento del reclamo, il giudizio prosegue dinanzi a un magistrato diverso da quello che ha emesso l'ordinanza reclamata. Per quanto riguarda l'art. 669 terdecies cpc si vince chi il reclamo dovrà avvenire nel termine perentorio di 15 giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione ovvero dalla notificazione sia anteriore. Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte del giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Invece, quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla Corte di appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa Corte ovvero in mancanza alla Corte di appello più vicina. Il reclamo sarà proposto nella forma del ricorso ai sensi dell'art. 737 cpc. SCOPO: lo scopo delle due ordinanze è quello di evitare il lungo regime dell'impugnazione ordinarie ma senza il beneficio del giudicato sostanziale. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 CAPITOLO TERZO: IL GIUDICE ISTRUTTORE E LE SUE VALUTAZIONI 1 L’ introduzione della figura e polemiche sorte a riguardo IL GIUDICE ISTRUTTORE: è il magistrato o la persona fisica a cui è demandata quella fase del procedimento (fase istruttoria) che serve a rendere la causa matura per la decisione. Sappiamo che il processo nasce da un atto di impulso e che successivamente deve avere luogo: una fase PREPARATORIA; una fase ISTRUTTORIA; una fase CONCLUSIVA. Istruire la causa significa renderla matura per la decisione ovvero per il giudizio circa la sussistenza o meno del diritto affermato nella domanda. Ciò avviene mediante una attività logica, volta al riscontro dell’esistenza dei requisiti processuali e alla enucleazione dei problemi di diritto e di fatto che occorre risolvere e ad una non sempre indispensabile attività di acquisizione delle prove, in alcuni casi esse sono incontestabili e immediatamente ravvisabili. La fase della istruzione consta a sua volta di tre sottofasi: la trattazione, in cui avviene la presa di coscienza delle domande e l’impostazione delle singole questioni in cui si articola il giudizio. l’istruzione probatoria anche detta istruzione in senso stretto, volta alla acquisizione degli elementi di giudizio e subordinata alla eventualità che la causa non sia già inizialmente matura per la decisione. la rimessione totale della causa in decisione, ponte di passaggio alla fase successiva, decisoria affidata dopo la riforma del 90 talvolta al collegio,talvolta al giudice istruttore in funzione di giudice unico. L’organo non solo coordinatore ma anche propulsore dell’intera fase istruttoria è il giudice istruttore: si tratta di una figura che nn è presente in tutte le legislazioni processuali ma si è trattato di una verae propria invenzione del legislatore del 1942 che la introdusse come soluzione di un compromesso tra l’esigenza di consentire alla ORALITA’ del processo, che presuppone la partecipazione personale e diretta del giudice e quella di riconoscere ampio spazio alla TRATTAZIONE COLLEGIALE delle cause anche di primo grado. Nelle controversie assegnate alla decisione del giudice collegiale,infatti, si è affidata la direzione del processo ad un giudice singolo organicamente collegato al collegio,che agisce in raccordo costante con esso svolgendo in seno al collegio il ruolo di relatore della causa e estensore della decisione. La novella del 90(l.n.353)ha in realtà ridimensionato tale figura,che ha ragione di esistere solo quando la controversia è a trattazione collegiale. Infatti,dietro la generalizzazione del giudice unico vi è anche la precisa volontà di ridurre i casi in cui il giudice istruttore ha un autonomo rilievo(in caso di giudice monocratico, g.istruttore e giudice della decisione sono la stessa persona). 2 Le valutazioni e i provvedimenti del giudice istruttore ART 175 : il giudice istruttore regola lo svolgimento del processo a partire dalla fase preparatoria fino al momento in cui le parti rassegnano le conclusioni fissando LE UDIENZE SUCCESSIVE e I TERMINI entro i quali le parti devono compiere le ATTIVITA’ PROCESSUALI. A questo giudice sono stati affidati “tutti i poteri intesi al + sollecito e leale svolgimento del procedimento(art.171),agisce in raccordo costante con il collegio, svolgendo in seno ad esso un ruolo di relatore della causa e normalmente anche di estensore. E’immutabile e può essere sostituito solo in caso di previe esigenze di servizio o assoluto impedimento. Abbiamo visto quali sono i contenuti delle udienze della fase preliminare e sappiamo che a conclusione di tale fase il giudice,che ha già emanato alcuni provvedimenti (es nel caso in cui ordina l’integrazione del contraddittorio,la rinnovazione della citazione,dell’atto introduttivo etc.)deve procedere ad alcune valutazioni preliminari,che ruotano intorno alla seguente alternativa: l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 dare l’avvio alla fase della raccolta delle prove. invitare le parti a precisare subito le conclusioni e rimettere la causa per la decisione. L’immediata rimessione della causa per la decisione si verificherà ove il giudice ritenga inutile la raccolta delle prove, il che avviene a norma dell’art 187(provvedimenti del giudice istruttore): quando non c’è bisogno di assumere prove per la soluzione della causa(perché per esempio i fatti di causa sono incontroversi, la questione è di puro diritto o la controversia è basata su prove documentali); quando sia stata sollevata una questione preliminare di merito idonea a definire il giudizio(es la questione di prescrizione, il convenuto si è costituito ed ha eccepito la prescrizione del diritto azionato,il giudice se riterrà che il diritto si è prescritto,chiuderà il giudizio dinanzi a sé con un provvedimento dichiarativo della prescrizione); quando sia sorta una questione attinente alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali,la cui decisione possa rendere impossibile la decisione nel merito ( es il giudice ritiene che ci sia un difetto di giurisdizione ,cioè ritiene che quella causa appartiene al giudice di pace e non alla giurisdizione del giudice ordinario. Se il giudice è convinto di dover dichiarare il difetto di giurisdizione riterrà inutile procedere alla raccolta dei mezzi di prova). Nell’art.187 vediamo dunque il raccordo tra la fase dell’istruzione e della decisione: tale art. attribuisce al giudice istruttore un potere discrezionale collegato al giudizio prognostico in presenza di determinate questioni che possono condurre alla chiusura del grado di giudizio senza che sia necessario compiere altre attività istruttorie. In tutti i casi in cui il giudice applicando l’art 187 abbia innescato il procedimento di decisione dellacausa,ritenendo fondata l’eccezione idonea a definire il giudizio,si pronuncerà su quelle questioni con sentenza definitiva,cioè una sentenza con la quale il giudice definisce chiuso il grado di giudizio dinanzi a sé. Dobbiamo però precisare che il G.I. rinvierà la causa al collegio solo se riterrà la questioneastrattamente idonea a definire il giudizio, altrimenti si pronuncerà con ordinanza e rimetterà la questione al collegio solo successivamente insieme alla decisione sul merito. Ci si chiede se: il g.i. possa fare tale valutazioni anche a conclusione dell’udienza di cui al 183 o se debba necessariamente rinviare ad altra udienza ex art 184: si ritiene che una nuova udienza sarà sempre necessaria quando il giudice abbia autorizzato la trattazione scritta ex art 183, non sembra invece necessaria quando le parti abbiano già compiuto tutte le modificazioni e le precisazioni consentite. è da stabilire se sussista l’obbligo di motivazione dell’ordinanza avente ad oggetto le valutazioni preliminari(questioni preliminari e pregiudiziali). PER VERDE anche se le ordinanze vanno succintamente motivate,il giudice può in questi casi limitarsi ad accompagnare la sua decisione con formule di stile( es. poiché ritiene la causa matura per la decisione,invita le parti a precisare le conclusioni),senza ulteriori specificazioni che necessariamente indicherebbero una presa di posizione sui temi della controversia e quindiuna sorta di decisione anticipata. REGIME DELLE ORDINANZE DEL G.I. REGOLA FONDAMENTALE in tema di ordinanze è che esse comunque motivate non possono mai pregiudicare la decisione della causa;da tale regola discendono due corollari: le ordinanze, tranne poche eccezioni, possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate che le parti, senza bisogno di mezzi di impugnazione, possono riproporre al collegio,quando la causa è rimessa a questo,tutte le questioni risolte dal G.I. con ordinanza revocabile. RESTANO NON MODIFICABILI E NON REVOCABILI: le ordinanze pronunciate su accordo delle parti; le ordinanze dichiarate non impugnabili dalla legge; quelle ancora assoggettate a reclamo. (RICORDIAMO TRA QUESTE QUELLA CON CUI IL GIUDICE ISTRUTTORE,CHE NON OPERI IN l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 disporre che sia avvertita la parte contumace, non rientrando questa ipotesi tra quelle previste dall’ art. 292. L’efficacia esecutiva: può essere conferita al provvedimento: ove ricorrano i presupposti di cui al 642( esecuzione provvisoria: se il credito è fondato su cambiali, assegno bancario, assegno circolare ecc. ) nonché ove la controparte sia rimasta contumace ove ricorrono i presupposti di cui al 648(esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione: il giudice istruttore se l’ opposizione non è fondata su prova scrita o di pronta soluzione può concedere con ordinanza non impugnabile l’ esecuzione provvisoria del decreto ) la provvisoria esecutività non può invece essere disposta nell’ipotesi di disconoscimento, ad opera della parte, della scrittura privata prodotta contro di lei né nel caso di querela difalso contro l’atto pubblico. Il regime : è quello della ordinanza revocabile e modificabile e non ricorribile in cassazione,ma se il processo si estingue l’ordinanza acquista efficacia esecutiva se non ne è già munita. In caso di ordinanza emessa contro la parte contumace : questa ha l’obbligo di costituirsi entro 20gg dalla notifica se vuole evitare l’esecutività. L’ordinanza esecutiva costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. L’ordinanza acquista efficacia esecutiva quando il giudizio di merito si estingue o quando la parte contumace cui sia stata notificata l’ordinanza ( entro 60 gg. dall’ emissione ), non si costituisce nei 20gg. I due casi sono insomma equiparati alle situazioni in cui si estingue il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e questo non viene proposto. La natura di tale efficacia è quella perciò che si riconosce al decreto ingiuntivo non opposto. Si è discusso molto sulla scarsa utilità pratica di questo strumento in quanto non si vede la ragione per la quale la parte dovrebbe chiedere dopo l'inizio del processo ordinario ciò che avrebbe potuto chiedere prima. ART.186 QUATER: ORDINANZA SUCCESSIVA ALLA CHIUSURA DELL’ISTRUZIONE E’ l’ordinanza che il giudice istruttore può emanare una volta che è terminata l’ istruzione, su istanza della parte che ha proposto la domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, con cui dispone il pagamento , la consegna o il rilascio, nei limiti per cui si ritiene raggiunta la prova. L’ordinanza post-istruttoria ha una funzione acceleratoria del corso del giudizio, ovvero si trattadi un istituto volto a far guadagnar tempo alle parti nel processo civile. Momento iniziale : può essere emessa dal giudice istruttore quando ci sia una richiesta di parte e solo dopo che sia esaurita l’istruzione. La legge non fissa un termine finale, né sembra convincente la tesi secondo cui tale termine sarebbe identificabile con la rimessione della causa per la decisione, ossia il momento in cui il G.I. si spoglierebbe delle sue funzioni. Se si accettasse tale impostazione l’ordinanza potrebbe essere emessa in uno spazio molto ristretto se non nullo. In effetti VERDE respinge tale interpretazione e ritiene che anche dopo la rimessione della causa, fino alla sua decisione, se dovessero essere compiute attività relative al processo in corso, queste saranno comunque compiute dal giudice istruttore. Dunque il momento finale coincide con la decisione della causa. Oggetto : è la condanna al pagamento di somme o la consegna o il rilascio di beni mobili, e comporta anche la statuizione sulle spese giudiziali, nei limiti in cui si ritiene raggiunta la prova che deve essere piena. Non è possibile con tale ordinanza la condanna ad un obbligo di fare e non fare, perché il provvedimento darebbe luogo ad un esecuzione che una volta perfezionata sarebbe poi difficile ripristinare la situazione iniziale qualora venisse revocata l’ ordinanza (es la costruzione di un muro). È titolo esecutivo ma non titolo per iscrizione di ipoteca giudiziale. Ciò significa che con l’ordinanza si può cominciare un processo di esecuzione nei confronti della parte che resta soccombente. Si capisce dunque che questo provvedimento pur avendo forma di ordinanza ha in realtà contenuto l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 decisorio essendo infatti in grado di incidere sui diritti sostanziali.. È revocabile con la sentenza che definisce il giudizio( il giudice nel pronunciare la sentenza non è vincolato all’ordinanza e può anche contraddirla nel caso ad esempio di domanda infondata). Se il processo si estingue : “l’ ordinanza acquista l’ efficacia della sentenza impugnabile sull’ oggetto dell’ istanza “. Il legislatore con questa disposizione ha previsto un eccezione all’ art. 310 (secondo il quale sopravvivono all’ estinzione le sentenze di merito e non le ordinanze ) e con essa ha stabilito che non solo l’ordinanza sopravvive all’ estinzione ma si trasforma in sentenza impugnabile. Inoltre acquista efficacia di sentenza impugnabile se la parte intimata non manifesta entro 30 gg dalla pronuncia in udienza o dalla comunicazione la volontà che sia pronunciata la sentenza ( con ricorso notificato all’ altra parte depositato in cancelleria ). Tale ricorso notificato dovrà essere depositato nella cancelleria del giudice che l'ha emessa. Pertanto, laddove l'istanza venga accolta limitatamente, l'interesse alla sentenza e alla motivazione non è solo della parte intimata, ma anche di chi abbia ottenuto l'ordinanza. Dunqua, la ratio alla base del fatto che la parte intimata non debba chiedere la costituzione del processo che si concluda con sentenza, risiede nel fatto che tale ricorso può comportare un notevole allungamento dei tempi processuali. Prima della riforma si prevedeva invece una rinuncia espressa alla sentenza. Siamo in presenza di un provvedimento atipico di definizione del giudizio che interviene in un momento del processo in cui non sembra esservene bisogno perché l’istruzione della causa è già esaurita ed il giudice ha tutti gli elementi per decidere il merito della controversia. Ma allora se l’ordinanza è pronunciabile solo quando la causa può essere decisa con la sentenza, perché non si pronuncia direttamente sentenza?? Perché dal giorno in cui il giudice trattiene la causa per deciderla nel merito al giorno in cui effettivamente pubblica la sentenza( che richiede scrittura e motivazione), passano anni. Pertanto lì dove c’è un’istanza di parte, il giudice, all’esito dell’istruzione, può risolvere immediatamente la causa, rigettando o accogliendo la domanda dopo che il processo procede tendenzialmente alla sentenza. LA RATIO è consentire alle parti di risparmiare quella attesa che passa tra la chiusura dell’istruzione e la effettiva pubblicazione della sentenza. Infatti se la parte contro la quale l’ ordinanza è stata pronunciata non si oppone entro 30 gg, l’ ordinanza si trasforma in sentenza impugnabile; per cui si conserva effettivamente l’accelerazione e cioè l’ordinanza si trasforma nella sentenza conclusiva, di quel primo grado di giudizio, e il processo si conclude immediatamente. Il termine dei 30 gg scatta dall’ udienza , se l’ ordinanza è pronunciata in udienza; dalla notificazione se l’ ordinanza è pronunciata fuori udienza. Qualora l’ ordinanza si trasformi in sentenza, questa è impugnabile con l’ appello, e la parte soccombente ha dunque la possibilità di chiedere al giudice di appello: o di sospendere l’esecuzione dell’ordinanza già iniziata dalla controparte; o di sospendere l’efficacia esecutiva dell’ordinanza stessa, se l’esecuzione non è stata ancora pronunciata. Solo in questo modo il convenuto potrà tamponare la situazione creatasi nei suoi confronti, sarà poiil giudice di appello a stabilire chi ha torto o ha ragione. Dunque il legislatore da per scontato che la parte condannata non notifichi il ricorso e lasci che l’ordinanza acquisti efficacia di sentenza che definisce il giudizio. Qualora invece la parte soccombente si opponesse all’ ordinanza, essa rimarrebbe comunque esposta all’ esecuzione forzata(visto che essa è titolo esecutivo) fino all’ emanazione della sentenza. L’istituto della trasformazione in sentenza è di dubbia costituzionalità visto che l’art 111 comma 6 prevede che le sentenze devono essere congruamente motivate.In giurisprudenza si è detto che è la parte che non opponendosi determina la trasformazione rinunciando così alla garanzia della motivazione. In realtà,questo orientamento non convince molto perchè si è visto che la scelta della parte è in qualche modo vincolata, perchè se non rinunciasse all’opposizione sarebbe esposta all’esecuzione. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 CAPITOLO 4: L’ISTRUZIONE PROBATORIA E I MEZZI DI PROVA Sezione Prima: PROVA GENERALE 1.Nozione di prova Con il termine prova intendiamo qualsiasi strumento che consente di rievocare un avvenimento trascorso, e quindi in un processo, essa consente al giudice di stabilire se un fatto rilevante per il processo si è realmente verificato. Dietro al fenomeno della prova si prospettano almeno tre diversi momenti tutti strettamente legati etutti essenziali: FONTE PROBATORIA cui il legislatore da rilievo PROCEDIMENTO D’ACQUISIZIONE PROBATORIA, che consente di introdurre legalmente e nel rispetto delle regole del contraddittorio la fonte probatoria del processo VALUTAZIONE DELLA PROVA, che consente al giudice di formarsi una convinzionesui fatti di causa. In tutti questi momenti interviene il legislatore dettando regole circa precise. Gli attuali studiosi del diritto sulle prove, ritengono che questa disciplina debba essere limitata per dare spazio all’iniziativa del giudice il quale può utilizzare qualsiasi elemento idoneo per la formazione del suo giudizio. Si ritiene che solo in questo modo sia garantito all’interno del processo la ricerca della verità e, altempo stesso sia data attuazione al diritto di prova della parte nel processo. Abbiamo detto che sotto il termine prova si raccolgono più significati. Nel C.C. si parla di prova documentale come ad una rappresentazione che individua la prova con il documento come mezzo di prova testimoniale o i testimoni come altro mezzo di prova. Nel C.P.C. si trova riferimento “al mezzo” ( art. 210 e 214 ) ; al mezzo e al procedimento siriferisce l’ art. 258 ; al mezzo, al procedimento e al risultato si riferisce l’ art. 228. Anche la dottrina in termini di prova ha operato varie distinzioni .Si parla di: PROVE STORICHE quando il mezzo è di per se idoneo a rappresentare il fatto da provare ( la testimonianza, la scrittura ). PROVE CRITICHE quando il giudice perviene alla rappresentazione del fatto da provareattraverso un’ operazione intellettiva più complessa ( indizi ). PROVA DIRETTA, quando il giudice controlla la veridicità dei fatti in base ad un riscontrodiretto con il fatto rappresentato ( ad esempio l’ ispezione ). PROVA INDIRETTA , quando il giudice deve servirsi di uno strumento di mediazione. PROVE PRE-COSTITUITE se il mezzo di prova preesiste al processo. PROVE COSTITUENDE , se la prova è acquisita nel corso del processo. Maggiore rilevanza hanno le distinzioni che emergono dalla legge con riferimento al momento dellavalutazione: PROVA LIBERA è sottoposta al libero e prudente apprezzamento del giudice. PROVA LEGALE viene recepita dal giudice sulla base di canoni di valutazione prefissati dal legislatore ( ad esempio confessione e giuramento ). Si distinguono poi: PROVA PIENA che è assoluta ed incondizionata quindi vincolante per il giudice. ARGOMENTI DI PROVA ( art. 116 2° com.) ai quali la legge ha riconosciuto un efficacia meno intensa , in quanto da soli non possono fondare il convincimento del giudice , ma possono costituire punti di riferimento a cui ricorrere per valutare le prove raccolte. Di recente si è sostenuto che in presenza di argomenti di prova il giudice non potrebbe rifiutarsi diaccogliere una prova contraria proposta dalla controparte; ma se tale prova contraria mancasse , il giudice potrebbe fondare il suo convincimento sui soli argomenti di prova. 3 OGGETTO DELLA PROVA Oggetto della prova sono i fatti o meglio proposizioni fattuali che le parti introducono in un processo che devono poi essere verificate attraverso il confronto con altre preposizioni fattuali che l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 tenere presente che il nostro sistema ammette inversioni unilaterali dell’ onere della prova e comunque è retto dal principio dell’ acquisizione processuale , in base al quale la prova viene valutata in se e per se, a prescindere dalla sua provenienza. Quanto alle prove superflue, il problema si dovrebbe ridurre a seguito della “novella”, posto che, difficilmente è ipotizzabile che le parti possano avanzare nuove richieste istruttorie. Di conseguenza , la questione si dovrebbe presentare di fronte a prove già ammesse tutte le volte in cui quelle espletate fossero ritenute già sufficienti. 5 LE MODALITA’ DI ASSUNZIONE Dopo aver ammesso la prova il giudice dispone anche sulle modalità di assunzione e, in entrambi i casi il provvedimento ha la forma dell’ ordinanza revocabile o modificabile ai sensi dell’art, 177 2° co. L’ assunzione può essere immediata o differita , e nel rispetto dei principi dell’immediatezza e di concentrazione, dovrebbe essere assunta dallo stesso giudice personalmente e in un arco di tempo molto ristretto. Le modalità di assunzione della prova sono contenute negli art. 202 ss ( 1. Quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può assumerli nella stessaudienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell’ assunzione. 2. Se questa non si esaurisce nell’udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un giorno prossimo. ), e sono riferite alle sole prove costituende. Tali principi ammettono delle deroghe, e precisamente una prima deroga al principio dell’ immediatezza è regolata dall’ art. 203 e riguarda il caso in cui la prova debba assumersi fuori dalla circoscrizione del tribunale, e in questo caso il giudice istruttore delega a procedere il giudice istruttore del luogo. Secondo parte della dottrina la delega è ammessa non solo quando la prova sia assunta fuori della circoscrizione, ma è sempre assunta per ragioni di speditezza, per motivi di economiadella prova per le parti. Con la delega si investe il giudice di una competenza temporanea che deve essere espletata entro un termine fissato dallo stesso provvedimento che dispone la delega, che può essere prorogato su richiesta di parte prima della scadenza. Tuttavia la prova assunta fuori termine è nulla ma si tratta di una nullità sanabile nel caso in cui non sia tempestivamente eccepita ( art. 156 ). La seconda deroga riguarda le prove che devono essere assunte all’ estero. In questo caso distinguiamo 2 ipotesi: la rogatoria consolare , che si ha quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residentiall’estero, la delega al console è disciplinata dalla legge consolare ( d.p.r.n. 200/67). rogatoria alle autorità estere, in questo caso bisogna far capo alle diverse convenzioni , tenendo presente che l’ assunzione della prova all’ estero va fatta secondo lex loci e cioè secondo la legge del luogo. ROGATORIA : E’ la richiesta fatta da un giudice ad un altro ( che abbia diversa competenza nello stato, o appartenente ad altro stato ) per fargli compiere determinati attiprocessuali, per i quali è richiesta un’ attività in una zona che esula dalla competenza territoriale del giudice richiedente oppure è quello estero. L’ Attività istruttoria espletata all'estero diviene rilevante in Italia se è conforme all'ordine pubblico interno, ciò sulla base della clausola generale contenuta nell’art. 31 disp. Prel.. Si poteva negare la rilevanza del mezzo assunto qualora l'assunzione fosse avvenuta in maniera non rispettosa del contraddittorio. La nuova legge sul diritto internazionale privato che ha abrogato le clausole generali e quindi anche l'art 31 nulla prevede per questo caso, così che sorgi dubbio se oggi il giudice italiano possa e debba ancora controllare se l'assunzione della prova è avvenuta nel rispetto dei principi fondamentali del nostro processo. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 Sezione Seconda PROVA DOCUMENTALE - NOZIONEDI DOCUMENTO PUBBLICO Il documento , che rientra tra le prove precostituite, può essere definito come una res corporalis idonea a rappresentare o a dare conoscenza di un fatto. Tra le numerose cose rappresentative del passato, l’ ordinamento ne ha individuate alcune alle quali ha attribuito particolare valore probatorio. Il codice civile, come documenti utilizzabili in un processo elenca : l’ atto pubblico, la scritturaprivata, le riproduzioni meccaniche, le copie degli atti. Tra questi, i documenti di gran lunga più frequenti sono gli scritti, e cioè supporti cartacei su cui sono impressi in modo duraturo segni grafici in forma di parole. A norma dell’art. 2699c.c, l’ atto pubblico è il documento redatto con le richieste formali da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’ atto è formato; in base all’ art. 2700 c.c. il documento pubblico fa piena prova fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il P.U. attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Per piena prova deve intendersi, come già detto, una efficacia probatoria assoluta ed incondizionatache viene meno solo dove si dimostri , attraverso un apposito procedimento che il documento è falso. La pubblica fede riguarda però solo la provenienza del documento e il resoconto di ciò che è avvenuto davanti al P.U., ossia riguarda il c.d. estrinseco della vicenda rappresentata , invece tutto quello che sta dietro a tale vicenda ( c.d. intrinseco ) , in quanto il notaio non deve rappresentarlo,non ha efficacia di piena prova e rispetto ad esso non è necessaria la querela di falso. Ex: se vado dal notaio e dichiaro di essere …. quest'ultimo si limita a certificare quanto io ho detto ma non controlla la veridicità delle mie affermazioni. L’ atto pubblico è una scrittura eterografa , cioè proveniente da un terzo che ha la qualità di P.U. Inoltre il prescritto obbligo di sottoscrizione, imposto dal legislatore alle parti , non si pone come elemento strutturale del documento e cioè non coopera alla formazione del documento , ma svolgela funzione di dare atto che la rappresentazione curata dal P.U., ed in particolare che la verbalizzazione degli enunciati delle parti è stata fedele. Bisogna fare una precisazione: l’ obbligo di sottoscrizione riguarda i documenti che raccolgono dichiarazioni, ciò non toglie la possibilità di formare il documento pubblico quando la parte non sia in grado di sottoscrivere ed il P.U. abbia preso atto di tale impedimento. Per quanto riguarda la verbalizzazione , il P.U. deve leggere il documento per sincerarsi di aver riprodotto fedelmente e precisamente le dichiarazioni ascoltate e le operazioni compiute in sua presenza, e le parti, firmando, le confermano. Il documento pubblico irregolarmente formato può valere come scrittura privata così come previsto dall’ art. 2701c.c. ( Conversione dell'atto pubblico. - Il documento formato da ufficiale pubblico incompetente o incapace ovvero senza l'osservanza delle formalità prescritte, se è stato sottoscritto dalle parti, ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata ) 7 NOZIONI DELLA SCRITTURA PRIVATA A. Se il documento pubblico è una tipica scrittura eterografa, la scrittura privata è un tipico documento autografo, e cioè da quanto si legge nell’ art. 2702 C.c. , è una res corporalis costituita da un supporto cartaceo sul quale sono impressi in modo duraturo segni grafici. Gli elementi della scrittura privata sono: - supporto cartaceo capace di conservare stabilmente i segni grafici generalmente costituito da carta o da qualcosa di equipollente, ma comunque deve trattarsi di materiali che resistono al tempo. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 -i segni grafici devono essere impressi in modo duraturo e idoneo a rappresentare unavvenimento trascorso. Il codice civile fa riferimento a segni grafici che debbono essere leggibile per cui è necessaria un’operazione di adattamento tutte le volte in cui la leggibilità debba essere mediata da appositi strumenti. Ma oltre che leggibili questi segni grafici devono anche essere impressi con materiale resistente, di solito l’ inchiostro , ma ciò non toglie che possa essere usato qualunque altro materiale idoneo Ma elemento essenziale, in mancanza del quale non si ha scrittura privata è la - sottoscrizione , con la quale si stabilisce un nesso tra la persona del sottoscrittore e la paternitàdelle dichiarazioni ricavabili dai segni grafici che precedono la sottoscrizione Il nostro codice a seguito della L. n° 59/ 97 ( c.d. Legge Bassanini ) prevede la possibilità di usare documenti informatici a cui è riconosciuta la stessa validità e rilevanza giuridica degli atti redatti susupporto cartaceo. Il vero ostacolo però era dato dal fatto che questo tipo di documento mancasse di un requisito indispensabile qual è la sottoscrizione, che è data di pugno dell’ autore, a questo scopo è stata proposta la firma digitale, che garantisce la provenienza e l’ integrità del documento informatico. Per quanto riguarda la sottoscrizione di questo tipo di documento si è prevista una firma contratta ( persino la sigla può valere come sottoscrizione) purché sia riconducibile al sottoscrittore. In caso di persone conosciute con uno pseudonimo , si è ammessa la validità della sottoscrizione sia col nomo proprio che con lo pseudonimo. Non è al contrario ritenuta valida la sottoscrizione con il crocesegno anche se apposta dinanzi a deitestimoni. B In quanto documento, e a differenza del documento pubblico, la scrittura privata non è ingrado di provare se stessa, e per questo è necessario considerare elementi aggiuntivi che testimonino che la sottoscrizione è autografa. A questo scopo il C.c. individua due meccanismi con cui si può ottenere questa certezza e sono :riconoscimento personale e riconoscimento legale, ed entrambi possono avvenire fuori dal processo o nel processo. In quest’ ultima ipotesi sono previsti procedimenti semplificati che consistono nell’ attribuire ai comportamenti della parte, contro cui la scrittura è prodotta, significati concludenti: oltre il caso di riconoscimento espresso ,la parte è tenuta subito, e cioè nell’ udienza successiva alla produzione, a disconoscerla, in caso contrario, se non lo fa, la scrittura si ha per riconosciuta. In via legale la sottoscrizione può essere autenticata da un P.U. ( art. 214 e 215 c.p.c.), e in questo caso si avrà un documento complesso che risulta da due documenti, uno privato e uno pubblico, con cui il P.U. attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, dalla persona del sottoscrittore da lui previamente identificata. Dalla lettura congiunta degli art.2702 C.c: e 215 C.p.c. si evidenzia un apparente contrasto e cioè: mentre l’ art.2702 C.c sembra limitare l’ efficacia probatoria del documento nei confronti della parte che figura come sottoscrittore, e quindi solo della parte alla quale la scrittura èattribuita l’ art.215 C.p.c sembra estendere tale efficacia anche nei confronti di terzi, e quindi non solo della parte alla quale la scrittura è attribuita ma anche della parte contro la quale è prodotta. Quindi se si desse esclusivo rilievo all’ art.215 si dovrebbe ritenere falso quanto sinora detto , e cioè, che la scrittura privata non è necessariamente un documento autografo ed e non sarebbe affattovero che il nostro ordinamento presceglie P.U. per dare certezza ai documenti. Bisogna quindi superare questo contraddittorio, considerando che l’ art.214 C.p.c., dopo aver detto che la parte deve disconoscere la propria sottoscrizione, prevede inoltre la possibilità che nel processo sia introdotto un documento del dante causa della parte , che è erede o avente causa, tanto che a questa si impone non di disconoscerla, ma di dichiarare di non conoscerla. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 non è possibile riproporre gli stessi documenti già prodotti nei precedenti gradi, ma solo documenti prodotti per la prima volta in Cassazione. Competente è il Tribunale territorialmente individuato in base ai fori generali di cui agli art.18 e 19,in modo che se la querela venisse proposta dinanzi ad altro giudice , il processo viene sospeso e rimesso dinanzi al giusto Tribunale. Inoltre la querela di falso ,a norma dell’ art. 50-bis, rientra nelle ipotesi in cui è previsto comenecessario l’ intervento del P.M., e quindi deve essere deciso dal collegio ( vedi codice). Il legislatore prevede per la querela di falso una serie di precauzioni: -essa va proposta personalmente o da procuratore speciale; - deve contenere , a pena di nullità, l’ indicazione degli elementi e delle prove della falsità Il giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento per sapere se, nonostante la presentazione della querela ,intenda avvalersi del documento: se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile, e la querela diventa inutile; se la risposta è positiva, il giudice deve valutare la rilevanza del documento. b1 ) se il giudice ritiene che il documento non è rilevante, con ordinanza non ammette laquerela; b2) se invece ritiene che il documento sia rilevante ne autorizza la presentazione. La decisione avviene sempre con sentenza, la cui efficacia è molto discussa: alcuni ritengono che si tratti di un accertamento negativo sul rapporto probatorio, per cui l’ efficacia di una sentenza riguarda solo le parti di una sentenza. Altri sostengono invece che si tratti di un giudizio a contenuto obbiettivo, nel quale prevale l’ interesse pubblico alla eliminazione del documento falso, così che la sentenza avrebbe efficaciaerga omnes. La giurisprudenza infine sostiene che si è in presenza di un giudizio di accertamento della verità o della falsità di un documento per cui la relativa sentenza ha efficacia erga omnes, ma con autorità digiudicato limitata alle parti. Gli art. 2712 e 2719ss. C.c disciplinano il valore probatorio di alcune forme particolari di documento ( telegrammi, riproduzione meccaniche. ecc. ecc. ) L’ art. 2712, ha per oggetto l’ efficacia probatoria della riproduzioni, che fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se l’ altra parte non ne disconosce la conformità. In questa ipotesi, il disconoscimento deve essere immediato , così come previsto dall’ art 214 Cpc. , in modo che la parte interessata possa chiedere di provare la veridicità della riproduzione in via incidentale. Per quanto riguarda l’ art. 2719 bisogna stabilire se la copia è conforme all’ originale e se l’originale è autentico. 2712. Riproduzioni meccaniche. - Le riproduzioni fotografiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte nonne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. 2719. Copie fotografiche di scritture. - Le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta 9 IL DOCUMENTO INFORMATICO Il codice civile del 1942 ha organizzato la disciplina sulla prova documentale, sulla base delle conoscenze tecniche del tempo. Questa disciplina ha come presupposto che documento sia una cosa , generalmente carta, su cui sono impressi , generalmente con l’ inchiostro, segni grafici duraturi. La stessa disciplina ha collegato al documento un qualcosa che ne garantisse l’ autenticità, e cioè, sottoscrizione e sigillo del notaio per il documento pubblico, e sottoscrizione dell’ autore della dichiarazione conservata nello scritto, per quanto riguarda il documento privato. Nel corso degli anni si è avuta inevitabilmente un notevole sviluppo per quanto riguarda la diverse forme di documento e il nostro codice a seguito della L. n° 59/ 97 ( c.d. Legge Bassanini ) prevede l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 la possibilità di usare documenti informatici a cui è riconosciuta la stessa validità e rilevanza giuridica degli atti redatti su supporto cartaceo. Il vero ostacolo però era dato dal fatto che questo tipo di documento mancasse di un requisito indispensabile qual è la sottoscrizione, che è data di pugno dell’ autore, a questo scopo è stata proposta la firma digitale, che garantisce la provenienza e l’ integrità del documento informatico. Per quanto riguarda la sottoscrizione di questo tipo di documento si è prevista una firma contratta e inoltre persino la sigla può valere come sottoscrizione, purché sia riconducibile al sottoscrittore. Sulla base della disciplina possiamo distinguere 3 tipi di documenti informatici: -quello privo di sottoscrizione elettronica, che ha il valore probatorio di una riproduzione; -quello sottoscritto con firma elettronica, che ha valore di una scrittura privata non autenticata o non riconosciuta; -quello sottoscritto con firma digitale, che ha valore di una scrittura privata autenticata. La firma digitale è definita come il risultato della procedura informatica basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia, una pubblica e una privata, che consente al sottoscrittore, tramite la chiave privata e al destinatario, tramite la chiave pubblica, di rendere rispettivamente manifesta e di verificare la provenienza e l’ integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici. Per quanto riguarda l’ introduzione del documento informatico nel processo, nell’ art 10 3° com. si legge: “ il documento informatico, quando è sottoscritto con firma digitale o con altra firma elettronica, e la firma è basata su di un certificato qualificato ed è generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da che l’ ha sottoscritto”. Sezione terza LA PROVA TESTIMONIALE Nozione della testimonianza ( in particolare la terzietà del testimone) Secondo lo storico la testimonianza, che rientra tra le prove costituende, può essere definita come la dichiarazione di fatti avvenuti nel passato di cui un soggetto terzo ha conoscenza diretta (testimonianza de visu ) o indiretta ( testimonianza de auditu ). E’ importante precisare che il soggetto che rende la testimonianza è estraneo al processo, questo proprio per garantirne l’ attendibilità e l’imparzialità ; a norma dell’ art. 246, “ non può rendere testimonianza la persona avente nella causa un interesse che potrebbe legittimare la sua presenza in giudizio “. Di conseguenza non può testimoniare la parte, così che le notizie che essa potrebbe fornire intorno al processo, potranno essere introdotte nello stesso attraverso altre vie, quali l’interrogatorio libero o formale e il giuramento. La stessa Corte si è inoltre pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’ art.247, stabilendo , con la sentenza n° 248/1974, l’ incostituzionalità del divieto di testimoniare posta a carico dei prossimi congiunti. La Corte infatti ha ritenuto che tale divieto , essendo posto non inragione dell’ oggetto del giudizio o della natura degli interessi sostanziali controversi , ma unicamente in considerazione del rapporto di natura personale che intercorre tra i testimoni e le parti , nega l’ attendibilità della testimonianza sulla base di un giudizio preventivo ed astratto , finendo così con il comprimere irragionevolmente il diritto di azione e di difesa della parti. Un problema si pone nel caso in cui il congiunto si trovi nella situazione che dicendo il vero potrebbe danneggiare il parente o di affermare il falso per non danneggiarlo; a questo riguardo il C.p.p da la possibilità al congiunto di astenersi, possibilità questa non riconosciuta nel C.p.c. La Corte Costituzionale ha inoltre dichiarato l’ incostituzionalità dell’ art.248 per violazione dell’art.3 Cost., in quanto consentiva l’ assunzione come testi dei minori di anni 14. Quindi, mentre il C.p.p. stabilisce che i minori di anni 14 possono, senza limiti, essere testi, il C.p.c. non nega in modo assoluto che i minori possano essere testimoni, ma specifica che possonoesserlo solo in presenza di particolari condizioni che ne rendono necessaria l’ audizione. ART. 247: Divieto di testimoniare: Non possono deporre i coniugi ancorché separati, i parenti o l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 affini in linea retta,e coloro che sono legati a una della parti da vincoli di affiliazione, salvo che la causa verta su questioni di stato, di separazione personale o relative a rapporti di famiglia ART. 248: Audizione dei minori degli anni 14 : I minori di anni 14 possono essere sentiti solo quando la loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze. Essi non prestano giuramento. LIMITI SOGGETTIVI: 1° LIMITE : possono testimoniare solo persone estranee al processo e che quindi non abbiano interessi nella controversia ( art. 246 ). 2° LIMITE : possono testimoniare i parenti, gli affini in linea retta ( art. 247 ). 3° LIMITE : non possono essere sentiti come testimoni i minori di 14 anni salvo in caso di particolari circostanze. Art. 249 disciplina il caso in cui nessuno può essere costretto a testimoniare contro un parente. 11 LIMITI OGGETTIVI DELLA PROVA TESTIMONIALE La prova testimoniale non è tra i mezzi probatori, il più amato dal nostro legislatore, ed è per questo che oltre a porre dei limiti di ordine soggettivo, pone dei limiti di ordine oggettivo. La spiegazione sta semplicemente nel fatto che, nella prassi, si è riscontrato che tra l’evento che accade e la sua successiva narrazione, si crea uno scarto, uno scarto che, chiaramente, è dato dal fatto che non tutti percepiamo l’evento allo stesso modo, non tutti abbiamo la stessa capacità mnemonica dell’evento, non tutti abbiamo la stessa capacità di esporre l’evento stesso, e anche quando il testimone è attendibile ed imparziale, la sua narrazione finisce sempre col fornire un quadro alquanto deformato della verità. Per tali ragioni il legislatore spinge le parti affinché realizzino un documento che sia prova di quanto intendono realizzare o hanno inteso realizzare, lì dove è possibile, poiché non in tutti i campi è possibile (ad es. non è possibile nel campo dell’illecito civile: es. non si può predisporre un documento di un incidente automobilistico e poi fare l’incidente automobilistico). E’, invece, possibile nel campo della formazione dei contratti, in questo campo il legislatore interviene invitando le parti a formulare i loro consensi in documenti, quando i contratti superino un determinato valore ; ed è anche per questo che i limiti oggettivi non li troviamo nel c.p.c. ma nel c.c. Il I° limite oggettivo è contenuto nell’art. 2721 C.c che afferma: “Non è ammessa la prova testimoniale per contratti il cui valore dell’oggetto ecceda € 2,58 ( 5000 lire )” . Questa è una norma che non è stata aggiornata, anche se, c’è un’ancora di salvezza dettata dal 2° comma dell’art. 2721 che dice: “Il giudice può ammettere la prova testimoniale ogni volta che lo ritenga necessario, anche quando il valore del contratto supera i 2,58 € , valutando le qualità delle parti, la natura del contratto e di ogni altra circostanza. “ Il II° limite oggettivo è posto dall’art. 2722(quando e su cosa no è ammessa la prova testimoniale) (Patti aggiunti o contrari al contenuto di undocumento. - La prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea) dove si dice che in realtà non è ammessa la prova testimoniale per patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, quando tali patti sono precedenti o contemporanei alla realizzazione del contratto, mentre sono ammesse le prove testimoniali per trovare l’esistenza di un patto aggiunto successivo ad un contratto scritto. La spiegazione sta nel fatto che il legislatore ragiona in questi termini: se le parti hanno reso per iscritto i termini del loro accordo, è poco credibile che ne esistano dei diversi (precedenti o contemporanei) non riportati nel documento. Se il patto è stipulato successivamente è ammessa. Il secondo: l’art. 2723 ( Patti posteriori alla formazione del documento. - Qualora si alleghi che, dopo la formazione di un documento, è stato stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di esso, l'autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni soltanto se, avuto riguardo alla l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 del teste ese esso debba essere escluso. Finalmente il giudice procede all’ interrogatorio. Di regola dovrebbe rivolgere le domande secondo l’ articolazione ammessa, anche se gli permessofare tutte le domande che ritiene utili per chiarire e precisare i fatti su cui il testimone è chiamato a deporre, infatti il giudice è l’ unico responsabile dell’ audizione, non essendo consentito alle parti eal P.M. di interrogare direttamente i testimoni. Tendenzialmente la prova testimoniale ha per oggetto fatti. Si usa il termine “ tendenzialmente “ perché spesso la narrazione del teste è arricchita da valutazionipersonali, tanto che si parla in questo caso di testimonianza tecnica. Il giudice deve: - impedire che il teste riporti voci comuni o che proponga degli apprezzamenti , salvo che nonsia impossibile scinderli dalla deposizione dei fatti; - attenersi durante l’ interrogatorio ai fatti specifici e determinati; - evitare domande suggestive o che possono nuocere alla sincerità delle risposte Il giudice può in caso di divergenze tra testimoni può, anche d’ ufficio , disporre il confronto esaminare i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o correggere le irregolarità verificatesi nel precedente esame; - disporre che siano ascoltati i testimoni che aveva precedentemente ritenuto superflui; - disporre d’ ufficio che siano sentite persone a cui hanno fatto riferimento alcuni testimoni; - autorizzare il testimone a servirsi di note o appunti quando deve fare riferimento a nomi o a cifre. D Verbalizzazione A seguito dell’assunzione dei mezzi di prova si redige il verbale sotto la direzione del giudice, il quale, qualora lo ritenga opportuno , descrive il comportamento della parte e del testimone. Le dichiarazioni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive Nel processo del lavoro è consentito sostituire il verbale con una registrazione su nastro delle deposizioni dei testi, registrazione che è elemento di maggiore garanzia di conformità della dichiarazione. Anche il verbale come l’ interrogatorio è uno strumento molto delicato ed è per questo necessarioun certo distacco rispetto all’ oggetto della ricerca. Sezione Quarta LA CONFESSIONE Nozione della confessione Anche la confessione come la testimonianza e il giuramento è una prova costituenda, che è quella prova formata soltanto nel processo mediante l’ assunzione del mezzo di prova ( mentre le prove documentali, già precostituite prima del processo sono fissate, nella loro immodificabilità, in un documento idoneo a contenerle). La Confessione, ai sensi dell’art. 2730 del c.c., è una dichiarazione di scienza che una parte fa della verità di fatti rilevanti per il processo ad essa sfavorevoli e favorevoli alla controparte. La disciplina della confessione si basa sulla regola dell’esperienza, secondo cui il legislatore parte dal presupposto che, la parte venuta in lite giudiziale con un’altra, non dichiari circostanze a sé sfavorevoli, se queste non sono vere. La fiducia apportata dal legislatore alla confessione è maggiore rispetto ad esempio ad una prova testimoniale, tant’è, che a differenza della prova testimoniale, la confessione è una prova legale, cioè non è liberamente apprezzabile dal giudice, bensì il giudice deve prenderne atto e quindi uniformare la propria decisione ai risultati di tale prova. Possono confessare colore che hanno la disponibilità del diritto (art. 2731). Forma piena prova contro l’altra parte. Piò essere giudiziale o stragiudiziale (art. 2730). Può essere revocata solo se prova che è stata resa per violenza (sotto minaccia) o errore di fatto (ha inteso male) (art. 2732); altrimenti non revocabile. È giudiziale se resa in giudizio. In caso di litisconsorzio NECESSARIO se è solo uno a confessare è liberamente apprezzabile dal giudice e NON sarà prova legale (art. 2733). Valore degradato da l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 prova legale a prova libera. Art. 2734 -> oltre ai fatti di cui all’art. 2730 si aggiungono quelli tendenti ad infirmare l’efficacia negativa del fatto contestato. Ex. È verò che ti devo 100€ ma tu me ne devi 50€ (DICHIARAZIONE COMPLESSA DUPLEX) – eccezione di compensazione. Che valore dare? Prova legale. Presupposto: dare la stessa efficacia/valore a tutte le dichiarazioni confessionali. Se il convenuto NON contesta i fatti dell’attore allora è tutta prova legale, se contesta è tutto LIBERAMENTE APPREZZABILE: c’è l’incontro tra 2 DICHIARAZIONI CONFESSORIE. Art. 2725 1 co. -> CONFESSIONE STRAGIUDIZIALE. Se fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria (PROVA LEGALE). Se fatta a un terzo o contenuta in un testamento è LIBERAMENTE APPREZZABILE dal giudice (PROVA LIBERA). Art. 2735 2 co. -> Non piò provarsi fra testimoni o se fatta su fatti non ammissibili dalla legge (fatti illeciti). 14 L’irretrattabilità della confessione e la disponibilità dei diritti Il legislatore non ha ignorato che attraverso la confessione è possibile pervenire indirettamente alla disposizione di diritti controversi, e per questo motivo ha inserito la confessione tra le dichiarazionidi scienza, rispetto la volontà ha un rilievo particolare. Alla base della confessione c’è il cosiddetto animus confitendi, e cioè, la parte che confessa ,il confidente, deve essere libero e consapevole nel momento in cui emette la sua dichiarazione ( volontà dell’ atto ), ma non deve altresì essere libero e consapevole di scegliere uno strumento idoneo a produrre determinate conseguenze ( volontà degli effetti ). L’animus confitendi serve per distinguere le dichiarazioni confessorie da quelle rese a mo’ d' esempio o per gioco, comunque senza la consapevolezza di renderle. Per questo motivo, alla base di ciò, è previsto il principio della irretrattabilità della confessione, secondo cui, una volta chequeste dichiarazioni sono rese dalla parte nel processo, queste escono fuori dal potere del soggetto di disporne,diventando materiale utilizzabile autonomamente nel processo e per il processo. L’ unico modo per toglierle valore, o come dice l’art. 2732 c.c., per revocata, è quello di contestare che nel momento in cui è resa, fu resa liberamente o sulla base di una conoscenza dei fatti corrispondenti al vero: nel 1° caso manca la volontà di dichiarare, nel 2° caso manca proprio la dichiarazione di ciò che la parte riteneva vero. Nessuna influenza ha l’ errore di diritto, in quanto comunque si tratta di prova e alla base della prova ci sono dei fatti (errore di diritto nel caso della confessione: ignoranza sulle conseguenze giuridiche della propria dichiarazione). Affinché la confessione valga come prova legale, deve vertere su diritti disponibili ( c.d. disponibilità in senso oggettivo : art. 2733 com.2 ), ed il confidente deve poter disporre del diritto a cui i fatti contestati si riferiscono ( c.d. disponibilità in senso soggettivo: art.2731 C.c. ) - La confessione di chi non ha il potere di disporre non è ammessa , in quanto in questo caso mancando il diritto soggettivo di cui disporre o la libera e consapevole volontà del dichiarare, manca la confessione - La confessione relativa a diritti indisponibili non forma piena prova, ma è sottoposta al libero apprezzamento del giudice. Per quanto riguarda la indisponibilità bisogna distinguerla in oggettiva e soggettiva. L’ indisponibilità in senso oggettivo impedisce la piena efficacia probatoria della confessione e si è soliti ricondurla alle norme inderogabili o cogenti; L’ indisponibilità in senso soggettivo invece, non ammette la confessione, perché manca la libera e consapevole volontà del dichiarare, e ha delle conseguenze specifiche: l’ incapace non può confessare: potrebbe farlo il rappresentante legale se fosse ammesso a disporre del diritto controverso e se fosse a conoscenza dei fatti di causa; il relativamente incapace non può confessare da solo, ma la sua confessione deve essere l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 integrata dall’ assistenza dl curatore; il rappresentante volontario non può confessare a meno che non gliene sia stato espressamente conferito il potere; il sostituto processuale non può confessare ,in quanto la disponibilità del dirittocontroverso spetta al sostituto; la persona giuridica può confessare e lo fa per bocca dell’ organo competente amanifestare all’ esterno la volontà delle persone. Un caso particolare è quello del fallito che viene equiparato, dall’ art. 43 l. fall., all’ incapace. In realtà il fallito non diventa incapace, ma la sua indisponibilità è di tipo soggettivo, di conseguenza , egli non può confessare perché non è parte, ma nei casi in cui può acquistare la qualità di parte, potrà rendere dichiarazioni confessorie liberamente valutabili dal giudice ai sensi dell’ art. 2733 com. 2. Diverso è il caso del debitore il cui bene pignorato sia oggetto di controversia con terze persone. Se la controversia è anteriore al pignoramento, il problema non si pone, se la controversia è nata successivamente , nessuna norma di legge limita il potere processuale del debitore esecutato. In caso di litisconsorzio necessario , l’ art. 2733, ha equiparato tale situazione all’ indisponibilità oggettiva,( e quindi non sono tutti i litisconsorzi che devono insieme disporre del diritto, ma è il diritto che non può essere oggetto di disposizione del singolo litisconsorzte, ) in considerazione del rilievo che il vincolo , è esclusivamente processuale di conseguenza la confessione resa da uno solo dei litisconsorti, viene liberamente valutata dal giudice. 15.- L’ INTRODUZIONE DELLA DICHIARAZIONE CONFESSORIA NEL PROCESSO Accanto alla confessione giudiziale, resa quindi nel processo ( art. 2733 C.c. ) l’art. 2735 C.c , prevede dichiarazioni confessorie rese fuori dal processo, le c.d. confessioni stragiudiziali. Art. 2733: Confessione giudiziale. - [1] È giudiziale la confessione resa in giudizio Essa forma piena prova contro colui che l'ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non disponibili. In caso di litisconsorzio necessario [102 c.p.c.], la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice ). Art. 2735: [1] La confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi la rappresenta ha la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale. Se è fatta a un terzo o se è contenuta in un testamento è liberamente apprezzata dal giudice [116 c.p.c.]. La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni, se verte su un oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge. La confessione giudiziale può essere contenuta in qualsiasi atto firmato personalmente dalla parte, e prende il nome di confessione spontanea oppure può essere la conseguenza delle risposte date dalla parte in sede di interrogatorio formale, e in questo caso prende il nome di confessione provocata.( art.228 ). In riferimento alla confessione provocata dobbiamo fare una distinzione tra interrogatorio libero ed interrogatorio formale e , solo le risposte le risposte all’ interrogatorio libero possono essere utilizzati come argomenti di prova, mentre le altre possono dar vita alla prova legale. La differenza si giustifica in ragione del fatto che con l’ interrogatorio libero ci si vuole servire della collaborazione delle parti per delimitare il tema della lite ed indicare i fatti realmente controversi, mentre con l’ interrogatorio formale si cerca di verificare la verità dei fatti controversi. L’ interrogatorio formale deve essere dedotto “ per articoli separati e specifici”, in modo che il giudice non solo possa valutarne la rilevanza e l’ ammissibilità ma, soprattutto che la parte interessata possa, con piena coscienza e ponderazione , preparare le risposte , consapevole dl valore che queste potranno assumere; a tale scopo, quindi, le domande non possono riguardare fatti diversi, salvo la possibilità del giudice di chiedere chiarimenti e, per le parti, di concordare l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 17 LA DECISORIETA’ E L’ AMMISSIBILITA’ DELLA DICHIARAZIONEGIURATA Il giuramento deve riguardare fatti decisivi, e cioè fatti dalla cui fissazione possa dipendere la totale o parziale decisione della causa. Per stabilire la decisorietà del giuramento è importante decidere il giuramento de veritate, con il quale la parte dichiara fatti di cui è protagonista, dal giuramento de notizia, con il quale il giurante dichiara fatti comuni a entrambe le parti. La formulazione del primo determina risposte necessariamente decisive, il secondo sarà deciso solo nel caso di risposta positiva. Nel caso di risposta negativa sarà accertato, senza che sia ammessa prova contraria, che la parte non conosce la circostanza della quale si dovrò dare prova in altro modo. L’ art. 2960 ammette che il giuramento relativo al fatto che il debito sia stato estinto , possa essere deferito agli eredi nella formula “ de notizia “, ma se gli eredi dichiarano di non sapere nulla al riguardo, il debitore è destinato a perdere la causa, no0n ammettendo la norma citata , il ricorso ad altri strumenti probatori. Il giudice è tenuto a valutare che i fatti su cui la parte deve giurare riguardino un oggetto ammissibile . L’ art. 2739 C.c. esclude che possa deferirsi o riferirsi giuramento: - per la decisine di cause relative a diritti indisponibili per le parti; - se attiene ad un atto illecito; - riguardo ad un fatto per cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam; - per negare un fatto risultanta da un atto pubblico. 18 FORMA E TEMPI DEL DEFERIMENTO.GIURAMENTO SUPPLETORIO Il deferimento è una dichiarazione resa personalmente dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale, dinanzi al giudice istruttore, in qualunque stato della causa ,che la verbalizza. Ciò ci fa precisare che non può essere presentata quando la causa sia stata rimessa al collegio; né può essere rivolta in Cassazione dove non esiste giudice istruttore. Altrove è sempre possibile, anche quando la legge preveda limitazioni probatorie, come avviene perl’ Appello. Una volta che la dichiarazione è assunta al processo, il giudice deve decidere la lite o la parte dellalite interessata, sulla base di tale dichiarazione e dando ragione a chi ha giurato. Come già sappiamo una volta che la parte ha dichiarato, non può più ritrattare, ma questa norma non è convalidata da nessuna norma espressa, ma discende dall’ art. 2738 C.c., secondo il quale la falsità del giuramento esclude chesi possa chidere la revocazione della sentenza,ma rende possibilela sola azione risarcitoria. Accanto al giuramento decisorio, la legge ammette anche il giuramento deferito d’ ufficio.. L’ art. 2736 individua due ipotesi: - Quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova ( giuramento suppletorio ); - Quando si deve stabilire il valore della cosa domandata, se non lo si può accertare diversamente ( giuramento estimatorio art. 241 ). Il giuramento suppletorio è uno strumento di correzione alla regola fondata sull’ onere della prova, in quanto piuttosto che fare ricorso a tale regola, il giudice , valutando che la prova è insufficiente, invece che rigettare completamente la domanda, apre la strada ad un estremo tentativoprobatorio , qual è appunto il giuramento deferito d’ ufficio.( c.d. semipiena probativo ) Si comprende quindi la ragione per la quale il giuramento non può che essere deferito dal giudice della decisione. A seguito della novella del 1990, che ha modificato l’ art. 240 C.p.c..,il giudice può essere il Collegio “ nelle cause riservate alla decisione collegiale”, oppure il giudice unico. Sono sorti dubbi sulla legittimità costituzionale del giuramento suppletorio, perché la valutazione sull’ esistenza di una prova insufficiente è affidata alla incompatibile discrezionalità del giudice e anche perché questi può scegliere liberamente la parte a cui deferire il giuramento, la Corte, tuttavia , ha affermato che, sia pure con tutti i suoi difetti, lo strumento in questione può essere utileai fini del giudizio. Quanto al giuramento estimatorio, che si qualifica come una sottospecia di quello l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 suppletorio, vadetto che il giudice , nel deferirlo, deve determinare anche la somma fino alla quale il giuramentoavrà efficacia. ( c.d. taxatio ). Sezione Sesta Gli altri strumenti istruttori Indizi Non ci sono nel C.p.c disposizioni che regolano gli indizi, tuttavia la loro utilizzabilità non può essere contestata. L’ indizio può essere definito come il fatto noto che consente al giudice di risalire al fatto ignoto. L’ art. 2727 C.c. attribuisce espressamente al giudice di ricavare dal fatto “fatto noto” elementi di convincimento che , chiama presunzioni , dal “ fatto ignoto “rilevante per il processo. Il codice non definisce quale sia il fatto noto, o indizio, dal quale è possibile ricavare quello ignoto, poiché l’ indizio è inevitabilmente legato alle vicende del processo. Si limita semplicemente a dire all’ art. 2729 che le presunzioni e non gli indizi , e quindi le conclusioni e non le premesse del ragionamento, devono essere “ gravi, precise e concordate”. Per quanto riguarda l’ ammissione degli indizi nel processo, l’ art. 2729 C.c. stabilisce due regole: - il giudice deve adoperare la sua prudenza , che non è diversa da quella che in genere deve usare per valutare le prove libere; - gli indizi non possono essere utilizzati nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni La dottrina ha integrato questa disciplina introducendo nuovi principi, non possono essere utilizzate come indizi le prove ottenute illecitamente; possono essere utilizzate come indizi le prove atipiche e quelle innominate. Argomento diverso sono le presunzioni legali, disciplinate dall’ art. 2728 C.c. e suddivise in relative e assolute. Le prime si risolvono in un’ inversione dell’ onere della prova, ma non toccano l’ onere dell’ allegazione ; ciò vuol dire che la parte deve allegare il fatto presunto, ma non è tenuto a provarlo.Le seconde sono delle vere e proprie disposizioni sostanziali. 20 Ispezione, perquisizione, riproduzioni ecc Tra gli strumenti istruttori di cui il giudice dispone d’ ufficio, viene in rilievo l’ ispezione di personao cosa , con il quale il giudice introduce nel processo il risultato di una sua osservazione diretta di quegli oggetti di cui solo in questo modo è possibile estrarre notizie rilevanti ai fini della decisione. Infatti l’ ispezione può essere proposta solo se è indispensabile. Elementi impeditivi dell’ ispezione sono: - il danno grave che da tale ispezione può derivare alla parte o del terzo; - il mancato consenso della parte , infatti il legislatore non può disporre un’ ispezione coattiva, per cui si limiterà a desumere argomenti di prova dal rifiuto della parte e a sanzionare lievemente il rifiuto del terzo. Il modus procedendi dell’ ispezione è stabilito negli artt. 258 ss.; essa è disposta in ogni stato e grado del processo, di solito dal giudice istruttore, con ordinanza motivata. Vi procede o dovrebbe procedere personalmente il giudice istruttore, e se qualora la parte rifiuti, senza giustificato motivo, di eseguire l’ ordine, il suo comportamento sarà valutato come argomento prova, art. 116; se è il terzo a rifiutare, il giudice lo condanna ad una lieve pena pecuniaria ( diecimila lire )Il giudice: - può farsi assistere da un consulente tecnico; - deve provocare il contraddittorio tra le parti, - deve redigere un processo verbale , nel quale descrive i rilievi che ha ritenuto opportuno fare L’ art. 260 dà autonomo rilievo all’ ispezione corporale, che può essere demandata ad un consulente tecnico. Nell’ ambito delle ispezioni corporali rientrano anche le indagini sul sangue e sul DNA ai fini della l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 ricerca della paternità nei giudizi per il riconoscimento o per il disconoscimento della genitura naturale. L’ art. 260 raccomanda che all’ ispezione corporale si proceda con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona. Situazioni impeditive sono le stesse, e cioè : - il danno grave che da tale ispezione può derivare alla parte o del terzo, - il mancato consenso della parte , infatti il legislatore non può disporre un’ ispezione coattiva, per cui si limiterà a desumere argomenti di prova dal rifiuto della parte e a sanzionare lievemente il rifiuto del terzo. Oltre all’ ispezione , l’ art. 261 disciplina le riproduzioni, le copie e gli esperimenti. Con le prime il giudice ottiene che sia acquisita al processo una copia della cosa che è sta o sarà oggetto di ispezione. Con i secondi, gli esperimenti, il giudice cerca di ottenere la riproduzione dinamica di u determinatofatto, per controllare se lo stesso possa essersi verificato e che modo ( es. incidente stradale ). 21.- Consulenza tecnica Mentre nella tradizione anglosassone non c’ è differenza tra testimone e consulente, per cui il primoal pari del secondo , risponde alla domande dei difensori, riferendo su fatti e circostanze che sono disua conoscenza. Nel nostro ordinamento queste due figure ( testimone e consulente ) sono ben distinte. Il testimone espone fatti di cui è venuto accidentalmente a conoscenza prima e al di fuori del processo. Il consulente si forma determinate conoscenze, per acquisire le quali sono necessarie particolaricompetenze tecniche, in funzione del processo e su incarico del giudice. Per il nostro legislatore più che la consulenza esiste il consulente tecnico, che è considerato un coadiutore del giudice, e grazie al quale il giudice notare fatti o circostanze che altrimenti non avrebbe notato. Da questo si evince chiaramente che la consulenza tecnica non è un mezzo di prova, ma uno strumento istruttorio utilizzabile anche d’ ufficio. In relazione alla modalità di attuazione bisogna ricordare che le operazioni di consulenza si compiono fuori dall’ udienza e anche senza il direttocontrollo del giudice e che la sua forma espositiva e la relazione scritta , da depositare nella cancelleria entro il termine fissato dal giudice devono essere garantiti il contraddittorio e la difesa la nomina del consulente o dei consulenti deve essere fatta garantendone la terzietà e lacapacità. Se il consulente modella la sua attività su quella del giudice e , nei limiti del mandato conferitogli, può chiedere, se autorizzato, chiarimenti alle parti, assumere informazioni daterzi e eseguire calchi e rilievi ( non diversamente da quanto il giudice fa in caso di ispezione ). il consulente svolge una funzione di accertamento , tipica della prova diretta, a cuinormalmente si accompagna una valutazione , che è tipica della prova critica. Il nostro codice qualifica la figura del consulente come “ testimone a posteriori”, una sorta di intermediario necessario, di traduttore di una realtà che il giudice deve controllare , e che puòcondividere o non condividere. -Nel primo caso sarà sufficiente farne propri i risultati, ed in questo caso il successivo controllo da parte del giudice dell’ impugnazione avrà ad oggetto la motivazione del consulente; -Nel secondo caso dovrà sufficientemente e adeguatamente motivare il suo dissenso, in questo caso il successivo controllo da parte del giudice dell’ impugnazione riguarderà direttamente la motivazione del giudice. 22. - Il rendimento dei conti Il rendiconto dei conti non è in realtà un mezzo di prova, ma uno speciale procedimento istruttorio, nel quale trovano applicazione i principi sull’onere della prova e sui mezzi per la sua assunzione ( artt. 263 ss.). Ci sono rapporti giuridici nei quali un soggetto è tenuto o abilitato a gestire affari altrui, e per conseguenza deve rendere il conto a colui per il quale ha gestito o l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 DISTINGUIAMO: - PROCESSO DINANZI AL TRIBUNALE CON DECISIONE AFFIDATA ALGIUDICE SINGOLO I modelli decisori per la trattazione innanzi al giudice monocratico sono due: il primo regolato dall’art 281 quinquies, è quello della“ Decisione a seguito di trattazione scritta o mista”. In questo caso il giudice dopo la precisazione delle conclusioni a norma del 189 dispone lo scambio: - delle comparse conclusionali ( la comparsa conclusionale è un atto scritto in cui la parte precisa le conclusioni, che sono i provvedimenti che si richiedono al giudice sulla base della domanda originaria) , da depositare entro il termine perentorio di 60 giorni dalla udienza di precisazione delle conclusioni ; - e delle memorie di replica da depositare nei 20 giorni successivi; Il giudice deposita la sentenza in cancelleria nei 30 giorni successivi. Il II° Co. prevede una variante a quanto disposto dal comma precedente , in virtù della quale: una qualsiasi delle parti può chiedere la discussione orale della causa. In tal caso le parti possono solo: - scambiarsi le comparse conclusionali nel termine di 60 giorni, avendo la possibilità di replicare nell’udienza di discussione, che il giudice deve fissare non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse. Mentre i termini per le parti sono perentori e quindi comportano decadenze, perentori non lo sono, invece, i termini per il giudice. Infatti fissare una preclusione a carico del giudice non avrebbe alcun senso perché ricadrebbe adanno delle parti che dovrebbero ricominciare da capo. Il secondo modello è disciplinato dall’art 281 sexies : quest’ultimo ha introdotto nel processo davanti al giudice in composizione monocratica, la “decisione a seguito di trattazione orale”. L’art 281 sexies stabilisce che il giudice può ordinare, fatte precisare le conclusioni, la discussione orale della causa nella stessa udienza, o su istanza di parte nell’udienza successiva.Secondo VERDE questo vuol dire che il giudice può ricorrere al meccanismo della trattazione orale solo se tutte le parti siano presenti, infatti, il differimento della discussione è facoltà assicurata ala parte costituita (e non anche al contumace). Tale articolo prevede inoltre che: - il giudice pronunci la sentenza al termine della discussione; - la sentenza si intenda in tal caso pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice con verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria. PROCESSO DINANZI AL TRIBUNALE CON DECISIONE AFFIDATA ALCOLLEGIO. Il caso è regolato dagli art 190 e 275.Le parti devono depositare : - le comparse conclusionali entro il termine perentorio di 60 giorni dalla rimessione della causa al collegio , oppure entro il termine più breve fissato dal G.I. non inferiore a 20 giorni; - e le memorie di replica nei 20 giorni successivi. Segue il deposito della sentenza. L’art 275 offre a ciascuna delle parti una facoltà ulteriore. Le parti, all’udienza di precisazione delle conclusioni, possono chiedere la discussione orale della causa. Il legislatore è ostile a questa forma di oralità in quanto ritiene il meccanismo macchinoso. Infatti, le parti continuano ad avere i termini di 60 e 20 giorni per il deposito delle difese scrittema la parte che ha richiesto la discussione orale alla scadenza di tale termine deve riproporre l’istanza al presidente del tribunale. In tal caso il presidente fissa con decreto la data dell’udienza di discussione da tenersi entro 60 giorni. La sentenza poi dovrà essere depositata 60 giorni successivi all’udienza di discussione. Il meccanismo è macchinoso, in quanto, se la ratio legis era quella di rendere possibile alla parte di confermare la propria richiesta dopo aver letto gli scritti avversari,questa ratio non ha trovato nella formulazione della norma uno strumento attuativo l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 idoneo. Infatti la parte è costrettaa riproporre l’istanza senza aver avuto la possibilità di leggere le repliche dell’avversario. PROCESSO DINANZI AL GIUDICE DI PACE. La fase decisoria è disciplinata dal nuovo articolo 321 secondo cui: “il giudice di pace,quando ritiene la causa matura per la decisione,invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa. La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 giorni dalla discussione“. Dalla norma emerge che: - non è previsto che il giudice debba preavvisare le parti sulla sua intenzione di fare precisare leconclusioni e far discutere la causa. - il legislatore, nella consapevolezza che sarebbe stato difficile per un giudice non tecnico decidere subito e in udienza , ha dato al giudice di pace un termine di 15 giorni dalla discussioneper il deposito della sentenza. 4 Rapporti tra giudice unico e collegio Il sistema in vigore è caratterizzato, in realtà, da un grosso problema .Infatti, la certezza su chi debba decidere la causa (giudice unico o giudice collegiale) si ha solo al momento della decisione, non essendo prevista alcuna valutazione preliminare. I rapporti tra giudice unico e collegio sono contenuti nell’art 281 septies introdotti dal D. lgs. N. 51/98. Il legislatore del 1998 ha scisso in tre articoli il contenuto del previgente art. 274-bis limitandosi a qualche modificazione soltanto formale. L’ultimo comma dell’art. 27-bis invece, ha formato materia del nuovo art. 50 quater. Le ipotesi disciplinate dalla legge sono 3: il collegio ritiene che la causa è a trattazione monocratica - Art 281 septies: se il collegioin sede di decisione ritiene che la causa a lui rimessa deve essere decisa dal tribunale in composizione monocratica, restituisce la causa a quest’ultimo con ordinanza non impugnabile. Questi provvede ai sensi del 281 quater quinquies sexies. Da questa disciplina si evince che: - il provvedimento del collegio vincola il giudice e parti, i quali non possono opporsi al provvedimento anche se non lo condividono (infatti, il giudice dovrà comunque pronunciare la sentenza e le parti potranno far valere il loro dissenso in sede di impugnazione). - e che se le parti hanno presentato le loro memorie ed eventualmente discusso la causa, questa causa andrà ripetuta davanti al giudice unico. Il giudice unico ritiene che la causa è a decisione collegiale -Art.281 octies: se, invece, è il giudice unico che in sede di decisione si convince che la causa deve essere decisa dal collegio, provvede a norma degli art 187 188 189. In questa fase il giudice ha già invitato le parti a precisare le conclusioni e queste sono state già precisate, cosicché il giudice dovrebbe limitarsi a rimettere le parti al collegio per la decisione. La complicazione nasce dal fatto che il legislatore ha previsto modelli decisori differenziati davanti al giudice unico e davanti al collegio. Infatti,siccome potrebbero sorgere problemi per quanto riguarda la trattazione orale della causa prevista per il collegio dall’art. 275 e per il giudice unico dall’art. 281 sexies, si ritiene che il giudice unico qualora si convinca che la causa debba essere decisa dal collegio ,debba rimettere le parti dinanzi a sé e far riprendere il processo dal momento in cui furono precisate le conclusioni. La convivenza di cause rimesse a decisione monocratica e collegiale. L’art. 281 nonies disciplina il caso in cui si trovino a convivere dinanzi allo stesso giudice più cause connesse,di cui alcune a decisione del giudice unico e altre a decisione collegiale. Il legislatore privilegia la trattazione e la decisione unitaria, affidando quest’ultima al collegio(legittimazione assorbente). La riunione viene disposta con ordinanza e spetta allo stesso giudice istruttore. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 Dopo la Riforma Cartabia. La Riforma riguarda oltre alle norme del cpc anche quelle del codice civile e delle leggi speciali in materia di contenzioso civilistico, contenzioso familiare.. Nasce Dai lavori della commissione ministeriale cui presidente Luiso alla quale il ministro di giustizia ha chiesto nel 2022 di predisporre un articolato di legge delega e nel giro di due mesi ha consegnato la formulazione di principi e di norme. Un lavoro non completamente recepito dalla legge delega 206/2021, sulla base della quale è stato promulgato il d. lgs 149/2022 che ha portato tutte le modifiche. Tale legge di bilancio ha anticipato l'entrata in vigore a giugno 2023. Come già detto non tutte è stato recepito. Una delle massime considerazioni è quella del nuovo rito semplificato di cognizione. Nella ti servono legge delega si consigliava di sostituire il procedimento sommario di cognizione con un rito di cognizione da anticipare nell'ambito del procedimento di cognizione, sulla falsariga del vecchio procedimento sommario di cognizione contemporaneamente abrogato. Si parla di processo semplificato di cognizione non più processo sommario il quale concorre col procedimento di condizioni ordinaria. Per alcuni cause è possibile scegliere alternativamente tra i due. Per ragioni di sintesi la nuova disciplina recan vuoti normativi da riempire. Art. 281 decies 1 co. “ambito di applicazione”. Intanto io ho l'obbligo di avviare il processo in tali condizioni, quanto poi il convenuto non le contesterà. Ma si contesta il giudice pronuncerà un provvedimento di trasformazione dal rito semplificato a quello ordinario (giudizio prognostico. Proposta Effettuata al tribunale con composizione monocratica Quando ricorrono tali condizioni. Art. 281 decies 2 co. La domanda può essere proposta nelle forme del procedimento semplificato quando il tribunale decide in composizione monocratica. Cioè lattore può azionare la domanda in tale modo (diritto processore di scegliere anche al di fuori dei casi indicati nel 1 co.). A tale diritto non corrisponde il diritto alla trattazione -> sarà il giudice a decidere se tale causa possa essere decisa con tale forma. Nel momento in cui il giudice modifica il rito rispetto a come è stata proposta la causa resteranno ferme le preclusioni. Se introduco la domanda con rito semplificato resteranno ferme le preclusioni maturate relative al rito prescelto e viceversa. Art 281 undecies 1 co. “forma della domanda e costituzioni delle parti”. La domanda verrà proposta in forma di ricorso, il quale dovrà essere depositato nella cancelleria del giudice competente che lo notificherà al convenuto. Il contenuto del ricorso deve indicare: 1) indicazione del tribunale; 2) dati dell'attore e del convenuto; 3) oggetto della domanda (causa petendi) 4) 3 bis se la materia (oggetto della causa) e condizioni di procedibilità bisogna prima scrivere che è stata soddisfatta la condizione di procedibilità stessa; 5) fatti ed elementi di diritto; 6) mezzi di prova; 7) dati del procuratore NB: la condizioni di procedibilità soddisfatta per la materia oggetto della controversia è una delle novità aggiunte. Art. 281 undecies 2 co. -> Il giudice fissa la data di prima udienza e l'attore notifica ciò al convenuto, il quale deve costituirsi non oltre 10 giorni prima dell'udienza. Il convenuto si costituisce mediante comparsa di risposta nella quale scrive le difese e prenderà posizioni chiare e specifiche sui fatti posti dall’attore. PRINCIPIO NON CONTESTAZIONE. Quelli che non contesta dal giudice vengono presi in considerazione come esistenti, dunque, tale comparsa segna preclusioni relative al principio di non contestazione in quanto se non contestati tutti i fatti che si vogliono contestare non possono più essere contestati in seguito salvo eccezioni. L’indicazione dei mezzi di prova comporta che se non lo faccio non potrò più farlo in seguito quindi l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 decisione nel merito , l’art 276, va letto in collegamento con i successiviarticoli: 277, 278 e 279. Art. 277 c.p.c.: PRONUNCIA SUL MERITO. I°C. Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni , definendo il giudizio. II°C. Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell’art.187 I°C., può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria una ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza. Dall’art. 277 I°C. emerge una regola: in virtù della quale la decisione di merito deve essere tale da definire il giudizio. Nel senso che per ogni grado di giudizio ci deve essere una sola sentenza. Ma, questa, come tutte le regole soffre d’eccezione ammessa dallo stesso art. 277 al II°C. Infatti secondo tale norma quando si tratta di un giudizio con cumulo oggettivo (più domande), se il collegio ritiene che alcune soltanto delle domande sono mature per la decisione mentre le altre necessitano d’istruzione, può eccezionalmente risolvere solo quelle mature, ovviamente se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne fa istanza. E’ evidente che si tratta di un’eccezione alla regola generale di cui al I°C., perché in questo caso nello stesso grado di giudizio ci saranno più sentenze visto che quando le altre domande saranno mature per la decisioneil giudice pronuncerà altra sentenza. Art. 278: CODANNA GENERICA –PROVVISIONALE Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo persegua per la liquidazione. Dall’art. 278 emerge un’altra eccezione alla regola generale di cui all’art. 277 I°C., infatti, ilcollegio pronunciando con sentenza la condanna generica alla prestazione non definisce il giudizio, anzi dispone con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione del quantum.E’ evidente che si tratti di un eccezione perché in questo caso nello stesso grado di giudizio ci saranno più sentenze, visto che quando sarà certo il quantum il collegio si pronuncerà per stabilirne la liquidazione. Art.279 : FORMA DEI PROVVEDIMENTI DEL COLLEGIO. I° Il collegio quando provvede soltanto su questioni relative all’istruzione della causa, senzadefinire il giudizio, pronuncia ordinanza. II° Il collegio pronuncia sentenza: - Quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione o di competenza; - quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito; - quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito; - quando decide solo alcune cause fino ad allora riunite. Dall’art.279 emerge che il collegio si pronuncia con ordinanza solo quando provvede su questioni relative all’istruzione della causa; mentre il collegio, quando, provvede : - su questione di giurisdizione e competenza, - su questioni pregiudiziali o preliminari di merito, - decidendo totalmente il merito - decidendo solo una delle cause fino ad allora riunite;si pronuncia con sentenza. Sentenza che avrà effetto diverso a seconda della decisone. Ad esempio poniamo il caso di una questione di giurisdizione. Se il giudice nega la sua giurisdizione, pronuncerà una sentenza definitiva concui si spoglierà della causa chiudendo il giudizio innanzi a se. Se il giudice afferma la sua giurisdizione, pronuncerà sentenza non definitiva con cui non chiuderà il giudizio che proseguirà innanzi a se e nel medesimo grado delgiudizio. E’ evidente che anche in quest’ultimo l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 caso, il giudizio non si definirà con la pronuncia di un'unica sentenza, visto che il processo proseguirà innanzi allo stesso giudice e nel medesimo grado del giudizio. Possiamo concludere affermando che: dal combinato disposto dell’art. 277 2°comma, 278, 279 emergono delle eccezioni alla regola generale ( espressa nel I° C. del 277) secondo cui per ogni grado di giudizio ci deve essere una sola sentenza. Visto che da tali norme appare evidente la possibilità di più pronunce nel medesimo grado di giudizio. E’ di fondamentale importanza distinguere le sentenze definitive dalle sentenze non definitiveperché diverso è il loro regime d’impugnazione. LE S. DEFINITIVA E S. NON DEFINITIVA E IL LORO DIVERSO REGIMEGIURIDICO D’IMPUGNAZIONE. Specificazione: ( Distinguere la forma del provvedimento riveste un importanza fondamentale, in quanto a secondadella forma diverso è il regime giuridico: -LE ORDINANZE sono provvedimenti a contenuto meramente ordinatori ad efficacia endoprocedimentale , incapaci di incidere sui diritti sostanziali delle parti; sono revocabili e modificabili dal giudice e quindi non impugnabili dalle parti,e non possono mai pregiudicare il merito della causa; -LE SENTENZE sono provvedimenti a contenuto decisorio che incidono sui diritti sostanziali delle parti, ed hanno di regola attitudine a passare in cosa giudicata(e quindi ad acquisire efficacia anche fuori del processo),consumano la potestas iudicandi di chi le ha pronunciate(perché nn potrebbe modificarle o revocarle) e sono soggette ai mezzi di impugnazione, cosicché la mancata e tempestiva impugnazione determina l’impossibilità di farvalere il vizio. Il giudice è tenuto a motivare il provvedimenti illustrando le ragioni di fatto e di diritto poste dal giudice a fondamento della propria decisione. L’obbligo di motivazione si inserisce tra i principi garantiti dalla costituzione,art 111 comma 6 ). 7. Le sentenze definitive e non definitive Chiovenda assume che nella tradizione romana, la sententia costituiva l’atto finale del iudicium e che fu tenuta ben distinta dalle pronunce necessarie ne corso del giudizio (interlocutiones). Nel processo germanico invece, era sentenza l’atto con cui era risolta una qualsiasi questione, anche quella processuale . Nel corso degli anni, il diritto comune ha subito l’influenza del diritto germanico e le interlocutiones sono diventate sententiae interlocutoriae, e prendono dalla sentenza non solo la forma e il nome ma le proprietà(impugnabilità,produzione di cosa giudicata etc.). Con la sistemazione del codice del 1865, Chiovenda individuava vari tipi di sentenze: - le sentenze definitive processuali e di merito - le interlocutorie: pronunce che nel corso del processo, provvedevano su di una domanda o su di una eccezione. Queste si distinguevano in: b1)incidentali: che provvedevano nel corso del processo su questioni di carattere processuale: di competenza,legittimazione delle parti ecc. ; b2) preparatorie : che regolavano lo svolgimento del processo: es. provvedimento di mutamento del rito; b3) provvisionali: che provvedevano su domande di misure cautelari e provvisorie b4) interlocutorie in senso proprio: che riguardavano la formazione del materiale di cognizione es. provvedimenti sulle prove. L’ordinanza invece era di regola lo strumento utilizzabile quando era necessario( per il proseguimento del processo) , un provvedimento del magistrato senza che tuttavia fosse da risolvere una questione tra le parti ( tipico il caso del provvedimento che fissa una udienza). Alla base della tradizione Romana : vi era l’esigenza di collegare ala sentenza la soluzione dellalite l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 e, quindi , il passaggio in giudicato del provvedimento di merito. Alla base della tradizione Germanica : si collegava alla sentenza la soluzione di una qualsiasi questione e, quindi, si assumeva come suscettibile di giudicato qualsiasi provvedimento. CHIOVEDA: si schierava per un ritorno alla tradizione romana, perché le sentenze servono a garantire ai litiganti i “ beni della vita” e non a chiarire i dubbi. Il codice e in particolare il 279 ha fatto proprio anche se non del tutto l’insegnamento chiovendiano. Non lo ha accolto del tutto perché se l’avesse fatto, avrebbe dovuto prevedere la forma della sentenza per i soli casi di decisione sul merito e processuali capaci di definire il giudizio,invece abbiamo visto che assumono forma di sentenza anche provvedimenti che pur incidendo diritti sostanziali,non definiscono il giudizio. Perché Il regime delle sentenze è diverso se la sentenza è definitiva o non definitiva: nel primo caso i termini per impugnazione prendono a decorrere immediatamente; nel secondo caso la parte interessata può sospenderne il decorso, facendo tempestivamente riserva di gravame. Sappiamo che il giudice prima di decidere il merito, devi affrontare e risolvere numerose questioni e che per volontà di legge o delle parti, tali questioni possono trasformarsi in accertamenti incidentali. Sicuramente non definitiva e la sentenza che rigetta una questione che in sede istruttoria era stata considerata come preliminare perché avrebbe potuto rendere inutile il giudizio di merito. Dunque, L'istruttore ha rinviato per la decisione non perché la questione impediente pregiudichi giuridicamente la questione di merito, ma per chi la decisione può pregiudicare di fatto il merito. In altre parole se il giudice ritiene esistente la prescrizione, la decadenza ecc, rigetta nel merito la domanda perché la pretesa azionata non è più azionabile. Sono Definitive le sentenze che decidono alcune delle domande, separandole dalle altre. Gli artt. 278 e 279 fungono alcuni problemi interpretativi. Le sentenze di merito o processuali che definiscono il giudizio sono immediatamente impugnabili, invece quelle che non definiscono il giudizio devono essere sottoposte ad attento controllo: sono non definitive e nei loro confronti è possibile usare l'istituto della riserva si rigettano questioni preliminari e ai sensi dell'art. 187 2-3 co. Le sentenze che decidono parzialmente il merito della causa, separando la parte decisa da quella da rinviare all'istruttore sono sentenze definitive. Le SS UU hanno elaborato un criterio applicativo semplice e sul quale è sperabile che resti ferma: dove il giudice emette ordinanza di separazione delle domande decise da quelle non decise, là c’è sentenza definitiva; dove non l'ha emanata, la sentenza è da ritenersi non definitiva. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 fatto che può disconoscere le scritture private prodotte contro di lui( in questo caso avrà luogo il procedimento di verificazione ). ART. 294 ( rimessione in termini ) : Tale articolo rappresenta l’ eccezione alla regola espressa nell’ articolo precedente. Ai sensi di questo articolo il contumace si può costituire tardivamente e chiedere di essere rimesso in termini ( cioè compiere tutte le attività che altrimenti le sarebbero precluse ) qualora dimostri chela mancata costituzione tempestiva è dipesa da un vizio dell’ atto di citazione o della sua notificazione o per causa ad esso non imputabile. Abbiamo prima affermato che il legislatore è neutro al processo contumaciale, sottoponendolo ad un procedimento normale, in realtà tale affermazione può collidere con l’ art. 183 in riferimento al tentativo di conciliazione. Infatti in tale ipotesi si prevede che la mancata comparizione o la mancata risposta della parte possono essere valutate dal giudice come argomento di prova, dunque la parte contumace si troverebbe a priori in una fase di svantaggio. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, anche nel processo contumaciale è comunque rispettato il principio del contraddittorio, ricorrendo il requisito previsto dall’ art. 101 e cioè la regolare citazione della parte. 2 Sospensione per pregiudizialità La sospensione per pregiudizialità va ricondotta non tanto ad uno svolgimento anomalo del processo, quanto all’ esigenza di accantonare la decisione sul merito della controversia quando questa possa essere influenzata dalla decisione di un altro processo ,e ciò sia per ragioni di economia processuale, sia per evitare i sindacati contraddittori. Oggi, le lungaggini processuali evidenziano che spesso la sospensione si risolve in una denegata giustizia, e Per questo motivo si tende , in attuazione anche del’ art.111 cost. e quindi della ragionevole durata del processo, si tende a privilegiare la celerità anziché la uniformità delle decisioni. Ai sensi dell’ art.295 nella sua nuova formulazione, infatti, “ il giudice dispone che il processo siasospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa” ( sospensione necessaria); questa controversia può essere civile, penale, amministrativa o di altro genere ( costituzionale, tributaria ecc) , per cui bisognerà distinguere tra pregiudizialità civile e penale. B Pregiudizialità civile Tenuto conto che tra due processi pendenti dinanzi a due giudici civili ordinari sussiste un rapporto per il quale la decisione dell’ uno ( processo pregiudicante ) può influire sulla decisione dell’ altro ( processo pregiudicato ), esiste un nesso di pregiudizialità tra le controversie che determina la sospensione del processo pregiudicato. Queste due questioni sono tra di loro interdipendenti, e lo si evince anche dall’ art. 34, il quale propone il principio secondo il quale il giudice risolve in via incidentale le questioni pregiudiziali, salvo che le parti o un’ espressa previsione di legge non dispongano diversamente. In accettazione di questa opinione, la regola è che si ha la sospensione del processo solo nelle ipotesi di cause di accertamento incidentale sorte nell’ ambito di uno stesso processo. Altri invece non condividono questa impostazione , affermando che non c’è ragione per cui il processo debba essere sospeso quando la causa di accertamento incidentale sia sorta nell’ ambito delprocesso pendente e non debba essere sospesa quando invece riguardi un processo pendente in via autonoma. Per stabilire quale debba essere il rapporto corrente tra le due cause che renda necessaria la sospensione la giurisprudenza fissa alcuni punti fermi: il giudice della questione pregiudiziale deve decidere della questionepregiudicata con efficacia di giudicato e non incidenter tantum si deve trattare di controversie che riguardano le stesse parti. Entrambi concordano su di un punto, e cioè : il provvedimento di sospensione non può essere il risultato di una valutazione l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 discrezionale del giudice, al quale spetta solo di valutare se esiste unasituazione pregiudicante che giustifica la sospensione, ma, una volta stabilito che questa esiste, lasospensione segue come una necessità. Ciò tuttavia, non toglie che anche in mancanza di un rapporto di pregiudizialità , il giudice possa , con provvedimento discrezionale e non sindacabile, disporre la sospensione del processo per motivi diopportunità. C Pregiudizialità amministrativa Non è sicuro che esistano in cui il processo civile debba essere sospeso per la pendenza di un processo amministrativo e, se esistono si tratta certamente di ipotesi residuali. Secondo gli artt. 4 e 5 l.20 marzo 1865, n. 2248 all. E, si pongono infatti alcune ipotesi: - è stato emanato un atto dall’ amministrazione ,in questo caso , il giudice ordinario sicuramente può conoscere l’ atto , qualificandolo come inesistente o assolutamentenullo; - è stato emanato un atto dell’ amministrazione valido, o se invalido , efficace, in questo caso se fosse vera la teoria tradizionale, non condivisa, la questione dovrebbe essere portata dinanzi al giudice amministrativo ed il giudice ordinario non potrebbeconoscerla; - ci troviamo di fronte ad un ipotesi di doppia tutela, in questo caso sembra che il giudice ordinario possa disapplicare l’ atto illegittimo senza dover attendere l’ esitodel giudizio del giudice amministrativo. Quindi il sistema è costruito in modo da escludere la necessità della sospensione. Oggi è stato fatto un importante passo avanti , affermando che è possibile agire davanti al giudiceordinario tutte le volte si sia subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento doloso o colposo della P.A., lesivo di un interesse legittimo. L’ interessato potrà quindi ottenere che il giudice ordinario proponga azione di annullamento di un atto amministrativo che si assuma illegittimo, e che il giudice amministrativo sia condannato alla reitegrazione e al risarcimento. D Pregiudizialità penale Nel precedente sistema vigeva il principio della coerenza e della unitarietà del sistema processuale,a cui si accompagnava il principio della prevalenza del giudizio del giudice penale , per cui nelle ipotesi in cui i fatti posti alla base della controversia civile erano anche quelli oggetto di accertamento in sede penale, il processo civile veniva sospeso.La Corte Costituzionale, ha ridimensionato la portata di questo principio affermando che, l’ accertamento dell’ esistenza del fatto , contenuto nella sentenza penale, poteva vincolare il giudicecivile solo per quei soggetti che avessero assunto la qualifica di parte in un giudizio penale. Il nuovo Cpc. , all’ art.75, ha estremizzato questo pensiero della Corte Costituzionale, stabilendoche il danneggiato dl reato può agire autonomamente in sede civile, senza che il giudizio debba essere sospeso fino alla giudizio penale e senza che possa essere in qualche modo penalizzato dauna sentenza penale assolutoria. Lo stesso articolo, prevede però che il processo venga sospeso quando il danneggiato si sia costituito parte civile, e quando abbia proposto azione civile dopo la pronuncia della sentenza penale di primo grado. E Altri tipi di pregiudizialità Pregiudizialità costituzionale : regolata dall’ art. 23 l. 11 marzo 1953 n. 87 Pregiudizialità comunitaria : disciplinato in numerose fonti Pregiudizialità tributaria : non è espressamente prevista dal Cpc. In questi casi, mai il giudice civile dovrà sospendere il processo per pregiudizialità rispetto a controversie pendenti dinanzi al giudice tributario l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 F Sospensione concordata L’ art. 296 cpc. parla di sospensione concordata. Secondo questo articolo “ il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a quattro mesi”. 3 Segue: Il provvedimento di sospensione e al riassunzione La sospensione va dichiarata anche d’ ufficio, sempre che l’ esistenza del procedimento risulti dagli atti di causa. Il provvedimento può essere emesso in ogni stato del giudizio di merito, ma si ritiene invece che non sia possibile in Cassazione, in quanto la sospensione presuppone indagini che sono precluse a questo giudice. Non è chiaro quale sia il giudice competente a disporla e quale sia la forma del provvedimento, e aquesto riguardo si sono proposta due teorie di pensiero: - la dottrina maggioritaria è propensa a ritenere pa competenza dl giudice istruttore e necessariala forma dell’ ordinanza; - la giurisprudenza si è consolidata nell’ affermare che sia si necessaria la forma dell’ ordinanza,ma che la competenza sia del Collegio. Questa posizione della giurisprudenza aveva provocato delle critiche, che hanno determinato una modifica dell’ art. 42, il quale consente la proposizione del regolamento di competenza contro il provvedimento che dispone la sospensione ( e non contro quello che la rifiuta ). Per quanto riguarda la ripresa del processo bisogna fare una distinzione , e cioè: - in caso di sospensione su istanza di parte il giudice può provvedere già al momento della sospensione quando il processo può proseguire; - Diversamente l’ istanza deve essere proposta 10gg.prima della scadenza del termine di sospensione; - in caso di sospensione necessaria , una volta cessata la causa della sospensione, è onere della parte interessata dare impulso al provvedimento sospeso. Ciò deve avvenire nel termine perentorio di 6 mesi dalla cessazione della causa di sospensione; più precisamente questo termine decorre non dalla pronuncia, ma dalla conoscenza che di questo provvedimento abbiano avuto le parti, si tratta comunque di conoscenza legale, non essendo sufficiente quella effettiva. La parte interessata deve comunque presentare un ricorso al giudice istruttore, il quale con decreto fissa la nuova udienza; ricorso e decreto devono essere notificati alle altre parti nel termine fissato dal giudice e presso i procuratori costituiti, ma non vanno invece notificati alla parte contumace. In mancanza di tempestiva notificazione il processo si estingue._ Durante la sospensione il processo si trova in una situazione di inerte pendenza e, dopo la riassunzione riprende il suo corso, collegandosi alla fase precedente senza soluzione di continuità. Di conseguenza non possono essere compiuti atti del procedimento , e se , nonostante il divieto fossero compiuti , gli atti sarebbero nulli; qualora quest’ ultima non fosse rilevata , potrebbe tradursiin nullità della sentenza, da far valere con i mezzi di impugnazione. Si ritiene inoltre che possano essere compiuti atti urgenti. 4 L’ interruzione del processo Anche l’ interruzione come la sospensione determina uno stato di quiescenza del processo, ma diversa è la ratio. Nel caso della sospensione il giudice è obbligato a valutare se le interferenze tra processi pendenti, che non possono essere riuniti, esprimano l’esigenza di attendere che il processo cd. Pregiudicante si concluda. Nel caso dell’ interruzione , previsto nelle ipotesi in cui eventi che attengono alla parte, al difensore o anche al rappresentante legale, non permettano che questi partecipino al processo in modoordinario e dunque, si concretizzi un processo anomalo, in queste ipotesi si prevede un’interruzione del processo per integrare il rispetto di alcuni principi l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 LA LEGITTIMAZIONE ALLA PROSECUZIONE ART 302: legittimata alla prosecuzione è la parte colpita dall’evento interruttivo; se era una persona fisica, i successori,in caso di morte;il tutore in caso di interdizione;il curatore in caso di inabilitazione,scomparsa o fallimento; se era una persona giuridica,l’ente che lo ha succeduto ovvero la persona fisica che ha assunto l’ufficio. Le modalità di prosecuzione sono diverse a seconda: - sia già stata fissata la successiva udienza di trattazione della causa per cui in questo caso basta che la parte depositi anche in cancelleria e prima dell’udienza la comparsa di costituzione ed ilfascicolo; - oppure, che questa udienza manchi : in questo caso sarà necessario depositare in cancelleria un ricorso con il quale si chiede al giudice istruttore e se egli manchi al presidente del tribunale a cui la causa è stata assegnata, la fissazione dell’udienza. Il giudice provvede con decreto e la parte notificherà ricorso e decreto alle altre parti. LA RIASSUNZIONE ART. 303: che è un istituto di carattere generale,cui si fa ricorso tutte le volte in cui è necessaria la ripresa di un processo che per una qualsiasi ragione è in situazione di stasi, avviene (legittimato attivo) dalla parte opposta non colpita dall’evento e non solo serve a consentire la ripresa del processo, ma serve anche ad impedire che il processo si estingua. Ogni atto riassuntivo , si collega infatti ad un termine di decadenza (qui sei mesi dall’interruzione) per cui la parte ha la facoltà ma è ,in effetti,anche onerata a compierlo se vuole evitare la decadenza. Quello che prosegue è lo stesso processo di prima anche se una delle parti può mutare come nel caso della successione. La forma dell’atto di riassunzione è quella: -della citazione se è stata già fissata l’udienza ; -del ricorso, se l’udienza non è stata ancora fissata. I requisiti di contenuto-forma dell’atto sono fissati dall’ art. 125 disp. Att.: -l’ indicazione del giudice che è quello presso il quale la cause pende; -le parti,i difensori; -un sufficiente richiamo all’atto introduttivo e alla domanda riconvenzionale che sia stata eventualmente proposta; -l’udienza con il rispetto dei termini per comparire; -l’invito a costituirsi; -l’indicazione del provvedimento con il quale il giudice provvede a riassunzione; -sottoscrizione. L’atto di riassuntivo deve essere notificato alle parti costituite e non anche alla parte contumace. La notifica va fatta personalmente alla parte tutte le volte che la stessa sia mutata inconseguenza dell’evento interruttivo o l’evento abbia colpito il suo procuratore. Nel caso di interruzione per morte della parte, l’art 303 consente nell’anno di morte la notificazione agli erede collettivamente ed impersonalmente nell’ultimo domicilio “reale” del de cuius. L’Art. 305 ( MANCATA PROSECUZIONE O RIASSUNZIONE ) Prevede che il processo va riassunto o proseguito entro il termine perentorio di 3 mesidall’interruzione altrimenti si estingue. Questa norma definita “norma di chiusura” , aveva creato non pochi problemi nella pratica perché non era infrequente il caso che la parte interessata alla prosecuzione del processo venisse a conoscenza del fatto interruttivo quando il termine ultimo per la riassunzione era ormai da tempo scaduto. Infatti, ricordiamo che esistono casi non solo di interruzione mediata ma anche di interruzione immediata e automatica per cui potrebbe accadere che una parte personalmente costituita muoia (ipotesi di interruzione automatica), la controparte non riassume il processo perché non sa che tizio è morto e dunque che un evento interruttivo lo ha colpito, dunque caio ignora che ha un termine di sei mesi che decorrono dal giorno in cui si è verificato l’evento morte, e non si attiva per la riassunzione del processo che non sa essersi interrotto automaticamente. Si l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 ritroverà così di fronte ad un processo estinto,senza aver potuto fare niente per impedirlo. A tal proposito vi sono stati tre interventi della CORTE COSTITUZIONALE in base a tali sentenza il dies a quo del decorso del termine di riassunzione è quello della conoscenza LEGALE*, del fatto interruttivo ( se le parti sono più di una ognuna di esse avrà un termine diverso perché ognuna potrà aver avuto notizia legale degli eventi in modo diverso). * conoscenza legale e non effettiva: i giudici ritengono che la conoscenza legale è quella che risulta dagli atti processuali ( verbale d’udienza, relata di notifica, comunicazione formale ). 6 L’ estinzione (non satisfattiva) del processo Si ha quando il processo si chiude senza pervenire a una decisione definitiva sulla controversia ed è regolata dagli artt. 306 ss. L’estinzione può aversi o per rinunzia agli atti del processo o per inattività delle parti. A) Rinunzia agli atti. La rinunzia agli atti è cosa diversa dalla rinunzia all'azione. quest'ultima pregiudica la possibilità di far valere il diritto in un successivo processo; la prima invece non impedisce alla parte di Nunziante di proporre in epoca successiva altra domanda giudiziale con la quale far valere la stessa situazione sostanziale già azionata. La rinuncia agli atti deve essere accettata dalla controparte perché, non implicando tale rinunzia il venir meno della pretesa, quest'ultima potrebbe avere interesse alla prosecuzione del processo e deve in primo luogo essere costituita. La stessa si concreta in un atto processuale negoziale, un atto causativo che deve essere posto in essere dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale. Inoltre, è un atto ricettizio, tale che può essere revocato fin quando l'altra parte non abbia accettato. Nel caso di litisconsorzio necessario la rinunzia deve provenire da tutti i litisconsorti o deve essere accettata da tutti, invece, nel caso di litisconsorzio facoltativo, è possibile un'estinzione parziale: si tratta di individuare soltanto chi potrebbe avere interesse alla prosecuzione e chi debba accettarla. La rinunzia e l'accettazione devono essere accertata dal giudice che è tenuta ad emettere il provvedimento di estinzione avente forma di ordinanza, che, qualora la causa sia ha decisione collegiale, è emessa dal g.i. ed è reclamabile ex art. 178cpc; se la causa è a trattazione monocratica, il provvedimento del giudice ha la forma dell'ordinanza, ma non essendo previsto il reclamo, è equiparato a una sentenza impugnabile (con appello). B) Inattività delle parti. È disciplinata dall'art 307. L’idea che è a base dell'istituto è quella di una sanzione: se le parti non pongono in essere gli atti necessari perché il processo abbia il suo corso normale, se ne deve dichiarare l'estinzione. Si distinguono ipotesi di inattività semplice, nelle quali prima che venga dichiarata l'estinzione si apre un periodo di quiescenza del processo (cd cancellazione della causa del ruolo). La prima di queste ipotesi si apre la mancata o tardiva costituzione delle parti. Se nessuna delle parti si costituisce, la causa non è iscritta al ruolo ma il processo resta anche in questo caso quiescente per tre mesi che decorrono dall'ultimo giorno utile per la costituzione del convenuto. Se il processo è quiescente, esso si estingue se non è riassunto intro tre mesi. Il termine precedente era di un anno ed è stato drasticamente ridotto. Vi sono poi ipotesi di inattività qualificata che il legislatore prevede in relazione ai casi in cui ha offerto alle parti la possibilità di sanare alcune situazioni processuali e le parti non vi abbiano provveduto. All’ omesso tempestivo compimento degli atti di sanatoria segue l'immediata estinzione del processo senza che si apra alcun periodo di quiescenza. L’ estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d'ufficio con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio. Se la parte interessata alla prosecuzione non si attiva, la controparte può riassumere il processo al solo fine di far dichiarare l'estinzione. Sull’ estinzione il giudice istruttore provvede con ordinanza, non revocabile e non modificabile, ma reclamabile. Il l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 collegio provvede con sentenza si respinge il reclamo e con ordinanza non impugnabile se l'accoglie. Il giudice unico pronuncia sull'estinzione con ordinanza. 7 Effetti dell'estinzione L’ estinzione del processo non estingue l'azione: vuol dire che la parte conserva il diritto ad ottenere dal giudice il provvedimento che aveva chiesto nel procedimento estinto. L’ estinzione fa venir meno gli atti del processo, ma non le sentenze pronunciate nel corso del processo e le ordinanze che regolano la competenza. Tra le sentenze di merito che sopravvivono sono dati comprendere quelle non definitive del merito. Per quanto riguarda le sentenze processuali, le uniche che sopravvivono sono quelle pronunciate dalla Corte di Cassazione in tema di giurisdizione o di competenza. Le prove raccolte durante il processo estinto sono valutate dal giudice a norma dell'art. 116 2co. La radio alla base può essere rinvenuta nel principio dell'oralità, nel senso che la prova può essere valutata in tutto il suo valore soltanto dal giudice che l'ha raccolta, ma tale principio non è sempre rispettato, si pensi alle prove raccolte dal giudice incompetente nel caso di riassunzione dinanzi a lungo giudice o alla prova assunta in via preventiva. Sicuramente sarà necessaria una disciplina analitica caso per caso. In merito alle spese, invece, nel caso di estinzione per rinunzia agli atti il rinunziante ha l'obbligo di rimborsare le altre parti le spese sostenute per il processo salvo che sia intervenuto un diverso accordo. 8 La cessazione della materia del contendere Tale istituto presuppone che: -sopravvengono nel corso del processo eventi di natura fattuale o atti volontari delle parti idonei a determinare la totale eliminazione di ogni posizione di contrasto; -vi sia accordo delle parti sulla portata delle vicende sopraggiunte e sull'essere venuto meno ogni motivo di contrasto; -vi sia la dichiarazione di non voler proseguire la causa proveniente dalla parte personalmente ovvero dal suo difensore munito di procura ad hoc. L’unico compito del giudice sarà limitato a un mero riscontro dell'accordo delle parti sulla sopravvenuta inutilità del processo tale da escludere qualsiasi pronuncia da parte loro sulle pretese sostanziali fatte valere. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 TERMINE BREVE: di regola la parte che ha interesse ad una rapida formazione del giudicato , preferisce provocare il decorso del termine breve e quindi notificare la decisione. In base all’art 325 il termine unico per impugnare è di: -30 giorni, per proporre ricorso contro le sentenze del Tribunale, del giudice di pace e della Corte di Appello; -60 giorni per proporre ricorso in cassazione. Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il legislatore abbia dato l’opportunità alla parte interessata di scegliere fra termine breve e termine lungo: si è detto che decorre il termine breve perché dopo la notificazione la parte ha una piena conoscenza della sentenza, tale che gli consente di proporre immediata impugnazione. Ma tale giustificazione non regge: infatti anche se la parte ha avuto piena conoscenza della sentenza, come avviene nel caso di notifica fatta alla parte personalmente, il termine breve non comincia a decorrere in mancanza di una valida notificazione . Questa giustificazione è alla base del cd. EFFETTO BILATERALE DELLA NOTIFICAZIONE DELLA SENTENZA : secondo il quale, “ la notificazione della sentenza, fa decorrere il termine breve per impugnare non solo nei confronti del destinatario della notificazione, ma anche a carico della persona che l’ha effettuata “. Si insegna infatti che, in questo caso, la parte notificante NON PUO’ NON conoscere la sentenza che fa notificare e quindi NON PUO’ non essere in grado di impugnarla immediatamente. RELATIVAMENTE ALLE CAUSE INSCINDIBILI O DIPENDENTI: la notifica effettuata nei confronti di una sola delle parti, fa decorrere il termine breve anche nei confronti di tutte le altre parti, ciò in ragione del fatto che la sentenza è una entità unitaria che passa in giudicato per tutte le parti o non passa in giudicato nei confronti di alcuna. Tanto è vero che nelle cause scindibili che possono esseretrattate anche separatamente, il termine decorre dalla data delle singole notificazioni. La notifica che fa decorrere il termine breve è quella che viene eseguita al procuratore costituito e nel domicilio eletto, a meno che la parte non sia rimasta contumace in primo grado o sia deceduta dopo il passaggio in decisione della causa: in quest’ultimo caso la notifica va fatta agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto; se muore prima di questo passaggio valgono le regole sopra indicate(notifica al procuratore). Se il procuratore si è costituito per una pluralità di parti, devono essergli notificate tante copie della sentenza, quante sono le parti che rappresenta. TERMINE LUNGO : non potendo far dipendere solo dalle parti il decorso del tempo per impugnare, con l’art 327 il legislatore ha voluto limitare il rimedio impugnatorio, evitando che le parti possano procrastinare all’infinito il passaggio in giudicato di una sentenza. Si è data l’esigenza pertanto di fissare un termine generale decorso il quale tutte le sentenze non sono più impugnabili con i rimedi ordinari. L’ART 327 individua questo termine in quello di 1 anno e 45 gg. dalla pubblicazione della sentenza. Il termine di un anno decorre dalla pubblicazione della sentenza e, va precisato, che la parte deve avere notizia di questa pubblicazione, tramite comunicazione, che avvine tramite cancelleria, con unbiglietto di cancelleria. Il 2° comma del predetto articolo 327 , prevede che il termine lungo non decorre “ quando la parte contumace provi di non aver avuto conoscenza del processo per nullità di citazione o della notificazione di essa e per nullità della notificazione degli atti di cui al 292 “, questo vuol dire che: il termine decorre se nonostante la nullità della citazione o della notificazione, al contumace sia stato notificato uno degli atti di cui al 292. Il contumace perché l’impugnazione proposta oltre l’anno sia ritenuta ammissibile, devedare prova non solo della nullità ma anche di non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullità medesima. In questo caso il termine comincerà a decorrere nuovamente dal giorno della conoscenza effettiva del processo e, qualora la sentenza gli sia stata notificata, da tale data decorre il termine breve. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 NATURA DEI TERMINI E DISCIPLINA : REGOLA: entrambi i termini sono perentori e di decadenza, ciò implica che non siano suscettibili di interruzioni e di sospensioni. ECCEZIONE: tranne il caso di: SOSPENSIONE DI 46 GIORNI PER IL PERIODO FERIALE (1°agosto-15 settembre) tranne che non si tratti di cause urgenti ( es procedimenti cautelari). La dichiarazione di urgenza fatta in primo grado dal giudice ( e non dalla legge ) vale per tutti i gradi di giudizio. Inoltre, se la sentenza contiene più capi e si ritiene che solo per alcuni di essi vi sia l'urgenza, il termine resterà comunque sospeso per tutta la sentenza, non essendo possibile scindere una parte dall'altra. Nel caso di termine lungo, se l'ultimo giorno dovesse cadere dopo l'inizio di un nuovo periodo di sospensione, si avrebbe un ulteriore prolungamento del termine. L’ART. 328 ( DECORRENZA DEI TERMINI CONTRO GLI EREDI DELLA PARTE DEFUNTA ) : prende in considerazione il caso che durante il termine per impugnare si verifichi un evento interruttivo di cui al 299. Questa norma ha subito ben due correzioni: la prima da dottrina e giurisprudenza, che ne hanno meglio delimitato il campo di applicazione chiarendo che essa si applica non solo quando l’evento interruttivo riguardi la parte alla quale la sentenza viene notificata, ma anche quando l’ evento interruttivo riguardi la parte notificante; si applica non solo alle persone fisiche ma anche agli enti ; la seconda dalla stessa Corte Costituzionale che ha inserito anche il caso in cui l’evento interruttivo colpisca il procuratore costituito. L’articolo detta poi 2 diverse REGOLE: - la prima nel caso in cui l’evento si verifichi nel corso del termine BREVE: se l’evento interruttivo si realizza dopo la notificazione della sentenza e prima della scadenza del termine breve per impugnare, il termine breve si interrompe e ricomincia a decorrere dalla rinotificazione della sentenza agli eredi collettivamente e impersonalmente nell’ultimo domicilio del defunto; - la seconda nel caso in cui l’evento si verifichi nel corso del termine LUNGO se l’evento interruttivo si verifica dopo 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, il termine stesso è prorogato per 6 mesi per tutte le parti; se l’evento si verifica nei sei mesi dalla pubblicazione dellasentenza, il termine rimane invariato. 4 Il luogo dell’impugnazione ART 330- Luogo di notificazione dell’impugnazione- la notificazione della sentenza impugnata avviene nel luogo in cui la parte ha dichiarato la propria residenza o ha eletto il proprio domicilio nella circoscrizione del giudice cha ha pronunciato la sentenza: questo è un CRITERIO ESCLUSIVO. I successivi hanno invece CARATTERE SUSSIDIARIO e quindi sono utilizzabili solo se manca una dichiarazione di residenza o un’elezione di domicilio. Più precisamente: in base al 1° CRITERIO SUSSIDIARIO, nel caso in cui manchino dichiarazione ed elezione, si effettuerà notificazione presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio. in base al 2° CRITERIO SUSSIDIARIO, nel caso in cui manchi la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio, e in ogni caso dopo 1 anno dalla pubblicazione della sentenza, se ancora ammessa dalla legge, l’impugnazione si notifica personalmente a norma degli art. 137 ss. La violazione di tali disposizione comporta la nullità della notificazione, sanabile con la costituzione della parte convenuta o mediante la sua rinnovazione. La sanatoria opera con efficacia ex nunc. La notificazione agli eredi è del tutto eccezionale e consentita solo quando la morte sia avvenuta dopo la notificazione della sentenza e non quando l’evento si sia verificato prima della sua pubblicazione. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 5 Vicende preclusive ed estintive L’ART 329: Disciplina l’ACQUIESCENZA: cioè un atto di accettazione espressa o tacita della sentenza. Viene quindi in rilievo la volontà delle parti, che può essere manifestata solo dopo la pubblicazione della decisione, cosicché si ritiene nulla e priva di effetti una rinuncia preventiva dell’impugnazione. L’acquiescenza può essere: ESPRESSA : cioè consistente in una esplicita dichiarazione di non voler impugnare la sentenza, si concreta in un atto di volontà unilaterale e non recettizio proveniente dalla parte o dal suo procuratore speciale, per la cui manifestazione non è previsto alcuna formaparticolare. TACITA : data da comportamenti incompatibili con la volontà di impugnare. Si tratta di una manifestazione tacita di volontà che deve provenire personalmente dallaparte capace e che finisce con l’essere provata proprio dalla sua univocità , nel senso di dimostrare che “ nel momento in cui furono posti in essere “ la parte aveva maturato l'intenzione di non impugnare. La manifestazione di volontà, tacita o espressa che sia, può riguardare l’intera sentenza , e in questocaso parliamo di ACQUIESCENZA TOTALE o solo alcuni capi di essa, e in tal caso parliamo di ACQUIESCENZA PARZIALE. Per la giurisprudenza l’acquiescenza totale, espressa o tacita deve essere eccepita dalla parte, quella parziale è rilevabile d’ufficio. Una sottospecie di acquiescenza tacita è quella disciplinata dal 2° comma dell’art 329 secondo il quale “ l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate ”; si parla in questo caso di ACQUIESCENZA IMPROPRIA O QUALIFICATA. In questo caso il legislatore ha precisato che il soccombente nel momento in cui impugna solo in parte la sentenza, finisce con l’accettare la parte residua. Per parte della sentenza si intende il singolo capo della decisione riguardante un autonomo oggetto. Bisogni inoltre tener presente che , ai sensi dell'art. 336 com. 1 , la decisione sull'impugnazione ha effetto anche sulle parti della sentenza non espressamente impugnate, ma che dipendano da quelle riformate o cassate. Secondo giurisprudenza, mentre l'acquiescenza totale ( espressa o tacita ) deve essere e incisività dalla parte, l'acquiescenza parziale è rilevabile d'ufficio. L’ART 338: Mentre l'art. 329 regola una situazione preclusiva del potere di impugnare” nonancora esercitato “, l'art. 338 regola invece gli effetti della estinzione del procedimento di impugnazione. Teniamo conto che l’estinzione del giudizio di primo grado non estingue l’azione, ma se il fenomeno estintivo riguarda il giudizio di impugnazione viene meno anche il potere di riproporre l’impugnazione. Di conseguenza la sentenza impugnata passa in giudicato.Va chiarito però che non è sempre vero che all’estinzione segue il passaggio in giudicato della sentenza, in casi eccezionali ciò può non avvenire: si pensi ad una impugnazione proposta da un LITISCONSORTE necessario o comunque in una causa INSCINDIBILE: se questi rinuncia alla impugnazione o non integri il contraddittorio, il processo si estingue o comunque l’impugnazione non è ammissibile. Se dicessimo che la sentenza passa in giudicato, diremmo pure che gli altri litisconsorti avrebbero perduto il diritto di impugnare anche se fossero ancora nei termini. E ciò non sembra accettabile. L’art 338 valorizza il principio della consumazione del potere di impugnare, per il quale nn è possibile esercitare tale potere una volta che sia stato già esercitato. Questo principio è apparso iniquo perché la parte che fosse incorda in errore nel proporre impugnazione non potrebbe proporvi rimedio reiterandola, ed è stato pertanto ridimensionato nel senso che il potere si consuma solo DOPO che l’estinzione sia stata definitivamente dichiarata, fino a tale momento la parte può rimediare ad una situazione di improcedibilità o di inammissibilità che si sia determinata sempre che il termine per impugnare non sia ancora scaduto. L’ultimo comma prevede una salvezza dicendo che “ il passaggio in giudicato della sentenza non si verifica se ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto ” : i provvedimenti pronunciati nel giudizio estinto che impediscono il passaggio in giudicato della sentenza impugnata sono solo le sentenza non definitive di merito e di rito. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 ART. 105 2° COMMA (intervento adesivo dipendente o semplice) ART. 331 ci troviamo di fronte ad una ipotesi di causa inscindibile visto che il terzo intervenendo a tutela di mero interesse non esercita un’autonoma azione Per cui l’interventore adesivo dipendente o semplice, che interviene a tutela di un mero interesse, non potendo lui stesso impugnare per primo una sentenza, potrà farlo solo se la parte, al cui sostegno è intervenuta in 1 grado, impugna la sentenza, diventando così parte necessaria del giudizio di impugnazione. Per cui si applica l’art. 331. ART. 106 intervento su istanza di parte ART. 332 è un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo dunque la pluralità è il frutto di una libera scelta di una di esse (non è imposto dalla legge). Tuttavia, parte della giurisprudenza ritiene che si debba operare una distinzione tra: garanzia propria si ritiene causa inscindibile e dunque si applica l’art. 331; garanzia impropria che si ritiene causa scindibile e dunque si applica l’art 332 ART. 107 (intervento coattosu istanza del giudice) Un primo orientamento giurisprudenziale riteneva che in fase di gravame il giudice d’appello non potesse contraddire il giudice di primo grado che aveva ordinato l’intervento del terzo e dunque riteneva l’ipotesi del caso di causa inscindibile e quindi applicabile l’ ART. 331 Invece oggi si ritiene che bisogna verificare di volta in volta perché il giudice abbia ordinato l’intervento e quindi se applicare l’uno o l’altro articolo, in base al tipo di connessione forte o debole, e quindi più precisamente: se la connessione è forte ART. 331 se la connessione è blanda ART. 332 NB: Nei destinatari degli art. 331 – 332 cpc nasce l'onere di proporre impugnazione incidentale. PRINCIPALE / INCIDENTALE: differenza meramente cronologica. Quest’ultima dovrà essere proposta appena di decadenza altrimenti INAMMISSIBILE. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 8 GIUDIZIO DI IMPUGNAZIONE OGGETTIVAMENTE COMPLESSO ART: 333 – 334- 335 La complessità oggettiva ricorre tutte le volte in cui la sentenza abbia dato luogo ad una SOCCOMBENZA RIPARTITA che rende possibile impugnazioni incrociate. Bisogna evitare che queste impugnazioni diano luogo ad autonomi procedimenti, sia per ragioni dieconomia processuale sia per evitare sindacati contraddittori. A tale scopo il legislatore ha previsto lo strumento dell’IMPUGNAZIONE INCIDENTALE (ART333) “ Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli art. precedenti (dunque notificazioni per l’ integrazione del contraddittorio e notificazione dell’ impugnazione ) devonoproporre le loro impugnazioni , a pena di decadenza, nello stesso processo in via incidentale” Dunque la parte parzialmente soccombente deve necessariamente inserirsi nel giudizio di impugnazione di cui ha avuto notizia tramite le notificazioni se vuole a sua volta impugnare la sentenza. Se proponesse la sentenza in via principale questa sarebbe dichiarata inammissibile. Dunque, dobbiamo effettuare una differenza tra: IMPUGNAZIONE PRINCIPALE che è quella proposta per prima; IMPUGNAZIONE INCIDENTALE che quella proposta successivamente in quanto cade nell’ambito di un procedimento già iniziato. Quindi la differenza tra impugnazione principale e impugnazione incidentale della medesima sentenza è meramente CRONOLOGICA. (In appello si propone con comparsa di risposta In cassazione si propone con controricorso). Va inoltre precisato che l’ impugnazione incidentale deve essere proposta entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza nel caso dell’appello ovvero entro 60 giorni dalla notificazione dellasentenza nel caso del ricorso in Cassazione. Tuttavia fermo restando quanto stabilito dall’ art. 333 il legislatore, prevedendo che più impugnazioni possano incrociarsi quando l’ una parte non sappia che l’ altro ha impugnato eviceversa , ha stabilito che : ART. 335 “ tutte le impugnazioni proposte separatamente contro una stessa sentenza debbano essere riunite anche d’ ufficio in un unico processo ”. Questo articolo trova particolare applicazione nelle ipotesi di IMPUGNAZIONI INCROCIATE , e cioè nel caso di due legittime impugnazioni principali. Legittime perché nessuna delle parti ha avuto notizia che l’ altra parte ha già iniziato il processo di impugnazione, e dunque non è sorta in capo ad esse l’onere proporre la sua impugnazione in via incidentale. Questo è quanto emerge dal valore letterale dell’ art. 335 , ma praticamente esso ha un’applicazione estensiva elaborata dalla giurisprudenza, per cui in caso di impugnazioni legittime, potrebbe succedere che esse finiscano dinanzi a giudici diversi e, risolte per questo in modo diverso pur avendo ad oggetto lo stesso provvedimento. A questo scopo, al fine di tutelare e rispettare il principio dell’ unità del diritto, la giurisprudenza ritiene ammissibile l’art. 335 anche alla parte che ha avuto notizia di un processo di impugnazione già iniziato dall’altra parte, e che quindi ha l’onere di proporre l’ impugnazione in via incidentale ese ne sia dimenticato, a condizione che le due imposizioni siano tempestivamente riunite dinanzi al medesimo giudice , assumendo così il valore di “ valvola di sicurezza” che chiude il sistema. ART: 334 IMPUGNAZIONNI INCIDENTALI TARDIVE. Le parti contro le quali è stata proposta l’impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza. In tal caso, precedentemente alla riforma Cartabia, se l’impugnazione principale fosse stata dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale avrebbe perso ogni efficacia. Dunque dall’articolo si capisce che l’ impugnazione incidentale tardiva è quella proposta successivamente ai termini previsti per l’ impugnazione o quando le parti hanno fatto acquiescenza della sentenza, e l’ art 334 prevede delle ipotesi in cui questo sia possibile. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 (Con l’ acquiescenza si perde il potere di impugnare e dunque la sentenza passa in giudicato. BEssa può essere espressa o tacita ).Dunque l’art. 334 effettua una sorta di RIMESSIONE IN TERMINI della parte che ha perduto il diritto di impugnare o vi ha rinunziato, però solo in alcune ipotesi. Infatti l’art.334 individua anche i limiti soggettivi per l’impugnazione incidentale tardiva e cioè i soggetti legittimati a proporla, che sono : le parti contro le quali l’impugnazione è stata proposta, e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’ art 331. Dunque, non può mai proporre impugnazioneincidentale tardiva colui che si è visto notificare un atto di cui all’art. 332; tuttavia nel caso in cui egli voglia impugnare la medesima sentenza lo deve fare tempestivamente, cioè entro la scadenza del termine e qualora non l’abbia fatto, ciò equivale ad acquiescenza della sentenza. Il fatto che l’ impugnazione incidentale sia tardiva crea un nesso inscindibile con l’impugnazione principale, e cioè se questa viene dichiarata inammissibile anche l’ impugnazione incidentale perde ogni efficacia, solo però se è tardiva, perché solo questa dipende sul piano giuridico da quella principale. RATIO DELL ‘ IMPUGNAZIONE INCIDENTALE TARDIVA Perché il legislatore ha previsto questo tipo di impugnazione? L’ art. 334 sembra una norma che tende a favorire più l’impugnazione che il giudicato. Ma, la ratio di questo articolo è proprio l’opposto di quello che potrebbe emergere dalla letturadello stesso e cioè quello di scongiurare le impugnazioni. Infatti, l’art. 334 consente di non proporre subito l’impugnazione nel caso in cui la parte non abbia un concreto interesse. Facciamo il caso che il legislatore abbia pronunziato una sentenza tra Tizio e Caio e che la sentenzaabbia determinato una SOCCOMBENZA RIPARTITA, in cui una domanda sia stata accolta e una rigettata. Quindi notificando la sentenza, si avrà un EFFETTO BILATERALE e dalla notificazione inizia adecorrere il termine per impugnare. La parte però potrebbe non avere un concreto interesse all’impugnazione e ritenere tutto sommato che la situazione determinata dalla sentenza gli può andar bene. L’interesse all’impugnazione potrebbe subentrare nel momento in cui l’ altra parte impugni la sentenza. Potrebbe però accadere che questa la impugni l’ultimo giorno utile, togliendole la possibilità di poter impugnare anch’ essa la sentenza. L’art. 334 serve proprio ad evitare questo, e cioè consente alla parte di impugnare la sentenza nel momento in cui l’ altra parte la impugni e gli notifichi l’ impugnazione anche l’ ultimo giorno utile. Altrimenti, ci fosse questa sorta di garanzia, dove la parte potrebbe impugnare la sentenza anche qualora non abbia un concreto interesse pur di non perdere la possibilità di impugnazione. Si capisce dunque che con questa norma si vogliono scongiurare impugnazioni prive di un concretointeresse, più che favorire le stesse. LIMITI SOGGETTIVI: Trattandosi di un istituto eccezionale, soffre di limiti soggettivi, quindi non qualsiasi parte affermata soccombente può proporre un’impugnazione incidentale anche tardivamente; l’art.334 indica solo due categorie di parti ed in particolare può proporre l’impugnazione incidentale tardiva: o la parte contro cui è stata proposta l’impugnazione principale o 2) la parte chiamata ad integrare il contraddittorio ai sensi dell’art. 331; quindi resta esclusa la parte alla quale sia stata notificata l’impugnazione ai sensi dell’art. 332 (Quindi quando all’esame si chiede : Quali sono i limiti dell’impugnazione incidentale tardiva? Si deve rispondere: ”L’impugnazione incidentale tardiva può essere proposta dalla parte contro cui è proposta la impugnazione principale o dalla parte chiamata ad integrare il contraddittorio nelle ipotesi di cause inscindibili o fra loro dipendenti (art.332). LIMITI OGGETTIVI: Accanto a questi limiti soggettivi, per oltre 40 anni la giurisprudenza ha immaginato ed ha affermato anche l’esistenza di limiti oggettivi, affermando che, sulla scorta della sentenza della Corte d’Appello di Napoli, l’impugnazione incidentale tardiva potesse avere ad oggetto solo ed esclusivamente lo stesso “capo di sentenza” impugnata in via principale, cioè doveva coincidere l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 che, essendo la stessa impugnabile in cassazione era ed è ben possibile che la Corte ritenga che il giudice di 1° grado aveva ragione). La Corte aveva però ritenuto che per evitare dei grossi danni alle parti che rimanevano comunque esposte al processo di esecuzione, questo doveva essere sospeso fino al passaggio in giudicato della sentenza. Con la novella del 1990, perciò, si è espunto il riferimento al passaggio in giudicato affermando che l’effetto espansivo esterno deve essere immediato e cioè va collegato al momento della pubblicazione della sentenza d’appello, questo,proprio per evitare quel grosso inconveniente prima detto, vale a dire che il processo di esecuzione continuasse nonostante il titolo esecutivo fosse stato riformato in appello. Ricordiamo però che la sentenza di appello è impugnabile in Cassazione e se tale giudice, ritenesse che il giudice di appello avesse torto e che ,quindi ,aveva statuito bene il giudice di primo grado,non avendo nel nostro ordinamento nessuno strumento per riportare in vita gli atti venuti meno in virtù dell’art.336 comma 2, dovremmo iniziare tutto da capo. L’APPLICABILITA’ DELL’ART. 336 COMMA 2 ALLE SENTENZE NON- DEFINITIVE L’art. 336 comma 2 si applica, in realtà, nonostante una dimenticanza del legislatore, anche alla sentenza definitiva dipendente da quella non definitiva, in caso di accoglimento dell’impugnazione della stessa. Cioè, qualora venisse accolto l’appello avverso una sentenza non definitiva questo provocherebbe il venir meno anche dell’eventuale sentenza definitiva posta in essere sulla base della stessa e che quindi dipende da essa. Classico esempio è il caso in cui una sentenza di condanna generica venga impugnata immediatamente (visto che la parte, in virtù dell’art.340, può impugnarla sia immediatamente che con riserva) e quindi diventa da un lato oggetto di un giudizio di appello e dall’altro continua ad essere la base sulla quale il giudice andrà a liquidare il quantum.Se il giudice è giunto ad emanare la sentenza definitiva e poi l’appellò verrà accolto e quindi la sentenza di condanna generica verrà riformata,inevitabilmente, in virtù dell’art. 336 comma 2 ,questo avrà effetto anche sulla sentenza definitiva dipendente che quindi verrà meno anch’essa. In realtà, originariamente (dunque prima della riforma del 1950) non era prevista l’impugnazione immediata delle sentenze non definitive e quindi non si creava il problema dell’applicabilità dell’art. 336. Con la riforma del 1950 fu prevista la possibilità di impugnazione immediata della sentenza non definitiva; l’art 336 comma 2 venne ad essere applicato anche a questa situazione ,solo che si sentì il bisogno di subordinare l’effetto espansivo esterno al passaggio in giudicato della sentenza impugnata e non alla sua pubblicazione. Con la riforma del 1990 lasciando immutata la rimanente disciplina, si è ripristinata la formula originaria dell’art 336 comma 2, secondo cui la riforma della sentenzanon definitiva ha effetto immediatamente con la pubblicazione e non dopo che la sentenza sia passata in giudicato. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 CAPITOLO OTTAVO- I SINGOLI MEZZI DI IMPUGNAZIONE Sezione Prima: L ‘ Appello 1) Caratteristiche generali : L’Appello è un mezzo di impugnazione a CRITICA LIBERA, nel senso che è proponibile per qualsiasi vizio di diritto o di procedura (per questo si differenzia dal Ricorso in cassazione e dalla Revocazione che essendo mezzi d’impugnazione a CRITICA CHIUSA sono proponibili solo per alcuni vizi, i motivi sono indicati dal legislatore). E’ caratterizzato dal c.d. EFFETTO DEVOLUTIVO , nel senso che con esso viene devoluta al giudice di appello la stessa controversia conosciuta dal giudice di primo grado. L’Effetto devolutivo va considerato nel piene rispetto dei Principi della Domanda e della Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; nel senso che il giudice d’Appello si occupa della Sentenza di 1° grado nei limiti in cui gliene viene fatta richiesta (dunque l’effetto devolutivo è limitato alle domande e alle eccezioni che siano state espressamente riproposte in appello). L’Appello è visto come: CLASSICO MEZZO DI GRAVAME: cioè riesame della controversia il cui presupposto è la soccombenza (e non il vizio della sentenza) e il cui oggetto è il rapporto sostanziale ( e non la decisione impugnata); CLASSICO MEZZO D’IMPUGNAZIONE ORDINARIO: cioè revisione della sentenza di 1° grado, il cui presupposto è il vizio della sentenza e il cui oggetto è appunto la sentenza stessa. L’appello non è costituzionalmente garantito: la Carta Costituzionale all’articolo 111 si è preoccupata di fissare come garanzia ineludibile il controllo di legalità delle sentenze da parte della Corte di Cassazione ma non ha parlato del Principio del doppio grado. Ad ogni modo il legislatore ha voluto conservare la garanzia di un giudizio in secondo grado sul presupposto di fatto che una volta che la causa sia stata decisa in primo grado,un secondo giudice tornando sulle stesse carte di poco arricchite nei limiti ammissibili può perfezionare il provvedimento rendendolo più corretto. ART 339 APPELLABILITA’ DELL SENTENZE Dall’art 339 com. 1 emerge che “ possono essere impugnate con appello le sentenze pronunciate in primo grado, purchè l’appello non sia escluso dalla legge o dall’accordo delle parti a norma dell’art 360, comma due ”. SENTENZE INAPPELLABILI:Prima della Riforma del 2006 - Le Sentenze del giudice pronunciate secondo equità (art. 114); - Le Sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità (quelle dal valore non eccedente i due milioni); - Le Sentenze emesse in unico grado; - Sentenze che decidono l’opposizione agli atti esecutivi (618 3° C.); - le Sentenze che decidono su competenze,litispendenza,continenza,e connessione contro lequali le quali è ammesso il regolamento di competenza (art. 42); - le Sentenze di lavoro per le controversie che non eccedono le 50.000£; - le Sentenze pronunciate in unico grado dalla Corte di Appello ( es. opposizione alla stima nella espropriazione per pubblica utilità). A seguito della Riforma Il nuovo art. 339 com. 3 prevede che: “ Le Sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell’art. 113(prima inappellabili), sono appellabili esclusivamente: - per violazione delle norme sul procedimento; - per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia“. L’intento del legislatore è stato quello di dirottare al giudice di appello il contenzioso, riducendoalmeno teoricamente quello davanti alla Suprema Corte. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 L’Appello , in tal modo, avrà luogo per gli stessi motivi che avrebbero potuto sostanziare il Ricorso per Cassazione e avrà la funzione di filtrare gli eventuali successivi ricorsi per cassazione, che avranno lo stesso ambito successivo. Per le stesse ragioni con la riforma sono diventate appellabili le sentenze rese nel giudizio di opposizione alle ordinanze-ingiunzione di cui agli art. 13 c.5e 23 c. 13. SECONDO VERDE SONO APPELLABILI ALCUNE ORDINANZE E DECRETI: Si pensi alle ordinanze emesse ex art. 186 quater nel caso di successiva estinzione del processo o rinuncia della parte intimata alla pronuncia della sentenza. Quando è il giudice ad emettere erroneamente in forma di ordinanza (o decreto) un provvedimento che avrebbe dovuto avere forma di sentenza, si ritiene necessario l’appello se il provvedimento abbia i requisiti formali della sentenza.Quando invece è la legge che ha previsto una forma inadeguata, avendo il provvedimento contenuto decisorio, la giurisprudenza afferma la ricorribilità ai sensi dell’art. 111 COST. ART 340 : RISERVA FACOLTATIVA IN APPELLO CONTRO LE SENTENZE NONDEFINITIVE “ contro le sentenze previste dal 278 e dal numero 4 del secondo comma dell’art 279,l’appello può essere differito,qualora la parte soccombente ne faccia riserva,a pena di decadenza entro il termine per appellare e in ogni caso non altre la prima udienza dinanzi al giudice istruttore successiva alla comunicazione della sentenza stessa ”. Il riferimento alle sentenze non definitive riguarda per esempio la CONDANNA GENERICA quando sia accertata l’esistenza del diritto ma sia ancora controversa la quantità di prestazione con condanna eventuale al pagamento di una provvisionale nei limiti in cui sia raggiunta la prova(278) ealla sentenza che decidendo QUESTIONI DI GIURISDIZIONE O DI COMPETENZA non definisca il giudizio. Contro tali sentenze la parte può scegliere di proporre appello IMMEDIATO O DIFFERIRE l’impugnazione fino alla pronuncia della sentenza definitiva insieme alla quale dovrà essere appellata anche la sentenza non definitiva. La riserva dovrà essere effettuata entro i termini ordinatori previsti per proporre appello ed implica una scelta IRREVERSIBILE. Infatti, Una volta proposta la riserva di appello non è più possibile per la stessa parte proporre l’appello immediato. Nel caso in cui la sentenza non definitiva sia stata immediatamente impugnata dall’altra parte, la riserva non è più ammissibile e se già in precedenza proposta essa rimane priva di effetto con la conseguenza che la parte che ha fatto la riserva deve a pena di decadenza proporre appello incidentale . ES. tizio notifica la propria riserva di impugnazione: da questo momento in poi decorrono 30 giorni ; caio notifica al trentesimo giorno un appello immediato. A questo punto la riserva di tizio non ha più effetto e sarà costretto a scioglierla e a proporre appello incidentale non ai sensi del 334(impugnazione incidentale tardiva) ma ai sensi del 340 di guisa che tale gravame sarà indipendente dall’eventuale dichiarazione di ammissibilità della impugnazione principale. ART 341: IL GIUDICE DELL’APPELLO E’ il giudice di grado immediatamente superiore a quello che ha pronunciato la sentenza impugnata. LE SENTENZE DEL TRIBUNALE: si impugnano dinanzi alla Corte di Appello nel cui distrettoè situato il circondario del Tribunale. LE SENTENZE DEL GIUDICE DI PACE: si impugnano dinanzi al tribunale nel cui circondario del tribunale ha sede il giudice che ha pronunciato la Sentenza. Sulle SENTENZE DEL GIUDICE DI PACE, il tribunale giudica in composizione monocratica. L’APPELLO PROPOSTO AL GIUDICE INCOMPETENTE. Dall’art. 341 c.p.c. vengono in rilievo due competenze: quella territoriale e quella per grado. Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti si tratta di COMPETENZA FUNZIONALE l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 che il terzo sia titolare di un DIRITTO AUTONOMO rispetto a quello controverso nel processo e la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica accertata dalla sentenza di primo grado. La giurisprudenza considera AMMISSIBILI gli interventi principali e del litisconsorte necessario; INAMMISSIBILI l’intervento adesivo e gli interventi coatti a istanza di parte e per ordine del giudice. ART. 345 : DOMANDE ED ECCEZIONI NUOVE. Comma I: Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove, e se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio; Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza stessa. Comma II: Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio. Comma III: Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto porli nel giudizio di 1° grado per causa ad essa imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio.” Il legislatore del 90 con la nuova formulazione dell’art 345 c.p.c. ha attribuito all’appello il carattere di REVISIO PRIORIS ISTANTIAE ( Revisione della prima decisione), cioè ha cercato, per quanto possibile, di far si che il giudizio di appello avesse un oggetto assolutamente identico a quello del giudizio di 1° grado. Infatti l’art. 345 c.p.c. prevede una serie di limiti esterni che si concretizzano in divieti: Al 1° Com. è posto il divieto di PROPORRE NUOVE DOMANDE a pena di dichiarazione di inammissibilità delle stesse d’ufficio. Per cui nel giudizio d’appello non possono essere proposte nuove domande (la domanda è nuova e come tale inammissibile se non è coperta da giudicato; * nulla esclude che nuove domande possano essere proposte in via autonoma) e qualora fossero proposte, la controparte e restando in silenzio implicitamente le accettasse, il giudice deve dichiarare d’ufficio l’inammissibilità. RATIO: il legislatore vieta l’ammissibilità dei nova in appello al fine di assicurare il rispetto del Principio del doppio grado del processo. Nonostante il divieto però l’art 345 prevede che si possono chiedere in appello le domande attinenti ai “ frutti, interessi accessori maturati dopo la sentenza impugnata; nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa. La ratio di questa ammissione si spiega in relazione alla circostanza che si tratta di elementi nuovi e sopravvenuti rispetto alla domanda originariamente proposta. Al 2° Com. è posto il divieto di proporre nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio. Per cui in appello non sono proponibili nuove eccezioni a meno che non siano rilevabili d’ufficio. Emerge che spetta alla parte, anche nel caso di eccezioni rilevabili d’ufficio, introdurre i fatti su cui tali eccezioni siano fondate. . Il divieto opera in relazione alle sole eccezioni in senso stretto ossia per i fatti IMPEDITIVI- MODIFICATIVI- ESTINTIVI del diritto affermato dall’attore, la cui deduzione sia rimessa alla iniziativa del convenuto (eccezione di compensazione), non opera in riferimento alle cd eccezioni improprie o mere difese che consistono nella semplice negazione dei fatti costitutivi dedotti dall’attore a fondamento della propria pretesa. VERDE ritiene che tranne le ipotesi della remissione in termini, alla parte non sia consentito di introdurre in appello nuovi fatti (fondanti eccezioni rilevabili d’ufficio e non ) che non abbia tempestivamente dedotto in 1° grado. Al 3° Com. è posto il divieto di proporre nuove prove a meno che il collegio non lo ritenga indispensabile ai fini della decisione della causa o che la parte dimostri di non aver potuto proporli in 1° grado per causa ad essa non imputabile. Inoltre in appello non sono proponibili nuovi mezzi di prova tranne che in tre casi: l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 - Quando il collegio le ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa; - Quando la parte senza colpa non li ha proposti in 1° grado; - Quando deve essere deferito giuramento decisorio. SIGNIFICATO DI MEZZO DI PROVA INDISPENSABILE TEORIA DI VERDE: SECONDO Verde è indispensabile quel mezzo di prova in mancanza del quale il giudice sarebbe chiamato ad applicare il principio dell’onere della prova. Visto che l’attore non ha provato il suo diritto, il giudice in questo caso dovrebbe rigettare la sua domanda. L’ALTRA PARTE DELLA DOTTRINA: ritiene che questo non sia possibile perché non è giusto rimettere in termini la parte nelcaso in cui questa non ha provato il suo diritto ( quindi non c’è un indirizzo unitario ). UN PROBLEMA PARTICOLARE LO CREA LA PROVA DOCUMENTALE. Siccome la ratio dell’art. 345 c.p.c. è l’economicità del processo, fino a due anni fa si riteneva che esulasse dai limiti del 345 la prova documentale visto che la raccolta di essa non comporta alcuna perdita di tempo al giudizio. Sul problema sono intervenute le S.U. che hanno ribaltato l’orientamento prevalentemente dominante ritenendo che i mezzi di prova documentali rientrino tra quelli disciplinati dal 345. L’obbiettivo dell’intervento delle S.U. della Corte di Cassazione è stato quello di scoraggiare appelli fondati sulla base di soli documenti nuovi. Per cui anche per la prova documentale resta fermo il divieto dell’art. 345 e quindi in appello non possono essere proposte nuove prove documentali a meno che: - il collegio non le ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa; - o la parte dimostri di non averli potuti proporre in 1° grado per causa di forza maggiore o per causa ad essa non imputabile ; - o quando deve essere deferito giuramento decisorio. ART. 346: DECADENZA DELLE DOMANDE E DELLE ECCEZIONI NON RIPROPOSTE “ le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di 1° grado, che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate”. ( L’ESTENSIONE DEL GIUDIZIO D’APPELLO E IL C.D EFFETTO DEVOLUTIVO. Il c.d Effetto Devolutivo in virtù del quale si realizza il trasferimento della controversia dalla cognizione del giudice di 1° grado a quello di 2° grado non è automatico in quanto ricorrono rispetto ad esso dei limiti interni e dei limiti esterni. I LIMITI INTERNI si evincono dalla lettura combinata degli articoli: ART. 342 c.p.c.: secondo il quale l’appellante deve indicare i motivi specifici dell’impugnazione.Se nella sentenza vi sono più capi o parti è necessario che l’interessato impugni tutti quelli in cui sia stato in tutto o in parte soccombente perché come recita l’ART. 329 2 C. : “ l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnata”. A questa disposizione va collegato il correttivo derivante dall’ART. 336 1 C. (effetto espansivo interno), il quale prevede che : anche se è mancata l’impugnazione specifica su di una parte o capo, la decisione non potrà non estendersi anche a tale parte o capo che sia dipendente da ciò che si è impugnato. Inoltre, l’Appello sulla parte o sul capo non comporta che il giudice sia investito di tutte le domande ed eccezioni inerenti alla parte o al capo impugnato perché secondo l’ART: 346c.p.c.). Per interpretare la norma bisogna chiedersi cosa s’intende per “ domande o eccezioni nonespressamente riproposte in appello”. Riproporre in appello una domanda o un eccezione può significare: farle oggetto di un’autonoma impugnazione (principale o incidentale); riproporle nel primo atto difensivo e ripresentarle nella comparsa di costituzione di giudizio diappello. Dottrina e giurisprudenza hanno cercato di individuare il confine tra le eccezioni e le domande perle quali è sufficiente una mera riproposizione ex ART: 346 ed eccezioni e domande per le quali è invece necessario un vero e proprio mezzo d’impugnazione, affinché anche la Corte l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 d’Appello possa anch’essa conoscerle. Tale confine è posto tra tipi di domande ed eccezioni. Domande ed eccezioni ASSORBITE , per le quali basta la mera riproposizione nella comparsa di risposta. Domande ed eccezioni RISOLTE ( ovvero rigettate per espresso o per implicito ) per le quali è necessaria l’ impugnazione. Domande ed eccezioni sulle quali c’è sta OMISSIONE DI PRONUNCIA( solo secondo Verde). ASSORBITE: il giudice, secondo legge, ha ritenuto di non doversi pronunciare; RISOLTE: il giudice si è pronunciato in senso negativo(magari anche implicitamente) OMISSIONE DI PRONUNCIA: il giudice per errore ha dimenticato di pronunciarsi. 1) DOMANDE ED ECCEZIONI ASSORBITE: si applica il 346. Se in 1° grado vengono proposte più domande o più eccezioni che hanno un vincolo processuale traloro di ALTERNATIVITA’ ( quando si chiede che venga accolto indifferentemente l’una o l’altra) o di SUBORDINAZIONE ( quando si chiede che venga accolta principalmente una e solo insubordine, eventualmente , l’altra) e viene accolta una sola di esse e l’altra viene considerata assorbita. Quindi, qualora le domande o le eccezioni alternative o subordinate non accolte in 1° grado volessero essere portate al vaglio del giudice d’appello, sarà sufficiente riproporle ex art 346 nella comparsa di costituzione o di risposta. Questa è la ricostruzione prevalente, anche se VERDE propone un ulteriore distinzione.Infatti egli ritiene che: - per le domande e le eccezioni alternative qualora non accolte i8n 1° grado , si considerano assorbite, per cui se le si vuole portare al vaglio del giudice di appello sarà sufficiente riproporle nella comparsa di costituzione; - per le domande e le eccezioni subordinate, qualora non accolte in 1° grado , si considerano implicitamente rigettate, per cui se le si vuole portare al vaglio del giudice di appello sarà necessario farle oggetto di una impugnazione incidentale. ( ESEMPIO di più domande ALTERNATIVE. L’attore chiede la risoluzione del contratto o per inadempimento o per eccessiva onerosità; viene accolta solo la 1° domanda (risoluzione per inadempimento) e l’altra viene considerata assorbita. Il convenuto impugna; l’attore che vuole portare al vaglio del giudice d’appello anche la domanda non accolta in 1° grado perché assorbita dovrà riproporla nella sua comparsa di risposta. ESEMPIO di più eccezioni SUBORDINATE. L’attore chiede la condanna al pagamento del debito. Il convenuto eccepisce: l’avvenuto pagamento (eccezione principale)ed in subordine; la prescrizione del diritto (eccezione subordinata); il giudice rigetta la domanda accogliendo la prima eccezione e l’al’altra domanda è considerata assorbita. L’attore impugna; il convenuto che vuole portare al vaglio del giudice d’appello anche l’eccezione non accolta in primo grado perché assorbita, dovrà riproporla nella sua comparsa di risposta. Quanto esposto è ciò che è stato elaborato dalla dottrina maggioritaria; Verde, invece, propone una diversa ricostruzione che riduce ancora di più all’osso l’art. 346. La sua tesi, però , si basa su indicazioni normative inesistenti. ) DOMANDE ED ECCEZIONI RISOLTE Per le domande e le eccezioni non accolte in 1° grado , perché risolte negativamente, qualora si voglia portarle alla cognizione del giudice di appello sarà necessario farle oggetto di una impugnazione incidentale. Su tale affermazione la dottrina è concorde. DOMANDE ED ECCEZIONI SULLE QUALI C’E’ STATA OMISSIONE DI PRONUNCIA Per le domande e le eccezioni sulle quali il giudice di 1° grado , sulle quali il giudice erroneamente non si sia pronunciato, ci sono diverse opinioni: ALCUNI come VERDE, ritengono che per poterle alla cognizione del giudice di appello, sarà necessario ricominciare daccapo la causa, e cioè formulare in via autonoma la domanda. Perché non sarebbe possibile un impugnazione incidentale su ciò che il giudice non si è pronunciato. Per ALTRI ( tra cui il prof. Califano ) non condividono tale tesi , perchè si ritiene che solo tramite l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 dell’impugnazione pur ritenendo fondate le censure, abbia confermato le statuizioni in base alla soluzione di diverse questioni di fatto o di diritto. Le sentenze di accoglimento di merito hanno sempre carattere sostitutivo. Le sentenze di accoglimento per ragioni processuali che non comportano rimessione al primo giudice non hanno una propria autonomia.Ai sensi dell’art.354 4°C. il giudice d’appello deve in questi casi dichiarare la nullità, disporre quando possibile la rinnovazione dell’atto nullo e decidere nel merito. Le sentenze di accoglimento per ragioni processuali hanno rilievo autonomo solamente se determinano la rimessione al 1° giudice visto che la regola è nel senso che il giudice di appello con la sua decisione assorba la decisione del primo giudice. APPUNTI SECONDO SEMESTRE. Poiché la regola è che il processo nasce per andare verso il giudicato, qualora il giudice d’appello ritenga che la sentenza impugnata rechi un vizio e vada annullata: annullerà la sentenza di 1° grado e si pronuncierà egli stesso nel merito con un provvedimento sostitutivo che assorbe la decisione delprimo giudice (consentendo in tal modo che il processo vada avanti); e non inviterà ad annullare la sentenza impugnata rinviandola al giudice di 1° grado (facendo in tal modo tornare il processo indietro). Ci sono però delle ipotesi tassative nelle quali sostanzialmente il processo di 1° grado non si è celebrato per le quali il legislatore prevede che il processo torni indietro con la rimessione della sentenza impugnata al primo giudice. I casi di rimessione al primo giudice sono tassativamente elencati dall’art. 353 e 354: il giudice di primo grado ha negato la sua giurisdizione che invece il giudice d’appello ha affermato (art. 353). E’ questo il caso in cui il giudice di 1° grado non ha pronunciato nel merito avendo affermato il suo difetto di giurisdizione. Questa sentenza viene impugnata in appello e il giudice d’appello afferma la giurisdizione del giudice di 1° grado. In questo caso il giudice d’appello rimette la causa al primo giudice. Il primo giudice ha deciso nel merito affermando la propria competenza; il giudice d’appello afferma l’incompetenza del primo giudice; la prima sentenza viene meno anche per le statuizioni di merito ex art. 336 1°C., e la causa deve essere riassunta davanti al giudice competente (ma se fosse competente il giudice investito dell’appello, nulla escluderebbe che quest’ultimo decida nel merito come giudice di 1° grado); (art. 353). Il secondo giudice ritiene che nel primo grado l’appellante sia stato involontariamente contumace per nullità della notificazione della citazione (art. 354 c.p.c.). N.B. nullità della notificazione della citazione e non nullità della citazione, in quest’ultimo caso il giudice il giudice annulla la sentenza e si pronuncia lui stesso nel merito. Dalla nullità della notificazione è scaturita l’involontaria contumacia dell’appellante.Per cui il contraddittorio non si è instaurato. Per il legislatore la celebrazione in primo grado non si è svolta e quindi il processo deve tornare indietro con la rimessione della sentenza impugnata al 1° giudice per la prosecuzione del processo. Il giudice d’appello riconosce che nel giudizio di 1° grado doveva essere integrato il contraddittorio; o non doveva essere estromessa una parte. Il giudice di 1° grado non si è reso conto che si trattava di un’ipotesi di litisconsorzio necessario, non ha applicato l’art. 102 ordinando l’integrazione del contraddittorio e di fatto il giudizio si è svolto con la pretermissione di uno dei litisconsorzi necessari, ad esempio: comunione tra 5 soggetti e hanno partecipato solo 4. Anche in questo caso il legislatore prevede che il processo torni indietro e che la causa sia rimessa al primo giudice. Ipotesi della mala estromissione di una parte. E’ il caso in cui una parte è stata malamente estromessa e siccome il giudizio si è svolto tra le parti non legittimate, il legislatore prevede che il processo torni indietro con la rimessione della causa al primo giudice. Il giudice d’appello dichiara che la prima sentenza manca della sottoscrizione del giudice (art. 161 2° C.). Questa è un’ipotesi importante perché ammette che la norma possa essere un po’ ampliata nel suo significato letterale, infatti si ritiene che possa essere applicata a tutte leipotesi di inesistenza del provvedimento. La sentenza carente di sottoscrizione è un atto inesistente non ascrivibile alla categoria dei provvedimenti giudiziari così come non lo l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 sono tutti i provvedimenti inesistenti. Anche in questi casi il legislatore ritiene che il giudice d’appello deve pronunciare la nullità e rimettere la causa al primo giudice per la prosecuzione del processo. Esempio di provvedimento inesistente: provvedimento che provenga da un organo non legittimato(invece che da un giudice privato). In talcoso la sentenza nulla non per carenza del giudice ma per mancanza di legittimazione sul ramo giurisdizionale. Tuttavia trattandosi di un’ipotesi di inesistenza la giurisprudenza ritiene applicabilel’articolo in esame. 5) Il giudice d’appello rimette la causa al 1° giudice anche nel caso di riforma della sentenza che ha pronunciato sull’estinzione del processo a norma e nelle forme dell’art. 308. ART 356 : AMMISSIONE E ASSUNZIONE DI PROVE Il giudice di appello può con ORDINANZA disporre l’assunzione dei mezzi di prova oppure la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avvenuta in primo grado e dare disposizioni per lacontinuazione del giudizio. Sappiamo che il principio di inammissibilità di nuovi mezzi di prova in appello può essere superato se la parte dimostri di non averli potuti produrre in primo grado per causa ad essa non imputabile, quando venga deferito giuramento decisorio e quando il giudice ritenga che i nuovi mezzi di prova siano indispensabili. Il secondo comma della norma esprime un importante principio: quando il giudice di primo grado siè pronunciato con sentenza non definitiva e questa sia stata impugnata immediatamente in appello, la cognizione del giudice di appello è limitata alla questione che è stata risolta con la sentenza non definitiva,non può andare oltre sulla restante parte della causa. Quindi non può il giudice di appello disporre nuove prove riguardo alle domande e alle questioni non risolte in primo grado, il giudice non può svolgere alcuna attività in relazione alla arte di causa non interessata dalla sentenza non definitiva che è stata impugnata e sulla quale ancora c’è dichiarata la prosecuzione dell’istruzione. Sezione Seconda: Il Ricorso per Cassazione Nozioni e caratteri La Corte di Cassazione nasce in Francia dopo la rivoluzione francese come organo politico, ovvero come organo di controllo della magistratura che assicurasse l’applicazione della legge da parte dei magistrati. Dunque, non nasce come organo giurisdizionale ma come organo contro il potere giurisdizionale. Con il passare del tempo, dopo aver scongiurato il rischio di una ribellione del magistrato alla legge, imposta dal sistema, la Corte di Cassazione si trasforma in un vero e proprio organo giurisdizionale e al vertice della giurisdizione. È la Cassazione l’organo(deputato a risolverei conflitti di attribuzioni) che decide in ultima istanza a quali delle giurisdizioni previste nel nostro sistema appartiene una determinata causa. La corte di cassazione è l’organo supremo della giurisdizione che da un lato è GIUDICE che opera sul caso concreto, dall’altro attraverso l’attività NOMOFILACHIA assicura l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del diritto nazionale,perché le sentenze da essa emanate vengono raccolte in massimari e costituiscono dei precedenti che, pur non essendo vincolanti, finiscono con l’influenzare i giudici di merito nelle loro decisioni. Il ricorso in cassazione è : un mezzo di impugnazione ordinario,infatti la sua proposizione impedisce il passaggio in giudicato della sentenza come avviene anche per l’appello; un mezzo d’impugnazione a critica vincolata, infatti a differenza dell’appello(che è mezzo d’impugnazione acritica libera) è subordinato alla deduzione dei motivi indicati nel 360(cioè è proponibile solo per uno dei 5 vizi espressamente indicati nel 360: non qualunque vizio che inficia la sentenza può essere fatto valere con ricorso in cassazione ma bisogna che ricorra una delle ipotesi tassativamente previste dal legislatore, altrimenti quel vizio rimane sanato). Il ricorso in cassazione si propone sostanzialmente per violazione di legge e il motivo principale per l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 il quale si ricorre in cassazione è la necessità e la volontà di denunziare la violazione di una norma di legge da parte del giudice del precedente grado di giudizio. Si impugnano in cassazione: LE SENTENZE DI SECONDO GRADO , LE SENTENZE PRONUNCIATE IN UNICO GRADO E LE SENTENZE PREVISTE ESPRESSAMENTE COME NON APPELLABILI. (ad es. le sentenze pronunciate dal giudice secondo equità). PER VERDE “ sentenza” non è solo il provvedimento che abbia solo formalmente tale nome ma anche il provvedimento che pur diversamente nominato abbia contenuto decisorio, capace cioè di incidere definitivamente sulle situazioni giuridiche dei privati,benché privo della veste formale dellasentenza. In questo caso il ricorso viene proposto in applicazione dell’art 111 cost. per violazione di legge. Anche il ricorso per cassazione,come gli altri mezzi di impugnazione, è previsto nell’interesse della parte che si ritenga lesa dalla ingiustizia della sentenza. ECCEZIONE: l’art 363 prevede,però, una particolare figura di ricorso proponibile dal PROCURATORE GENERALE presso la corte di cassazione, quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini o vi hanno rinunciato. Tale ricorso viene definito “nell’interesse della legge” * e la sua decisione non influisce più sui rapporti tra le parti ma viene provocata al solo scopo di determinare una pronuncia della suprema corte nella sua funzione di guida nella interpretazione della legge,generalmente per togliere valoredi precedente alla sentenza impugnata. * oggi intitolato “al principio di diritto nell’interesse della legge”: a riguardo ci sono tre novità. La prima riguarda i casi in cui il procuratore generale può farvi ricorso, per il passato questi casi riguardavano le sentenze non più ricorribili oggi riguardano anche i provvedimenti non ricorribili e non altrimenti impugnabili; la seconda riguarda la disciplina dell’iter che è senza contraddittorio; la pronuncia sul principio di diritto può essere effettuata anche d’ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è ritenuto inammissibile. 9 I motivi del ricorso Il ricorso non può essere proposto per dolersi della ingiustizia della sentenza ma per provocare il controllo della S.C. su taluni specifici motivi di doglianza che rientrano tra quelli indicati nel 360. distinguiamo i cd errores in procedendo ovvero errori compiuti durante il procedimenti ossia errori nella osservanza delle norme giuridiche che regolano lo svolgimento del processo e i cd errores in iudicando quando il vizio si è verificato al momento della decisione ossia in ordine alla norma di diritto sostanziale applicata dal giudice di appello. Ai sensi dell’ art. 360 comma I è ammesso ricorso in cassazione: per motivi attinenti alla GIURISDIZIONE: i motivi in esame riguardano una delle questioni descritte nell’art 37,ovvero, la violazione delle norme sulla giurisdizione. La proponibilità di tale motivo è esclusa quando la stessa corte abbia già statuito sulla giurisdizione in sede di regolamento di giurisdizione. per violazione delle norme sulla COMPETENZA : quando non è prescritto il regolamento di competenza. La norma precisa che è possibile il ricorso in cassazione solo quando non è prescritto il regolamento di competenza necessario. Per cui,oggetto del ricorso deve essere una sentenza che non si sia pronunciata solo sulla competenza. Infatti,qualora, si trattasse di una sentenza che si sia pronunciata solo sulla competenza,la parte soccombente potrebbe far valere il vizio soltanto per mezzo del regolamento di competenza necessario per violazione o falsa applicazione di NORME DI DIRITTO: si tratta dei cd errores in iudicando. Giurisprudenza e dottrina ritengono che debba trattarsi di norme di diritto sostanziale e che per diritto debba intendersi non solo la legge dello stato ,ma qualsiasi fonte normativa secondaria e tutte le norme di diritto processuale e anche le norme di diritto straniero. In ogni caso non sono impugnabili per il motivo in esame le sentenza pronunciate secondo equità. *accanto alla l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 - l’indicazione della procura. L’eventuale decreto di ammissione al gratuito patrocinio. Nel caso di ricorso per saltum,l’accordo delle parti. PER LA TEORIA DELL’AUTOSUFFICIENZA: La recente giurisprudenza ritiene inammissibile il ricorso che non sia AUTOSUFFICIENTE ritenendo tale quello avente autonomia necessaria a consentire senza il sussidio di altre fonti l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, non essendo la corte tenuta a ricercare al di fuori del contesto del ricorso le ragioni che dovrebbero sostenerlo. Nel redigere il ricorso la parte, quando faccia valere uno dei motivi previsti dal 360(1-2- 3-4),a norma del nuovo art.366 bis(introdotto dalla riforma del 2005) deve illustrarlo concludendo a pena di inammissibilità con la formulazione di un QUESITO DI DIRITTO che consenta alla Corte di enunciare un corrispondente principio di diritto; * a tal proposito ciò che crea preoccupazione è la previsione che tale formulazione debba consentire alla Corte di enunciare un corrispondente principio di diritto. Se la prescrizione fosse da intendere in maniera rigorosa la Corte dovrebbe dichiarare l’inammissibilità del ricorso tutte le volte in cui ritenesse di dover dare una risposta diversa o non omogenea con il quesito,ossia in maniera non corrispondente. Ma,questa conclusione sarebbe sconcertante perché il ricorrente non può conoscere a priori quale sarà l’orientamento della corte sulle questioni prospettate. Quando faccia valere il motivo del 360 n. 5 deve indicare chiaramente IL FATTO CONTROVERSO in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria,ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. In ogni caso è necessaria l’indicazione specifica degli “atti processuali,dei documenti,dei contratti collettivi sul quale il ricorso si fonda” cui è collegato l’onere, a pena di improcedibilità del DEPOSITO relativo, previsto in occasione del deposito del ricorso. Ai sensi dell’ART 369: “ il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte a pena di inammissibilità, nel termine di 20 giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è stato proposto “ ( il deposito del ricorso è l’atto immediatamente successivo al compimento di alcune attività che la legge prevede come atti di impulso necessari alla prosecuzione dell’impugnazione). Insieme al ricorso vanno depositati sempre a pena di improcedibilità: - il decreto di concessione del patrocinio gratuito, qualora ci sia stato; - la copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con l’eventuale relata dinotificazione; - la procura speciale se questa è conferita con atto separato; - gli atti , i documenti , gli accordi e i contratti collettivi sui quali il ricorso si fonda. CONTRORICORSO - RICORSO INCIDENTALE - RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO. L’art 372 precisa che non possono essere depositati documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi di giudizio, tranne quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso. La parte contro cui il ricorso è diretto, ovvero il convenuto ha diverse possibilità: Se si limita ad una MERA DIFESA, chiedendo il rigetto del ricorso, notifica CONTRORICORSO ART 370 ,si tratta di un atto mediante il quale la parte contro cui è diretto il ricorso in cassazione chiede il rigetto della domanda. Ha natura meramente difensiva in quanto il resistente vi espone solo le ragioni che dovrebbero portare al rigetto del ricorso. Il controricorso va notificato al ricorrente entro 20 giorni decorrenti dalla data di scadenza per il deposito del ricorso ed il controricorso, insieme con gli atti e i documenti e con la procura speciale, se conferita con atto separato ,deve essere depositato entro 20 giornidalla notificazione. In mancanza la parte può partecipare solo alla discussione orale. Nel caso di soccombenza ripartita la parte può proporre RICORSO INCIDENTALE ART 371, è lo strumento attraverso il quale il l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 resistente impugna a sua volta la sentenza permotivi diversi da quelli posti a fondamento del ricorso principale e in relazione a questioni sulle quali risulti soccombente.Con esso chiede la cassazione della sentenza impugnata per la parte in cui lo pregiudica. Tale ricorso va inserito nell’atto contenente il controricorso, mase si tratta della parte alla quale è stato notificato ricorso per l’integrazione del contraddittorio(art.331), oppure quella a cui è notificato il ricorso in caso di cause scindibili(art.332), deve proporre l’eventuale ricorso incidentale nel termine di 40 giorni dalla notificazione. La soccombenza può essere solo teorica, quando la parte pur essendo vittoriosa nel merito e cioè sulle domande,abbia visto rigettare o dichiarate assorbite le eccezioni proposte o le questioni rilevabili d’ufficio. Si pone in questo caso , il problema della ammissibilità del RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO * ART 371 ,cioè subordinato all’accoglimento del ricorso principale. La prevalente giurisprudenza si pronuncia in terminipositivi solo per l’ipotesi di soccombenza effettiva su questioni preliminari o pregiudiziali esaminate.Cioè si ritiene che se le questioni preliminari(di merito o processuale) siano state decise in senso sfavorevole alla parte risultante totalmente vittoriosa nel merito,quest’ultima è tenuta a proporre il ricorso incidentale condizionato.In mancanza,la questione non potrebbe essere riproposta in sede di rinvio. Invece,se il giudice di merito ha ritenuto tali questioni assorbite dall’accoglimento delle altre tesi,non è soccombenza neppure teorica,così che non è necessario il ricorso incidentale condizionato,perché la questione può essere riproposta. Il ricorso incidentale condizionato è detto così perché la parte subordina l’esame del proprioricorso incidentale all’accoglimento del ricorso principale proposto dalla controparte. Infatti,l’esame del ricorso condizionato, in quanto non vi è soccombenza su domande o capi di domande, avviene in caso di accoglimento del ricorso principale proposto dalla parte che è invece,rimasta soccombente nel merito. Infatti solo se la corte ritiene di accogliere anche uno solo dei motivi del ricorso principale,dovrà riesaminare quelle questioni e se ritenute fondate annullare la sentenza per i motivi esposti nel ricorso incidentale condizionato. Il rischio per la parte che è vittoriosa nel merito è di vedere cassare una sentenza che gli aveva dato ragione. Infatti,parte della dottrina riteneva che il vincitore nel merito non ha interesse ad impugnare in via incidentale,in realtà l’interesse potrebbe nascere dall’eventuale accoglimento del ricorso principale. La suprema Corte ha però ritenuto che per quanto riguarda le questioni rilevabili d’ufficio(in particolare la questione di giurisdizione) è possibile l’esame immediato del ricorso incidentale condizionato prima ancora di quello principale. E’ ben possibile,quindi, che la parte vincitrice nel merito si trovi poi di fronte ad una decisione della corte che dichiarando ad esempio il difetto di giurisdizione cassi quella sentenza.Questo è ,in realtà,è previsto dal legislatore allo scopo di scoraggiare ricorsi incidentali condizionati su tali questioni. VICENDE ANOMALE e RINUNCIA Il procedimento in Cassazione, diversamente dal 1°grado e dall’appello, una volta iniziato con l’atto di impulso di parte , segue in via ufficiosa. È per questo che non si ritiene applicabile in Cassazione l’istituto dell’interruzione e sicuramente non può esserci estinzione per inattività di parte. E’invece,possibile l’estinzione per rinuncia. Infatti, l’art. 390 prevede la sola ipotesi della rinuncia, che è un atto abdicativi con cui la parte dismette di far valere il suo interesse, provocando l’estinzione del processo. La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale con atto sottoscritto dalla parte stessa o dal legale, che va poi notificato alle parti costituite oppure comunicato agli avvocati che vi oppongono il visto. Può riguardare solo qualche motivo di ricorso o qualche parte della sentenza; obbliga il rinunciante a pagare le spese; implica l’estinzione del rapporto processuale in cassazione. Sulla rinuncia si deve però comunque pronunciare la Corte,la quale se non deve decidere altri ricorsi ,si pronuncia con decreto del presidente,altrimenti con sentenza. l lOM oAARRccP SDD||145357178462938 ASSEGNAZIONE ALLA SEZIONE O ALLE SEZIONI UNITE Art.376 c.p.c. Il primo presidente assegna il ricorso ad una delle sezioni salvo che non ritenga di riservarlo alle sezioni unite. Le sezioni unite sono un organismo complesso al quale sono affidate per legge le questioni che attengono alla giurisdizione e in base alla valutazione del 1°presidente(anche su richiesta di parte),quelle per cui vi sia contrasto tra le sezioni semplici o quelle di massima importanza. Art 377 c.p.c. Qualora il ricorso non è rimesso alle sezioni unite,il presidente fissa l’udienza di discussione e ne da notizia alle parti ,le quali fino a 5 giorni prima possono presentare memorie,nomina il relatore. Segue poi,l’udienza di discussione,nella quale il i difensori svolgono le loro difese e il P.M. conclude.Alla fine,la corte delibera in camera di consiglio,secondo le disposizioni dell’art.276 PROCEDIMENTI DECISORI Alla decisione dei ricorsi si può arrivare attraverso tre procedimenti:procedimento in camera di consiglio,procedimento normale(a sez.semplici),pronuncia dinanzi alle sezioni unite. L’art.375 c.p.c. prevede un procedimento abbreviato in camera di consiglio,che esclude ladiscussione in pubblica udienza.Tale art. è stato oggetto di riforma nel 2006. 1) ART 375 prevede il procedimento in CAMERA DI CONSIGLIO : la corte pronuncia sia a sezione unite che a sezione semplice in camera di consiglio quando riconosce di dovere: - dichiarare L’INAMMISSIBILITA’ del RICORSO PRINCIPALE E INCIDENTALE eventualmente proposto; - ordinare L’INTEGRAZIONE DEL CONTRADDITTORIO o disporre che sia eseguita la NOTIFICAZIONE dell’impugnazione a norma del 332(cause scindibili)ovvero che sia rinnovata la notificazione,questa è una novità della riforma; - dichiarare L’ESTINZIONE DEL PROCESSO tranne nel caso di rinuncia. Questo punto è stato riformulato perché prima prevedeva l’ipotesi di rinuncia al ricorso,oggi disciplinata totalmente dall’art.391 che prevede che l’estinzione del processo per rinuncia si esprime con decreto del presidente e non più con ordinanza. Quindi la corte si pronunci con ordinanza in camera di consiglio quando deve dichiarare l’estinzione del processo in ogni altrocaso diverso dalla rinuncia. Deve pronunciare sulle istanze di REGOLAMENTO DI COMPETENZA E di GIURISDIZIONE; accogliere o rigettare il ricorso principale e il ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza o dichiararne l’inammissibilità per mancanza dei motivi del 360 o per difetto dei requisiti del 366 bis si vede che si da autonomo rilievo all’ipotesi di inammissibilità per mancanza dei motivi e dei requisiti,anche se tali situazioni si potevano far rientrare nel n°1,quasi a sollecitare l’attenzione del giudice. Se convivono ricorso principale de incidentale l’inammissibilità e l’infondatezza devono riguardare entrambi,se riguardassero uno solo si imporrebbe la trattazione congiunta in pubblica udienza. La nuova disciplina ha inteso potenziare il procedimento in camera di consiglio che esclude la discussione in pubblica udienza e si presta a decisioni più rapide. Per questo motivo è stato inserito l’art. 380 bis(che assorbe e modifica parte del precedente art.375).L’art.380 bis prevede che per l’art.375 comma 1 , numeri 1-2-3-5(tranne cioè che nell’ipotesi di istanza di regolamento di giurisdizione o di competenza), se il relatore ritiene che non è necessaria la decisione in udienza deposita in cancelleria una relazione contenenteuna concisa esposizione della vicenda e delle ragioni per le quali ritiene possibile la decisione camerale. Il presidente della sezione fissa con decreto l’adunanza della corte. Relazione e decreto sono comunicati al pubblico ministero e notificati agli avvocati delle parti almeno 20 giorni prima della data stabilita per l’adunanza. Le parti e il pm possono presentare memorie e il secondo conclusioni scritte non oltre 5 giorni prima di tale data. Possono chiedere poi di essere sentiti nei casi di inammissibilità del