Scarica IMMIGRAZIONE E TERRITORIO - Lo spazio condiviso Flavia Cristaldi e più Sintesi del corso in PDF di Geografia solo su Docsity! IMMIGRAZIONE E TERRITORIO. LO SPAZIO CON/DIVISO Flavia Cristaldi BILATERALITÀ DEL PROCESSO MIGRATORIO: si è contemporaneamente emigrante per il paese di cittadinanza ed immigrato nel nuovo paese di residenza, e si è contemporaneamente vincolati dalle normative dei due stati in tema migratorio e si è portatori di aspettative nei confronti delle due terre. “Non si è più ma non si è ancora”. Metodo quantitativo (presuppone l’uso di dati statistici) per lo studio dell’immigrazione con la consapevolezza che dietro ai numeri ci sono le persone. Da parte di chi scrive è necessaria la consapevolezza dell’appartenenza ad una Nazione, perché la coscienza dell’altro presuppone un noi di cui chi scrive è parte. Attualmente l’esclusione e il rifiuto dell’altro sono legati agli stereotipi delle etnie e delle culture straniere ma, gli immigrati erano già marchiati in quanto altri quando appartenevano ancora prevalentemente alla medesima razza. CLANDESTINO: colui il quale entra senza documento nello Stato; IMMIGRATI IRREGOLARI: sono i cosiddetti overstayers coloro entrati con un regolare documento d’ingresso alla cui scadenza rimangono sul suolo straniero diventando così irregolari, perdendo diritti e finendo nell’illegalità. Il sociologo Bauman parla di società liquida il cui elemento costituente è la presenza DEL LAVORO per il quale ai migranti sono aperte le porte solo di alcuni lavori definiti delle 5 P precari, pericolosi, pesanti, poco pagati e penalizzati socialmente. I nuovi residenti con il loro bagaglio materiale e immateriale arrivano e occupano uno spazio finendo nel tempo anche per strutturarlo a loro immagine, racconta le azioni di chi lo occupa, lo consuma, lo sogna, lo trasforma. Influenza e viene influenzato dagli spostamenti di popolazione, dalle logiche residenziali e lavorative, opinione pubblica ecc. LA DIMENSIONE TEORICA Molto spesso di tende a utilizzare i termini come clandestino, migrante, extracomunitario come sinonimi, manonlo sono la Carta di Roma del 2008 è stata firmata dal mondo giornalistico, ed è un protocollo deontologico per promuovere una maggior consapevolezza sull’informazione inerente tematiche e soggetti legati all’immigrazione. CITTADINI STRANIERI: persone che non hanno la cittadinanza italiana APOLIDI:individui non considerati cittadini da alcuno statoin conformità della legge vigente. IMMIGRATI DI 2° GENERAZIONE: coloro che sono nati in Italia e che hanno la cittadinanza straniera o italiana per acquisizione, oppure discendenti di IMMIGRATI DI 1° GENERAZIONE. La popolazione immigrata così definita, ovvero facendo riferimento al luogo di nascita, non include i figli di cittadini stranieri nati in Italia. LE TEORIE 1. Per lungo tempo si è ritenuto che il motore principale delle migrazioni fosse la spinta economica. Il mondo veniva macroscopicamente diviso in 2: da una parte le aree di partenza, povere, dall’altra le aree di arrivo, ricche. TEORIA PUSH AND PULL per la quale a fattori di spinta rispondono fattori di attrazione. Si ritiene che i 2 fattori abbiano giocato ruoli ≠ in base alle epoche: durante lo sviluppo industriale, fine 19 inizio 20 sec, cosi come nella fase del benessere dopo la 2GM, si reputa prevalessero i fattori di attrazione da parte dei sistemi economici trainanti, mentre attualmente i fattori di spinta povertà, carestie, aumento demografico, catastrofi amb, camb. climat… Questa visione bipolare mette a confronto 2 sistemi opposti con una concezione del mondo in cui gli spostamenti rispondono agli squilibri. CRITICHE alla teoria push and pull: -è vero che ci sono tanti squilibri tra i paesi, ma perche i migranti non partono in massa soprattutto da quelli più poveri del globo, e le fasce sociali maggiormente interessate agli spostamenti non sono le + svantaggiate? In realtà emigrano molti da paesi non estremamente poveri e anche persone delle classi intermedie. 2. TEORIA DUALISTICA DEL MERCATO DEL LAVORO di Michael J. Piore, 1979 fonda i suoi principi sempre sul sistema economico, ed evidenzia come l’immigrazione sia la risposta a una domanda massiccia di manodopera non qualificata da parte dei sistemi economici sviluppati. Anche qui c’è una visione bipolare del sistema economico: dauna parte le attività qualificate, stabili a buona retribuzione, dall’altra le occupazioni non qualificate, instabili gli immigrati colmano questo settore. Queste teorie però tengono conto solo dei sistemi economici e non delle spinte personali nuove teorie che ripongono grande impo alle relazioni sociali tra individui: inquest’ottica,l’individuo che emigra lofain funzione dell’interazione con una o + reti di legami sociali e simbolici nelle quali è immerso. Douglas Massey ha definito i NETWORKS MIGRATORI (catene migratorie) come complessi legami interpersonali che collegano migranti attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza di origine. I legami sociali danno vita a opportunità e risorse che possono essere considerate come una specifica forma di capitale sociale che è sempre disponibile per proiettare i migranti fuori dalla loro comunità, riducendo i costi finanziari e psichici della migrazione. È proprio grazie alla presenza di connazionali che molti individui finiscono col risiedere nello stesso quartiere (chinatown). Le migrazioni hanno anche una forte dimensione spaziale che deve essere tenuta come sfondo o come attore nel fenomeno complessivo: i migranti non sono soggetti passivi ma - economica o La DURATA DELLO SPOSTAMENTO: - temporanea - permanente, life time migration In genere la maggior parte delle migrazioni si svolge lungo un arco di tempo e si conclude con il rientro nel paese d’origine infatti migrano persone in età da lavoro comporta un generale ringiovanimento delle popolazioni ospitanti e un parziale restringimento del n° di persone in età intermedia nel paese d’origine. o La TIPOLOGIA ORGANIZZATIVA: - spontanei -forzati, subentrano fattori esterni (diaspora ebraica, le GM) - organizzati, in Italia sono avvenute durante la bonifica della pianura pontina, i contadini hanno abbandonato le campagne venete e romagnole per coltivare le terre liberate dalle acque delle paludi o All’ENTITÀ NUMERICA DEI MIGRANTI è connessa con la tipologia perché può interessare un singolo, un nucleo familiare o popoli interi (emigrazione di massa) o La DESTINAZIONE DEI MIGRANTI: esistono migrazioni – a lungo/corto raggio - orizzontali/verticali - interne/esterne quelle esterne possono coinvolgere individui che si spostano tra stati appartenenti allo stesso continente, quindi internazionali, oppure individui che si spostano tra stati ≠, quindi intercontinentali, mentre quelle interne possono interessare spostamenti dalle aree montane verso quelle pianeggianti, quindi verticali, dalle aree interne verso le coste, quindi orizzontali. La destinazione viene scelta dagli individui in base ad alcuni fattori detti territoriali che possono rendere preferibile un luogo invece diun altro e che sono connesso con i fattori personali e relazionali. Infatti si possono distinguere i flussi migratori anche in relazione al peso che assumono i differenziali personali e territoriali: - i DIFFERENZIALI MIGRATORI TERRITORIALI si riferiscono alla direzione che assume lo spostamento. La partenza può portare a destinazione con un viaggio diretto o a tappe; anche laDISTANZA influisce sul luogo della migrazione (in passato non ci si allontanava troppo dal paese d’origine teoria della distance decay, cioè della diminuzione con la distanza). Lo sviluppo dei trasporti ha portato alla luce il fattore dell’ACCESSIBILITÀ (voli low cost) non ha più senso la teoria della distanza. Anche il CLIMA incide, oltre che al CONTESTO POLITICO (soprattutto da parte dei richiedenti asilo). Anche il fattore MILIEU incide, ovvero l’insieme delle condizioni naturali e socio-culturali che si sono stratificate in un luogo nel corso del tempo e che rappresentano il patrimonio comune della collettività locale e la base territoriale della sua identità. - i DIFFERENZIALI MIGRATORI PERSONALI cioè fattori individuali come l’età,il sesso, lostato civile che entrano in gioco in ogni fase del processo migratorio. È stata registrata una propensione all’emigrazionein alcune fasce d’età e non in altre (20- 30 anni) e in genere persone nubili/celibi. Inoltre nell’immaginario collettivo il migrante è uomo ma le donne preso parte attiva nel processo migratorio assumendo sempre più ruoli primari. DA ANGELI DEL FOCOLARE A BREADWINNER: L’EMIGRAZIONE FEMMINILE. Stephen Castles e Mark Miller affermano che la femminilizzazione dei flussi è una delle 4 principali tendenze della “NUOVA ERA DELLE MIGRAZIONI”, oltre alla globalizzazione, all’accelerazione e alla differenziazione dei flussi migratori. In passato erano molte le donne che si ricongiungevano ai mariti immigrati per primi, oggi si osservano flussi di donne “sole” che arrivano per prime nei paesi i cui trovano lavoro. A livello mondiale le femmine costituiscono il50%di tutti i migranti (le italiane all’estero sono il 47% di tutti gli italiani residenti all’estero). La distribuzione per sesso all’interno dell’intera popolazione straniera varia sensibilmente in funzione dell’area di provenienza: più donne dal sud america/filippine, più uomini dall’africa o asia meridionale. Si è notato che anche le donne sposate partono, molte delle quali divorziate, separate o vedove che avrebbero difficoltà d’inserimento nella loro società partono per essere + libere ed essere socialmente accettate, oltre che per la possibilità di un “riscatto” nei confronti della sua famiglia (perché mandano i soldi a casa). Le imigrazioni in Italia non sono più un insieme indistinto di donne che si ricongiungono alle proprie famiglie ma osno sempre in misura maggiore donne protagoniste dei loro movimenti, che producono reddito,sostengono famiglie, che si ricostruiscono una vita sposando uomini italiani, che devono adattarsi alle attività che devono adattarsi alle attività che trovano,dimenticando gli studi conseguiti. Il processo migratorio risente fortemente del sistema di norme e di vincoli dei paesi perché in alcuni casi l’immigrazione viene condannata, in altri è rispettata. Recentemente si sta cominciando a registrare un nuovo tipo di migrazione femminile temporanea: alcune donne lasciano il proprio paese ed arrivano in Italia con un visto turistico, lavorano per 3 mesi e poi rientrano. Dopo alcuni mesi ritornano, lavorano e poi rientrano IMMIGRATE TRIMESTRALI legate alla durata del visto e non + alle stagioni. LA DIMENSIONE TERRITORIALE All’inizio del 20 sec si emigrava dall’Italia per arrivare in America perché la penisola era afflitta da problemi strutturali e contingenti che non permettevano il sostentamento della popolazione. Solo dagli anni 70la crisi internazionale collegata allo shock petrolifero spinse molti paesi ad applicare nuove norme restrittive all’immigrazione e molti italiani fecero ritorno in patria. In seguito per molti stranieri che non potevano andare in altri paesi europei, l’Italia era diventata terra d’immigrazione. AREA SCHENGEN: nel 1985, 5 paesi dell’UE, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, hanno deciso di abolire tutti i controlli sui cittadini alle frontiere interne creando un territorio comune, la cosiddetta area Schengen. Questi paesi hanno introdotta una politica comune in materia di visti per l’intera zona e hanno deciso di realizzare controlli efficaci alle loro frontiere esterne. Questa zona si è gradualmente estesa comprendendo quasi tutti i paesi UE oltre ad Islanda, Norvegia e Svizzera. Irlanda e Regno Unito non hanno aderito, mentre Bulgaria, Cipro e Romania non rientrano nell’area Schengen. Le città sono cresciute in risposta alle pressioni effettuate dai nuovi immigrati. Per quanto riguarda gli spostamenti interni della popolazione italiana e che costituiscono le radici dell’attuale assetto demografico, possono essere rintracciate nella storia degli ultimi 2 sec. A partire dalla fine del 19 sec, in conseguenza alla nascita delle industrie si sono avuti grossi spostamenti dalle aree montane (Alpi, Appennini e aree svantaggiate della penisola). Le industrie nelle valli hanno chiuso e i giovani si sono spostati nelle città, lasciando gli anziani nelle zone rurali le città sono cresciute in fretta. Le prime collettività straniere si sono concentrate a Roma e Milano rispondendo alla richiesta di manodopera a bassa qualificazione (prevalenza femminile nel sistema della cura alla persona e maschile nel commercio ed edilizia). Negli ultimi anni c’è stata una diffusione della presenza immigrata anche fuori dalle grandi città PROCESSO DI TERRITORIALIZZAZIONE che parte dai capoluoghi per investire le aree residenziali limitrofe questi processi residenziali vanno letti in accordo agli spostamenti interni della popolazione nazionale e al contempo anche come risposta al decentramento produttivo che si è registrato negli ultimi decenni. L’inurbamento non ha segnato un’accelerazione costante perché la crescita urbana ha recentemente registrato dei rallentamenti e ha visto una perdita di abitanti nelle zone metropolitane molte persone si spostano in zone + accessibili e vivibili. Sul finire degli anni 70 si è parlato di contro-urbanizzazione o di SUB/URBANIZZAZIONE per la quale prima i contorni urbani si sono espansi e le periferie hanno accolto nuovi individui, poi i centri urbani sono stati abbandonati dalla popolazione italiana (DISURBANIZZAZIONE), gli edifici 20% degli stranieri) chiamati 2° GENERAZIONE (G2), mentre i minori nati inun paese straniero e giunti in Italia in età adolescenziale x i ricongiungimenti con i familiari arrivati prima sono la GENERAZIONE 1 E MEZZO (il 70% è nato in Africa o nell’UE centro orientale). Uno stereotipo riguarda la MORTE DEGLI STRANIERI (perché i cinesi non muoiono mai?) Gli immigrati quando arrivano in Italia sono giovani e quindi, siccome il fenomeno migratorio è recente, è difficile rilevare un gran n°di anziani. E poi gli immigrati tendono a ritornare al loro paese d’origine quando si è vecchi. Un altro stereotipo riguarda la MANCANZA DIUN LIVELLO DI STUDIO SUPERIORE. La difficoltà della lingua italiana fa si che gli immigrati svolgano attività manuali dove non è richiesta la conoscenza della lingua, main realtà posseggono titoli di studio molto alti ma che in Italia non valgono BRAIN WASTE, spreco di cervelli, l’italia non utilizza le competenze e le abilità degli individui formatisi all’estero. Per cui dal punto di vista del paese di partenza si parla di BRAIN DRAIN, fuga di cervelli. Fino a pochi anni fain Italia c’erano 2 tipologie residenziali: 1. Le grandi AREE URBANE, monocentriche, che attiravano gli immigrati e gli inglobavano nelle periferie; 2. Le AREE POLICENTRICHE, reticolari, dove risiedevano gli immigrati a seguito delle possibilità economiche offerte dal territorio. Oggi lo scenario sembra indicare una > diffusione della residenzialità straniera la permanenza sul suolo italiano da pare di sempre + stranieri si riflette in una maggiore mobilità territoriale perché gli stranieri tendono a spostare la residenza in tempi brevi, cercando di minimizzare i costi degli affitti e seguendo opportunità lavorative. IL MOSAICO ETNICO In Italia ci sono sia comunità di vecchio insediamento che nuovi arrivati che non hanno dato vita a veri e propri gruppi. La prima comunità straniera residente in Italia proviene dalla Romania, seguita da Albania e Marocco. L’incidenza delle ≠ provenienze geografiche è correlata alla situazione politica e ambientale delle zone di partenza e alle politiche migratorie attuate dai paesi di partenza e di destinazione. La distribuzione territoriale degli stranieri è strettamente correlata anche alla specializzazione lavorativa: la segregazione orizzontale e verticale che investe la > parte degli stranieri concorre alla geografia delle residenze (donne con le famiglie, orizzontale, stranieri e bassa retribuzione, verticale). Le nuove comunità creano e percepiscono paesaggi che sono ≠ e multiformi e subiscono numerose trasformazioni sia dall’ambiente che dall’uomo. Appadurai parla diMODERNITÀ DIFFUSA nella quale entra come fattore costituente anche il fenomeno migratorio. Egli propone come chiave interpretativa primaria l’esistenza di ≠ paesaggi: technoscpes, financescapes, mediascapes, ideoscapes, ETHNOSCAPES: cioè l’insieme delle persone che costituiscono il mondo mutevole nel quale viviamo. In questa visione viene fuori il ruolo dei fenomeni di territorializzazione che vengono studiati in relazione alle scelte insediative della popolazione immigrata. La progressiva trasformazione dei luoghi caratterizzati da un’altissima densità di segni etnici che rendono visibile il radicamento della comunità straniera porta a quella che Papotti definisce TERRITORIALIZZAZIONE SEMANTICA nella quale proprio gli immigrati raccontano la loro diversità. Tra le COMPONENTI MATERIALI si affermano gli spazi residenziali (quartieri, edifici), gli spazi legati al movimento (stazioni), gli spazi religiosi (sia architettonici che elementi d’arredo), spazi dedicati al commercio (negozi, ristoranti). Ma sono anche le COMPONENTI IMMATERIALI a costruire e definire la diversità e l’unicità dei paesaggi: gli elementi linguistici delle insegne luminose, la corporeità degli abitanti, la simbologia degli ornamenti Il PAESAGGIO ETNICO rappresenta la manifestazione visibile della diversità culturale nei territori della quotidianità ed è correlato alla percezione del fenomeno immigratorio nelle sue dimensioni territoriali. Dal momento che la COMPONENTE PERCETTIVA è importante nell’identificazionediun paesaggio, in quello etnico bisogna focalizzare l’attenzione sulla piccole, la preghiera è lasciata ai singoli, con il passare del tempo la comunità costruisce un edificio destinato alla preghiera o sottopone un edificio già esistente a un cambio di destinazione d’uso in ogni caso i luoghi di culto vengono realizzati preferibilmente nelle aree periferiche del centro urbano. LA QUESTIONE ABITATIVA La casa rappresenta un nodo cruciale nel processo d’inserimento nella società ospitante. I modelli residenziali variano in base al progetto migratorio del singolo individuo, al gruppo d’appartenenza, al sesso, al ciclo di vita e alla durata di residenza nel paese d’immigrazione. Le ricerche spaziali generalmente analizzano i PATTERN RESIDENZIALI senza porre attenzione all’ottica di genere, come se non ci fossero differenze nelle scelte territoriali tra i sessi, ma in realtà uomini e donne non sempre attuano uguali strategie residenziali. Ad esempio le donne immigrate dopo un primo momento in cui vengono ospitate dalla comunità etnica di appartenenza, riescono a trovare una sistemazione all’interno delle case degli italiani dove lavorano. Non tutti gli immigrati però riescono a farsi ospitare dai parenti, quindi alcuni cercano sistemazione nelle strutture d’accoglienza, mentre altri sono trattenuti nei centri d’identificazione ed espulsione. Nate a partire dagli anni 90, attualmente in Italia operano 3 tipi di strutture pubbliche per l’accoglienza e l’assistenza degli immigrati irregolari: 1. CDA, centri d’accoglienza: soprattutto nel centro-sud, in base alla legge 563/95 sono strutture destinate a garantire un primo soccorso allo straniero irregolare. L’accoglienza è limitata al tempo strettamente necessario per stabilire l’identità e la legittimità della sua permanenza o l’allontanamento. Capienza di4000 posti 2. CARA, centri di accoglienza richiedenti asilo: in base alDPR 303/2004 e al D.Lgs. 28/01/2008 strutture nelle quali viene inviato e ospitato per un periodo tra i 20 e i 35gg lo straniero richiedente asilo senza documenti per consentirne l’identificazione o il riconoscimento di status di rifugiato 3. CIE, centri d’identificazioneed espulsione: sono presenti anche al nord, in base alla legge 92/2008 sono gli ex centri di permanenza temporanea ed assistenza, cioè strutture destinate al trattenimento degli extracomunitari irregolari e destinati all’espulsione. Previsti dal Testo unico sull’immigrazione 286/2002, questi centri si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio. Il termine massimo di permanenza in questi centri è passato da 60 a 180 gg. Molti immigrati cercano casa, ma hanno grandi difficoltà a causa del mercato immobiliare. La maggior parte è in affitto, ma dato che i costi sono molto elevati, soprattutto per gli immigrati, stanno cercando la casa di proprietà. Molti studi hanno dimostrato l’esistenza di DISCRIMINAZIONI ETNICHE nei confronti della casa oltre che all’indisponibilità di una parte dei proprietari a concedere loro una casa in affitto. Dato che i salari sono bassi, molti immigrati finiscono per condividere la casa e le spese con altri connazionali. Quasi tutti gli immigrati che vivono in affitto in modo indipendente o con parenti sono regolari, mentre chi è irregolare coabita con altri immigrati o risiede dal datore di lavoro. Quando invece cercano di acquistare casa, le difficoltà provengono dall’agente immobiliare perché vendere una casa agli immigrati significa svalutare l’intera zona degli immobili vicini Generalmente si tende a collegare l’acquistodiuna casa da parte dell’immigrato con l’idea di stabilità, manon è sempre così perché comunqu e anche chi compra casa ha sempre in mente di tornare nel proprio paese. L’acquisto della casa è una forma di investimento e permette di uscire dal mercato degli affitti. All’inizio magari la comprano in periferia, per poi rivenderla e comprarne un’altra più in centro. Dauna parte l’acquisto diuna casa in periferia ha i suoi vantaggi perché haun costo contenuto, inoltre comporta un’acquisizione di autonomia per l’immigrato che compra una villetta indipendente, cosa che non accade all’interno dei condomini dove possono nascere dei architettoniche dei quartieri e la composizione sociale dei suoi residenti. Inquest’ottica la segregazione veniva considerata un fenomeno temporaneo provocato daun’immigrazione molto recente e ancora in atto. L’idea di fondo di questa teoria è che gli immigrati al loro arrivo occupano uno spazio degradato e solo dopo si spostano verso aree – svantaggiate. una forma di SUCCESSIONE per la quale nel tempo una collettività si sostituisce ad un’altra che si disperderà nella città o andrà ad occupare spazi + ricchi. La TEORIA DELL’ASSIMILAZIONE ha descritto la direzione assunta da tali flussi migratori in base alle caratteristiche dello spazio urbano americano. Gli immigrati quando arrivavano abitavano nella città in cui lavoravano, poi quando avevano abbastanza soldi si spostavano in altri quartieri, nelle periferie e nei sobborghi questo modello nonva bene per i contesti europee caratterizzati da processi di urbanizzazione + lenti e da politiche territoriali a forte differenziazione. Una CRITICA a questa teoria è nel mancato riconoscimento da parte dei ricercatori dell’esistenza di forme di discriminazione legate all’appartenenza etnica che persistono nel tempo e condizionano le possibilità di spostamento all’interno dei quartieri urbani (persone di colore in USA). A partire dagli anni 60 però le barriere contro l’immigrazione vengono abbattute per mancanza di manodopera e così si viene a creare la mixitè. La scuola di Chicago ha sviluppato degli INDICI STATISTICI per misurare il grado DI SEGREGAZIONE DIUN GRUPPO (in Italia scarsamente usati). Si calcolano considerando la popolazione presente in piccole porzioni di territorio: l’uso di porzioni di territorio + o – ampio incide sui risultati dell’indice perché + sono estese le zone considerate, > è il valore dell’indicedi segregazione. La concentrazione spaziale diun fenomeno può variare molto anche se l’indice complessivo che ne indica l’intensità è lo stesso, perché dipende molto dalla distribuzione spaziale del fenomeno. Massey e Denton identificano 5 dimensione della segregazione spaziale: 1. UNIFORMITÀ: i membri di un gruppo possono essere in n° molto elevato in un’area e molto scarso in un’altra, variando quindi il loro grado di omogeneità; 2. ESPOSIZIONE: i membri di un gruppo possono essere distribuiti in modo tale che il contatto con i gruppi maggioritari sia limitato; 3. CONCENTRAZIONE: i membri di un gruppo possono essere geograficamente concentrati in un settore specifico della città; 4. CENTRALITÀ: i membri di un gruppo possono occupare lo spazio centrale in proporzione > del resto della popolazione; 5. CLUSTERING: le aree delle minoranze possono essere fortemente raggruppate così da formare un’ampia enclave (isola amministrativa) o essere disseminati nell’intera città (clustering). Tutti questi aspetti della segregazione vengono appiattiti dall’usodiun indicatore complessivo perché necessiterebbero di specifici indicatori capaci di enucleare le ≠ caratteristiche della distribuzione spaziale. Peach suggerisce di puntare l’attenzione su 3 aspetti della segregazione: 1) Il GRADO DI CONCENTRAZIONE RESIDENZIALE: la consistenza delle aree nelle quali predomina un gruppo etnico; 2) Il GRADO DI ASSIMILAZIONE: la condivisione dello spazio residenziale con la società ospitante; 3) Il GRADO DI INCAPSULAMENTO: il livello di isolamento del gruppo rispetto alla società ospitante e gli altri gruppi etnici. L’indice proposta da Massey e Denton ha molti limiti interpretativi, ma viene ancora usato. La formula per il calcolo dell’indice di segregazione è: = 0.5 ∗ ∑ − ∗ 100 xi= n° dei residenti diun gruppo nazionale nella zona urbanistica i; X=n° dei residenti dello stesso gruppo nazionale della città; yi= è il totale della popolazione residente nella zona urbanistica i; Y= è il n° totale degli abitanti della città. per cui, a parità di proporzione, due zone otterranno lo stesso punteggio anche con % della popolazione totale diverse; 3)L’indice non rileva sele zone statistiche in cui è ripartito il territorio cittadino hanno dimensioni di diversa estensione. Il modello dell’ASSIMILAZIONE è stato molto usato come modello di riferimento in USA e Canada, manon è utile inUE perché i processi di urbanizzazione sono + lunghi e le politiche territoriali sono molto differenziali. Nelle capitali UE ci sono ≠ problemi: 1. L’estensione territoriale delle capitali: Parigi ha una piccolissima estensione, mentre Roma è mooolto grande; 2. Ogni paese UE raccoglie dati statistici sull’immigrazione a diverse scale territoriali; 3. C’è anche una diversa cronologia della rilevazione statistica: ciascun paese fail censimento della popolazione con scadenze specifiche e diverse, rendendo disponibili dati internazionali cronologicamente sfalsati; 4. Ogni stato, in base alla provenienza dei suoi immigrati, perviene all’analisi della singola comunità o crea un’aggregazione geografica di < o > ampiezza in base alla consistenza degli individui; 5. Ogni stato dauna diversa definizione ai termini “straniero” e i suoi “derivati”:c’è chi considera straniero chi non è cittadini del paese ospitante anche se ci è nato, chi lo include nelle statistiche dei residenti; 6. La diversa capacità da parte dei paesi di rilevare le caratteristiche sociali della componente demografica. Sia in Francia, Germania, Spagna e Italia le città sembrano avere + che un tessuto a scacchi, un tessuto melange con qualche macchia. Se nelle città del nord-america i quartieri etnici si differenziano da quelli abitati dai bianchi, inUE esistono quartieri multietnici con bassi indici di segregazione. La frammentazione dello spazio sociale urbano porta ad una situazione multipolare: ogni gruppo usa ≠ strategie per allontanarsi dai gruppi che si trovano ai livelli + bassi della scala sociale si creano i ghetti formati soprattutto da individui ad alto reddito e istruzione che si vogliono isolare dal resto della popolazione. Le POLITICHE SOCIALI portate avanti fino adesso, possono essere ritenute un fallimento: il sociologo Maurin suggerisce un cambio di rotta spostando l’attenzione dal territorio alla persona: non pensare + a politiche per grandi gruppi, ma ad un’azione indirizzata verso i singoli per offrire loro le opportunità di scegliere il territorio nel quale vivere. Migliorando lo status sociale dei singoli si migliorerà anche il territorio. I QUARTIERI ETNICI Negli USA il gruppo fondatore dell’epoca coloniale ha dato origine alla cultura dominante che contraddistingue gli spazi urbani: quando nel 19° sec è cominciata l’emigrazione di massa, i gruppi hanno nettamente percepito la distanza sociale tra loro, dando origine a specifiche forme residenziali. Si sono creati quartieri etnici all’intero dei quali una comunità prevalente legava la sua presenza al toponimo del quartiere: Chinatown, Little Italy. quanto maggiore era la distanza sociale tra i gruppi, tanto maggiore era la distanza fisica sul territorio. Col passare del tempo, quando la comunità cresce, nascono dei quartieri “satelliti” nelle aree periferiche che vengono chiamati ETHNOBURBS (ethnic suburbs, periferie etniche). Se il gruppo etnico occupa uno spazio ben determinato a causa di vincoli esterni e forme di discriminazione che ne forzano la locazione, allora si parla di GHETTO. Nell’agosto del 2011 a Londra si sono verificate delle rivolte da parte degli stranieri residenti- Alain Touraine ha visto in queste rivolte una conseguenza della mancata integrazione sociale degli immigrati, mentre Marc Augè, che nega l’importanza dell’integrazione sociale, ha attribuito la protesta, da lui ritenuta senza contenuti ideologici, alla concorrenza fra le bande giovanili dei quartieri periferici per apparire in tv. Altri analisti hanno interpretato le rivolti in termini di inassimilabilità dei nuovi venuti, di problema generazionale, di nuove forme di povertà. venivano chiamati Wops (WithOutPaperS) perché molti entravano senza documenti e le Little Italy erano i quartieri malfamati, però adesso ha perso la valenza negativa. Secondo Donna Gabaccia il termine Little Italy nasce dalla “malattia italo- fobica” da parte del mondo anglofono, per la quale le èlite politiche residenti nelle colonie si sentono minacciate dalla presenza dei nativi visti come outsider della società. In UE però non c’è questo termine perché il processo d’urbanizzazione e territorializzazione che si è verificato nella vecchia UEda parte degli immigrati italiani ha portato aduna grande varietà nei modi di residenza: gli italiani si sono mischiati agli altri. In alcuni casi lo spostamento di residenza degli immigrati da un quartiere a un altro può essere effetto diun MOVIMENTO SPAZIALE ORIZZONTALE (cambio di residenza tra 2 quartieri con simile composizione sociale) o diun MOVIMENTO SOCIALE VERTICALE (ascesa nella scala sociale). Attualmente Jerome Krase affaerma che le Little Italy sono diventate un PARCO D’ATTRAZIONE ETNICA, cioè un quartiere abitato da collettività alloctone dove può essere effettuato un turismo “pericolosoma senza rischio”, perché gli italiani non risiedono più in quei quartieri mentre le attività economiche sono rimaste lì. Questi quartieri contengono anche i MUSEI DELL’ASSIMILAZIONE, cioè luoghi per la conservazione storica di oggetti inanimati (archivi, gallerie, monumenti), e i GIARDINI ANTROPOLOGICI, che hanno il compito di trasmettere l’organizzazione sociale attraverso le persone viventi (centri anziani, club). Loretta Baldassar propone di distinguere 2 dipologie di MONUMENTO ETNICO ITALIANO: 1. Success story: quello che racconta la storia di successo, l’ascesa sociale, il lavoro; 2. Via crucis: quello che deve essere memore dello sforzo. I monumenti etnici sono relativamente recenti e sono il prodotto dei cambiamenti sociali, storici e politici. CHINATOWN sono invece nate da interazioni complesse che sono state a lungo caratterizzate dal pregiudizio, razzismo e segregazione etnica. Negli USA dall’abrogazione dell’Immigration Act nel 1965, i flussi provenienti dalla Cina divennero consistenti e bilanciati tra i 2 sessi le Chinatown già esistenti crebbero oltre i limiti. Anche in Italia iniziano a nascere le Chinatown, a Roma nel quartiere dell’Esquilino è diventata un’area connotata dalla presenza degli stranieri e di conseguenza gli autoctoni se ne sono andati. A Milano, invece sono nell’areadi Paolo Sarpi, vicino alla stazione. Nonostante i negozi cinesi avessero scalzato quelli italiani, molti abitanti hanno accettato la trasformazione urbana e hanno portato avanti una convivenza pacifica, mentre altri hanno creato comitati contro l’invasione cinese. LE MIGRAZIONI AMBIENTALI È molto difficile isolare la causa ambientale da quelle che spingono alla migrazione perché le catastrofi ambientali hanno ripercussioni dirette e indirette su una varietà di aspetti sociali ed economici che difficilmente possono essere separati. Chiaramente il tipo di impatto dell’evento naturale influisce sull’immigrazione della popolazione: se è improvviso si ha –tempo rispetto ad evento più graduale. Sembra che la comunità scientifica sia concorde nel classificare i cambiamenti ambientali come un “moltiplicatore di minacce” per individui e gruppo. Uno dei primi problemi da affrontare è L’INDIVIDUAZIONE DELLA DEFINIZIONE DEL MIGRANTE AMBIENTALE. In ambito internazionale non esiste una definizione univoca in grado d’indicare un migrante costretto o spinto da motivazioni ambientali. Si utilizzano le espressioni migrante ambientale, ecomigrante, rifugiato ambientale, ma pur riferendosi a individui che migrano, indicano situazioni di partenza o status giuridici ≠ per i quali, però non esiste una considerazione univoca comune. L’espressione rifugiato ambientale fu inizialmente proposta nel 1976; migrante ambientale viene usata dall’International Organization for Migration per indicare le persone che, a causa di improvvisi o graduali cambiamenti nell’ambiente che influenza negativamente le loro condizioni di vita, sono obbligati a lasciare le proprie case. - Cause accidentali: incidenti nucleari e chimici; - Progetti di sviluppo: il progetto della diga delle Tre Gole in Cina; - Strategie di guerra: quelle strategie che utilizzano l’ambiente come arma. Gli effetti delle catastrofi sulla popolazione possono essere diretti o indiretti e possono investire una scala temporale molto diversa con implicazioni differenti. I fenomeni ambientali che causano direttamente o no le migrazioni per essere analizzati devono essere scomposti in categorie per poter monitorare la distribuzione geografica e le problematicità specifiche di ogni tipologia e suggerire gli interventi idonei. Inoltre bisogna fare una differenziazione prendendo come punto di riferimento la scala cronologica che distingue gli eventi catastrofici di BREVE PERIODO (tifoni, uragani) e di LUNGO PERIODO (innalzamento del mare, siccità, desertificazione). Catastrofi di origine tecnologica: tutti quegli eventi causati direttamente dall’azione dell’uomo: fuoriuscite di petrolio, incidenti industriali, Chernobyl… LE POLITICHE MIGRATORIE Le politiche sono fondamentali nel creare un paese verso il quale tendere perché le persone trovano un riconoscimento dei diritti e sperimentano un percorso di mobilità sociale e abitativa. Le POLITICHE D’IMMIGRAZIONE stabiliscono le condizioni d’ingresso e soggiorno in uno stato, oltre che di espulsione e allontanamento; lePOLITICHE PER GLI IMMIGRATI si rivolgono a quanti sono stati ammessi a risiedere sul territorio e riguardano l’accesso ai servizi e diritti; lePOLITICHE PER I MIGRANTI si riferiscono a stranieri il cui status giuridico è problematico perché entrati nel paese senza autorizzazione. Per una comparazione internazionale e per l’implementazione delle politiche nazionali, si usano degli strumenti statistici che misurano l’INDICE D’INTEGRAZIONE: o Il MIGRANT INTEGRATION POLICY INDEX (MIPEX) misura le politiche per l’inserimento degli immigrati in tutti i paesi dell’UE + Norvegia, Svizzera, Canada, USA. In base al punteggio, viene fatta una graduatoria dei paesi in base alle possibilità di partecipazione alla vita sociale ed economica offerte ai migranti; o IlMIGRANT’S INTEGRATION TERRITORIAL INDEX (M.I.T.I.) gruppo di ricerca UE o Il CNEL fornisce i dati alla società civile e ai politici per la programmazione e gestione del fenomeno. In ambito internazionale ci sono 3 principali modelli d’inclusione dei migranti: 1) IMMIGRAZIONE TEMPORANEA: è facilmente rintracciabile nelle esperienze europee del dopoguerra, quando l’immigrazione veniva considerata temporanea. L’immigrato veniva visto come un lavoratore utile alla società che non avrebbe dovuto essere raggiunto dalla famiglia e che non avrebbe potuto accedere a forme d’integrazione (cittadinanza); 2) IMMIGRAZIONE ASSIMILATIVA: le politiche tendono verso una rapida omologazione (culturale e politica) dei nuovi immigrati, considerati quasi privi di radici culturali rispetto al paese ospitante; 3) IMMIGRAZIONE PLURALISTA: le differenze possono venir tollerate o valorizzate attraverso la creazione di politiche multiculturali o interculturali. In Italia però si trovano solo politiche legate alla sicurezza e alla lotta ai clandestini e sono indirizzate + verso un’IMMIGRAZIONE CORTA che prevede il rientro dopo un tempo limitato. Il PACCHETTO SICUREZZA: l’approvazione della legge 94/2009 rende + difficile la residenza, il lavoro, l’istruzioneai cittadini non italiani invece diuno strumento utile per la convivenza comune, è unodi discriminazione. La norma restrittiva sull’obbligodi verifica delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile fasi che si può “scegliere” quali poveri accogliere e quali allontanare vuole richiamare un concetto di sicurezza: prevede ad esempio che le donne immigrate senza un regolare permesso di soggiorno non possono riconoscere i propri figli al momento della nascita. Però è stata data la possibilità agli extracomunitari privi di documenti di regolarizzare la loro posizione lavorativa con la “sanatoria”. L’HOUSING SOCIALE sono gli interventi che prevedono l’assegnazione diuna sistemazione