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Il ruolo della follia nel teatro, Tesine universitarie di Letteratura

Un'analisi che mette in relazione due opere di Eduardo de Filippo (Filomena Marturano e La grande magia) e un'opera di Pirandello (Enrico IV), analizzando la follia e la figura femminile nelle suddette opere.

Tipologia: Tesine universitarie

2021/2022

Caricato il 18/06/2023

alecfn
alecfn 🇮🇹

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Scarica Il ruolo della follia nel teatro e più Tesine universitarie in PDF di Letteratura solo su Docsity! Uomini, donne, tragedie. La follia come accettazione della realtà. Per far fronte ad un argomento così complesso come la comparazione di tre opere sarebbe bene cominciare dal delineare le linee guida dei temi che saranno presi in considerazione. Le figure femminili in tutt’e tre le opere sono fondamentali: Enrico IV che si distacca dalla sua volontaria follia per qualche scena perché ferito da Matilde Spina che è andata a trovarlo in compagnia del suo amante; Marta che chiede a Otto di darle la possibilità di passare del tempo con il suo amante, con cui scappa e da questo nascerà il gioco d’illusione in cui Calogero resterà bloccato per anni; Filumena Marturano (ruolo scritto da Eduardo de Filippo sotto richiesta di sua sorella, la quale credeva non ci fossero abbastanza ruoli di spicco per le donne) è il grande esempio di donna protagonista, che decide l’andamento degli eventi riuscendo a condizionare il comportamento degli altri personaggi. La donna ha quindi una grande influenza sulla vicenda, non importa che abbia il ruolo da protagonista o che dica solo poche battute in tutto. Questo aspetto, però, è stato molto trattato in diverse occasioni, di conseguenza mi piacerebbe analizzare la reazione degli uomini alle azioni delle donne, come venga percepita la famiglia e perché alla fine gli uomini scelgano di abbandonarsi alla follia. La grande magia All’hotel Metropole l’argomento sulla bocca di tutti i clienti è la coppia formata da Marta e Calogero. Lui è estremamente geloso, mentre lei, donna molto bella, non può muovere un passo senza il consenso del marito. I clienti scoprono, inoltre, che per quel giorno è previsto un numero di magia, molto ben presentato da alcuni ospiti dell’albergo che sostengono di essere aver preso parte ad un gioco che per gli spettatori è durato pochi secondi, ma a loro è sembrato durare anni. Arriva sulla scena Otto, il mago, che, accordatosi con l’amante di Marta, attraverso un esercizio di illusionismo farà sparire la donna per permette a entrambi di trascorrere un quarto d’ora insieme. Arriva la sera, Otto compie il suo numero e intrattiene il pubblico per il tempo necessario al ritorno di Marta, non sapendo che i due amanti nel frattempo erano scappati insieme. Calogero chiede al mago di fare ritornare sua moglie e Otto, non volendo rivelare il tradimento, convince Calogero che sia moglie si trova in una scatola: se lui avrà fede e aprirà la scatola sua moglie riapparirà, mentre se lui non avrà fede e aprirà la scatola Marta sarà persa per sempre. Calogero decide di non aprire la scatola. Nel secondo atto, che si svolge nella casa di Otto qualche tempo dopo la messa in scena della magia, Calogero, accompagnato da un brigadiere, chiede al padrone di casa dove sia sua moglie. Otto racconta al brigadiere di come Marta sia scappata con il suo amante, poi convince Calogero di trovarsi ancora nel gioco magico, che a lui sembra passato molto tempo, ma in realtà si trova ancora all’hotel e sono passati solo pochi minuti. Nell’ultimo atto, quattro anni dopo la scomparsa di Marta, Calogero è convinto di trovarsi ancora nel gioco, per questo decide di non mangiare, non bere né andare più in bagno. Otto arriva a casa di Calogero e lo persuade a riprendere la sua normale vita affinché il gioco finisca. Mentre Calogero mangia un piatto di spaghetti, Otto, venuto a sapere del ritorno di Marta, torna in scena vestito come la sera in cui si trovava all’hotel, e fa riapparire Marta. Calogero, però, si rende conte di non essere tornato al Metropole, quindi, non volendo credere a un possibile tradimento della moglie, continua a credere di trovarsi nel gioco e riprende la scatola chiusa in cui dovrebbe trovarsi sua moglie. Quando Calogero, nel finale, rivede sua moglie, ma capisce di non fare parte di un complicato intrigo magico, ancora una volta trova rifugio follia, nell’immaginazione. Ha perduto la sua famiglia e ne ha la responsabilità, non sapendo cos’altro si abbandona alla deriva. CALOGERO – Hai creduto di averlo fatto. Credi perfino di essere in casa mia: ma non è vero. È la successione continua delle tue immagini accumulate. Ora sono io che faccio rivivere in te le immagini mnemoniche. Lei (indica la moglie) appare come una comune moglie adultera ma che in realtà non esiste: e tu come un meraviglioso giocoliere, ma sei un’immagine. Il giocoliere più importante sono io, ora! Continuiamo il giuoco, professore! Il tempo è in noi stessi, non gli facciamo i conti addosso, giorno per giorno, come dei bottegai. Guarda con il mio terzo occhio. (Indica il fondo della camera) Lì c’è il pubblico che aspetta! (Mostrando la platea) Quello è mare… E sembrerà un secolo, ma poi ci accorgeremo che il giuoco è durato un attimo! 4 In questo senso è interessante aprire un inciso sul significato che assumono i capelli bianchi per l’uomo. Calogero crede di far parte ancora del gioco perché i suoi capelli non ritornano ad essere completamente neri come erano quattro anni prima quando si trovava all’hotel. I suoi capelli simboleggiano il tempo che lui ha perso e che non può più recuperare, il tempo che ha passato lontano da sua moglie e che molto probabilmente inizia prima della sua fuga. CALOGERO – (non del tutto convinto, ricorre alla scatola per guardarsi nello specchietto) Ma i capelli sono grigi. Perché non sono ritornati neri?5 Enrico IV 4 Ivi, pag. 28 5 Ivi, pag. 26 Per rendere più comprensibile la trama di quest’opera di Luigi Pirandello bisogna seguire l’ordine cronologico della vicenda. Durante una rievocazione storica, un uomo cade da cavallo, sbatte la testa su una roccia e, quando si risveglia, crede davvero di essere Enrico IV, il personaggio da lui interpretato. Tutta la vita di Enrico IV è stata adattata alla sua condizione, infatti vive senza energia elettrica e ha a suo servizio quattro consiglieri segreti, cioè uomini pagati affinché si prendano cura di lui e lo facciano vivere coerentemente con il periodo storico a lui affine, con l’appoggio della sua famiglia e dei suoi conoscenti. Dopo 12 anni Enrico IV rinsavisce, ma si rende anche conto che ha perso la donna che amava, la marchesa Matilde Spina, che ora ha una relazione con Tito Belcredi, quindi decide di continuare a fingere la sua follia per non dover affrontare la sua nuova vita. Belcredi, Matilde e sua figlia Frida e un dottore si recano, vent’anni dopo la caduta da cavallo, da Enrico IV per cercare una cura alla sua condizione . Il dottore, travestitosi per avere la possibilità di incontrare l’uomo, arriva alla conclusione che per curarlo sia necessario riportarlo al momento dell’incidente, grazie alla somiglianza tra Frida e la Matilde di vent’anni prima. Enrico IV, mentre gli altri preparano la messinscena, rivela ai suoi consiglieri di star fingendo la sua pazzia. I consiglieri avvisano gli altri che Enrico IV è sano e Matilde e Belcredi vogliono riportarlo nel mondo del Novecento. Enrico IV, spaventato, rivede in Frida il suo passato e cerca di abbracciarla. Lei si ritrae spaventata e Belcredi tenta di allontanarlo, Enrico IV allora lo ferisce. Enrico IV può così continuare a vivere la sua vita nella follia. Enrico IV finge la sua follia per anni, l’equilibrio iniziale dell’opera si fonda proprio su questo. Tutti i personaggi che si trovano sulla scena sono stati condizionati nelle loro vite dalla pazzia di Enrico IV. Scoprire che in realtà lui abbia finto questa condizione significa cambiare le carte in tavola, aprire lo strappo nel cielo. Pirandello infatti scriveva: “Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta”6 Enrico IV riesce a mantenere la sua maschera finché non viene messo in crisi dalla vista di Matilde con il suo amante. Non riesce più a rimanere nella sua parte quando la realtà entra a gamba tesa nella sua recitazione. Se Calogero aveva perso la ragione quando Marta aveva deciso di scappare con il suo amante, Enrico IV non può più fingere la sua follia quando Matilde ritorna nella sua vita, anche lei con il suo amante. Enrico IV- […] debbo farla pentire d’esser venuta qua! Da suocera oh, mi s’è mascherata…E lui da padre abate…- E mi portano con loro un medico per farmi studiare…E chi sa che non sperino di farmi guari-re…Buffoni! – Voglio avere il gusto di schiaffeggiargliene almeno uno: quello! – È un famoso spadaccino? M’infilzerà…Ma vedremo, vedremo…7 Anche in quest’opera riemerge la questione dei capelli, in questo caso tinti da Enrico IV in un biondo ridicolo. Enrico sostiene di farlo per ridere, mentre accusa Matilde di farlo per ingannare se stessa e il tempo che passa. Enrico IV- […] importa che questa mia tintura non possa essere, per voi, il color vero dei miei capelli? – Voi, Madonna, certo non ve li tingete per ingannare gli altri, ne voi; ma solo un poco – poco poco – la vostra immagine davanti allo specchio. Io lo faccio per ridere. Voi lo fate sul serio.8 6 Il fu Mattia Pascal, Luigi Pirandello 7 Enrico IV, Luigi Pirandello, pag. 75 8 Ivi, pag. 42 a me, ca pe’ nun te da’ nu dulore, me sarrìa stata zitta, nun avarìa parlato manco mpunt’ ‘e morte… e tu, tu sarrisse stato ll’ommo generoso c’aveva fatto bene a tre disgraziate.,. (Pausa). Nun m’ ‘addimannà cchiu pecché nun t’ ‘o ddico.12 Domenico cede, sposa Filumena e riconosce Umberto, Michele e Roberto come suoi figli, si commuove quando tutti e tre lo chiamano “papà”. Accetta completamente questa illusione, riconosce che i figli sono tutti uguali, anche se non sono tutti suoi biologicamente. Domenico-‘E figlie so’ ffiglie… E so’ tutte eguale… Hai ragione, Filume’, hai ragione tu!13 L’opera di Eduardo ebbe un grande successo e ispirò anche il film “Matrimonio all’italiana”, in cui Sophia Loren interpreta Filumena Marturano e Marcello Mastroianni Domenico Suriano. Questo film, in realtà, si discosta parecchio dall'opera originale di Eduardo de Filippo (che comunque restò fuori dal progetto). Il film, per quanto recitato e girato in maniera magistrale, è molto diverso dalla originale ed è molto concentrato sulla figura di Sophia Loren, che con il suo carisma sovrasta la figura di Filumena Marturano. Un’altra trasposizione cinematografica è quella del 2022 curata da Francesco Amato per Rai fiction. Il regista ha deciso di rimanere il più fedele possibile all’opera originale di Eduardo de Filippo. Di grande effetto sono i flashback in cui si ricorda il passato da prostituta di Filumena Marturano, che si inframezzano alle altre scene del film e che culminano nella scena in cui si svela che Filumena e Domenico si sono conosciuti proprio mentre lei era una prostituta. 12 Filumena Marturano, Eduardo de Filippo, pag. 36 13 Ivi, pag. 39 Il film del 1951, che aveva come regista proprio Eduardo de Filippo, è, però, la versione più bella e commovente. L’interpretazione di Titina de Filippo è reale e credibile, forse anche perché il personaggio di Filumena fu scritto proprio per lei da Edoardo. Conclusione Le tre opere sono caratterizzate dall’atmosfera di illusione e follia. I personaggi non vogliono che le cose per loro cambino, tentano in tutti i modi di mantenere quell’equilibrio che a stento sono riusciti a creare. Questo è anche il riflesso del periodo storico di grande instabilità in cui sono state scritte (Enrico IV nel 1922, Filumena Marturano nel 1946 e La grande magia nel 1946), ma il periodo storico è anche riflesso nel comportamento delle donne, che diventano intraprendenti, più libere, anche se ancora non del tutto emancipate. In questo si può notare la più grande differenza tra Filumena Marturano, Matilde Spina e Marta di Spelta. Matilde, ai fini dell’opera è una donna innamorata e contesa tra due uomini, le sue azioni sono determinanti per lo più perché causano una reazione da parte degli uomini. Marta, invece, prende in mano la sua vita, cambia scappando col suo amante, poi ritorna cercando di riprendere il suo posto accanto al marito, ma la sua assenza ha irrimediabilmente cambiato la concezione dell’esistenza per suo marito. Infine Filumena è una donna molto emancipata, con un passato da prostituta (condizione che per un’altra donna avrebbe significato l’allontanamento dalla società) riesce a riprendere in mano la sua vita, a prendersi cura dei suoi figli e a sposare l’uomo che in fondo ha sempre amato. Tutti i protagonisti maschili, al contrario, lottano perché le loro vite non vengano scosse, cercano di galleggiare sull’equilibrio che a poco a poco sono riusciti, più o meno stabilmente, a imporre. Quando questo equilibrio viene meno, entra in gioco l’illusione, le immagini fittizie a cui gli uomini scelgono di credere pur di non vedere la loro posizione persa e la loro vita stravolta. Sotto questo aspetto le opere sono simili a “Zio Vanja” di Cechov. Un singolo evento trasforma le vite di tutti i personaggi: Serebrijakov e la sua giovane moglie Elena si trasferiscono nella tenuta di campagna, mantenuta dalla figlia di Ivan Sofia e dal fratello della sua prima moglie, Ivan. Nella tenuta arriva anche Astrov, medico incaricato di curare Serebrijakov. Sia Astrov che Ivan si innamorano di Elena, mentre Sofia si innamora di Astrov. Qui però l’opera di Cechov assume un aspetto differente rispetto a quelle di de Filippo e di Pirandello: i personaggi capiscono di voler cambiare le loro vite, anche se questo significa sconvolgerle e fanno di tutto perché i loro desideri si realizzino. Nonostante questo però, alla fine tutti si ritrovano esattamente nella stessa situazione in cui si erano presentati all’inizio. Le tre tragedie hanno dunque un ruolo storico-culturale ben preciso: scandiscono l’emergere della donna e di un concetto di femminilità nuovo e meno incatenato anche se la risposta degli uomini, in un primo momento, non può che essere la follia. Bibliografia Luigi Pirandello, Enrico IV (a cura di R. Morabito, Garzanti, 2012). Eduardo de Filippo, Filumena Marturano, Einaudi 1997.