Scarica Introduzione ai media digitali, Arvidsson e Delfanti e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! Introduzione ai media digitali 1 Sociologia Introduzione ai media digitali Premessa I media digitali sono sempre più diffusi e hanno la capacità di integrarsi con i sistemi di produzione di informazione e conoscenza e possono interagire con quasi ogni attività umana. La rete è un ambiente altamente privatizzato, in cui una manciata di giganteschi conglomerati come Google o Microsoft ha il controllo della maggior parte delle comunicazioni che avvengono a livello globale. Il rapporto tra media digitali e cambiamento sociale è un’interazione dinamica. Media e tecnologie digitali o “Novità” dei nuovi media rispetto ai media tradizionali o Caratteristiche principali dei media digitali basati su tecnologie mobili e distribuite 1. L’ambiente digitale Mediatizzazione = le società contemporanee sono caratterizzate dall’onnipresenza e pervasività crescenti dei media nelle vite quotidiane degli individui grazie alla diffusione di massa delle tecnologie mobili => le persone vivono immerse in flussi di comunicazione continui. L’ambiente in cui viviamo ci spinge a dare per scontata o addirittura non percepire la presenza delle tecnologie digitali e viverne la mancanza come stressante se non distruttiva. I media digitali influenzano la sfera comunicativa, sociale, economica, del lavoro e della politica. I cambiamenti innescati dalla diffusione delle tecnologie digitali stanno trasformando in profondità il modo in cui produciamo e distribuiamo informazione e conoscenza oltre ad essere strettamente legati alla crescita di esse. La società dell’informazione de della conoscenza in cui viviamo è permeata dai media digitali e quindi si trova di fronte alla necessità di ripensare in profondità il significato di parole come “libertà”, “democrazia”, “partecipazione”, “proprietà” e “potere”. La diffusione dei media digitali è cresciuta costantemente a partire dagli anni ’80 del XX secolo con i computer basati su microprocessori a basso prezzo. Negli anni ’90 venne introdotto il World Wide Web. Negli anni 2000 emerse il web collaborativo (= software e piattaforme online che permettono agli utenti di produrre e distribuire contenuti in prima persona) e le tecnologie mobili che hanno trasformato l’esperienza della rete da quotidiana a totale. Nessuna attività umana è esentata dai cambiamenti che i media digitali portano con sé o dalle sfide e opportunità che essi aprono. A livello globale, gli utenti della rete costituiscono il 50% della popolazione mondiale. Dal 2000 al 2015 gli utenti della rete sono aumentati dell’800%, e l’esplosione dell’uso della rete, la diffusione degli Introduzione ai media digitali 2 smartphone in Cina, India e nei paesi sudamericani hanno cambiato la geografia della società dell’informazione. L’emergere e l’affermazione di tecnologie che processano informazione in formato digitale è alla base di trasformazioni profonde non solo nel modo in cui funzionano i media digitali -> essi hanno assunto un ruolo chiave anche nell’organizzazione della produzione e nell’economia delle società contemporanee. Questi cambiamenti hanno un impatto anche sull’ecologia dei media => nell’ecosistema mediale si assiste all’evoluzione di nuove forme di vita, nuove specie e si arricchisce di nuove strategie di sopravvivenza. La metafora ecologica rende l’idea di un mondo che è un insieme di relazione e interazioni che, nel complesso, costituiscono l’ecosistema e lo trasformano. Nascita di un “ambiente digitale di rete” in cui gli individui hanno a disposizione maggiori possibilità per assumere un ruolo più attivo all’interno del sistema dei media. Ambiente denso di scontri proprio sul futuro delle relazioni ecologiche tra gli organismi che lo compongono Per questo i media digitali sono un oggetto di ricerca rilevante per le scienze sociali. Le tecnologie digitali mediano le relazioni sociali e sono determinanti nella costruzione delle identità degli individui. I media digitali sono il terreno di scontro tra diverse visioni del mondo che spesso si contrappongono violentemente: Tecnologie = a. Mezzi per superare le rigidità delle società industriali e per allargare la platea di individui che possono partecipare liberamente e in forma attiva alla vita pubblica e produttiva. b. Minaccia => strumenti per la conservazione e l’irrigidimento delle gerarchie e delle disuguaglianze I media digitali sono dotati di un potere trasformativo ma possono anche ostacolare il cambiamento. Gli ambienti digitali sono spazi altamente privatizzati, commercializzati e sorvegliati. I grandi conglomerati come Google o Facebook raccolgono e monetizzano le informazioni prodotte dagli utenti, analizzano il comportamento e permettono al potere statale di esercitare un controllo. 2. Nuovi e vecchi media Media digitali = insieme di mezzi di comunicazione basati su tecnologie digitali e hanno caratteristiche comuni che li differenziano dai mezzi di comunicazione comuni che li hanno preceduti Nuovi media = tecnologie di comunicazione basate sui computer e sulle reti che si sono diffuse a partire dagli ultimi decenni del XX secolo. I nuovi media sono costituiti da tecnologie eterogenee e molto diverse tra loro; i media basati sui computer, diffusi da diversi decenni, sono gli strumenti predominanti -> interagiscono con tutti quelli precedenti => caratteristiche che rendono impreciso chiamarli semplicemente “nuovi”. Questa definizione maschera il fatto che tutti i media sono nuovi quando vengono introdotti. I media basati su tecnologie molto recenti conservano similitudini e analogie con i media precedenti. Il nuovo media non sostituisce i “vecchi” media ma piuttosto li integra o li modifica senza per questo condannarli all’estinzione. Processo di rimediazione che comporta una relazione di competizione ma anche di coevoluzione, omaggio e cooperazione tra media diversi. Introduzione ai media digitali 5 a. Internet ha una struttura a rete e distribuita = le informazioni che lo compongono sono posizionate su migliaia di computer chiamati server, ai quali gli altri computer si collegano per richiedere le informazioni. Lo spegnimento di un server rende inaccessibile l’informazione lì contenuta. b. Internet è una sete ridondante = le informazioni vengono smontate in pacchetti che possono separarsi e viaggiare su percorsi diversi c. Internet è un sistema aperto = chiunque abbia accesso a una linea telefonica o di banda larga può accedervi. Gli standard e i linguaggi usati sono aperti e disponibili a chiunque voglia utilizzarli. Word Wide Web Consortium (W3C) = organizzazione internazionale che si occupa degli standard del web con il compito di mantenerli aperti. Ogni sito web ha un “indirizzo” (= codice alfanumerico che identifica il sito e permette agli utenti di arrivare ai server) a cui può essere raggiunto. Questi codici si chiamano domini-> gestiti e assegnati dall’ Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (Icann). Domini nazionali, es. .it Definiscono il tipo di attività svolta dal sito, es. .com (attività commerciali) o .org (no profit). d. Internet si basa sul principio della neutralità della rete = gli operatori internet non possono discriminare pacchetti di informazione in base al contenuto o alla provenienza. Le aziende non possono pagare i provider per far passare le proprie informazioni più rapidamente. Questo principio è costantemente sotto attacco da parte dei fornitori di connettività. I media digitali e le tecnologie di rete sono composti da livelli differenti: 1. Livello fisico = risorse naturali (es. etere usato per le trasmissioni radio), infrastrutture tecnologiche 2. Livello logico = software, standard e protocolli su cui si basano le reti 3. Livello dei contenuti = informazioni in linguaggio umano che vengono prodotte e scambiate in rete. I primi due livelli dell’ambiente digitale sono cruciali per comprendere l’evoluzione della società dell’informazione. Livello giuridico = insieme di leggi nazionali che regolano il funzionamento della rete e i comportamenti dei suoi utenti. Introduzione ai media digitali 6 La materialità dei media digitali La digitalizzazione dell’informazione e dei contenuti dei media non ha fatto scomparire la materialità delle tecnologie. Studiare la materialità dei media permette di analizzare la circolazione dei cosiddetti artefatti digitali (= oggetti composti di bit che costituiscono i contenuti delle tecnologie digitali) e di studiare le condizioni che sottostanno al sistema dei media -> produrre, trasportare e commercializzare => impresa globale che mobilita milioni di lavoratori. L’impatto ecologico delle tecnologie digitali è una questione spesso sottovalutata o ignorata. Le tecnologie digitali contengono materie prime che necessitano di grandi risorse energetiche per essere estratte e lavorate, e lasciano dietro di sé una scia di degrado ecologico. La maggiore diffusione e il continuo ricambio di nuovi modelli sottoposti alle aziende a obsolescenza programmata (= progettati per avere una durata limitata) crea una domanda continua di materiali. =>Industria del riciclaggio = estrae metalli preziosi dagli oggetti dismessi per poterli rivendere ai produttori, che li reimmettono nel ciclo produttivo -> produzione di scorie tossiche e consumo di energia. L’industria delle tecnologie informatiche mobilita quindi risorse naturali su una scala globale: a. Materie prime b. Fabbriche gigantesche c. Consumatori finali d. Di nuovo alle discariche Le infrastrutture di Internet consumano attorno al 10% della produzione di energia elettrica globale e producono una frazione consistente delle emissioni mondiali di CO₂. 5. Tecnologie e società Le scienze sociali si occupano da tempo delle tecnologie; cercano di mettere in discussione i punti di vista diffusi nel senso comune per trovare spiegazioni più profonde e documentate. Le principali teorie sul rapporto fra tecnologia e società si sono sviluppate a partire dalle tecnologie predominanti nel XX secolo. Con l’emergere delle tecnologie digitali nuove sfide spingono a rinnovare questi approcci. a. Tecnologia come un fattore esogeno = forza esterna il cui sviluppo è indipendente dai fenomeni sociali; non importa chi sviluppa una tecnologia ma piuttosto quale funzione specifica essa assolva per lo sviluppo di una società. b. Determinismo tecnologico = le tecnologie sono fattori indipendenti in grado di determinare lo sviluppo delle società umane. Le caratteristiche dei media digitali determinano il modo in cui gli individui interagiscono tra loro. Il determinismo tecnologico è molto diffuso nel senso comune, nelle iniziative politiche che riguardano le tecnologie digitali e nel giornalismo che descrive i cambiamenti e le novità legate alla rete. es. Marx -> le tecnologie hanno il potere di strutturare i rapporti di produzione es. McLuhan -> “il medium è il massaggio”; la tecnologia mediatica utilizzata ha un impatto determinante sulla società. La prospettiva deterministica resta uno dei principali modi per interpretare la dimensione sociale ed economica dei media digitali. Introduzione ai media digitali 7 Questa visione è monodimensionale => nega la complessità del rapporto fra tecnologie e società; non prende in considerazione il fatto che le tecnologie sono usate in modo diverso e per scopi diversi da attori sociali diversi. c. Costruzione sociale delle tecnologie = la struttura e il successo di una tecnologia dipendono dalla forza, dai bisogni e dai valori del gruppo sociale che la promuove. La metafora della costruzione indica che l’evoluzione delle tecnologie è qualcosa a cui le persone partecipano attivamente. Le tecnologie dipendono dai processi sociali dai quali hanno origine e in cui sono immerse le persone che le sviluppano. -> l’architettura aperta e distribuita di Internet non è “naturale” => attori diversi avrebbero costruito una rete diversa da quella che conosciamo oggi. Questo tipo di approccio riconosce pienamente il ruolo attivo degli utilizzatori di tecnologie => diversi individui o diversi gruppi di utenti possono usare la stessa tecnologia in forme e con scopi molto differenti tra loro. La tecnologia, però, non è neutrale, dato che incarna i valori e i bisogni di una parte della società, ha una “politica”. d. Coproduzione di tecnologia e società = società e tecnologie si influenzano e modificano a vicenda, in un processo di coevoluzione in cui i cambiamenti dell’una producono le altre e viceversa. La sociologia utilizza un termine preso dall’ingegneria, affordance, per descrivere le possibilità offerte e i limiti imposti da uno strumento tecnologico a chi lo utilizza. Le tecnologie possono offrire soluzioni e rendere possibili nuove forme di azione, solo all’interno dei confini della tecnologia stessa. Tecnologie abilitanti = permettono agli utenti di dar vita ad alcuni tipi di azioni secondo precise forme di produzione di informazione. -> Costringono gli utenti all’interno di uno schema prestabilito dai vincoli imposti dalla piattaforma tecnologica. Algocrazia = ambiente digitale di rete in cui il potere viene esercitato in modo sempre più profondo dagli algoritmi (= programmi informatici che sono alla base delle piattaforme mediatiche, rendono possibili alcune forme di interazione e di organizzazione e ne ostacolano altre). I software rimangono segreti ma sono gli utenti stessi a dar forma agli usi possibili. Jailbreaking = rimozione delle limitazioni presenti nel sistema operativo iOS di Apple, su cui si basano iPhone, iPad e altri prodotti. La possibilità per gli utenti di accedere ai media digitali non è legata solo al loro utilizzo, ma anche alla loro trasformazione. Le tecnologie si caratterizzano per diversi livelli di apertura o chiusura: Accessibili e facilmente modificabili Con sbarramenti che impediscono agli utenti di modificare un sistema o usarlo per fini non previsti es. Apple Lo studio delle infrastrutture tecnologiche non può prescindere da quello del contesto sociale in cui sono immerse e dei gruppi sociali che danno loro forma e lo utilizzano. Introduzione ai media digitali 10 I diritti di proprietà intellettuale Proprietà intellettuale = apparato di principi giuridici che permettono a creatori e inventori di esercitare diritti di proprietà sui frutti dell’inventiva e dell’ingegno. Concessione temporanea che ha il compito di incentivare l’attività creativa e inventiva. I diritti concedono un monopolio sullo sfruttamento di un bene immateriale e permettono di escludere soggetti terzi dal suo uso. Dopo un dato periodo di tempo, le opere diventano di dominio pubblico Vi sono tre tipologie principali: Diritto d’autore (copyright) = tutela la proprietà delle opere artistiche, letterarie e scientifiche: es. canzone, libro, articolo giornalistico Brevetto = tutela le invenzioni industriali, cioè invenzioni che oltre ad essere nuove e originali siano riproducibili e applicabili in attività industriali. Negli ultimi decenni tuttavia il brevetto è stato applicato anche a scoperte. Marchio = contraddistingue un prodotto o un’azienda rendendoli riconoscibili da parte del consumatore. L’informazione è un bene non rivale (=> il fatto che una persona ascolti una canzone, ad esempio, non impedisce ad altri di fare lo stesso allo stesso tempo), e ha un costo marginale pari a zero. Il costo marginale di riprodurre un’informazione tende a zero. I diritti di proprietà intellettuale instaurano invece costi marginali artificiali da pagare per produrre una copia di un bene immateriale. 3. Le teorie sulla società dell’informazione Il sociologo Manuel Castells, negli anni ’90, ha articolato una tesi contenente il determinismo tecnologico. Castells formalizza l’importanza economica, sociale e politica dell’informazione in una società in trasformazione. Nella società industriale, il potere economico e politico era legato alla produzione di oggetti materiali. Nella società dell’informazione sono i beni informazionali o intangibili a determinare il successo economico e le possibilità di successo di un individuo. => Capitalismo informazionale. Per Castells la società dell’informazione è una società strutturata in reti => network society Le reti diventeranno importanti anche nella dimensione sociale. Lo “spazio dei flussi” (= spazi fisici e mediatici, dove circolano saperi, competenze denaro e persone) è una rete aperta, in cui le frontiere e i limiti fra stati, organizzazioni, comunità e gruppi sono sempre meno importanti, e in cui una parte crescente della ricchezza viene creata tramite scambi fra persone appartenenti a diversi stati, organizzazioni o comunità. Gli individui nello spazio dei flussi si spostano liberamente fra una nazione e l’altra e fra un’organizzazione e l’altra, e collaborano senza ostacoli dovuti a fattori come identità etnica o religiosa. Sono, invece, tagliati fuori gli individui che non hanno accesso a Internet o non sanno usarlo -> tendono a contrapporsi alla cultura cosmopolita e globalizzata dello spazio dei flussi rinforzando identità territoriali o culturali che diventano modalità di resistenza e di opposizione. Nello spazio dei flussi che dominano e trainano la società dell’informazione i conflitti sono smorzati e gli individui competono liberamente per un successo, o un fallimento, che dipende essenzialmente dal loro successo come imprenditori di se stessi. Per Castells la spaccatura principale della società dell’informazione è data da chi ha accesso allo spazio dei flussi e chi ne è escluso. Introduzione ai media digitali 11 L’espressione “società dell’informazione” ha una storia che comincia nell’immediato dopoguerra ed è caratterizzata da alcuni elementi: o L’indebolirsi della centralità del conflitto tra capitale e lavoro o Il nuovo ruolo produttivo della circolazione dell’informazione o Il determinismo tecnologico spinge molti teorici a enfatizzare gli effetti delle innovazioni sulla società o Appaiono visioni utopistiche di democratizzazione universale e creatività distribuita insieme a visione pessimiste in cui le tecnologie mettono a rischio l’ordine sociale Il primo a investigare seriamente il nuovo ruolo dell’informazione e della conoscenza come fattore produttivo nelle economie capitaliste avanzate fu l’economista Fritz Machlup -> negli anni ’30 cominciò a studiare l’effetto dei brevetti sullo sviluppo economico e negli anni ’60 introdusse l’espressione economia della conoscenza nel linguaggio comune. Peter Drucker faceva notare come la centralità dei lavoratori della conoscenza si affermasse man mano che le organizzazioni dell’economia capitalista si facevano più complesse e la fonte del valore si spostava sempre di più verso l’innovazione e l’organizzazione dei processi complessi. Drucker usò il termine postmoderno per descrivere il modello sociale che stava evolvendo attorno alla nuova importanza economica dell’informazione. Il sociologo marxista Daniel Bell suggerì che l’importanza della produzione e circolazione di informazione come fattore economico e quindi la centralità politica e culturale dei lavoratori della conoscenza avrebbero reso meno influenti le grandi ideologie della modernità, come ad esempio il comunismo, che erano organizzate intorno al conflitto tra capitale e lavoro. I nuovi lavori della conoscenza non avevano alcun legame con la destra o la sinistra, erano interessati alla propria autorealizzazione consumista. Alessandro Pizzorno affermò che il peso crescente del nuovo ceto medio emerso dal boom economico degli anni ’60 stesse trasformando l’Italia in una società il cui collante sociale erano la crescita economica e la possibilità di generare nuove opportunità di consumo e non le grandi ideologie. Nel decennio successivo queste idee si consolidarono convergendo verso l’idea di una nuova società postindustriale. Proposto dal sociologo Alain Touraine nel 1971, e da Daniel Bell poi, il modello della società postindustriale si fondava su tre componenti principali: 1. Riduzione del peso economico della produzione materiale effettuata nelle industrie e il consolidarsi di una nuova economia dell’informazione e dei servizi. 2. Centralità della produzione di sapere come motore dello sviluppo economico e sociale 3. Ruolo di potere assunto dalla pianificazione e dall’organizzazione di processi complessi => sostituzione della vecchia classe dirigente con un ceto di burocrati e tecnici che esercitavano il potere in modo anonimo e in apparenza senza interessi politici. I teorici del postfordismo mettevano invece l’accento sulle trasformazioni delle forme di produzione. L’organizzazione del lavoro basata sulla catena di montaggio ideata da Ford era perfetta per produrre beni di consumo di massa standardizzati, ma modificare un prodotto significava mettere mano all’intera linea produttiva. Le nuove macchine sono riconfigurabili e possono rispondere alle richieste di un mercato in continuo mutamento e i lavoratori vengono organizzati in team. Introduzione ai media digitali 12 Negli anni ’80 il concetto di “società postindustriale” si affianca a un’altra idea di società postmoderna -> filosofo francese Lyotard => i cambiamenti nella produzione di cultura e di sapere e nella politica, con l’affermarsi della società dei consumi, avrebbero come conseguenza un effetto profondo sulle società moderne. Quando tutto è ridotto a informazione, tutto può essere rivisto, manipolato e rimaneggiato, nulla è stabile. Secondo Marshall McLuhan (-> uno dei propugnatori del ruolo dei nuovi media come strumenti di mutamento sociale) i media elettronici come la televisione erano destinati a trasformare l’umanità in un villaggio globale (= mondo in cui i media elettronici rimpiccioliscono il mondo permettendo di comunicare in tempo reale a grande distanza) => relazioni su una scala globale. L’utopia di McLuhan prevedeva: o Liberazione dalle società centralizzate e burocratiche favorite dalla stampa o Cancellazione delle differenze tra paesi ricchi e paesi poveri o Una “comunità globale” Anche la diffusione di Internet a metà degli anni ’90 provocò reazioni e aspettative simili a quelle sviluppate con l’arrivo della televisione o della stampa popolare. Alcuni opinionisti cominciarono ad articolare una visione del mondo propria dei circuiti imprenditoriali della Silicon Valley, a sud di San Francisco, in California. Negroponte dipingeva la rete come una tecnologia che permette di trascendere le barriere spaziali e burocratiche che caratterizzano gli stati. L’individuo in rete = consumatore o imprenditore che vive negli spazi digitali e in un mercato libero da condizionamenti statali. L’ondata di tecnoloberismo è riassunta nella formula “ideologia californiana” = denuncia della visione secondo la quale la diffusione di Internet porterà a un accesso diffuso a sapere e informazione e quindi cancellerà le differenze di potere fra consumatori e produttori, fra lavoratori e datori di lavoro, e fra stato e cittadini. Criticare l’idea secondo la quale il flusso libero dell’informazione porterà con sé una democratizzazione della politica, e un’economia basata su piccole imprese hi-tech aprirà nuove possibilità di arricchimento per chi possiede la necessaria flessibilità e spirito imprenditoriale. I movimenti sociali legati all’evoluzione dei media digitali e alle politiche della rete, come gli hacker, sono attori cruciali nell’evoluzione delle società liberali. Lo stesso capitalismo informazionale descritto da Castells si basa su fondamenta culturali molto diverse da quelle del capitalismo industriale. Himanen parla di una nuova etica del capitalismo basata su flessibilità, creatività, indipendenza dalle gerarchie e dalle burocrazie industriali. Posizione che riprende le idee di Max Weber sulla nascita del capitalismo => descritto l’emergere di un nuovo spirito del capitalismo fondato sui valori delle controculture degli anni ’60 del XX secolo. Alla base del capitalismo contemporaneo vi sono elementi culturali provenienti da movimenti di opposizione che vengono riadattati come parte della cultura di un capitalismo flessibile e consumistico. Anni ’90 -> idea di intelligenza collettiva Per Lévy è una mobilitazione delle intelligenze distribuite, coordinate e valorizzate grazie alle tecnologie dell’informazione. Introduzione ai media digitali 15 Già negli anni ’60 giovani ingegneri e studenti nei dipartimenti di informatica si sentivano vicini alle controculture che dominavano i campus americani e che sarebbero sfociate ne Sessantotto. Prime comunità di hacker che propugnavano un approccio attivo alla tecnologia e pretendevano di poter mettere le mani sui computer per modificarli e usarli per scopi imprevisti e inattesi -> artefici dei primi videogiochi. Negli anni ’70 i movimenti della nuova sinistra californiana svilupparono un interesse per le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione -> viste come strumenti di liberazione. The Whole Earth Catalogue = “manuale di istruzioni” per le controculture, conteneva anche annunci di informatica e programmazione, come quelli dei primi kit di costruzione dei piccoli personal computer quali l’Altair 8800. La People’s Computer Company dava accesso pubblico ai nuovi minicomputer agli abitanti di San Francisco e agli studenti radicali di Berkeley. Nuove comunità di hacker influenzate dalla new left Usa cercavano di sovvertire i sistemi tecnoeconomici tramite interventi concreti di manipolazione tecnologica. Il primo bersaglio fu la rete telefonica americana -> riuscirono ad effettuare telefonate gratuite o avere linee aperte dove svolgere conversazioni di gruppo (= “chat room” ante litteram). Nacquero i primi personal computer ad uso familiare. In quella che sarebbe poi diventata la Silicon Valley, hacker e hobbisti si scambiavano idee, innovazioni e component; da questi luoghi emersero nuovi linguaggi di programmazione come il Basic della nascente Microsoft di Bill Gates e l’Apple II (= primo computer con un sistema operativo a interfaccia grafica basato sull’uso del mouse) lanciato nel 1977 e diretto al mercato di massa che si stava sviluppando in quegli anni. La trasformazione del computer da tecnologia burocratico-militare a elettrodomestico e centro di intrattenimento per le famiglie fu quindi il frutto dell’appropriazione e riconfigurazione delle nuove tecnologie da parte di attori come gli hacker, gli attivisti dei movimenti del post-Sessantotto, gli imprenditori della Silicon Valley e l’industria dei videogiochi. Introduzione ai media digitali 16 Cronologia: la storia dei computer 1673: Gottfired Leibniz -> prima calcolatrice meccanica 1801: Joseph-Marie Jacquard -> telaio automatico 1822: Charles Babbage -> “macchina delle differenze” 1873: Charles Babbage -> “macchina analitica” 1843: Ada Lovelace -> articolo per descrivere la macchina analitica come strumento programmabile 1899: brevettata la macchina tabulatrice di Hollerith 1931: Alan Turing dà la definizione di computer 1944: il Mark I è il primo computer elettromeccanico; viene sviluppato il Colossus 1959: Ibm Stretch è il primo supercomputer elettronico 1965: Olivetti lancia la P101 o Perottina (= primo personal computer della storia) 1969: prima connessione Arpanet 1971: Intel commercializza il microprocessore 1975: viene messo in commercio l’Altair 8800 1977: viene lanciato l’Apple II 1982: vengono venduti 17 milioni di computer Commodore 64 1983: Motorola -> DynaTAC 8000X (= primo telefono portatile) 1985: Microsoft -> prima versione di Windows 1989: Microsoft -> Microsoft Office (= software standard per il lavoro intellettuale) 1991: Tim Berners-Lee lancia il World Wide Web 1998: Digital Millennium Copyright Act 2000: bolla speculativa delle dot-com -> crolla l’indice Nasdaq 2001: nasce Wikipedia 5. L’evoluzione delle reti Negli anni ’50 e ’60 si cominciò a pensare ai computer come strumenti non solo per effettuare calcoli ma anche per comunicare. L’ingegnere Vannevar Bush aveva immaginato il “Memex” (= computer che doveva utilizzare uno schermo per riprodurre testi immagazzinati nella macchina e creare una sorta di memoria collettiva mediata delle tecnologie informatiche). Primi anni ’60 -> Licklider teorizzò la possibilità di creare un “Intergalactic computer network” per connettere istituzioni, aziende e cittadini. L’antenato di Internet, la rete Arpanet, si basava sulle idee di Licklider -> a partire dal 1969 collegava i supercomputer presenti nelle università americane e in alcuni centri militari. Arpanet si basava sulla tecnologia del packet switching (= scompone ogni messaggio in una serie di pacchetti che trovano la loro strada nella rete, indipendentemente dagli altri) => architettura distribuita. Il progetto era stato lanciato dall’agenzia di ricerca militare Arpa come parte integrante della competizione tecnologica in corso con l’Unione Sovietica dopo la messa in orbita del primo satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957 e la scoperta di programmi sovietici per la realizzazione di una rete di comunicazione che avrebbe potuto resistere a un attacco nucleare. Il leader sovietico Chruščëv aveva anche costruito in Siberia una città accademica, Akademgorodok, per lo studio della cibernetica (= scienza dei sistemi autoregolanti che fu cruciale per lo sviluppo delle tecnologie informatiche). Arpanet venne pensata in origine come un canale di comunicazione militare da usare per coordinare le comunicazioni dell’aeronautica, i ricercatori che lavoravano nelle grandi università statunitensi degli anni Introduzione ai media digitali 17 ’60 e ’70 ne influenzarono profondamente lo sviluppo e le loro necessità presero il sopravvento su quelle militari. Le email furono rapidamente appropriate e usate per la creazione di mailing list su temi di natura più popolare. Il protocollo Tcp/Ip (= protocollo libero, utilizzabile da chiunque, e aperto poiché permette implementazioni su dispositivi e per scopi diversi), che dal 1974 diventò lo standard della rete, era stato creato per decentralizzare il controllo delle comunicazioni ai singoli computer o nodi partecipanti e prevenire la possibilità che qualcuno potesse controllare o censurare le comunicazioni. Standard che, insieme ad Arpanet, è ancora alla base del funzionamento di Internet. Arpanet però non era l’unica rete. Le Bbs (= banche dati di messaggi e informazioni contenuti in personal computer individuali cui si poteva accedere mettendosi in comunicazione con il singolo utente tramite le nuove tecnologie Modem) nacquero negli anni ’70 ma, negli anni ’80, crebbero fino a costruire vere e proprie reti alternative. La rete non era più una semplice tecnologia per connettere i computer, ma permetteva alle persone di comunicare e propagare anche contenuti poco ortodossi, senza un controllo o una censura centrale. Le tecnologie sviluppate all’interno di iniziative statali, come Minitel (=> doveva essere un mezzo di scambio di informazioni di natura civica e di acquisti online per i cittadini francesi, ma fu quasi subito dominato da servizi di ricerca partner erotici: le messageries roses), vennero riappropriate e usate per scopi diversi. Negli anni ’90 alcune innovazioni diedero vita alla rete che conosciamo oggi. Uno scienziato del Cern di Ginevra scrisse e condivise con il resto della rete i linguaggi e gli standard che costituiscono il World Wide Web. Il sito info.cern.ch fu il primo sito a basarsi sull’Html (= Hyper Text Mark- up Language), usato per mettere online documenti ipertestuali in cui un tratto di testo può essere contrassegnato inserendo delle etichette, o tag, che ne possono descrivere tra le altre cose la funzione, il colore, le dimensioni o il link a cui puntano. Gli Url = Uniform Resource Locator, indirizzi riconoscibili che identificano un contenuto presente su un server e permettono a un computer che ne faccia richiesta di accedervi; questo sistema rende i siti indipendenti dalla collocazione fisica dell’informazione su un particolare computer o server. Protocollo Http = Hyper Text Transfer Protocol, sistema di trasmissione delle informazioni utilizzato sul web. Nel WWW non occorre sapere su quale server fisico è collocata una particolare informazione, e la navigazione avviene tramite interfacce grafiche grazie anche a browser come Mosaic, che cambiò il nome in Netscape e divenne, già nel 1993, il primo browser di uso di massa. Nel 1994 Berners-Lee lanciò il World Wide Web Consortium (W3C) = organizzazione che gestisce gli standard per l’interoperabilità della rete. Alla diffusione delle reti e alla nascita del web contribuirono anche scelte politiche: o 1984: il gigante americano AT&T venne smantellato e il monopolista statale British Telecom privatizzato, creando un nuovo mercato per le telecomunicazioni. o Anni ’90: Stati Uniti ed Europa lanciarono politiche per la costruzione di infrastrutture tecnologiche per l’informazione e per la deregolamentazione ulteriore del mercato delle telecomunicazioni o A Bruxelles, nel 1995: il G7 sottoscrisse un documento che auspicava l’affermarsi di una società globale dell’informazione Introduzione ai media digitali 20 Metà degli anni ’70: o Crescente disuguaglianza salariale => discesa della classe operaia industriale che viene sostituita con un nuovo “proletariato dei servizi” concentrato nei call center, nel data entry, nelle vendite e nei servizi alla persona. o Disuguaglianza globale => si accentua la divisione globale del lavoro tra le regioni che producono materie prime o beni materiali e quelle che gestiscono i processi di innovazione. Il futuro della società dell’informazione è aperto e dipende da molte variabili: o Dallo sviluppo tecnologico o Dalle politiche pubbliche a livello nazionale e soprattutto sovranazionale o Dagli attori che ne guidano lo sviluppo Le scelte che riguardano le tecnologie digitali sono cruciali dato che sono in grado di ridefinire le possibilità di azione dei cittadini, delle amministrazioni e delle imprese. La società dell’informazione è un progetto che continua a svilupparsi ed evolve in nuove direzioni o tramite nuove definizioni: o Smart city = progetto di controllo dei flussi di persone, cose e informazioni tramite l’uso di sensori e processori digitali all’interno del contesto urbano o Sharing economy = espande il controllo delle imprese a lavoratori che restano proprietari dei mezzi di produzione ma sono organizzati da piattaforme digitali in grado di estrarre valore dal loro lavoro, es. Uber. Tramite un’alleanza con le imprese del web, i governi occidentali sono in grado di intercettare tutte le comunicazioni digitali dei propri cittadini a scopo di sorveglianza. Sogno di rendere il mondo calcolabile e di usare questo potere per organizzare la produzione e controllare la popolazione. La forma assunta dalle piattaforme digitali è destinata ad avere un effetto crescente sull’evoluzione politica ed economica delle società contemporanee. Culture e identità o L’individuo appartiene a una pluralità di sistemi organizzati attorno a passioni o interessi comuni o I media sociali forniscono nuove ribalte per la costruzione dell’identità o I media sociali costituiscono le piattaforme su cui i nuovi pubblici possono organizzarsi o Il confine tra pubblico e privato diventa labile 1. Socialità e media digitali Le relazioni sociali sono sempre state influenzate dalle tecnologie della comunicazione => senza un mezzo di comunicazione in grado di attraversare distanze fisiche e di conservare le comunicazioni nel tempo sarebbe molto difficile organizzare un sistema sociale complesso, raccogliere le tasse o assicurare la continuità delle leggi o le usanze di culto. L’invenzione della stampa ha cambiato in profondità le forme di produzione e trasmissione della cultura e della conoscenza. I media sono fondamentali anche per la creazione e il mantenimento di gruppo informali, così come per la costruzione dell’identità individuale. Negli anni ’60 il boom delle culture giovanili dipendeva da tecnologie come il giradischi portatile, la televisione e il telefono. L’arrivo sulla scena dei “nuovi” media digitali e delle tecnologie mobili permette nuove ulteriori riflessioni sul legame tra tecnologie mediatiche e relazioni sociali. I media digitali hanno avuto una velocità di penetrazione senza precedenti. Introduzione ai media digitali 21 Le piattaforme dei media sociali come Facebook e Twitter facilitano forme di socialità simili alle comunità basate sulla conoscenza reciproca, ma fanno da supporto anche a relazioni meno strette. Vi sono due visioni contrapposte sui media digitali: 1. Essi rappresentano un mondo sociale estraneo alla vita reale quotidiana 2. Hanno effetti dirompenti sulle forme di socialità I media digitali odierni sono caratterizzati dalla forte integrazione tra la vita online e quella offline, al punto che queste distinzioni sembrano perdere significato. Anni ’90 -> si poteva ragionevolmente parlare di un’esperienza della rete come distinta da quella del mondo reale Oggi -> gli individui in rete tendono a postare sui media sociali contenuti legati alle attività, alle emozioni o agli avvenimenti che appartengono alla loro vita quotidiana. Le tecnologie mobili favoriscono uno stile di vita “always on” (= continuamente online). In questo senso la differenza tra online e offline tende a scomparire -> i media sociali tendono ad affievolire la distinzione tra pubblico e privato. Oggi è possibile e rilevante effettuare ricerche sociali online. I media digitali non sono sempre responsabili di nuove forme di socialità, ma anzi possono tendere a diventare strumenti per riprodurre fenomeni sociali esistenti. Metodi digitali per la ricerca sociale Il progressivo aumento dell’importanza delle reti ha avuto conseguenze importanti anche per la ricerca sociale, che ha sviluppato un insieme di nuovi metodi di studio, i cosiddetti “metodi digitali”. È ormai lecito supporre che tutte le nostre attività in rete lasciano tracce che si prestano a essere studiate da sociologi e altri scienziati sociali, es. Google Maps o quando corriamo con uno smartwatch. Queste quantità enormi di dati diventano big data (= grandi insiemi di dati da cui si cerca di estrarre informazioni e di predire trend, sono un patrimonio inestimabile, rendono possibile studiare fenomeni che prima erano inosservabili: analizzare i trend del traffico automobilistico, i processi di consumo, la risposta di un farmaco da parte di masse di pazienti. Sono di proprietà privata oppure sono acquistabili a caro prezzo. Non si sa come vengano utilizzati dalle imprese.). Network analysis = metodologia che risale a prima dell’emergere dei media digitali ma che oggi usa software per rappresentare i pubblici, individuare lo spazio che occupano online e le connessioni tra gli individui, e scoprire chi sono le persone più influenti. Analisi semantica = studiare i discorsi che si sviluppano in rete. Tramite software si analizzano le ricorrenze in cui, ad esempio, dei termini vengono usati nella stessa comunicazione. Sentiment analysis = analizza se i termini associati a qualcosa, a qualcuno, sono positivi o negativi. Il marketing commerciale e politico usa queste tecniche. Etnografia digitale = comprendere in profondità i modi di ragionare e comunicare, cioè le culture che caratterizzano alcune forme di vita online. È spesso basata sull’osservazione di forum, media sociali, mailing list o siti web, spesso tramite la partecipazione diretta del ricercatore o ricercatrice. Studiare le culture e le forme di interazione che si sviluppano non significa però studiare le persone che vi partecipano. Introduzione ai media digitali 22 2. I media sociali Tra i servizi che dominano il panorama dei media digitali vi è una serie di piattaforme chiamate social network o media sociali (= siti web basati sulla costruzione e sul mantenimento di legami sociali). Negli anni 2000 questi servizi hanno conosciuto un’esplosione che li ha posizionati tra i principali intermediari fra gli individui in rete e con i contenuti della rete. Facebook => social network più grande, ha superato il miliardo e mezzo di utenti attivi LinkedIn => usato in tutto il mondo per mettere in contatto reti professionali Twitter => principale piattaforma di microblogging Badoo => sito di dating Renren => equivalente asiatico di Facebook Instagram => sito dove è possibile condividere fotografie o altre immagini I media sociali sono servizi web che permettono di: o Creare un profilo pubblico o semipubblico secondo le possibilità e i vincoli offerti dalla piattaforma stessa o Costruire una rete di contatti di cui si possono vedere i contenuti e le informazioni dei profili o Creare o aderire a comunità tematiche, gruppi di discussione o reti che non sono strettamente legate alla propria cerchia di contatti In base a questa definizione il primo social network è stato SixDegrees, lanciato negli Stati Uniti nel 1997. Friendster (2003) fu il primo sito con una diffusione di massa. 2003 -> MySpace 2004 -> Facebook; esplose a livello mondiale nel 2006. Se alcuni media sociali sono generalisti (= basati principalmente sulla condivisione di contenuti molteplici), altri sono dedicati a scopi o tipologie mediali specifici. es. Academia.edu => servizio che permette di condividere e commentare articoli e studi; es. YouTube => canali video; es. Foursquare => condivisione della propria posizione. Le piattaforme dei media sociali integrano tipicamente servizi che permettono agli utenti di comunicare in forme non legate soltanto alla pubblicazione di contenuti sulle proprie bacheche o timeline -> chat, instant messaging, telefonia VoIP e sistemi di commenti. I media sociali son competitivi con i motori di ricerca come gatekeeper (= strumenti attraverso i quali gli individui accedono ai contenuti della rete), e con i fornitori di servizi di email per quel che riguarda la messaggistica. Molte di queste piattaforme sono state sviluppate per facilitare l’organizzazione di relazioni sociali intorno a interessi comuni. È stato lo stesso per: o Le prime Bbs -> cresciute grazie ai gruppi che le usavano per discutere di sesso, arte o musica o Indymedia -> piattaforma giornalistica aperta ai contributi degli attivisti durante le manifestazioni di Seattle nel 1999 Facebook => esempio di media sociale in senso stretto. Sviluppato inizialmente per rispondere al bisogno di mettere in connessione gli studenti di Harvard, solo in seguito ha raccolto capitali che lo hanno trasformato in un’impresa commerciale. I social network non sono sempre globali ma spesso si articolano su base territoriale e linguistica. Introduzione ai media digitali 25 La diffusione dei media sociali è la terza forma di relazioni sociali => individualismo in rete Risultato della coordinazione di una grande quantità di opportunità e scelte individuali abilitate dai media digitali. Non ci sono appartenenze egemoni o caratterizzanti, dato che le persone hanno la possibilità di agire attraverso le proprie scelte per definire una serie di riferimenti plurali che le caratterizzano e danno forma alla loro identità complessiva. Studiando le relazioni sociali che si sviluppavano nelle grandi città agli inizi del XX secolo, Simmel evidenzia che le persone costruiscono la propria dimensione identitaria sull’appartenenza a gruppi anche molto differenti tra loro, caratterizzati da codici e norme distinti. D’altra parte un approccio attivo nei confronti della costruzione delle proprie reti di appartenenza è stato enormemente facilitato dalla diffusione dei media digitali, in particolare dai media sociali. Queste interazioni possono avvenire su piattaforme molto diverse tra loro. Internet rende più semplice la proliferazione di gruppi organizzati intorno a interessi o stili di vita comuni, tanto da far parlare di nuove forme di collettivismo in rete dove gruppi di persone, tenuti assieme da legami deboli, riescono a costruire e mantenere reti durevoli ed efficaci. Per sottolineare la differenza verso gruppi che condividono legami più forti, queste forme di socialità sui media digitali sono definite pubblici connessi invece che comunità (implica una forte densità relazionale). Castells ha chiamato queste forme di interazione autocomunicazione di massa => ognuno comunica con il pubblico che lo circonda, generando un’opinione e informazioni comuni. Le forme di interazione di questi gruppi somigliano a quelle di un pubblico caratterizzato da legami comunicativi effimeri, meno duraturi e spesso fra estranei. Pubblico = indica che queste collettività sono meno dense e totalizzanti rispetto alle comunità. I pubblici connessi sono più densi delle reti (rete = termine tecnico che indica un insieme di legami). I pubblici anche se meo denti e meno vincolanti per la costruzione delle identità personali, offrono ai propri membri la possibilità di identificarsi con una causa comune e di ottenere dagli altri membri un riconoscimento del proprio contributo alla causa comune. Le comunità tendono a durare nel tempo conservando gli stessi membri. Uscire dalla comunità può essere difficile. Al contrario, i pubblici connessi possono essere molto più fluidi e transitori. Nelle comunità premoderne l’identità delle persone era dettata dalla tradizione. Nelle associazioni moderne le identità dipendevano in parte dalle scelte individuali e da quelle scelte derivavano regole di comportamento vincolanti. Nell’individualismo in rete, l’identità viene costruita tramite una serie di scelte. La natura debole e poco vincolante del legame che un individuo può intrattenere con un pubblico fa sì che questi legami non siano necessariamente determinanti. L’identità è il risultato complessivo di queste appartenenze. Introduzione ai media digitali 26 Sessualità e pornografia Il sesso è un motore della rete, sia per la capacità di attrarre utenti, sia perché stimola forme di utilizzo nuove e impreviste che hanno guidato in parte i processi di evoluzione tecnologica. Il mercato del sesso, nei soli USA, è valutato intorno ai 10 miliardi di dollari all’anno, anche se ha avuto cali di profitti a causa della pirateria e di nuovi modelli di distribuzione dei materiali pornografici. Le aziende di produzione pornografica hanno contribuito allo sviluppo di nuove tecnologie di streaming video, siti di social network per incontri, tecnologie immersive 3D. Inoltre, l’arrivo del Web collaborativo ha dissolto anche in questo settore i confini tra utente e produttore. Queste nuove forme di produzione e diffusione di pornografia hanno trasformato l’industria dell’intrattenimento sessuale -> sono nati nuovi pubblici che hanno cambiato le convenzioni estetiche del porno. La rete non è solo un nuovo sistema di distribuzione ma contribuisce a ridefinire le forme di espressione anche per culture come quelle queer, gay o femministe che producono attivamente contenuti. Internet è un luogo di costruzione delle identità sessuali e di genere. 5. Reputazione e influenza L’emergere dei pubblici connessi e l’importanza dei media digitali come strumenti di costruzione di relazioni sociali sono intimamente legati a cambiamenti nel modo in cui si forma la reputazione (= giudizio sulle qualità di una persona che viene espresso sulla base di informazioni pubbliche => non è indispensabile conoscere una persona per averne un’opinione) personale degli individui. I media digitali amplificano e trasformano il modo in cui le reputazioni vengono create e alimentate, e forniscono alle persone nuovi strumenti per gestire la propria reputazione. Molti servizi e piattaforme hanno sistemi informatici per calcolare e comunicare la reputazione dei propri membri, che a sua volta ne determina lo status. Questi sistemi si basano su forme di rating (-> gli utenti possono valutare un altro utente attribuendogli un punteggio che ne descriva l’adesione alle norme sociali che permettono il corretto funzionamento della piattaforma). La reputazione: o Garantisce una posizione migliore all’interno del gruppo. o Determina la capacità di un individuo di interagire con un pubblico in modo produttivo, di riuscire a realizzare le sue idee o i suoi propositi, o di vedere prese sul serio le sue opinioni. o Influenza anche il godimento e la soddisfazione che si possono trarre dall’interazione con un determinato pubblico. o Tende a determinare l’intensità dell’interazione di un individuo con un determinato pubblico, e in modo analogo quanto quel pubblico sia importante per la sua identità complessiva La natura comunicativa di questi pubblici e la struttura delle piattaforme dei media sociali fanno sì che l’identità non possa essere semplicemente vissuta ma debba essere anche comunicata. L’individuo crea un brand personale. L’identità diventa quindi una costruzione ragionata e riflessiva destinata a essere comunicata, in particolare sui media sociali. Introduzione ai media digitali 27 Il lavoro di self-branding deve tenere conto di alcune caratteristiche proprie delle comunicazioni sui media sociali: o Persistenza => ciò che viene comunicato sui media sociali e in rete tende a restare nel tempo o Replicabilità dei contenuti => fa sì che comunicazioni avvenute in un ambiente particolare possano essere modificate o combinate con comunicazioni avvenute in un altro ambiente, generando qualcosa di nuovo o Scalabilità => i contenuti possono diffondersi molto rapidamente o Ricercabilità => i contenuti sono facilmente ricercabili, facili da trovare La necessità e le possibilità di maneggiare il proprio brand e le comunicazioni che lo compongono stanno crescendo con il diffondersi di sistemi per la misurazione dell’influenza degli individui. Servizi come Klout o Kred forniscono una stima numerica dell’impatto delle proprie attività di comunicazione sul comportamento di altri individui. Gli algoritmi su cui si basano questi sistemi calcolano le dimensioni del network raggiunto da un individuo e la sua capacità di generare interazioni. Questi sistemi prendono in considerazione l’influenza delle persone che interagiscono con un certo utente. La rilevanza di questi sistemi è discutibile. Tuttavia questi sistemi hanno in alcuni casi un impatto reale sugli individui. Influencer = individui con indici di impatto molto elevati che sono in grado di mobilitare un gran numero di altri utenti grazie alle dimensioni della rete con cui sono in contatto e grazie alle loro competenze sociali e comunicative, come ad esempio i fashion blogger più popolari. Sono risorse cruciali al momento di lanciare una campagna di marketing o una campagna politica. Il legame tra la propria reputazione e influenza online, e la vita professionale accresce l’importanza della gestione del proprio brand. 6. Critiche alla socialità in rete Le forme di socialità basate sui media digitali contemporanei offrono il fianco a molte critiche. Le relazioni in rete tendono ad essere più fredde e meno coinvolgenti -> rispetto alle comunità, i legami che caratterizzano i pubblici online contemporanei sono meno forti e le forme di solidarietà meno vincolanti L’arrivo di nuove tecnologie di comunicazione genera sempre ondate di critica e addirittura di panico morale: o XVIII secolo -> il romanzo veniva accusato di distogliere le giovani donne dai loro ruoli sociali o Anni ’30 del XX secolo -> il jazz ascoltato via radio e cinema avrebbe distrutto la fibra morale delle giovani generazioni o Anni ’60 -> la televisione era accusata di distruggere le comunità e le culture tradizionali o Anni ’80 -> le videocassette venivano incolpate di generare nuovi livelli di violenza gratuita o Anni ’90 -> lo stesso timore che, negli anni ’80, si provava per le cassette, venne traslato ai videogiochi Sexting = scambio di messaggi o immagini dal contenuto sessuale esplicito -> ha creato ansia rispetto al ruolo di servizi come Snapchat. Proprio a causa della tecnologia, queste paure si concentrano sui casi isolati di violenza all’interno di milioni di interazioni perfettamente accettabili. Il tecnopessimismo, quindi, non è una novità. Introduzione ai media digitali 30 valutazione => in questo modo il rating produce informazione affidabile e annulla l’effetto di recensioni o voti scorretti. L’esplosione del Web collaborativo non è soltanto una questione tecnologica. Il pubblico riceve passivamente i messaggi veicolati dai media broadcast si trasforma in una pluralità di pubblici attivi che non si limitano a esercitare una scelta rispetto ai contenuti di cui vogliono fruire, ma partecipano in prima persona alla loro produzione -> diventano così prosumer (= produttori/consumatori) Anche le comunità di fan sono state l’oggetto di studi importanti sul cambiamento del sistema dei media, una caratteristica delle culture partecipative espresse dai fan è il coinvolgimento emotivo molto forte nei confronti del prodotto mediale cui fanno riferimento. La partecipazione attiva dei fan può costruire un problema per le aziende dell’industria culturale -> la gestione del copyright può diventare un fattore cruciale: i fan non accettano una gestione rigida del diritto d’autore e si sentono spesso autorizzati a violarlo in nome del diritto a elaborare e raccontare storie legate al prodotto culturale originale. Star Wars Uncut = è un rifacimento del primo film della serie Guerre Stellari. La sua particolarità è che è stato prodotto suddividendo il film originale in piccoli spezzoni di 15 secondi ciascuno, e chiedendo poi ai fan di girare la scena in qualsiasi modo. Questo progetto, indipendente d George Lucas ma tollerato dal punto di vista del copyright, è un ottimo esempio di convergenza tra nuove forme di cooperazione online e il pubblico di un contenuto culturale. Del resto, oltre a fidelizzare i fan e a rappresentare una forma di marketing, questo tipo di flessibilità può fornire alle aziende un bacino di informazioni e creatività da sfruttare a proprio vantaggio. Se alcune aziende scelgono approcci flessibili e permissivi, altre assumono invece atteggiamenti proibizionisti e cercano di reprimere chi usa o rielabora i contenuti in forma non autorizzata. Le industrie culturali cercano di sfruttare il fenomeno con piattaforme private che incanalano la creatività diffusa per incentivare la produzione di contenuti e informazioni che possono poi essere incorporati nei loro prodotti. Il copyright assume un ruolo di modulatore della partecipazione, ed è usato per controllare i contenuti prodotti dai fan. 2. Il dilemma della partecipazione L’uso della parola “partecipazione” è stato visto come problematico. Nella teoria politica moderna, il concetto di partecipazione sottintende una distribuzione del potere verso i cittadini tramite processi decisionali democratici e relazioni di potere egualitarie. Se accettiamo questa prospettiva ci accorgiamo però che gli utenti contribuiscono solo marginalmente ai processi decisionali, e quindi che le forme di collaborazione gestite delle industrie culturali o dalle grandi imprese del Web non sono pienamente partecipative. L’abilità di accedere all’informazione tramite i media digitali è differente dalla possibilità di interagire per scambiare contenuti; forme di partecipazione caratterizzano invece servizi come Wikipedia, i cui utenti possono decidere almeno parzialmente l’evoluzione dell’enciclopedia, o le piattaforme digitali strettamente politiche come quelle usate dai partiti per organizzare i propri militanti. Introduzione ai media digitali 31 Vi sono dei fattori che determinano la differenza tra semplice condivisione o produzione di contenuti da parte degli utenti e forme di collaborazione in cui si può parlare di vera e propria partecipazione a un progetto collettivo: o Intenzionalità => i partecipanti sono consapevoli di prendere parte a una collaborazione e hanno obiettivi condivisi oppure i contenuti da loro creati vengono aggregati o gestiti da altri? o Controllo delle modalità => gli utenti possono mettere in discussione le regole della partecipazione oppure le accettano passivamente? o Proprietà => chi possiede il frutto della collaborazione e ne ricava un profitto? o Accessibilità => chi può partecipare e come? o Uguaglianza => ci sono delle gerarchie oppure tutti i partecipanti hanno lo stesso peso nei processi decisionali? “Piattaforma” = spazio aperto, sopraelevato e orizzontale su cui salire. Le imprese del Web tendono a definirsi piattaforme non solo per descrivere il proprio funzionamento dal punto di vista tecnologico, ma anche per ribadire l’apertura di questi servizi agli utenti, che possono usarli per produrre o condividere contenuti creati da loro stessi -> funzionale agli obiettivi economici delle imprese che li gestiscono. Creatività e partecipazione ai processi di produzione collettiva online fanno però parte di un’ideologia alimentata a scopi commerciali. Le strategie economiche si basano sullo sfruttamento dei contenuti prodotti dagli utenti. Questi servizi si basano sulla retorica di neutralità per evitare di essere ritenuti responsabili per eventuali contenuti illegali pubblicati dagli utenti. Le piattaforme che si basano sulla partecipazione collettiva degli utenti in rete rendono quindi possibili nuove forme di cooperazione che possono essere messe in atto per fini non commerciali da masse di individui connessi, ma che possono anche essere sfruttate dalle imprese. Viene messa in discussione l’idea che le tecnologie aperte e collaborative del Web garantiscano di per sé lo sviluppo di forme di cooperazione democratiche, anche se proprio le caratteristiche di apertura di servizi come Wikipedia permettono alle minoranze di intervenire per contrastare forme di discriminazione. 3. Dal software libero al peer-to-peer Il successo delle pratiche di cooperazione in rete, ha imposto all’attenzione delle scienze sociali la produzione peer-to-peer (= P2P; produzione sociale basata sui beni comuni, forma di produzione affidata alla libera collaborazione di individuo online). Si parla di “gestione orizzontale” -> le decisioni non sono prese da una struttura verticale, ma con la partecipazione di tutti gli utenti. Il caso più conosciuto è quello del free software o software libero, e in particolare del sistema operativo Gnu/Linux creato inizialmente dalle comunità di hacker nordamericane ed europee. Il software libero, nato alla fine degli anni ’80 da un’intuizione di Stallman, è basato su licenze che permettono a chiunque di usarlo, modificarlo e redistribuirlo. Inoltre, mette a disposizione di chiunque il suo codice sorgente (= testo del programma scritto nel linguaggio di programmazione) -> permette agli utenti di usare un programma, di studiarlo ed eventualmente modificarlo. Introduzione ai media digitali 32 Questi programmi sono soggetti a specifiche licenze. Per spiegare il significato della definizione di free software Stallman ha usato lo slogan free as in free speech, not as in free beer => “free” nel senso della libertà di parola, non nel senso di birra gratis. Il free software può essere gratuito oppure a pagamento, ma è libero perché si basa su una concezione liberale del diritto di parola. Secondo Stallman, un software libero deve garantire quattro “libertà fondamentali”: 1. Libertà 0 => eseguire il programma, per qualsiasi scopo 2. Libertà 1 => studiare come funziona il programma e modificarlo in modo da adattarlo alle proprie necessità 3. Libertà 2 => redistribuire copie in modo da aiutare il prossimo 4. Libertà 3 => migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti apportati dall’utente Anni ’70 -> il sistema operativo Unix circolava liberamente ed era aperto alla collaborazione. Dal 1984 -> le scelte commerciali AT&T cambiarono radicalmente. Unix venne “chiuso” e si pose un freno alla libera circolazione del suo codice sorgente. Stallman cominciò a lavorare a un sistema operativo simile a Unix ma basato sui principi di condivisione dell’etica hacker. Nasce così Gnu (= Gnu in Not Unix). Contemporaneamente si dedicò alla scrittura di licenze che traducono in termini legali gli ideali iscritti nelle libertà fondamentali del free software e impediscono la privatizzazione e la “chiusura” di Gnu -> General Public License (Gpl), da cui derivano altre licenze che costituiscono il cosiddetto copyleft. Anni ’90 -> Linus Torvalds sviluppa un nuovo kernel (= parte molto importante del sistema operativo) per Gnu e lancia il progetto Gnu/Linux => coinvolse centinaia di membri della comunità hacker nel debugging (= ricerca di problemi da risolvere). Prodotto flessibile e concorrente diretto di sistemi operativi sviluppati da grandi multinazionali come Microsoft. Nel corso degli anni gli sviluppatori che lavorano come volontari alla programmazione di prodotti basati su Gnu e Linux sono diventati migliaia, dando vita a decine e decine di progetti tramite il sistema del forking: le licenze Gpl usate per proteggere il software libero permettono a chiunque di “deviare” dal progetto originario e lavorare a una propria versione senza dover ripartire da zero. Dai forking nascono progetti come Debian o Ubuntu (= i due sistemi operativi più diffusi basati su Linux). La storia e il funzionamento di Gnu e Linux vengono presi spesso a esempio delle forme di cooperazione online per diversi motivi: o I sistemi operativi basati su questi programmi competono con i sistemi operativi sviluppati secondo logiche proprietarie e organizzative tradizionali o Il software libero ha dimostrato l’esistenza di una nuova forma di cooperazione mediata dalle tecnologie digitali o La licenza Gpl ha creato nuove forme di proprietà intellettuale Il software libero è un esperimento sociale, è un esempio dell’emergere di nuove forme di cooperazione in cui masse di individui partecipano volontariamente alla produzione di tecnologie, contenuti o informazioni che non hanno uno scopo commerciale. Introduzione ai media digitali 35 dimostrato in grado di competere con i costosi supercomputer utilizzati normalmente per questo tipo di calcoli. Supercomputer distribuiti come SETI@home sono stati il modello per evoluzioni commerciali più recenti come il cloud computing = computer virtuali che usano il potere di calcolo di processori fisicamente separati o persino a grandi distanze tra loro, es. “nuvole” di Amazon o Google, fatte da migliaia di processori connessi tra loro nei data center di queste aziende. L’open source è divenuto anche uno strumento per raccogliere innovazioni sviluppate dall’esterno dell’azienda. Le imprese dei media digitali “aprono” parte del loro sistema di innovazione e sviluppo al contributo degli utenti della rete => fenomeni di crowdsourcing (= esternalizzazione di un processo produttivo non ad altre imprese ma alla “folla”) -> permettono di risparmiare denaro e raccogliere suggerimenti e idee. Nel settore dei media digitali un esempio economicamente importante è rappresentato dalle forme di telefonia mobile. L’ascesa di Apple e del suo IPhone negli anni 2000 è dovuta in parte alla decisione di permettere a chiunque di sviluppare applicazioni secondarie da installare nel sistema operativo iOS. Apple mette a disposizione il proprio kit di sviluppo delle applicazioni che, però, vengono controllate dall’azienda tramite il suo sistema di vendita, l’Apple Store. La risposta di Google è stata lo sviluppo di Android (= sistema operativo gratuito e basato su Linux). Le forme di innovazione e produzione basate sull’open source si sono espanse e diffuse anche alla produzione di oggetti materiali, es. telefoni cellulari, automobili, ricerca biologica, design della moda. L’esempio più noto di hardware open source è Arduino (= scheda open source dotata di un circuito stampato e un controller che può essere collegato a un personal computer e ad altri hardware), rilasciato sotto licenza Creative Commons. Chiunque al mondo può scaricare lo schema dei componenti necessari per costruirlo e produrre cloni di Arduino o progettarne versioni modificate. La partecipazione di diverse comunità e aziende ha reso Arduino uno standard di fatto nel mondo dell’hardware open source. Un ulteriore passo dell’open source è quello “dai bit agli atomi” = dalla produzione di informazione a quella di oggetti materiali, es. stampanti 3D -> permettono di riprodurre oggetti materiali disegnati al computer o scaricati dalla rete: un processo che si chiama fabbricazione digitale. Queste stampanti utilizzano i file 3D dividendoli in sezioni trasversali che poi stampano una sull’altra con filamenti di plastica fino a dar forma all’oggetto finale. Possibilità che la fabbricazione digitale distribuita rappresenti, in futuro, la base di un nuovo modello di produzione industriale. Introduzione ai media digitali 36 Pirateria e innovazione La pirateria (= attività di copiatura e distribuzione illecita di contenuti digitali) è uno dei fenomeni che hanno modificato l’industria culturale e le leggi sui diritti di proprietà intellettuale. Dagli anni ’90 strumenti come le reti di file sharing hanno reso più semplice e globale lo scambio di file => quantità enorme di contenuti copiati illecitamente. Il contrasto alla pirateria viene attuato con nuove tecnologie anticopia come i Drm (-> inseriti nei supporti digitali) oppure con documenti legislativi. Provvedimenti come il Copyright Term Extension Act statunitense hanno esteso il copyright fino a 120 anni dopo la creazione di un’opera o a 95 anni dopo la sua pubblicazione -> legge soprannominata Mickey Mouse Protection Act perché la sua approvazione ha prolungato i diritti esclusivi su Topolino detenuti da Disney. Lo stesso è avvenuto con accordi transazionali che hanno esteso la portata e la durata dei brevetti. Provvedimenti di questo tipo sono accusati di favorire la rendita di posizione detenuta da chi possiede portafogli importanti di proprietà intellettuale. “Remix culture” = forma di produzione culturale che incoraggia il taglia e cuci di prodotti esistenti. Lo sviluppo di questa cultura si basa sullo sfruttamento di esenzioni dal copyright o sulla pirateria, in modo da poter prendere a prestito, modificare e rimescolare il lavoro di artisti precedenti. Shanzay economy = rete di produttori cinesi di telefoni cellulari shanzai (= pirata) caratterizzati dal basso prezzo, dalla flessibilità del design e dall’assenza di protezione dei diritti di proprietà intellettuale o di strategie open source formalizzate. Fenomeno basato su piccole fabbriche che producono singoli componenti come chip o batterie che poi vengono assemblati in iPhone o Kindle da altre imprese. I telefoni shanzay prodotti in Cina venivano venduti nei mercati di strada; erano poco costosi, funzionali e legati ad un’estetica pop, che giocava ironicamente con i canoni stilistici della cultura globale. Introduzione ai media digitali 37 Le istituzioni della rete aperta I processi di collaborazione in rete sono garantiti da una serie di infrastrutture tecnologiche, ma dipendono anche dalla disponibilità di informazione accessibile e da un quadro legale e politico favorevole. Alcune di queste caratteristiche sono al centro dell’attività di una serie di istituzioni non profit che sostengono il carattere di apertura e democraticità del Web. Spesso queste organizzazioni sono guidate da personaggi provenienti dalle culture hacker. Esse promuovono una visione utopica della rete come strumento di democratizzazione e progresso sociale. La Electronic frontier foundation di San Francisco si occupa della tutela delle libertà civili in relazione alle reti o “cyber rights” e molte sue campagne riguardano il diritto alla privacy. Wikimedia foundation, con sede a San Francisco, possiede e gestisce l’enciclopedia online Wikipedia e ne garantisce l’infrastruttura tecnologica. Inoltre gestisce altre raccolte di contenuti rilasciati in forma libera, es. Wikiquote La Free software foundation, fondata a Boston da Stallman nel 1985, promuove la diffusione del software libero. L’Internet archive è una biblioteca digitale con base a San Francisco che ha lo scopo di fornire “accesso universale alla conoscenza”. Dal 1996 si occupa di digitalizzare i prodotti culturali, renderli accessibili online e preservarli per le generazioni future. La P2P foundation, con sede ad Amsterdam, si occupa di studiare l’impatto delle tecnologie e organizzazioni peer-to-peer e il loro ruolo nella transizione verso nuove forme di economia. 5. Il valore nell’economia della condivisione Secondo alcuni autori il P2P: o Metterebbe nelle mani dei lavoratori i mezzi di produzione insieme alla possibilità di controllare gli input e gli output del processo produttivo -> favorirebbe la redistribuzione di ricchezza creata al di fuori delle forme di sfruttamento e proprietà privata del capitalismo. o Rappresenterebbe un aumento di autonomia e libertà individuale grazie ad alcuni fattori: Al controllo esercitato dagli utenti Alla dissoluzione di gerarchie Forme decisionali orizzontali Maggiore flessibilità Forme di democrazia basate su piattaforme collaborative o Risponderebbe a obiettivi di sviluppo, mettendo a disposizione dei paesi più poveri nuove risorse informazionali Il software libero e altre forme di produzione peer-to-peer si sono diffuse in settori cruciali dell’economia dell’informazione e hanno avuto una forte influenza culturale e politica in molte sfere delle società contemporanee; ma non hanno scalzato i processi produttivi di tipo commerciale che rispondono a logiche di mercato e si basano su forme proprietarie di gestione dell’informazione. Google usa Linux all’interno del suo sistema operativo Android ma ne privatizza i benefici economici. Pur non essendo retribuiti, gli individui che collaborano a progetti commerciali basati sull’aggregazione di contenuti creati dagli utenti, fornirebbero all’azienda forza lavoro a costo zero ogni volta che postano una foto o un commento => profitti per l’azienda stessa. Introduzione ai media digitali 40 L’effetto principale della rete è la nascita di un sistema mediatico molto più complesso e diversificato, accessibile da attori non commerciali e non statali, decentrato e distribuito. La transizione verso una sfera pubblica di rete si basa su diverse caratteristiche dei media digitali: a. Accessibilità => il costo dell’apertura di un canale di comunicazione, così come della produzione e distribuzione dell’informazione stessa, si è abbassato al punto di diventare quasi nulla. b. Struttura distribuita => da un’architettura di tipo centralizzato tipica dei mass-media commerciali, all’architettura distribuita e non gerarchica della rete, nella quale tutti i nodi hanno pari dignità e l’informazione può spostarsi da uno all’altro senza bisogno di passare per un nodo centralizzato di distribuzione. Questi strumenti facilitano il dibattito tramite sistemi di commenti, rating e condivisione. c. Commistione tra pubblico e privato => la partecipazione alla vita pubblica è espressa tramite la condivisione di contenuti personali attraverso i profili privati sui media social. In questo modello, l’agire collettivo si basa sulla condivisione di identità e le reti di relazioni personali piuttosto che sull’adesione a ideologie politiche. d. Sorveglianza => la maggior parte delle attività che avvengono in rete sono sottoposte a una sorveglianza sistematica. Infatti le imprese del web e i governi raccolgono informazione sulla maggior parte delle comunicazioni digitali o ne conservano copie. I pubblici della rete sono sottoposti a un controllo diffuso, continuo e sistematico. In questi ambienti di interazione comunicativa i pubblici in rete producono e condividono l’informazione in contesti diversi da quelli faccia a faccia. Una piattaforma come Twitter, è paradigmatica di questo fenomeno -> permette ai singoli utenti di aprire dei microblog (= 140 caratteri) e favorisce la nascita di pubblici temporanei grazie al sistema degli hashtag (= parole chiave che gli utenti inseriscono nei propri post). Alcuni tipi di pubblici, infine, non si limitano a produrre e distribuire informazione, ma intervengono attivamente su tutti i livelli dell’ambiente digitale. Kelty definisce pubblici ricorsivi quei gruppi di individui che producono e mantengono le piattaforme che utilizzano per produrre attivamente informazione e conoscenza. Castells parla della capacità di riprogrammare le reti di comunicazione, come una delle attività cruciali per il successo dei movimenti sociali. L’attivismo dei pubblici è reso possibile dall’emergere di un ambiente digitale di rete ricco d’informazione cui attingere e di strumenti di comunicazione connessi, interattivi e ad accesso pressoché universale (-> computer in rete e i servizi di pubblicazione). Questi cambiamenti incidono su molti aspetti della sfera comunicativa della società dell’informazione. 2. La sfera pubblica Grazie ai media digitali un numero sempre maggiore di persone ha la possibilità di partecipare direttamente al sistema dei media, aumentandone il grado di pluralismo. Le piattaforme e le pratiche del web partecipativo cambiano in profondità il ruolo degli intermediari dell’industria culturale. Posizioni di rendita e di privilegio vengono scalfite a favore di un allargamento della platea di chi può accedere alla produzione di informazione. I cambiamenti nella distribuzione delle risorse e nell’accesso alla produzione e distribuzione di informazione che sono resi possibili dalla diffusione dei media digitali sono alla base di quelle che Yochai Benkler chiama “sfera pubblica in rete” (= luogo dove le persone si incontrano per discutere nelle società moderne). Non nasce con i media digitali ma, con essi, viene trasformata in profondità. Introduzione ai media digitali 41 Hanna Arendt ha definito la sfera pubblica come il luogo dove è possibile radunarsi e agire insieme per negoziare le regole di vita comune. Sistema aperto che può essere utilizzato in modo flessibile. Habermas colloca nel XVIII secolo l’emergere di una sfera pubblica nel mondo occidentale, indipendente dai poteri statali e religiosi, e fondata sul sistema dei media basati sulla stampa e su luoghi di ritrovo e lettura come i caffè. Gli individui sono liberi di criticare ed elaborare temi politici senza subire la direzione dell’autorità => formazione dell’opinione pubblica, cruciale per il funzionamento della democrazia e per la legittimazione del potere politico. Mass-media indipendenti dal governo e dai partiti contribuiscono a creare una sfera pubblica critica e a controllare l’operato del potere stesso. Tuttavia, la concentrazione di potere nelle mani dei produttori di informazione (= quarto potere) fa sì che i mass-media controllino come colli di bottiglia il flusso di informazione, con la possibilità di filtrarlo e dirigerlo secondo scopi particolari. Inoltre, la loro indipendenza dal controllo governativo corrisponde di norma all’aumento dell’influenza degli interessi economici degli inserzionisti. I media digitali hanno trasformato il funzionamento della sfera pubblica, pur preservandone alcune dinamiche cruciali. La rete permette di diversificare le fonti dell’informazione. La sfera pubblica in rete può essere guidata dagli interessi di gruppi di utenti e non solo da singoli punti di controllo. Gli individui possono abbandonare la passività politica che caratterizza le società dominate dai mass-media tradizionali, e prendere parola in prima persona nel dibattito pubblico. La sfera pubblica in rete fornirebbe un bacino più ampio di raccolta di informazioni e un filtro più partecipato e aperto all’attività dei singoli individui. Disintermediazione = aumento di indipendenza da figure professionali che hanno storicamente un ruolo di intermediarie tra il pubblico e l’informazione. Trasformazioni del mondo, della produzione e della distribuzione di informazioni. La disponibilità di strumenti per pubblicare contenuti di uso semplice e accessibile a chiunque ha reso possibile la nascita di fenomeni di produzione di informazione (= news) di nuovo tipo, che hanno arricchito l’ecologia dei media. Citizen journalism = produzione e distribuzione di notizie da parte di individui che non sono giornalisti professionisti e attraverso canali alternativi a quelli delle istituzioni comunicative broadcast. Blog = uno degli strumenti principali per produrre notizie. Indymedia = sito di informazione nato durante le mobilitazioni contro l’Organizzazione mondiale del commercio avvenute a Seattle nel 1999, piattaforma per la pubblicazione di contenuti informativi da parte degli utenti. Gli stessi giornali tradizionali si sono adattati al cambiamento in atto, aprendo edizioni online in cui non solo cambia lo strumento utilizzato, ma l’interazione con i lettori è al centro dell’attività comunicativa. Anche il ruolo dei giornalisti professionisti è cambiato -> tramite l’uso di piattaforme commerciali come Twitter, i singoli giornalisti possono avere una visibilità paragonabile a quella dei giornali per cui scrivono. Introduzione ai media digitali 42 Una delle funzioni principali dei giornali è il gatekeeping (= potere di selezionare quali notizie raggiungeranno il pubblico e quali no). È cambiato anche il ruolo dei mass-media tradizionali come detentori del potere di agenda setting (= capacità di dettare l’agenda del dibattito pubblico scegliendo le notizie e i temi di cui si parlerà). Le notizie rilevanti possono emergere tramite diffusione dai media sociali o dai blog minori a quelli più linkati e importanti, fino a raggiungere le grandi testate online o i mass media. La sfera pubblica garantisce i filtri di attendibilità e rilevanza. WikiLeaks = piattaforma nata nel 2006 per la pubblicazione di leak (= “perdite” o “fughe” di notizie, che hanno un ruolo importante nella ridefinizione della sfera pubblica in rete). È un’organizzazione non profit internazionale basata su un sistema di raccolta di documenti coperti da segreto di stato o industriale che le persone possono fornire in forma anonima grazie a sistemi di criptazione. L’organizzazione si occupa poi di verificare l’autenticità dei documenti e di pubblicarli mantenendo l’anonimato delle sue fonti e allo scopo di portare alla luce “comportamenti non etici di governi e aziende” => aumentare la trasparenza dei governi e delle imprese tramite una forma di controllo del loro operato messa in atto da tutti gli utenti della rete. WikiLeaks ha raggiunto la notorietà grazie alla pubblicazione di documenti riservati appartenenti ai governi dei paesi occidentali. Per diffondere queste moli enormi di informazioni, WikiLeaks ha operato in collaborazione con alcuni importanti quotidiani come “The Guardian”, “New York Times” e “Der Spiegel”. L’organizzazione ha subito censure e tentativi di boicottaggio o chiusura; operatori bancari hanno bloccato i flussi di denaro verso WikiLeaks, rendendo difficile il suo modello di finanziamento basato sulle donazioni provenienti dalla rete. Alcuni politici chiesero pubblicamente l’assassinio del fondatore e principale esponente, Julian Assange. WikiLeaks ha ricevuto premi legati alla libertà di espressione e sono nate iniziative giornalistiche simili. “Panama papers”, 2016 => vennero fuori dei documenti riservati provenienti da una finanziaria basata a Panama che forniva servizi per depositare capitali di conti offshore in paradisi fiscali in modo da sottrarli al fisco dei paesi d’origine -> coinvolti capi di stato e politici. Esempi come il citizen journalism o WikiLeaks non bastano però a decretare la democraticità della sfera pubblica in rete. Papacharissi sostiene che la rete è uno spazio pubblico altamente privatizzato, più che una sfera pubblica compiuta. Dean parla di capitalismo comunicativo per descrivere un sistema di appropriazione basato su una parvenza di sfera pubblica che è in realtà soggetta a sfruttamento e controllo da parte proprio da parte degli attori che creano gli spazi di partecipazione in rete (-> aziende del Web). Le interazioni all’interno della sfera pubblica in rete avvengono su piattaforme digitali. Tramite algoritmi che reggono le piattaforme digitali, le grandi aziende del Web decidono le forme di interazione in rete e ne ricavano profitti => nuove forme di gatekeeping di tipo monopolistico. Ricerche sui blog effettuate negli anni ’90 hanno dimostrato che la cosiddetta blogosfera era caratterizzata da fenomeni opposti come l’omofilia -> i blog tendono cioè a linkare fonti di informazione del proprio campo politico, riducendo così la diversità e il confronto tra idee. Anche gli ostacoli tradizionali alla realizzazione di una sfera pubblica borghese compiutamente democratica, restano fortemente radicati negli spazi di discussione in rete. Introduzione ai media digitali 45 Questi esempi potrebbero segnalare che stiamo assistendo all’emergere di strutture organizzative che potrebbero in futuro assicurare un dibattito democratico vivace e dinamico anche nell’epoca della sfera pubblica in rete. 4. I movimenti sociali Se il potere politico risiede nella capacità di programmare le reti, i movimenti che vogliono contrastare quel potere o agire per il cambiamento sociale devono basare la propria azione sul tentativo di riprogrammare le reti => utilizzarle per comunicare i propri contenuti e i propri valori modificandone lo scopo originario o trovando nuovi modi per sfruttarne le caratteristiche tecnologiche e sociali. I media che permettono la cooperazione online e i social network garantiscono maggiori possibilità di agire in autonomia, sono versatili e interattivi, non sostituiscono il ruolo dei media broadcast ma, piuttosto, vi si sovrappongono. I media digitali hanno effetti sulla partecipazione politica, poiché la rete abbassa i costi dell’accesso alla politica attiva e ne influenza le forme. Le modalità di partecipazione politica sono spesso basate sulla condivisione di contenuti personali sulle piattaforme sociali -> forma di attivismo politico detta azione connettiva (-> ha sostituito le forme classiche di azione collettiva. La commistione di pubblico e privato che caratterizza le interazioni sui media sociali, sarebbe alla base dell’emergere di nuovi movimenti a partire dalla fine degli anni 2000. I movimenti sociali sono sempre stati sperimentatori e innovatori nel campo dell’azione politica tramite i media digitali o Il movimento zapatista messicano ha creato una rete di sostegno globale grazie all’uso di media online indipendenti. o La creazione di un sistema informativo basato sui media digitali commerciali e alternativo a quello gestito dalle dittature, è stata una delle armi principali nelle mani dell’opposizione in Medio Oriente => Twitter Revolution, in Iran, nel 2010 => “Primavera Araba” -> ha investito i paesi del Maghreb nel 2011 o Popolo viola, in Italia -> organizzato su Facebook e promotore nel 2009 del No Berlusconi Day o Movimento 15M nello stato spagnolo o Occupy Wall Street, negli Stati Uniti, nel 2011 La maggior parte degli utenti si limita a mettere in campo attività di slacktivism (= postare commenti o foto di significato politico sui propri profili oppure firmare petizioni online o aderire a gruppi che sostengono una causa. => Attività che richiedono un investimento minimo e che non portano ad alcun risultato in termini di cambiamento sociale o influenza sui processi decisionali della politica. I media digitali si rivelano non sostitutivi delle mobilitazioni di piazza o di altre forme di attivismo, quanto piuttosto al servizio della riappropriazione dello spazio pubblico da parte dei movimenti sociali; non sono sufficienti a creare mobilitazioni di massa, ma sono utili per far viaggiare rapidamente le informazioni. I movimenti sociali si basano su una combinazione di presenza online e offline => è l’esperienza di stare fisicamente insieme in piazza a fornire la motivazione affettiva necessaria perché le persone si mobilitino effettivamente. Le tecnologie mobili contribuiscono in forma determinante all’evoluzione di queste forme di organizzazione politica online. Questi fenomeni sono stati studiati per il loro effetto sui movimenti sociali. o Rheingold ha chiamato smart mob i gruppi di utenti della rete che coordinano comportamenti collettivi tramite l’uso di dispositivi mobili. o Castells li ha definiti “comunità insorgenti istantanee” Introduzione ai media digitali 46 I media digitali sono in grado di mettere in atto dei processi identitari che possono essere utilizzati per dar vita a nuove forme di organizzazione non gerarchica e in grado di coinvolgere cittadini che non facevano parte di partiti o gruppi politici ma che avevano la possibilità di scambiarsi informazioni in tempo reale grazie alla connessione a distanza, es. le proteste conto l’Organizzazione mondiale del commercio a Seattle nel 1999, le proteste del “movimento degli ombrelli” a Hong Kong nel 2014. Le ricerche sui movimenti sociali emersi a partire dalle occupazioni in piazza del 2011 hanno contestato l’idea che i movimenti basati sulla rete corrispondano a forme di organizzazione non gerarchiche, spontanee o “liquide”. Piuttosto si tratterebbe di movimenti che creano nuove forme di potere e metodi decisionali -> gruppi che riuniscono persone dotate di capacità politiche e tecniche, definiti “avanguardie digitali” poiché dotate della capacità di dirigere almeno parzialmente la direzione presa dall’azione collettiva del movimento. Gli stessi movimenti, tuttavia, si percepiscono e si definiscono in pubblico come privi di leader, essendo questi ruoli politici non immediatamente visibili. I media digitali permettono anche l’emergere di movimenti che fondano la propria attività esclusivamente sulle reti, es. rete di hacker Anonymous, nata nel 2013 (= rete senza centri di controllo, un brand che può essere usato da chiunque si riconosca nei suoi ideali. Vi è un immaginario anarchico e di critica del potere politico e finanziario riconoscibile dall’uso della maschera di V for Vendetta. Diventato famoso per le azioni spettacolari, basate su attacchi informatici che rendono inagibili i siti presi di mira, es. PayPal, MasterCard e Visa, per vendicare le misure prese da queste aziende nei confronti di WikiLeaks. È basato su una rete di centinaia di membri che lavorano nell’anonimato e non si incontrano mai di persona ma comunicano su reti Irc, una forma di chatroom anonima.) Il rilievo assunto da Anonymous a livello globale sottolinea l’importanza politica delle competenze informatiche e comunicative possedute dagli hacker. La primavera araba 17 dicembre 2010 -> Bouazizi si diede fuoco in pubblico per protestare contro il regime del presidente Ben Ali. -> Inizio della Primavera Araba (= sollevazioni popolari che hanno rovesciato i regimi autoritari in Tunisia, Egitto e Libia, e hanno scatenato conflitti violenti in Siria, Yemen, Bahrain e in altri paesi in Medio Oriente). Introduzione ai media digitali 47 Molti dei partecipanti ai movimenti e alle azioni che hanno dato vita alla Primavera Araba utilizzavano le piattaforme dei media sociali come simbolo di democrazia e libertà. Questi eventi hanno creato un dibattito sul ruolo dei media digitali e nei movimenti sociali esplosi nel 2011. Le posizioni più estreme sostengono che furono i media sociali come Twitter e Facebook a causare la protesta, così come quelle successive alle elezioni iraniane del 2009 -> si è arrivati a parlare di Twitter Revolution. La Primavera Araba ha radici complesse: Crescita del livello dell’educazione di alcune fasce della popolazione Divario crescente fra aspettative e possibilità di realizzarle Promesse non realizzate di transizione verso sistemi politici più democratici in Medio Oriente. I media sociali sono un mezzo per la mobilitazione rapida delle persone e sono usati per comunicare in modo virale, sono una fonte di informazione alternativa. La pagina Facebook “Siamo tutti Kahled Said” ha coinvolto migliaia di giovani egiziani creando alcuni dei presupposti per la rivolta del 2011. I tweet durante le rivolte in Iran nel 2009 erano in inglese, e quinti diretti a osservatori al di fuori del paese. I media sociali rappresentano un forum in cui l’opinione di un movimento può articolarsi rapidamente. I maggiori eventi che hanno caratterizzato la rivoluzione in Egitto sono stati preceduti da discussioni e decisioni prese su Facebook. 5. Sorveglianza e controllo Le reti sono caratterizzate da uno stato di “partecipazione passiva” -> le informazioni prodotte vengono utilizzate da attori e per scopi al di fuori del loro controllo. Qualsiasi attività in rete lascia delle tracce che vengono raccolte e monitorate. Questa forma di partecipazione passiva è creata da due processi distinti ma legati tra loro: 1. Cattura dei dati => regime di controllo che usa le informazioni estratte dall’analisi dei comportamenti e delle interazioni in rete per aumentare l’efficienza delle forme di produzione tipiche delle aziende del Web. Permette di modificare l’esperienza mediale degli utenti 2. Sorveglianza => raccolta dei dati da parte di attori pubblici o privati al fine di controllare il comportamento degli individui. Avviene in forma segreta e non percepibile Anni ’70 -> Foucault ha descritto la nascita nell’era moderna della “società disciplinare” (-> pervasività di istruzioni dedicate a osservare il comportamento dei cittadini per normalizzarlo); usa l’esempio del panopticon (= carcere ideato da Bentham, permette a una sola persona di controllare tutti i detenuti che sono sempre visibili ma non sono in grado di sapere se sono osservati). Tuttavia la società disciplinare moderna analizzata da Foucault si basava sul controllo dei singoli individui all’interno di istituzioni. Deleuze -> nell’era contemporanea è avvenuto il passaggio a una “società del controllo” (-> il potere è esercitato tramite un controllo continuo e istantaneo della popolazione. 2013 -> Snowden ha rivelato l’esistenza di programmi segreti di spionaggio messi in campo dalla National Security Agency (Nsa. Organismo governativo Usa) => i governi occidentali gestiscono sistemi di Introduzione ai media digitali 50 o Sistemi di welfare o Equilibri della globalizzazione economica e finanziaria o Il lavoro e il consumo sono mutati in profondità o Nuove forme di lavoro creativo e della conoscenza o Nuovi ceti di lavoratori dei servizi o Il confine tra produzione e consumo è sfumato o Le differenze di accesso ai media digitali a livello globale 1. I modelli economici del web Internet e i media digitali hanno una grande rilevanza economica. Questo mercato sostiene le economie dei paesi produttori di componenti e hardware, e dei paesi che gestiscono i processi di innovazione e marketing. Sui media digitali si basa un’economia sviluppata direttamente dalla rete, in termini di servizi venduti o di mercato pubblicitario. Con la diffusione di massa dell’accesso a Internet avvenuta nella seconda metà degli anni ’90 si sono scatenate ondate di investimenti e sono sorti nuovi modelli economici che sostengono le imprese del Web. Innovazioni tecnologiche => nuove possibilità e nuovi vincoli alle imprese che producono informazione, obbligate a modificare i propri modelli di produzione, distribuzione e finanziamento. Coda lunga = massa di opportunità marginali che con i media digitali diventa possibile gestire. Amazon realizza gran parte dei suoi guadagni vendendo poche copie ciascuno di moltissimi libri che rappresentano la “coda” del mercato e non la sua vetta. Anche se ognuno di questi titoli ha vendite piuttosto marginali, il loro insieme costituisce una massa tale da contribuire sostanzialmente ai guadagni dell’azienda. Il successo della coda lunga per le società online dipende dal fatto che Internet facilita la scoperta e l’integrazione di informazioni. Amazon riesce a svolgere il lavoro di centinaia di piccole librerie, che devono sopportare ceti amministrativi elevati e non hanno lo spazio fisico per immagazzinare le migliaia di titoli pubblicati ogni anno, ma devono invece selezionare solo quelli che vendono più copie. L’idea alla base delle aziende cosiddette “dot-com” degli anni ’90 era che la rete fosse una sorta di “biblioteca dei contenuti” che potevano essere visionati dagli utenti ma solo raramente prodotti da loro. L’idea dei content provider (= fornitori di contenuti), era quella di far pagare l’accesso ai contenuti online. L’arrivo di servizi come YouTube e Periscope o social network come Facebook ha dato la possibilità agli utenti di distribuire contenuti prodotti da loro stessi, che rappresentano un’alternativa ai contenuti prodotti dalle industrie culturali. Inoltre i sistemi di file sharing e i torrent, e i siti di streaming video online hanno reso difficile il controllo della diffusione e circolazione dei contenuti prodotti dall’industria culturale. L’arrivo di Internet mobile fa intravedere una rivincita dei content provider, dato che le app usate su smartphone e tablet aprono nuovi canali per l’accesso a contenuti a pagamento. Le app offrono una comodità di accesso che sui telefoni rappresenta un valore aggiunto rispetto ai soli contenuti. Anche l’editoria si trova di fronte a un cambiamento simile -> gli eBook stanno conquistando fette di mercato a discapito del libro stampato. => Nuove prospettive di guadagno per gli editori ma li obbliga anche a ripensare i propri modelli economici. Introduzione ai media digitali 51 Con la nascita del Web collaborativo all’inizio degli anni 2000 la rete non si fonda più solo sul sito come raccoglitori di contenuti, ma anche su altre piattaforme che invitano a una maggiore partecipazione da parte degli utenti non solo in termini di architettura tecnologica ma pure come modello di business. Queste piattaforme facilitano la creazione di contenuti. I modelli economici di molte aziende del Web si basano sulla cocreazione da parte degli utenti, es. TripAdvisor. Il settore dei videogiochi ha un impatto sull’economia dei media digitali non solo tramite la vendita dei giochi stessi, ma anche per il mercato di hardware, come computer e console. I videogiochi sono anche strumenti usati per il marketing e si integrano nei processi di consumo -> l’industria dei giocattoli o dei fast food usa personaggi dei videogiochi o producono giochi legati ai propri prodotti. Anche innovazioni adottate dal cinema, come la grafica 3D, sono dovute in parte allo sviluppo nel settore del gaming. Un altro ramo dell’economia del Web è composto dai motori di ricerca. Netscape = prima impresa commerciale. Inizio degli anni ’90. Oggi il mercato è dominato da Google. Alla base del funzionamento di Google vi è un software chiamato page rank (-> analizza i link creati dagli utenti del Web per determinare la rilevanza di un sito rispetto ai termini e alle parole chiave cercate dall’utente). Google fornisce quindi una classifica in cui il sito che sta più in alto nei risultati di ricerca è quello più linkato da parte di altri siti. Google tiene conto delle storie di ricerca individuali degli utenti -> i risultati possono variare a seconda di chi esegue la ricerca. Google è in grado di offrire servizi gratuiti perché usa le informazioni raccolte sugli utenti per dare pubblicità personalizzata. Grazie a questa attività di profilazione i software di Google “conoscono” gli utenti. Per questo Google può vendere spazi pubblicitari ad alto valore aggiunto, dato che è in grado di inviarli a utenti specifici. Google quindi non è solo un fornitore di servizi -> dal punto di vista economico si tratta in realtà della più grande azienda pubblicitaria del mondo. Servizio AdWords => gli inserzionisti possono pubblicare annunci a pagamento. AdSense => inserisce inserzioni in altri siti Web, garantendo al sito ospite una percentuale degli introiti. Gran parte dei siti Web e dei servizi gratuiti che popolano la rete dipende dagli investimenti pubblicitari. Il mercato pubblicitario che sostiene l’economia del Web è profondamente diverso da quello tradizionale. Inizialmente i siti Web pubblicavano annunci il cui costo dipendeva dal numero di visitatori del sito. Oggi vi sono modelli più sofisticati -> attraverso sistemi click through gli inserzionisti pagano sulla base di quanti visitatori di un sito cliccano sulla pubblicità. Vi sono modelli diversi come: o LinkedIn (-> richiede il pagamento di una quota di abbonamento agli utenti che vogliono usufruire dei suoi servizi “premium”, più specializzati.) o Groupon (-> trattiene parte del denaro speso per il bene o il servizio acquistati). Le tecnologie digitali hanno permesso anche l’emergere di grandi imprese che si basano sulla cosiddetta sharing economy. Queste imprese sono basate su applicazioni Web o mobili che mettono in contatto domanda e offerta e trattengono un profitto su tutte le transazioni economiche, es: o Uber o Lyft (-> non possiedono automobili e non impiegano direttamente alcun autista) sono le imprese di taxi più grandi del mondo grazie ad app per telefonia mobile che mettono in contatto i clienti e i guidatori. Introduzione ai media digitali 52 o Aribnb non possiede immobili ma è divenuta uno dei più grandi conglomerati alberghieri del mondo grazie al suo sito che permette a chiunque di affittare una stanza o una casa. Imprese che utilizzano le tecnologie digitali per organizzare forme di lavoro e produzione distribuita, sfruttando la posizione di intermediari per evitare regolazioni a cui sono sottoposte le imprese tradizionali. Crowdfunding = “finanziamento della folla”. Sistema di raccolta di fondi per progetti non profit o per imprese start-up basato su piattaforme online, es. Kickstarter o Produzioni dal Basso (-> possibilità di pubblicizzare progetti per cui vogliono raccogliere un capitale di partenza. Servizi che puntano su grandi numeri di persone disposte a donare piccole somme e non su grandi finanziatori. Se il progetto raggiunge l’obiettivo di raccogliere i fondi richiesti, riceve il denaro e Kickstarter ne trattiene una piccola percentuale). Nel 2008 la campagna presidenziale di Barack Obama ha usato forme di raccolta fondi simili, puntando su masse di piccoli contributi che gli hanno permesso di raccogliere più fondi dei suoi concorrenti. L’economia delle startup Economia startup = economia basata su nuove imprese emergenti. Il fenomeno è legato allo sviluppo della Silicon Valley sin dagli anni ’70 e si è consolidato attorno ad alcune caratteristiche: 1. Lanciate da giovani con in mente un prodotto o l’applicazione di una tecnologia, che ancora non esiste 2. Il percorso spesso passa per un incubatore (= luogo che fornisce un percorso di formazione in cui l’impresa viene assistita nel realizzare la sua idea di partenza), sviluppando un business plan e coltivando un pitch (= breve narrazione che presenta l’idea) 3. Molte startup fanno uso di Kickstarter o altre piattaforme di crowdfunding per accumulare un piccolo capitale iniziale 4. I fondi di venture capital (= “capitalismo di ventura”) puntano su investimenti privati ad alto rischio, soprattutto nel settore dell’alta tecnologia. Questi fondi selezionano una moltitudine di piccole startup scommettendo sul atto che le poche che avranno successo realizzeranno guadagno 100 o 1.000 volte maggiori degli investimenti iniziali. Il venture capital acquisisce una quota del loro capitale, che può essere venduta in caso di successo. 4. Il successo è misurato in termini di valutazione finanziaria -> si può concretizzare in due modi: a. Vendita a una società più grande b. La quotazione in borsa Il sistema delle startup è organizzato intorno a due parole d’ordine: 1. “Ideas are cheap” => il successo di una startup non dipende dalla qualità dell’idea quanto da quella delle persone e del team 2. “Disruption” => i guadagni non si fanno con innovazioni cumulative o graduali, ma con la capacità di capovolgere intere industrie, es. Amazon e Uber. Un’impresa veramente disruptive è in grado di creare nuovi bisogni. 2. Produzione immateriale: brand e finanza Nell’economia dell’informazione la creazione di valore si sposta dalla produzione di beni materiali alla produzione di beni immateriali. Economia industriale => trasformazione di materie prime in oggetti materiali, destinati a un mercato di consumo di massa. Introduzione ai media digitali 55 prodotte, legittimandola a percepire una rendita da un processo di produzione che essa favorisce e gestisce ma non remunera in alcun modo. Fin dagli anni ’80 la diffusione dei computer e delle reti interne nelle grandi organizzazioni aziendali ha mutato radicalmente anche la natura del lavoro, che viene ora organizzato in squadre o team incaricati di portare a termine un compito che poi si dissolvono una volta raggiunti i risultati. Si comincia a porre l’enfasi sulle capacità sociali dei lavoratori. Classe creativa = espressione che descrive le nuove forme di lavoro della conoscenza messe in atto da professionisti urbani che lavorano nelle cosiddette industrie creative legate spesso ai media digitali, cioè alla produzione di brand, comunicazione, eventi e design. Il legame con lo sviluppo economico si è mostrato debole dal punto di vista della redistribuzione delle risorse -> le politiche di branding urbano hanno contribuito a innalzare i valori immobiliari e ad attirare le classi medie abbienti all’interno di centri urbani, attivando processi di gentrificazione e speculazione. La creazione di valori intangibili si sposta al di fuori delle grandi organizzazioni e tende ad avvenire tramite l’impiego di lavoratori freelance. Questi fenomeni di aumento della flessibilità o di precarizzazione hanno effetti diversi su tipologie diverse di lavoratori: Mentre per chi ha una forza contrattuale elevata la condizione di freelance può essere liberatoria, per chi possiede competenze che sono ormai divenute di massa, come i web designer, la competizione per le opportunità di lavoro può essere schiacciante I sindacati tradizionali si trovano nell’incapacità di trovare risposte per i problemi di tipo completamente diverso rispetto a quelli propri dei gruppi sociali di riferimento, come operai e lavoratori del pubblico impiego Le misure del welfare modellate sul lavoro stabile delle società industriali possono rivelarsi poco adatte ai bisogni della nuova massa di lavoratori precarizzati I lavoratori più precarizzati devono spesso farsi carico di alcuni dei costi tradizionalmente sostenuti dalle imprese, come spostamenti o formazione Ampi settori di lavoro sono esternalizzati e sottopagati (es. MTurk e le sharing economy) La differenza tra tempo di lavoro e tempo libero è sempre più sfumata: la flessibilità richiede agli individui di lavorare in qualsiasi momento per rispondere alle esigenze di produzione e i media digitali (pc portatili, smartphone, tablet ecc.) forniscono strumenti ideali per gestire questo tipo di richieste La ricerca di matrice femminista sull’organizzazione delle attività lavorative attorno alle forme di socialità ha sottolineato l’importanza crescente del lavoro affettivo e relazionale, per esempio in settori come la gestione dei profili social media aziendali o il servizio alla clientela. Introduzione ai media digitali 56 L’economia digitale a San Francisco San Francisco => uno degli epicentri dell’economia digitale e ne subisce gli effetti tramite trasformazioni economiche e sociali epocali. La vicinanza alla Silicon Valley, la presenza di imprese come Twitter o Dropbox => migliaia di posti di lavoro, potenziamento dell’economia locale. L’afflusso di centinaia di ingegneri e informatici (= techie) che percepiscono salari molto maggiori ha un effetto sulle dinamiche sociali della città e alimenta processi di gentrificazione. Le popolazioni storiche e le fasce più deboli sono quindi esposte al rischio di espulsione dalla città verso aree sempre più distanti e costrette a lunghi spostamenti per lavorare. L’arrivo dei techie è simboleggiato dagli anonimi bus di lusso usati dalle imprese per trasportare i dipendenti permettendo loro di vivere in contesti urbani attraenti e lavorare via wifi durante i lunghi viaggi tra la città e i campus della Silicon Valley. Google buse => oggetto di proteste anche violente da parte degli abitanti di quartieri in via di trasformazione. I consumi dei lavoratori del Web hanno causato l’esplosione di un’economia dei servizi facilitata dalle tecnologie digitali, creando così un numero elevato di posti di lavoro precari a bassa remunerazione. L’industria digitale di San Francisco non ha redistribuito la ricchezza ma ha esacerbato le diseguaglianze di fondo della società statunitense. 4. Il capitalismo digitale Il successo delle imprese che producono tecnologie o servizi informatici è immenso. L’importanza delle imprese del Web va oltre alla loro dimensione tecnologica o comunicativa => i colossi della rete sono talmente ricchi da influenzare lo sviluppo del capitalismo globale tramite i propri investimenti. Bill Gates parla di un “capitalismo senza frizioni” mediato dalle tecnologie digitali in cui i flussi di capitale, informazione, merci e lavoro possano scorrere senza impedimenti causati da regolamentazioni o barriere nazionali. È basato sulla fusione di ideali tecnocratici e liberisti, corrisponde alla realizzazione del progetto di una società dell’informazione pienamente capitalista in cui gli ostacoli alla libera impresa sono superati grazie alla deregolamentazione del mercato del lavoro e finanziario, all’indebolimento degli stati nazione e all’evoluzione delle tecnologie informatiche. Le teorie più affamate sono spesso di matrice marxista e si collocano nella seconda metà del XX secolo sull’affermarsi della società dell’informazione o postfordista. Dopo la crisi dei mercati globali del 2008 molti autori si sono concentrati sulla finanziarizzazione dell’economia (=> i cicli del capitalismo sono infatti soggetti a fasi di crisi in cui la finanza prende il sopravvento fino a quando un nuovo paradigma produttivo non riesce ad emergere). Capacità delle imprese del Web di organizzare processi produttivi distribuiti e di sfruttare le capacità comunicative e cognitive degli individui. Capitalismo delle piattaforme = capacità del capitale contemporaneo di utilizzare le piattaforme Web al fine di organizzare processi produttivi basati su forme di cooperazione sociale e ricavarne profitto. Introduzione ai media digitali 57 Queste teorie sono costruite sullo studio di forme d produzione tipiche della sharing economy e sostengono che questo modello si stia ampliando a strati sempre più vasti del capitalismo occidentale. Piattaforme digitali = strumento per la creazione di profitti -> cambiamento tipico dell’emergere della società dell’informazione (= spostamento dei processi di produzione materiale a quelli immateriali basati sul controllo dell’informazione). Le imprese possiedono un servizio Web che mette in contatto produttori e clienti, e profittano su una posizione di monopolio e controllo. Capitalismo comunicativo = capacità affettive e comunicative rappresentano gli elementi principali della produzione capitalista. Attività di comunicazione = merci come tutte le altre e la loro caratteristica principale sarebbe la circolazione in spazi mediati dalle tecnologie digitali più che il contenuto. Capitalismo cognitivo = le tecnologie informatiche sviluppate dal capitalismo digitale sono invece costruite per sfruttare i processi cognitivi e cooperativi degli individui connessi in rete. Tecnologie => progettate e adottate per addomesticare e controllare il lavoro anche al di fuori dei luoghi adibiti alla produzione nell’era industriale. Il capitale avrebbe conquistato quindi la stessa intelligenza e socialità umane. Il capitalismo digitale ha anche cooptato le forme d produzione peer-to-peer. La produzione P2P, fornirebbe una vera e propria infrastruttura culturale che insegna ai lavoratori le forme di produzione di innovazione cooperativa e socializzata che hanno luogo nelle imprese del Web. Google -> Googleplex (=> fornisce ai programmatori campi da gioco, divertimenti e spazi comuni di condivisione e interazione libera). In risposta allo sfruttamento della cooperazione in rete da parte delle imprese del web o della sharing economy stanno emergendo proposte per la creazione di alternative, es. idea di fondare cooperative gestite dai lavoratori stessi e basate su piattaforme digitali che organizzano e mettono a valore la cooperazione sociale degli individui al di fuori del controllo dell’impresa.