Scarica Introduzione ai media digitali - Arvidsson e Delfanti e più Sbobinature in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! 1. Media e tecnologie digitali 1. L'ambiente digitale Mediatizzazione= Le società contemporanee sono caratterizzate dall’onnipresenza e pervasività crescenti dei media nelle vite quotidiane degli individui. Attraverso la diffusione di massa di Personal computer, smartphone, tablet e altre tecnologie mobili, e con la possibilità di connettersi alle reti ovunque, le persone vivono immerse in flussi di comunicazione continui. Questo fenomeno ci spinge a dare per scontata o non percepire la presenza delle tecnologie digitali e viverne la mancanza come stressante e distruttiva. (Telefono che non funziona nel tunnel della metropolitana) I media digitali influenzano la sfera comunicativa, sociale, economica, del lavoro e politica.I computer sono oggi diffusi in tutte le attività umane: agricoltura, servizi, industria, musica, marketing, telefonia, insegnamento, ma anche organizzazione delle burocrazie e dei processi di comunicazione. Diffusione media digitali ⇨ Messa in commercio di computer a basso prezzo pensati per un mercato di massa (anni 80 del XX secolo) e Introduzione del World Wide Web (anni 90). Anni 2000 ⇨ Nascita del web collaborativo (Software e piattaforme online che permettono agli utenti di produrre e distribuire contenuti in prima persona) e delle tecnologie mobili come smartphone e tablet. I media digitali hanno assunto un ruolo chiave anche nell'organizzazione della produzione e nell'economia delle società contemporanee. questi cambiamenti hanno un impatto anche sull' ecologia dei media: Nell' ecosistema mediale si assiste all'evoluzione di nuove forme di vita, come motori di ricerca, i social network, i pubblici connessi, e di nuove strategie di sopravvivenza: I social network forniscono servizi gratuiti in cambio dei dati degli utenti, i partiti politici usano la rete per sperimentare nuove forme di comunicazione e per accumulare consenso, i governi mettono in atto nuove strategie di censura e controllo nei confronti delle proprie popolazioni. Yochai Benkler parla della “nascita di un ambiente digitale in rete” caratterizzato dalle possibilità degli individui di assumere un ruolo più attivo all'interno del sistema dei media, allo stesso tempo, però, questo ambiente è denso di scontri su copyright, proprietà e gestione delle Infrastrutture tecnologiche, organizzazione del lavoro, informazioni e censura. I media digitali sono però anche il terreno di scontro tra diverse visioni del mondo : da un lato sono dipinte come portatrici di democrazia, giustizia, uguaglianza, dall'altro, come minaccia all'ordine sociale, potenziale distruttrice degli equilibri su cui si fondano le società, come strumenti di sfruttamento. Infatti gli ambienti digitali sono spazi altamente privatizzati, commercializzati e sorvegliati. Google e Facebook raccolgono e monetizzano le informazioni prodotte dagli utenti, ne analizzano il comportamento a scopi commerciali e permettono al potere statale di esercitare un controllo pervasivo. 2. Nuovi e vecchi media I media digitali, o “nuovi media” sono un insieme di mezzi di comunicazione basati su tecnologie digitali e caratteristiche comuni che li differenziano dai mezzi di comunicazione che li hanno preceduti. Si sono diffusi alla fine del XX secolo affiancandosi ai mass media tradizionali come televisione, giornali e radio. Essì però non sostituiscono i vecchi media, ma piuttosto li integrano o modificano, senza portarli all'estinzione: l’introduzione della televisione non ha causato la scomparsa dei giornali, così come l'introduzione del tablet non causa la scomparsa del libro. (Rimediazione) I nuovi media quindi non nascono dal nulla ma piuttosto evolvono da pratiche e tecnologie mediali preesistenti. La loro evoluzione è un processo continuo e non lineare. Nuove e vecchie forme mediali continuano a influenzarsi a vicenda. La prima fase della vita dei media emergenti (crisi d’identità dei nuovi media) è caratterizzata dall'incertezza sul loro ruolo sociale, in quanto non sono accettati subito come naturali. Questa fase si risolve quando una nuova tecnologia sorpassa la fase di novità iniziale e diventa un prodotto di consumo di massa in un processo di domesticazione. Inoltre se tutti i vecchi media sono stati nuovi ad un certo punto della loro evoluzione, è anche vero che prima o poi tutti i nuovi media sono destinati a diventare vecchi e a essere superati o affiancati dalle tecnologie più recenti. In alcuni casi possono essere abbandonati, come è avvenuto per il grammofono o il telegrafo, o addirittura scomparire come nel caso dello zograscopio. In altri casi un media può invece sopravvivere o tornare in voga, come il disco di vinile. Infine media abbandonati possono essere riportati in vita e assumere nuovi significati, per esempio il Game boy, che viene oggi usato per produrre musica techno 8bit. 3. I media digitali I media digitali possiedono alcune caratteristiche principali che li differenziano dai media tradizionali, in quanto sono digitali, convergenti, interattivi, ipertestuali, distribuiti, mobili, e sociali. ● Digitali: Trasportano informazione rappresentata da una sequenza numerica che viene poi rielaborata. I codici digitali sono basati su unità discrete: Il codice binario è basato su due simboli: 0 e 1, mentre i linguaggi analogici sono invece continui e possono essere divisi in parti più piccole. Le tecnologie digitali quindi possono trasportare molto rapidamente quantità immense di informazione e possono trasformare codice analogici in digitali e viceversa. Ad esempio una fotocamera digitale trasforma un segno analogico (la luce che entra nell'obiettivo) in un codice digitale ( il file in cui l'immagine viene stoccata all'interno della fotocamera). Al contrario un lettore MP3 Trasforma un codice digitale (il file Mp3) in un segnale analogico (la musica ). Le tecnologie digitali sono composte sia da hardware (le componenti fisiche come microchip dischi o schermi) che da software (programmi e codici costituiti da informazione). ● Convergenti: Diversi tipi di contenuto (Scritti, sonori, visivi) convergono in un unico supporto. Il personal computer, ad esempio, è una macchina in cui convergono televisore, macchina da scrivere, radio, telefono. Grazie alla digitalizzazione dell'informazione i computer sono “macchine universali” che possono simulare altre macchine. La produzione di contenuti diversi non viene più effettuata in luoghi separati, ma attraverso un unico dispositivo tecnologico. Inoltre Internet rappresenta una convergenza tra l’industria culturale e quella delle telecomunicazioni. ● Ipertestuali: Permettono di fruire dei contenuti in modo non lineare. Ad esempio in una pagina web non occorre leggere i contenuti come quelli di un libro, sfogliandone le pagine secondo l'ordine in cui sono stampate. Grazie al sistema dei link un utente può personalizzare il proprio percorso di fruizione, passando da un testo ad un video, per poi effettuare una ricerca su Wikipedia. ● Distribuiti: Al contrario dei media tradizionali che sono centralizzati e unidirezionali, i media digitali sono caratterizzati da un modello distribuito di gestione delle tecnologie dell'informazione che si basa su tre peculiarità: 1. La diffusione di microprocessori a basso costo e quindi l'arrivo sul mercato di computer, smartphone e tablet accessibili per i consumatori. 2. La diffusione dell'accesso a Internet e al World Wide Web 3. Il software e Le piattaforme che permettono agli utenti di creare contenuti. I media quindi sono nelle mani di milioni di individui che comunicano in una struttura orizzontale a rete, non più centralizzata. ● Interattivi: Gli utenti hanno la possibilità di interagire direttamente con i contenuti, modificarli o produrli in prima persona. Possono: 1. Selezionare le informazioni che ricevono e non subire passivamente, ad esempio, il palinsesto di una televisione. 2. Produrre informazioni legate ai contenuti: commentare e votare tramite i sistemi di tagging e rating 3. Produrre in proprio i contenuti mediali economici principali e si basa anche sulla nascita di nuovi soggetti, come le imprese multinazionali, in questo modo nasce una cultura di consumo globale, in cui merci, stili di vita e forme di consumo si diffondono in tutto il mondo e vengono adattati in contesti locali diversi (Hip Hop). Si affermano i mercati finanziari globali e aumenta l'importanza di trattati sovranazionali come il Trattato di libero Commercio Nafta, l'Unione Europea o la Banca mondiale. Dalle gerarchie rigide del lavoro in fabbrica si passa un paradigma di organizzazione dei processi produttivi a rete, basata sul decentramento e autonomia delle unità produttive. Nascono reti di imprese formate da fornitori, produttori e reti commerciali. Le reti tuttavia sono una forma arcaica di organizzazione sociale. ? 3. Le teorie sulla società dell'informazione Castells, la figura più dominante sul dibattito sulla società dell'informazione, teorizza l'importanza economica, sociale e politica dell'informazione in una società in trasformazione, in quanto i beni informazionali e intangibili (brand, sapere, innovazione) determinano il successo economico (capitalismo informazionale). Inoltre descrive la società dell'informazione come una società strutturata in reti, che diventano dominanti anche nella dimensione sociale. Lo spazio dei flussi, costituito dagli spazi fisici e mediatici dove circolano saperi, competenze, denaro e persone, si configura come una rete aperta, in cui le frontiere e i limiti tra stati, comunità e gruppi sono sempre meno importanti, e in cui la ricchezza viene creata tramite scambi tra persone appartenenti a diversi stati, che si spostano liberamente tra una nazione e l'altra e collaborano senza ostacoli. Restano invece tagliati fuori gli individui che non hanno accesso a internet o non sanno usarlo, infatti per Castells la spaccatura principale della società dell'informazione è legata a chi ha accesso ai flussi e chi ne è escluso. Questi ultimi tendono a contrapporsi alla cultura cosmopolita e globalizzata dello spazio dei flussi con resistenza e opposizione. L'economista Fritz Machlup negli anni ’30 studiò l'effetto dei brevetti sullo sviluppo economico e negli anni ‘60 introdusse l'espressione economia della conoscenza. Peter drucker sottolineò l'importanza e la centralità dei lavoratori della conoscenza e fu uno dei primi a usare il termine postmoderno (per indicare questo nuovo modello di società) Secondo Daniel Bell l'importanza della produzione e circolazione di informazione avrebbe reso meno influenti le grandi ideologie della modernità, come il comunismo, in quanto organizzate sul conflitto tra capitale e lavoro. Le sue idee influenzarono Alessandro Pizzorno, il quale sostenne che il peso crescente del nuovo ceto medio nato dal Boom economico degli anni ‘60, stesse trasformando l'Italia in una società orientata verso la crescita economica e il consumo di massa e non più influenzata dalle ideologie politiche. Alain Touraine e Daniel Bell parleranno poi di società post-industriale, che si fonda su tre componenti principali: ● La riduzione del peso economico della produzione materiale e il consolidarsi di una nuova economia dell'informazione e dei servizi ● La centralità della produzione di sapere e della ricerca scientifica. ● Il ruolo di potere assunto dalla pianificazione e dall’organizzazione di processi complessi. I teorici del postfordismo evidenziarono le trasformazioni delle forme di produzione. I computer permettono di superare l'organizzazione rigida e gerarchica della fabbrica fordista, basata sulla catena di montaggio, per dare vita a forme di produzione più flessibili. Anche i lavoratori vengono organizzati in team e non più secondo la catena di comando piramidale della fabbrica. Negli anni ‘80 nasce una nuova idea di società postmoderna, resa popolare dal filosofo Lyotard, secondo cui la fede sarebbe stata sostituita da un relativismo, causato dalla consapevolezza della natura artificiale della cultura umana. Secondo Marshall McLuhan invece i media elettronici erano destinati a trasformare l'umanità in un villaggio globale, rimpicciolendo il mondo e permettendo di comunicare in tempo reale a grande distanza. Negroponte dipingeva la rete come una tecnologia che permette di trascendere le barriere spaziali e burocratiche che caratterizzano gli stati. Secondo questa visione (Ideologia Californiana) Internet porterà un accesso diffuso a sapere e informazione, e cancellerà le differenze di potere tra consumatori e produttori e tra stato e cittadini. Autori come Pekka Himanen, che parla di una nuova etica del capitalismo, basata su flessibilità, creatività, indipendenza gerarchie e burocrazie industriali, si rifanno alle idee di Max Weber, descrivendo l’emergere di un nuovo spirito del capitalismo fondato sui valori delle controculture degli anni ‘60 del XX secolo. Negli anni ‘90 Pierre Lévy parla di intelligenza collettiva, una mobilitazione delle intelligenze distribuite, coordinate e valorizzate grazie alle tecnologie dell'informazione. Teorici sociali marxisti invece parlano di capitalismo cognitivo cioè una forma di organizzazione della produzione che, grazie ai media digitali, si basa sullo sfruttamento delle capacità cognitive degli individui. La società dell'informazione ha in un certo senso realizzato la profezia di Marx, secondo cui l'intelletto era destinato a diventare la principale forza di produzione nelle società avanzate,in quanto il sapere concentrato nelle tecnologie informatiche ha assunto un ruolo guida nell'economia. 4. Storia delle tecnologie informatiche La prima definizione di computer viene attribuita ad Alan Turing, che negli anni ‘30 lo definì come una “macchina capace di imitare tutte le altre macchine”, ovvero programmare. Il primo computer è considerato il telaio inventato da Joseph Marie Jaquard, nel 1801, su cui Charles Babbage sviluppò due progetti per computer meccanici: la macchina delle differenze e la macchina analitica, destinate a calcolare gli orari per le ferrovie, con lo scopo di risolvere l'alto costo e la bassa qualità dei calcoli effettuati a mano. Ada Lovelace fu la prima a immaginare che i calcolatori potessero essere programmati ed è l'autrice del primo programma informatico della storia. Questi due progetti erano orientati ad aumentare l'efficienza della produzione industriale e del controllo e della gestione di organizzazioni complesse come le ferrovie. Nasce l'idea secondo la quale la società possa essere misurata e gli avvenimenti economici essere calcolati e programmati. Questo modo di pensare fu rafforzato dallo sviluppo della statistica, che rispondeva l'esigenza di misurare e controllare gli avvenimenti sociali da parte degli Stati, portando a due trasformazioni principali: ● La creazione di eserciti di leva aveva l'esigenza di avere informazioni attendibili sul numero di soldati che potevano essere forniti da un paese ● La nuova economia di mercato che si stava sviluppando del XVIII secolo rendeva necessaria misurazioni economiche precise La macchina più diffusa fu quella quella di Hollerith per ridurre il tempo necessario per il censimento americano. La sua compagnia diffuse i computer a schede perforate nelle amministrazioni statali e nel 1924 assunse il nome di IBM producendo calcolatori fino agli anni ‘70. L'automazione inoltre permetteva di sostituire gli operai politicamente attivi con immigrati con poca esperienza politica e disponibili a lavorare per un salario più basso. Nacquero nuove discipline come il marketing, le ricerche di mercato e il management, e quindi aumenta la domanda di macchine calcolatrici fornite da IBM. Anche la seconda guerra mondiale ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo dei calcolatori, infatti lo sforzo bellico richiese l'applicazione dei computer per scopi di controspionaggio. Inoltre il Progetto Manhattan, il progetto segreto per lo sviluppo della bomba atomica, aveva la necessità di effettuare calcoli molto complessi. Il matematico Neumann uso le nuove teorie sull' informazione per progettare l'architettura dei calcolatori moderni. Alan Turing contribuì a decifrare la macchina Enigma, una macchina usata dai tedeschi per cifrare le comunicazioni militari, ed ebbe un ruolo di punta nella costruzione di Colossus, il primo computer elettronico che fu utilizzato per decifrare i messaggi in codice tedeschi. Durante gli anni ‘50 un computer costava decine di milioni di dollari, riempiva una stanza intera e necessitava di quantità enormi di energia, (Il primo supercomputer elettronico, l’Ibm Stretch del 1959, fu venduto in 9 esemplari e l'unico acquirente non legato al complesso dell’industria militare, fu IBM), ma già dagli anni ‘60, l'Ibm e l'Olivetti, lanciarono una serie di prodotti destinati alle medie e grandi imprese. Nel 1971 l'Intel inventò il microprocessore che ridusse il prezzo e le dimensioni del computer. Negli anni ‘60 negli Stati Uniti si era formata una cultura di giovani ingegneri e studenti che si sentivano vicini alle controculture che dominavano i campus americani e che sarebbero sfociate nel ‘68. Formarono poi le prime comunità di hacker, vedendo i sistemi gerarchici e il rigore dei computer nelle grandi università come una sfida da contrastare. Furono gli artefici dei primi videogiochi Il primo bersaglio delle nuove comunità di hacker influenzate dalla New left Usa, fu la rete telefonica americana monopolizzata da AT&T, per riuscire ad effettuare telefonate gratuite o avere linee aperte dove svolgere conversazioni di gruppo. Dal matrimonio tra hacker e controculture tecnologiche nacquero i primi personal computer destinati ad uso familiare. Dalla Silicon valley, di cui facevano parte i due fondatori di Apple, Steve Jobs e Steve Wozniak, emersero nuovi linguaggi di programmazione come il basic di Microsoft di Bill Gates e l'Apple II lanciata nel 1977, il primo computer con un sistema operativo a interfaccia grafica basato sull'uso del mouse e diretto al mercato di massa. Sistemi operativi a interfaccia grafica come il Mac OS e Microsoft Windows, aumentarono notevolmente il potenziale dei computer per le famiglie. Il personal computer si diffuse inizialmente come piattaforma per videogiochi, a partire dal Commodore vic20 lanciato nel 1981. La trasformazione del computer da tecnologia burocratico-militare a elettrodomestico e centro di intrattenimento per le famiglie, fu il frutto dell'appropriazione e riconfigurazione delle nuove tecnologie da parte di attori come gli hacker, gli attivisti dei movimenti del post ‘68, gli imprenditori della Silicon Valley e l’industria dei videogiochi. 5. L'evoluzione delle reti Negli anni 50 e 60 si comincia a pensare ai computer come strumenti non solo per effettuare calcoli ma anche per comunicare. Il progetto di comunicazione che si può definire l’antenato di Internet fu la rete Arpanet, che dal 1969 collegava supercomputer presenti nelle università americane e in alcuni centri militari. Essa si basava sulla tecnologia del packet switching, che scompone ogni messaggio in una serie di pacchetti che trovano la loro strada nella rete, indipendentemente dagli altri, e su un’architettura distribuita, in cui non esiste un nodo centrale e in cui le informazioni possono viaggiare lungo molteplici percorsi. Il progetto era stato lanciato dall'agenzia di ricerca militare Arpa come risposta alla competizione tecnologica in corso con l'Unione Sovietica dopo la messa in orbita del primo satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957, e la scoperta di programmi sovietici per la realizzazione di una rete che avrebbe potuto resistere a un attacco nucleare. in quanto, in una rete distribuita la distruzione di un singolo nodo non avrebbe fermato il passaggio delle comunicazioni, che potevano prendere via differenti. Nonostante Arpanet fosse stata pensata in origine come un canale di comunicazione militare, alcune funzioni tecniche come l’email furono usate per la creazione di mailing list su temi di natura più popolare, come la fantascienza e la musica rock. Il protocollo Tcp/IP, un protocollo libero, era stato creato per mantenere la rete stupida e prevenire la possibilità che qualcuno potesse controllare o censurare le comunicazioni. Arpanet però non era l’unica rete, infatti le Bbs, nate negli anni ‘70, erano banche dati di messaggi e informazioni contenuti in personal computer a cui si poteva accedere mettendosi in comunicazione tramite i modem. La più importante è Fidonet. La rete non era più semplicemente una tecnologia per combattere il computer, ma permetteva alle persone di comunicare e diffondere anche contenuti poco ortodossi, senza un controllo o una censura centrale. Nel 1991 Tim Berners-Lee scrisse e condivise con il resto della rete i linguaggi e gli standard che sostituiscono il World Wide Web. Il sito info.cern.ch fu il primo sito a basarsi sull’html, usato per mettere online documenti ipertestuali. Gli Url, indirizzi che identificano un contenuto presente su un server, rendono i siti indipendenti dalla collocazione fisica delle informazioni su un particolare computer o server. Berners-lee, in accordo con il Cern, decise di rilasciare queste innovazioni senza restrizioni, in modo che chiunque possa utilizzarle. Questo facilitò la diffusione di una nuova rete di siti linkati tra loro, il World Wide web, a cui chiunque può accedere. Nel 1994 Berners-Lee lanciò il World Wide Web Consortium e nel 1996 Microsoft adottò il Tcp-Ip per le nuove versioni di Windows. 3. Media e identità I media digitali sono importanti strumenti di costruzione della propria identità, e forniscono agli individui un controllo elevato su questa continua costruzione identitaria, in quanto gli individui effettuano un lavoro di creazione della percezione che gli altri hanno di essi (decidere la foto del proprio profilo, scegliere i propri amici, aderire a un gruppo di discussione). Il tipo di informazioni che vengono pubblicati può variare all'interno di contesti diversi. Se negli anni ‘90 l'uso di nickname per mascherare la propria identità era un fenomeno considerevole, oggi la maggior parte degli utenti della rete usa il proprio vero nome, grazie anche alle politiche delle varie piattaforme, ad esempio Facebook, che vietano l'uso di pseudonimi. In altri casi invece è possibile esprimere in forma anonima lati della propria identità ritenuti socialmente inaccettabili o censurati, grazie a piattaforme come Tumblr. L'importanza dei media sociali per l'identità delle persone è evidenziata anche da fenomeni come l’ aldilà digitale, che possono creare una sorta di immortalità in cui l'identità digitale della persona deceduta sopravvive alla sua morte:alla morte di un individuo è divenuto comune utilizzare il suo profilo personale, soprattutto su Facebook, per annunciare il decesso e raccogliere i messaggi di amici e parenti. I media digitali vengono usati anche per formare nuove relazioni, o poter attivare i “legami latenti”: gli amici di amici su Facebook. In altri casi lo scopo è quello di conoscere nuove persone con cui formare relazioni romantiche, come Badoo, Tinder o Grindr. I “nativi digitali”, i giovani nati a stretto contatto con computer, internet, cellulari, tablet e videogiochi, sono abituati a leggere su schermi e interagire per mezzo della rete, dato che sono la generazione che non ha mai conosciuto il mondo come esisteva prima della diffusione di massa delle tecnologie digitali. I “migranti digitali”, le persone che sono nate prima dell'avvento di Internet, invece hanno dovuto migrare nel mondo delle tecnologie digitali e imparare un linguaggio a loro estraneo. Tuttavia questo concetto è stato accantonato in quanto un individuo utilizza Internet in un determinato modo a seconda del contesto, della classe sociale, del livello di istruzione e culturale, e dal genere più che dall'età e dalla generazione a cui appartiene. 4. Pubblici o comunità? La teoria sociologica classica distingue due forme di relazioni sociali. Da un lato le relazioni comunitarie, caratterizzate da alti livelli di fiducia e di conoscenza reciproca, in cui il gruppo viene prima dell'individuo e le norme che regolano la vita sociale sono molto forti e oppressive, ad esempio il piccolo paese di provincia dove tutti si conoscono. Dall'altro le relazioni sociali tipiche della modernità, caratterizzate dall'importanza di associazioni e dotate di regole formali ed esplicite, come le organizzazioni burocratiche, i partiti politici, i sindacati o le associazioni professionali, in cui i diritti e i doveri sono regolati da leggi e regole formalizzate. Il senso di identificazione con la collettività è meno intenso e i livelli di solitudine sono potenzialmente più alti, infatti nella società si è più liberi ma anche più soli che nella comunità. La diffusione dei media sociali ha portato all’emergere di una terza forma di relazioni sociali, chiamata individualismo in rete, in cui non ci sono appartenenze caratterizzanti, ma una moltitudine di reti sociali diverse, spesso disconnesse tra loro. Internet rende più semplice la proliferazione di gruppi organizzati intorno a interessi o stili di vita comuni, ovvero forme di collettivismo in rete in cui gruppi di persone tenute insieme da legami deboli, riescono a costruire e mantenere reti durevoli ed efficaci. Altri autori hanno descritto queste nuove forme di socialità come pubblici connessi, invece che come comunità, in quanto non tutte le appartenenze costruite attraverso i media digitali sono caratterizzate da una forte densità relazionale, come nelle comunità. Mentre Castells le ha chiamate forme di autocomunicazione di massa, in cui le interazioni sono caratterizzate da legami comunicativi effimeri, meno duraturi e spesso tra estranei. I pubblici dei media digitali, anche se meno densi e vincolanti per la costruzione delle identità personali, offrono ai propri membri la possibilità di identificarsi con una causa comune. Infine le comunità tendono a durare nel tempo conservando gli stessi membri, al contrario, i pubblici connessi possono essere più fluidi e transitori (ad esempio il pubblico che si forma su Twitter attorno ad un hashtag). 5. Reputazione e influenza La reputazione è un giudizio sulle qualità di una persona che viene espresso sulla base di informazioni pubbliche. I media digitali amplificano e trasformano il modo in cui le reputazioni vengono create, e forniscono nuovi strumenti agli utenti per gestire la propria reputazione. Molti servizi e piattaforme hanno sistemi informatici per calcolare e comunicare la reputazione dei propri membri, che a sua volta ne determina lo status. Questi sistemi si basano su forme di rating, espressi con un voto numerico o rappresentati con un simbolo. La reputazione garantisce una posizione migliore all'interno del gruppo; su eBay ad esempio, i membri con una reputazione più alta concludono più facilmente le transizioni dato che gli acquirenti tendono a fidarsi di individui che hanno il rating migliore. La reputazione determina la capacità di un individuo di interagire con un pubblico in modo produttivo. L'identità non può semplicemente essere vissuta ma deve essere anche comunicata, quindi l’individuo è costretto a crearsi un “brand personale” che includa certi aspetti della sua vita e ne escluda altri. L’identità diventa quindi una costruzione ragionata e riflessiva destinata ad essere comunicata sui media sociali, una specie di self-branding. ● Persistenza: ciò che viene comunicato sui social media e in rete resta nel tempo, quindi eventi del passato possono avere un impatto continuo sulla propria identità. ● Replicabilità dei contenuti:le comunicazioni avvenute in un ambiente particolare possono essere modificate o combinate con comunicazioni avvenuto in un altro ambiente (una foto postata su Instagram può essere inviata a un gruppo su WhatsApp o twittata) ● Scalabilità: i contenuti possono diffondersi molto rapidamente e non sono necessariamente quelli desiderati essere ad diffusi. ● Ricercabilità: i contenuti sono facili da trovare; nascondere informazioni indesiderate è difficile. I media sociali tendono a integrare in un unico profilo comunicazioni avvenute nei confronti di pubblici differenti e in questo modo contribuiscono a dissolvere i confini tra la vita pubblica, quella professionale e quella privata. Gli influencer sono individui con indici di impatto molto elevati,in grado di mobilitare un grande numero di utenti grazie alle loro competenze sociali e comunicative, come ad esempio i fashion blogger. Essi sono considerati risorse cruciali per lanciare una campagna di marketing o una campagna politica. 6. Reputazione e influenza Una delle note più critiche ai media sociali sostiene che le relazioni in rete tendono ad essere più freddi e meno coinvolgenti, risultando in legami deboli e forme di solidarietà superficiali. Bisogna però tenere presente che l'arrivo di nuove tecnologie di comunicazione genera sempre andate di critica e addirittura di panico morale: negli anni ‘60 la televisione era accusata di distruggere le comunità e le culture tradizionali, negli anni ‘80 le videocassette venivano incolpate di generare nuovi livelli di violenza, così come i videogiochi degli anni ‘90. Negli ultimi anni il fenomeno del sexting ha creato ansia rispetto a ruolo di servizi come snapchat. Il Tecnopessimismo quindi non è una novità, infatti le paure legate al ruolo sociale di Internet sono parte di una storia molto più antica rispetto ai nuovi media. Un’altra critica è la natura immersiva dell'esperienza online che tende ad assorbire le persone in un mondo parallelo e quindi ad isolarli. Già nel mondo cyberpunk descritto da William Gibson negli anni ‘80 le persone si immergevano in un mondo virtuale e vivevano una vita parallela senza dover interagire con gli altri. Secondo la psicologa Sherry Turkle la diffusione di internet crea una situazione in cui gli individui non interagiscono più con coloro che hanno accanto, ma sono assorbiti in un mondo parallelo. I media sociali ci proietterebbero così in un mondo in cui saremmo insieme ma soli. Attraverso poi la robotica le interazioni umane diventerebbero così sempre più scarse per essere sostituite da interazioni con macchine che cercano di simulare l'autenticità umana. Già il processo di modernizzazione e l'arrivo di nuove tecnologie della comunicazione alla fine del XIX secolo aveva portato all'affermarsi di ciò che la sociologa Eva illouz chiama “intimità fredde”. Tuttavia le persone che usano la rete tendono ad avere reti sociali più estese rispetto alle persone che non utilizzano tecnologie digitali. L'utilizzo di internet infatti non tende ad allontanare le persone dallo spazio pubblico, ma al contrario può essere considerato un fattore che alimenta la ricchezza della vita sociale delle persone.I media quindi non impoveriscono la vita sociale delle persone ma piuttosto è il modo in cui le persone interagiscono a cambiare con l'uso di queste tecnologie. Le piattaforme dei media sociali hanno scardinato la concezione della privacy in quanto le forme di socialità in rete spingono gli individui a condividere e mostrare informazioni personali e intime. Non è possibile però ignorare la necessità di norme stringenti per la tutela della privacy. Si verificano spesso scontri sull'accesso alle informazioni possedute dai servizi internet da parte delle forze di polizia o sull'uso per scopi di marketing dei dati che gli utenti forniscono ai media sociali. Se da un lato gli utenti hanno parzialmente rinunciato a una concezione della privacy come diritto a una sfera privata non accessibile, oggi le persone sanno negoziare i livelli di privacy per creare un controllo attivo sulle informazioni che le riguardano. Resta la necessità di saper costruire un approccio critico ai media sociali e di trovare soluzioni ai problemi di accesso alle informazioni e a quelli relativi ai livelli di privacy. 4. Collaborazione online 1. I media collaborativi Il web è caratterizzato da software e piattaforme semplici da usare che si basano sui processi di cooperazione. Esse si caratterizzano per la possibilità offerta agli utenti di diventare produttori di contenuti in prima persona, si parla infatti di contenuti creati dagli utenti. Secondo Henry Jenkins la cultura della partecipazione si basa sull'abbattimento delle barriere all’espressione della creatività, sull'importanza della condivisione dei contenuti creati, e sulla sensazione che il proprio contributo abbia un valore per la comunità. Alcuni esempi di applicazioni collaborative sono i blog, ovvero diari o giornali online, che danno vita a ciò che viene chiamata blogosfera, un ambiente formato da blog in comunicazione tra loro. La pubblicazione online non è più riservata agli informatici, ma a semplici utenti della rete. I wiki sono software di scrittura collaborativa, che permettono a più persone di lavorare contemporaneamente a uno stesso testo o documento; l'esempio più noto è Wikipedia, un’enciclopedia online scritta in modo collaborativo da migliaia di utenti sparsi per il mondo. Il successo di servizi come YouTube o Instagram è dovuto anche alla diffusione di strumentazione a basso costo come telecamere, macchine fotografiche digitali, software di montaggio ed editing. Servizi come eBay o Amazon usano le informazioni degli utenti per migliorare il proprio servizio attraverso le recensioni dei propri clienti. Le Google maps, piattaforme di Mash up, utilizzano informazioni prese da fonti diverse per creare mappe personalizzate punto Utilizzando tecnologie come il tagging, gli utenti possono inoltre aggiungere a un contenuto un tag, cioè un’etichetta che permette agli altri utenti di capire di quale tipo di contenuto si tratti. Amazon, TripAdvisor o Yelp utilizzano sistemi di rating, tramite i quali gli utenti possono votare e dare una valutazione numerica rispetto a un contenuto. Con la nascita dei software e delle piattaforme collaborative, si è assistito anche all'emergere di una cultura della partecipazione, che spinge gli utenti a contribuire alla produzione di informazioni in forma libera. I consumatori diventano così prosumer, ovvero produttori/consumatori. Ad esempio gli individui possono reinterpretare il videoclip di un cantante famoso per scopi di satira, per divertimento o per scopi politici, e poi pubblicare la propria versione su piattaforme come Youtube. I fan sono sempre più spesso coinvolti attivamente nella produzione di contenuti alternativi a quelli ufficiali, ma la partecipazione attiva può costituire un problema per la gestione del copyright. Infatti essi si sentono spesso autorizzati a violare il copyright in nome del diritto a elaborare e raccontare storie legate al prodotto culturale originale. Se alcune aziende scelgono approcci flessibili e permissivi, altre assumono invece atteggiamenti proibizionisti e cercano di reprimere chi chiusa o rielabora i contenuti in forma non autorizzata. Una caratteristica importante del P2P è la capacità di intercettare motivazioni individuali che spingono le persone a contribuire, aumentando il controllo individuale sui processi produttivi. Altre caratteristiche sono la modularità e granularità dei processi, rispettivamente la possibilità di suddividere un progetto in parti, moduli, che possono essere sviluppate indipendentemente dalle altre, e la possibilità di dividere un compito in parti, in questo modo un utente può decidere di dare un contributo molto piccolo, che sarà comunque utile per lo sviluppo complessivo del progetto. Chiunque può modificare con grande facilità una voce di wikipedia, correggendo un piccolo errore o aggiungendo una parte, senza doversi fare carico dell'intera voce. La volontà di partecipare a progetti non profit, orientati alla creazione di valore d'uso per una comunità piuttosto che a interessi privati, rientra in quella che alcuni autori hanno definito una nuova forma di economia del dono, tesa alla creazione di legami sociali. Questo però non vuol dire che il software libero sia un esempio di nuova economia di stampo altruista, infatti una buona reputazione nelle comunità del software libero può essere di grande aiuto per trovare un impiego e avanzare nella carriera. Partecipando a progetti di software libero, i programmatori accrescono le proprie competenze tecniche e la propria autorevolezza all'interno della comunità. La metafora del peer-to-peer deriva dall'informatica, in cui sono reti di computer usate per scambiare file, con la particolarità di non essere dotati di luoghi centralizzati in cui risiedono le informazioni, ad esempio un server. Esso funziona grazie alla sua ridondanza, il contributo di molti computer individuali fa si che lo spegnimento di un nodo della rete non ne compromette il funzionamento. Queste forme di organizzazione però non sono completamente orizzontali, infatti le gerarchie esistono e gli squilibri di potere all'interno dei progetti collaborativi restano importanti, ad esempio Debian si basa su sistemi di votazione ed elezione. Ci sono anche dubbi sulla capacità di questi processi di produrre sapere affidabile, se confrontato al sapere prodotto da esperti in setting istituzionali tradizionali. 4. Open Source e innovazione Dall'esperienza del software libero è nato l'open source, un movimento che dalla fine degli anni ‘90 ha cercato di rendere appetibili per le imprese commerciali il modello aperto rappresentato dal copyleft. Negli anni ‘70 Bill Gates era vicino a un circolo di hacker e appassionati di computer di cui facevano parte personaggi come Steve Wozniak e Steve Jobs. Egli divenne il “cattivo” del software a causa della lettera aperta agli hobbisti, in cui si lamentava della circolazione di copie illegali del software che lui stesso produceva, il Basic per il computer Altair. Gates riteneva che fosse impossibile produrre software senza un'organizzazione che pagasse i programmatori, e che quindi la condivisione gratuita avrebbe impedito lo sviluppo di software di qualità. In realtà si è dimostrato che Linux e il software libero in generale permette di sviluppare software di qualità in forme diverse da quelle proprietarie. I principi dell'Open Source si sono presto diffusi bene aldilà del settore del software, oggi, infatti, l'innovazione è basata su diritti di proprietà intellettuale alternativi, partecipazione aperta e disponibilità del codice sorgente si trova applicata in settori come la progettazione di automobili, la scienza, la musica o il design. Sono sorte anche altre forme di cooperazione, come quello del SETI@home, cioè una sorta di supercomputer virtuale lanciato nel 1999 formata da migliaia di personal computer connessi a Internet. I supercomputer distribuiti come SETI@home sono stati modello per evoluzioni commerciali più recenti come il cloud computing, cioè computer virtuali che usano il potere di calcolo di processori fisicamente separati. Alcuni esempi sono le “nuvole” di Amazon o Google, costituite da migliaia di processori connessi tra loro nei data center di queste aziende. L'Open Source è diventato anche uno strumento per raccogliere innovazioni sviluppate all'interno dell'azienda, tramite strategie di coinvolgimento dei clienti al fine di migliorare i propri prodotti. Questi fenomeni di crowdsourcing, cioè di esternalizzazione di un processo produttivo non ad altre imprese ma la folla, permettono di risparmiare denaro ma soprattutto di raccogliere suggerimenti e idee che sarebbero difficili sviluppare in azienda. L'ascesa di Apple e del suo iPhone negli anni 2000 è dovuto in parte alla decisione di permettere a chiunque di sviluppare applicazioni secondarie da installare sul sistema operativo iOS. Infatti Apple mette a disposizione gratuitamente e liberamente il proprio kit di sviluppo delle applicazioni, tuttavia la vendita e la distribuzione di queste applicazioni vengono controllate dall'azienda tramite il suo sistema di vendita, L’App Store. La risposta di Google è stata lo sviluppo di Android, un sistema operativo gratuito basato su Linux, che fornisce agli utenti la possibilità di sviluppare liberamente applicazioni per il sistema operativo. Le forme di innovazione e produzione basate sull' Open Source si sono espanse e diffuse anche alla produzione di oggetti materiali, come ad esempio ai telefoni cellulari Open Source, alle automobili o alla ricerca biologica. Un ulteriore passo dell'Open Source dai bit agli atomi, cioè dalla produzione di informazione a quella di oggetti materiali, è rappresentato dalle stampanti 3D, che sono un'evoluzione delle stampanti in due dimensioni e permettono di riprodurre oggetti materiali disegnati al computer o scaricati dalla rete. Esse permettono alle persone di produrre e condividere design di oggetti materiali e rappresentano la base di un nuovo modello di produzione industriale. 5. Il valore nell'economia della condivisione Nelle visioni più ottimistiche il P2P sembrava destinato a diventare un processo di democratizzazione della società dell'informazione. Secondo alcuni autori esso: ● Metterebbe nelle mani dei lavoratori i mezzi di produzione, favorendo la redistribuzione di ricchezza creata al di fuori delle forme di sfruttamento e proprietà privata del capitalismo ● Rappresenterebbe un aumento di autonomia e libertà individuale, grazie al controllo esercitato dagli utenti e alla dissoluzione delle gerarchie in favore di forme decisionali orizzontali ● Metterebbe a disposizione dei paesi più poveri nuove risorse informazionali, con una distribuzione più equa di risorse potere. ● Il software libero e altre forme di produzione peer-to-peer hanno avuto una forte influenza culturale e politica in molte sfere della società, ma sono complementari a processi produttivi di tipo commerciale che si basano su forme proprietarie di gestione dell'informazione. Per esempio Google usa Linux all'interno del suo sistema operativo Android, ma ne privatizza i benefici economici. Diversi autori di ispirazione marxista hanno criticato come le imprese sfruttino la collaborazione degli utenti per fare profitti, infatti gli utenti svolgerebbero “lavoro gratuito”. Pur non essendo retribuiti, gli individui che collaborano a progetti commerciali basati sull’aggregazione di contenuti creati dagli utenti, come Amazon o Facebook, fornirebbero infatti all'azienda forza lavoro a costo zero ogni volta che postano una foto o un commento, che si traduce in profitti per l'azienda stessa. Tuttavia lo studio della produzione di valore tramite la partecipazione online presenta diverse contraddizioni: ● L'esperienza d'uso di Facebook è molto diversa dall'esperienza del lavoro salariato, infatti l'utilizzo del social media non viene vissuto da parte degli utenti come una sorta di sfruttamento simile a quello subito dai lavoratori ● L'idea di una relazione lineare tra valore tempo di lavoro sulla quale si basa la teoria di Marx, si scontra con la natura non lineare della creazione di valore online. Non è il tempo speso a provare una canzone che determina se il video su YouTube diventerà una hit, ma altri fattori meno prevedibili come la reputazione e la capacità di attivare reti di utenti ● Il valore realizzato direttamente dal lavoro degli utenti di Internet è piuttosto ridotto, in quanto le imprese del web si basano principalmente sulla capacità di raccogliere capitali finanziari e non sulla capacità di generare profitti. Più che sullo sfruttamento del lavoro degli utenti il modello di Facebook si basa sulla capacità di attirare investimenti finanziari. Le nuove economie collaborative rimangono molto inique per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza. Su YouTube pochi riescono ad avere successo e garantirsi introiti sostanziali, mentre la maggioranza degli utenti vede i suoi sforzi poco o per nulla remunerati. Ciò rischia di escludere dalla partecipazione dell'economia della cooperazione online individui che hanno bisogno di una remunerazione materiale per sopravvivere. La Sharing Economy è composta da piattaforme online tramite le quali le persone possono instaurare processi di scambio di beni, di servizio o di saperi. Viene presentata come una possibile soluzione sia alla crisi economica sia all'alienazione sociale delle società contemporanee, poiché crea nuove forme di solidarietà. La nostra società sarebbe quindi entrata in una nuova epoca della condivisione. Tuttavia il fenomeno sia è presto evoluto verso il consolidarsi di pochi giganti multinazionali come Airbnb, Uber o TaskRabbit. Queste imprese non posseggono automobili o immobili, ma usano algoritmi per controllare le transazioni. Ad esempio gli autisti di Uber sono proprietari dell'automobile ma non possono decidere il prezzo delle corse, che è controllato da algoritmi aziendali. Più che comunità di condivisione, queste imprese rappresentano piattaforme di mercato centralizzate e controllate da interessi privati dove lo sharing si riduce a condivisione di commenti e valutazioni rispetto esperienze interpersonali, mentre l'attività economica e rimane strutturata dall'alto e dominata da interessi aziendali. Il loro successo non è dovuto all’affermarsi di una cultura della condivisione, ma è basato in gran parte sulla mancanza di alternative. La Sharing Economy facilita la costruzione di piccole comunità di collaborazione e condivisione che sono anche in grado di generare nuove reti relazionali. Allo stesso tempo però si tratta di un settore dominato da grandi capitali finanziari che usano il loro potere di mercato facendo concorrenza al ribasso nei confronti dell'industria dei taxi o di quella alberghiera. 5. Sfera pubblica e potere 1. Dal pubblico ai pubblici attivi L'audience dei media è attiva per i media broadcast, con i media digitali però il pubblico si diversifica e acquista un ruolo sempre più diretto. I media broadcast sono strutture ad architettura centralizzata e unidirezionali: le decisioni sulle notizie e sulle informazioni da comunicare sono prese da poche persone che lavorano in ruoli gerarchici prestabiliti. La comunicazione viaggia da un solo punto, come uno studio televisivo la redazione di un giornale, ad un numero potenzialmente illimitato di ricevitori che non possono fornire alcun feedback immediato. I massmedia possono essere commerciali e quindi sostenuti principalmente da vendite e pubblicità, pubblici oppure non profit. Nei primi due casi il controllo economico e politico di molti canali mediatici può essere assunto da un solo gruppo di potere o da una sola persona, come il caso di Silvio Berlusconi e Mediaset. I media digitali modificano però radicalmente questa situazione, portando alla nascita di un sistema mediatico più complesso e diversificato, accessibile da attori non commerciali e non statali, decentrato e distribuito. La transizione verso una sfera pubblica in rete si basa su diverse caratteristiche dei media digitali: ● L'accessibilità: il costo dell'apertura di un canale di comunicazione è quasi nullo. Le tecnologie digitali forniscono strumenti che mettono le capacità produttive nelle mani di chiunque possegga un computer connesso alla rete. blog, forum e social network rappresentano strumenti di produzione e distribuzione dell'informazione a costo bassissimo e facilmente accessibile da parte di singoli utenti della rete. ● La struttura distribuita: si passa da un'architettura di tipo centralizzato, tipica dei massmedia commerciali, all'architettura distribuita e non gerarchica della rete, nella quale tutti i nodi hanno pari dignità. Dai media broadcast si passa quelli sociali distribuiti. Le piattaforme per la condivisione di contenuti facilitano il dibattito tramite i sistemi di commenti e reti in condivisione. ● La commissione tra pubblico e privato: la partecipazione alla vita pubblica è espressa tramite la condivisione di contenuti personali attraverso i profili privati sui social media. Le conversazioni dei pubblici in rete non sono né strettamente private ne completamente pubbliche. Sono basate sulla produzione e condivisione di contenuti e quindi l'agire collettivo si basa sulla condivisione di identità e le reti di relazioni personali piuttosto che sull’adesione a ideologie politiche ● La sorveglianza: la maggior parte delle attività che avvengono in rete sono sottoposte a una sorveglianza sistematica, infatti le imprese del web e i governi raccolgono informazioni delle comunicazioni digitali e ne conservano copie. I pubblici della rete sono quindi sottoposti a un