Scarica Introduzione ai media digitali di Adam Arvidsson, Alessandro Delfanti e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! Sociologia della comunicazione multimediale 1° lezione introduzione al corso 2° lezione: INTRO: • 1977 invenzione del modem • 1970 BBS (Bullettin Board System) • Nascono le prime comunità virtuali (Rheingald) • Anni 70- primi anni 80: internet come rete delle reti • Tim Bernes-Lee nel 1991 inventa la ragnatela del World Wide Web (Servizio di internet) • HTML: linguaggio di programmazione usato per creare documenti ipertestuali • http: protocollo che stabilisce collegamenti per navigare • 1998 nascita di Google • Negli anni 80-90 le aziende entrano nella rete • Fase detta del web 1.0 o web statico (la prevalenza dei siti è statica, non è possibile interagire) • Fine anni ’90, comparsa dei blog Rispetto a prima della nascita della rete in cui la società era capitalistica, oggi la fonte di potere è l’informazione. La società è capitalistica informazionale (Castells 1996) • Organizzazione da gerarchia (verticale) a rete (orizzontale). Problema del digital divide che persiste ancora oggi. La nostra società è costruita intorno a flussi, espressione dei processi che dominano la nostra vita economica, politica e simbolica (Castells 1996). 2004 con il lancio in borsa di Google, nasce il web 2.0: insieme di strumenti/applicazioni che permettono un elevato livello di interazione sito-utenti. • Fase della del web partecipativo/ collaborativo o dinamico Comunicazione da testuale a multimediale. L’individuo si fa medium e comunica orizzontalmente, tra pari. Cultura convergente e partecipativa dove l’ultima parola spetta agli utenti: un nuovo concetto di AUDIENCE (Jenkins, 2006) Prosumers = producers + consumers • Audience creative: pubblici che riproducono i significati in maniera interattiva (Castells, 2009). • Auto-comunicazione di massa da parte degli utenti della rete che producono società. • Cultura del remix e del mashup: i contenuti possono essere rimescolati Giovanni Boccia Artieri (2012): rivoluzione inavvertita che sta ridefinendo la relazione tra produzione, distribuzione e consumo delle forme simboliche della società e i rapporti di potere generati nella modernità. Possibilità di diventare produttori di contenuti in prima persona. Stiamo entrando nel web 3.0 o web semantico: ricerche più evolute, basate sull’interpretazione dei contenuti, dei documenti. Web 4.0 o internet delle cose, oggetti connessi alla rete (esempio smart watches, stampanti 3D..) terza rivoluzione industriale, un nuovo modello capitalistico, il commons collaborativo si sostituirà al modello capitalistico. Al valore di scambio del mercato, si sostituirà il valore della condivisione di beni e servizi. Introduzione ai media digitali (Arvidsson; Delfanti) – RIASSUNTO 1)Media e tecnologie digitali I media digitali si sono diffusi in tutte le attività umane, ed occorre analizzarli sotto più punti di vista per comprendere che le tecnologie non sono neutrali ma caratterizzate da una storia e da una politica complesse. 1.L’ambiente digitale La grande presenza dei media nella vita quotidiana ha generato un fenomeno in cui le persone sono immerse e vivono in flussi di comunicazione continui mediatizzazione. La presenza dei media è così pervasiva da sottovalutarne gli effetti. L’ambiente saturo di media in cui viviamo è diffuso, fluido ed efficiente da spingerci a dare per scontata la presenza delle tecnologie, le si da così tanto per scontato che si vive una sensazione stressante quando tali tecnologie mancano. I cambiamenti che la diffusione dei media sta producendo, trasformano in profondità il modo in cui produciamo e distribuiamo informazioni e conoscenza. Soprattutto diventa importantissima l’informazione tanto da definirci ora società dell’informazione, in cui si ripensano i significati di parole quali libertà, democrazia, partecipazione, proprietà e potere alla luce delle trasformazioni tecnologiche. La diffusione dei media digitali è cresciuta notevolmente a partire dagli anni ’80 con i primi computer poi introduzione del W.W.W negli anni ’90. Nel 2000 si è assistito all’emergere del web collaborativo ossia software e piattaforme online che permettono agli utenti di produrre e distribuire contenuti in prima persona, e tecnologie come cellulari e tablet che hanno trasformato l’esperienza della rete da quotidiana a totale. L’emergere e l’affermazione di tecnologie che processano informazione in formato digitale è alla base di trasformazioni profonde non solo nel modo in cui funzionano i media ma hanno assunto un ruolo chiave anche nell’organizzazione della produzione e nell’economia delle società contemporanee. Questi cambiamenti hanno un impatto anche sull’ecologia dei media: si evolvono nuove “forme di vita” come i motori di ricerca, si sviluppano nuove strategie, si configura l’idea di un mondo come insieme di relazioni e interazioni Benkler: ambiente digitale di rete caratterizzato dalle maggiori possibilità a disposizione degli individui, un mondo denso di scontri riguardo al futuro delle relazioni che si realizzano in esso. I media diventano oggetto di grande interesse e terreno di scontro tra visioni del mondo diverse. Da un lato, le tecnologie sono dipinti come portatrici di democrazia, giustizia, uguaglianza e abbondanza economica, come mezzi per superare le rigidità delle società industriali, allargare la platea di individui che possono partecipare liberamente e in forma attiva alla vita pubblica e produttiva. Dall’altro, sono visti come minaccia all’ordine sociale, come potenziali distruttrici degli equilibri su cui si fondano le società complesse, come strumenti di sfruttamento e prevaricazione oppure come strumenti di conservazione e irrigidimento delle gerarchie e delle disuguaglianze. Essi sono dotati di potere trasformativo come anche possono ostacolare il cambiamento. 2.Nuovi e vecchi media I media digitali sono un insieme di mezzi di comunicazione basati su tecnologie digitali e che hanno caratteristiche comuni che li differenziano dai mezzi di comunicazione che li hanno preceduti. Soprattutto con il termine “nuovi media” si definiscono in modo generico tutte le tecnologie di comunicazione basate sui computer e sulle reti, affiancandosi ed integrandosi con i media tradizionali. Le tecnologie per produrre, distribuire e gestire le informazioni sono caratterizzate da grande diffusione e costi via via decrescenti così da permettere a strati sempre maggiori di popolazione di accedere a tali dispositivi tecnologici, vantaggio anche per le aziende che possono gestire i propri processi produttivi e commerciali. Inoltre tali tecnologie rendono più flessibili le strutture sociali e produttive. 2.Economia in rete e globalizzazione In un’economia informazionale, la produttività, la competitività e la redditività dipendono dalla capacità di generare e gestire informazioni e conoscenza: ricerca e sviluppo diventano cruciali per l’impresa. L’informazione diventa un bene intangibile diverso dai beni materiali e necessita di essere regolato con nuove norme: diritti di proprietà intellettuale per esempio, che assumono una rilevanza enorme, oppure brevetti, brand, capacità di gestire reti di fornitori, design, marketing. Una buona fetta delle aziende a rilevanza mondiale, non possiedono le fabbriche dove si producono i prodotti ma la proprietà intellettuale e gestiscono la ricerca, il marketing, la comunicazione: la gestione dell’informazione e del sapere, è di gran lunga più redditizia. Non si può parlare di rete e tecnologie senza inserirle in un contesto globale. Ormai produzione, consumo e circolazione delle merci sono organizzate su scala globale, questo genera una cultura del consumo globale in cui merci, stili di vita e forme di consumo si diffondono in tutto il mondo e vengono adattati ai diversi contesti locali. I trattati sovranazionali diventano sempre più importanti e l’economia grazie alla rete, diventa più flessibile (decentramento, autonomia delle unità produttive). La rete inoltre permette di organizzare in maniera più efficiente, attori che non rispondono ad una gerarchia piramidale ma hanno parziale autonomia di decisione. Le reti tornano così ad essere un’alternativa alle organizzazioni burocratiche. 3.Le teorie sulla società dell’informazione Spiccano le teorie del sociologo Manuel Castells (anni ’90), la sua tesi contiene una dose di determinismo tecnologico. Castells formalizza l’importanza economica, sociale e politica dell’informazione in una società in trasformazione. Nella società dell’informazione, il potere è legato ai beni informazionali o intangibili come i brand, l’innovazione, il sapere capitalismo informazionale. Inoltre egli descrive la società dell’informazione come una società strutturata in reti, egli infatti nella sua opera parla di network society. La conseguenza dell’importanza delle reti, è che diventano dominanti anche nella dimensione sociale. Lo “spazio dei flussi” è costituito dagli spazi, fisici e mediatici, dove circolano saperi, competenze, denaro e persone. Questo spazio si configura in una rete aperta in cui le frontiere sono sempre meno importanti e la ricchezza viene creata tramite scambi tra persone, organizzazioni e comunità diverse. Questo crea una spaccatura nella società che Castells non identifica più nel conflitto di classe fra capitale e lavoro, ma avviene tra chi ha accesso ai flussi di informazioni e chi ne è escluso. Chi è escluso solitamente tende a contrapporsi ad una cultura cosmopolita e globalizzata, rinforzando identità territoriali e culturali, es fondamentalismo islamico. Castells è tra i più influenti nell’ambito ma non l’unico. La storia della società dell’informazione è caratterizzata da elementi ricorrenti: il determinismo tecnologico, visioni utopistiche di democratizzazione e creatività distribuite ed universali, visioni pessimistiche in cui le tecnologie mettono a rischio l’ordine sociale. Altri contributi: • Machlup (’30): economia della conoscenza. Studiò l’effetto dei brevetti sullo sviluppo economico. • Drucker: centralità dei lavoratori della conoscenza si afferma mano a mano che le organizzazioni economiche-capitaliste si fanno più complesse. La fonte del valore si sposta verso l’innovazione. • Bell (73): ampliò la visione suggerendo l’evoluzione della società dell’informazione e dei lavoratori della conoscenza, avrebbe reso meno influenti le grandi ideologie della modernità. • Pizzorno: peso del ceto medio cresciuto negli anni ’60 sta trasformando l’Italia in una società in cui il collante sociale è rappresentato da crescita economia e possibilità di generare nuove opportunità di consumo. • Turaine: una nuova società postindustriale fondata su: • Riduzione del peso economico della produzione materiale e nuova economia di informazione e servizi • Centralità della produzione del sapere, in particolare della ricerca scientifica • Ruolo di potere assunto dalla pianificazione e organizzazione di processi complessi, classe di burocrati e tecnici. • Lyotard: società postmoderna. Fine delle grandi narrazioni, sostituite da un relativismo causato dalla consapevolezza della natura artificiale della cultura umana. • McLuhan: nuovi media come strumenti di mutamento sociale. I media sociali sono destinati a trasformare l’umanità in un villaggio globale. • Negroponte: la rete come una tecnologia che permette di trascendere le Barriere spaziali e burocratiche che caratterizzano gli stati. Ondata di tecnoliberismo. • Ideologia californiana: esaspera il potenziale liberatorio di internet. Movimenti sociali legati ai media digitali come gli hacker • Himanen: nuova etica del capitalismo basata su flessibilità, creatività, indipendenza dalle gerarchie e dalle burocrazie industriali • Lévy: intelligenza collettiva • Capitalismo cognitivo che si rifà alle idee di Marx. 4.Storia delle tecnologie informatiche SCHEMA LIBRO PAGINA 43. 5.L’evoluzione delle reti 6.Il futuro della società dell’informazione Le nuove tecnologie informatiche hanno alcune conseguenze sociali fondamentali. Nella produzione industriale rendono possibile l’automazione e l’organizzazione della produzione in reti globali di piccole fabbriche connesse tra loro e localizzate per lo più in paesi con bassi costi salariali. I conflitti insorgono tra chi è membro della società dell’informazione e chi ne è escluso. Si rinforza la natura globale della cultura di massa. Le identità e i riferimenti politici e culturali diventano globali e locali allo stesso tempo, ma sempre meno legati alle culture nazionali. Disuguaglianza salariale – differenza tra chi produce le materie prime e chi gestisce i processi di innovazione. Il futuro della società dell’informazione è aperto e dipende da molte variabili. Quella dello sviluppo tecnologico è solo una tra le tante. Un campo altrettanto importante è quello delle politiche pubbliche a livello nazionale e sovranazionale. La società dell’informazione è un progetto che continua a svilupparsi ed è il frutto di continue scelte ed ideologie di attori molto diversi tra loro. La forma assunta dalle tecnologie digitali è destinata ad avere un effetto crescente sull’evoluzione politica ed economica della società contemporanea. 3)Culture ed identità Le attività che si svolgono in rete hanno effetto sulla vita e l’identità degli individui. Nascono forme di socialità mediate dalla rete che non sono neutrali anzi, dipendono da fattori culturali ed identitari. 1.Socialità e media digitali Le relazioni sociali sono sempre state influenzate dalle tecnologie della comunicazione. I media sono fondamentali anche per la creazione e il mantenimento di gruppi informali così come per la costruzione dell’identità individuale. I media digitali hanno avuto una velocità di penetrazione senza precedenti, questo ha generato diverse riflessioni tra cui due visioni contrapposte che sembrano dominare il dibattito: • Da un lato, si afferma che essi rappresentano un mondo sociale estraneo alla vita reale e quotidiana • Dall’altro che essi hanno effetti dirompenti sulle forme di socialità. Tutti i media digitali odierni hanno una forte integrazione tra vita online ed offline, tanto che queste due distinzioni sembra perdano di significato. Le tecnologie di vita favoriscono uno stile di vita “always on” continuamente online, in cui le relazioni sociali sono mediate ma non per questo meno significative. Le attività online diventano parte della vita sociale quotidiana e i profili sui media sociali sono una parte dell’identità complessiva delle persone. I media sociali tendono anche ad affievolire la distinzione tra pubblico e privato tanto che ormai è possibile fare ricerche sociali online. Inoltre i media sociali non sono sempre responsabili di nuove forme di socialità, anzi, possono tendere a diventare strumenti per riprodurre fenomeni sociali esistenti. 2.I media sociali Sono basati sulla costruzione e il mantenimento di legami sociali. Esistono piattaforme diverse e dl 2000 in poi, hanno avuto un vero e proprio boom. Secondo la definizione più diffusa, i media sociali sono servizi web che permettono di: • Creare un profilo pubblico o semipubblico • Costruire una rete di contatti • Aderire a comunità tematiche, gruppi di discussione I diversi servizi offerti e piattaforme (p64), si rivolgono a pubblici diversi, anche se in parte possono essere sovrapposti. I media scoiali forniscono un insieme di servizi che sono usati per altri scopi e da altri gruppi, per esempio ai fini di marketing per le aziende o partiti politici o associazioni. Oggi i media sociali sono in grande maggioranza gestiti e sviluppati da aziende private. Queste aziende hanno sviluppato modelli economici che permettono loro di assicurarsi guadagni a partire dalle informazioni che gestiscono la principale ricchezza è generata dalla possibilità di usare le informazioni degli utenti dei media sociali. Esiste anche un MA. Infatti le ricerche dimostrano un quadro differente. Le persone che usano la rete, tendono ad avare reti sociali più estese e diversificate rispetto a chi non la utilizza, internet quindi non allontana le persone dallo spazio pubblico ma è un fattore di ricchezza. I media non impoveriscono la vita sociale ma cambia piuttosto il modo in cui le persone interagiscono. Il concetto di privacy si è modificato con i suoi pro e contro. La necessità è quella di saper costruire un approccio critico ai media sociali e trovare soluzioni ai problemi di accesso alle informazioni e a quelli relativi ai problemi di privacy da garantire agli utenti in rete. 4)Collaborazione online La rete facilita la partecipazione attiva degli individui, P2P, software libero, Wikipedia, sono esempi di collaborazioni tra utenti basate sulla partecipazione e cooperazione. 1.I media collaborativi Gran parte dei servizi in rete sono interattivi e permettono la partecipazione del pubblico o addirittura si basano su forme di produzione interamente affidate agli utenti. Il web è caratterizzato da software e piattaforme semplici da usare. Le attuali forme di comunicazione in rete si caratterizzano per le possibilità offerte agli utenti di diventare produttori di contenuti in prima persona o di contribuire direttamente a valutare e migliorare i contenuti forniti dall’azienda: contenuti creati dagli utenti. Jenkins: la cultura della partecipazione si basa sull’abbattimento delle barriere all’espressione della creatività, sull’importanza della condivisione dei contenuti creati, e sulla sensazione che il proprio contributo abbia un valore per la comunità. Esempi: • Blog • Wiki • Youtube • Instagram • eBay e Amazon • le mappe interattive di Google Maps poi ci sono i sistemi di tagging per aggiungere un’etichetta al contenuto e di rating per valutare/votare un contenuto. L’esplosione del web collaborativo non è soltanto una questione tecnologica. Con la nascita dei software e delle piattaforme collaborative, si è assistito anche all’emergere di una cultura della partecipazione che spinge gli utenti a contribuire alla produzione di informazione in forma libera e svincolata dalle dinamiche canoniche dell’industria culturale. I pubblici attivi non si limitano ad esercitare una scelta ma partecipano n prima persona alla produzione dei contenuti da consumatori a prosumer (produttori e consumatori di contenuti). 2.Il dilemma della partecipazione Le prime ricerche sul web collaborativo e sulla cultura della partecipazione, tendevano a dipingere questi processi come forme di democratizzazione dell’ambiente dei media. Una visione criticata. L’uso stesso del termine partecipazione è visto come problematico: uno studio più approfondito riscontra che il contributo degli utenti è marginale, spesso si tratta di accesso alle informazioni ma di mancata interazione. La vera collaborazione ha alla base: • Intenzionalità: i partecipanti sono consapevoli di prendere parte a una collaborazione e hanno obiettivi condivisi? • Controllo delle modalità: accettare o mettere in discussione le regole? • Proprietà: chi possiede il frutto della collaborazione, ne ricava un profitto? • Accessibilità: chi può partecipare e come? • Uguaglianza: ci sono delle gerarchie o tutti i partecipanti hanno lo stesso peso? Analizzare questi processi di condivisione e collaborazione tramite la rete secondo queste variabili, permette di distinguere tra reale partecipazione democratica e fenomeni differenti in cui il lavoro individuale e collettivo degli utenti viene aggregato da aziende private a fini di profitto e senza che l’utente abbia alcun potere decisionale in merito. questa ambivalenza è sfruttata dalle aziende e dalle piattaforme. La questione sulla democraticità del web è messa in discussione anche per quanto riguarda il gap di genere su Wikipedia per esempio, la maggior parte degli editor sono uomini ed infatti si vede come tale piattaforme sia poco permeabile ad argomenti quali il femminismo. Questo esempio mette in discussione l’idea che le tecnologie aperte e collaborative del web garantiscono di per se lo sviluppo di forme di cooperazione democratiche, anche se proprio le caratteristiche di apertura di servizi come Wikipedia permettono alle minoranze di intervenire per contrastare forme di discriminazione. Al di la dell’aspetto tecnologico, servirebbe analizzare la dimensione politica del web collaborativo. 3.Dal software libero al peer-to-peer Stallman: free as in free speech, not as in free beer. Secondo Stallman per, un software per essere libero deve garantire quattro “libertà fondamentali”: • Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo • Libertà di studiare come funziona il programma e di modificarlo • Libertà di redistribuire copie in modo da aiutare il prossimo • Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti apportati. Bla bla… fino a 95 Diversi studi hanno mostrato che le motivazioni che spingono le persone a partecipare a un progetto di software libero o progetti di produzione collaborativa, possono essere molto eterogenee: altruismo, reputazione. Bauwens parla di nuova economia politica dell’informazione basata su una produzione P2P, riferendosi a reti non solo informatiche, ma di individui che collaborano in modo decentrato, distribuito, orizzontale. Le gerarchie in realtà esistono, quindi non si sarà mai in una forma completamente orizzontale. Lanier invece ritiene che la produzione sociale online favorirebbe la scomparsa dell’argomentazione razionale a favore del cinismo e di forme di argomentazione populiste da parte degli utenti, inoltre la collaborazione online oscurerebbe i contributi individuali e il ruolo del singolo. 4.Open source e innovazione … 5.Il valore nell’economia della condivisione Secondo una visione ottimista il P2P: • Metterebbe nelle mani dei lavoratori i mezzi di produzione – redistribuzione della ricchezza • Aumenterebbe l’autonomia e la libertà individuale • Risponderebbe ad obiettivi di sviluppo, mettendo a disposizione dei paesi più poveri nuove risorse informazionali Di sicuro queste logiche hanno portato cambiamento ma non hanno eliminato le forme e logiche economiche precedenti. Le teorie presentano anche delle contraddizioni: • L’esperienza d’uso è molto diversa dall’esperienza del lavoro salariato • La creazione di valore online ha una natura non lineare, ci sono fattori prevedibili e non prevedibili • Il valore realizzato direttamente dagli utenti di internet è piuttosto ridotto Tutte queste logiche si inseriscono in quelle di mercato e della ricerca del profitto, mettendo in crisi la teoria altruistica di alcuni sociologi. Molto spesso più che comunità di condivisione, queste sono piattaforme gestite da privati in cui la condivisione è ridotta a commenti e valutazioni e rimane la struttura delle logiche di mercato ed interessi aziendali. Da un lato abbiamo nuove comunità e reti relazionali basate sulla condivisione che rappresentano un fenomeno nuovo, dall’altro però continua ad esserci il potere dell’industria e del mercato che minano le teorie più radicali di una nuova cultura della condivisione basata sull’altruismo e no profit. 5)Sfera pubblica e potere Le trasformazioni della società dell’informazione sono legate ai cambiamenti della sfera dei media e della politica. Il confine tra pubblico e privato è messo in discussione. L’evoluzione politica delle società odierne si basa sulla capacità di gestire il potere delle reti di comunicazione. 1.Dal pubblico i pubblici attivi Nella tradizione degli studi sui media e sulla comunicazione, il pubblico è considerato attivo. Gli individui ricevono un messaggio, lo interpretano, lo valutano e sono in grado di rispondere in forme differenti. Lo stesso vale per l’audience dei media, è attiva: questo vale per i media broadcast (da pochi a molti – struttura centralizzata - televisione, stampa, radio), mentre con i media digitali, il pubblico si diversifica ulteriormente, fino a parlare di pubblici dei media (McQuail). L’audience nei media digitali, acquista un ruolo sempre più diretto non solo nella scelta o nell’interpretazione dei contenuti ma anche nella loro stessa produzione e distribuzione. I media digitali, l’intervento della rete, ha cambiato la situazione presente prima con i media broadcast, generando un sistema mediatico molto più complesso e diversificato, accessibile da attori non commerciali e non statali, decentrato e distribuito. La transizione verso una sfera pubblica in rete si basa su alcune caratteristiche dei media digitali: • Accessibilità: il costo di un canale di comunicazione è quasi nullo, chiunque può produrre informazione con gli attuali strumenti; • Struttura distribuita: parliamo di un’architettura distribuita e non gerarchica della rete, nella quale tutti i nodi hanno pari dignità. Media sociali e distribuiti – da molti a molti. • Commistione tra pubblico e privato: la partecipazione alla vita pubblica è spesso espressa tramite la condivisione di contenuti personali • Sorveglianza: attività poste sotto sorveglianza. Le imprese del web e i governi raccolgono informazioni sulla maggior parte delle comunicazioni digitali e ne conservano copie Esistono diversi tipi di pubblici, quelli che si formano intorno ad un hashtag di twitter per esempio, oppure quelli che intervengono attivamente su tutti i livelli dell’ambiente digitale, quindi non solo nei contenuti ma nella infrastruttura stessa. Kelty (2008) parla di pubblici ricorsivi, identificando quei gruppi di individui che producono e mantengono le piattaforme che utilizzano per produrre attivamente informazioni e conoscenza, esempio le comunità di programmatori. Castells parla della capacità di riprogrammare le reti di comunicazione, una delle attività cruciali per il successo dei movimenti sociali. L’attivismo dei pubblici è reso possibile dall’emergere di un ambiente digitale di rete ricco di informazioni cui attingere e di strumenti di comunicazione connessi, interattivi e ad un accesso pressoché universale, cioè i computer in rete e i servizi di pubblicazione. 2.Sfera pubblica Benkler – sfera pubblica in rete: spazi fisici e spazi mediati. • Hanna Arendt ha definito la sfera pubblica come il luogo dove è possibile radunarsi e agire insieme per negoziare regole di vita comune. • Habermas: sfera pubblica indipendente dai poteri statali e religiosi, fondata sui media quali stampa, giornali, riviste. Gli individui sono liberi di criticare ed elaborare temi politici. Poi abbiamo le varie innovazioni del tempo, il dot-com, youtube, ebay ecc… AdWords. L’economia digitale ha permesso anche l’emergere di grandi imprese che si basano sulla sharing economy o economia della condivisione. Queste imprese sono basate su applicazioni web o mobili che mettono in contatto domanda e offerta trattenendo un profitto su tutte le transizioni economiche, esempio Uber. Oppure il fenomeno del crowdfunding. 2.Produzione immateriale: brand e finanza Nell’economia dell’informazione, la creazione di valore si sposta dalla produzione di beni materiali alla produzione di beni immateriali. La centralità ora è occupata dalle risorse intangibili come: • Innovazione • Flessibilità • Brand: non solo il marchio di un prodotto ma piuttosto la capacità di generare la percezione pubblica di una differenza tra un prodotto e l’altro. Il peso complessivo delle risorse intangibili come componente del valore di mercato delle azione industriali è cresciuto e rappresenta ormai il 70% del valore di mercato delle 500 più grandi imprese quotate in borsa. In questo cambiamento, il brand è arrivato ad essere la parte più importante dato che da solo vale in media il 30% del valore delle imprese. L’importanza economica e sociale del brand è cresciuta con la standardizzazione della produzione. Il brand è utile per collegarlo ad uno stile di vita e valori, serve per catalizzare l’attenzione, generare affetto e la creatività dei consumatori. La creazione di risorse intangibili come il brand, è sempre più socializzata, nel senso che si poggia sulla capacità di mettere al lavoro la socialità, il sapere e le capacità comunicative affettive degli individui che con i media digitali si amplificano brand community. Un’altra dimensione importante dell’economia dell’informazione è quella dei mercati finanziari. Le risorse intangibili gestite tramite le reti, come flessibilità, innovazione e brand, vengono valutate direttamente sui mercati finanziari. Il brand di un’azienda può arrivare a legittimare una valutazione complessiva pari al doppio del valore delle sue risorse tangibili. 3.Lavoro e precarietà I media digitali sono legati a trasformazioni nelle dinamiche di lavoro e di consumo, tanto da aver stimolato la creazione di nuovi termini per definire i processi di interazione tra lavoro, consumo e produzione facilitati dalla rete. A livello più superficiale, questi cambiamenti sono legati all’emergere di nuovi mestieri e professioni direttamente connessi ai media come web designer, programmatori, amministratori di rete. Lo stesso vale per le attività di consumo che avvengono sempre più spesso in rete tramite siti per acquisto online. A livello più profondo occorre invece sottolineare che nell’economia dell’informazione, la creazione di valore si sposta dal controllo dei processi produzione materiale e dalle organizzazioni burocratiche, verso i beni immateriali e la gestione di processi informali. Prosumer = consumatori informati sempre più utili alle aziende online. La creazione di valori intangibili, si sposta al di fuori delle grandi organizzazioni e tende ad avvenire tramite l’impiego di lavoratori freelance che non godono della sicurezza e della stabilità dei lavoratori delle aziende di una generazione fa. I lavoratori della conoscenza perdono l’accesso a diritti quali continuità del lavoro, vacanze pagate, pensione ecc. Questi fenomeni di aumento di flessibilità o di precarizzazione, hanno effetti diversi su tipologie diverse di lavoratori, anche se le imprese e la politica li presentano spesso come fattori positivi di indipendenza e libertà dei lavoratori. In questa situazione abbiamo una progressiva perdita di diritti in molti settori, una perdita di capacità nell’agire collettivo in un mercato individualizzato, e anche i sindacati stessi sono inutili in questa situazione. Il lavoro digitale ha inoltre creato ampi settori di lavoro esternalizzato e sottopagato come il crowdsourcing. Le nuove forme di lavoro inoltre, tendono a sfumare la differenza tra tempo di lavoro e tempo libero perché si richiede sempre flessibilità. 4.Il capitalismo digitale Con la definizione capitalismo delle piattaforme, alcuni autori hanno sottolineato la capacità del capitale contemporaneo di utilizzare le piattaforme web al fine di organizzare processi produttivi basati su forme di cooperazione sociale e ricavarne un profitto. Il ruolo delle piattaforme digitali come strumento per la creazione di profitti, fa parte di un cambiamento tipico dell’emergere della società dell’informazione, cioè lo spostamento dai processi di produzione materiale a quelli immateriali basati sul controllo dell’informazione. Altri sociologi parlano di capitalismo comunicativo, in cui le capacità affettive e comunicative rappresentano gli elementi principali della produzione capitalista. Un passaggio ulteriore è compiuto dai teorici del capitalismo cognitivo, influenzati dal famoso “frammento sulle machine” di Marx. Secondo questi teorici, le tecnologie informatiche sviluppate dal capitalismo digitale sono invece costruite per sfruttare i processi cognitivi e cooperativi degli individui connessi in rete. Le tecnologie non sono quindi neutrali ma sono progettate e adottate per addomesticare e controllare il lavoro anche al di fuori dei luoghi adibiti alla produzione nell’area industriale. 5.Disuguaglianze globali e sviluppo Digital divide, divario digitale, disparità tra chi ha accesso ai media digitali e chi non lo ha. Questa disparità non riguarda solo il possedere o meno un computer ma la rete stessa o possedere le tecnologie mobili. • La disparità più visibile è quella tra paesi ricchi e paesi poveri e in via di sviluppo oppure tra regioni dello stesso paese • Oltre alle aree geografiche, il divario può essere una causa politica. Paesi autoritari come Cina o Iran, limitano l’accesso ai siti e servizi online, spesso di informazione, che ritengono pericolosi per la stabilità politica • Il divario può essere nella capacità di usare le tecnologie – fattori culturali quindi. • Il genere può essere un altro fattore di disparità, dato che in molte aree del mondo le donne hanno meno accesso degli uomini alle tecnologie. Nonostante diversi progetti, le risposte al problema del divario digitale sono basate soltanto sull’accesso alle tecnologie o all’informazione e non sono soddisfacenti. Quando si analizza il divario digitale, occorre sempre tenere conto che il legame tra sviluppo e innovazione tecnologica è complesso e sfaccettato. Secondo alcuni economisti, lo sviluppo sarebbe: • Convergente: andrebbe in direzione di una maggiore uguaglianza tra paesi poveri e ricchi. Innovazione tecnologica come fattor esogeno • Per altri invece è divergente: il livellamento delle differenze su scala globale è molto difficile. L’innovazione come fattor endogeno, cioè visto come il risultato di scelte ed investimenti da parte delle aziende e dei governi, basate sul mercato e portatore di benefici ai soggetti che sono in grado di guidare lo sviluppo tecnologico L’idea che le tecnologie possano portare democrazia benessere è esagerata tanto quanto le idee di chi, all’opposto, le vede come un vincolo per la società e un male per gli individui. Serve un approccio critico e riflessivo alle varie sfaccettature di questo nuovo fenomeno e soprattutto serve comprendere nello specifico le implicazioni positive e negative dei media digitali, questo è il modo per poterle rendere una virtù. Conclusioni riassuntive p. 165