Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Il trauma psicologico. Nuove frontiere di ricerca, Sintesi del corso di Psicologia Generale

Il trauma psicologico. Nuove frontiere di ricerca.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Il download di questo documento non è attualmente disponibile


In vendita dal 27/02/2020

velia-d-arrigo
velia-d-arrigo 🇮🇹

4.6

(27)

7 documenti

1 / 16

Toggle sidebar

Il download di questo documento non è attualmente disponibile

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Il trauma psicologico. Nuove frontiere di ricerca e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! IL TRAUMA PSICOLOGICO. NUOVE FRONTIERE DI RICERCA PREFAZIONE Fino a 30anni fa, in Italia, quasi nessuno parlava di trauma psicologico. Fu Freud che durante i suoi studi a Parigi aveva sostenuto la possibilità di una nevrosi isterica su base traumatica,molte sue pazienti sviluppavano i sintomi come conseguenza di esperienze traumatiche di natura sessuale vissute all'interno della famiglia. In seguito Freud abbandonò la sua teoria traumatica (anche conosciuta come teoria della seduzione) per concentrarsi sugli effetti di fantasie e desideri sessuali inconsci e intrapsichici, piuttosto che sulle conseguenze delle esperienze reali. L'abbandono da parte di Freud di una teoria eziopatogenetica basata sul trauma ha condizionato lo sviluppo della psicoanalisi, che per decine di anni ha minimizzato l'impatto delle esperienze traumatiche sullo sviluppo psichico. Una voce fuori dal coro è stata quella di Sandor Ferenczi, amico di Freud e con lui fondatore della International Psychoanalytical Association, ​Il quale si occupò di trauma psicologico evidenziando i possibili effetti traumatici del comportamento di alcuni genitori, i quali fraintendendo gli atteggiamenti dei figli, possono arrivare a perpetrare degli abusi sessuali. La psicoanalisi è tornata ad occuparsi della realtà esterna e degli effetti psichici delle situazioni traumatiche solo dopo la metà del 900, grazie a importanti studiosi come Winnicott (che ha parlato esplicitamente di come si deve comportare un genitore per favorire lo sviluppo del figlio) e Bowlby (creatore della teoria dell'attaccamento). L’interesse scientifico per il trauma psicologico è iniziato dal 1980 con l’inserimento della diagnosi di Disturbo Post-Traumatico da Stress ​(PTSD) nella terza versione del Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali ​(DSM-III). Gli studi sull’attaccamento hanno evidenziato come il trauma psicologico non coincida con ​l'esperienza stressante, pericolosa o dolorosa, ma si manifesti solo nel caso in cui le capacità di adattamento dell’individuo non siano adeguate. Il vero trauma psicologico si manifesta quando l’attività mentale è influenzata negativamente da un’esperienza di pericolo attuale o passata, quindi si tratta di una risposta psicologica disadattiva all’esposizione al pericolo; questa condizione può essere la conseguenza di un singolo evento traumatico oppure di una serie ripetuta di esperienze, spesso avvenute durante l'infanzia, che nel complesso assumono un valore traumatico. In questo secondo caso si parla di ​trauma evolutivo ​(Schimmenti) e si riferisce a bambini che sono stati esposti ad un trauma interpersonale cronico (genitori non mentalizzante, inadeguati o rifiutati, gravi conflitti familiari, separazioni, perdite precoci o ripetuti abusi sessuali o fisici). Le capacità di affrontare le difficoltà della vita degli esseri umani sono grandi ma non sempre sufficienti; la possibilità di un adattamento o di uno sviluppo di un trauma dipende: 1. Dalle caratteristiche dell’individuo (età, maturità, pattern di attaccamento, strategie difensive, ecc) 2. Dalla disponibilità protettiva delle figure di attaccamento 3. Dalla gravità e imprevedibilità dell’evento pericoloso. Il concetto di trauma e di stress psicologico hanno ottenuto negli ultimi decenni un progressivo riconoscimento scientifico e di conseguenza le ricerche si sono sviluppate moltissimo; sulla base di questo conoscimento sono nati i primi centri specializzati per lo studio e la cura del PTSD e di ogni altra psicopatologia conseguente a un trauma psichico. 1 Ricercatori e clinici hanno inoltre cominciato a collaborare sulla condivisione dei risultati dei loro studi all’interno delle associazioni scientifiche dedicate al trauma psicologico e al lutto traumatico come L’ISSTD (International Society for the Study of Trauma and Dissociation), l’ISTSS (International Society for Traumatic Stress Studies) e l’ESTSS (European Society for Traumatic Stress Studies) o in Italia la SISST (Società Italiana per lo Studio dello Stress Traumatico). Inoltre l’interesse dei ricercatori e dei clinici ha permesso di elaborare tecniche terapeutiche sempre più specifiche che permettano di migliorare il controllo e la regolazione delle emozioni e degli stati somatici alterati dalle esperienze traumatiche. Molti esperti di trattamento del trauma sono del parere che nelle persone traumatizzate, gli interventi psicoterapeutici basati sugli aspetti più coscienti e razionali sono poco utili, in quanto le aree cerebrali prefrontali (responsabili della rappresentazione conscia delle emozioni e dei processi di mentalizzazione)sono inibite. Questo produce una ​disregolazione delle emozioni ​ed è la motivazione per cui nei soggetti traumatizzati si attivano risposte automatiche primitive, fenomeni di dissociazione, e di acting-out. Le stesse persone tenderanno ad utilizzare compulsivamente ​regolatori esterni delle emozioni ​(fumare, bere alcol, sostanze stupefacenti) per eccitare o sedare l'organismo nel tentativo di controllare i propri stati mentali disturbanti. Gli approcci terapeutici ai disturbi post-traumatici dovrebbero quindi mirare alla regolazione emozionale agendo più sul sistema limbico, sulle aree sottocorticali e sulle reazioni corporee. Bisogna utilizzare quindi trattamenti che aiutano a regolare lo stato emotivo attuale, piuttosto che su ricordi o esperienze passate; tra i trattamenti più importanti possiamo citare gli esercizi di mindfulness, la psicoterapia senso-motoria, l'EMDR, Trauma focused cognitive behavioral therapy. CAPITOLO 1 IL CONCETTO PSICHICO Trauma psicologico: si manifesta quando l'attività mentale è influenzata negativamente da un'esperienza di pericolo attuale o passata, quindi si tratta di una risposta psicologica disadattiva all'esposizione al pericolo. Trauma evolutivo: composto da una serie ripetuta di esperienze, risalenti spesso all'infanzia, che nel loro complesso assumono un valore traumatico. Trauma relazionale: durante la prima infanzia, caratterizzata da stati di mancanza di sintonia e di disgregazione prolungati all'interno delle relazioni di attaccamento precoci. La peste nel bacino del Mediterraneo portò alla morte di un terzo della popolazione europea. Chi sopravviveva alla peste aveva un trauma psichico profondo: per lo spettacolo di sofferenze e perché aveva perso i propri amici, o i propri familiari. Il terrore del contagio e della morte condizionava la vita individuale e collettiva. Singoli individui e comunità erano mossi dall'istinto di autoconservazione e dalla spinta alla sopravvivenza. La forza della paura e della disperazione rappresentavo il motore di ogni comportamento. Frenologi del 19esimo secolo: hanno mostrato una consapevolezza dell'esistenza del trauma psichico, delle sue manifestazioni e dei suoi fattori scatenanti. Essi credono che alcuni eventi possano agire in maniera dirompente sugli assetti psichici dell'individuo e modificarli. La scienza: ha sempre ignorato la sofferenza psichica causata dall'impatto con un evento sconvolgente e terrifico. A metà del 1800, maturano in ambito neurologico nuove teorie sui nervi e sui sintomi che cambiano radicalmente il modo di interpretare il modo di interpretare i sintomi e la sofferenza. Uno dei nuovi concetti che acquisisce un grande rilievo clinico e diagnostico è l'idea che i tessuti siano "eccitabili". Con l'affermarsi di 2 Un contributo del trauma psichico lo diede anche Freud con il suo concetto di tornaconto della malattia come principio esplicativo per eccellenza della spiegazione psicologica del trauma psichico. Per quanto riguarda invece l’accaduto delle migliaia di soldati colpiti dalle nevrosi traumatiche insorte a seguito della guerra. Di fronte a questi scenari, inizialmente la diagnosi di nevrosi traumatica venne abbandonata a favore di quella più neutra di nevrosi di guerra, secondo la quale l’insorgere dei sintomi rientrava nei limiti di una reazione normale alle condizioni di combattimento. Martin Reichardt nel 1922 affermava che la guerra aveva dimostrato che la nevrosi traumatica doveva essere considerata psicogena, che non è una malattia in senso stretto ma una reazione psichica. Per i medici militari del tempo erano ammissibili solo le reazioni iniziali di shock, che lo psichiatra militare inglese Charles Myers definì con la diagnosi di “shock da bombardamento”; se poi le reazioni iniziali non andavano incontro a remissione si attivava il dogma psichiatrico del tempo che sottointendeva “che una prognosi negativa dovesse essere la conseguenza di un di vulnerabilità premorbose”. La convinzione del mondo medico di trovarsi di fronte a dei simulatori degenerati e non ad uomini sofferenti era talmente forte e radicale che non mancarono esempi gravissimi di trattamenti che oggi possiamo considerare vere e proprie torture. Ad esempio in prof Wagner-Jauregg fu accusato di aver torturato i pazienti affetti da nevrosi belliche sottoponendo brutalmente all'elettroshock. Alcuni medici del periodo descrivevano questi pazienti come moralmente invalidi, e tra le autorità militari si sosteneva che questi uomini non dovevano essere considerati pazienti da curare ma soggetti da definire alla Corte marziale o da congedare con disonore. Venivano considerati dalla gente comune scemi di guerra. Durante la guerra di trincea il numero di vittime psichiatriche fu così elevato che fu necessario requisire ospedali destinati ad accoglierli. 3.2. ​La Seconda guerra mondiale. Prevedere-prevenire.curare i traumi psichici da combattimento ​Con la Seconda guerra mondiale si assiste alla rinascita del trauma da evento esterno reale che determinano risposte condizionate persistenti e tali da modificare profondamente la personalità del soggetto. Si cominciò ad affermare che qualunque uomo può avere un crollo su un campo di battaglia e che le malattie psichiatriche possono essere predette in diretta proporzione con l’intensità dell’esposizione al combattimento. Proprio per proteggere i soldati dalle angosce successive ad azioni di combattimento di particolare impatto emotivo, presero avvio le sedute post-operative di gruppo come forme di sostegno e protezione della salute psichica dei soldati, nate con il generale Marshall e poi divenute con il nome “debriefing” una forma di sostegno e protezione della salute psichica dei soldati. Un ambito che contribuì allo studio del trauma fu quello inerente alle atrocità dei campi di sterminio: psichiatri e psicoanalisti che sopravvisse sentirono l'esigenza di approfondire e comprendere quanto avevano osservato su se stessi e sui compagni deportati nei campi di sterminio. 3.3. ​La guerra del Vietnam. La richiesta di cure e di dignità pre le ferite psichiche da combattimento ​Dopo la fine della Seconda guerra mondiale furono messe da parte le conoscenze acquisite sulle nevrosi di guerra o sui traumi psichici da combattimento. 5 Il distacco da questi ambiti concettuali e clinici era così grande che nel 1968 in pieno conflitto con il Vietnam, il trauma da guerra era considerato così raro che l’Associazione Psichiatrica Americana eliminò dalla nuova edizione il disturbo da stress. Ma poco dopo la pubblicazione di quel manuale, un enorme numero di soldati americani, provati dal servizio in Vietnam, cominciò ad affollare i centri di assistenza. La società dopo la guerra non era pronta ad accogliere e curare i reduci. Durante gli anni Sessanta furono promossi moltissimi gruppi di sostegno reciproco in tutti gli Stati Uniti. Queste nuove sensibilità e le nuove consapevolezze maturate a livello culturale e scientifico portarono nel 1980 l’American Psychiatric Association ad includere nel suo manuale ufficiale dei disturbi mentali (DSM-III) una nuova categoria diagnostica denominata “ Disturbo Post-Traumatico da Stress”. 3.4. ​L’evoluzione del concetto di trauma nel DSM 5 Il Disturbo Post-Traumatico da Stress è stato inserito ufficialmente nel manuale diagnostico dell’ American Psychiatric Association nel 1980, per indicare una patologia che insorge in conseguenza dell’esposizione ad eventi stressanti di gravità estrema che mettono a repentaglio la propria e altrui incolumità. Nei primi anni Ottanta si faceva riferimento alle conseguenze psicologiche di soggetti esposti a operazioni di guerra. I soggetti con Disturbo Post-Traumatico da Stress rimangono incastrati nel ricordo terrifico incapaci di concentrarsi sul presente. Il disturbo è caratterizzato dalla continua intrusione nella coscienza di ricordi dolorosi a cui segue una forte attivazione fisiologica come relativi tentativi di impedire il riaffiorare dei ricordi attraverso strategie di evitamento attivo e passivo. Tutto ciò porta il soggetto ad avere problemi nella conduzione della propria vita quotidiana. Questo disturbo rappresenta un’eccezione all’interno del DSM-IV. Tale sistema nosografico intende mantenere una posizione definita ateorica, acausale, limitata alla descrizione sintomatologica dei disturbi, viene caratterizzato del tipo, natura e decorso dei sintomi e non sulla base delle sue cause. Gli studi condotti sul trauma hanno chiarito il ruolo del Disturbo Post-Traumatico da Stress come una delle risposte di vulnerabilità nelle vittime di eventi traumatici. I fattori che possono favorire lo sviluppo di un Disturbo Post-Traumatico da Stress sono: ● una vulnerabilità genetico-costituzionale a malattie psichiche traumi infantili ● alcune caratteristiche di personalità recenti stress o cambiamenti ● La mancanza di un adeguato sostegno sociale Grave o recente abuso di alcol ● Locus of control esterno Il quadro sintomatologico del Disturbo Post-Traumatico da Stress può essere raggruppato in tre parti: 1. La risperimentazione del trauma, attraverso ricordi, sogni, flashback a carattere intrusivo e ricorrente, a livello percettivo e affettivo 6 2. L’evitamento di tutte le situazioni che rievocano l’evento traumatico fino a uno stato dissociativo che comporta un senso di distacco ed estraniamento 3. L’ iperattivazione che si manifesta con la difficoltà modulare il grado di arousal anche di fronte a sollecitazioni ambientali di lieve entità Un approccio dimensionale è necessario per cogliere meglio le sfumature, ecco sorgere nel DSM 5 un processo di definizione meno rigido e più largamente fondato sull’identificazione delle dimensioni psicopatologiche. Con l’arrivo del nuovo DSM 5 il concetto di trauma viene definito nell’area dei disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti. All’interno della categoria disturbi correlati a eventi traumatici stressanti comprende: - Disturbo reattivo dell’attaccamento - Disturbo da impegno sociale disinibito - Disturbo da stress post-traumatico - Disturbo da stress acuto - Disturbo dell’adattamento - Disturbo post traumatico da stress per i bambini di sei anni e per quelli più piccoli Secondo Herman il trauma psichico è il dolore degli impotenti. Nel momento del trauma la vittima è resa inerme da una forza soverchiante. Per evento traumatico Van der Kolk intende un evento stressante, dal quale non ci si può sottrarre, che sovrasta le capacità di resistenza dell’individuo. Bessel Van der Kolk definisce gli stressor traumatici come quegli eventi che eludono i meccanismi attraverso cui normalmente interpretiamo le nostre relazioni, ordiniamo le nostre percezioni del comportamento altrui e ci creiamo schemi di interazione con la realtà. L’autore distingue tre differenti categorie di eventi traumatici: - La prima comprende quelli con durata limitata nel tempo, come per esempio un incidente o uno stupro - La seconda comprende situazioni sequenziali con possibile effetto cumulativo - La terza comprende un’esposizione prolungata condizione di stress, i quali possono provocare senso di insicurezza, incertezza, sentimenti di impotenza, insicurezza, compromissione della vita sociale e lavorativa La definizione di trauma può essere considerata da almeno due punti di vista: da una parte osserviamo che eventi oggettivi particolarmente dolorosi come violenze, guerre, busi, lutti, catastrofe possono compromettere la capacità di elaborazione mentale dell’individuo e rendere inefficaci le sue strategie di coping, dall’altra parte si evidenzia come il trauma può essere rappresentato da un sistema di risposte a eventi, che sebbene siano dolorosi, non appaiono di per sè oggettivamente sconvolgenti e disorganizzati. Gli eventi traumatici causano esiti psicopatologici di natura diversa e con diverse configurazioni di sintomi. La risposta post-traumatica si presenta come conseguenza di un evento sconvolgente capace di disorganizzare le normali capacità di rappresentazione di un individuo. Ricerche varie dimostrano che è un singolo evento traumatico produce risposte psicobiologiche e comportamentali che possono alterare la psiche dell’individuo influenzando la storia personale dell’individuo. 7 hanno sviluppato una sindrome post-traumatica e una forma di dissociazione strutturale più o meno grave. Il grado di traumatizzazione di un individuo, quindi, dipende da due fattori interagenti: le caratteristiche oggettive dell’evento traumatico e quelle soggettive che determinano l’energia psichica e l’efficienza mentale dell’individuo stesso. Numerosi studi confermano che eventi avversi accaduti durante l’infanzia incidono sulla successiva comparsa di disturbi psicopatologici sia con esordio infantile che con esordio durante l’età adulta. Il convergere di numerosi studi nel campo dello stress traumatico ha stimolato una riflessione sull’interrelazione tra natura del trauma ed esiti. In particolare, all’attenzione dei ricercatori in questo campo si è imposta una casistica rispetto alla quale pare più adeguato riferirsi nei termini di “trauma complesso”: si tratta, cioè, di bambini che hanno fatto esperienza di “eventi traumatici molteplici, cronici e prolungati, soprattutto di natura interpersonale e ad esordio precoce, spesso nel loro sistema di accudimento primario”. Questa nuova diagnosi muove dall’assunto che esposizioni molteplici a trauma interpersonale comportino chiare e prevedibili conseguenze su diverse aree su diverse aree del funzionamento del bambino, con effetti del trauma complesso sulle seguenti 7 aree del bambino: - attaccamento (difficoltà interpersonali e nella sintonizzazione emotiva con gli altri); - livello biologico (analgesia, somatizzazione, problematiche mediche nell’arco di vita); - regolazione dell’affetto (disregolazione emotiva del sé, scarsa comprensione degli stati interni del sé e dell’altro, incapacità di comunicare desideri e bisogni); - dissociazione (alterazioni dello stato di coscienza, depersonalizzazione, amnesia); - controllo del comportamento (scarsa modulazione degli impulsi, aggressività auto ed etero-diretta, abuso di sostanze, oppositorietà); - cognizione (disregolazione attentiva, difficoltà nel processamento degli stimoli, difficoltà di apprendimento, difficoltà nel programmare ed anticipare); - senso del se' (senso del sé carente, scarso senso della separatezza, disturbi dell’immagine corporea, bassa autostima, senso di vergogna e colpa). 4. Il trauma nella psicobiologia Fino agli anni Novanta, gli eventi traumatici sono stati studiati in termini psicologici/ psicopatologici-psichiatrici. Negli anni recenti se è cominciato ad indagare l’aspetto dell’impatto biologico del trauma con lo studio dei correlati neurobiologici, sotto la spinta degli studi rivolti alle relazioni cervello-comportamento. L’esperienza influisce sullo sviluppo cerebrale, e l’esperienza ambientale gioca persino un ruolo sulla differenziazione dello stesso tessuto cerebrale. Il trauma psicologico precoce esita non solo in una sensibilizzazione della reattività neurofisiologica. Esperienze traumatiche alterano l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene. Studi recenti hanno riscontrato in persone con diagnosi di Disturbo Post-Traumatico da Stress, sia adulti, veterani di guerra, sia bambini abusati, una riduzione delle dimensioni dell’amigdala e dell’ippocampo. La riduzione risulta più evidente filtrava è precoce e laddove il trauma sia ripetuto. CAPITOLO 4 10 IL RUOLO DEL TRAUMA INFANTILE E DEGLI EVENTI DI VITA STRESSANTI NELL’EZIOPATOGENESI DEI DISTURBI PSICOTICI Ipotesi dopaminergica della psicosi: ​ritiene che un’eccessiva attività dei neuroni dopaminergici dello striato sia responsabile dei sintomi psicotici positivi come deliri e allucinazioni, mentre una ridotta attività dei neuroni dopaminergici della corteccia prefrontale possa spiegare i sintomi negativi e cognitivi come apatia, abulia e difficoltà di concentrazione e memoria. Secondo questo modello l’iperattività dopaminergica striatale può essere considerata come “il vento che soffia sul fuoco della psicosi”, questa metafora permette di capire perché gli individui predisposti più spesso manifestino sintomi psicotici in seguito all’assunzione di sostanze stimolanti come le anfetamine, o tendono a polarizzare la loro attenzione su oggetti o temi particolari, attribuendo loro un valore o una salienza sproporzionata e facendone contenuto dei propri deliri. Successivamente, negli anni 90, l'affermazione del modello diatesi-stress e del modello biopsicosociale hanno portato l'attenzione sul ruolo dei fattori psicologici e sociali nel modulare il rischio biologico di sviluppare un disturbo psicotico. Secondo questo modello, negli individui vulnerabili, l'esposizione a eventi stressanti recenti stimola in maniera anomali i circuiti dopaminergici sottocorticali favorendo la comparsa dei sintomi psicotici. È soltanto all'inizio di questo secolo che vengono pubblicati i risultati di una serie di grandi studi epidemiologici relativi alla relazione fra traumi infantili, particolarmente abusi fisici e sessuali e sintomi psicotici. Questi studi sostengono l'esistenza di una forte associazione tra abusi infantili e sintomi psicotici riconoscendo l'esistenza di una relazione dose-risposta tra la gravità degli abusi esperti durante l'infanzia e la gravità dei sintomi psicotici nell'età adulta. EVIDENZE EPIDEMIOLOGICHE RECENTI Dal momento che gli eventi avversivi infantili rappresentano un fattore di rischio per numerosi disturbi mentali (inclusi disturbo post traumatico, dissociativi, depressivo e di personalità ) si è cercato di valutare se la probabilità di sviluppare questi esiti fosse differente o pari a quella di sviluppare i disturbi psicotici. La meta-analisi di Matheson ritiene che l'effetto dei traumi precoci sulle psicosi schizofreniche sia simile a quello sulle psicosi affettive, disturbo depressivo e di personalità, ma significativamente maggiore rispetto alla comparsa dei disturbi di ansia. Inoltre, I pazienti affetti da disturbi psicotici sono stati vittima nella maggior parte dei casi di abusi fisici nell'infanzia, maggiormente le donne rispetto agli uomini. I pazienti affetti da disturbi psicotici presentano una prevalenza di Disturbo Post-Traumatico da Stress almeno doppia rispetto alla popolazione generale e che una diagnosi aggiuntiva di PTSD comporta sintomi ansiosi depressivi più gravi e una maggiore probabilità di sviluppare deliri, allucinazioni, sintomi dissociativi e abuso di sostanze. Adult Psychiatric Morbidity Survey (APMS): ​l’analisi dei dati di questo studio, ha mostrato associazioni significative tra la separazione dai genitori e l’ideazione paranoide e tra l’abuso sessuale grave e le 11 allucinazioni uditive di tipo verbale, mentre l’abuso fisico è risultato associato sia a paranoia che allucinazioni. MECCANISMI ESPLICATIVI PSICOLOGICI Dal punto di vista psicologico la relazione tra stress psicosociale e disturbi psicotici riguarda due aspetti differenti: primo, il ruolo dei traumi infantili e della trascuratezza precoce nell’aumentare la vulnerabilità della persona ai disturbi psicotici; secondo la tendenza degli stress psicosociali dell’età adulta nel favorire l’esordio, la riacutizzazione e la persistenza dei sintomi psicotici. Secondo il modello cognitivo delle psicosi, l’esposizione ad abusi o perdite precoci, al bullismo e all’isolamento sociale, favoriscono l’insorgenza di sintomi psicopatologici più o meno gravi come ansia e depressione. Eventi avversi infantili compromettono la possibilità di stabilire attaccamenti sicuri con i caregiver e contribuiscono a strutturare modelli operativi interni caratterizzati dall’idea di essere deboli, inadeguati, cattivi. Questi individui sono caratterizzati da schemi negativi di sè e dell'altro e da problemi emotivi persistenti, inoltre sono più suscettibili di sviluppare sintomi psicotici a seguito di stress anche di modesta entità. Al tal proposito è stata proposta la “Experience sampling method”: è una tecnica per registrare le variazioni del tono dell’umore nell’arco della giornata e valutare la loro relazione con gli eventi stressanti della vita quotidiana e con l’andamento dei sintomi psicotici. L'altro fattore di vulnerabilità è rappresentato dagli errori di ragionamento e dalle distorsioni dei processi di attribuzione: presentano difficoltà nel selezionare gli stimoli rilevanti da quelli irrilevanti, difficoltà a interpretare le rappresentazioni facciali delle emozioni e le intenzioni degli altri, inoltre tendono a saltare troppo rapidamente alla conclusione. Il modello cognitivo delle psicosi ha proposto di spiegare le allucinazioni come il risultato della compromissione del processo d’identificazione della sorgente degli stimoli percettivi, per cui un pensiero interiore viene percepito come uno stimolo proveniente dall’esterno o le sensazioni legate al ricordo intrusivo di un’esperienza di abuso vengono esperite come provocate da stimoli attuali e reali. MECCANISMI ESPLICATIVI BIOLOGICI Gli adulti affetti da disturbi depressivi che sono stati esposti da bambini a stress precoci e prolungati presentano un aumento dei livelli di cortisolo e di adenocorticotropina, in risposta a stress psicosociali, come il parlare in pubblico o lo svolgimento di semplici calcoli aritmetici. Un quadro lievemente differente da quello dei pazienti depressi è stato osservato nei pazienti con PTSD e psicosi : questi presentano anche un aumento dei livelli di cortisolo basale in risp a stimoli lievemente stressanti. È stato ipotizzano che l'iperattività dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, in parte dipendente dall'esposizione a traumi precoci o eventi di vita stressanti, possa determinare una compromissione dei meccanismi di feedback inibitori regolati dal cortisolo e dall'ACTH, che a lungo termine determina un aumento dei livelli di cortisolo e una riduzione dei volumi dell'ipofisi e dell'ippocampo. Un ​modello psicopatologico integrato​, come quello proposto da Murray e Howes individua nei traumi infantili un elemento che, compromette la sicurezza dell’attaccamento e favorisce lo sviluppo di schemi negativi di sé e dell’altro, distorsioni cognitive, e uno stile attribuzionale orientato all’esterno. La 12 Per online grooming si designa l’insieme dei comportamenti volontariamente intrapresi da un adulto per suscitare la simpatia del minore, carpirne la fiducia e stabilire un rapporto di tipo emozionale, riducendone le difese e la capacità di autocontrollo, con il proposito di realizzare attività di natura sessuale o di sfruttamento. Oggi i minori conoscono molto bene il funzionamento e le possibilità di condivisione offerte dalle nuove tecnologie, e imparano ben presto a padroneggiarle. Invece non sono consapevoli del rischio che può essere connesso all’utilizzo delle tecnologie. L’online grooming è un reato simile all’abuso sessuale del minore, ma non è sovrapponibile ad esso, perché non sempre il groomer (colui che adesca il minore tramite Internet) giunge a connettere fisicamente l’abuso sessuale, a volte si “limita“ allo scambio di immagini o interazioni via webcam a contenuto sessuale. Tale condotta si configura come pericolose, in grado di danneggiare il normale sviluppo psicosociale del minore. Alcuni groomers sono orientati alla ricerca di una relazione erotizzata con la loro vittima o alla raccolta di immagini pedopornografiche. Chi sono i groomers Da uno studio è emerso che il groomer seleziona le sue vittime partendo spesso da siti frequentati da minori come chat, forum, social network come Facebook. In un primo momento il groomer si limita all’osservazione delle interazioni tra i minori stessi. Dopo questo periodo di osservazione, il minore viene selezionato in base ad alcune caratteristiche di vulnerabilità, e viene contattato. Ad un primo contatto, esclusivamente online, seguono ulteriori contatti con l’utilizzo di telefoni cellulari e webcam. Al fine di intensificare i rapporti col minore, il groomer spinge il minore verso argomenti relativi all’autonomia o stimolando la curiosità di tipo sessuale. Infatti il termine inglese ​grooming, ​in ambito biologico, richiama il comportamento osservato nei primati i quali tendono i ripulire i loro simili dai parassiti;tale significato viene esteso nell'ambito del linguaggio comune a concetti quali “preparare”, “istruire” o “avviare”: il groomer prepara il minore per l'abuso. Vengono proposte interazioni sessuali via Internet ed il contatto con il minore può essere mantenuto tramite regali o minacce. Infine ma non sempre avviene la proposta di un incontro fisico, durante il quale verrà consumato l’abuso sessuale vero e proprio. L’online groomer prepara i1 minore per l’abuso. Alcuni groomers sono attratti solo dai bambini, mentre altri sono attratti da minori di qualsiasi età (dai bambini in età prescolare agli adolescenti). Alcuni groomers utilizzano Internet e altre tecnologie come mezzo per connettersi con i minori con finalità autoerotiche e di realizzazione virtuale delle proprie fantasie, ma senza ricercare mai un contatto nella vita reale (i cosiddetti fantasy-driven groomers), mentre altri utilizzano Internet, i social network e la chat-room per mettersi in contatto con i minori con l’intenzione di incontrarli e avere rapporti sessuali con loro (i cosiddetti contact-driven groomers). Entrambi sono pericolosi per la sicurezza e il normale sviluppo di un bambino, i contact driven groomers hanno una storia caratterizzata da precedenti condotte antisociali, inclusi precedenti reati sessuali. Gli online groomer sono per lo più uomini, occidentali, occupati, con un buon livello di istruzione, all’interno di una fascia di età ampia. Le vittime di grooming I groomers sviluppano un metodo di selezione delle loro vittime basato sulla percezione di specifici elementi di vulnerabilità, che rendono il minore sensibile al contatto con il groomer stesso. I groomers raccolgono informazioni attraverso Internet e prendendo informazioni dal loro profilo su qualche social network. 15 Una prima vulnerabilità è rappresentata dai contenuti condivisi via Internet relativi alla propria vita e alla propria immagine. un minore che utilizza come immagine del proprio profilo su un social network una sua foto in biancheria intima o in costume da bagno fornisce al groomer un indizio molto esplicito sul fatto che viva Internet come luogo in cui sia possibile una bassa inibizione. Il groomer cerca informazioni sulle possibili difficoltà del minore ad esempio se soffre un isolamento rispetto ai suoi pari, se presenta un senso di inadeguatezza o se ha scarsa possibilità di condivisione dei propri vissuti con amici e familiari. In questo caso il groomer si offrirà come interlocutore privilegiato del minore. Sfruttando anche la presenza di bisogno di riconoscimento e attenzione dello stesso sarà per lui quella “persona speciale” di cui il minore sente il bisogno, colmandolo di attenzioni, consigli e regali apparentemente disinteressati ma implicitamente finalizzati ad ottenere un tornaconto. Un altro elemento di vulnerabilità molto forte è la presenza di uno scarso controllo da parte dei genitori. Il groomer sfrutta per proporsi come possibile sostituto rispetto alle figure di riferimento genitoriali. L’invischiamento relazionale tra groomer e vittima Non tutti i minori che subiscono un tentativo di adescamento cedono alle richieste del groomer, anzi molti riescono a respingere le proposte. Il grado di vulnerabilità della vittima gioca un ruolo fondamentale nel fenomeno dell’online grooming. I bambini e gli adolescenti abusati dal proprio groomer sviluppino la convinzione di aver cercato o desiderato loro stessi l’ abuso. Tale convinzione da parte della vittima incrementa i vissuti di colpa e di vergogna tali da difendere il suo abusatore ed assumersi la colpa dell’accaduto. Questo servirà a tollerare la violenza e mantenere la relazione con l’abusatore. La dinamica relazionale che sussiste tra groomer e vittima può essere causa nella vittima stessa di uno pseudoadattamento altamente patologico a tale relazione. Conclusioni L’online grooming è un fenomeno relazionale e interattivo, in cui il groomer sfrutta le possibilità offerte da Internet per selezionare e adescare le proprie vittime. 16