Scarica Introduzione ai media digitali, di Adam Arvidsson e Alessandro Delfanti e più Appunti in PDF di Semiotica della Pubblicità solo su Docsity! INTRODUZIONE AI MEDIA DIGITALI CAP. 1 INFORMAZIONE E MEDIA DIGITALI 1. L’AMBIENTE DIGITALE Nelle nostre società i media digitali influenzano la sfera sociale, economica, del lavoro, politica e comunicativa. I cambiamenti innescati dalla diffusione delle tecnologie digitali stanno trasformando in profondità il modo in cui produciamo e distribuiamo informazione. La diffusione dei media digitali è cresciuta costantemente a partire dagli anni ’80 con la messa in commercio del computer e dall’introduzione del Word Wide Web negli anni ’90. Negli anni 2000 invece si è assistito all’emergere del WEB COLLABORATIVO, cioè di software e piattaforme online che permettono agli utenti di produrre e distribuire contenuti in prima persona, e delle tecnologie mobili come smartphone e tablet. A livello globale gli utenti della rete rappresentano il 35% della popolazione mondiale. L’affermazione di media che processano informazione in formato digitale è alla base di trasformazioni profonde non solo nel modo in cui influenzano i media, ma anche nell’organizzazione della produzione e nell’economia delle società avanzate e questa caratteristica li rende capaci di integrarsi con i media preesistenti. Questi cambiamenti hanno un impatto sull’ecologia dei media: vi sono nuove forme di vita, come i motori di ricerca e i social network che forniscono servizi di connessione alla rete, ma anche nuove strategie di sopravvivenza (i social network forniscono servizi gratuiti in cambio dei dati degli utenti, i partiti politici usano la rete per comunicare e per accumulare consenso). YOCHAI BENKLER parla della nascita di un ambiente digitale di rete caratterizzato dalle maggiori possibilità a disposizione degli individui per assumere un ruolo più attivo all’interno del sistema dei media. Allo stesso tempo però questo ambiente è denso di scontri (ad esempio sul copyright, sulla proprietà e la gestione delle infrastrutture tecnologiche). 2. I MEDIA DIGITALI Sono un insieme di mezzi di comunicazione basati su tecnologie digitali che hanno caratteristiche comuni che li differenziano da quelli precedenti. Essi sono basati sui computer e sulle reti che si sono diffuse negli ultimi decenni del XX sec affiancandosi a quelli precedenti. Tuttavia, la definizione “nuovi” è ambigua: • tutti i media sono nuovi quando vengono introdotti; • il termine “nuovo” può far pensare che siano migliori di quelli “vecchi” ma conservano analogie con i media precedenti. Quando un nuovo media viene introdotto esso non sostituisce i vecchi ma li integra o li modifica. • I media basati sui computer sono ormai diffusi da diversi decenni e sono diventati gli strumenti predominanti nel sistema dei media, fino a modificare e integrare tutti quelli precedenti. I media digitali possiedono alcune caratteristiche che li differenziano dai media tradizionali: 1. DIGITALI: trasportano informazione rappresentata da una sequenza numerica che viene poi rielaborata (codice binario basato su 2 soli simboli: 0 e 1). Possono trasformare codici analogici in digitali e viceversa. 2. CONVERGENTI: diversi tipi di contenuti (scritti, sonori, visivi, ecc) convergono in un unico supporto. 3. IPERTESTUALI: l’ipertesto è un insieme di documenti messi in relazione tra loro tramite parole chiave. Grazie al sistema dei link un utente può personalizzare il proprio percorso di fruizione. 4. DISTRIBUITI: i mass media tradizionali sono centralizzati e unidirezionali: l’informazione viene esogeno, cioè una forza esterna il cui sviluppo è indipendente dai fenomeni sociali: non importa chi sviluppa una tecnologia ma quale funzione essa assolva per lo sviluppo di una società. Il DETERMINISMO TECNOLOGICO è un approccio di questo tipo, secondo il quale le tecnologie sono fattori indipendenti in grado di determinare lo sviluppo delle società umane. In questa prospettiva, le caratteristiche dei media digitali determinano il modo in cui gli individui interagiscono tra loro. Il determinismo tecnologico è molto diffuso nel senso comune, nelle iniziative politiche che riguardano le tecnologie digitali e nel giornalismo che descrive le novità legate alla rete. Ad esempio, è comune imbattersi in approcci semplificati da espressioni come “le rivoluzioni arabe sono state causate da Fb”. Per Marx, che non si può definire un determinista estremo, le tecnologie hanno il potere di strutturare i rapporti di produzione. Posizioni simili sono state assunte da McLuhan, che negli anni ’60 scriveva “il medium è il messaggio”, cioè il significato di una comunicazione è determinato dalla tecnologia mediatica utilizzata. - Una prospettiva opposta a quella determinista è quella della COSTRUZIONE SOCIALE DELLE TECNOLOGIE, o PROSPETTIVA COSTRUZIONISTA, in base alla quale la struttura e il successo di una tecnologia dipendono dalla forza, dai bisogni e dai valori del gruppo sociale che la promuove. La metafora della costruzione indica che l’evoluzione delle tecnologie è qualcosa a cui le persone partecipano attivamente. Inoltre, questo approccio sottolinea come le tecnologie non siano naturali o esogene, ma dipendano dai processi sociali dai quali hanno origine e in cui sono immerse le persone che le sviluppano. Secondo questo approccio, l’architettura aperta di internet non è naturale, ma dovuta ai valori e alle scelte degli scienziati che ne hanno progettato la struttura a rete. Questo approccio riconosce il ruolo attivo degli utilizzatori delle tecnologie. Chi utilizza i media digitali può farne usi non previsti o diversi da quelli immaginati da chi li ha progettati. Secondo Winner, le tecnologie hanno una politica: il modo in cui sono progettate oppure la decisione di adottarle o meno possono avere il fine di ribadire una forma di potere. - Altre teorie sociali parlano della COPRODUZIONE DI TECNOLOGIA E SOCIETA’, invitando a non focalizzarsi su un solo legame di causa/effetto: non è la società a plasmare le tecnologie e non sono le tecnologie a determinare la società, ma società e tecnologie si influenzano e modificano a vicenda, in un processo di coevoluzione in cui i cambiamenti dell’una producono le altre e viceversa. Con il termine algocrazia viene descritto un ambiente digitale di rete in cui il potere viene esercitato in modo sempre più profondo dagli algoritmi, cioè i programmi informatici che sono alla base delle piattaforme mediatiche, i quali rendono possibili alcune forme di interazione e ne ostacolano altre. Spesso questi software rimangono segreti e gli utenti non possono modificarli direttamente. D’altra parte sono gli utenti stessi a dar forma agli usi possibili. È il caso del JAILBREAKING, cioè la rimozione delle limitazioni presenti nel sistema operativo di iOS di Apple. Grazie a software che danno accesso al sistema operativo, queste pratiche permettono di installare sui prodotti Apple applicazioni o programmi non previsti dalla casa produttrice. La partecipazione attiva degli utenti all’evoluzione delle tecnologie e dei media digitali non deve però essere interpretata solo come una strategia di resistenza alle costrizioni e ai vincoli delle piattaforme online. Anzi, sono le stesse imprese che gestiscono servizi come Youtube, Fb o Google a usare la definizione piattaforma non solo per descriverne il funzionamento dal punto di vista tecnologico, ma anche per ribadire la loro neutralità e apertura agli utenti. I servizi basati sui contributi degli utenti si presentano come egualitari, democratici e aperti. Creatività e partecipazione ai processi di produzione collettiva online farebbero quindi parte di una ideologia alimentata a scopi commerciali. 4. LA DIMENSIONE DEL CAMBIAMENTO Il rapporto tra tecnologie digitali e cambiamento sociale è un’interazione dinamica. Definizioni come “società dell’info” o “società in rete” sono il frutto di riflessioni del XX sec e si riferiscono a un mutamento profondo e complessivo delle società avanzate contemporanee. Tra i cambiamenti legati alla diffusione dei media digitali vi sono i processi di globalizzazione, che hanno portato a una riduzione del prezzo delle merci e a un cambiamento delle dinamiche di potere a livello nazionale e globale. La globalizzazione ha anche un risvolto culturale: a partire dagli anni ’80 la globalizzazione dei mercati televisivi ha generato una cultura globale composta dall’adozione degli stessi format televisivi, brand, film e canzoni e la diffusione di massa di Internet ha accelerato questo fenomeno. Oggi l’innovazione culturale si sta spostando verso paesi come Cina, India, Brasile. CAP. 2 COMPUTER E SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE 1. LA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE È una forma di società caratterizzata dalla preminenza di informazione, sapere e conoscenza rispetto ai beni materiali e alla produzione industriale. In essa le tecnologie informatiche sono pervasive e influenzano i processi produttivi, sociali, identitari e politici. La capacità di produrre, manipolare e distribuire informazione diventa il fattore principale di ricchezza e potere. La nascita della società dell’informazione è legata anche a cambiamenti economici e politici avvenuti negli ultimi decenni del XX sec. Le tecnologie per la produzione, gestione e distribuzione dell’informazione sono caratterizzate da costi decrescenti e dalla disponibilità universale, per lo meno nei paesi ricchi. Il concetto di società dell’info comincia a diffondersi negli anni ’90 sia nel dibattito pubblico che in quello accademico. La diffusione di internet crea una sensazione di cambiamento radicale. Si arriva a parlare della nascita della società dell’info come di una terza rivoluzione industriale. Le tecnologie dell’info cambiano anche i settori agricolo e industriale. Il sistema economico che emerge da questa trasformazione si caratterizza per essere, nella definizione di Castells, informazionale, globale e a rete. 2. ECONOMIA DELL’INFORMAZIONE E GLOBALIZZAZIONE A) In un’economia INFORMAZIONALE, cioè basata sull’informazione, la produttività, la competitività e la redditività dipendono dalla capacità di generare e gestire informazione e conoscenza. Le risorse principali dell’impresa smettono di essere le fabbriche e i macchinari, per diventare quelle legate all’informazione: brand, brevetti, capacità di gestire reti di fornitori, design e marketing. B) Nell'economia GLOBALE le componenti centrali dell’economia hanno poca capacità istituzionale, organizzativa e tecnologica di operare su scala globale. Tuttavia con la società dell’info la economico e sociale suggerendo che l’importanza della produzione e circolazione di informazione come fattore economico e quindi la centralità politica e culturale del lavoratori della conoscenza avrebbero reso meno influenti le grandi ideologie della modernità. PIZZORNO suggerì che il peso crescente del nuovo ceto medio manageriale stesse trasformando l’Italia in una società il cui collante sociale erano la crescita economica e la possibilità di generare nuove opportunità di consumo e non le grandi ideologie. Nel decennio successivo queste idee si consolidarono verso l’idea di una nuova società postindustriale. Proposto da TOURAINE e BELL poco tempo dopo, il modello della società postindustriale si fondava su 3 componenti principali: 1. la riduzione del peso economico della produzione materiale e il consolidarsi di una nuova economia dell’informazione e dei servizi; 2. la centralità della produzione di sapere come motore dello sviluppo economico e sociale. 3. Il ruolo di potere assunto dalla pianificazione e dall’organizzazione di processi complessi, e di conseguenza la sostituzione della vecchia classe dirigente con un ceto di burocrati e tecnici che esercitavano il potere in modo anonimo e in apparenza senza interessi politici. • Negli stessi anni, i teorici del post fordismo mettevano invece l’accento sulle trasformazioni delle forme di produzione. Mentre l’organizzazione del lavoro ideata da Ford era perfetta per produrre beni di consumo di massa standardizzati, le nuove macchine sono facilmente riconfigurabili e possono rispondere alle richieste di un mercato in continuo mutamento. Negli anni ’80 al concetto di società postindustriale si affianca un’altra idea di società postmoderna, espressione ideata da LYOTARD secondo il quale i cambiamenti nella produzione di cultura e di sapere e nella politica avrebbero come conseguenza un effetto profondo sulle società moderne. MCLUHAN con la formula “il medium è il messaggio” descriveva l’impossibilità di separare il contenuto di una comunicazione dalla sua forma e dalla tecnologia utilizzata per trasmetterla. Secondo McLuhan i media elettronici come la tv erano destinati a trasformare l’umanità in un villaggio globale, un mondo in cui le forme tribali di organizzazione sarebbero state possibili non solo in relazioni faccia a faccia tipiche delle società tradizionali, ma su una scala globale. NEGROPONTE dipingeva la rete come una tecnologia che permetteva di trascendere le barriere spaziali e burocratiche che caratterizzano gli stati. L’individuo in rete è un consumatore o un imprenditore che vive negli spazi digitali e in un mercato libero da condizionamenti statali. Negli anni ’90 si fa strada l’idea di intelligenza collettiva, che per LEVY è una mobilitazione delle intelligenze distribuite, coordinate e valorizzate grazie alle tecnologie dell’informazione. 4. STORIA DELLE TECNOLGIE INFORMATICHE E CAMBIAMENTO SOCIALE. Le tecnologie informatiche hanno una storia legata a quella dei grandi mutamenti sociali e politici degli ultimi secoli; l’abaco era usato dai sumeri 4.500 anni fa. Tuttavia la prima definizione di computer come macchina viene dal matematico inglese TURING, che negli anni ’30 propose il modello di un computer come macchina capace di imitare tutte le altre macchine, cioè una macchina programmabile. L’idea che un nuovo atteggiamento scientifico possa essere applicato anche alle vicende umane e che i fatti sociali non siano l’effetto della volontà divina, ma seguano regole ben precise, era stata sviluppata a partire dal 17 sec da Bacone, Leibniz e Newton. Questo modo di pensare fu rinforzato dallo sviluppo della statistica, che rispondeva all’esigenza di misurare e controllare gli avvenimenti sociali da parte degli stati. Anche il processo di industrializzazione che si affermava nel 19 sec creò la domanda per nuovo modi di automatizzare la manipolazione dell’informazione. La seconda guerra mondiale diede impulso ulteriore allo sviluppo dei calcolatori e diede forma ai computer come li conosciamo oggi. Le telecomunicazioni assunsero un importanza strategica, come la crittografia. Solo alcuni anni dopo la guerra i computer si diffusero al di fuori delle basi militari, per far parte nelle imprese in cui ebbero un impatto crescente sull’organizzazione dell’economia. Dal matrimonio tra hacker e controculture tecnologiche nacquero i primi personal computer destinati a un uso familiare. 5. DALLE RETI ALLA RETE GRANDE COME IL MONDO Negli anni ’50 e ’60 si pensava ai computer come strumenti non solo per effettuare calcoli ma anche per comunicare. Il progetto di comunicazione che rappresenta l’antenato di Internet fu la rete Arpanet, che si basava sulla tecnologia del packet switching, che scompone ogni messaggio in una serie di pacchetti che trovano la loro strada nella rete, indipendentemente dagli altri. Oltre ad Arpanet, le Bbs nate negli anni ’70 erano banche di dati di messaggi e informazioni contenuti in personal computer individuali cui si poteva accedere mettendosi in comunicazione con il singolo utente tramite le nuove tecnologie Modem. Questi sistemi di scambio di info erano generati dal basso e aperti a chiunque e a qualsiasi tema. La rete non era più solo una tecnologia per connettere i computer, ma permetteva alle persone di comunicare e propagare anche contenuti poco ortodossi, senza un controllo centrale. Alla diffusione delle reti e alla nascita del web contribuirono anche scelte politiche: negli anni ’80 gli operatori telefonici conoscono una prima ondata di liberalizzazioni che aprono alla concorrenza in un mercato monopolistico. Negli anni ’90 il web si diffonde nelle case americane ed europee e comincia a rappresentare un’industria in espansione basata sulle dot-coms, portali commerciali come Amazon o eBay. È la cosiddetta new economy: alla fine del decennio qualsiasi attività online con il suffisso .com è in grado di attirare investimenti di cui beneficia chi è in grado di sfruttare il nuovo spazio aperto dal web per proposte di business. Questa situazione dà luogo però alla bolla speculativa, cioè un aumento sconsiderato dei costi delle azioni delle aziende di commercio online. 6. IL FUTURO DELLA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE Le nuove tecnologie informatiche hanno conseguenze sociali. Nella produzione industriale rendono possibile l’organizzazione della produzione in reti globali di piccole fabbriche connesse tra loro e localizzate in paesi con bassi costi salariali. Si diffondono forme di organizzazione sociale a rete diverse dal mercato IL COPYLEFT E LE LICENZE CREATIVE COMMONS Il termine copyleft nasce da un gioco di parole tra right e left. Infatti si tratta di una forma di copyright alternativo che in italiano si potrebbe definire come permesso d’autore invece che diritto d’autore. Esso tutela l’autore di un’opera ma allo stesso tempo permette a chiunque di compiere alcune azioni senza chiedere permesso o pagare royalty all’autore, in modo da eliminare gli ostacoli alla diffusione delle informazioni creati dalle leggi sul copyright. Le licenze copyleft più famose sono quelle sviluppate da Creative Commons, organizzazione no profit. Chi decide di proteggere un’opera dell’ingegno, ad esempio una canzone o un libro, con una licenza Cc permette a chiunque di riprodurre, distribuire e rappresentare l’opera stessa. Inoltre l’autore può scegliere quali ulteriori diritti concedere agli utenti, combinando in diverse forme le 4 clausole principali. La clausola Attribuzione (by) significa che chi esegue o redistribuisce l’opera deve indicare l’autore. La clausola Non uso commerciale significa che non sono consentiti utilizzi a fine economico. La clausola Non opere derivate impedisce di modificare l’opera e la clausola Condividi allo stesso modo significa che chi trasforma l’opera e ne redistribuisce una versione modificata deve pubblicarla secondo le condizioni della licenza scelta dall’autore originale. Una metafora che è stata usata per descrivere la produzione sociale è quella del peer-to-peer. Le reti P2P sono reti di computer usate per scambiare file con la particolarità di non essere dotate di luoghi centralizzati in cui risiedono le informazioni. Ogni computer ha un ruolo paritario. Il p2p funziona grazie alla sua ridondanza: il contributo di molti computer individuali fa sì che lo spegnimento di un nodo della rete non ne comprometta il funzionamento. Il caso più conosciuto di creazione cooperativa di informazione è quello del software libero, basato su licenze che permettono a chiunque di usarlo, modificarlo e ridistribuirlo. La parola libero non significa tuttavia che questi programmi possono essere usati in modo indiscriminato, dato che sono soggetti a licenze copyleft. 3. OPEN SOURCE E INNOVAZIONE Dall’esperienza del software libero è nato l’open source. La volontà di partecipare a progetti no profit, orientati alla creazione di valore d’uso per una comunità piuttosto che a interessi privati rientra in una nuova forma di economia, quella del dono, in cui la remunerazione non è economica ma tende alla creazione di legami sociali. L’open source è divenuto anche un fenomeno commerciale. È sempre più comune che le imprese dei media digitali aprano parte del loro sistema di innovazione al contributo degli utenti della rete tramite strategie di coinvolgimento dei clienti al fine di migliorare i propri prodotti. Questi fenomeni di CROWDSOURCING, cioè di esternalizzazione di un processo produttivo non ad altre imprese ma alla folla, permettono di risparmiare e di raccogliere idee che sarebbe difficile sviluppare in azienda. Nel settore dei media digitali un esempio è quello delle piattaforme di telefonia mobile. L’ascesa di Apple e del suo iPhone è dovuta in parte alla decisione di permettere a chiunque di sviluppare applicazioni secondarie da installare sul sistema operativo iOS. Infatti Apple mette a disposizione gratuitamente e liberamente il proprio kit di sviluppo delle applicazioni. L’ECONOMIA SHANZHAI: Fenomeni di innovazione aperta stanno emergendo in paesi come la Cina, dove la scarsa capacità dello stato di far rispettare le leggi sulla proprietà intellettuale e la presenza di un ambiente di innovazione sregolato hanno determinato all’economia Shanzhai. La produzione di cellulari Shanzhai è caratterizzata dal basso prezzo e dall’assenza di protezione dei diritti di proprietà intellettuale. 4. IL FUTURO DELLA COOPERAZIONE ONLINE Secondo diversi autori, l’espansione della produzione orizzontale basata sui beni comuni corrisponde a un obiettivo democratico: • la peer production e le culture partecipative favorirebbero la redistribuzione di potere e ricchezza in quanto gli individui possono controllare anche gli input e gli output del processo produttivo. • L’emergere di questi processi rappresenterebbe un aumento di autonomia e libertà individuale; • La peer production sarebbe parte integrante di una nuova sfera pubblica in rete, basata su forme di comunicazione orizzontali e svincolate dal controllo politico tipico di altri tipi di media; • La produzione sociale e non commerciale risponderebbe a obiettivi di giustizia e sviluppo, mettendo a disposizione dei paesi più poveri risorse informazionali cui accedere e strumenti di produzione di info e conoscenza svincolati dal controllo dei governi e delle aziende. L’emergere del web collaborativo e dei progetti di cooperazione ha trasformato l’industria culturale e aperto nuovi spazi di comunicazione e partecipazione. Tuttavia questi fenomeni hanno causato anche critiche che ne hanno messo in luce diversi problemi. Vi sono critiche all’efficacia della produzione sociale basata sui beni comuni: da un lato vi sono dubbi sulla capacità di produrre sapere affidabile. Inoltre la cooperazione online svaluterebbe i risultati individuali in favore di forme di collaborazione indistinte, in cui il ruolo del singolo diviene irriconoscibile. • CAP. 4 SFERA PUBBLICA, POLITICA E POTERE • 1. DAL PUBBLICO AI PUBBLICI ATTIVI • Negli studi sui media il pubblico è da tempo considerato attivo: gli individui che ricevono un messaggio sono in grado di interpretarlo e rispondere in forme differenti. L’audience dei media è quindi attiva. Se questo è vero per i media broadcast (da pochi a molti, come tv, radio e stampa), con i media digitali il pubblico si diversifica ulteriormente. L’effetto principale della rete è la nascita di un sistema partecipato e aperto all’attività dei singoli per scegliere temi da mettere all’ordine del giorno. Uno dei processi di trasformazione della sfera pubblica nell’era digitale è quello della disintermediazione, cioè l’aumento di indipendenza da figure professionali che hanno avuto il ruolo di intermediarie tra pubblico e informazione. Grazie alle tecnologie digitali e alla rete, gli individui hanno accesso diretto alle informazioni che erano prima in mano ad esperti e professionisti. La disponibilità di strumenti per pubblicare contenuti di uso semplice e accessibile a chiunque ha reso possibile la nascita di fenomeni di produzione di informazione di nuovo tipo, che hanno arricchito l’ecologia dei media. Il CITIZEN JOURNALISM è la produzione e distribuzione di notizie da parte di individui che non sono giornalisti professionisti e attraverso canali alternativi a quelli delle istituzioni comunicative broadcast. Uno degli strumenti principali a disposizione dei cittadini che vogliono produrre notizie è il blog. Gli stessi giornali tradizionali si sono adattati al cambiamento in atto, aprendo edizioni online in cui l’interazione con i lettori è al centro dell’attività comunicativa. Una delle funzioni principali dei giornali è il GATEKEEPING, cioè il potere di selezionare quali notizie raggiungeranno il pubblico e quali no. Infine, è cambiato anche il ruolo dei mass media tradizionali come detentori del potere di agenda setting, cioè la capacità di dettare l’agenda del dibattito pubblico scegliendo le notizie e i temi di cui si parlerà. Secondo Benkler la sfera pubblica di rete è in grado di garantire i filtri di attendibilità e rilevanza un tempo riservati ai mass media che oggi non sono più gli unici intermediari tra cittadini e informazione. Gli strumenti di produzione e condivisione di informazioni utilizzati da masse sempre maggiori di utenti sarebbero quindi adatti a far emergere notizie e contenuti rilevanti per il dibattito pubblico, nonché attendibili e verificati (WikiLeaks). WIKILEAKS: è una piattaforma per la pubblicazione di leaks, cioè perdite o fughe di notizie. È un organizzazione no profit internazionale basata su un sistema di raccolta di documenti coperti da segreto di stato o militare o industriale che le persone possono fornire in forma anonima grazie a sistemi di criptazione. L’organizzazione si occupa poi di verificare l’autenticità dei documenti e di pubblicarli mantenendo l’anonimato delle sue fonti. Lo scopo è quindi quello di aumentare la trasparenza dei governi e delle imprese tramite una forma di controllo del loro operato messa in atto da tutti gli utenti della rete. Raggiunge la notorietà con la pubblicazione di file riservati sulla gestione del campo di prigionia statunitense di Guantanamo, sulle torture e gli abusi commessi dai militari statunitensi in Iraq e sui messaggi segreti della diplomazia americana. Per diffondere le informazioni, wikileaks da alcuni anni opera in collaborazione con quotidiani come il New York Times. Nel corso della sua storia ha subito censure e tentativi di boicottaggio e chiusura. I suoi dati risiedono in database di paesi in cui vigono leggi che tutelano privacy e libertà di espressione. Alcuni politici statunitensi sono arrivati a chiedere l’assassinio del fondatore e principale esponente, Assange. Allo stesso tempo wikileaks ha ricevuto diversi premi legati alla libertà di espressione. 3. POLITICA E MOVIMENTI SOCIALI Le relazioni di potere sono ormai sistematicamente organizzate anche intorno alle reti, alla capacità di determinare chi vi può accedere, alla loro programmazione e alla gestione dei flussi di informazione. Nella società in rete, il potere diventa così potere della comunicazione e si incarna nell’architettura stessa della rete. Questo fenomeno è ora trasformato e rafforzato dall’emergere della sfera pubblica in rete. A partire dagli anni ’90 si è assistito a un aumento del numero di cittadini che partecipano al dibattito pubblico tramite i media digitali mentre sono diminuiti coloro che utilizzano solo altri media come i giornali o la tv. Gli effetti di questi cambiamenti sulla sfera pubblica dipendono anche dal tipo di società in cui si verificano. Nonostante internet possa ampliare la partecipazione dei cittadini alla sfera pubblica, l’accesso alle tecnologie digitali è sbilanciato: il divario digitale è la differenza di accesso alle tecnologie di rete che si verifica tra paesi ricchi e paesi poveri, o tra diverse classi sociali o generazioni all’interno dello stesso paese. L’attività politica è profondamente influenzata da media e sistemi di gestione dell’informazione. Nelle società avanzate, le pratiche politiche dipendono in modo rilevante dalla capacità di analizzare l’elettorato con tecniche derivate dalle scienze sociali al fine di produrre strategie di marketing politico mirate sui diversi media utilizzati. Se le tendenze più ottimiste vedono in internet un mezzo per creare forme di democrazia diretta destinate a soppiantare le istituzioni della democrazia rappresentativa, mentre quelle più pessimiste vi vedono solo un rinforzo delle gerarchie esistenti, è più corretto affermare che la rete rende possibili nuove strategie di mobilitazione e partecipazione. Grazie a una campagna basata soprattutto su piattaforme online e creata con il contributo di figure importanti nel mondo dei media digitali, Obama è stato in grado di sconfiggere gli avversari sul terreno del numero di persone coinvolte direttamente nella sua campagna, dei fondi raccolti e dei voti. Anche in Italia i partiti politici si sono visti costretti negli ultimi anni ad adottare strategie comunicative legate alla rete. Nelle elezioni amministrative del 2011 si è verificato un esempio di incapacità di gestione della comunicazione in rete da parte di Letizia Moratti, sindaco uscente di Milano, poi sconfitta da Pisapia, che ha collezionato alcune gaffe sui principali social media dimostrando di non conoscere il funzionamento e di non investirvi risorse sufficienti. I movimenti sociali sono spesso sperimentatori nel campo politico tramite i media digitali. La creazione di un sistema informativo basato sui media digitali e alternativo a quello gestito dalle dittature è stata salutata come una delle armi principali nelle mani delle opposizioni in medio oriente: si è parlato di Twitter revolution in Iran nel 2010 e nel corso della primavera araba che ha investito i paesi del Maghreb nel 2011. LA PRIMAVERA ARABA: il 17 dicembre 2010 lo studente e fruttivendolo Bouazizi si diede fuoco in pubblico per protestare contro il regime del presidente tunisino Ben Ali. Questa data è considerata l’inizio della primavera araba, una serie di sollevazioni popolari che hanno rovesciato i regimi autoritari in Tunisia, Egitto e Libia e hanno scatenato conflitti in Siria, Yemen, e Bahrain e in altri paesi in medio oriente. La primavera araba ha preannunciato movimenti come l’occupazione delle piazze nello stato spagnolo e Occupy Wall Street. Molti dei partecipanti ai movimenti utilizzavano le piattaforme dei media sociali come simboli di democrazia e libertà. Le posizioni più estreme sostengono che furono i media sociali come Twitter e Fb a causare la nelle diverse parti del mondo. La network analysis o studio delle reti usa software per rappresentare i pubblici, per individuare lo spazio che occupano online e le connessioni tra gli individui, e per scoprire chi sono le persone più influenti. L’analisi semantica studia i discorsi che si sviluppano in rete. Tramite software si analizzano le ricorrenze con cui due termini vengono usati nella stessa comunicazione. È usata anche nel marketing commerciale e politico per capire se sui social media un brand, un prodotto o un candidato sono associati a termini positivi o negativi. 2. I MEDIA SOCIALI I media sociali sono siti web basati sulla costruzione e sul mantenimento di legami sociali con altri utenti del servizio. Secondo una delle definizioni più diffuse, i media sociali sono servizi web che permettono di: creare un profilo pubblico o semipubblico secondo le possibilità della piattaforma stessa costruire una rete di contatti scorrere la lista dei contatti dei propri contatti. Inoltre molti media sociali permettono di creare o aderire a comunità tematiche, gruppi di discussione che non sono strettamente legati alla propria cerchia di contatti. La maggior parte dei siti di social network permette agli utenti di pubblicare e condividere con i propri contatti contenuti mediali di vario tipo. Gli utenti possono interagire con i contenuti degli altri utenti condividendoli, commentandoli o assegnandogli un rating che esprima un giudizio. Molti di questi siti forniscono chat, messaggi istantanei, email, telefonia e sistemi di commenti. L’integrazione di questi servizi li hanno resi competitivi con i motori di ricerca come gatekeepers, cioè come strumenti attraverso i quali gli individui accedono ai contenuti della rete e con i fornitori di servizi di email per quel che riguarda la messaggistica. Oggi i media sociali sono in grande maggioranza gestiti e sviluppati da aziende private, che hanno sviluppato modelli economici che permettono loro di assicurarsi guadagni a partire dalle informazioni che gestiscono. La maggior parte di questi servizi è gratuita: la principale ricchezza è data dalla possibilità di utilizzare le informazioni che gli utenti forniscono al sito. Questi dati vengono aggregati da software di profilazione, che permettono di creare profili degli utenti in base ai loro interessi, alle loro comunicazioni, ai siti che visitano e alle loro reti di amicizie. Le info possono essere vendute a terzi, ad esempio agenzie di marketing, oppure possono essere usate direttamente sul sito per fornire agli utenti pubblicità compatibili con gli interessi di un utente come componenti naturali degli ambienti comunicativi in cui svolge la sua vita relazionale. 3. INSIEME GRAZIE ALLA RETE L’arrivo di nuove tecnologie genera critiche e panico morale. L’argomento principale di questo tipo di critiche rivolte alle tecnologie digitali è che la natura immersiva dell’esperienza online tende ad assorbire le persone in un mondo parallelo, e in questo mondo isolarle. Secondo la psicologa SHERRY TURKLE la diffusione di internet crea una situazione in cui gli individui non interagiscono più con coloro che hanno accanto ma sono assorbiti in un mondo parallelo fatto di post su Fb e tweet. I media sociali ci proiettano così in un mondo in cui stiamo insieme ma soli. Le interazioni umane diventerebbero così sempre più scarse per essere sostituite da interazoni uomo- macchina che simulano l’autenticità dell’affettività umana. Questa immagine fa parte di una lunga narrazione sulla perdita del senso di comunità e delle relazioni sociali calde che ha accompagnato il processo di modernizzazione e l’arrivo di nuove tecnologie della comunicazione dalla fine del 19 sec, dell’affermarsi di ciò che la sociologa Eva Illouz chiama intimità fredde. Barry Wellman e diverse ricerche effettuate dagli anni ’90 però concordano nel tracciare un quadro differente: - le persone che usano la rete tendono ad avere reti sociali più estese e diversificate rispetto alle persone che non usano tecnologie digitali. - La rete e i media sociali sono parte integrante della vita sociale degli individui e non uno strumento per allontanarsene. - I media non impoveriscono la vita sociale delle persone; è piuttosto il modo in cui le persone interagiscono tra loro a cambiare con l’uso di queste tecnologie. 4. IDENTITA’ E NATIVI DIGITALI I media digitali sono importanti strumenti in cui gli individui mettono in atto strategie di costruzione della propria identità. I rituali di presentazione del sé devono essere ricalibrati per adattarsi ai media digitali e sociali. Il tipo di informazioni che vengono pubblicate può variare all’interno di contesti diversi. Tuttavia i media sociali non determinano completamente l’identità di una persona ma la incorniciano. Molti dei comportamenti di costruzione dell’identità in rete sono identici a quelli offline: ad esempio, la necessità di essere accettati dai gruppi dei pari. Se negli anni 90 l’uso di nicknames per mascherare la propria identità o crearne di multiple era un fenomeno considerevole, oggi la maggior parte degli utenti della rete usa il proprio vero nome. Oggi c’è continuità tra identità online e offline. Le relazioni online sono spesso radicate in quelle offline: su piattaforme come Fb si diventa amici principalmente con persone con cui si sono avute interazioni offline. La fusione tra online e offline, l’integrazione tra internet e telefonia mobile e il diffondersi dei media sociali hanno fatto parlare di un nuovo soggetto generazionali: i nativi digitali, cioè i giovani nati a stretto contatto con i computer e internet, cellulari, tablet e consolle per i videogiochi connessi alla rete. La formula nativi digitali serve per distinguerli dai migranti digitali, cioè le persone nate prima dell’avvento di internet e si sono formate in un mondo dominato da carta stampata e tv. Essi hanno dovuto migrare nel mondo delle tecnologie digitali e imparare un linguaggio e dei modi di agire a loro estranei. 5. L’INDIVIDUALISMO IN RETE E I NUOVI PUBBLICI La teoria sociologica classica distingue 2 forme di relazioni sociali: • COMUNITA’: caratterizzata da alti livelli di fiducia e conoscenza reciproca; in cui il gruppo viene prima dell’individuo e le regole della vita sociale sono forti e oppressive; • SOCIETA’, tipica della modernit, caratterizzata dall’importanza di associazioni dotate di regole formali e esplicite come i partiti politici o i sindacati. Nella Se da un lato hanno parzialmente rinunciato a una concezione della privacy come diritto a una sfera privata non accessibile, oggi le persone sanno negoziare i livelli di privacy per creare un controllo attivo sulle informazioni che le riguardano o sulle interazioni che mettono in atto. CAP. 6 ECONOMIA DELL’INFORMAZIONE E DEI MEDIA DIGITALI 1. I MODELLI ECONOMICI DEL WEB Internet e i media digitali hanno una grande rilevanza economica. Da un lato per l’importanza del mercato delle tecnologie di rete (pc,smartphone,tablet..); dall’altro perché sui media digitali si basa un’economia sviluppata direttamente dalla rete, in termini di servizi venduti o mercato pubblicitario (motori di ricerca, media sociali..). Con la diffusione di massa dell’accesso a internet negli anni 90 si sono scatenate ondate successive di investimenti e sono sorti nuovi modelli economici che sostengono le imprese del web. · La CODA LUNGA è il modello su cui si basano giganti come la libreria online Amazon, e si riferisce alla massa di opportunità marginali che con i media digitali diventa possibile gestire. Invece di vendere solo pochi titoli molto popolari, Amazon realizza gran parte dei suoi guadagni vendendo poche copie di moltissimi libri che rappresentano la coda del mercato e non la sua vetta. Anche se ognuno di questi titoli ha vendite marginali, insieme costituiscono una massa tale da contribuire sostanzialmente ai guadagni dell’azienda. Il successo della coda lunga per le società online dipende dal fatto che internet facilita la scoperta e l’integrazione di informazioni, come la ricerca di libri poco diffusi, e permette all’azienda di accumulare libri in giganteschi magazzini gestiti per via informatica. Amazon svolge il lavoro di centinaia di piccole librerie che devono sopportare costi amministrativi elevati e non hanno lo spazio fisico per la moltitudine di libri pubblicati ogni anno, ma devono invece selezionare solo quelli che vendono più copie. Altro settore che ha fatto uso sistematico della coda lunga è quello del microcredito. Società finanziarie in attività nei paesi in via di sviluppo concedono prestiti limitatissimi a individui che vogliono lanciare microimprese. Rivolgendosi a molte persone, queste società riescono a sviluppare un volume di affari notevole senza bisogno di attirare grandi investitori. L’idea alla base delle aziende del web 1.0 era che la rete fosse una sorta di biblioteca di contenuti che potevano essere visionati dagli utenti. L’idea dei content providers, cioè fornitori di contenuti, era quindi quella di far pagare l’accesso ai contenuti online. L’arrivo del web 2.0 con blog, siti come Youtube e social network come Fb ha dato agli utenti nuove possibilità di distribuire contenuti prodotti da loro stessi. Inoltre i sistemi di file sharing come eMule e i siti di streaming video online hanno reso difficile il controllo della diffusione e circolazione dei contenuti prodotti dall’industria culturale, come musica e film. La fonte principale di introiti per i cantanti è tornata ad essere il concerto. In altri casi content provider tradizionali come le case di produzione cinematografica si uniscono con produttori di altri tipi di contenuti e diversificano la loro offerta inserendo un film all’interno di un universo mediale eterogeneo e integrato (Matrix non è solo una trilogia cinematografica ma anche una serie di videogiochi, cartoni animati e libri). L’arrivo di internet mobile fa intravedere una rivincita dei content provider, dato che le app usate su smatphone e tablet aprono nuovi canali per l’accesso a contenuti a pagamento. Con il web 2.0 all’inizio degli anni 2000 la rete non si fonda più sul solo sito come raccoglitore di contenuti ma anche su altre piattaforme come blog, wiki e media sociali che invitano a una maggiore partecipazione da parte degli utenti anche in termini di business. I modelli di business del web 2.0 si basano sulla cocreazione da parte degli utenti (Tripadvisor chiede agli utenti di fare recensioni sui ristoranti). · Altro ramo dell’economia del web è composto dai motori di ricerca: oggi il mercato è dominato da Google. Alla base del funzionamento di Google vi è un software chiamato page rank, che analizza i link creati dagli utenti del web per determinare la rilevanza di un sito rispetto ai termini e alle parole chiave cercate dall’utente. Google fornisce quindi una classifica in cui il sito che sta più in alto nei risultati di ricerca è quello più linkato dagli altri siti. Inoltre Google tiene conto delle storie di ricerca individuali degli utenti: i risultati possono variare a seconda di chi esegue una ricerca. Google offre servizi gratuiti perché usa le informazioni raccolte sugli utenti, cioè le loro ricerche o altre info prese da servizi di sua proprietà come Gmail, Youtube o Google maps, per fornire pubblicità personalizzata. Grazie a questa attività di profilazione i software di Google conoscono l’età, i gusti, i consumi, la città e la disponibilità economica dei suoi utenti. Per questo può vendere spazi pubblicitari ad alto valore aggiunto, dato che è in grado di inviarli a utenti specifici. · Gran parte dei siti web e dei servizi gratuiti della rete dipende dagli investimenti pubblicitari. Tuttavia il mercato pubblicitario che sostiene l’economia del web è profondamente diverso da quello tradizionale. Attraverso sistemi click through gli inserzionisti pagano sulla base di quanti visitatori di un sito cliccano sulla pubblicità e quindi accedono effettivamente ai suoi contenuti. Ma finora poche aziende, con l’eccezione di Google, sono riuscite ad attrarre investimenti pubblicitari sufficienti a dare sostanza alle loro valutazioni di mercato. In questo scenario emergono modelli parzialmente diversi come LinkedIn, un social network per professionisti che richiede il pagamento di una quota di abbonamento agli utenti che vogliono usufruire dei suoi servizi premium, più specializzati. Groupon aiuta i consumatori a trovare offerte e sconti da parte delle imprese locali e trattiene parte del denaro speso per il bene o il servizio acquistati. · Infine, il CROWFUNDING, finanziamento della folla, è un sistema di raccolta fondi per progetti no profit o per imprese start up basato su piattaforme online. I servizi basati su questo modello offrono la possibilità di pubblicizzare progetti per cui vogliono raccogliere un capitale di partenza. Gli individui possono contribuire con finanziamenti anche molto limitati, dato che questi servizi puntano su grandi numeri di persone disposte a donare piccole somme e non su grandi finanziatori. 2. PRODUZIONE IMMATERIALE: BRAND E FINANZA Nell’economia dell’informazione la creazione di valore si sposta dalla produzione di beni materiali alla produzione di beni immateriali. Le maggiori fonti di valore diventano attività che richiedono competenze di elaborazione dell’informazione che sono meno diffuse. L’innovazione è la capacità di creare continuamente novità sia tecnologiche che di design e stili di consumo. Questo è stato il segreto di Apple, che ha saputo lanciare innovazioni come l’iphone e l’ipad. ricreativi. Il caso più noto è quello di Google, la cui sede centrale nella Silicon Valley fornisce ai programmatori campi da gioco, divertimento e spazi comuni. La tendenza verso le forme di produzione socializzata porta anche a una fusione tra le attività produttive e le attività di consumo. Con il termine PROSUMERS, che unisce le parole producer e consumer, si definiscono gli individui che assumono un ruolo attivo nei processi di creazione, produzione e consumo delle merci. 4. DISUGUAGLIANZE E SVILUPPO NELLA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE Nonostante la retorica di uguaglianza e democrazia che circonda i media digitali, nella società dell’informazione le risorse sono tutt’altro che distribuite equamente. Il digital divide, o divario digitale, è la disparità tra chi ha accesso ai media digitali e chi non lo ha ed è uno dei problemi più discussi all’interno della società dell’informazione. La disuguaglianza nell’accesso ai media digitali viene considerata una fonte di disuguaglianze sociali ed economiche. La disparità più visibile è quella tra paesi ricchi e paesi poveri e in via di sviluppo. Questo divario si verifica anche all’interno di aree omogenee; allo stesso modo, il divario digitale può essere presente anche tra regioni diverse di uno stesso paese. Oltre alle aree geografiche, vi sono altri fattori di natura politica: paesi autoritari come la Cina limitano l’accesso a siti e servizi online che ritengono pericolosi per la stabilità politica. Intervengono inoltre fattori culturali che rendono gli individui più o meno in grado di sfruttare le possibilità aperte dai media digitali. Altro fattore è l’età: i giovani hanno un vantaggio culturale, mentre gli anziani scontano un ritardo dovuto alla scarsa dimestichezza con queste tecnologie. La maggior parte delle iniziative intraprese per colmare il divario digitale si basa sull’assunzione che fornire più accesso alle tecnologie dell’informazione a un paese povero permetta di ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche. Diversi progetti effettuano operazioni di alfabetizzazione ed educazione alle tecnologie informatiche. Secondo Benkler sono necessarie soluzioni basate sui beni comuni, che si fondano sull’accesso all’informazione esistente e ne facilitano ulteriori usi e sviluppi in un sistema che gestisce l’informazione come un bene comune e non come proprietà privata. Un paese che non può permettersi di acquistare licenze Microsoft per i sistemi operativi dei computer usati dalla pubblica amministrazione, scuole o università può decidere di adattare sistemi operativi opensource gratuiti e liberamente modificabili. Tuttavia le risposte al problema del divario digitale basate solo sull’accesso alle tecnologie non sono soddisfacenti. Secondo alcuni economisti lo sviluppo sarebbe convergente, cioè andrebbe in direzione di una maggiore uguaglianza tra paesi poveri e ricchi. I paesi poveri infatti potrebbero colmare il divario di sviluppo grazie all’innovazione tecnologica, che sarebbe esogena. Tramite meccanismi di mercato, un nuovo microchip sviluppato nella Silicon Valley può essere trasferito in un paese povero che potrebbe riavvicinarsi ai paesi che fanno innovazione. Questo approccio è riassumibile nello slogan “Chips are chips”: non c’è differenza tra patatine e microchip, dato che un paese che produce le prime può esportarle per importare i secondi. Secondo una prospettiva opposta, lo sviluppo sarebbe divergente. L’innovazione tecnologica sarebbe quindi un fattore endogeno, cioè il risultato di scelte e investimenti da parte dei governi e delle aziende basato sul mercato e portatore di benefici ai soggetti in grado di guidare lo sviluppo tecnologico. CONCLUSIONI In un saggio degli anni ’60 Umberto Eco divideva i critici dei media in 2 categorie che si possono applicare anche ai critici di internet dei giorni nostri: apocalittici e integrati. Per gli apocalittici le nuove tecnologie mediatiche tendono a sovvertire i valori tradizionali, alienare le persone l’una dall’altra e generare solitudine. Secondo Eco, essi attribuiscono ai mezzi di comunicazione di massa il potere di manipolare la mente delle persone e di sostituirsi alla cultura vera e propria. Gli integrati invece vedono le nuove tecnologie come un passo verso una modernità radiosa che contiene la promessa di risolvere i problemi dell’umanità. Secondo Eco, sono coloro che celebrano l’utilità sociale dei mezzi di comunicazione di massa e i loro meriti nell’informare, educare e intrattenere i cittadini. Tra gli intellettuali che discutono sull’impatto sociale di internet si può trovare una polarizzazione simile: da un lato, la visione distopica sostiene che i media digitali abbassano il livello della produzione culturale, sostituendola con una massa di contenuti di bassa qualità, rendendo le persone più solitarie e promuovono una nuova società del controllo dove le vite sono soggette a sorveglianza e niente rimane privato. Dall’altro lato, per gli utopisti i media portano con sé la promessa di una democrazia più diretta, di nuove forme di mobilitazione politica, di mercati più aperti e democratici e, con l’espansione delle forme di produzione peer-to-peer e open source, di un nuovo modo di organizzare la produzione e la distribuzione di ricchezza. Anche se le tecnologie possono guidare il cambiamento sociale, la direzione di quel cambiamento dipende da altre scelte: le scelte politiche e l’esito degli scontri che avvengono all’interno dell’ambiente digitale sono destinati a spostare l’equilibrio dell’ecosistema comunicativo su cui si reggono le società contemporanee. L’impatto dei media digitali dipende in gran parte dai contesti sociali all’interno dei quali queste tecnologie vengono usate. Le legislazioni che riguardano le aziende che operano in internet sono un altro livello in cui le scelte politiche sono cruciali. Decisioni importanti sulla neutralità di rete, sulla protezione della privacy e sulla regolazione dei giganti della rete determinano cosa sarà possibile fare con i media digitali nel futuro. A livello politico i problemi di censura, privacy e controllo sono al centro di regolamentazioni che in molti casi lasciano aperto il dilemma della scelta tra la trasparenza e i diritti individuali. Anche la politica globale è terreno di scontro: le nazioni usano la rete e le tecnologie informatiche per motivi bellici o economici. Le visioni di apocalittici e integrati lasciano poco margine all’azione delle persone per imprimere una direzione alle società ipertecnologiche in cui vivono. La direzione che verrà intrapresa dalla società dell’informazione con lo sviluppo e la diffusione del web mobile, della realtà aumentata o della robotica dipenderà in gran parte anche da queste forme di tecno politica dal basso.