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Guide e consigli
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Infermieristica nella cronicità, Sbobinature di Infermieristica

Contiene tutti gli argomenti delle lezioni sbobinati.

Tipologia: Sbobinature

2019/2020

In vendita dal 23/05/2022

Alispi99
Alispi99 🇮🇹

4.6

(33)

30 documenti

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Scarica Infermieristica nella cronicità e più Sbobinature in PDF di Infermieristica solo su Docsity! Malattia: alterazione dei processi omeostatici che impediscono il regolare svolgimento di f e n o m e n i f i s i o l o g i c i e p s i c o l o g i c i dell’organismo, rendendolo meno “capace” di adattarsi a variazioni ambientali. Questo comporta danni morfologici, biochimici e fisiologici. La malattia ha diverse fasi: • Inizio o esposizione che può essere diminuita grazie alla prevenzione primaria (volta a ridurre i fattori di rischio), • Prima che compaiono i primi segni e sintomi avremo una fase di latenza • Quando la malattia esordisce e compaiono i primi sintomi si parla di fase patologica. A questo punto andremo a effettuare una p r e v e n z i o n e s e c o n d a r i a v o l t a all’individuazione precoce della malattia • Quando la pa to log ia s i man i fes ta clinicamente parleremo di prevenzione terziaria • Processo patologico può avere quindi tre destini: guarigione, cronicizzazione o morte. C r o n i c h e : t u t t e q u e l l e p a t o l o g i e caratterizzate da un lento e progressivo declino delle normali funzioni fisiologiche. OMS le definisce come problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo che può durare anni. Questi trattamenti avranno un peso molto importante sull’economia dello stato e anche sulla morbilità e mortalità del paziente. Esempio: paziente a cui viene diagnosticato l’Alzheimer. La patologia può progredire in maniera molto lenta e progressiva perdendo prima la memoria a breve termine e poi quella a lungo termine. Il paziente si troverà così a convivere con questa patologia. La complessità starà nel riuscire a dargli assistere nelle diverse fasi della sua malattia. Le malattie croniche sono soprattutto di natura: cardiovascolari/cerebrovascolari, onco log iche , respi rator ie os trutt ive , diabetiche, neurodegenerative, psichiatriche e gastroenteriche. Le malattie croniche sono caratterizzate da una natura multifattoriali (non dipendono da un singolo fattore) bensì sono determinate da fattori di rischio modificabili come stili di vita non salutari e fattori di r ischio non modif icabil i come la predisposizione genetica. 1. Fase preclinica che consente laddove possibile uno screening e una diagnosi precoce (prevenzione secondaria) 2. F a s e d i r i a c u t i z z a z i o n e d e l l a sintomatologia 3. Periodo di stabilizzazione 4. Rischio di complicazioni 5. Fase terminale Esiste un piano nazionale della cronicità (PNC) che si propone di migliorare il quadro clinico sul piano funzionale, di minimizzare il più possibile la sintomatologia, di prevenire disabilità e migliorare la qualità di vita. Ci permette di capire come evolverà la situazione clinica del paziente e quanto tempo avrà il paziente. PERIODO BREVE DI EVIDENTE DECLINO (es. cancro) Declino abbastanza repentino in cui il paziente viene trattato con cure palliative. Morte finale PRESA IN CARICO DEL PZ MALAT T IA CRONICA DECORSO DELLA MALATTIA CRONICA TRAIETTORIA DI MALATTIA LIMITAZIONI A LUNGO TERMINE CON EPISODI INTE RMITTENTI DI R IACUTIZZA ZIONI (malattie esacerbanti-remittenti es. BPCO) Esacerbazioni periodiche che richiedono ricovero in PS (curve in basso). La linea della funzionalità tende ad abbassarsi a ogni esacerbazione. Morte dopo ultimo ricovero. DECLINO RPOLUNGATO O TRAIETTORIA DELLA FRAGILITÀ (persone con demenza) Disabilità progressiva a partire da una situazione funzionale e cognitiva già bassa. Processo molto lungo. Importante conoscerlo per cercare di pianificare cure personalizzate o cercare delle modalità educative/riabilitative che mi permettano di rallentare il declino funzionale. Sapere quale sarà il destino prossimo del paziente mi permetterà di interpretare correttamente i risultati ottenuti tramite l’applicazione di alcuni interventi mirati, capire se questi mi danno i risultati che mi aspettavo o se sono stati vani. Promuove le cure palliative simultanee e le cure del fine vita. CURE PALLIATIVE: Approccio integrato in grado di migliorare la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie, in caso di malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo dalle sofferenze per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento de l do lore e de l l e loro problematiche di natura fisica, psicologica e spirituale. (WHO 2005) Approccio non solo dedicato alla fase terminale e non solo in medicina oncologica. La difficoltà nell’applicare queste cure in altri capi al di fuori di quello oncologico sta nella difficoltà di determinare con precisione la traiettoria della malattia. Questo determina una difficoltà nel capire il timing giusto in cui applicarle. A questo proposito posso pormi alcune domande per capire se è il momento giusto per iniziare un percorso di cure palliative o se è troppo presto: Saresti stupito se questa persona morisse nei prossimi 12 mesi? Prevenire i bisogni del malato e garantire le cure appropriate al momento giusto, cure proattive e in linea con le preferenze del paziente. CURE PALLIATIVE SIMULTANEE: Serie di interventi effettuati prima dell’insorgenza della fase terminale della malattia, si integrano in modo incrementale e devono e s s e re a p p l i c a t i p re c o c e m e n te i n collaborazione con un'altra terapia. Uniscono una terapia mirata alla cura della patologia con una terapia che serve solamente a palliare i sintomi senza avere potere curativo. Si integrano con altri trattamenti le cure palliative che piano piano ne prendono il sopravvento. Verso il fine vita il trattamento diventa unicamente di tipo palliativo. La malattia cronica colpisce sia la persona malata che la famiglia che il contesto sociale. Costringe a una sorta di riorganizzazione della vita famigliare, a un passaggio da indipendenza a dipendenza. Può quindi ricadere sulla qualità di vita comportando cambiamenti di ruolo, di stili di vita e adattamenti continui che a loro volta possono comportare problemi economici per le famiglie e per i sistemi sanitari (riduzione capacità lavorativa con conseguente riduzione della produttività e costi elevati di farmaci e di assistenza sanitaria). I processi cognitivi sono tutte quelle funzioni ch e c i p er m e tton o d i r a c c o g l i er e , immagazzinare, analizzare, valutare e trasformare informazioni riguardo al proprio ambiente per utilizzarle nel mondo circostante. I pr inc ipa l i process i cogn i t iv i sono p e r c e z i o n e , a t t e n z i o n e , m e m o r i a , apprendimento, pensiero e linguaggio. Affinché questi funzionino bisogna avere un sano e intatto stato di coscienza (stato di v i g i l a n z a , c o n s a p evo l e z z a d i s é e dell’ambiente che lo circonda, reagisce a stimoli). Perché ci sia la coscienza è fondamentale l’interazione tra 2 sistemi: • Sistema reticolare attivante: insieme di neurone i cui assone si spingono dal tronco celebrale, talamo e ipotalamo fino alla corteccia celebre. • Corteccia celebrale: qui ci sono 3 aree: sensoriale, motoria e di associazione (associa le prime 2). DEF. Interpretazione da parte dell’encefalo di sensazioni. Presuppone che ci siano degli stimoli, che io sia in grado di percepirli (integrità sensi e vie afferenti) e che ci sia un’integrità della corteccia celebrale. La percezione non sempre rispecchia la realtà, alcuni fattori possono influenzarla in positivo o negativo: • Esperienze precedenti determinano il rafforzo dello stimolo e del nostro livello di attenzione • Stile di vita (es. fumo prolungato altera la percezione del gusto) • M a l a tt i e ( i p er te n s i o n e , d i a b ete e depressione influenzano il microcircolo riducendo la capacità sensoriale es. senso del dolore ridotto in diabetici portando dal piede diabetico) • Farmaci (es. narcotici attenuano la capacità sensoriale) • Età (invecchiamento porta a degenerazione dei sensi). Esempio tipico della differente percezione della realtà sono le illusioni ottiche. Affinché ci sia una percezione bisogna che essa sia stimolata da stimoli. Se questi sono eccessivi o poco presenti (deprivazione sensoriale) avremo una variazione del comportamento. [Comportamento: modo di ogni individuo di reagire e agire a specifiche circostanze.] DEPRIVAZIONE SENSORIALE: DEF. Carenza di stimolazione che porta la persona a manifestare un decadimento delle capacità cognitive, rapidi cambiamenti di umore, stato confusionale acuto. Esempio: in pazienti allettati per lungo tempo (deprivazione sensoriale) SOVRACCARICO DI STIMOLI: DEF. Il paziente si dimostrerà incapace di e laborare o ges t i re l e in formazion i provenienti da diverse aree sensoriali o stimoli intensi. Esempio: paziente preoccupata per intervento operatorio a cui vengono fornite tutte le informazioni a riguardo, per far sì che la persona metabolizzi le informazioni il consenso si chiede 4 settimane prima DEF. Capacità di selezionare e focalizzare gli stimoli percepiti e attivare 2 tipi di processi di memorizzazione: • Memorizzazione volontaria: io mi concentro volontariamente sullo stimolo • Memorizzazione involontaria: l’attenzione è generata dallo stimolo stesso es. incidente Il modo in cui percepiamo un determinato aspetto dell’ambiente che ci circonda dipende dall’attenzione. L’attenzione ha diverse caratteristiche: Selettività: seleziona su che stimolo focalizzarsi Capacità attentiva: abilità di prestare attenzione a stimoli multipli Attenzione prolungata: senza distrazioni per un sufficiente periodo di tempo. Ci sono dei fattori che facilitano l’attenzione: • riposo • isolamento da altri stimoli (concentrazione e attenzione, limitando altri stimoli) • tipo, intensità dello stimolo (più è forte lo stimolo e più sarà forte l’attenzione) • interesse. Indicatori di riduzione dell’attenzione: • fare errori senza motivo • difficoltà ad eseguire indicazioni • difficoltà nell’organizzarsi PROCESSI COGNIT IVI E ALTERAZIONI PERCEZIONE AT TENZIONE • difficoltà nel portare a termine attività • e v i t a r e a t t i v i t à c h e r i c h i e d o n o concentrazione. DEF. Ritenzione delle informazioni apprese e delle esperienze vissute. Coinvolta in tutte le attività mentali. Ci sono diverse fasi della memoria: C N Fase I: immagazzinamento Memoria a breve termine: immagazzina un numero limitato di informazioni alla volta (7-12) Memoria a lungo termine: 2 tipi - procedurale ed esplicita Fase II: fissazione (conservazione nel tempo) Fase III: recupero (ricordo di avvenimenti passati) Alcune patologie tipo Alzheimer provocano la perdita del consolidamento quindi la memoria a breve termine non riesce più a essere fissata e a passare nella memoria a lungo termine. DEF. Elementi base per potersi relazionare. Richiedono l’integrità di diverse aree: • Capacità uditiva e visiva • Area di Wernike e il lobo temporale: comprensione e interpretazione dei segnali visivi e uditivi • Area di Broca e lobo frontale: capacità di innescare risposta motoria parlata o scritta • Centri di coordinazione dell’attività motoria per la vocalizzazione e la scrittura. La comunicazione si fa sia per una capacità di fonazione (integre le capacità di originare un suono) che per la capacità di fare una frase compiuta (che questo suono abbia un significato). In rapporto al grado di comprensione possiamo classificarlo come: - vigilanza: sveglia e consapevole - confusione: disorientata - sopore - stupore - coma Le cause possono essere d i natura intracranica (es. ictus) o extracranica (es. infarto, intossicazione da farmaci) DEF. incapacità di compiere elaborazioni percettive complesse. Rappresenta la manifestazione di alterazione della sensibilità o della memoria. Non riesco a riconoscere oggetti, suoni, persone, forme. A seconda del senso alterato si parla di amnesia visiva, amnesia tattile, amnesia uditiva o amnesia olfattiva- gustativa. Non è alterata la mia capacità sensoriale ma non riesco a riconoscere lo stimolo e si può manifestare a Seguito dell’ictus prendendo il nome di neglect o eminegligenza. EMINEGLIGENZA: Incapacità della persona di riconoscere una parte del proprio corpo Distinta in: • Eminegligenza personale: la persona non è in grado di riconoscere la metà del corpo opposto alla sede di lesione • Eminegligenza extra-personale: la persona non è in grado di agire nello spazio opposto alla sede della lesione cerebrale • Eminegligenza peri-personale: difficoltà nell’esplorare oggetti a breve distanza AMNESIA: riduzione più o meno grave della capaci tà d i apprendere e r icordare informazioni ed avvenimenti. Le cause di questo deficit sono di 3 nature: • Naturale: invecchiando il nostro organismo va incontro alla riduzione di sinapsi limitando la memoria • Organica: lesione che compromette la mia capacità • Psicogena: soppressione inconscia dei ricordi. Fattori che possono compromettere la memoria sono l’abuso di sostanze come droghe e alcool, l’ictus, il diabete, l’ipossia, la cirrosi, l’insufficienza renale (tutte situazioni che riducono afflusso di sangue alla corteccia celebrale). Tipi di amnesia: ACCERTAMENTO: In primis devo fare un accertamento del deficit di memoria, valuto se sono presente delle amnesie e la loro tipologia. 1. Valuto integrità dei sensi che potrebbero portare a manifestazioni analoghe a deficit sensoriali (capacità visiva e uditiva) MEMORIA LINGUAGGIO ALTERAZIONI DEI PROCESSI COGNIT IVI STATO DI COSCIENZA DEFICIT DI PERCEZIONE DEFICIT DI MEMORIA 2. Colloquio con il paziente dove indago la sua integrità di memoria: • Dei fattori remoti (es. Quando si è sposato? Qual è il nome dei suoi figli?..) • Dei fattori recenti (es. cos’ha mangiato oggi?) • Memorizzazione: segnalo tre oggetti e chiedo di ripetere il loro nome dopo qualche minuto) • Memoria procedurale: osservo persona mentre svolge attività quotidiane) 3. Valuto il suo orientamento • Spazio/temporale (es. dove ci troviamo? Che giorno è oggi?) • Identità (es. come si chiama? Quanti anni ha?) 4. Valuto l’attenzione: attraverso specifici test neuro-psicologici (es. chiedere al paziente di recitare l’alfabeto o di contare all’indietro) 5. Valuto la presenza di fattori causali: • recenti cambiamenti ambientali/eventi dolorosi • fattori cl inici quali disidratazione, alterazione metaboliche, traumi, demenza o cambiamenti terapia. Importante riscontro con famigliari per capire la correttezza delle informazioni raccolte o per capire qual è stato l’evento che gli ha fatto pensare che il paziente potesse avere deficit di memoria INTERVENTI Orientati a prevenire i deficit di memoria e garantire la sicurezza tramite interventi riabilitativi: • Educare la persona a trovare momento di riposo che riducono lo stress • Educare ad uno stile di vita salutare: attività fisica costante, dieta ricca di frutta e verdure e cereali ricca di antiossidanti e vitamina e scarsa di carboidrati che possono ridurre la microcircolazione, abolire fumo e alcool • Educare ad “esercitare la memoria” (lettura, enigmistica…) • Motivare l’importanza dell’uso degli ausili uditivi e visivi. • Adattamento alla realtà dell’ambiente creando un sistema informativo: segnali che aiutano la persona ad orientarsi nello spazio e nel tempo • Orientamento alla realtà (ROT) che può essere formale (riunione di gruppo con persone con compromissione cognitiva dello stesso livello) o informale (nell’ambiente di vita della persona es. mettere molti orologi e calendari nella stanza per orientarlo nel tempo). • Prevedere e condividere attività da compiere routinariamente (memoria procedurale). AFASIA: persa la capacità di produrre linguaggio scritto o orlale, a seguito di lesioni celebrali a carico o dell’area di Broca o di Wernike. Ciò distingue 4 tipi di afasia: Afasia motoria (area di Broca) in cui il paziente riesce a comprendere ma ha bisogno di tempo per esprimersi, ha difficoltà. Afasia sensoriale (area Wernike) in cui il paziente ha difficoltà a comprendere il linguaggio scritto e parlato ma non ha problemi nella composizione di frasi. Ciò nonostante non capisce quello che dice. Afasia globale in cui il paziente non è in grado né di comprendere ciò che gli viene detto né di esprimersi. Afasia di conduzione linguaggio fluente ma lo scritto è sempre compromesso. Le persone con afasia possono presentare altri problemi quali: anomia (incapacità di attribuire un nome a un oggetto), agrafia (perdita della capacità di esprimere per iscritto il proprio pensiero), acalculia (incapacità di svolgere calcoli elementari). DISARTRIA: Difficoltà nell’articolazione delle parole con conservazione della capacità di comprensione del linguaggio scritto e parlato. Dato da un’alterazione dei muscoli fonatori. DISFONIA O AFONIA: Alterazione (totale) della capacità di emettere il suono. Dovuta ad alterazione a carico della laringe. ECOLALIA: Ripetizione di parole o frasi che sono pronunciate da altri. Alterazione di funzioni cognitive superiori PALILALIA: Si continuano a ripetere le stesse cose. Attraverso il linguaggio possiamo esprimerei nostri bisogni, emozioni, vissuti e pensieri e se questo è in qualunque modo deficitato avremo una limitazione dell’indipendenza della persona che generando frustrazione e rabbia. ACCERTAMENTO: mirato alla persona con deficit di linguaggio, Valuto: • Udito, vista e presenza di ausili • L’integrità del sistema fonatorio (laringe, faringe e corde vocali) • Capacità di attenzione e capacità motorie • Presenza di segni di lesione cerebrale: emiplegia, paralisi facciale… DEFICIT DEL LINGUAGGIO Il 60% dei pazienti ospiti di strutture protette (accolgono persone anziane per un periodo prolungato) o ricoverati in reparti intensivi (modificazione di ritmo sonno/veglia e allettamento prolungato) possono avere delirium. Molto comune negli anziani ospedalizzati costituendone un a l lungamento del la degenza. È associato quindi a prolungamento del ricovero, elevata morbilità, elevato rischio di disabilità, elevata mortalità, elevato rischio di istituzionalizzazione. Spesso il paziente riporta di aver provato un’esperienza stressante con forti sensazioni di paura, panico e rabbia che ha comportato una riduzione della qualità di vita. Il caregiver invece avrà un maggior rischio di sv i luppare s indrome ans iosa , s tress psicologico e anch’esso riduzione della qualità di vita anche perché è molto difficile la gestione di questo tipo di paziente a domicilio. La patogenesi del delirium suggerisce l ’ i n te ra z i o n e tra f a tt o r i d i r i s c h i o predisponente e fattori di rischio precipitante. Questi fattori interagiscono determinando il rapporto dose-effetto. In un paziente fragile un fattore di rischio scatenate di lieve entità può alterare il delicato meccanismo omeostatico cerebrale (anche l’ospedalizzazione). FATTORI DI RISCHIO PREDISPONENTI • età avanzata >65anni • sesso maschile • demenza sottostante • depressione • comorbilità • deficit visivi e uditivi importanti • ridotta capacità funzionale-immobilità • disturbo da alcool • assumere più di 5 farmaci FATTORI DI RISCHIO PRECIPITANTE • ospedalizzazione • infezioni, dolore • disidratazione/malnutrizione • ipossia cerebrale • ritenzione urinale/fecale • applicazione del catetere vescicale • privazione del sonno • aggiunta di 3 nuovi farmaci • uso di mezzi di contenzione Valuto la presenza di un disturbo di coscienza che può essere dettato da un’alterazione della c o n s a p e v o l e z z a d e l l ’ a m b i e n t e , dall’incapacità di mantenere l’attenzione, dall’incapacità di eseguire ordini. Valuto se ci sono alterazioni cognitive come disorientamento, disturbo di linguaggio Tipo di comportamento e identifico anche in quali momenti questo comportamento si è verificato Identifico fattori di rischio e cause probabili. Colloquio con il paziente ascoltando le preoccupazioni espresse da lui o dai suoi familiari: • Come si chiama? • Qual è la sua professione? (che lavoro faceva) Quando si è sposato? • Chiedo di ripetere i mesi dell’anno al contrario • Contare da 1 a 20 o da 20 a 0 Che giorno è? • Dove si trova? • Cos’ha mangiato ieri sera? • Come si chiamano i suoi figli? Importante confrontare le risposte con ciò che riporta il caregiver. Tutti questi dati sono fondamentali per capire la causa del delirium. Questa competenza è strettamente medica ma può essere svolta anche da personale infermieristico formato e prevede la compilazione della scala CAM (Confusion Assessment Method) IMPAT TO FAT TORI DI RISCHIO ACCERTAMENTO La presenza dei fattori predisponenti uniti a fattori precipitanti hanno portato alla manifestazione del delirium misto che poi si è evoluto in delirium iperattivo. Aiuta a ottimizzare la diagnosi del delirium e valuta 4 elementi: 1. Comparsa acuta dei sintomi e decorso fluttuante: chiedere al referente se c’è stata modificazione acuta dello stato mentale e se questo si modifica nella giornata. 0 se NO / 1 se SI 2. D i s a t t e n z i o n e : i l p a z i e n t e è frequentemente distraibile e non segue il filo del discorso. 0 se NO / 1 se SI 3. Disorganizzazione del pensiero: il paziente salta da un argomento all’altro; il discorso è illogico e non chiaro. 0 se NO / 1 se SI 4. Livello di coscienza: a - Normale 0 b- Iperallerta/soporoso/stuporoso/ comatoso. 1 C’è delirium se sono presenti 1 e 2 insieme a 3 o 4 b) Identifico i pazienti che hanno già avuto episodi di delirium. Eliminare/ minimizzare i fattori di rischio Garantire: • apporto di liquidi • controllo del dolore • apporto di ossigeno (correzione di ipossiemia, ipotensione, anemia) • riduzione al minimo di procedure invasive • apporto nutritivo • regolarità intestinale e urinaria Creare un ambiente terapeutico e familiare • Prevenire alterazioni sensoriali con utilizzo ausili vista/ udito • Predisporre il campanello accessibile • Garantire la mobilizzazione • Evitare la contenzione • Rendere possibile la presenza di oggetti e persone familiari • Mantenere la costanza dell’ambiente • Garantire l’adeguatezza degli stimoli • Utilizzare una comunicazione chiara e semplice • Rassicurare la persona Approccio multidimensionale Ident i f i care e r imuovere l a causa scatenante Trattare il dolore Mantenere e favorire l’idratazione e la nutrizione Trattare l’ipossia, l’anemia Favorire un corretto ritmo sonno-veglia Correggere gli squilibri idro-elettrolitici Prevenire le cadute, le lesioni accidentali, le lesioni da contatto Regolarizzare la funzione urinaria e la stipsi M a n t e n e r e e f a v o r i r e l e A D L , l a mobilizzazione e l’attività fisica Far indossare gli ausili per l’udito e la vista Se rimuovo la causa scatenante il delirium termina nel giro di 72 ore (prima agisco e meglio è) • I m m o b i l i t à , c a d u te e tra u m a t i s m i (contenzione) • Perdita dell’autonomia • Malnutrizione (incapacità ad alimentarsi) • Disidratazione • Incontinenza Nell’approccio a questo tipo di paziente devo usare un linguaggio semplice e chiaro sulle attività che si intendono eseguire o far eseguire (coinvolgere il familiare, evitare di insistere, prevedere distrazioni, mediazione paziente-organizzazione). Usare tecniche non farmacologiche per ridurre l’agitazione (musica, massaggi). La cosa fondamentale è il dialogo, bisogna instaurare una comunicazione efficacie con il paziente. Inoltre, bisogna garantire la sicurezza del paziente (modifico l’ambiente per evitare traumatismi, rimuovo presidi sanitari se non strettamente necessari, uso di contenzioni, trattamento farmacologico) e favorire la r i p re s a d e l c o n ta tt o c o n l a re a l t à (richiamando costantemente le informazioni, orientando la conversazione sul qui e ora…) Il ritardo nell’identificazione dei problemi e nel fornire assistenza può portare a complicanze e perdita della funzionalità a lungo termine. Se l ’assistenza non è a p p r o p r i a t a a v r e m o u n u l t e r i o r e danneggiamento del pz. INTERVENT I PREVENT IVI INTERVENT I CURAT IVI COMPLICANZE DEF. È una pratica che ha lo scopo specifico di prevenire o di b loccare i movim enti intenzionali mediante l’utilizzo di qualsiasi dispositivo, materiale o apparecchiatura posto vicino o sul corpo del paziente che non può essere controllato o rimosso facilmente dal paziente. Sono definiti mezzi di contenzione fisici e meccanici i dispositivi applicati al corpo, o parte di esso o allo spazio circostante la persona per limitare la libertà dei movimenti volontari dell’intero corpo o di un segmento. Esempi: sponde interne al letto, fasce di sicurezze al letto, lenzuola per legare parti del corpo, fascia per carrozzina o poltrona, fascia pelvica, sedia geriatrica con piano di appoggio fisso, bracciale per polsi e caviglie, corsetti, vesti per tutto il corpo (tutone) Non sono invece considerati mezzi di contenzione i gessi ortopedici, i bracciali che impediscono il movimento e la flessione del braccio durante l e infusioni venose, dispositivi d’allarme al letto o alla parte, spondine che proteggono metà o 3/4 del letto. • Pazienti con deterioramento cognitivo • Con disturbi del comportamento • A rischio di cadute • Anziani con disabilità nelle attività di base della vita quotidiana • Con diagnosi psichiatriche È stato svolto un sondaggio chiedendo le motivazioni per il quale viene utilizzata una contenzione fisica. È emerso che il personale le impiega per proteggere il paziente (prevenire comportamenti autolesivi) ma anche per proteggere gli altri. Spesso utilizzate in delirium iperattivo o per rischio di vagabondaggio. In alternativa l’utilizzo della contenzione fisica è utilizzato per quelle situazioni in cui il personale è ridotto. Il ricorso frequente alla contenzione fisica essere sembra determinato da una serie concomitante di fattori: • Perdita dell’autonomia funzionale • Presenza di deficit cognitivo • Presenza di disturbi del comportamento • Mancanza di conoscenza • Preoccupazioni per vertenze legali derivanti dalla responsabilità delle istituzioni per la protezione dell’ospite. La discussione sorta negli ultimi 20 anni sull’utilità della contenzione fisica in geriatria ha determinato un ampio consenso sui gravi rischi del suo utilizzo u sulla sua inefficacia rispetto alle motivazioni che ne hanno sostenuto il ricorso. Le conseguenze della contenzione sono state ampiamente descritte in letteratura e la loro gravità e ripercussione sulla qualità della vita del soggetto sono tali da scoraggiarne l’uso. Non vi è diminuzione del l ’agitazione mediante la contenzione. In alcuni studi osservazionali vengono riportati tassi elevati della stessa nei soggetti contenuti. La contenzione e l’agitazione peggiorano. Non vi è alcuna prova che la contenzione eviti la caduta. l’uso di mezzi di contenzione è associato ad un aumento di cadute. La riduzione dell’utilizzo dei mezzi di contenzione non si associa ad un aumento delle cadute. Le conseguenze più grave dopo una caduta riguardano soggetti che cadono mentre sono sottopos t i a mezz i d i contenzione. Danni diretti: provocati dalla pressione esterna del dispositivo contentivo • Strangolamento • Asfissia da compressione della gabbia toracica • Lesioni dei tessuti molli superficiali • Danni da compressione del plesso bracchiale (corsetti) • Danni ischemici (contrattura ischemica dei muscoli delle mani). Danni indiretti: dovuti all’immobilità forzata • Diminuzione della mobilità e aumento del grado di dipendenza • Diminuzione della massa muscolare, del tomo e della forza • Alterazione nella sfera cognitiva e nei contatti sociali • Sviluppo di lesioni da pressione • Incontinenza urinaria e fecale (peggiora anche il rischio di lesioni da decubito) • Cadute con lesioni gravi • Infezioni Peggioramento del comportamento, della capacità cognitive, del disorientamento. Morte improvvisa: dopo un lungo periodo di agitazione e lotta per liberarsi. Dolore: sia fisico che psico-sociale L A CONTENZIONE FISICA PERSONE PIÙ A RISCHIO FAT TORI CONCOMITANT I INEFFICACIA EFFET T I NEGAT IVI 6.) ALTERAZIONE DELLA MARCIA • MARCIA EMIPARETICA O FALCIANTE: paziente con paralisi spastica, la punta del piede viene strisciata sul suolo mentre tutto l’arto compie un movimento di rotazione attorno ad un fulcro costituito dalla pelvi. • MARCIA STEPPANTE : dis turbo de l la deambulazione, consistente nella caduta dell’avampiede a causa della paralisi flaccida dei muscoli. (disturbo nervo periferico) • MARCIA ATASSICA: il paziente cammina con le gambe divaricate e leggera abduzione degli arti superiori. • MARCIA PARKINSONIANA: andatura a piccoli passi in cui i piedi sono strisciati al suolo, tronco flesso in avanti, braccia ferme lungo i fianchi e può portare a: - festinazione: tendenza ad accelerare - freezing: difficoltà ad iniziare la marcia DEF. Improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla posizione ortostatica, o seduta, o clinostatica. Le cadute rappresentano il più comune evento avverso negli ospedali e nelle strutture assistenziali, quasi sempre colpiscono persone fragili (molte delle quali affetti da demenze). Evento molto frequente: • 78% degli incidenti domestici • prima causa di ricovero e decesso • aumenta progressivamente con l’aumento dell’età (tono muscolare compromesso o deficit cognitivi o difficoltà uditive) • anziani categoria più a rischio Ogni anno circa il 30% delle persone con età > 65 anni residenti in comunità subisce una caduta L’incidenza è 2/3 volte maggiore nelle case di cura e ospedali rispetto all’abitazione Le cadute possono comportare anche gravi conseguenze sullo stato di salute • Il 20% richiede intervento medico • Il 5-10% causa una frattura d’anca e il 7% di questi muore • Seconda causa di trauma cranico e spinale • La frattura del femore aumenta in modo esponenziale dopo i 70 anni • Il 50% degli anziani non recupera dopo l’intervento la mobilità precedente Comporta l’insorgenza della paura di cadere nuovamente, ansia e depressione che a loro volta diminuiscono la sua autonomia, l’aumento di disabilità e riducono la qualità di vita. Cadute accidentali (14%) determinato da fattori ambientali (es. scivolamento su pavimento bagnato) Fisiologiche imprevedibili (8%) condizioni fisiche non prevedibili fino al momento della caduta Fisiologiche prevedibili (78%) fattori di rischio identificabili (paziente disorientato e/o con difficoltà a deambulare). La caduta è definita “evento avverso” ovvero che porta un esito sul paziente. Quando questo evento è talmente importante da creare un danno evidente sul paziente o da comportarne la morte si parla di “evento sentinella” (devono essere registrati a livello nazionale e riportati). Le cadute, come le ulcere da pressione r i e n tra n o n e g l i i nd i c a tor i s e n s i b i l i all’assistenza infermieristica ovvero elementi direttamente col l egat i a l la t ipologia dell’assistenza che il paziente riceve. L ’ i n f e r m i e re q u i n d i a v r à u n r u o l o fondamentale nella prevenzione di questi eventi. Importante quindi la valutazione dei pazienti nel momento del ricovero e la riduzione dei fattori di rischio per ridurre il rischio di caduta. Fattori di rischio intrinseci: (relativi al paziente) • Storia di precedenti cadute e paura di cadere • Età > 75 anni in ospedale e > 87 in lungodegenza • Deficit udito e vista • Deambulazione instabile; problemi muscolo- scheletrici. • Deficit cognitivi, stato confusionale, disorientamento, deficit della memoria • Particolari bisogni evacuativi (incontinenza, urgenza, diarrea) • C o m or b i l i t à (d e m e n z a , d i a b ete … ) ipotensione ortostatica, febbre Fattori di rischio estrinseci: (legati alla struttura) • Caratteristiche dell’ambiente (pavimento, illuminazione, mobilio, struttura del bagno) • Calzature • Ricorso ad ausili per la contenzione • C a t t i v o u t i l i z z o d i a u s i l i p e r l a deambulazione • Farmaci La valutazione di rischio mi permette di identificare le persone a maggior rischio di caduta ma anche quali sono i fattori di rischio su cui dovrò andare ad agire per ridurli. Mi servirà quindi per calibrare meglio gli interventi sul singolo paziente. I fattori di rischio più facilmente modificabili sono quelli estrinseci (es. aumento l’illuminazione, faccio indossare calzari appropriati, insegno l’utilizzo corretto degli ausili…). Quelli intrinseci sono difficilmente rimovibili ma io potrò comunque andare a fare degli interventi che ne riducono l’impatto. I fattori di rischio durante l’ospedalizzazione saranno diversi: • cadute precedenti • andatura instabile • confusione mentale • frequenza urinaria • terapia farmacologica multipla. CADUTE IN ETÀ SENILE EPIDEMIOLOGIA CL ASSIFICAZIONE FAT TORI DI RISCHIO OSPEDALE Secondo uno studio i luoghi che sono maggiormente interessati dalle cadute in ambito ospedaliero sono tutti quelli che vedono il paziente che si sposta: corridoio, bagno, trasferimenti, carrozzina, quando si alza o quando è vicino al letto. Nella valutazione del rischio di caduta vado a dare un giudizio clinico sulla presenza di fattori di rischio (rischio elevato se avremo due o più fattori) utilizzando anche delle scale, considero la percezione della persona sui fattori di rischio (strategia fondamentale è utilizzare degli opuscoli informativi sui rischi di caduta correlati a comportamenti non corretti o un utilizzo scorretto di ausili). STRATIFY 5 ITEM (1997) predire cadute ospedaliere 1. Se il ricovero è dovuto a una caduta o se il paziente è caduto durante il ricovero 2. Agitazione irrequietezza 3. La vista 4. La frequenza di eliminazione 5. Le funzioni motorie nei trasferimenti CONLEY 6 ITEM (1999) pazienti > di 50 anni in reparti per acuti 1. Precedenti cadute 2. Perdite feci urine durante il tragitto per i servizi 3. Vertigini e capogiri 4. Deterioramento cognitivo (capacità di giudizio, senso del pericolo) 5. Agitazione 6. Compromissione della marcia T E S T D I T I N E T T I ( 1 9 8 7 ) a n z i a n i cognitivamente integri o con demenza lieve o moderata Valutazione dell’equilibrio e dell’andatura Usata a livello mondiale Test osservazionale Personale addestrato MORSE FALL SCALE reparti per acuti e lungodegenza MINI FALLS ASSESSMENT d i d i f f ic i l e somministrazione perché prevede 30 item Eseguito da personale formato poiché basato sull’attenta osservazione del paziente [messe in discussione perché ritenuti pochi sensibili e poco specifici perché non riescono a valutare in maniera sufficiente i fattori di rischio intrinseci. In letteratura adesso vengono proposte delle nuove scale connesse alle ADL]. Quando valutare il paziente? Importante farlo al momento del ricovero (dalle 8 e non entro le 12 ore dall’ammissione in reparto). Bisognerebbe rivalutare il rischio a ogni alterazione significativa dello stato di salute durante la degenza, a seguito di una caduta, a intervalli regolari in ricoveri prolungati, prima di trasferimenti in altre strutture, prima di dimissione se necessario per agevolare assistenza domiciliare e ogni volta che ci saranno variazioni di terapia. La variazione delle rilevazioni deve essere s e g n a l a t a i n m o d o e v i d e n te s u l l a documentaz ione san i tar ia ad opera dell’operatore che ha eseguito la valutazione stessa, assicurando il corretto impiego da parte del paziente dello strumento scelto. Importante appl icare del l e s trategie multifattoriali per garantire al paziente interventi valutativi e formativi personalizzati ed essenziali per tutte le tipologie di pazienti. 1. Valutare il rischio di cadute al momento del ricovero. 2. Sostenere il paziente nell’attuazione di un programma di esercizio fisico 3. Programmare periodiche rivalutazioni della terapia farmacologica 4. Educare il paziente e familiari sui fattori di rischio e strategie di prevenzione delle cadute (con opuscoli). 5. Apportare modifiche ambientali (es. pavimenti non umidi o scivolosi, con corrimano e senza arredi) 6. Educare all’uso corretto di ausili per deambulazione 7. Valutare e correggere problemi dei piedi e far indossare calzature adeguate 8. Correggere i disturbi della vista 9. Considerare l’uso dei protettori d’anca per ridurre l’incidenza di fratture 10. Apporto di calcio e vitamina D 11. Gestire l’incontinenza 12. Limitare a situazioni eccezionali il ricorso alla contenzione in quanto aumenta il rischio di caduta 13. Formazione sulla prevenzione delle cadute per gli infermieri 14. Attuare un approccio multifattoriale e interdisciplinare Gli interventi da attuare in pazienti con deficit dello stato cognitivo richiedono un forte coinvolgimento dei familiari , in alternativa è opportuno metterlo in prossimità delle guardiole. OPUSCOLI Informazioni utili riguardo il nuovo ambiente in cui il paziente si va a inserire (percorsi per bagno, utilizzo delle luci, come usare il campanello) ma anche informazioni su presidi (come usare calzature e vestiario idoneo, modalità di comunicare in maniera efficacie cambiamenti personali soprattutto VALUTAZIONE INTERVENT I • Ritardo nel deglutire (oltre 5 secondi) • Masticazione o deglutizione scoordinate • Deglutizioni multiple per ogni boccone • Stasi del cibo nelle guance • Rigurgiti orali o nasali di cibo o liquidi • Prolungamento del tempo necessario per mangiare e bere • Tosse e starnuti durante e dopo il pasto Dopo aver mangiato e bevuto: • Tosse • Eruttazioni (ar ia ne l lo s tomaco da epiglottide chiusa in maniera incompleta) • Voce rauca o umida • Stanchezza • Cambiamenti delle modalità di respirazione • Disidratazione • Malnutrizione • Aspirazione o inalazione di materiale estraneo con conseguente polmonite ab ingest is (più per icolosa perché da infiammazione del parenchima polmonare ma può dare anche far morire il paziente se la massa di cibo è notevole) • Infezioni (portando a numerosi ricoveri) • Ricadute sulla qualità della vita: autostima, sicurezza, attività sociali, svago, perdita del piacere del cibo. È fondamentale riconoscere precocemente queste difficoltà deglutitorie già partendo dai segni/sintomi generali. Per riconoscere precocemente la difficoltà di deglutizione è necessario: • Conoscere i fattori di rischio, i segni e i s in tomi (a ttenz ione soprattu tto a i campanelli d’allarme= segni e sintomi generali) • Osservare il comportamento del paziente durante il pasto (sorveglianza stretta del paziente per evitare complicanze gravose quali la polmonite ab ingestis) • Riconoscere i segni di un’inadeguata nutrizione e idratazione + richiedere consulenza (logopedistica) QUANDO? • È opportuno valutare la disfagia in pazienti con sospetto/rischio di alterazione della de g l u t i z i o n e e f f ett u a re s u b i to un accertamento mirato. • In tutti i pazienti con stroke dovrebbe essere testato il rischio di disfagia prima di iniziare a somministrare alimenti o bevande. • In tutti i pazienti in cui si sospetti una disfagia (segni o sintomi, esordio con complicanze) deve essere avviato un percorso di screening e valutazione prima di iniziare a somministrare alimenti o bevande. COME? Sono stati sviluppati strumenti di valutazione e protocolli per aiutare gli infermieri nella loro valutazione: 1.) TEST DI SCREENING: Test di deglutizione dell’acqua (water swallow test): effettuato in un ambiente tranquillo, privo di distrazione con paziente seduto o semi seduto. Valutare: livello di coscienza, postura, riflesso della tosse, qualità della voce, capacità di deglutire. Esito: Classificazione in quattro livelli Disfagia assente: deglutizione corretta Disfagia lieve: voce gorgogliante Disfagia media: voce gorgogliante e tosse Disfagia severa: tosse severa dopo deglutizione di liquidi e solidi Esame endoscopico f l essibil e del la deglutizione (FEES): valuta il rischio di aspirazione e la presenza di anomalie del meccanismo di deglutizione. Permette di osservare direttamente la faringe e la laringe mentre si somministra del cibo al paziente, eventuali aspirazioni del cibo o alterazioni meccaniche nel passaggio. Videofluoroscopia: gold standard per l’accertamento della disfagia. È indicata per identificare la fisiopatologia dei disturbi della deglutizione. La signora Valeria al momento del pasto rifiuta il cibo, consuma solo una parte in modo difficoltoso, lento e con ripetuti episodi di tosse. COMPLICANZE VALUTAZIONE 2.) TEST DI VALUTAZIONE CLINCA/BEDSIDE: sono a ttuat i da d iverse f igure (es . logopedista, medico specialista) e sono utili per valutare gravità e tipologia di disfagia a seguito del risultato positivo dello screening o se presenta segni e sintomi evidenti. Test di GUSS (Gugging Swallowing Screen): strumento standardizzato, evidence-based per la valutazione della disfagia nel paziente con stroke in fase acuta. Obiettivo: prevenire gravi complicanze ed evitare il posizionamento precoce del sondino nasogastrico. 4 fasi: 1. Valutazione indiretta della deglutizione: accer tamento s ta to d i v ig i l anza , a c c e r ta m e n t o d e l l a c a p a c i t à d i deglutizione, del riflesso della tosse e della respirazione, accertamento della capacità d i d e g l u t i z i o n e c i b i s e m i s o l i d i , a c c e r ta m e n t o d e l l a c a p a c i t à d i deglutizione cibi liquidi, accertamento della capacità di deglutizione cibi solidi. 2. Pre-test: solo se si risponde a tutte le domande in maniera positiva e se le condizioni di base di coscienza sono sufficienti si potrà proseguire nella valutazione della disfagia andando a somministrare il test di Guss (3 e 4 fase di indagine). Alla prima risposta negativa v iene sospeso i l tes t e s i va luta un’adeguata dieta con il medico curante e si somministrerà nuovamente il test 24 ore dopo. 3. Test: in questa fase si valuta in maniera pratica la disfagia. In primis si andrà a valutare l’atteggiamento deglutitorio facendo assumere un cucchiaino di the con addensante. Se il paziente non presenta segni e sintomi di disfagia se prosegue con l’indagine andando a valutare la deglutizione di cibi liquidi. Se per 3 giorni il punteggio è minore a 5 si deve inserire un SNG. Semisolidi: Liquidi: Solidi: 4. Valutazione dopo la rimozione del sondino naso-gastrico La valutazione della disfagia attraverso le prove di deglutizione non deve essere effettuata se il paziente non è cosciente o vigile, se ha dispnea o se sono riconoscibili segni e sintomi di ab ingestis. Disfagia lieve • Alimenti con consistenza semisolida • Liquidi addensati Disfagia moderata • Alimenti con consistenza morbida • Liquidi addensati Disfagia grave • Valutazione della nutrizione enterale In seguito ad una successiva valutazione eseguita dal logopedista si conferma la presenza di disfagia moderata e viene prescritta una dieta con alimenti di consistenza morbida e liquidi addensati. ALIMENTAZIONE Alimenti da evitare: • Cibi e liquidi a temperature estreme • Sostanze che si sciolgono in bocca • Cibi con consistenze miste (solidi e liquidi insieme) • Cibi secchi friabili, che si frammentano in piccole unità • Cibi filamentosi • Cibi che richiedono lunga masticazione • Cibi che contengono semi Se il paziente presenta disfagia di tipo I (ridotta masticazione e difetto del transito orale nella deglutizione) i cibi potranno essere semisolidi; se la disfagia è di tipo II (difetto a carico della faringe) scelgo elementi morbidi evitando cibi croccanti o poco compatti; se il paziente ha una disfagia che interessa sia la zona faringea che quella esofagea (ostruzione e/o incapacità a masticare) la consistenza degli alimenti deve essere liquida. Gli interventi dovranno essere mirati in maniera prioritaria a mantenere l’idratazione e la nutrizione e evitare le infezioni da polmonite ad ingestis. Gli interventi dovranno essere svolti in equipe per rendere più sicuro il momento dell’alimentazione, garantire il giusto apporto nutritivo e evitare il ricorso a alimentazione con SNG o PEG. Prima dell’alimentazione • Ambiente tranquillo. • Controllare che il paziente sia riposato, vigile, tranquillo e in grado di comunicare eventuali difficoltà. • Garantire Igiene orale. (stimola salivazione) • Se bocca secca darò cibi acidi prima del pasto. • Posizionamento del paziente • Posizione seduta con schiena eretta e testa leggermente flessa • Posizione di Fowler se paziente allettato con la testa leggermente flessa in avanti e il collo appoggiato al cuscino • Pazienti con paralisi unilaterali: inclinare la testa dalla parte non colpita e ruotarla verso il lato colpito • Sorreggere la testa e il tronco se necessari • Rimuovere qualunque oggetto o indumento che vada a ostruire il passaggio del cibo Durante il pasto • Sedersi allo stesso livello o più in basso degli occhi di chi mangia • Non chiedere di parlare mentre mangia • Piccole quantità sul cucchiaio (circa 10-15 ml) • Rispettare i tempi del paziente • Controllare che abbia deglutito prima di passare al cucchiaio successivo e far fare colpo di tosse • F a r b e re d o p o l a d e g l u t i z i o n e e incoraggiare la tosse • Alternare i liquidi ai solidi • Evitare l’uso di cannucce o siringhe (controllo quantità) • Utilizzare utensili modificati (es. cucchiaio ricurvo, bicchieri infrangibili, salvapiatto…) • Programmare pasti piccoli e più frequenti (se affaticamento) • Controllare se ci sono residui di cibo in fondo alla bocca • Insegnare a mettere il cibo dal lato sano della bocca se paziente con paralisi unilaterale Dopo il pasto • Controllare il cavo orale e provvedere all’igiene; • Mantenere il paziente seduto o semi-seduto (almeno 30-60’) • Garantisco igiene orale • Controllo: - Quantità di cibo e liquidi ingeriti - Peso - Segni di malnutrizione o disidratazione - Rumori respiratori INTERVENT I • Non comprensione del significato della parola scritta ➔ alessia • Incapacità di nominare un oggetto ➔ anomia 4.) Alterata consapevolezza, percezione, attenzione • -La persona non ha coscienza dello stato di malattia e non riconosce l’emiplegia sx (rischio di caduta) ➔ anosognosia • -Mancanza di consapevol ezza e di attenzione per un lato del corpo e dello spazio (di solito a sinistra) ➔ eminegligenza o neglet • Incapacità di compiere gesti e azioni in assenza di disturbi motori ➔ aprassia 5.) Alterazione della memoria e delle emozioni • Alterazioni cognitive e disturbi amnesici • Disturbi della sfera emotiva: depressione, labilità al pianto • Disorientamento spaziale Segnali di allarme improvvisa difficoltà a parlare (parola farfugliata, afasia) o capire. Improvvisa difficoltà a muovere un braccio o una gamba; debolezza di gambe, braccia e faccia in una metà del corpo (emiparesi) o addormentamento e formicolio nella faccia, braccia e gambe (disestesia). Improvvisa difficoltà a camminare, perdita di equilibrio e di coordinazione. Improvvisa perdita della visione, particolarmente in un occhio o visione doppia. Improvviso mal di testa, grave e inusuale. Le diagnosi di TIA e di ictus sono diagnosi cliniche. Per comprendere di che tipo di lesioni si tratta bisogna ricorrere alla diagnostica per immagini tramite TAC (prima scelta) o RNM (diagnosi differenziale, differenziare ictus ischemico da ictus emorragico). Antonio ha 82 anni e vive con la moglie Amelia di 79 in un appartamento accanto ai figli. Il giorno 9 maggio, alle 14.00, escono per la passeggiata pomeridiana; Amelia si accorge che il marito “strascica” un po’ le parole, Antonio dice di sentirsi un po’ stanco, allora rientrano e lui decide di riposare un po’. Si siede in poltrona e accende la TV. Alle 19 circa, la signora Amelia lo sveglia ma nota che è confuso, parla male, fa fatica a sollevare il braccio sinistro; molto preoccupata chiama il 118 riferendo la situazione. L’operatore rassicura la signora sull’arrivo tempestivo di un mezzo di soccorso. Invia, infatt i , un’ambulanza con infermiere, in codice rosso, al domicilio del signor Antonio. L’operatore decide di mandare un’ambulanza con priorità elevata perché riconosce le manifestazioni t ipiche di un ictus e dall’insorgenza di questi sono già passate diverse ore (ictus è una patologia tempo correlata). Doving immaging: tempo da quando insorgono i SS e quando eseguo la TAC (entro 15 min) Dolor to midol: tempo tra SS e trombolisi (entro 60min) L’ictus è un’emergenza medica che richiede una diagnosi e un trattamento tempestivi. L’INFERMIERE DEL 118: Il personale della centrale operativa è formato a identificare l triage telefonico un s o s p e tt o i c t u s e a g e s t i r l o c o m e un’emergenza medica (codice rosso) 1.) Chiede a chi telefona: • Se il paziente è sveglio, risponde (stato di coscienza) • Di osservare i movimenti del volto (mostrare i denti, sorridere -non simmetrico) • Di far sollevare entrambe le braccia chiudendo gli occhi, per almeno 10 secondi. • Di far parlare il soggetto • Il tempo di insorgenza dei sintomi (inutile intervenire se è passato troppo tempo) Stabilisce in quale ospedale inviare il soggetto Assegna il codice, invia i mezzi, comunica con il P.S. Comprendere la gravità secondo CPSS L’alterazione di ciascuno dei tre segni è fortemente suggestiva 2.) La signora Agnese era consapevole che il marito poteva essere stato colpito da un ictus? • Solo un terzo dei pazienti è consapevole di essere colpito da ictus. • È raccomandato il miglioramento della capacità dei cittadini di riconoscere o sospettare questo tipo di evento. DIAGNOSI CASO CLINICO • Educare la popolazione a sospettare un ictus in caso di presenza di deficit sensitivo o motorio monolaterale, afasia, disartria, emianopsia, alterazione dello stato di coscienza, a esordio improvviso. • Il mancato riconoscimento rallenta la tempestività dell’intervento rendendo i danni irreversibili. 3.) Appena giunto a domicilio del signor Antonio, quali interventi dovrà effettuare l’infermiere e perché? Giunto a domicilio rilevo le attività di base: • Stato di coscienza soporoso, il paziente è risvegliabile, risponde se stimolato • Pervietà delle vie respiratorie • Presenza del respiro • Presenza di attività cardiaca • Il paziente si dimostra in uno stato soporoso ma risvegliabile, risponde agli stimoli, non p re s e n ta a l te ra z i o n i c a rd i a c h e o respiratorie Viene così valutato il paziente secondo la CPSS: • Sorriso asimmetrico, deficit dell ’arto superiore di sinistra (cade), anomalie del linguaggio (l’eloquio è impacciato, il paziente strascica le parole). 3 elementi positivi mi fanno sospettare che il p a z i e n t e a b b i a u n i c t u s c o m e precedentemente intuito dal triage telefonico. Gli operatori adesso andranno a rilevare i parametri vitali e il livello di coscienza tramite l’apposita scala: • PA 185/90; FC 70, sat.O2 in aria ambiente 97%; La Glasgow Coma Scale: esprime un punteggio pari a 13 (risposta verbale 4, apertura degli occhi 3, risposta motoria 6) Minimo 3 massimo 15. Importanti i punteggi parziali per capire a che area avremo il disturbo. La risposta motoria viene calcolata nell’emisoma non colpito. L’infermiere ha inoltre reperito un accesso venoso (per ev i tare l ’ar res to) e h a posizionamento sulla barella il paziente con l’aiuto del collega, ponendo particolare attenzione alla protezione delle estremità colpite dal deficit neurologico (perché potrebbero andare in conto a emiparesi e il paziente non si accorge del dolore associato alla posizione non fisiologica comportando così danni nella fase post acuta). Il trasporto del signor Antonio è stato effettuato in codice rosso con preavviso del pronto soccorso di riferimento (ridurre il tempo di azione e attivare l’unità operativa della stroke). In PRONTO SOCCORSO l’infermiere del mezzo di soccorso affida il signor Antonio al medico e all’infermiere che lo stavano attendendo. Riferisce loro i dati anamnestici raccolti, i parametri vitali rilevati, i valori della GCS e della CPSS e gli interventi effettuati a domicilio e durante il trasporto nonché il tempo trascorso dall’esordio dei segni e sintomi. 4.) Come prosegue l’accertamento Pronto Soccorso? (quali dati raccolgono il medico e l’infermiere?) In pronto soccorso il medico e l’infermiere accolgono Antonio e rilevano: Stato di coscienza: soporoso, il paziente è risvegliabile, risponde se stimolato (sta peggiorando) non si esprime in modo chiaro, ha difficoltà ad articolare le parole assenza di forza agli arti superiore e inferiore di sinistra. • la rima boccale cade a sinistra. • la sensibilità è ridotta a sinistra, • lo sguardo è deviato verso destra. PV: PA 180/95, FC 78, Sat. O2 in a.b. 96% TC 37.3°C; Segni e sintomi più marcati Intuisco che il danno celebrale è a destra La signora Amelia riferisce che il marito è diabetico e iperteso. Il gluco-test effettuato evidenzia una glicemia di 193 mg/dl. Vengono prescritti ed eseguiti: ECG: aritmia da fibrillazione atriale La TAC cerebrale esclude la presenza di lesioni emorragiche Emocromo: valori nella norma - glicemia 193mg/dl. - elettroliti (Na , K, Cl, Mg, Ca ) nella norma - creatininemia 180 micromoli/l (62-106) - transaminasi e proteine nella norma - tempo di protrombina, aPTT, fibrinogeno nella norma. ECO doppler dei tronci sovraaortici Inoltre viene attivata la consulenza dello specialista neurologo che visita il signor Antonio eseguendo: • l’esame obiettivo neurologico • La quantificazione del deficit utilizzando la National Institute of Health stroke Scale (NIHSS) • Verifica la possibilità del trattamento trombolitico(aPTT e il tempo di protrombina, se alterati non si può eseguire per il rischio di emorraggia) Il neurologo riporta: “Paziente soporoso. Emiplegia sinistra, Babinski omolaterale. Ipoestesia tattile all’emisoma di sinistra, eminattenzione, deficit del VII nervo cranico inferiore sinistro”. [1-Emiplegia: assenza totale della forza 2- Babinski omolaterale: riflesso che indica lesione delle vie piramidali 3-Ipoestesia tattile: diminuzione della sensibilità 4- eminattenzione: mancanza di consapevolezza e di attenzione per un lato del corpo e dello spazio (di solito a sinistra) 5-deficit del VII nervo cranico inferiore sinistro: nervo facciale responsabile della muscolatura mimica del volto] L’analisi dei referti e la valutazione effettuata dal neurologo portano al la seguente interpretazione del quadro clinico: ictus ischemico di probabile origine cardio- embolica. Viene predisposto il ricovero strokeunit ma non il trattamento trombolitico considerando il tempo intercorso dall’ esordio. STROKE UNIT: È indicato che i pazienti con ictus acuto siano ricoverati in una struttura dedicata (Stroke Unit) che prevede 4-16 letti, un team multidisciplinare di infermieri, di tecnici della riabilitazione e di medici, esclusivamente dedicati al l e malattie cerebrovascolari. In assenza di stroke unit, una ragionevole alternativa, per quanto meno efficace, è rappresentata dalla costituzione di un team esperto (stroke team), composto da un medico e da personale infermieristico e riabilitativo specificamente dedicati. 5.) Cosa poss iamo concludere da l la consultazione della NHISS e dagli altri dati che abbiamo a disposizione? • Il paziente si è recato troppo tardi in PS e per questa ragione non è stato possibile sottoporlo a trombolisi • NIHSS di 17/42 che mi simboleggia una grande perdita nelle ADL e che non è detto che il paziente riesca a recuperare le sue capacità funzionali (prognosi negativa). 6.) Come proseguirà la presa in carico del paziente in STROKE UNIT? L ’ i n f e r m i e r e , t e n e n d o c o n t o dell’eminattenzione, decide di assegnare al paziente un posto letto che permetta di attuare tutte le attività sul lato non plegico e successivamente, in modo graduale, orienterà l’attenzione del paziente sul lato plegico. Sulla base dei dati emersi dall’accertamento e su prescrizione medica, somministra i farmaci per la correzione della TC e glicemia. Non interviene pressione perché aumenta il flusso ematico celebrale. Programma il monitoraggio: • Stato di coscienza • PA, ECG, Sat O2 (applica gli elettrodi e il bracciale per la pressione) • Temperatura, • Glicemia, • Bilancio idrico (paziente cardiopatico) Programma il controllo del residuo post- minzionale con eco vescica. Misura quantitat ivamente i l def ic it neurologico indagando 11 item con score da 3 a 4 punti Totale 42: NIHSS 0 = esame normale • punteggio compreso tra 1-7 = deficit neurologici lievi • punteggio compreso tra 8 – 14 = deficit moderati • punteggio superiore a 15 = deficit gravi I punteggi attribuiti agli 11 item della NIHSS sono stati i seguenti: • 1.a livello di vigilanza: 1 = sonnolento (non vigile ma risvegliabile con stimolazioni verbali o motorie lievi). – • 1 . b o r i e n ta m e n t o : 0 = r i s p o n d e correttamente ad ambedue le domande • 1.c esecuzione ordini semplici: 0 = esegue entrambi • 2. movimenti oculari: 0 = normale • 3. campo visivo: 0 = normale • 4. paralisi facciale: 2 = paralisi facciale inferiore • 5.a forza arto sup sin : 4 = nessun movimento • 6.a forza arto inf sin : 4 =nessun movimento • 5.b forza arto sup dx: 0 = normale (tiene l’arto sup esteso a 30° se seduto o a 45 se supini per 10 sec.) • 6.b forza arto inf dx: 0 = normale (in posizione supina tiene l’arto esteso a 30° per 5 sec.) • 7. atassia degli arti: assente • 8. sensibilità tattile: 2 = gravemente ridotta nel lato affetto • 9. linguaggio: 1 = live disturbo di fluenza • 10. disartria: 1 = lieve • 11. eminattenzione: 2= eminattenzione grave • PV: PA 185/95, FC 78, Sat. O2 in a.b. 97% TC 37.4°C; glic. 230 mg/d Nei pazienti con ictus è indicato integrare fin dalla fase acuta l’attività di prevenzione della disabilità (mobilizzazione e interventi riabilitativi precoci) con il programma diagnostico e il trattamento di emergenza. Migliorare la mobilità e impedire contratture e deformità articolari (per posizioni scorrette) Mobilizzare gli arti del paziente (esercizi passivi) per almeno 4- 5 volte al giorno; Incoraggiare e stimolare il paziente alla partecipazione alle attività quotidiane; Promuovere la verticalizzazione precoce, acquisizione della posizione seduta con il t e r z o g i o r n o s e n o n s u s s i s t o n o controindicazioni; Garantire cambiamenti di posizione ogni due ore (supina, laterale, prona) Mantenere un buon allineamento Alleggerire la compressione Prevenire l ’adduzione della spalla e l ’extrarotaz ione de l l ’anca ( f l essor i prevalgono sugli estensori) Posizionare correttamente la mano e le dita: favorire il ritorno venoso, prevenire l’edema Evitare la pressione sul arto plegico. DOLORE ALLA SPALLA Complicanza frequente dell’ictus cerebrale. Più del 70% delle persone colpite da ictus ha sofferto di dolore alla spalla almeno una volta durante la riabilitazione. Consiste in un ostacolo alla riabilitazione (prolunga la durata). Le cause possono essere: • Traumi articolari durante i movimenti passivi • Lesione della cuffia dei rotatori • Capsuliti • Tendiniti • Sublussazione • Spasticità • Do lore d i or ig ine centra l e (do lore neuropatico cronico) Per prevenire questa complicanza bisogna: Evitare di sollevare il paziente facendo leva sulla spalla flaccida Non esercitare sforzi di trazione sul braccio plegico Evitare iperestensione articolare provocata dal peso del braccio (paziente in piedi o seduto) Sostenere il braccio (tavolo o cuscino) Bendaggio della spalla e del braccio MALNUTRIZIONE La malnutrizione proteico-energetica è un’alterazione che colpisce il 6-8% nei pazienti con ictus acuto e che si può manifestare a partire da 7 giorni dopo l’evento a, con più frequeza, all’inizio della fase riabilitativa. Causa: • Disturbi della masticazione • Disfagia • Alterazioni visuo-spaziali • Alterazione della vigilanza • Alterazioni motorie • Eminattenzione • Riduzione dell’interesse per il cibo • Problemi assistenziali Le conseguenze possono essere: maggiore incidenza di infezioni, lesioni da decubito e perdita di massa muscolare con rispettivo aggravamento dell’immobilità. La valutazione del rischio nutrizionale entro 24-48 ore dal ricovero (NRS: Nutritional Risk Screening o MUST: Malnutrition Universal Screening Tool), in seguito a queste si possono fare altre valutazioni più complete quali l’indice antropometrico, indici biochimici (a lbuminemia e conta l i n foc i ta r ia ) , valutazione dell’assunzione dietetica e valutazione delle patologie associate. Il programma nutrizionale che andremo a impostare sarà diverso in base alle necessità del paziente: Pazienti non disfagici normonutriti : alimentazione per os seguendo una dieta equilibrata Pazienti non disfagici con malnutrizione calorico-proteico: alimentazione per os con l’aggiunta di integratori Pazienti con disfagia: adattamento progressivo della dieta alla funzionalità deglutitoria o terapia nutrizionale enterale, eventualmente integrate PREVENZIONE Il programma nutrizionale prevede di iniziare la nutrizione enterale precocemente per evitare infezioni (non oltre i 5-7 giorni in pazienti normo-nutriti e non oltre le 24-72 ore nei pazienti malnutriti). La nutrizione parenterale verrà presa in considerazione solo se la via enterale fosse controindicata, non realizzabile o non del tutto efficace. Nei soggetti con disfagia persistente post ictus se è ipotizzabile una durata superiore a due mesi bisognerà fare ricorso alla PEG (gastrostomia percutanea endoscopica), da praticarsi non prima di 4 settimane dall’evento. Nei primi giorni di degenza vi è un peggioramento dello stato di coscienza, il signor Antonio non è in grado di alimentarsi e viene quindi posizionato un sondino naso- gastrico e iniziata la nutrizione entrale. Ogni intervento pianificato è stato descritto al signor Antonio e ai familiari che hanno così potuto comprendere e partecipare al piano di cura. In settima giornata viene effettuata una visita fisiatrica: il paziente è soporoso, risvegliabile ma scarsamente collaborante, presenta ptosi palpebrale sinistra, deficit del VII nervo cranico di sinistra. Sensibilità parzialmente conservata, grave emiplegia sinistra, ipostenia flaccida, areflessica. Visto il quadro clinico, si ritengono assenti segni per una prognosi positiva. Nei giorni successivi, lo stato di coscienza del paziente rimane compromesso, permane la disfagia, la collaborazione è molto scarsa; la prognosi riabilitativa viene confermata negativa. Quanto pianificato all’ingresso è stato sistematicamente effettuato. Durante tutto il periodo non si sono manifestate complicanze ad eccezione di una infezione delle vie urinarie. Gli esiti non sono migliorati. In settima giornata il paziente presenta assenza totale di autonomia (indice di Barthel 10). Alla dimissione, il 29 maggio, la valutazione è sovrapponibile alla precedente. Gli interventi infermieristici sono sempre stati di natura sostitutiva. Si ipotizza un periodo di osservazione e minima mobilizzazione in RSA per preparare un rientro a domicilio con gli ausili necessari. Dal punto di vista assistenziale viene data continuità a quanto già pianificato dagli infermieri di neurologia in particolare viene posta attenzione: • Al la prevenzione del la s indrome da immobilità • Alla nutrizione: il persistere della disfagia e le condizioni cliniche non consentono la rimozione del sondino e viene programmato il confezionamento di una PEG • Coinvolgimento dei familiari: informazioni e strategie per rispondere ai bisogni di assistenza o per affrontare possibili problemi In RSA la situazione non si è modificata: il signor Antonio è soporoso, scarsamente collaborante, non vi è ripresa del movimento e non c’è controllo del tronco. Dopo qualche settimana i familiari, in relazione alle informazioni ricevute e ai servizi attivati (ADI e servizi di trasporto), ritengono di essere adeguatamente preparati per il rientro a casa del loro caro. Unità operativa di riabilitazione: intensiva o RSA Approccio riabilitativo: domiciliare o ambulatoriale Il recupero motorio raggiunge il massimo l i ve l l o ne i p r im i mes i dopo l ’ i c tus , successivamente vengono sfruttate strategie compensatorie quali: • Potenziamento delle prestazioni esistenti • Addestramento all’uso di ortesi o ausili La riabilitazione precoce propone un approccio multimodale alla ripresa delle ADL. Il team riabilitativo sarà composto da: fisiatra, fisioterapista (recupero deambulazione -ADL) e logopedista (per disturbi del linguaggio, articolazione della parola, fonazione, deglutizione) TIA (Transient Ischaemic Attack) Improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale cerebrale o visivo attribuibile ad insufficiente apporto di sangue, di durata inferiore alle 24 ore. CASO CLINICO FASE POST-ACUTA COMPLICANZE CRONICHE Microangiopatiche (ispessimento della membrana basale dei vasi di piccolo calibro dettata da aumentata espressione del collagene —> si riduce il lume dei piccoli vasi) • Retinopatia (non proliferativa e proliferativa con nuovi vasi che si rompono facimente) • Nefropatia (porta malattie renali croniche) • Neuropatia (demielinizzazione nervi SNP) Macroangiopatiche • Cardiopatia ischemica • Arteriopatia arti inferiori • Arteriopatia tronchi sovraortici DEF. insieme delle manifestazioni patologiche direttamente correl ate al diabete che coinvolgono le strutture periferiche causate da arteriopatia occlusiva e/o dalla neuropatia diabetica. Il piede è desensibilizzato dal dolore, con minor vascolarizzazione, secchezza della cute e con maggior rischio di infezione, quindi una piccola lesione può portare alla creazione di un’ulcera che non riesce a guarire per il poco afflusso di sangue fino ad arrivare ad una possibile amputazione del piede. NEUROPATIA: • Nervi sensitivi: n. Sensitiva • Nervi motori: n. Motoria - instabilità posturale, squilibrio tra estensori e flessori • Nervi vegetativi: n.vegetativa - secchezza della cute Questi tre elementi se associati a un piccolo trauma portano ad una lesione importante e sono correlati ad un aumento della glicemia. Neuropatia motoria —> deformità del piede con eccesso di carico in alcune zone —> formazione di ca l l i —> ematoma da schiacciamento —> ulcera —> infezione, difficoltà di guarigione - vasculopatia e amputazione Sede: Superficie planatare e soprastante la deformità ossea Il piede normalmente si ritrova caldo se non è presente la vasculopatia periferica. Formazione di placche arteriosclerotiche in arterie di piccolo calibro (arto poco irrorato). Assenza dei polsi periferici, dolore durante la deambulazione, pallore durante elevazione arto, piede freddo, riempimento capillare aumentato, unghie distrofiche, cute asciutta, edema —> si creano quindi queste gangrene. Sede: dita del piede e parte laterale di esso Il callo mi oscura il danno sottostante e trasforma una ferita cronica in una acuta. La medicazione deve ricreare le migliori condizioni affincèe si ricrea il tessuto, deve proteggere la lesione da traumi, essere permeabile all’ossigeno e isolare la lesione e assorbire l’essudato in eccesso. In base al tipo di tessuto (necrosi, asciutta, crosta gialla, tessuto granul eggante) , s i decide la medicazione più appropriata. • Detersione con soluzione fisiologica (iodopovidione ostacola la guarigione) - gold standard non danneggia il tessuto di granulazione, sufficiente tecnica pulita; solo se immunodepresso o invade il torrente circolatorio • Debr idment : r imozione de l tessuto necrotico e il callo, riduce la pressione, consente un’ispezione completa della ferita e riduce l’infezione; si può eseguire il debilamento autolitico con medicazioni occlusive o semiocclusive; ezimatico con agenti topici che riescono degradare il tessuto necrotico, o meccanico se eseguito chirurgicamente. DIABETE PIEDE DIABET ICO PIEDE NEUROPATICO PIEDE ISCHEMICO TRATTAMENTO mezzo bicchiere bibita zuccherata (CocaCola o aranciata). La glicemia va misurata ogni 15 minuti, fino al riscontro di almeno due valori normali in assenza di ulteriore trattamento tra le due misurazioni. TRATTAMENTO PZ COSCIENTE MA CON STATO CONFUSIONALE O DISORIENTATO: • PZ i n g ra d o d i de g l u t i re m a n o n collaborante: glucosio in gel 15g tra denti e gengiva • PZ privo di coscienza: se disponibile accesso venoso: infondere 15-20 gr di glucosio in 1-3 min usando soluzioni IPERtoniche al 20/33% (80ml glucosata al 20% oppure 50ml glucosata 33%) poi controllo glicemia dopo 15 minuti, se non disponibile accesso venoso somministrare glucagone i.m. o sottocute (1mg) negli adulti. 3. GESTIONE TERAPIA FARMACOLOGICA DIABETE MELLITO TIPO 1 • Schemi insulinici a componenti multiple con siringa o penna: basal bolus con analoghi a lunga durata d’azione e analoghi a breve durata d’azione, con correzioni basate sulla glicemia al momento dell’iniezione • Infusione sottocutanea continua di insulina con microinfusori: solo insulina rapida • Insulina per via inalatoria (in persone non affette da malattie polmonari croniche e non fumatori) DIABETE DI TIPO 2 • Ipoglicemizzanti: • Migliorano l’azione dell’insulina • Migliorano la produzione di insulina • Riducono l’assorbimento intestinale di carboidrati Farmaco di prima scelta è la metformina Possibile associazione di altri farmaci in p a z i e n t i c o n s c a r s o c o m p e n s o i n monoterapia. Se compenso scarso anche in politerapia è raccomandato iniziare terapia insulina mono o multi iniettiva. SEDI SOMMINISTRAZIONE INSULINA INIEZIONE MULTIPLA (solitamente ago 4mm per 32G) Modalità di iniezione: • Aghi di 4mm: angolazione 90 gradi senza plica • Aghi di 8mm angolazione 90 gradi con plica oppure 45° senza plica Gestione delle lipodisrofie —> ridurre le lipodstrofie ruotando la sede e cambiando l'ago a ogni somministrazione Modalità di conservazione dell'insulina: • Insulina in USO: mantenuta fuori dal frigo a temperatura ambiente (inferiore a 30°C) e può essere usata per 1 mese dal primo utilizzo • Insulina NON IN USO: conservata in frigorifero (2-8°C) per un massimo di 3 mesi, mai nel congelatore e va estratta almeno 30 minuti prima dell'iniezione e portata a temperatura ambiente tenendola nel palmo della mano per qualche minuto Somministrazione insulina endovena: pz critici che non si alimentano e in casi gravi Lipodistrofia: traumi da iniezioni continue p rovo c an o l a for m a z i o n e d i n o d ul i sottocutanei • Varietà alimenti e bilanciamento delle porzioni • Mantenere hbAic inferiore di 7% • Glicemia pre prandiale tra 70-130mg/dl, e post inferiore a 160 mg/dl, PA nella norma • Ridurre i livelli plasmatici di lipidi e colesterolo con LDL inferiore a 100 e HDL maggiore di 40% (donna) e 50% (uomo) • Mantenere peso normale ALIMENTAZIONE • Prevenire complicanze (ipoglicemia/ iperglicemia postprandiale) • Terapia medica nutrizionale personalizzata, impostata dal dietista, frazione tra i pasti (3 pasti principali + 2 spuntini) evitare eccessivo digiuno DIETA: Carboidrati: 45-60% kcal totali, frazionate in 20% colazione, 35% pranzo, 10% spuntini; introdurre insieme alimenti ricchi di fibre e con basso indice glicemico, usare carboidrati compl ess i a basso indice g l icemico, attenzione ai pazienti ospedalizzati. INDICE GLICEMICO: incremento glicemico indotto dall'ingestione di una porzione di quell'alimento in rapporto a quello del pane bianco o glucosio. Un alimento con indice glicemico del 50% determina un innalzamento della glicemia pari alla metà di quello indotto dal glucosio o dal pane bianco (alimenti di riferimento). —> più basso è meglio è per ridurre gli sbalzi glicemici Proteine: 10-20% kcal tot, alternare carni bianche a rosse, pesci, uova, quantità di fibre >40g/die, l e f i b re i d r o s o l u b i l i r a l l e n t a n o i l riassorbimento dei carboidrati e danno sazietà Grassi: 35% kcal tot (10-20% insaturi e <10% saturi), almeno 2 porzioni di pesce alla settimana preferibilmente azzurro. Alcol può causare ipoglicemia(—> riduce la glucogenesi), si può assumerlo però durante i pasti, fino 10g al giorno per le donne, fino a 20g nell'uomo Per conoscere il quantitativo di grammi di alcol: Gradazione alcolica per 0,8 (densità alcol) = grami di alcol in 100ml (quantità g assunti di alcol) Apporto saccarosio non superiore a 10%, sale non più di 6g al giorno per i problemi vascolari. CONTEGGIO CARBOIDRATI: Rappresenta il gold standard per pazienti con diabete tipo I, richiede impegno ma permette flessibilità nella dieta. Es: 2 fette di pane = 60g 60g di pane = 40g di carboidrati (CHO) 1 UI insulina ogni 15g di CHO 1 UI insulina : 15g di CHO = X : 40g di CHO X = 2.5 UI di insulina SUGGERIMENTI: Annotare gli a limenti frequentemente per velocizzare i calcoli sul contenuto CHO (con apposite tavole) ed è importante leggere le etichette degli alimenti. A tavola: pesare gli alimenti o usare il metodo volumetrico, usare come unità di misura gli attrezzi da cucina. RUOLO ESERCIZIO FISICO: • Riduce colesterolo • Riduce glicemia • Aiuta a mantenere la massa magra • Riduce rischio di malattie cardiovascolari • Aumenta la sensibilità alll’insulina • Ha effetti positivi sulla qualità di vita E’ consigliato 150 minuti alla settimana di attività fisica moderata (50-70% della FC max) oppure 90 minuti esercizio fisico intenso (>70% della FC max), attività fisica deve essere distribuita in 3 giorni alla settimana e non più di 2 giorni consecutivi senza attività (importante la costanza). E’ consigliato: camminare passo svelto, con animali, ciclismo o cyclette, ginnastica. Bisogna sempre tenere monitorata la glicemia (pr ima, durante e dopo l 'eserciz io) . Considerare sempre il rischio di ipoglicemia; per questo: o diminuisco del 10% la quantità di insulina, o aumento l’apporto calorico fino a 24h dopo l'esercizio fisico, o integro con carboidrati a rapido assorbimento. Se ipoglicemia durante l'attività fisica: • Mi fermo subito • Mi misuro la glicemia • A s s u m e r e c a r b o i d r a t i a r a p i d o assorbimento • Attendo 15 min e ricontrollo • Ingerisco carboidrati a azione prolungata • Non riprendo l'attività finché i sintomi non sono scomparsi RACCOMANDAZIONI PER L’ATTIVITÀ FISICA: • Portare sempre con sé il glucagone • Indossare un braccialetto identificativo • Integrare i liquidi • Indossare calze o calzature appropriate E’ bene evitare attività fisica in condizioni ambientali estreme, evitare attività saltuaria, o quando c'è scarso controllo glicemico. Evitare di iniettare insulina sugli arti utilizzati per l ’att ività (può causare picchi di assorbimento), finito l'esercizio è bene sempre controllarsi i piedi per il rischio di ulcere. DEF. Malattia neurologica con evoluzione cronica progressiva (degenerativa) dovuto dalla distruzione dei neuroni della sostanza nera che producendo dopamina a seguito di questa patologia avremo una significativa riduzione di quest’ultima. La dopamina è un neurotrasmettitore che fa parte delle cotecolammine e che liberato n e l l o s p a z i o s i n a p t i co per m ette l a comunicazione di diversi neuroni. Il morbo di Parkinson non mi altera soltanto la quantità di neuroni ma anche la qualità, rendendoli più sottili e fragili Una delle più diffuse dopo la malattia di Alzheimer, colpisce dal 1-3% della popolazione con più di 65 anni. Con l’invecchiamento della popolazione la linea dell’incidenza aumenta in maniera significativo Comprende sia segni motori che segni non motori. SEGNI MOTORI • La bradicinesia 77-98% dei casi • La rigidità 89-99% dei casi • Il tremore a riposo, distale: tra il 69 il 100% dei casi • L’esordio asimmetrico: nel 72-75% dei casi A l l ’ in iz io ques t i s intomi interessano principalmente in un solo emisfero corporeo, con il progredire della malattia si generalizza. Comporta instabilità della marcia. Responsività alla Levodopa presente nel 94-100% dei casi in un secondo momento a seguito della terapia. Classico tremore a tre monete (o di prono- supinazione) che si manifesta in maniera simmetrica ma che alla lunga tende a generalizzarsi. Consiste nell’oscillazione ritmica delle dita che si manifesta a riposo e può essere attenuato durante il movimento dell’arto interessato, accentuandosi però nel lato controlaterale. • Rotazione lenta dell’avambraccio e della mano, sfregamento del pollice contro le altre dita; tremore della • mascella, lingua, labbra. • Tremore a r iposo , scompare con i l movimento deciso • Può aggravarsi quando la persona si concentra o è ansiosa • Con la progressione della malattia tende ad aggravarsi e ostacolare i movimenti Aumenta la resistenza di uno o entrambi gli arti e può essere contraddistinta anche da una sintomatologia dolorosa. Localizzata principalmente a collo, braccia, gambe e schiena. Il paziente riporterà quindi difficoltà nel movimento e dolore spesso in sede della spalla, resistenza al movimento passivo, movimenti a scatto (ruota dentata), frequente la rigidità del collo. • Difficoltà nello svolgere i movimenti Impaccio nei movimenti, lentezza nelle normali attività, difficoltà a iniziare i movimenti (alzarsi dalla sedia, girarsi nel letto) • Fenomeno del congelamento (freezing) incapacità brusca di svolgere ogni tipo di azione, aumentano i rischi di caduta • Riduzione della mimica facciale • Micrografia • Durante la marcia: tendenza a trascinare i piedi e perdita del dondolamento delle braccia (rigidità) Individuati 4 fattori che contr ibu iscono a l l ’ insorgenza de l la bradicinesia: debolezza muscolare, rigidità. Tremore e lentezza cognitivi. PARKINSON PATOGENESI EPIDEMIOLOGIA CASO CLINICO La signora Rosa, di 79 anni è affetta da Malattia di Parkinson da 8. Vive a domicilio assistita da una badante e dalla figlia che vive nello stesso palazzo. La signora è segu i ta da l serv iz io d i ass i s tenza domiciliare. Soffre di gastrite e dolori articolari. La signora deambula con il girello e necessita di aiuto nelle ADL. Durante l’ultimo accesso l’infermiera osserva rigidità, con difficoltà ad estendere le braccia, amimia facciale, riduzione del timbro e del tono della voce. La signora svolge movimenti molto lenti con inizio ritardato. La badante riferisce che in alcuni momenti della giornata la signora è “bloccata”. Riferisce spesso astenia ed affaticamento, con valori di pressione arteriosa piuttosto bassi, in particolare in ortostatismo (80-100 mm/Hg per la pressione sistolica e 40-70 mm/Hg per la diastolica). Alvo e diuresi sono regolari. SEGNI E SINTOMI TREMORE RIGIDITÀ MUSCOLARE DELLE ARTICOLAZIONI BRADICINESIA Strategie di movimento cognitivo per migliorare il controllo del movimento • Pensare consapevolmente al movimento che si intende eseguire. • Ripassare mentalmente la sequenza dei movimenti prima di effettuarli • Visualizzare la propria andatura, pensando a passi lunghi • Frammentare in più part i azioni o movimenti complessi • Procedere con un’azione alla volta • E v i t a r e d i f a r e d u e c o s e contemporaneamente Alcune strategie: • Insegnare a camminare con passi più lunghi e ad una velocità più funzionale utilizzando una musica ritmata • Insegnare ad eseguire attività quotidiane come lavarsi in modo controllato e sequenziale con atti separati • Insegnare a gestire il freezing immaginando di superare un ostacolo come un gradino • Insegnare ad alzarsi da una sedia bassa DEF. Per demenza si intende una sindrome clinica caratterizzata dalla perdita progressiva della memoria, di altre funzioni corticali superiori e da disturbi del comportamento, fino alla perdita completa dell’autonomia. La demenza di Alzheimer è la più frequente forma di demenza degenerativa. • Deficit amnesici e delle altre funzioni corticali superiori • Perdita progressiva dell’autonomia • Disturbi del comportamento • Alterazioni della capacità di comunicare PERDITA DI MEMORIA (sintomo cardinale) DEF. Difficoltà ad acquisire e processare, trattenere nuove informazioni “Se vai in cantina mi prenderesti anche il detersivo per i piatti e i tovaglioli?” E immancabilmente ti presentavi un’oretta dopo senza una o l’altra o entrambe le cose sostenendo che nessuno ti aveva detto niente! • Memoria a breve termine • Memoria dei fatti recenti • Memor ia a lungo termine-memoria autobiografica • Memoria procedurale Conseguenze: Qualità della vita della persona: • Interferenza con l e normali attività quotidiane, con le relazioni interpersonali, con la possibilità di imparare • Sulla sicurezza • S u l l a p r o p r i a i d e n t i t à ( m e m o r i a autobiografica) • Reazioni emotive… AGNOSIE DEF. Incapacità di dare un significato a ciò che si percepisce con i sensi “La prima volta che ti ho letto quella domanda negli occhi mi sono sentita mancare: “Come chi sono io? Sono tua figlia, come fai a non ricordartelo?” APRASSIE DEF. Incapacità di effettuare un movimento o r g a n i z z a to p er u n f i n e ( m a n c a l’organizzazione) “I vestiti erano sul letto in perfetto ordine, in questo modo evitavamo che vestendoti da solo indossassi prima il maglione della camicia o prima le scarpe dei pantaloni” • Aprassia ideativa • Aprassia ideomotoria Perdita della capacità di giudizio - Incapacità di affrontare e risolvere problemi anche semplici - Ridotto rendimento lavorativo - Cattiva gestione delle finanze DISORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPORALE “Appena lei se ne andava lui si sedeva accanto al l a por ta e aspettava che venisse a riprenderlo…… scoprirono che lui era convinto che fossero già le cinque del pomeriggio.” Perdita: • dei riferimenti temporali • del prima e dopo • dei rapporti da causalità • durata degli eventi • difficile interpretare spazi nuovi… DISTURBI DEL COMPORTAMENTO (nel 90% dei casi di demenza) • Sintomi ansioso - depressivi • Irritabilità e agitazione, aggressività • Apatia • Disinibizione • Disturbi del comportamento motorio (wandering) e del sonno • Allucinazioni e deliri Cause: • Riconducibili alle aree cerebrali colpite • Personalità preesistente • Influenzati da fattori di stress come: - Frustrazione; dover svolgere un compito “difficile” - Confusione; troppi stimoli, cambiamenti improvvisi - Incapacità di esprimere un bisogno, un disagio - Fraintendimenti; incapacità relazionali o mancanza di strategie da parte del caregiver - Alterazioni della percezione - Dolore • Condizioni internistiche precipitanti - Disidratazione - Stipsi, fecalomi - Ritenzione urinaria - IVU - Polmoniti Il paziente con demenza è perennemente nella “nebbia”, vive sempre nella situazione di non sapere che significato attribuire a ciò che sta vivendo. ALZHAIMER SEGNI E SINTOMI Alterata percezione della situazione A l t e r a t a r i s p o s t a e m o t i v a e comportamentale (espressione di un disagio) • Rappresentano spesso l’unica strategia comunicativa rimasta per esprimere malessere, disagio, rabbia • Riducono fortemente l’autonomia • Peggiorano la qualità della vita del paziente e della famiglia • Compromettono la sicurezza • Aumentano il ricorso all’istituzionalizzazione DETERIORAMENTO FISICO (fase avanzata) • Rallentamento motorio • Disturbi della marcia: passo piccolo e strisciante • Instabilità • Cadute • Allettamento Durata media di circa 10 anni S t o r i a d e l l a m a l a tt i a : E ’ p o s s i b i l e schematizzare l’evoluzione in quattro stadi di durata variabile 1.) STADIO INIZIALE: DEMENZA DI GRADO LIEVE (2-4 anni) • Difficoltà a ricordare informazioni recenti • Minimo disorientamento temporale e spaziale • Ridotta capacità di ragionamento, giudizio, concettualizzazione • Difficoltà a trovare le parole e a tenere il «filo del discorso» • Comprensione conservata • Difficoltà sul lavoro • Assenza di alterazioni funzionali • Ansia, depressione, negazione della malattia 2.) SECONDO STADIO: DEMENZA DI GRADO MODERATO (2-10anni) • Disorientamento spazio-temporale • Deficit di memoria (remota, autobiografica) • Chiaro disturbo del linguaggio • Aprassia • Agnosia • Bradicinesia • Alterazioni comportamentali • Riduzione dell’autonomia nelle ADL 3.) TERZO/QUARTO STADIO: DEMENZA AVANZATA O DI GRADO SEVERO (3-4 anni) • Completa perdita delle abilità cognitive • Difficoltà a riconoscere i volti e i luoghi (agnosie) • Disturbi comportamentali • Perdita del linguaggio • Rigidità, bradicinesia • Rallentamento ideo-motorio, aprassia della marcia • Perdita dell’autonomia • Incontinenza sfinterica 4.) STADIO TERMINALE (6-12 mesi) • Peggioramento delle condizioni generali • Allettamento • Possibile comparsa di lesioni da decubito • Disfagia (TPN) • Malnutrizione Rischio di complicanze elevato FUNZIONI COGNITIVE • Memoria e funzioni correlate (orientamento attenzione, concentrazione) • Linguaggio • Attività intellettive (risolvere problemi) • Test di sceening: MMSE • Attenzione ai sentimenti provati dal paziente • Osservazione diretta del comportamento coinvolgendo anche i caregiver STATO FUNZIONALE • BADL (Basic Activity of Daily Living) • IADL (Instrumental Activity of Daily Living) • AADL (Advanced Activity of Daily Living) • BANSS (Bedford Alzheimer Nursing Severity Scale) • Biografia e storia di vita • Personalità • Dimensione sociale e ambientale Fattori che incidono: • Alterazioni delle funzioni cognitive. - memoria - ragionamento - giudizio - deficit delle funzioni prassiche - agnosie • Disturbi del comportamento • Manifestazione neurologiche alterazione della postura, dell’equilibrio, della marcia, aumento del tono muscolare e discinesie • Sovrapporsi di malattie somatiche Obiettivo: Rallentare la perdita dell’autonomia e la comparsa di disabilità e valorizzare le capacità residue Tutti gli studi dimostrano che nei dementi ben assistiti il deterioramento avviene con maggior lentezza OBIETTIVI ASSISTENZIALI • Potenziare/mantenere le abilità cognitive • Compensare la perdita di memoria e il disorientamento • Ottimizzare le capacità funzionali • Gestire e ridurre i disturbi comportamentali • Costruire una relazione empatica con la persona. Valorizzare la persona STADIAZIONE VALUTAZIONE ASSISTENZA Gli approcci riabilitativi • Conservare il più el evato l ivel lo di autonomia • Potenziare le risorse residue • Migliorare le prestazioni cognitive, il tono dell’ umore e il comportamento • Migliorare la qualità della vita, mantenere autostima, ridurre isolamento e stress • L’approccio riabilitativo coinvolge più figure professionali e il caregiver (team) CAPACITÀ DI COMUNICARE • La malattia è associata a disturbi della c o m u n i c a z i o n e c o n p r o g r e s s i v o peggioramento della capacità di farsi capire e capire gli altri. • Variabilità individuale della velocità di evoluzione della tipologia di disturbi. Possono essere identificate alcune fasi: 1.) Demenza di grado lieve • Difficoltà a “tenere il filo”, a tenere in mente quello che si voleva dire. • Difficoltà a trovare la parola giusta per oggetti meno comuni o termini astratti (anomia, parafasia verbale) 2.) Demenza di grado moderato • Si accentua la difficoltà a trovare le parole • Lessico impoverito, con molte ripetizioni, parole passpartout o perseverazioni verbale • Errori nella grammatica, struttura delle frasi semplicistica. • Difficoltà a seguire dialoghi complessi, tra più persone o svolti in ambienti rumorosi, o quando l’interlocutore parla velocemente 3.) Demenza di grado severo • La persona parla sempre meno, solo se stimolata • Frasi o parole incomprensibili • Tende a ripetere frasi o parole • Ripete la domanda (“hai fame?” risp.: “ho fame?”oppure “hai fame”) • Ecolalie (ripetizioni di parole pronunciate dall’interlocutore) • Struttura de l d i scorso sempre più incomprensibile • D i f f i co l t à a s e g u i re un a s e m pl i ce conversazione e a comprendere ordini semi- complessi o complessi 4.) Stadio terminale della malattia • Ecolalie • Farfugliamenti • Ripetizioni ossessive di alcune parole o parole udite • Ripetizioni di sillabe. Gemiti, urla. Mutismo Comunicazione: Costruire frasi semplici, chiare (evitare l’uso di metafore, comandi che includono la parola non o che iniziano con perché). Parlare lentamente, dare il tempo per capire. Dimostrare ascolto, attenzione, calma, interesse per le sue necessità (non fare altre cose). Non interrompere, dargli la possibilità di spiegarsi. Chiedere conferma di quanto abbiamo capito. Eventualmente cercare di indovinare procedendo per eliminazione. Interagire anche quando le risposte verbali non hanno senso logico. Ripetere, riformulare Evitare di parlare in modo eccessivamente sempli f icato o addir ittura infantil e (elderpeak). Evitare rumori concomitanti. Farlo partecipare alla conversazione, rivolgendosi direttamente a lui. Comunicazione non verbale e contatto fisico Stare vicino alla persona. Mantenere il contatto visivo, il sorriso. Accompagnare le parole con i gesti. Tono di voce calmo. Volume moderato Cercare di interpretare il linguaggio del corpo del malato. Trasmettere sicurezza attraverso il contatto fisico. Mantenere viva il più a lungo possibile la comunicazione verbale. Le parole non sono l’unico mezzo di comunicazione. Aumenta la sensibilità alla comunicazione non-verbale. Risultato di multiple patologie croniche, responsabili dell’eziologia dello stimolo nocicettivo e di fattori psicologici e sociali, che condizionano la percezione e la risposta al dolore Perché è importante che parliamo di questo problema? • Frequenza con cui si presenta • Impatto che può avere sulla persona e la familia • Problema sottostimato e sottotrattato - 45-80% degli anziani istituzionalizzati soffre di un disturbo cronico che provoca dolore - 25-40% degli anziani a domicilio La prevalenza di dolore persistente è due volte più elevata negli ultrasessantenni. In un anziano su quattro il dolore è tale da impedire il normale svolgimento del l e attività quotidiane. Il dolore provoca una reazione dell’anziano che si manifesta sottoforma di : • depressione, • riduzione della socializzazione, DOLORE COGNIT IVO • disturbi del sonno, • difficoltà di movimento, • confusione, aggressività • aumento della mortalità I dati relativi alla prevalenza e incidenza di questa problematica, contrastano con l’idea, peraltro diffusa, che ipotizza una riduzione della percezione e della intensità del dolore con l’avanzare dell’età. Solo il 25% degli anziani con dolore riceve un trattamento analgesico e gli ultra85enni ricevono meno trattamenti rispetto ai meno anziani. I grandi anziani (oltre 85 anni) e i pazienti con demenza hanno minor probabilità di essere trattati con oppiodi o farmaci del 3° livello della scala OMS rispetto a quelli di età inferiore e cognitivamente integri in corso di malattia oncologica. La presenza di declino cognitivo è un elemento predittivo di sottotrattamento. Per quali motivi non riusciamo a gestire in modo soddisfacente il problema del dolore negli anziani e negli anziani con deficif cognitivi? Ostacoli alla rilevazione e gestione del dolore: Nella persona anziana: • Declino cognitivo • Difficoltà di linguaggio/comunicazione • T i m o r e d i n o n e s s e r e c r e d u t o / compreso…”abitudine” Nei professionisti sanitari: • Concezioni errate sulla natura del dolore nelle persone anziane (“il dolore fa parte dell’essere anziano”, “la percezione del dolore si riduce con l’età”, “se i pazienti non riferiscono dolore vuol dire che non lo provano”…) • Scarse conoscenze sulle modalità di accertamento del dolore per le persone con deficit cognitivi • Timori su tossicità/effetti collaterali dei farmaci • Accertare il dolore costantemente, come gli altri PV ACCERTAMENTO 1.) Strumenti di autovalutazione • Scala numerica dell’intensità (NRS) • Scala verbale dell’intensità (VDS) • Le espressioni facciali Le persone anziane con deficit cognitivi tali da non permettere una comunicazione efficace, non sono in grado di comunicare ed esprimere il dolore. Dagli studi sul comportamento dell’anziano con dolore, sono stati identificati una serie di indicatori comportamentali che le linee guida dell ’American Geriatric Society hanno sintetizzato in 6 categorie. Comportamento di dolore nelle persone con declino cognitivo: 1. Espressioni facciali: • l i eve a g g ro tta m e n t o d e l l e c i g l i a , espressione triste • Smorfie, fronte corrugata, occhi chiusi o serrati • Qualsiasi espressione anomala • Ammiccamento rapido 2. Verbalizzazioni, vocalizzi: • sospiri, lamenti, gemiti • Borbottio, cantilena, chiamate • Respiro rumoroso • Richiesta d’aiuto • Espressione verbale aggressiva 3. Movimento del corpo: • postura rigida, tesa • Agitazione • Aumento del cammino, dondolamenti • Movimenti limitati • Cambiamento della marcia o nella mobilità 4 . C a m b i a m e n t i n e l l e i n t e r a z i o n i interpersonale • Aggressività, opposizione alle cure • Diminuzione delle interazioni sociali • Atteggiamento socialmente inappropriati o aggressivi 5. Cambiamenti nelle attività abituali • rifiuto del cibo, cambiamento di appetito • Aumento periodi di riposo • Cambiamenti nel sonno • Improvvisa cessazione di attività usuali • Aumento del vagabondaggio 6. Cambiamento dell’umore • pianto o essere in lacrime • Aumento della confusione • Irritabilità o angoscia 2.) Alla base di molti strumenti di valutazione osservazionali Doloplus 2: •Reazioni somatiche •Reazioni psicomotorie •Reazioni psicosociali Pain Assessment in Advanced Dementia: •Respiro •vocalizzazione negativa •Espressione facciale •Linguaggio del corpo consolabilità NOPAIN: L’operatore deve effettuare almeno 5 minuti di assistenza quotidiana all’ospite o s s e r v a n d o e d o c u m e n t a n d o i comportamenti che suggeriscono dolore Gli strumenti con più indicatori hanno una maggiore probabilità di diagnosticare il dolore quando c’è, ma può aumentare la probabilità di identificare il dolore anche quando non c’è. 3.) Rilevazione delle condizioni fisiologiche • Aumento della PA • Aumento della FC Possono indicare un dolore di alta intensità ma l’assenza di modificazioni di questi parametri non indica assenza di dolore RACCOMANDAZIONI • Monitorare il dolore in modo sistematico, ad intervalli regolari (più probabile che venga trattato) • Valutare il dolore provato al momento. • Utilizzare strumenti con un linguaggio semplice (VDS) • U s a r e u n l i n g u a g g i o s e m p l i c e accompagnato da gesti. • Domande la cui risposta sia sì o no. • Attenzione ai momenti di lucidità • Attento ascolto di “frammenti” di parola. • Decodificare parole con significati diversi (“Basta!” “Aiuto!”) • Osservare il comportamento abituale e sospettare la presenza di dolore di fronte al c a m b i a m e n to de l co m p or ta m e n to (conoscenza della persona) • Usare scale osservazionali (…il sintomo diventa segno). • Prevedere e sospettare dolore in presenza di patologie osteoarticolari, vascolari e neoplastiche • Se non si è certi della presenza di dolore, può essere giustificato intervenire e valutare se l’anziano mostra sollievo. DEF. E’ una persona che in ambito domestico si prende cura di un soggetto dipendente/ disabile. 80% dei pazienti affetti da demenza sono assistiti a domicilio 73,8% dei caregiver sono donne • Considerare i caregiver una risorsa • Coinvolgerli nel progetto riabilitativo • Formare e sostenere (supporto psicologico) ASSISTENZA A DOMICILIO • Pesante carico assistenziale • Rischio di stress e depressione dei fornitori di assistenza • Problemi economici CAREGIVER BURDEN Carico assistenziale di chi si prende cura. I caregiver informali hanno spesso: • Ansia e/o depressione • Deterioramento della salute fisica • Isolamento sociale • Diminuzione del tempo da dedicare ai propri bisogni e ad altri ruoli Portano più facilmente il caregiver a depressione quando il pz ha: • Disturbi comportamentali • Progressiva perdita dell’autonomia nella ADL (difficoltà a deglutire, incontinenza) considerare la famiglia/il caregiver come oggetto di attenzioni e di cure per • Conservare il suo ruolo assistenziale e terapeutico • Salvaguardare la qualità della vita della famiglia LA FAMIGLIA • Valutazione della famiglia e in particolare del principale fornitore di assistenza: • Capacità del fornitore di assistenza di ricevere gratificazione dal rapporto con il demente. • Aiuto da parte di altri familiari, amici. • Alcune caratteristiche del fornitore di assistenza: stato di salute, situazione finanziaria, integrazione sociale, qualità del rapporto con il demente RIDURRE IL CARICO DEL CAREGIVER • Centri diurni • Periodi di sollievo presso RSA (Nuclei Alzheimer) • Programmi di educazione • Informazioni sulla malattia • S tr a t e g i e p e r g e s t i r e i d i s t u r b i comportamentali e le ADL • Supporto continuo del caregiver • Gruppi di sostegno reciproco • ADI (fase avanzata)CAREGIVER