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Insegnare la letteratura oggi; Luperini, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

riassunto del manuale di Insegnare la letteratura oggi

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Caricato il 19/11/2019

claudiapuglisi
claudiapuglisi 🇮🇹

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Scarica Insegnare la letteratura oggi; Luperini e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! “Insegnare la letteratura oggi”-R. Luperini Introduzione Capitolo 1 Dopo la riforma Gelmini All’inizio degli anni ‘90, due eventi condizionarono il dibattito sulla didattica della letteratura: 1. Programmi Brocca; 2. Manuale Il materiale e l'immaginario di Ceserani e De Federicis. Uscirono in quegli anni anche il Baldi (incontro tra strutturalismo e storicismo), il Segre (impegno di correttezza filologica) nonché La scrittura e l'interpretazione (riflessione ermeneutica). Si affermava una didattica della letteratura non più basata sulla successione cronologica di medaglioni per autori, ma per corsi di studio e per generi letterari. Da queste esperienze seguì un'intensa discussione che ruotava attorno ai seguenti termini fondamentali: • proposta della classe come comunità ermeneutica, fondata sulla centralità del momento della lettura e dello studente come soggetto della ricerca di senso. Al momento del commento e dell'analisi linguistica e retorica si aggiunge quello dell'interpretazione, che crea una correlazione fra l'immaginario della classe e quello storico dei testi; • apertura alle letterature straniere; • approccio interdisciplinare (aperto all'extraletterario) e anche tematico (e mai strettamente specialistico) allo studio della letteratura, idoneo alla connessione fra l'immaginario attuale dei giovani e quello storico; • rifiuto di intendere lo studio della letteratura in relazione alle nozioni e alle competenze, in virtù dell'orizzonte tecnocratico ed utilitaristico in cui viviamo. Tuttavia, le misure governative degli ultimi decenni hanno contribuito a far coincidere la docenza con il ruolo burocratico, mentre hanno progressivamente scoraggiato la funzione dell'insegnante in quanto intellettuale e mediatore culturale. Oggi, bisogna riscoprire il senso dell'insegnamento della letteratura. Lo studio della letteratura deve essere largamente culturale, piuttosto che specialistico. Nel recente pamphlet di Todorov, La letteratura in pericolo, l'autore (che pure è uno dei più grandi teorici dello strutturalismo) denuncia i rischi che l'eccesso di specialismo, a partire dall'importanza concessa all'analisi retorica, sta producendo. Afferma che l'analisi può essere utile se utilizzata come strumento, come mezzo per l'interpretazione, e non deve essere il fine della letteratura. Dobbiamo superare la specializzazione formativa, frutto didattico dello specialismo novecentesco e riscoprire il valore culturale dell'insegnamento della letteratura nonché la funzione intellettuale del docente quale mediatore culturale. Todorov sostiene che, essendo l'oggetto della letteratura la stessa condizione umana, chi la legge e la comprende non diventerà un esperto di analisi letteraria ma un conoscitore dell'essere umano. Parte prima Capitolo 2 Canone occidentale, etica planetaria e trasformazione della figura dell'insegnante di italiano Nelle università la laurea si è ridotta a tre anni e l'insegnamento è quasi ovunque impartito per moduli. Sono previsti poi, per chi volesse insegnare, due anni di specializzazione, nonché l'acquisizione di crediti nelle discipline pedagogiche. Il sistema dei moduli e dei crediti sta parcellizzando e sminuzzando lo studio, privilegiando la conoscenza sommaria, riducendo la possibilità di far leggere i classici. Nell’istruzione media, dalla riforma Gelmini, si assiste ad una canalizzazione di tipo classista e ad una specializzazione precoce. Da un lato, infatti, ci sono scuole in cui l'insegnamento umanistico avviene in modo tradizionale, in senso tecnico professionale, dall'altro in un numero assai maggiore di scuole lo studio della letteratura si riduce a nozionismo inserito in una cornice di generico intrattenimento in cui si confondono letteratura, arti, teatro, cinema. Si assiste, pertanto, alla perdita secca di disciplinarietà. L'insegnamento non dovrebbe fondarsi su approcci di tipo storicistico e nemmeno tecnico- retorico, perchè il fine della lettura non è la descrizione del testo, ma il trovare in esso un significato per noi. Pertanto, l'insegnamento non può ambire al rigore monodisciplinare, ma ad un approccio: • ermeneutico, che riscopra, cioè, il valore della lettura come fusione di orizzonti fra l'autore, il testo, il lettore e la comunità dei lettori; • interdialogico perché, nella dialettica domanda-risposta della lettura si attiva un dialogo che non riguarda solo il lettore e l'interprete, ma anche gli altri lettori e interpreti; • interdisciplinare perché la letteratura possiede nel proprio DNA un legame intrinseco con l'immaginario derivato da ciò che è culturale. Interdisciplinarietà non vuol dire rinuncia ai contenuti disciplinari, ma apertura all'extraletterario, attraverso l'impiego di discipline diverse al fine di capire e di spiegare meglio un fenomeno letterario; • sovranazionale perchè un approccio fondato sulla centralità della lettura e sul momento ermeneutico, non può, infatti, fare distinzioni fra letteratura nazionale e letteratura di altri paesi. Partendo dal presupposto che il canone è mobile e relativo, che non è fissato per legge, ma nasce da una negoziazione permanente, occorrerebbe avere conoscenza, oltre che degli autori italiani, di: autori europei ed occidentali (studiare il canone europeo ed occidentale non significa includere autori trovarla, bisogna ripensare alle nostre radici. D'altronde, passato e presente rispondono al medesimo destino umano e universale. Tuttavia, attraverso la disarticolazione, la settorializzazione della comunità scolastica, prodotti della riforma in atto, viene distrutta la classe come comunità organica, sede di formazione unitaria e sapere comune, primo embrione di civiltà del dialogo. Bisogna dunque riscoprire la classe come comunità ermeneutica, in cui si sviluppi una libera dialettica interpretativa all'interno di un sapere comune Infatti, la classe, in quanto comunità interdialogica, prefigura un mondo senza frontiere ed aspira all'università dell'umanesimo. Capitolo 4 Premessa Da anni la crisi della didattica della letteratura viene legata ad una serie di concause: il tramonto dell'umanesimo, la prevalenza di ideologie utilitaristiche e tecnicistiche, la scomparsa della dimensione del passato, la diffusione del nuovo sensorio, condizionato dalla comunicazione audiovisiva e multimediale. Tuttavia, occorre in primis sottolineare il nesso fra crisi della didattica della letteratura, crisi della critica letteraria e crisi della figura storica dell'intellettuale. L'educazione letteraria ha perso la centralità che le era accordata in passato (per due secoli da Foscolo a De Sanctis fino allo storicismo novecentesco, la Storia della Letteratura è stata fondata su valori patriottici e civili, in senso strettamente nazionale. Dagli anni '70, invece, le teorie scientifiche, neopositiviste e strutturaliste hanno imposto una visione della letteratura di tipo scientifico, oggettivo ed assolutamente autoreferenziale). Tuttavia, l'educazione letteraria può, anzi, deve mantenere nella scuola italiana un'importanza decisiva. Oggi occorre porre l'accento sull'importanza della lettura come momento ermeneutico, sul confronto e sul conflitto fra interpretazioni che ne deriva, sulla ricerca del senso per noi. Ciò che dovrebbe connotare la scuola è il valore. Alla scuola aspetta la trasmissione di valori ed occorre fornire per far capire agli studenti il senso per il quale bisogna leggere i testi. Ma il valore deve essere una scoperta dello studente, la scoperta del senso deve commuoverlo. I problemi della didattica della letteratura ruotano attorno a 5 questioni fondamentali, fra loro legate. Sono elencate di seguito: • Educazione linguistica ed educazione letteraria • Il rapporto con il singolo testo: commento e interpretazione • Dal singolo alla serie: il rapporto fra testo e testi nei moduli e nella storiografia letteraria • I percorsi tematici e i percorsi per generi • La questione della storiografia letteraria • La questione del canone e i programmi del triennio Educazione linguistica ed educazione letteraria La lettura non può prescindere dall'educazione linguistica. Nel biennio bisogna conseguire possesso pieno e corretto del discorso, bisogna saper comprendere e applicare gli usi funzionali della lingua. Bisogna che lo studente, in questa fase, acquisisca capacità linguistica, perché l'educazione letteraria è il risvolto di quella linguistica. I giovani devono impadronirsi della capacità linguistica e di certi strumenti culturali e scientifici ai fini dell’argomentazione. Ma non bisogna riempire l'alunno di sole competenze tecniche. Bisogna che imparino a parafrasare e che acquisiscano le competenze lessicali necessarie a capire un testo. La parafrasi, in particolare, può essere considerata quale il momento di confronto fra il linguaggio del passato e quello del presente, fra lessico letterario e lessico comune. Si tratta di un vero e proprio confronto fra passato e presente, che transita attraverso due sistemi linguistici. Affinché, tuttavia, tale confronto possa avvenire, lo studente deve prima conoscere bene la lingua letteraria. L'educazione linguistica deve essere scientifica, ma anche creativa perché il ragazzo deve imparare a giocare con le parole. Ma, attraverso l'educazione letteraria, occorre che l'insegnante educhi l'alunno a problematizzare il testo con approccio critico e dialogico. Imparando l'uso critico della lingua s’impara a sapersi inserire nella discussione. Al triennio, invece, deve avere più importanza l'educazione letteraria, ma deve essere supportata da quella linguistica e culturale. L’educazione letteraria, infatti, non è che un risvolto di quella linguistica e dell'informazione culturale. Infatti, senza competenze linguistiche, non si può esprimere un commento testuale; essi sono strumenti per l'interpretazione attiva e creativa. Al triennio, lo studente, che dovrà aver maturato il gusto per la lettura, dovrà essere capace di astrazione, di articolazione scientifica e culturale e di argomentazione persuasiva nell'impiego e del linguaggio. Occorre che lo studente conosca la storia della letteratura, per contestualizzare il testo cui si approccia. L'insegnamento della letteratura deve Dunque mirare all'interpretazione del testo. Questa pratica, infatti, può potenziare nella classe comunità ermeneutica, la disponibilità al confronto democratico. Infatti, pluralità di significati significa pluralità di punti di vista nonché conflitto di interpretazioni. Ciò può motivare nello studente la conquista di una mentalità critica e di un atteggiamento dialogico e democratico, rispettoso delle opinioni altrui è capace di difendere la propria. In generale, ai testi letterari dovrebbero aggiungersi quelli extraletterari, con un'ampia apertura sull'attualità. Ciò stimolerà il reperimento di informazioni per la propria formazione civile, nonché la possibilità di servirsi di diversi registri linguistici. Il rapporto con il singolo testo: commento e interpretazione Nel triennio lo studente deve saper articolare la lettura in due fasi, quella del commento e quella dell' interpretazione che fanno entrambi uso dell'antologia. Si fondano su due momenti: ascolto e valutazione-giudizio. L'ascolto è il momento etico di rispetto della parola dell'altro, perché il testo è l'Altro. La letteratura ha sempre a che fare con il diverso e il diverso va conosciuto e superato con il rispetto e con l'ascolto. L'ascolto è un modo per dare risalto all'opera. Valutazione e giudizio coincidono con il momento della critica e dell'ermeneutica. La critica è un’operazione di tipo storico-filologico. L'ermeneutica, invece, è il momento in cui introietto il testo attraverso la storicizzazione, l'attualizzazione e la sua valorizzazione. Ciò che è importante è capire che alla centralità del testo corrisponde la centralità della lettura: per innescare il meccanismo della letteratura si deve far parlare il testo e si deve riscoprire nella sua centralità; e tuttavia, bisogna anche riscoprire la centralità della lettura perché è il soggetto a decodificare la realtà del testo. Il soggetto, infatti, incontra l'immaginario del testo, attraverso quella che Gadda chiama una comunione di orizzonti. Da questo rapporto dialogico nasce il senso dell'opera. Il senso dell'opera riguarda il lettore e la sua acquisizione coincide con la comprensione del testo. Comprensione da intendersi in senso etimologico, da con-prendo, ovvero prendere con sé. Il testo deve essere inserito, quindi, nella storia del lettore. Dal singolo alla serie: il rapporto fra testo e testi nei moduli e nella storiografia letteraria I raggruppamenti per temi, per generi, per movimenti letterari e per epoca storica consentono di collegare un'opera ad una serie di opere. Ciò non vuol dire dimenticare la storiografia letteraria, ma stimolare ragionamenti che rifuggano da schematizzazioni e che pongano al centro la lettura. I percorsi tematici e i percorsi per generi I percorsi di questo tipo favoriscono tagli trasversali che passano attraverso i secoli. Frye e Starobinski, due fra i maggiori critici del secondo '900, sono critici tematici. Questo tipo di disciplina, nasce grazie al progresso degli studi sull'immaginario, in campo antropologico e storico (vd. ad es. Annales). La critica tematica è stata a lungo osteggiata perché tendeva di interessarsi più all'ideologia che al tema. Tuttavia, si può fare critica tematica senza destoricizzare il testo. Il tema, infatti, unisce diversi autori, epoche, letterature, culture, arti e scienze. Attraverso un tema, la letteratura parla alla storia e i testi possono dialogare fra loro e possono, dunque, essere fra loro accostati. Difatti, prima ragione dell'accostamento fra testi è il tema; la letteratura comparata procede per accostamenti tematici, semantici e significativi fra testi. Il tema permette connessioni organiche fra letterature perché, evolvendosi, diviene topos. Ci sono temi che appartengono a tutte le arti e a tutte le letterature perché fanno parte dell'immaginario archetipico. Attraverso i percorsi tematici si possono congiungere autori del passato e autori del presente, capire il modo in cui essi elaborano un tema, favorire confronti e paragoni tra l'immaginario del presente l'immaginario del passato. Questo percorso favorisce dunque un tipo di approccio comparatistico alla letteratura, e senza dubbio aperto alla storia delle civiltà, della mentalità, del costume della cultura dei popoli (ad es., Starobinski, in Il ritratto dell'artista da saltimbanco mostrava la ragione storica dell'affermazione del tema del clown tra la fine dell’800 e l'inizio del ‘900, rifacendosi alla mentalità, alla cultura, all'economia, alla filosofia, alle arti nel contesto della seconda rivoluzione industriale). I percorsi per generi, al pari, possono consentire raggruppamenti di opere letterarie attraverso epoche diverse. Il genere letterario non è un modello retorico fisso, ma un'entità cangiante, viva e mobile, intrisa di storicità. Studiarlo significa mostrare come nasce, si trasforma, muore, rinasce in - interdisciplinarietà, che spiega un problema attraverso il ricorso a diverse discipline. Attuando una connessione logica e strutturale fra discipline, l'interdisciplinarietà, infatti, risolve problemi di una determinata materia utilizzando mezzi di un'altra; non a caso, sfocia spesso nella transdisciplinarietà. Nello studio e nella didattica della letteratura, l'interdisciplinarietà serve a: 1) spiegare, sotto diversi aspetti, fenomeni storici quali la periodizzazione o i movimenti letterari; 2) illustrare le variazioni tematiche In relazione ad un immaginario; 3) risolvere eventuali problemi di ordine storico e filologico attraverso mezzi pertinenti ad altre discipline. L'insegnante che fa ricorso all’interdisciplinarietà non è un tuttologo. Infatti, egli non deve perdere di vista la specificità letteraria di alcuni fenomeni ma può migliorare il proprio studio e il proprio insegnamento attraverso un approccio interdisciplinare che arricchisca i contenuti disciplinari. Il professore di letteratura, è, infatti, un intellettuale che media contenuti culturali. La critica letteraria e la storia della letteratura non possono prescindere da riferimenti all'antropologia, gli studi sull’immaginario, alla psicanalisi, alla filosofia, alle altre arti, alla storia, alla storia del pensiero economico, alla storia della ricezione. Pena, ricadere nel tecnicismo filologico. All'identità della letteratura, intrinsecamente aperta, complessa e flessibile, deve corrispondere la medesima apertura della critica a diversi saperi e discipline. Ci sono svariati esempi di approcci interdisciplinari alla letteratura. Ad esempio, per spiegare la nascita delle avanguardie fra il 1800 e il 1900 si deve far ricorso alla seconda rivoluzione industriale e al mutato contesto politico ed economico. In questo periodo, in Italia, si afferma lo Stato moderno, democratico e parlamentare, nonché una società di massa che vede il ceto intellettuale affermarsi nelle sedi istituzionali. Dalla storia economica, sociale, e politica si comprende come si assisteva in questo periodo ad una vera e propria forma di sovversivismo piccolo borghese. Il Ceto intellettuale, proveniente dalla piccola borghesia si ritrovava a dover fare i conti con gli industriali, da un lato, e il proletariato, dall'altro. Si tratta di un fenomeno sociale e politico, ma anche e soprattutto artistico. Le avanguardie, d'altronde, che si esprimono come forme di rivolta contro il sistema, nascono sia in politica, con i partiti di avanguardia come quello bolscevico, sia nell'arte, con l'affermazione dell'espressionismo, del Futurismo, etc. Il nuovo entra prepotentemente nell'immaginario ( non è un caso se si attesta l'esaltazione della macchina). Nasce una nuova fonte di autorità, i giovani, che vengono esaltati in ribellione contro i padri. E, ancora in chiave interdisciplinare, il ricorso alla psicanalisi mostra il simbolismo dietro l'uccisione del padre da parte del figlio: le teorie freudiane sul complesso di Edipo arrivano in Svevo, Tozzi, Pirandello e Kafka. Inoltre, il riferimento alla fisica mostra come la relatività di Einstein modifica la percezione spazio-temporale, non più oggettiva ma soggettiva e relativa, si pensi ad es. alla concezione bergsoniana del tempo. Un approccio interdisciplinare mostra come le nuove teorie si siano riflesse in diverse arti, come ad es.: - cinema: quello di Fritz lang, Muruau, Wiene, fa uso dello zoom, che stravolge le tradizionali gerarchie spaziali; - letteratura: autori quali Svevo, Tozzi, Pirandello, Kafka, Aleramo fanno uso del romanzo come opera anarchica ed aperta nonché del verso libero contro le rigide strutture prosastiche e poetiche ottocentesche ; - arti figurative: l'espressionismo tedesco ed artisti quali Munch oppongono alla compostezza e all'armonia ottocentesche una concezione dell'arte come libera espressione di individualità; - musica: compositori quali Shonberg stravolgono le gerarchie musicali. Si evince, inoltre, come il percorso tematico sia sempre interdisciplinare in quanto il tema si manifesta in campi diversi, legandosi alla storia dell'immaginario. Al contrario delle scienze esatte, che tendono ad un rigido rigore interdisciplinare, le discipline umanistiche sono aperte e pertanto l'approccio ad esse è inevitabilmente interdisciplinare. Capitolo 6 Dalla teoria della letteratura alla didattica: implicazioni e conseguenze Sono possibili tre tipi di approccio all’opera letteraria, che seguono il cosiddetto asse jacobsoniano della comunicazione, dallo studioso Jacobson, considerato l’inventore del formalismo fisico (poi diffuso dalla scuola di Praga). Esso prevede un emittente (lo scrittore), un messaggio (il testo), un destinatario (il pubblico). Con approcci diversi, ma di uguale importanza, la critica letteraria si piò fare scegliendo e partendo da uno dei tre vertici dell’asse jacobsoniano. L’opera letteraria si può, dunque, studiare in relazione a: • L’intentio Autoris . Lo studio del soggetto-autore ha prevalso dal Romanticismo alla metà del ‘900; ad es.: -Saint Beuve studiava la vita e del carattere dell’autore per interpretarne le opere; sosteneva, infatti: «Per me la letteratura non è distinta o, per lo meno, separabile dal resto dell'uomo e della sua organizzazione»; di contro, nasceva il proustiano Contre Sainte-Beuve, trattato di critica letteraria nel quale si sosteneva che «Un libro è il prodotto di un io diverso da quello che si manifesta nelle nostre abitudini, nella vita sociale, nei nostri vizi». -De Sanctis studiava gli autori come eroi che si muovevano in ampi paesaggi storici, ponendo in risalto la centralità dell’io scrivente nella Storia; -Croce teorizzò l’importanza della monografia, come unico metodo di approccio ad un autore. • L’intentio Operis. Lo studio del testo ha prevalso dal 1925, anno in cui De Saussure ultimò il suo “Corso di linguistica generale”, fino al 1940 c.a.. A stimolare la nascita delle nuove teorie, interessate al rapporto fra il soggetto e la Storia, furono, in particolare, lo storicismo e la psicanalisi. Dal formalismo russo alla scuola di Praga, fino ad arrivare al New Criticism si studiava il linguaggio letterario come mezzo e rapporto fra l’io e il mondo. Si sviluppano teorie sull’analisi del testo, con approcci linguistici, descrittivi, scientifici e sincronici al testo, sostenuti, ad es., da Spitzel, Jackobson, Benjamin, Lukacs e Bachtin. Il testo, autoreferenziale, era visto come una struttura chiusa, e pertanto la lettura si configurava quale close reading; la letteratura era fatta di testi chiusi, atemporali. Il problema insito in questo tipo di approccio è il ricadere nello studio dei significanti e non dei significati, cercando nella letteratura solo inutili riscontri oggettivi. A prevalere sull’interpretazione era, dunque, il commento e veniva completamente accantonato il problema della ricerca del significato per noi. Queste teorie, figlie dell’onnipotenza della scienza esatta, si estesero anche alla critica marxista e psicanalitica, come ad es. in Della Volpe ed Orlando. Lo strutturalismo si è affermato nella didattica tardivamente, fra gli anni ’80 e ’90 del ‘900 (fino agli anni ’70 prevaleva, nella didaticca, un impianto di tipo storicistico), con conseguenze che ancor oggi si patiscono: ha, ad es., lasciato traccia nei manuali negli esercizi di analisi del testo. L’intentio Lectoris. È il punto di vista assunto dalla Neoermeneutica; essa ha prevalso negli ultimi 30’anni, grazie alle teorie della Scuola di Costanza, nonché alle nuove teorie sociologiche e all’esistenzialismo. Le nuove teorie mettono in crisi l’idea della critica letteraria come scienza oggettiva, sostenendo la relatività dell’interpretazione da parte di una comunità ermeneutica. Hanno inoltre ereditato dalla sociologia l’importanza della ricezione di un testo e dall’esistenzialismo la relatività dell’interpretazione, l’impossibilità di afferrare un univoco senso del testo, in quanto non si può conoscere il pensiero dell’autore. Protagonista di questo approccio è la lettura intesa quale atto ermeneutico che mette in rapporto lettore ed opera (e quindi autore). Una vera e propria fusione di orizzonti (Gadamer) permessa dalla comunanza di tradizioni, linguaggio, miti inconsci, arcaici, antropologici e culturali. Attraverso la lettura nasce il senso dell’opera. La questione del senso è una questione di responsabilità interpretativa perché, nell’interpretarlo, si deve rispetto non solo al testo, ma anche agli altri lettori del testo. È per questo motivo che la lettura è un allenamento alla democrazia. Con le nuove teorie nasce dunque il concetto di comunità ermeneutica , in contrasto con gli storicisti tradizionali e gli strutturalisti; in ritardo rispetto alle nuove teorie, sono nati manuali che cercano di guardare alla letteratura con e attraverso gli occhi del lettore. Per una critica che consideri l’intentio lectoris la storiografia, l’approccio linguistico e l’interdisciplinarietà sono fondamentali per l’espressione di un commento, ma fondante è invece il momento dell’interpretazione come ricerca di un senso per noi. Al giorno d’oggi non si assiste al prevalere di una teoria su un’altra; ciò che rimane sono strascichi confusi dei vari e più importanti approcci. Il testo si pone in questione ad ogni nuova generazione di lettori. È l’intentio lectoris a determinare il successo e l’affermazione di un’opera, non l’intentio auctoris. Per questo, la storia della ricezione è un elemento fondamentale della storia letteraria ed è, inoltre, fondamentale per determinare la sistemazione nel canone di un dato autore o di una data opera. Un autore è nel canone se produce testi in riuso, ovvero sempre interpretati e tramandati nel corso delle generazioni. Si possono definire in riuso tre tipologie di testo: di diritto, religiosi, artistici. Maggiore è la distanza cronologica che intercorre fra noi e il testo, più difficile sarà l’approccio ad esso. Motivo per cui occorre far parlare il testo oggi, senza cadere in imposizioni o operazioni di convinzione. Un testo può essere definito in riuso solo se capito e compreso nella nostra contingenza. La comprensione letterale del testo (parafrasi) è il primo modo per facilitare la comprensione di esso. In questo frangente, l’insegnante può avere due atteggiamenti: -può lasciare allo studente la libertà di leggere solo; il rischio è che ricada in un’eccessiva arbitrarietà, realizzando una forma d’interpretazione, più vicina all’attualizzazione selvaggia. -può lasciare che lo studente si abbandoni al piacere della lettura. Può accadere che non lo provi, ma il piacere nasce dalla comprensione, non dall’ignoranza. Non bisogna, anche in questo caso, lasciare all’alunno estrema libertà d’interpretazione, perché le interpretazioni sono infinite, ma non illimitate. Entrambi gli atteggiamenti escludono il fondamentale ruolo, nella dialettica dell’interpretazione, rivestito dal commento. Il commento consiste nella parafrasi, nell’analisi metrica, retorica, semantica. La parafrasi è, sì, un fondamentale strumento di comprensione ed attualizzazione del testo, ma esclude i valori connotativi di questo, lasciando spazio ai soli valori denotativi. Il commento è un momento pragmatico che non prevede l’autonomia del lettore rispetto al testo. È un momento di mediazione fra scrittura e lettura. È quanto di più vicino al testo ci possa essere, ma, dal punto di vista pragmatico è quanto di più lontano da esso. Il commento trasporta il testo nella lingua di oggi, ripulendolo dagli elementi connotativi. È un ponte fra la scrittura del passato e la lettura del presente. Nel rapporto fra commento e interpretazione il commento rappresenta l’idea contenuta nell’interpretazione. Ma, nella dialettica, c’è interdipendenza fra commento e interpretazione, ma non consequenzialità logica. Dall’interpretazione può nascere un’idea che può non essere universalmente valida. Ecco perché l’interpretazione deve essere rimodellata continuamente. L'operazione di critica si deve basare sulla citazione di contenuti di fatto, che forniscono autorità al proprio discorso. Il testo di autorità è anche una questione di etica del discorso che dona valore alla critica. La comprensione vera del testo avviene quando si stabilisce un contatto fra il contenuto di fatto e il contenuto di verità. Dicendo che Dante è stato “il più grande poeta del Medioevo” si da un giudizio di valore, non un’interpretazione, che può essere una certezza oggi, ma non ieri e domani. Ad es., la critica dantesca ha spesso preferito Petrarca a Dante. La domanda che dovrebbe spingere alla necessità d’interpretazione della Commedia è: per quali valori si legge Dante oggi? Il professore, attraverso un'operazione intellettuale, dovrebbe suggerire conoscenze in vari ambiti (teologici, psicologici, storici, etici etc.), cercando di trasmettere il messaggio di Dante. Il docente sa che la lettura è problematica e relativa, ma con umiltà deve trasmettere il patrimonio di valori che la letteratura ci tramanda, pensando di stimolare la creazione di una comunità d’interpretanti e dialoganti. È questa un’Utopia, ma senza perseguire l’Utopia dell’Altro non si può insegnare. L’impegno della letteratura dovrebbe essere quello di rendere liberi tutti gli uomini. Parte Seconda Capitolo 8 La classe come comunità ermeneutica L’invasione dei logotecnocrati Il 1973 fu un anno di svolta in ogni campo. Nei paesi più avanzati dell'occidente, non che negli Stati Uniti si assistette alla cosiddetta fase post-strutturalista. In filosofia e nella teoria della letteratura si affermavano teorie che si rifacevano all'ermeneutica, alla sociologia, all'estetica, all'estetica della ricezione, alla critica reader-oriented, al decostruzionismo. Tuttavia (con grosso ritardo) si afferma in questi anni nella didattica italiana lo strutturalismo, con strascichi che tuttora subiamo. Ancora oggi, infatti, l'insegnamento della letteratura si fonda su descrizioni retoriche estremamente tecniche, derivate dal close- reading e dalle analisi del testo di Propp. Ancora oggi molti insegnanti possono essere definiti come logotecnocrati, così come li definì Cases, nel 1978, in Il poeta e la figlia del macellaio. Cases avvertiva che un insegnamento della letteratura che si ispirasse allo strutturalismo allontanava i giovani dal gusto della lettura, ridotta ad esercizio applicativo di modelli descrittivi. L'insegnante-tecnico e non educatore intellettuale non poteva parlare, infatti, in nome di valori (operazione additata dagli strutturalisti come ideologica ed antidemocratica), ma poteva solo fornire agli studenti strumenti tecnici e scientifici, oggettivi e neutrali per approcciarsi al testo. Una conseguenza è costituita dal fatto che il canone scolastico era considerato come intoccabile e precostituito, alieno al giudizio di valore. Ciò che si era affermata era, in realtà, l'ideologia del valore in sé del canone scolastico. Oggi è necessario motivare la ragione per cui si legge un testo e riportare al centro la lettura. L'insegnamento tecnico-scientifico, come quello storico, è strumento di quello ermeneutico ed interpretativo e non ne è il fine. L'interpretazione, nell'esprimere un punto di vista sul testo, mette inevitabilmente in campo valori e significati condivisi da una comunità. Il piacere della lettura deve, dunque, derivare anche dallo scambio di opinioni sul senso e sul significato del testo, dalla condivisione dell’interpretazione. Per questo motivo la centralità del testo non è un dogma. Occorre dunque motivare gli alunni all'acquisizione di competenze stilistiche, storiche ma soprattutto significative e semantiche perché la classe è una comunità ermeneutica. La classe come comunità ermeneutica In una classe, ciascun alunno trova un proprio significato al testo. In un testo, dunque, si ritrovano diversi significati, ma che coesistono tutti in un orizzonte di valori e sapere i comuni. Partendo dal confronto sui diversi significati, la classe si allena al confronto democratico prefigurando in sé un'istituzione civile sia nazionale che sovranazionale. Attraverso la lettura si comprende che il testo possiede una pluralità di significati e infinite, ma non illimitate, interpretazioni. Solo il testo letterario insegna che la verità è relativa, storica, processuale. Essa si conquista attraverso la partecipazione di tutti ad un processo interdialogico. È attraverso l'educazione letteraria che l'alunno matura la consapevolezza della responsabilità dell’interpretazione e il rispetto verso le opinioni altrui; avendo consapevolezza della parzialità e della relatività della propria interpretazione, impara a difendere la propria e a condividerla. L'insegnante, pertanto, si interroga sul senso dei testi ed insegna a fare altrettanto. Così facendo, stimola le facoltà cognitive immaginative dei propri studenti volte a problematizzare il passato e attualizzare il testo nel presente. Per questo motivo, il professore di letteratura rappresenta non solo un’autorità, nell’insegnare e valutare nozioni e competenze, ma al contempo svolge un ruolo di mediazione fra i significati che gli alunni danno al testo. “Yes, there is a text in this class” Occorre ribadire che sono infinite le possibilità di interpretazione, ma non illimitate. Il relativismo dell'interpretazione non conduce al nichilismo. Alcune teorie nordamericane hanno tuttavia declinato il relativismo dell'interpretazione in senso nichilista. Ad esempio Fish, in Yes, there is a text in this class? affermava che il testo letterario i fatti letterari non esistono, in quanto prodotti delle loro stesse interpretazioni. Ma questa concezione destoricizza il valore delle interpretazioni. Le interpretazioni devono rispondere alla semantica storica di un testo; non per una verifica oggettiva del senso del testo, ma per un atto etico di rispetto nei confronti dell'altro (il testo è la comunità di interpreti). La letteratura è una convenzione e possiede una semantica storica. Il nichilismo di Fish colpisce la stabilità, l'oggettività dei testi nonché la condizione di esistenza di una comunità di interpretanti, negando la loro intesa. Questa concezione così apre la strada ad infinite interpretazioni e ad un soggettivismo arbitrario che nasconde un profondo individualismo, una spinta anarchica e distruttiva che consiste nel trionfo del narcisismo. Pertanto occorre ribadire che non sono ammissibili interpretazioni che non tengano conto di un contenuto di fatto, perché disprezzando il contenuto di fatto di un'opera si disprezza La funzione della letteratura e del suo insegnamento La letteratura è di per sé una disciplina aperta. Lo studio della letteratura implica una relazione verticale fra passato e presente, nonché orizzontale fra nazionale e sovranazionale. Occorre, in primis, mettere in discussione il confine nazionale in cui sono stati relegati lo studio e l'insegnamento della letteratura. L'apertura ad autori stranieri non corrisponde solo ad una estensione quantitativa del canone, ma alla volontà di tematizzare come il rapporto fra l'Italia e gli altri paesi si rifletta nell'immaginario letterario occidentale. In tal senso, sono fondamentali due tipi di approccio, quello tematico e quello per generi. Attraverso questi, è possibile valorizzare il rapporto fra immaginario letterario ed esperienza di vita dei giovani, riportando al centro l' interpretazione della classe come comunità ermeneutica. Ciò presuppone un'idea di verità e sapere di eredità novecentesche. L'interpretazione è un processo aperto in continua formazione, un momento interdialogico nel quale ogni singolo e ogni collettività lavorano ad una attribuzione di senso che è in perpetuo divenire. Da qui deriva la responsabilità dell'interpretazione soggettiva. Abituandosi all'interpretazione e all'attribuzione di significato ad un testo, lo studente si abitua al conflitto delle interpretazioni nonché a vivere da protagonista in una civiltà fondata sul dialogo, nella quale ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo interpretativo. L'esercizio dell'interpretazione si pone dunque come esercizio di democrazia. Solo intendendo così l'insegnamento della letteratura, l'insegnante potrebbe riacquisire la propria funzione di intellettuale e mediatore di valori. Ciò non significa eduare al libero arbitrio interpretativo. La democrazia, infatti, è composta da cittadini competenti, pertanto l'insegnamento della letteratura non può dimenticare la testualità da cui muove e le competenze che essa esige. Un'interpretazione deve rispetto al testo, agli altri interpreti nonché agli interpreti passati. L'attribuzione di senso è, infatti, un'operazione sociale che esige una verifica collettiva. In questo frangente, appaiono prive di senso civico le tendenze nichiliste o misticheggianti dell'ermeneutica. Prima di interpretare un testo, uno studente deve avere capacità linguistiche, di semantica testuale ( che si raggiungono anche a partire dalla lettera materiale dalla parafrasi), ma anche storiche e filologiche. Attraverso l'educazione linguistica lo studente potrà: -evitare l'arbitrio nell'interpretazione; -accrescere le proprie abilità linguistiche, le capacità compositive, sintattiche ed argomentative e potrà allargare il suo patrimonio lessicale; -attuare un confronto fra linguaggio del passato e linguaggio del presente. Nel biennio lo studente deve acquisire pieno possesso del discorso scritto e parlato; nel triennio, invece, lo studente deve diventare capace di astrazione, articolazione scientifica, argomentazione persuasiva nell'impiego del linguaggio, in vista di piene argomentazioni logiche e problematizzazioni culturali. Attraverso l'approccio storico lo studente saprà contestualizzare il testo in un quadro ampio, arrivando alla consapevolezza che la periodizzazione è essa stessa problematica e controversa. Per sviluppare capacità di collocazione ed interpretazione storiche di un fatto letterario, appare oggi necessario un ridimensionamento dell'insegnamento della storia letteraria nelle sue articolazioni più minute, secondo tagli orizzontali ed anche verticali. Si potrebbe, ad esempio, attuare percorsi per generi e tematici. Inoltre, non si può insegnare letteratura obbedendo ad un canone prefissato. L'insegnante deve mostrare come determinati testi ed autori sono letti oggi perché hanno un significato ed un valore per noi. E non si dovrebbe nemmeno escludere a priori che un insegnante e la sua classe arrivino a conclusioni opposte rispetto al canone, alla presa d'atto, cioè, che un determinato testo o un determinato autore non abbiano oggi un particolare valore o significato. Una delle principali funzioni delle istituzioni scolastiche è quella di tenere "in riuso" il patrimonio letterario attraverso il canone. Si dovrebbe lasciare la scuola libera di ridefinire il canone in quanto esso stesso non può essere precostituito. Ciò ovviamente non comporta il fatto che gli organi competenti possano esimersi dall'invito alla lettura dei classici in un canone scolastico. È necessario che essi intendano il canone quale quadro attuale di una memoria selettiva in perpetua evoluzione. L'importanza dell'insegnamento sta anche nel rendere visibile il carattere selettivo della memoria storica, rendendo esplicito il problema della trasmissione dei valori. Conclusioni Solo intendendo così l'insegnamento è possibile che i giovani possano acquisire tre grandi capacità: Capacità cognitiva, cioè l'allargamento e l'approfondimento delle conoscenze linguistiche e culturali che si danno nella fitta rete di interferenze nell'atto dell'interpretazione Capacità critica come educazione alla complessità e alla problematicità del presente della dialettica del conflitto delle interpretazioni Capacità immaginativa, ovvero arricchimento esistenziale, emotivo e culturale prodotto dal contatto con quel grande serbatoio dell'immaginario che è la letteratura Capitolo 10 Scrittura, Lettura, Commento e interpretazione Fortini propose di sostituire il termine "letteratura" con "scrittura", sottolinenando: -una dimensione dialettica: la scrittura influenza la lettura e viceversa perchè il significato di un'opera è inseparabile dalla ricezione. -una dimensione sociale: il rapporto di comunicazione fra scrittore e lettore è storicamente condizionato sia nel momento di scrittura e pubblicazione dell'opera sia in quello di lettura della stessa (anche oggi). L'opera va continumente attualizzandosi. Bachtin dice che lo Shakespeare che oggi leggiamo non è quello dell'età elisabettiana. Se oggi un testo è nel canone, lo è per via: -della ricezione odierna, che permette di selezionare il patrimonio culturale del passato. -della storia della ricezione di un testo, che è un argomento di studio fondamentale, essendo la storia della letteratura non solo storia dell'istituzione letteraria, ma anche e soprattutto storia della trasmissione. Questa può aiutarci a comprendere quali valori siano cambiati nel corso del tempo e quanta distanza intercorre fra noi e il testo. Inoltre, questo tipo di approccio può far comprendere quanto un testo non sia obsoleto, quanto sia importante leggerlo e quali siano le ragioni per cui lo facciamo. Si profila dunque un altro problema: un testo può essere attualizzato solo se capito razionalmente. Il "significato per noi" di un testo si costruisce a partire dal suo senso, che non può essere definito in modo arbitrario. Pertanto, è necessaria una decodifica del testo, a partire dalla traduzione, dalla parafrasi, un'operazione di riduzione che definisce il contenuto di fatto di un testo. Successivamente, attraverso il commento si fornisce una prima attualizzazione del testo: il commento è servile (perchè non ha autonomia rispetto al testo) ed è pragmatico (perchè costituisce una prima mediazione fra scrittura e lettura) e serve da ponte fra passato e presente. Ci sono dei casi in cui la parafrasi sostituisce il testo: errato! Solo nella "ginnastica" fra passato e presente nasce l'attualizzazione critica. L'atto di contestualizzazione del messaggio veicolato permette la comprensione del testo. Contestualizzando un testo si possono enucleare temi che rinviano all'immaginario di un'epoca e all'ideologia di specifici gruppi sociali. Dicendo "Baudelaire" è moderno metto in campo una mia idea di Baudelaire e una mia idea di modernità. Questa idea sta in stretta relazione con il testo e con il commento ma non deriva da essi. Fra commento e interpretazione c'è interdipendenza, non consequenzialità: da una stessa parafrasi e da uno particolare valore rispeto all'immaginario di un dato momento storico-culturale. Ad esempio, anche se persiste il tema della donna-angelo, l'amore di Dante per Beatrice (allegoria della teologia) non è quello di Montale per Clizia (allegoria del valore laico della cultura e della poesia). Se, da un lato, un tema va rapportato all'antropologia, dall'altro va storicizzato: occorre puntare su un'ipotesi storica che giustifichi l'emersione antropologica del tema. Ad esempio, Debenedetti vede nella figura di padre 'Ntoni alla fine de "I Malavoglia" il raffigurare del tema archetipico del senza-terra e del senza-patria, dell'esule per l'eternità, l'artista che si auto-rappresenta. Occore fare una distinzione fra motivo e tema: il motivo è l'unità più piccola in cui si articola il tema. Da più motivi, elementi di contenuto o di situazione (Frenzel), si struttura un tema. Oppure si può intendere il motivo come il "motivo ricorrente" cioè un vero e proprio leit- motiv. Ad esempio, nel caso precedentemente citato de "I Malavoglia" il tema è quello dell'espatrio, ma esso si articola in una serie di motivi (osteria), e in un motivo ricorrente (della soglia). La critica tematica ha il grande merito di aver riportato l'attenzione su aspetti per troppo tempo sottovalutati ed ignorati: i contenuti i materiali che costituiscono il soggetto o l'argomento di un'opera. Da questi è possibile raggruppare delle opere fra loro diverse per tipologie, per movimenti letterari, per generi letterari. I rischi della critica tematica sono 4: 1- puntando non sul singolo testo ma sulla serie di testi in cui compare uno stesso tema, si sottrae all'analisi del momento creativo della singola opera e alla ricostruzione della sua genesi artistica, psicologica, ideologica e letteraria; 2- sottovaluta il giudizio estetico a favore del valore storico letterario; 3- trascura gli aspetti formali e letterari delle opere considerate; 4- assegna poca importanza al momento storico-ideologico, per privilegiare il piano storico dell'inconscio collettivo e degli archetipi. Nell'insegnamento non si possono concepire i percorsi tematici come scorciatoie per tagliare e selezionare un programma troppo vasto e vario. Occorre, invece, fare della critica tematica uno strumento di selezione qualitativa. Il tema deve essere inserito nella storia della mentalità e nella cultura dei popoli. Tematizzare non significa de-storicizzare la letteratura. Occorre dunque riformulare i manuali secondo la storia della mentalità, del costume, dell'ideologia, della percezione spaziale e temporale, dei temi letterari e artistici nei diversi periodi storici. Inoltre, è necessario che il tema scelto faccia riferimento agli aspetti portanti e universali della condizione umana, agli immaginari archetipici analizzati nel loro rapporto con le varie epoche storiche. Se è vero che il testo è un unicuum, dopo l'incontro con il singolo testo nasce l'esigenza di passare da questo alla serie, attraverso la storia delle poetiche e dei movimenti, ma anche attraverso percorsi tematici e per generi. Attraverso i percorsi tematici: -si attraversano secoli diversi, articolando il rapporto passato presente; -si pongono in relazione letterature diverse; -si studia un testo in chiave interdisciplinare e culturale; -si mette in relazione l'esperienza vissuta dal lettore con il testo. Questa, in particolare, è la ragione profonda dell'interesse che l'ermeneutica nutre per la tematica. I temi garantiscono un aggancio efficace fra il vissuto dei giovani e il testo. Il tema contiene elementi simbolici e mitici che non possono non coinvolgere la personalità del giovane. Attraverso il tema lo studente viene sollecitato a collegare la propria esperienza a quella del testo e dell'umanità intera e viene spronato a dare senso alla propria vita. Ciò, fra l'altro, contribuisce a vincere il crescente senso di estraneità nei confronti del linguaggio letterario. La critica tematica non esclude una critica formale. Ciascun autore, nell'affrontare un testo, formalizza un topos riducendolo anche ad aspetti formali, ritmici, retorici a citazioni intertestuali. Questo perché l'espressione individuale di un tema passa attraverso l'espressione formale di un tema. Attraverso lo studio del tema, come sostiene Weinrich, la memoria letteraria lotta contro l'oblio perché l'arte del ricordare si lega soprattutto ad aspetti materiali e contenutistici dei testi. Capitolo 12 Insegnare il Novecento Le Colonne d'Ercole del Novecento Alla fine degli anni '20 , dopo la riforma Gentile, nei programmi scolastici figuravano Carducci, Pascoli e D'Annunzio. Alla fine del '900, è stato inserito tra le colonne d'Ercole soltanto Pirandello. Dinanzi all'insegnamento del '900 si pongono svariati problemi: -l'idea che il '900 abbia i suoi classici stenta a penetrare non solo in alcuni settori accademici particolarmente retrivi, ma anche nei circoli ministeriali, nei manuali scolastici e pertanto fra gli insegnanti; -nei programmi dei trienni è molto difficile aggiungere autori novecenteschi, per una questione di tempo materiale per affrontarli tutti; -molti insegnanti non sono aggiornati perchè, ai fini dei concorsi a cattedra precedenti, non erano state richieste competenze in materia di letteratura contemporanea, nè tantomeno di storia della filosofia contemporanea (fondamentale per l'approccio alla letteratura). Fare posto al Novecento Il problema del canone e dello studio del '900 non è quantitativo, ma è qualitativo. Non si tratta, infatti, di aggiungere degli autori novecenteschi, ma di studiare in modo diverso quelli del passato, cercando di ricostruire e decostruire il processo che ha portato alle interpretazioni del passato letterario nel corso della Storia. Ad esempio, si dovrebbe studiare come Dante è stato recepito nell'età comunale, poi da Montale poi da Eliot. Allo stesso modo, si potrebbero leggere Marco Polo e Ariosto attraverso Calvino, o Boccaccio attraverso Pasolini. In tal modo, lo studio della letteratura potrebbe non appiattirsi alla contemporaneità e potrebbe fare apprezzare e valutare le differenze tra ieri e oggi. Inoltre, questo approccio potrebbe consentire di risolvere il problema del tempo. Non è più possibile, infatti, studiare la letteratura autore per autore dal Medioevo ad oggi. Lo studente dovrà conoscere il quadro di insieme e inserire in esso, attraverso percorsi per genere o per tema, gli autori che legge. La questione del canone Il fatto che il canone, nella Storia della Letteratura Italiana sempre rigido, sia stato messo in discussione alla metà del '900, sollecita la riflessione sulla progressiva difficoltà della società italiana di darsi un'identità. La società ha perso, infatti, la certezza nei valori, fondamentali per leggere e interpretare autori e testi. In mancanza di un canone scolastico novecentesco i pochi studi esistenti in Italia assumono come punto di riferimento le antologie scolastiche più diffuse nell'ultimo triennio. Il panorama è più definito per la poesia, ma più complicato per la prosa. A 57 poeti corrispondono infatti 107 prosatori. La questione dell'aggiornamento Come in Germania, i docenti si dovrebbero aggiornare presso le Università. • La seconda, di tipo decostruzionista e neostoricista, ispirata a Nietzsche, Derrida e Facault, è una posizione antiumanista e polemica, che vede in autori ed opere dei fenomeni isolati e contrapposti analizzati in relazione alla logica utilitaria della legge di mercato. Il condizionamento esterno è così forte da vanificare la possibilità di un canone, combattendo come reazionario chi intende proporlo. Tuttavia, ogni comunità non può non chiedersi quale significato abbiano una determinata opera o una determinata tradizione di opere: ogni corpo sociale ha bisogno di istituti che conferiscano una certa stabilità, seppur relativa nel tempo, ai valori comuni. Il canone è espressione della memoria selettiva. Il collegare la storiografia letteraria alla memoria selettiva e alla proposta di un canone è una concezione non priva di conseguenze teoriche e pratiche. La storiografia letteraria è intesa come strumento e non come fine. Deve sempre confrontarsi con l'oggettività, seppur relativa nel tempo, della tradizione e con il dibattito attuale sul canone. Lo storico della letteratura non può prescindere dai dati materiali che fanno parte di un bagaglio culturale comune. Deve descriverli, e per reinterpretarli deve persuadere attraverso una dimostrazione che sostenga le sue tesi e che si fondi su un contenuto di fatto. Anche la storiografia letteraria è pertanto un atto ermeneutico e interpretativo che salva dall'oblio un determinato patrimonio, attribuendogli un preciso significato, un preciso valore e dunque un determinato contenuto di verità. Come ogni atto interpretativo, la storiografia letteraria presuppone un preciso punto di vista. Ma ciò non deve mettere in crisi lo storicismo perché la periodizzazione, la delineazione di sistemi storici, l'accettare nel canone certi autori piuttosto che altri, devono porsi non come verità di fatto, ma come donazioni di senso necessariamente precarie, storiche e dotate relatività. Bisogna assumere la propria parzialità ed affidarla al conflitto delle interpretazioni senza rinunciare a farla valere. La storiografia letteraria è: -decostruzione e costruzione: di precisi punti di vista che assumono un significato "per noi", in una precisa dimensione sociale; -ricostruzione: perchè l'operazione storiografica si colloca dopo altre costruzioni e interpretazioni e deve tenerne conto non solo in relazione al momento in cui sono state prodotte, ma anche al valore che ad esse si da oggi. La differenza fra critica monografica e storiografia letteraria è, pertanto, fuori luogo. Entrambe hanno validità multiprospettica e le loro caratteristiche sono le stesse. Le due discipline dovrebbero: -considerare le opere in base a criteri: formali, stilistici, linguistici, di genere; -collocare le opere in relazione al loro tempo, alla storia, alla società, alla politica, alla storia degli intellettuali, dell'immaginario, delle istituzioni, delle ideologie, delle poetiche, della distribuzione e della ricezione; -non ignorare le singole personalità artistiche e darne conto in modo unitario; -collegare sincronicamente e diacronicamentte la singola opera alla serie, mostrando l'evoluzione delle loro interpretazioni. L'ottica nazionale della storiografia letteraria nel 1800 rispondeva ad un bisogno di identità che oggi non può più esprimersi. La "Storia della Letteratura italiana" di De Sanctis era parte integrante di un progetto politico e culturale in cui il senso di unità ed identità nazionale era trasmesso dall'esperienza letteraria ed artistica: l'Italia vantava in essa un particolare primato. Oggi, se da un lato si dovrebbe ritrovare l'importanza civile della letteratura nel suo contribuire alla creazione di un'identità, dall'altro la prospettiva d'integrazione al mondo occidentale e più in dettaglio europeo, comporta il superamento dei limiti letterari nazionali. Bisogna cogliere il nesso che intercorre fra letteratura nazionale e internazionale. Una storia letteraria deve essere anche Storia del Canone, del suo farsi e del suo disfarsi, delle premesse oggettive e soggettive che hanno contribuito alla formazione dei canoni nel corso della storia. La trasmissione stessa di un canone è figlia di conflitti, perchè dipende dalla incessante dialettica interdialogica della civiltà e contribuire all'elaborazione di un canone coincide con l'inserirsi in tale processo. Capitolo 15 Manuali e storie letterarie: un bilancio e qualche proposta La stagione dello storicismo è finita negli anni '60 con "L'attività letteraria in Italia" di Petronio e con "Storia della Letteratura italiana" di Sapegno e Cecchi, anche se ci sono stati casi di storicismo anche negli anni '70, come ad es. "Letteratura italiana. Storia e testi" di Muscetta e "Storia della letteratura italiana con antologia degli scrittori e dei critici" di Salinari e Ricci. Fra il 1965 e il 1980 lo strutturalismo, con la scuola di Mosca-Tartu e Lotman, congeda lo storicismo; concentrandosi sulla "funzione poetica della lingua", considera l'opera autorflessiva e la analizza in chiave sincronica. In Italia Maria Corti e Cesare Segre si sono occupati di analizzare i testi in chiave strutturalista, ma hanno cercato in essi i riferimenti ai contesti. Lo strutturalismo pecca nel tralasciare dalle considerazioni letterarie le mediazioni istituzionali, ricettive, interpretative che intercorrono fra fenomeno letterario e contesto. Il paradosso è ben espresso da Segre: la storiografia letteraria è "impossibile da un punto di vista teorico, ma necessaria da un punto di vista pratico", impasse che non viene superata in "Testi nella Storia" (Segre, Martignoni). Fra il 1980 e il 1990, i nuovi indirizzi poststrutturalisti che muovono dal pensiero heideggeriano e nietzschiano pongono in crisi storicismo e strutturalismo. Ma, seppure il poststrutturalismo critichi lo strutturalismo, ne condivide non pochi presupposti: il primato del linguaggio come entità ontologica e non come prodotto storico. Le "Annales" non ebbero echi, tranne per: -"Il materiale e l'immaginario" di Ceserani e De Federicis, che in chiave antistoricista ha un approccio postmoderno che indica al lettore possibili percorsi basati sull'immaginario, sui sistemi retorici e formali, culturali e finanche materiali (es.: produzione economica). L'opera si configura quale puzzle che il lettore o eventuali alunni e insegnanti possono combinare a piacimento. Luperini contesta diversi punti programmatici del testo: • l'organizzazione è tematica e il tema destoricizza la diacronia storica, rendendo spesso "nascoste" le ragioni e le contingenze che hanno portato alla realizzazione e all'affermazione di un fenomeno letterario. Siffatta organizzazione presenta un preciso punto di vista, figlio dell'interpretazione degli editori; • la struttura del manuale risponde ai moduli propri della scrittura postmoderna novecentesca, in netta antitesi con quelli della narazione ottocentesca, che trovava sua espressione storiografica nell'opera desanctisiana. Dietro questa ipotesi sta la concezione postmodernista secondo la quale la storia è una narrazione. Ma è errato perchè la storia corrisponde all'esigenza di custodire un patrimonio culturale; • restano imprecisati i confini dell'immaginario, che si aprono a svariate accezioni, ma che non analizzano la specificità dell'immaginario letterario, il modo in cui la letteratura formalizza un tema; • l'enciclopedismo dell'opera porta ad un'inesattezza labirintica dell'insieme. -"Letteratura Italiana" di Asor Rosa (due edizione 1982, 1989) che mette anch'esso in discussione lo storicismo desanctisiano. Ma si limita alla sovrapposizione e alla giustapposizione di temi secondo griglie interpretative pluralistiche, pluridirezionali e pluridisciplinari, fra loro scollegate. Il tentativo di una storia per generi non è sbagliato, ma Brioschi e De Girolamo non l'hanno sfruttato appieno. Il genere infatti: • media fra l'autore, il testo e il contesto (sociale, culturale, linguistico, formale); • valorizza i rapporti tra autore e pubblico: attraverso la storia di genere è possibile collegarsi alle ideologie e all'immaginario storico; • aiuta a risolvere il problema dell'inserimento della letteratura straniera nella didattica. La proposta definitiva dovrebbe unire una storia di genere per problemi ad una storia delle personalità, per un lavoro organico e completo. Anche l'approccio tematico possiede simili caratteristiche, problematiche e proposte, ma essendo slegato da precisi contesti storici rischia di ridursi alla trattazione di un generico immaginario destoricizzato. Capitolo 18 Moderno, postmoderno e storicizzazione della contemporaneità. Una discussione con Ceserani. Ceserani condivide con Luperini alcune concezioni: -negli anni '50 c'è stata una svolta che ha dato autonomia all'età più recente; -occorre distinguere postmodernismo come ideologia unitaria e postmodernità come periodo della storia umana complesso, contrastante e frammentario. Luperini entra in disaccordo con Ceserani sulle seguenti considerazioni: -il punto la rottura degli anni '50 non è epocale, ma notevole; -il giudizio sulla nuova epoca, elevando l'ideologia a criterio di valore, non è così ottimistico. Conclusioni Capitolo 19 Discorso agli insegnanti sulla educazione e sulla memoria Quando avvenne il delitto del Circeo, nel settembre del 1975, gli intellettuali avevano una funzione sociale e la cultura godeva di prestigio. Delitto del Circeo: due ragazzi fascisti militanti della ricca borghesia romana adescarono due ragazze di borgata: una fu seviziata e uccisa, l'altra, pur torturata, riuscì a sopravvivere e a denunciare i fatti. Il delitto impose l'attenzione nazionale sulla condizione dei giovani e molti intellettuali sentirono il dovere di esprimersi in merito: Calvino, Fortini e Pasolini in particolare, sul "Corriere della Sera". Già da tempo gli intellettuali avevano analizzato la condizione giovanile. Calvino, ad esempio, con "Il fischio del merlo" e Fortini con "I giovani secondo Calvino"; gli intelletuali avevano posto l'attenzione sull'impossibilità di comunicazione generazionale: l'ordine sociale rivela differenze incolmabili. Pasolini su "Corriere della sera" e su "Il mondo" (articoli poi riuniti in "Lettere luterane") denunciava che era in atto una trasformazione antropologica che portava all'omologazione fra popolani e borghesi e li sottometteva al consumismo rendendoli cinici e criminali. In merito al Delitto del Circeo, uscirono, l'8 Ottobre del 1975, due articoli, su "Corriere della Sera", l'uno di Pasolini, l'altro di Calvino. Pasolini confrontava i giovani del 1961, l'anno di "Accattone", con quelli del 1975, affermando che la diferenza fra borgatari e borghesi si era col tempo livellata, ad opera del consumismo e dell'omologazione: i costumi delle masse popolari, ora piccolo-borghesi, erano stati distrutti. Notava inoltre come la spinta al conformismo aveva portato ad un'altra spinta, opposta e contraria: l'anticonformismo, che aveva creato "giovani mostri". Calvino con "Delitto in Europa" analizzava come il comportamento dei due giovani fosse stato vissuto dai medesimi come "normale", rientrando in un più ampio clima di "permissività assoluta", tipica degli strati sociali privilegiati. La borghesia italiana, a differenza di quella francese, aveva imposto questi comportamenti come naturali. Già il 9 Ottobre, Fortini scriveva una lettera a Calvino ("I giovani secondo Calvino", Corriere della Sera), nella quale lo invitava polemicamente a considerare come il razionalismo a lui tanto caro obbedisse alla logica del dominio capitalista. La chiarezza illuministica calviniana era indice di un'accettazione silenziosa della realtà, una forma di complicità con il potere. Diversa la reazione di Pasolini, che rivolgeva a Calvino una lettera, uscita su "Il mondo" il 30 ottobre. Accusava il suo interlocutore di non spiegare il fenomeno della nuova condizione giovanile e di non ricordare come l'omologazione fosse messa in atto dal consumismo. La controreplica di Calvino uscì sul Corriere della Sera il 4 novembre con il titolo "Ultima lettera a Pier Paolo Pasolini", che due giorni prima era stato ucciso. Scriveva, in implicita polemica, l'impossibilità di idealizare un mondo perduto che portava in sè di germi della presente corruzione. Calvino avanzava dunque proposte civili contro la forza distruttiva della violenza. In Pasolini, invece, non c'era spazio per la civiltà, ma solo per la violenza, che sottendeva un evidente rimpianto per un passato cancellato dalla storia: per il presente immaginava solo proposte provocatorie come ad esempio sospendere la scuola dell'obbligo e la tv. Fortini si distanziava sia dal riformismo razionalistico di Calvino, sia dall'atteggiamento istintuale di Pasolini. Nell'articolo dell'agosto del 1975 Fortini parlava del rapporto fra storia e biologia, fra civiltà e natura: secondo Fortini le esperienze biologiche assumono significato solo se poste all'interno di un contesto sociale e culturale, solo se storicizzate e grammaticalizzate. Pertanto, quello che i giovani ritengono "naturale", non lo è. Da qui il rilievo che Fortini riconosceva all'educazione, cui spetta il compito di riduzione e traduzione: solo attraverso l'educazione si può contrastare la violenza giovanile. La critica mossa a Pasolini riguardava proprio il rifiuto della maturità pasoliniano. La maturità, per Fortini, è l'arte della mediazione e della dialettica, che respinge l'immediatezza, l'istinto, la visceralità. Se il razionalismo di Calvino rischiava la complicità nel nome del buon senso riformistico, la visceralità di Pasolini rischiava nel rifiuto della educazione e della maturità. La presa di posizione di Fortini sul "rifiuto della maturità", definitiva nel 1984, era già nata in anni precedenti, con la polemica contro lo scherno e lo sbeffeggiamento proprio delle avanguardie. Come nelle Avanguardie, nello schernire il mondo degli adulti e della storia e del passato i giovani si dimostrano inconsapevoli ed irresponsabili: il rifiuto dell'età adulta nasconde quello dell'apprendimento, della prestazione e del lavoro; questi non sono solo strumenti di subordinazione all'ordine capitalistico, ma momenti essenziali nella maturazione degli individui. Alla cultura dello scherno Fortini oppone la ricerca della maturità, la capacità di commozione per la grandezza, che è scopo primario dell'educazione. La nuova condizione giovanile era caratterizzata dalla perdita di memoria e dalla estraneità alla coscienza e alla maturità. L'interdetto della memoria, ricordava Fortini, è un antico strumento di potere adottato già dagli imperatori romani ma anche dalle tecniche dei media: l'organizzazione sociale tende a ridurre lo spazio della memoria pubblica e a lasciare quello della memoria involontaria e privata. Secondo Fortini si è diffuso il "surrealismo di massa" caratterizzato dall'"espropriazione del ricordo" e cioè della tradizione e della possibilità di scegliere e continuare una tradizione. I giovani sono le