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Introduzione ai media digitali, A. Arvidsson, A. Delfanti, Sintesi del corso di Storia Dei Media

Riassunto libro "Introduzione ai media digitali", di A. Arvidsson, A. Delfanti (manca l'ultimo capitolo perché a me non serviva)

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 17/04/2020

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Scarica Introduzione ai media digitali, A. Arvidsson, A. Delfanti e più Sintesi del corso in PDF di Storia Dei Media solo su Docsity! Introduzione ai media digitali, A. Arvidsson, A. Delfanti I - Media e tecnologie digitali L'ambiente digitale Mediatizzazione - Le società contemporanee sono caratterizzate dall’onnipresenza e pervasività crescenti dei media nelle vite quotidiane degli individui. Attraverso la diffusione di massa di Personal computer, smartphone, tablet e altre tecnologie mobili, e con la possibilità di connettersi alle reti ovunque, le persone vivono immerse in flussi di comunicazione continui. Questo fenomeno ci spinge a dare per scontata o non percepire la presenza delle tecnologie digitali e viverne la mancanza come stressante e distruttiva. (Telefono che non funziona nel tunnel della metropolitana) I media digitali influenzano la sfera comunicativa, sociale, economica, del lavoro e politica. I computer sono oggi diffusi in tutte le attività umane: agricoltura, servizi, industria, musica, marketing, telefonia, insegnamento, ma anche organizzazione delle burocrazie e dei processi di comunicazione. Diffusione media digitali - Messa in commercio di computer a basso prezzo pensati per un mercato di massa (anni 80 del XX secolo) e Introduzione del World Wide Web (anni 90). Anni 2000 - Nascita del web collaborativo (Software e piattaforme online che permettono agli utenti di produrre e distribuire contenuti in prima persona) e delle tecnologie mobili come smartphone e tablet. I media digitali hanno assunto un ruolo chiave anche nell'organizzazione della produzione e nell'economia delle società contemporanee. questi cambiamenti hanno un impatto anche sull' ecologia dei media: Nell' ecosistema mediale si assiste all'evoluzione di nuove forme di vita, come motori di ricerca, i social network, i pubblici connessi, e di nuove strategie di sopravvivenza. I social network forniscono servizi gratuiti in cambio dei dati degli utenti, i partiti politici usano la rete per sperimentare nuove forme di comunicazione e per accumulare consenso, i governi mettono in atto nuove strategie di censura e controllo nei confronti delle proprie popolazioni. Yochai Benkler parla della “nascita di un ambiente digitale in rete” caratterizzato dalle possibilità degli individui di assumere un ruolo più attivo all'interno del sistema dei media, allo stesso tempo, però, questo ambiente è denso di scontri su copyright, proprietà e gestione delle Infrastrutture tecnologiche, organizzazione del lavoro, informazioni e censura. I media digitali sono però anche il terreno di scontro tra diverse visioni del mondo: da un lato sono dipinte come portatrici di democrazia, giustizia, uguaglianza, dall'altro, come minaccia all'ordine sociale, potenziale distruttrice degli equilibri su cui si fondano le società, come strumenti di sfruttamento. Infatti gli ambienti digitali sono spazi altamente privatizzati, commercializzati e sorvegliati. Google e Facebook raccolgono e monetizzano le informazioni prodotte dagli utenti, ne analizzano il comportamento a scopi commerciali e permettono al potere statale di esercitare un controllo pervasivo. Nuovi e vecchi media I media digitali, o “nuovi media” sono un insieme di mezzi di comunicazione basati su tecnologie digitali e caratteristiche comuni che li differenziano dai mezzi di comunicazione che li hanno preceduti. Si sono diffusi alla fine del XX secolo affiancandosi ai mass media tradizionali come televisione, giornali e radio. Essì però non sostituiscono i vecchi media, ma piuttosto li integrano o modificano, senza portarli all'estinzione: l’introduzione della televisione non ha causato la scomparsa dei giornali, così come l'introduzione del tablet non causa la scomparsa del libro. (Rimediazione) I nuovi media quindi non nascono dal nulla ma piuttosto evolvono da pratiche e tecnologie mediali preesistenti. La loro evoluzione è un processo continuo e non lineare. Nuove e vecchie forme mediali continuano a influenzarsi a vicenda. La prima fase della vita dei media emergenti (crisi d’identità dei nuovi media) è caratterizzata dall'incertezza sul loro ruolo sociale, in quanto non sono accettati subito come naturali. Questa fase si risolve quando una nuova tecnologia sorpassa la fase di novità iniziale e diventa un prodotto di consumo di massa in un processo di domesticazione. Inoltre se tutti i vecchi media sono stati nuovi ad un certo punto della loro evoluzione, è anche vero che prima o poi tutti i nuovi media sono destinati a diventare vecchi e a essere superati o affiancati dalle tecnologie più recenti. In alcuni casi possono essere abbandonati, come è avvenuto per il grammofono o il telegrafo, o addirittura scomparire come nel caso dello zograscopio. In altri casi un media può invece sopravvivere o tornare in voga, come il disco di vinile. Infine media abbandonati possono essere riportati in vita e assumere nuovi significati, per esempio il Game boy, che viene oggi usato per produrre musica techno 8bit. I media digitali Possiedono alcune caratteristiche principali che li differenziano dai media tradizionali, in quanto sono digitali, convergenti, interattivi, ipertestuali, distribuiti, mobili, e sociali. ● Digitali: Trasportano informazione rappresentata da una sequenza numerica che viene poi rielaborata. I codici digitali sono basati su unità discrete: Il codice binario è basato su due simboli: 0 e 1, mentre i linguaggi analogici sono invece continui e possono essere divisi in parti più piccole. Le tecnologie digitali quindi possono trasportare molto rapidamente quantità immense di informazione e possono trasformare codice analogici in digitali e viceversa. Ad esempio una fotocamera digitale trasforma un segno analogico (la luce che entra nell'obiettivo) in un codice digitale (il file in cui l'immagine viene stoccata all'interno della fotocamera). Al contrario un lettore MP3 Trasforma un codice digitale (il file Mp3) in un segnale analogico (la musica). Le tecnologie digitali sono composte sia da hardware (le componenti fisiche come microchip dischi o schermi) che da software (programmi e codici costituiti da informazione). ● Convergenti: Diversi tipi di contenuto (Scritti, sonori, visivi) convergono in un unico supporto. Il personal computer, ad esempio, è una macchina in cui convergono televisore, macchina da scrivere, radio, telefono. Grazie alla digitalizzazione dell'informazione, i computer sono “macchine universali” che possono simulare altre macchine. La produzione Gli strumenti tecnologici presentano possibilità e limiti a chi li utilizza (In sociologia vengono descritti con il termine affordances). Le tecnologie possono offrire soluzioni e possibili nuove forme di azione, ma allo stesso tempo cioè possibile solo all'interno dei confini della tecnologia stessa. Ad esempio Twitter permette a pubblici temporanei di aggregarsi per seguire un evento e commentarlo insieme, ma allo stesso tempo costringe loro a scrivere messaggi che non superino i 140 caratteri, costringendoli in uno schema prestabilito dai vincoli imposti dalla piattaforma tecnologica. Allo stesso tempo però sono gli utenti stessi ad eccedere gli usi immaginati da chi ha progettato e programmato una piattaforma, ad esempio il caso del Jailbreaking, ovvero la rimozione delle limitazioni presenti nel sistema operativo iOS di Apple su cui si basano iPhone e Ipad. Quindi le tecnologie si caratterizzano per diversi livelli di apertura o chiusura, possono essere progettate per essere accessibili e facilmente modificabili, oppure avere sbarramenti che impediscono agli utenti di modificare un sistema o usarlo per fini non previsti. II - La società dell’informazione Informazione e società Nella società dell'informazione, caratterizzata dall’importanza della produzione e gestione di informazione, sapere e conoscenza, le tecnologie informatiche sono pervasive e influenzano i processi produttivi, sociali e politici. La capacità di produrre, manipolare e distribuire informazioni diventa fattore principale di ricchezza e potere. La sua nascita è legata sia alla diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione digitale, che a cambiamenti economici e politici avvenuti alla fine del XX secolo, come l'affermarsi della globalizzazione. Dagli anni ‘60 si comincia a parlare di società post industriale, società postmoderna, postfordismo, società della conoscenza, società in rete. Nasce un nuovo paradigma fondato sull’informazione e sulla conoscenza, che diventano fattori produttore chiave della produzione, dell'economia e delle organizzazioni delle società contemporanee. Il concetto di società dell'informazione comincia a diffondersi dagli anni ‘90 sia nel dibattito politico, sia in quello accademico, grazie anche alla diffusione di internet. Visione utopica della natura democratica e aperta di Internet. Si arriva a parlare di una terza rivoluzione industriale: La prima è stata quella della macchina a vapore, la seconda quella dell'Elettricità e del motore a scoppio, e la terza basata sulle tecnologie di trasmissione dell'informazione. Le tecnologie dell'informazione cambiano in profondità anche i settori agricolo e industriale. Così come la rivoluzione industriale ha cambiato l'agricoltura, con l'introduzione di macchine agricole e fertilizzanti chimici, allo stesso modo la rivoluzione dell'informazione trasforma l'industria, introducendo nuove possibilità di gestione dei processi produttivi, e l’agricoltura. Economia in rete e globalizzazione In un'economia informazionale, la produttività e competitività e la redditività, dipendono dalla capacità di generare conoscenza. L’informazione è un bene intangibile e necessita di essere regolata dai diritti di proprietà intellettuale. Per un'azienda che produce beni a elevato contenuto di informazione, possedere brevetti e diritti d'autore diventa cruciale. Le risorse principali dell'impresa sono quelle legate all'informazione, quindi brand, brevetti, design e marketing. Nelle grandi aziende come Nike e Apple la produzione dei beni materiali è appaltata a produttori esterni, spesso in Asia, mentre le imprese madri possiedono la proprietà intellettuale. La globalizzazione diventa uno dei fenomeni economici principali e si basa anche sulla nascita di nuovi soggetti, come le imprese multinazionali, in questo modo nasce una cultura di consumo globale, in cui merci, stili di vita e forme di consumo si diffondono in tutto il mondo e vengono adattati in contesti locali diversi (Hip Hop). Si affermano i mercati finanziari globali e aumenta l'importanza di trattati sovranazionali come il Trattato di libero Commercio Nafta, l'Unione Europea o la Banca mondiale. Dalle gerarchie rigide del lavoro in fabbrica si passa un paradigma di organizzazione dei processi produttivi a rete, basata sul decentramento e autonomia delle unità produttive. Nascono reti di imprese formate da fornitori, produttori e reti commerciali. Le reti tuttavia sono una forma arcaica di organizzazione sociale? Le teorie sulla società dell'informazione Castells, la figura più dominante sul dibattito sulla società dell'informazione, teorizza l'importanza economica, sociale e politica dell'informazione in una società in trasformazione, in quanto i beni informazionali e intangibili (brand, sapere, innovazione) determinano il successo economico (capitalismo informazionale). Inoltre descrive la società dell'informazione come una società strutturata in reti, che diventano dominanti anche nella dimensione sociale. Lo spazio dei flussi, costituito dagli spazi fisici e mediatici dove circolano saperi, competenze, denaro e persone, si configura come una rete aperta, in cui le frontiere e i limiti tra stati, comunità e gruppi sono sempre meno importanti, e in cui la ricchezza viene creata tramite scambi tra persone appartenenti a diversi stati, che si spostano liberamente tra una nazione e l'altra e collaborano senza ostacoli. Restano invece tagliati fuori gli individui che non hanno accesso a internet o non sanno usarlo, infatti per Castells la spaccatura principale della società dell'informazione è legata a chi ha accesso ai flussi e chi ne è escluso. Questi ultimi tendono a contrapporsi alla cultura cosmopolita e globalizzata dello spazio dei flussi con resistenza e opposizione. L'economista Fritz Machlup negli anni ’30 studiò l'effetto dei brevetti sullo sviluppo economico e negli anni ‘60 introdusse l'espressione economia della conoscenza. Peter Drucker sottolineò l'importanza e la centralità dei lavoratori della conoscenza e fu uno dei primi a usare il termine postmoderno (per indicare questo nuovo modello di società) Secondo Daniel Bell l'importanza della produzione e circolazione di informazione avrebbe reso meno influenti le grandi ideologie della modernità, come il comunismo, in quanto organizzate sul conflitto tra capitale e lavoro. Le sue idee influenzarono Alessandro Pizzorno, il quale sostenne che il peso crescente del nuovo ceto medio nato dal Boom economico degli anni ‘60, stesse trasformando l'Italia in una società orientata verso la crescita economica e il consumo di massa e non più influenzata dalle ideologie politiche. Alain Touraine e Daniel Bell parleranno poi di società post-industriale, che si fonda su tre componenti principali: ● La riduzione del peso economico della produzione materiale e il consolidarsi di una nuova economia dell'informazione e dei servizi ● La centralità della produzione di sapere e della ricerca scientifica. ● Il ruolo di potere assunto dalla pianificazione e dall’organizzazione di processi complessi. I teorici del postfordismo evidenziarono le trasformazioni delle forme di produzione. I computer permettono di superare l'organizzazione rigida e gerarchica della fabbrica fordista, basata sulla catena di montaggio, per dare vita a forme di produzione più flessibili. Anche i lavoratori vengono organizzati in team e non più secondo la catena di comando piramidale della fabbrica. Negli anni ‘80 nasce una nuova idea di società postmoderna, resa popolare dal filosofo Lyotard, secondo cui la fede sarebbe stata sostituita da un relativismo, causato dalla consapevolezza della natura artificiale della cultura umana. Secondo Marshall McLuhan invece i media elettronici erano destinati a trasformare l'umanità in un villaggio globale , rimpicciolendo il mondo e permettendo di comunicare in tempo reale a grande distanza. Negroponte dipingeva la rete come una tecnologia che permette di trascendere le barriere spaziali e burocratiche che caratterizzano gli stati. Secondo questa visione (Ideologia Californiana) Internet porterà un accesso diffuso a sapere e informazione, e cancellerà le differenze di potere tra consumatori e produttori e tra stato e cittadini. Autori come Pekka Himanen, che parla di una nuova etica del capitalismo, basata su flessibilità, creatività, indipendenza gerarchie e burocrazie industriali, si rifanno alle idee di Max Weber, descrivendo l’emergere di un nuovo spirito del capitalismo fondato sui valori delle controculture degli anni ‘60 del XX secolo. Negli anni ‘90 Pierre Lévy parla di intelligenza collettiva, una mobilitazione delle intelligenze distribuite, coordinate e valorizzate grazie alle tecnologie dell'informazione. Teorici sociali marxisti invece parlano di capitalismo cognitivo cioè una forma di organizzazione della produzione che, grazie ai media digitali, si basa sullo sfruttamento delle capacità cognitive degli individui. La società dell'informazione ha in un certo senso realizzato la profezia di Marx, secondo cui l'intelletto era destinato a diventare la principale forza di produzione nelle società avanzate,in quanto il sapere concentrato nelle tecnologie informatiche ha assunto un ruolo guida nell'economia. Storia delle tecnologie informatiche La prima definizione di computer viene attribuita ad Alan Turing, che negli anni ‘30 lo definì come una “macchina capace di imitare tutte le altre macchine”, ovvero programmare. Il primo computer è considerato il telaio inventato da Joseph Marie Jaquard, nel 1801, su cui Charles Babbage Alla diffusione delle reti e alla nascita del web contribuirono anche scelte politiche, come le liberalizzazioni degli operatori telefonici che aprirono alla concorrenza in un mercato tradizionalmente monopolistico. Vi furono anche innovazioni di natura legale, come il Digital Millennium Copyright Act del 1996, che regola la proprietà intellettuale online negli Stati Uniti e rende illegale sovvertire le tecnologie usate per la protezione dei diritti come i sistemi Drm che impediscono di copiare i Dvd. Negli anni ‘90 con la nascita dei dot-com, portali commerciali come Amazon o Ebay, emerge la new economy. Le attività online commerciali attiravano investimenti spropositati di cui beneficiava chiunque fosse in grado di sfruttare il web per proposte di business, spesso irrealistiche o basate su aspettative gonfiate. Questa situazione portò allo scoppio nel 2000 della bolla speculativa , cioè un aumento sconsiderato dei costi dell'azione delle aziende di commercio online, causando il fallimento di gran parte delle aziende della rete, e dando spazio a una nuova fase tecnologica ed economica: Il Web 2.0 Il futuro della società dell'informazione Le nuove tecnologie informatiche hanno anche conseguenze sociali, nella produzione industriale rendono possibile l'automazione e l'organizzazione della produzione in reti globali di piccole fabbriche connesse tra loro e localizzate in paesi con bassi costi salariali. Questo tende a diminuire sia il costo della produzione materiale, si ha il potere contrattuale della classe operaia, mentre la produzione di beni immateriali come innovazione e brand diventa più importante. Si diffondono forme di organizzazione sociale a reti diverse dal mercato e dalle organizzazioni gerarchiche, e si rinforza la natura globale della cultura di massa. L'ipotesi della natura egualitaria della nuova società dell'informazione si rinforza ma risulta spesso utopistica, infatti dagli anni ‘70 si assiste a una crescente disuguaglianza salariale con la sostituzione della classe operaia industriale con un nuovo proletario dei servizi concentrato nei call center, nelle vendite e nei servizi della persona. Emerge anche una disuguaglianza globale tra le regioni che producono materie prime e beni materiali, come paesi poveri africani, e quelle che gestiscono i processi di innovazione, come la Silicon Valley in California. I servizi possono essere esternalizzati a regioni dove il lavoro è meno costoso e regolato, come nel caso della diffusione in India di call center di aziende globali. Il futuro dello sviluppo tecnologico è aperto e dipende da diverse variabili, e lo sviluppo tecnologico è solo una di queste. È legato agli attori che ne guidano lo sviluppo, come gli scienziati, le controculture e le comunità hacker, le imprese, ed è un progetto che continua a svilupparsi in nuove direzioni. Ad esempio la Sharing Economy espande il controllo delle imprese a lavoratori che restano proprietari dei mezzi di produzione, per esempio l'automobile dei lavoratori di Uber, ma sono organizzati da piattaforme digitali in grado di estrarre valore dal loro lavoro. Tramite un’alleanza con imprese del web, i governi occidentali sono in grado di intercettare tutte le comunicazioni digitali dei propri cittadini a scopo di sorveglianza. Le piattaforme digitali quindi sono destinate ad avere un effetto crescente sull'evoluzione politica ed economica delle società contemporanee. III - Culture e identità Socialità e media digitali Le relazioni sociali sono sempre state influenzate dalle tecnologie della comunicazione. Le prime organizzazioni politiche nacquero in parallelo con la scrittura, per poter organizzare un sistema sociale complesso e raccogliere le tasse. un favore. L’invenzione della stampa ha cambiato in profondità le forme di produzione e trasmissione della cultura e della conoscenza, permettendo di mantenere relazioni sociali a distanza nello spazio e nel tempo. I media sono fondamentali anche per la creazione e il mantenimento di gruppi informali e per la costruzione dell'identità individuale. Essi hanno avuto una velocità di penetrazione senza precedente e sono stati caratterizzati dal rapido succedersi di nuove piattaforme di comunicazione. Il dibattito sui media digitali è dominato da due visioni contrapposte: da un lato rappresentano un mondo sociale esterno alla vita reale quotidiana, dall'altro hanno effetti dirompenti sulle forme di socialità. Tuttavia oggi sono caratterizzate dalla forte integrazione tra la vita online e quella offline, al punto che queste distinzioni sembrano perdere di significato. Negli anni 90 si poteva parlare di un'esperienza della rete come distinta da quella del mondo reale, “un mondo virtuale”, un “cyberspazio” dove nascondere la propria identità reale usando nomi o identità alternative, oggi invece gli individui in rete tendono a postare contenuti legati alle attività, alle emozioni o gli avvenimenti che appartengono alla loro vita quotidiana. Le tecnologie mobili favoriscono uno stile di vita "always-on”, cioè continuamente online, quindi la differenza tra online e offline tende a scomparire e i media sociali tendono ad affievolire la distinzione tra pubblico e privato, dato che i dettagli delle vite private degli utenti sono condivisi in pubblico. I media sociali Esplosi negli anni 2000, sono siti web basati sulla costruzione e sul mantenimento di legami sociali, e sono i principali intermediari tra gli individui in rete e i contenuti della rete. Esistono numerose piattaforme diverse, usate per organizzare i gruppi sociali più differenti, per gli scopi più vari, tra cui Linkedin, Twitter, Badoo e Instagram. I media sociali sono servizi che permettono di: ● creare un profilo pubblico secondo le possibilità e vincoli offerti dalla piattaforma stessa ● costruire una rete di contatti di cui si possono vedere i contenuti e le informazioni dei profili ● creare o aderire a comunità tematiche e gruppi di discussione. Il primo social network è stato Six degrees, lanciato nel 1997 negli Stati Uniti, mentre il primo sito con una diffusione di massa fu Friendster, che nel 2003 aveva 300.000 utenti; nello stesso anno venne lanciato MySpace, mentre nel 2004 nasce Facebook, che però esplode a livello di massa nel 2006. I social network permettono agli utenti di pubblicare e condividere con i propri contatti contenuti mediali di vario tipo, come fotografia, video, testi o link, che vengono pubblicati sulla pagina personale dell'utente (bacheca o timeline). Gli utenti possono interagire con i contenuti degli altri, condividendoli, commentandoli o assegnando loro un rating che esprima un giudizio, come il like di Facebook. Se alcuni media sociali sono generalisti, altri sono dedicati a scopi o tipologie specifici: Academia.edu, ad esempio, è un servizio diretto a ricercatori, mentre su Instagram gli utenti possono creare bacheche in cui raccolgono immagini che vengono aggregate in base a temi e contenuti che le caratterizzano MySpace è nato come spazio per profili personali degli adolescenti ma è utilizzato esclusivamente dai gruppi musicali. I social network non sono sempre globali ma spesso si articolano su base territoriale e linguistica; Orkut, ad esempio ha avuto una grande diffusione in Brasile, Renren in Asia e Sina Weibo, l'equivalente di Twitter, in Cina. Oggi i media sociali sono in grande maggioranza gestiti e sviluppati da aziende private che si assicurano guadagni dalle informazioni che gestiscono. La maggior parte di questi servizi infatti è gratuita,e la principale ricchezza detenuta dalle piattaforme dei media sociali è data dalla possibilità di utilizzare le informazioni che gli utenti forniscono al sito, che vengono poi aggregati da software di profilazione permettendo di creare profili degli utenti in base ai loro interessi, ai siti che visitano e alle loro rete di amicizie. Le informazioni raccolte dalle piattaforme possono essere vendute a terzi, ad esempio ad agenzie di marketing per fornire agli utenti pubblicità personalizzata. Le piattaforme dei media sociali si basano sulla loro capacità di inserire pubblicità compatibili con gli interessi gli stili di vita di un utente, alcuni servizi invece richiedono il pagamento di una quota d'iscrizione. Non tutti i media sociali sono però a scopo di profitto, infatti esistono servizi non profit come Diaspora, un servizio simile a Facebook ma basato su software libero, in cui non esiste una struttura centralizzata in grado di controllare il sistema, che permette di effettuare comunicazioni criptate cercando di tutelare la privacy dei propri utenti. I media sociali sono uno degli effetti dell’affermazione di nuove forme di relazione sociale, ma hanno anche il potere di strutturare il tipo di azioni che gli utenti possono mettere in atto, dato che le tecnologie che li costituiscono offrono possibilità ma anche limiti entro i quali è possibile utilizzarli. Media e identità I media digitali sono importanti strumenti di costruzione della propria identità, e forniscono agli individui un controllo elevato su questa continua costruzione identitaria, in quanto gli individui effettuano un lavoro di creazione della percezione che gli altri hanno di essi (decidere la foto del proprio profilo, scegliere i propri amici, aderire a un gruppo di discussione). Il tipo di informazioni che vengono pubblicati può variare all'interno di contesti diversi. Se negli anni ‘90 l'uso di nickname per mascherare la propria identità era un fenomeno considerevole, oggi la maggior parte degli utenti della rete usa il proprio vero nome, grazie anche alle politiche delle varie piattaforme, ad esempio Facebook, che vietano l'uso di pseudonimi. In altri casi invece è possibile esprimere in forma anonima lati della propria identità ritenuti socialmente inaccettabili o censurati, grazie a piattaforme come Tumblr. L'importanza dei media sociali per l'identità delle persone è evidenziata anche da fenomeni come l’aldilà digitale , che possono creare una sorta di immortalità in cui l'identità digitale della persona deceduta sopravvive alla sua morte: alla morte di un individuo è divenuto comune utilizzare il suo profilo personale, soprattutto su Facebook, per annunciare il decesso e raccogliere i messaggi di amici e parenti. interazioni con macchine che cercano di simulare l'autenticità umana. Già il processo di modernizzazione e l'arrivo di nuove tecnologie della comunicazione alla fine del XIX secolo aveva portato all'affermarsi di ciò che la sociologa Eva Illouz chiama “intimità fredde ”. Tuttavia le persone che usano la rete tendono ad avere reti sociali più estese rispetto alle persone che non utilizzano tecnologie digitali. L'utilizzo di internet infatti non tende ad allontanare le persone dallo spazio pubblico, ma al contrario può essere considerato un fattore che alimenta la ricchezza della vita sociale delle persone. I media quindi non impoveriscono la vita sociale delle persone ma piuttosto è il modo in cui le persone interagiscono a cambiare con l'uso di queste tecnologie. Le piattaforme dei media sociali hanno scardinato la concezione della privacy in quanto le forme di socialità in rete spingono gli individui a condividere e mostrare informazioni personali e intime. Non è possibile però ignorare la necessità di norme stringenti per la tutela della privacy. Si verificano spesso scontri sull'accesso alle informazioni possedute dai servizi internet da parte delle forze di polizia o sull'uso per scopi di marketing dei dati che gli utenti forniscono ai media sociali. Se da un lato gli utenti hanno parzialmente rinunciato a una concezione della privacy come diritto a una sfera privata non accessibile, oggi le persone sanno negoziare i livelli di privacy per creare un controllo attivo sulle informazioni che le riguardano. Resta la necessità di saper costruire un approccio critico ai media sociali e di trovare soluzioni ai problemi di accesso alle informazioni e a quelli relativi ai livelli di privacy. IV - Collaborazione online I media collaborativi Il web è caratterizzato da software e piattaforme semplici da usare che si basano sui processi di cooperazione. Esse si caratterizzano per la possibilità offerta agli utenti di diventare produttori di contenuti in prima persona, si parla infatti di contenuti creati dagli utenti. Secondo Henry Jenkins la cultura della partecipazione si basa sull'abbattimento delle barriere all’espressione della creatività, sull'importanza della condivisione dei contenuti creati, e sulla sensazione che il proprio contributo abbia un valore per la comunità. Alcuni esempi di applicazioni collaborative sono i blog, ovvero diari o giornali online, che danno vita a ciò che viene chiamata blogosfera, un ambiente formato da blog in comunicazione tra loro. La pubblicazione online non è più riservata agli informatici, ma a semplici utenti della rete. I wiki sono software di scrittura collaborativa, che permettono a più persone di lavorare contemporaneamente a uno stesso testo o documento; l'esempio più noto è Wikipedia, un’enciclopedia online scritta in modo collaborativo da migliaia di utenti sparsi per il mondo. Il successo di servizi come YouTube o Instagram è dovuto anche alla diffusione di strumentazione a basso costo come telecamere, macchine fotografiche digitali, software di montaggio ed editing. Servizi come eBay o Amazon usano le informazioni degli utenti per migliorare il proprio servizio attraverso le recensioni dei propri clienti. Le Google maps, piattaforme di Mash up, utilizzano informazioni prese da fonti diverse per creare mappe personalizzate punto Utilizzando tecnologie come il tagging, gli utenti possono inoltre aggiungere a un contenuto un tag, cioè un’etichetta che permette agli altri utenti di capire di quale tipo di contenuto si tratti. Amazon, TripAdvisor o Yelp utilizzano sistemi di rating, tramite i quali gli utenti possono votare e dare una valutazione numerica rispetto a un contenuto. Con la nascita dei software e delle piattaforme collaborative, si è assistito anche all'emergere di una cultura della partecipazione, che spinge gli utenti a contribuire alla produzione di informazioni in forma libera. I consumatori diventano così prosumer, ovvero produttori/consumatori. Ad esempio gli individui possono reinterpretare il videoclip di un cantante famoso per scopi di satira, per divertimento o per scopi politici, e poi pubblicare la propria versione su piattaforme come Youtube. I fan sono sempre più spesso coinvolti attivamente nella produzione di contenuti alternativi a quelli ufficiali, ma la partecipazione attiva può costituire un problema per la gestione del copyright. Infatti essi si sentono spesso autorizzati a violare il copyright in nome del diritto a elaborare e raccontare storie legate al prodotto culturale originale. Se alcune aziende scelgono approcci flessibili e permissivi, altre assumono invece atteggiamenti proibizionisti e cercano di reprimere chi chiusa o rielabora i contenuti in forma non autorizzata. Il dilemma della partecipazione Nella teoria politica moderna, il concetto di partecipazione definisce una distribuzione del potere verso i cittadini tramite processi decisionali e democratici e relazioni di potere egualitarie. Tuttavia gli utenti contribuiscono solo marginalmente a questi processi decisionali e quindi le forme di collaborazione gestite dalle industrie culturali o dalle grandi imprese del web non sono pienamente partecipative. Infatti la semplice abilità di accedere all'informazione tramite i media digitali è differente dalla possibilità di interagire per scambiare contenuti, come avviene attraverso gli hashtag di Instagram. Wikipedia invece è caratterizzata da una forma di partecipazione, in quanto gli utenti possono decidere l'evoluzione dell’enciclopedia. Ci sono quindi dei fattori che determinano la differenza tra semplice condivisione e forme di collaborazione a un progetto collettivo: ● Intenzionalità: i partecipanti sono consapevoli di prendere parte a una collaborazione oppure i contenuti da loro creati vengono aggregati o gestiti da altri? ● Controllo delle modalità: gli utenti possono mettere in discussione le regole della partecipazione oppure le accettano passivamente? ● Proprietà: chi possiede il frutto della collaborazione ne ricava un profitto? ● Accessibilità: chi può partecipare come? ● Uguaglianza: ci sono delle gerarchie oppure tutti i partecipanti hanno lo stesso peso nei processi decisionali? Questa ambivalenza è sfruttata dalle stesse imprese che gestiscono servizi come YouTube, Facebook o Google. Esse si definiscono “piattaforme” per ribadire l'apertura verso gli utenti, che possono usarli per produrre o condividere contenuti creati da loro stessi. Le piattaforme si presentano esplicitamente come spazi neutrali e democratici che facilitano la comunicazione, però le stesse strategie economiche messe in atto da questi servizi si basano sullo sfruttamento dei contenuti prodotti dagli utenti, come foto, video, commenti o testi. Inoltre questi servizi usano la retorica di neutralità per evitare di essere ritenuti responsabili per eventuali contenuti illegali pubblicati dagli utenti, ad esempio in caso di pirateria o di diffamazione. Le piattaforme che si basano sulla partecipazione collettiva degli utenti in rete rendono quindi possibili nuove forme di cooperazione che possono essere messe in atto per fini non commerciali da masse di individui connessi, ma possono anche essere sfruttate dalle imprese. La supposta orizzontalità e democraticità del web collaborativo è stata messa in discussione. Chiunque può scrivere o correggere una voce di Wikipedia, ma questo non significa che l'enciclopedia online sia perfettamente democratica, infatti la maggioranza dei suoi editor sono uomini. A causa di questo squilibrio Wikipedia si è dimostrata poco permeabile ad argomenti quali il femminismo. Questo esempio mette in discussione l'idea che le tecnologie del web garantiscono lo sviluppo di forme di cooperazione democratiche. Dal software libero al Peer-to-Peer Il peer-to-peer è una forma di produzione affidata alla libera collaborazione di individui online che possono collaborare in forma coordinata, ma non organizzata in forma gerarchica tradizionali. Per questo si parla di “gestione orizzontale”, in cui le decisioni non sono prese da una struttura verticale, ma con la partecipazione di tutti gli utenti. Il più conosciuto caso di cooperazione di informazione è il free software o software libero, e del sistema operativo Gnu /Linux, creato inizialmente dalle comunità hacker. Il software libero nasce alla fine degli anni ‘80 grazie a Richard Stallman, ricercatore al MIT di Boston, ed è basato su licenze che permettono a chiunque di usarlo, modificarlo e distribuirlo. Inoltre mette a disposizione a chiunque il suo codice sorgente, permettendo agli utenti non solo di usare un programma, ma anche di studiarlo e modificarlo. “free as in free speech, not as in free beer”. Il software può essere gratuito oppure a pagamento, ma è libero perché si usa su una concezione liberale del diritto di parola, che si fonda sul diritto a modificare, adattare e ridistribuire un programma. Secondo Stallman, un software libero deve garantire quattro libertà fondamentali: 1. libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo 2. libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo. L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito. 3. libertà di ridistribuire copie per aiutare il prossimo 4. libertà di migliorare il programma e distribuire pubblicamente i miglioramenti apportati. L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito. Negli anni ‘70 il sistema operativo Unix di proprietà dell'azienda AT&T circolava liberamente ed era aperto alla collaborazione, ma dal 1984 venne chiuso e si pose un freno alla libera circolazione del suo codice sorgente, dando vita a un lungo strascico di battaglie legali che portò Stallman a licenziarsi dal MIT e a lavorare a un nuovo sistema operativo simile a Unix ma basato sui principi di condivisione dell'etica hacker. Nacque così Gnu (acronimo che significa ”Gnu is not Unix”). Si dedicò poi alla scrittura di licenze che impediscono la privatizzazione e la chiusura di GNU: La General Public License da cui derivano altre licenze che costituiscono il copyleft. Negli anni ‘90 Linus Torvalds, giovane programmatore finlandese, sviluppa un nuovo (una parte del sistema operativo) per GNU e lancia il progetto GNU/Linux. La sua intenzione è quella di coinvolgere centinaia di membri della comunità hacker nel debugging , cioè nella ricerca di problemi da risolvere. Oggi i sistemi operativi Linux rappresentano la maggioranza nel settore dei server e sono alla base di sistemi operativi come Android di Google. Nel corso degli anni nascono di Android, un sistema operativo gratuito basato su Linux, che fornisce agli utenti la possibilità di sviluppare liberamente applicazioni per il sistema operativo. Le forme di innovazione e produzione basate sull' Open Source si sono espanse e diffuse anche alla produzione di oggetti materiali, come ad esempio ai telefoni cellulari Open Source, alle automobili o alla ricerca biologica. Un ulteriore passo dell'Open Source dai bit agli atomi, cioè dalla produzione di informazione a quella di oggetti materiali, è rappresentato dalle stampanti 3D, che sono un'evoluzione delle stampanti in due dimensioni e permettono di riprodurre oggetti materiali disegnati al computer o scaricati dalla rete. Esse permettono alle persone di produrre e condividere design di oggetti materiali e rappresentano la base di un nuovo modello di produzione industriale. Il valore nell'economia della condivisione Nelle visioni più ottimistiche il P2P sembrava destinato a diventare un processo di democratizzazione della società dell'informazione. Secondo alcuni autori esso: ● Metterebbe nelle mani dei lavoratori i mezzi di produzione, favorendo la redistribuzione di ricchezza creata al di fuori delle forme di sfruttamento e proprietà privata del capitalismo ● Rappresenterebbe un aumento di autonomia e libertà individuale, grazie al controllo esercitato dagli utenti e alla dissoluzione delle gerarchie in favore di forme decisionali orizzontali ● Metterebbe a disposizione dei paesi più poveri nuove risorse informazionali, con una distribuzione più equa di risorse potere. ● Il software libero e altre forme di produzione peer-to-peer hanno avuto una forte influenza culturale e politica in molte sfere della società, ma sono complementari a processi produttivi di tipo commerciale che si basano su forme proprietarie di gestione dell'informazione. Per esempio Google usa Linux all'interno del suo sistema operativo Android, ma ne privatizza i benefici economici. Diversi autori di ispirazione marxista hanno criticato come le imprese sfruttino la collaborazione degli utenti per fare profitti, infatti gli utenti svolgerebbero “lavoro gratuito”. Pur non essendo retribuiti, gli individui che collaborano a progetti commerciali basati sull’aggregazione di contenuti creati dagli utenti, come Amazon o Facebook, fornirebbero infatti all'azienda forza lavoro a costo zero ogni volta che postano una foto o un commento, che si traduce in profitti per l'azienda stessa. Tuttavia lo studio della produzione di valore tramite la partecipazione online presenta diverse contraddizioni: ● L'esperienza d'uso di Facebook è molto diversa dall'esperienza del lavoro salariato, infatti l'utilizzo del social media non viene vissuto da parte degli utenti come una sorta di sfruttamento simile a quello subito dai lavoratori ● L'idea di una relazione lineare tra valore tempo di lavoro sulla quale si basa la teoria di Marx, si scontra con la natura non lineare della creazione di valore online. Non è il tempo speso a provare una canzone che determina se il video su YouTube diventerà una hit, ma altri fattori meno prevedibili come la reputazione e la capacità di attivare reti di utenti ● Il valore realizzato direttamente dal lavoro degli utenti di Internet è piuttosto ridotto, in quanto le imprese del web si basano principalmente sulla capacità di raccogliere capitali finanziari e non sulla capacità di generare profitti. Più che sullo sfruttamento del lavoro degli utenti il modello di Facebook si basa sulla capacità di attirare investimenti finanziari. Le nuove economie collaborative rimangono molto inique per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza. Su YouTube pochi riescono ad avere successo e garantirsi introiti sostanziali, mentre la maggioranza degli utenti vede i suoi sforzi poco o per nulla remunerati. Ciò rischia di escludere dalla partecipazione dell'economia della cooperazione online individui che hanno bisogno di una remunerazione materiale per sopravvivere. La Sharing Economy è composta da piattaforme online tramite le quali le persone possono instaurare processi di scambio di beni, di servizio o di saperi. Viene presentata come una possibile soluzione sia alla crisi economica sia all'alienazione sociale delle società contemporanee, poiché crea nuove forme di solidarietà. La nostra società sarebbe quindi entrata in una nuova epoca della condivisione. Tuttavia il fenomeno sia è presto evoluto verso il consolidarsi di pochi giganti multinazionali come Airbnb, Uber o TaskRabbit. Queste imprese non posseggono automobili o immobili, ma usano algoritmi per controllare le transazioni. Ad esempio gli autisti di Uber sono proprietari dell'automobile ma non possono decidere il prezzo delle corse, che è controllato da algoritmi aziendali. Più che comunità di condivisione, queste imprese rappresentano piattaforme di mercato centralizzate e controllate da interessi privati dove lo sharing si riduce a condivisione di commenti e valutazioni rispetto esperienze interpersonali, mentre l'attività economica e rimane strutturata dall'alto e dominata da interessi aziendali. Il loro successo non è dovuto all’affermarsi di una cultura della condivisione, ma è basato in gran parte sulla mancanza di alternative. La Sharing Economy facilita la costruzione di piccole comunità di collaborazione e condivisione che sono anche in grado di generare nuove reti relazionali. Allo stesso tempo però si tratta di un settore dominato da grandi capitali finanziari che usano il loro potere di mercato facendo concorrenza al ribasso nei confronti dell'industria dei taxi o di quella alberghiera. V - Sfera pubblica e potere Dal pubblico ai pubblici attivi L'audience dei media è attiva per i media broadcast, con i media digitali però il pubblico si diversifica e acquista un ruolo sempre più diretto. I media broadcast sono strutture ad architettura centralizzata e unidirezionali: le decisioni sulle notizie e sulle informazioni da comunicare sono prese da poche persone che lavorano in ruoli gerarchici prestabiliti. La comunicazione viaggia da un solo punto, come uno studio televisivo la redazione di un giornale, ad un numero potenzialmente illimitato di ricevitori che non possono fornire alcun feedback immediato. I mass media possono essere commerciali e quindi sostenuti principalmente da vendite e pubblicità, pubblici oppure non profit. Nei primi due casi il controllo economico e politico di molti canali mediatici può essere assunto da un solo gruppo di potere o da una sola persona, come il caso di Silvio Berlusconi e Mediaset. I media digitali modificano però radicalmente questa situazione, portando alla nascita di un sistema mediatico più complesso e diversificato, accessibile da attori non commerciali e non statali, decentrato e distribuito. La transizione verso una sfera pubblica in rete si basa su diverse caratteristiche dei media digitali: ● L'accessibilità: il costo dell'apertura di un canale di comunicazione è quasi nullo. Le tecnologie digitali forniscono strumenti che mettono le capacità produttive nelle mani di chiunque possegga un computer connesso alla rete. blog, forum e social network rappresentano strumenti di produzione e distribuzione dell'informazione a costo bassissimo e facilmente accessibile da parte di singoli utenti della rete. ● La struttura distribuita: si passa da un'architettura di tipo centralizzato, tipica dei mass media commerciali, all'architettura distribuita e non gerarchica della rete, nella quale tutti i nodi hanno pari dignità. Dai media broadcast si passa quelli sociali distribuiti. Le piattaforme per la condivisione di contenuti facilitano il dibattito tramite i sistemi di commenti e reti in condivisione. ● La commissione tra pubblico e privato: la partecipazione alla vita pubblica è espressa tramite la condivisione di contenuti personali attraverso i profili privati sui social media. Le conversazioni dei pubblici in rete non sono né strettamente private ne completamente pubbliche. Sono basate sulla produzione e condivisione di contenuti e quindi l'agire collettivo si basa sulla condivisione di identità e le reti di relazioni personali piuttosto che sull’adesione a ideologie politiche ● La sorveglianza : la maggior parte delle attività che avvengono in rete sono sottoposte a una sorveglianza sistematica, infatti le imprese del web e i governi raccolgono informazioni delle comunicazioni digitali e ne conservano copie. I pubblici della rete sono quindi sottoposti a un controllo diffuso e, continuo e sistematico. Negli ambienti di interazione comunicativa, i pubblici in rete producono e condividono informazioni in contesti diversi da quelli faccia a faccia, ad esempio Twitter favorisce la nascita di pubblici temporanei intorno a una notizia o un tema grazie al sistema degli hashtag. La sfera pubblica Secondo Yochai Benkler la sfera pubblica è il luogo dove le persone si incontrano per discutere nelle società moderne, che include spazi fisici e spazi immediati. Habermas colloca nel XVIII secolo l'emergere di una sfera pubblica nel mondo occidentale in luoghi di ritrovo e lettura come i caffè. È in questa dimensione, in cui gli individui che compongono la società civile sono liberi di criticare ed elaborare temi politici senza subire la direzione dell'autorità, che avviene la formazione dell' opinione pubblica, necessaria per il funzionamento della democrazia. Tuttavia la concentrazione di potere nelle mani del Quarto potere fa sì che i mass media controllino il flusso di informazione filtrandolo e dirigendolo secondo scopi particolari. Uno dei processi di trasformazione della sfera pubblica nell'era digitale è quello della disintermediazione, cioè l'aumento di indipendenza da figure professionali. La disponibilità di strumenti per pubblicare contenuti di uso semplice e accessibile a chiunque ha reso possibile la nascita di fenomeni di produzione di informazione di tipo nuovo, che hanno arricchito l'ecologia dei media. Il citizen journalism è la produzione e contribuzione di notizie da parte di individui che non sono giornalisti professionisti attraverso canali alternativi a quelli delle istituzioni comunicative broadcast. Lo strumento principale a disposizione dei cittadini per produrre notizie è il blog . Una delle funzioni principali dei giornali è il gatekeeping, cioè il potere di selezionare quali notizie raggiungeranno il pubblico e quali no. Secondo diversi autori la funzione di gatekeeping non è più nelle mani delle istituzioni dei media broadcast ma distribuite tra gli utenti della rete. È cambiato anche il ruolo dei mass media tradizionali come detentori del potere di agenda setting , cioè la capacità di dettare l'agenda del dibattito politico scegliendo le notizie e itemi di cui si parlerà. La sfera pubblica in rete sarebbe così in grado di garantire i filtri di attendibilità e rilevanza un tempo riservati ai massmedia che oggi non sono più gli unici intermediari tra cittadini e informazione. La rete ha anche favorito l'emergere di attori come Wikileaks, una piattaforma per la pubblicazione di leaks (fuga di notizia). Essa è un'organizzazione non profit internazionale basata su