Scarica ISTITUZIONI DI DIRITTO DEL LAVORO - Prof. Corti e più Dispense in PDF di Diritto del Lavoro solo su Docsity! ISTITUZIONI DI DIRITTO DEL LAVORO LEZIONE 1 – Martedì 9 ottobre 2018 Professore: Matteo Corti Manuali: 1) edizione Mazzotta - manuale del diritto del lavoro (wolters kluwer cedam, 2017) 2) Tursi/Varesi di istituzioni di diritto del lavoro, rapporti di lavoro e relazioni sindacali nel settore privato. 3) Codice del lavoro di M.T. Carinci (25,00 $) (ordine cronologico) 4) Codice del lavoro edizione giuridiche Simone (scelta opportuna) 7 novembre convegno 16:30 via Nirone 17 Iniziano con il corso: parliamo di fonti del diritto del lavoro, classica è la nozione di ordinamento giuridico definita come un insieme di norme che regolano i rapporti tra i consociati. Si può dire che infine è un insieme di norme. Queste sono norme giuridiche. La differenza tra norma giuridica e norma morale qual è quindi? Norma giuridica: è eteronoma cioè è posta dall’esterno del soggetto, viene da qualcun altro che la pone e ci dice cosa dobbiamo fare. Norma morale: è autonoma nel senso che viene dal dentro. La maggior parte dei precetti religiosi sono norme morali. La norma giuridica per essere giuridica non ha bisogno di un soggetto stato che la ponga ma può essere posta anche da altre entità. Basta che sia eteronoma e che ci sia un apparato che la faccia rispettare. Sono i caratteri fondamentali. Quali altre entità? L’ordinamento sportivo, è un tipico esempio di ordinamento non statale che da norme giuridiche. Altro esempio è la MAFIA: è un’organizzazione non statale ma comunque è un ordinamento giuridico perché le norme contengono dei precetti. La norma statale è un tipo di norma giuridica. Anche l’ordinamento internazionale, è un ente sovranazionale e non statale. E per ultimo c’è l’ordinamento sindacale, lo studio di questo ordinamento è stato molto importante per capire il fenomeno del sindacato e della contrattazione. Nel nostro ordinamento lo stato regola poco l’ordinamento sindacale e quindi questo si autoregola sempre più. FONTI DEL DIRITTO: Le norme giuridiche vengono prodotte da fonti, quindi un procedimento volto a produrre norme giuridiche. Quando parliamo di procedimento legislativo volto alla produzione di una legge per esempio. La fonte di cognizione è il testo della legge (es. il codice civile) IL CODICE DEL LAVORO NON E’ UNA FONTE DI COGNIZIONE MA SONO RACCOLTE DI LEGGI. Le singole leggi in esso contenute si ma il codice in sé no.) Distinzione tra fonti atto e fonti fatto: F. ATTO: coincide con tutte le fonti di produzione che danno origine ad un provvedimento. F. FATTO: è tendenzialmente la consuetudine. Possiamo distinguere quindi le norme giuridiche in categorie: 1) Norme dispositive : le parti possono scrivere una cosa diversa. 2) Norme imperative : norme che provocano la nullità della previsione contrastante. 3) Norme inderogabili: (più importanti per il diritto del lavoro) norme che non solo prevedano la nullità ma che rendono fermo e sostituiscono quelle clausole che rendono nullo il contratto. Fanno una sostituzione anziché annullare l’intero contratto di lavoro. Questo principio c’è voluto un po’ di tempo per metabolizzarlo nel diritto del lavoro. La sfida è stata quella di dire che di default nel caso in cui il legislatore non dica nulla vale la norma inderogabile. Questo è stato detto nella sentenza 210/92. La norma inderogabile è praticamente insostituibile. 4) Norme semi-dispositive o parzialmente inderogabile: il diritto del lavoro a partire dagli anni 70 ha avuto bisogno di smussare la rigidità della norma inderogabile. A partire dalla fine degli anni 70 si sono moltiplicate nell’ordinamento le norme semi-dispositive o parzialmente inderogabili. Sono quindi disposizioni di legge derogabili dalla contrattazione collettiva ma non dall’autonomia dei privati. Con l’articolo 8 del d.n.l. 138/2011 dei contratti di prossimità (contrati collettivi territoriali ??) il nostro legislatore ha trasformato quasi il 50% del diritto del lavoro in norme semi-dispositive o parzialmente inderogabili. Nel codice civile prevalgono le norme dispositive (circa 80/90% delle norme). Ci sono dei diritti indisponibili che però il legislatore impone tramite norme imperative. nel diritto del lavoro normalmente le self executing non ci sono perché i rapporti sono orizzontali e non verticali, sono tra cittadini. Sin dal noto caso MAR LEASING la corte di giustizia ha stabilito che nell’interpretazione del diritto interno, ove ci sia una direttiva, l’interpretazione del giudice nazionale dev’essere il più vicino possibile allo spirito ed all’iniziativa della direttiva. Quando si va a trasporre il diritto europeo ci sono altri vincoli aggiuntivi dovuti al fatto che siamo in un ambito europeizzato. Come avviene la trasposizione dei regolamenti europei? Le direttive vengono attuate da una legge chiamata “legge la pergola”, il trucco era l’approvazione ogni anno di una legge di derivazione europea, cioè l’approvazione di una legge europea in cui sono elencate tutte le direttive da attuare, i termini e i criteri generali per l’esercizio del governo. A volte troviamo i decreti legislativi, questi sono stati trasportati con una trasposizione di una direttiva (es. decreto legislativo 81/08 in materia di sicurezza sul lavoro). La trasposizione delle direttive avviene con le leggi di derivazione europea. 4) Le decisioni: hanno funzione di coordinare l’azione di uno stato membro in un determinato ambito non devono essere necessariamente trasposte come le direttive, sono categorizzate all’interno della SOFT LAW; ne esistono 2 tipi: - Decisioni come atti rivolti ai singoli: atti non generali ed astratti - Decisioni che si collocano nell’ambito di alcune materie che sono oggetto di competenze e coordinamento da parte dell’Unione Europea. Potremmo mettere anche le raccomandazioni come punto 5 ma non sono vincolanti. I RAPPORTI TRA I DUE ORDINAMENTI SECONDO LA CORTE DI GIUSTIZIA E LA CORTE COSTITUZONALE: - Corte di giustizia: ha sempre assunto la posizione secondo la quale il diritto europeo deve prevalere sui regolamenti interni, primazia del diritto europeo. - Corte costituzionale: ne ha fatto piuttosto una questione di competenza, ci sono materie comunitarizzate e non dove l’ordinamento italiano riprende la propria espansione. In entrambe i casi, il giudice italiano che riscontri una disposizione di diritto interno contraria ad una previsione di un trattato o regolamento deve disapplicare la disciplina interna. In merito alle direttive la questione è diversa, il giudice italiano non può disapplicare una disposizione in direttiva perché contrasta con la direttiva; perché le direttive non sono direttamente applicabili. L’unico modo in cui ci si può svincolare è: - Chiedere il danno comunitario al giudice - Sollevare la questione di costituzionalità di quella disposizione in virtù dell’art. 117 comma 1 della costituzione. Nella gerarchia appena scritta è difficile capire come una norma prevale sull’altra. Es. se ci sono leggi statali che contrastano con la costituzione, sappiamo che qualsiasi cittadino non può andare davanti alla corte costituzionale. Perché ogni giudice non può disapplicare una norma in contrasto con la costituzione ma non c’è nemmeno la possibilità diretta del cittadino di andare dalla corte costituzionale per far vedere l’incostituzionalità; nel nostro ordinamento solo il giudice può andare dinnanzi alla corte costituzionale per risolvere il problema ma dev’esserci una controversia tra le parti altrimenti no. Il giudice infatti verifica se la questione non è manifestamente infondata se invece dovesse esserlo rinvierà gli atti alla corte costituzionale la quale si pronuncerà con un giudizio. Il giudice italiano rinvia alla corte costituzionale quando la questione non è chiara. La corte di giustizia in alcuni casi ha anche una funzione “giudice delle leggi interne” quando c’è la procedura di infrazione. Se la commissione ritiene che una disposizione internazionale non sia idonea ad un regolamento di uno stato membro, la questione finirà davanti alla corte di giustizia. LEZIONE 3 - Martedì 16 ottobre 2018 Quesito riguardante le trasposizioni europee: Trasposizioni direttive europee: avvengono sulla base di una legge tramite una legge di delegazione europea, la differenza rispetto alle altre leggi delega è che sfrutta la caratteristica di non essere un testo dettagliato per trasformare le direttive stesse che ai criteri dell’articolo 66 della costituzione sono i criteri che il legislatore in fase di promulgazione deve attuare. Con la legge la pergola si previde di adottare ogni anno una legge delega che desse al governo il compito di attuare tutte le direttive in scadenza nell’anno o in quello successivo. La legge europea viene utilizzata per trasporre pezzi di leggi specifici o sentenze della corte di giustizia. Il lavoro nelle fonti internazionali: nel nostro sistema delle fonti si deve parlare anche di fonti internazionali perché nonostante il diritto del lavoro sia un diritto profondamente territoriale, le fonti internazionali hanno fatto un ruolo abbastanza importante. - OIL (L’organizzazione internazionale del lavoro): è un’istituzione antica che nasce a margine della conferenza di Versailles, nasce insieme alla società delle nazioni. Ha caratteristiche che la rendono particolare nel quadro internazionale: 1) Composizione del suo organo principale: - La conferenza ha una conformazione tripartita, gli stati infatti inviano come propri rappresentanti nella conferenza rappresentanti del governo, del lavoro e dei sindacati. Le convenzioni che vengono approvate dall’organizzazione internazionale del lavoro sono frutto di una mediazione tra sindacati, lavoratori e governi. 2) Atti: dobbiamo distinguere le convenzioni e le raccomandazioni: - Convenzioni; sono aperte alla ratifica di tutti gli stati membri ed una volta ratificati uno stato è obbligato a farle valere all’interno del proorio stato. - Raccomandazioni: hanno un rango diverso, si parla di atti che non sono vincolanti, non sono infatti aperte alla firma degli stati membri perché possono tenerne conto nell’ambito dela propria attività nel campo del diritto del lavoro. Le convenzioni dell’OIL sono tantissime, circa 200. La n.° 1 del 1919 riguardava il collocamento dei lavoratori, tematica molto scottante all’epoca. Progressivamente le convenzioni hanno coperto tuto l’ambito del diritto del lavoro. Il problema riguarda la ratifica, il nostro paese non è tanto attivo nell’ambito di firma e ratifica delle convenzioni dell’OIL questo per varie ragioni, la principale delle quali è che essendo un’organizzazione mondiale il nostro paese tante volte è ritenuto superfluo ratificare le nostre convenzioni; questo perché talvolta ratificano convenzioni con standard più bassi per farle andare bene anche ad altri paesi non allo stesso livello del nostro. È vero che le convenzioni non debbano essere necessariamente ratificate, però p vero anche che da un certo punto in poi l’OIL con una dichiarazione egli anni ’90, ha stabilito che alcune convenzioni devono essere rispettate da tutti gli stati membri dell’OIL indipendentemente dal fatto che siano state firmate o meno dagli stati. Sono poche queste: - In materia di libertà sindacale la n° 87 e la n° 98 intorno agli anni 50 - In materia di divieto di lavoro forzato - In materia di sfruttamento del lavoro minorile - In materia di discriminazione Queste le possiamo chiamare come il nucleo condiviso minimo di tutti quegli stati che vogliono far parte dell’organizzazione internazionale del lavoro. - La CEDU (convenzione europea dei diritti dell’uomo): è un consiglio d’Europa. Non va confuso con il consiglio europeo. I giudici non sapendo come trattare questo l’hanno definita come una fonte specifica che opera all’interno del contesto sociale azienda e l’hanno assimilata ai contratti collettivi aziendali ed ai regolamenti aziendali; tutte cose importanti che cooperano nell’organizzazione chiamata IMPRESA. In questo modo i giudici hanno posizionato sullo stesso piano le 2 fonti sociali bilaterali: - Usi sociali - Contratto collettivo Gli usi aziendali sono una caratteristica del diritto del lavoro. 6) IL CONTRATTO COLLETTIVO: abbiamo un grosso problema nel suo inquadramento all’interno del sistema delle fonti; perché nel sistema corporativo delle fonti era una fonte di diritto oggettivo perché aveva carattere di generalità ed astrattezza. Nel passaggio da sistema corporativo a sistema repubblicano, il sistema di contratto collettivo era abbastanza apprezzato quindi l’art. 39 della costituzione dopo aver proclamato al 1° comma che l’ordinazione sindacale è libera, dal comma 2° al 4° prevede una sorta di organizzazioni di carattere sociale generale (?). QUESTO ARTICOLO NON E’ MAI STATO APPLICATO. Ovviamente i contratti collettivi sono stati applicati comunque. I contratti collettivi stipulati dopo la 2° guerra mondiale sono tutti contratti collettivi che sono regolati dagli articoli dei contratti. Non sono fonte di diritto oggettivo perché senno sarebbero una fonte generalizzata, ma questi non lo sono perché sono dei contratti di diritto privato. Il contratto collettivo non è stato dimenticato dal legislatore anzi se né occupato sempre più, per esempio l’ha utilizzato per mettere la deroga di disposizione di leggi. è successo anche che il contratto collettivo sia stato identificato da una legge tra quelle disposizioni la cui violazione da parte del giudice di merito è ricorribile di merito come se fosse la violazione di una legge. Nella P.A. si attua a tutti e con effetti inderogabili. Ricapitolando, si tratta di una fonte “sui generis”, non è una fonte di origine classica ma dobbiamo dire che è uno strumento consolidato del diritto del lavoro cui la giurisprudenza ed il diritto del lavoro hanno attribuito uno statuto particolare. Il legislatore del 2011 ha complicato ulteriormente il quadro perché ha introdotto una disposizione (art. 8 del decreto 138/2011) che prevede a determinate condizioni la possibilità di stipulare contrati aziendali (che si applicano a tutti) ma permette a questi di derogare a norme di legge e derogare a norme di categoria. 7) IL SOFT LAW EUROPEO: se in Europa l’hard law sono le direttive ed i regolamenti, il soft law è lo strumento utilizzato nel cosiddetto meccanismo aperto di coordinamento. Questo è stato adottato in diversi ambiti di competenza dell’UE dagli anni ‘90, per cercare di indirizzare stati comuni in determinati parametri senza forzare i regolamenti e le direttive. Il primo ambito in cui è stato applicato il metodo aperto del coordinamento è la strategia europea di occupazione, per cercare di indirizzare le … verso obbiettivi condivisi. Il consiglio europeo annualmente elabora obiettivi internazionali tradotti in orientamenti da parte della commissione che vengono approvati dal consiglio e questi vengono applicati dagli ordinamenti degli stati come meglio credono. Questo strumento è stato inglobato nella “governance economica” dell’UE. Fanno parte di quelle indicazioni che nell’ambito del cosiddetto semestre europeo che vengono rivolte annualmente a tutti gli stati che fanno parte dell’unione per migliorare la propria performance economica. Nel diritto del lavoro a patire dal 2007 questi orientamenti hanno perseguito una strategia denominata di “FLEXICURITY” che è l’unione di flexibility e sicurity. Questo è il tentativo di bilanciare nelle politiche del lavoro la flessibilità (……) e sicurezza (serve ai lavoratori per poter programmare la propria vita). La flexicurity è comunque soft law e quindi indicazioni, gli stati membri infatti possono anche disattendere a queste. Questo sistema è stato un po’ criticato. Trattandosi di soft law gli stati possono applicarle completamente, in parte o per niente le cose. COMPETENZE DI STATO E REGIONE NEL DIRITTO DEL LAVORO: il nostro paese ha cercato di darsi unaveste federale senza troppo successo nel senso che, nel 2001 è statafatta un importante manovra costituzionale che si è fermata solo ad alcuni aspetti dello stato; l’aspetto più federalizzato è stato senz’altro l’aspetto di ripartizione delle competenze tra stato e regione. Invece non è stato superato il fatto del bicameralismo perfetto (come ad esempio in Germania). In materia di competenze si è lavorato, in particolare l’art. 117 rivoluziona un po’ il tutto. Il predecessore diceva che tutto ciò che non era compreso in quello era di competenza statale. L’art. 117 oggi invece ha 3 tipi di competenze statali: - Competenze esclusive statali: rapporto individuale e collettivo - Competenze residuali regionali: si occupava sopratttutto della formazione professionale e delle politiche attive del lavoro. - Competenze concorrenti: si occupano soprattutto di tutela e sicurezza del lavoro quindi una migliore gestione del mercato del lavoro. Compito per giovedì: leggere carta costituzionale e trovare gli articoli che riguardano il diritto del lavoro. LEZIONE 4 – Giovedì 18 ottobre 2018 ESERCITAZIONE 1: i dirigenti non sono tenuti a fare gli stessi orari lavorativi degli operai normali. Riflettere su questo problema cercando all’interno della carta costituzionale qualcosa che si riferisca all’orario di lavoro all’interno della costituzione. Risoluzione: l’articolo 36: - Al 1° comma si riferisce ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del tipo di lavoro svolto. - 2° comma prevede la durata di una giornata di lavoro e del riposo e delle ferie; stabilendo inoltre che non può rinunciarvi. ESERCITAZIONE 2: c’è una signora che è socia e rappresentante di un’azienda Alfa e dichiara di assumere Caia presso l’azienda Alfa come operaia tessile, verificare gli effetti giuridici di questa lettera e verificare che Caia abbia già cominciato a lavorare da quella in cui ciò non sia ancora avvenuto. Ipotesi in cui sia già assunta: - L’articolo 37 dice che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti dell’uomo lavoratore. - L’articolo 46 afferma che la repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a poter collaborare e partecipare alla miglior performance dell’azienda. - Quindi la donna è già all’interno dell’azienda e lavora avendo gli stessi diritti e doveri contribuendo l funzionamento dell’azienda. Ipotesi di una futura assunzione: - L’articolo 35 afferma che la repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni poi al 3° comma parla di promuovere e favorire gli accordi. LEZIONE 5 – Martedì 23 ottobre 2018 PERCORSO STORICO, FENOMENI REGOLATI E PROSPETTIVE: il diritto del lavoro è un diritto molto condizionato dai periodi storici, esso nasce con la rivoluzione industriale. Le prime leggi sociali nascono in Inghilterra ad inizio 800 mentre negli altri paesi nella seconda metà dell’800. Il nostro codice civile non è fascista, è liberale ma aveva qualche citazione di origine fascista. Gli articoli da 2060 a 2080 sono tutti dedicati ai rapporti collettivi. Il diritto sindacale fascista è un diritto che respinge il conflitto e sottolinea l’armonia tra i partners sociali e quindi prevederà le fonti di diritto le norme corporative (contratti collettivi dotati di efficacia erga omnes); questo può far capitare un disaccordo tra i lavoratori. Ciò che è vietato è lo sciopero, il codice Rocco considerava un reato lo sciopero in tutte le sue forme. Il siste auqindi ha una sua idea, molto meno legificate le relazioni individuali nel codice civile invece; sul lavoro subordinato troviamo disposizioni dall’articolo 2082 in poi. La legificazione in questo argomento è molto più semplificata perché: 1) si lascia inalterata la parità tra i contraenti l’importante è che dia un preavviso. 2) si rimanda alle leggi speciali. Il nostro codice è quindi un codice fortemente liberale nella parte dei contrati individuali e restrittivo nella parte dei contrati collettivi. L’articolo 2086 del c.c. dice che l’imprenditore è il capo dell’impresa da cui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. Questo articolo paragonava l’imprenditore a livello aziendale a ciò che era il duce a livello nazionale. Ciò che viene esplicitato nel codice civile in maniera estremamente chiara in ambito di rapporti individuali è la subordinazione. Il lavoratore si trova alle dipendenze e sotto il controllo del capo dell’impresa ed ha l’obbligo d’obbedienza. Nel 1944 viene emesso un decreto che travolge l’ordinamento corporativo. Gli articoli dal 2060 al 2080 sono stati abrogati, ma questo decreto lascia inalterati i contratti collettivi già fatti. Non succede nulla invece nell’ambito delle relazioni individuali (nel codice civile) infatti li articoli dal 2082 in poi non vengono toccati ma rimangono con il loro compito a regolare i rapporti individuali. C’è quindi una forte potenza della parte imprenditoriale nell’ambito del rapporto di lavoro. Un codice civile quindi fortemente sbilanciato nei confronti delle esigenze del lavoratore. Tutto il diritto del lavoro successivo al 1942 lo possiamo leggere come una sorta di correzione a questo sbilanciamento del codice civile; lo possiamo leggere come un tentativo di tutelare i .. del lavoratore. Tra i lasciti del datore di lavoro vi è il superamento della dicotomia tra diritto civile e ..?? Nel codice e nelle leggi speciali abbiamo disposizioni che tutelano i lavoratori e li tutelano con il meccanismo della norma inderogabile. Il passo in avanti è sicuramente l’articolo 1374 del c.c. il quale dice che il contratto obbliga le parti non solo a quanto espresso ma anche a quanto non compreso…. Questo parla dell’integrazione del contratto di lavoro con le discipline di protezione di legge dei contratti collettivi. Questo pone una base per il futuro diritto del lavoro. Con gli anni 60 vengono arricchite significativamente le disposizioni a tutela del lavoro subordinato. La legge 1369 del 1960 (legge contro l’interposizione di manodopera). Questa legge vieta l’affitto di manodopera (caporalato) che era molto frequente negli anni 50. - Legge n° 1369 del 1960 - Legge n° 230 del 1962 - Legge n° 604 del 1966 è prima legge che contiene una tutela contro i licenziamenti. - Legge del 20/5/1970 n° … è una legge che tutela alcuni diritti fondamentali e garantisce la libertà sindacale all’interno dei luoghi di lavoro. È una legge molto importante perché è la prima legge che si occupa di diritto sindacale. Parla dello statuto dei diritti di lavoratori. Gli anni 70 si aprono con 2 crisi petrolifere, siamo in uan fase di stagnazione quindi, anzi di stagflazione quindi un mix di inflazione conomica e stagnazione. In questa fase il diritto del lavoro e delle tutela comincia a diventare ingombrante perché le imprese si trovano costrette a ristrutturare gli organici. La legislazione del lavoro comincia a cambiare, si parla di diritto riflessivo cioè un diritto che si piega su sé stesso ed attribuisce spazi di flessibilità all’autonomia collettiva. La flessibilità viene introdotta anche dalla legge. - Legge 285 del 1977 che parla dell’impiego giovanile - Legge n° 675/1977 sulle crisi d’impresa. È una legge che aveva l’obbiettivo di permettere ai lavoratori di transitare da imprese in crisi a imprese con lavoro senza un’espulsione dal mercato con mezzi come la cassa integrazione, corsi di riabilitazione. È un sistema che fallisce perché la crisi non era ciclica ma era sistematica, il tentativo ottimistico di governare queste leggi non ha successo. Negli anni successivi il diritto del lavoro diventa sempre più un diritto della flessibilità e si concentra su 2 versanti: 1) L’assunzione: con la legge n° 56/1987 parla della liberalizzazione dei contrati a termine e riforma del collocamento. Questa legge cerca di riscrivere la disciplina del collocamento per rendere più efficace l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. 2) Il tempo di lavoro: la legge n° 863/1984 regola anche il caso di lavoro part- time. Gli anni 80 si chiudono con: 3) Legge n° 223/1991 con una legge che disciplina i licenziamenti collettivi e liberalizzazione delle assunzioni. Negli anni 90 ci sono riforme sempre con ottica di liberalità: - Legge n° 166/1997 introduce il lavoro interinale (il lavoro tramite agenzie) e dopo aver riformato alcune questioni con riferimento all’apprendistato tocca anche la disciplina dell’orario di lavoro. - D.LGS. decreto montecchi: elimina il monopolio publblico e coonsente alle agenzie private di intervenire nell’incrocio tra domanda ed offerta. In 2000 si apre con la legge del 14 febbraio n° 30 del 2003 attuata con una leggge delega n° 276/2003, parla della flessibilità ai margini quindi flessibilità in entrata. Si introducono altre figure di lavoro (lavoro occasionale di tipo accessorio, si liberalizza la disciplina del part-time,…) poi tocca anche la materia del mercato del lavoro potenziando l’intervento dei privati nel matching domanda/offerta di lavoro. Introduce il limite massimo di ore di lavroo al giorno (fino ad un massimo di 12.50 ore al giorno.) La Legge Biaggi introduce il cosiddetto afitto di manodopera (un’impresa stipula un contrato con un’agenzia per la fornitura di lavoratori). Questa legge viene successivamente abrogata e poi ripresa nel 2009 con un cambio. Nel 2008 il nostro paese come tutta l’europa entra in una crisi che inizia come una crisi bancaria negli stati uniti che porta ad affondare gli istituti bancari, mentre nel nostro paese arriva nel 2009. Inizialmente non sembra una crisi pesante, interviene una crisi più grave dal 2011 che è la crisi del debito sovrano. Nell’estate del 2011 la crisi costringe il governo Italiano per avere un aiuto da parte delle istituzioni europee a varare diverse riforme, una di queste è il discusso articolo 8 del decreto n° 138/2011. Questo in realtà è un progetto di decentramento delle relazioni sindacali ovvero un tentativo di spostare il baricentro di spostare la contrattazione collettiva verso il livello aziendale. È anche un progetto non condiviso dalle parti sociali e tutt’ora controverso. L’avvento di un governo tecnico porta avanti le decisioni prese con l’UE, viene portata avanti la legge Fornero n° 92 del 2011. Tratto comune àPROFESSIONALITA’ art 2094 parla di collaborazione. Art 2130 cc tutela la professionalità del lavoratore, qualsiasi esso sia. Qui abbiamo anche il profilo dell’aggiornamento La subordinazione nell’articolo è soprattutto nella locuzione ‘alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore’ Alle dipendenze = inserito organicamente nella struttura aziendale (struttura che conta su di me e che sa che io sono a diposizione). Sotto la direzione = assoggettato al potere direttivo del datore di lavoro. INSERIMENTO à inserimento nel sistema operativo di un altro significa che io esco dal mercato del lavoro (c’è il divieto di fare concorrenza al mio datore di lavoro, cosa non vera per il lavoratore autonomo che conserva la propria AUTONOMIA DEL MERCATO) Il lavoratore subordinato svolge continuativamente un’attività che tende a ripetersi, mentre quello autonomo svolge una attività concordata nel suo risultato, nella sua compiutezza. RETRIBUZIONE à per il lavoratore subordinato che deve avere delle caratteristiche (art 36 comma 1 costituzione). CORRISPETTIVO lavoratore autonomo Lavoro subordinato 1. Personalità 2. Professionalità 3. Inserimento 4. Eterodirezione 5. Retribuzione Lavoro autonomo 1. Personalità 2. Professionalità 3. Autonomia nel mercato 4. Attività tesa a un risultato specifico 5. Corrispettivo In astratto la distinzione è semplice ma scendendo in casi concreti la situazione si complica. I problemi si pongono quando stipulo un contratto di lavoro autonomo svolto continuativamente o quando lavoro in do continuativa per qualcuno ma con una sequenza di contratti d’opera specifici. Nel tempo sono state messe in atto delle strategie di elusone del rapporto subordinato, usando forme di contratto di lavoro autonomo per far sembrare lavoro autonomo quello che in realtà era lavoro subordinato (lavoro subordinato 38% di contributi). LA QUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO Gli indici della subordinazione: Indici primari (se riscontrati chiaramente sono inequivocabili. Il giudice va oltre in sede istruttoria solo i primari non sono chiari) 1. Eterodirezione 2. Inserimento nell’organizzazione lavorativa 3. Esercizio del potere disciplinare Indici secondari (possiamo trovarli sia nel lavoro autonomo che in quello subordinato) 1. Osservazione orario prefissato 2. Retribuzione in cifra fissa 3. Attività consistente in mera prestazione di opere 4. Assenza di rischio di impresa 5. Alienità dei mezzi di lavoro 6. Qualificazione attribuita dalle parti 7. Alienità del luogo di lavoro Dilemma tra il metodo di qualificazione del rapporto di lavoro sussuntivo (= classico metodo di qualificazione usato dal giurista. Prendo fattispecie concreto, verifico se ha tutte le caratteristiche di quella astretta) e tipologico (= procede per approssimazione, non richiede la perfetta coincidenza tra fattispecie concreta e astratta, ma si accontenta che la fattispecie concreta assomigli più al lavoro classico subordinato che non al lavoro autonomo) à giudici hanno optato per quello tipologico. LEZIONE 7 – Martedì 30 ottobre 2018 LA QUALIFICAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO: Gli indici di subordinazione: ci sono diversi approcci di dottrina e giurisprudenza. Nel diritto del lavoro non ci sono sempre testi contrattuali con clausole specifiche che regolano i rapporti contrattuali, ma siamo di fronte a rapporti che si svolgono per anni spesso al di fuori o in contrasto con il testo contrattuale redatto dal datore di lavoro o dalle parti in comune accordo; a volte nemmeno c’è un testo contrattuale. In una situazione di questo tipo, capiamo che per i giudici non è semplice qualificare in base ad un metodo sussuntivo; per cui questo metodo è stato certo, sostenuto in dottrina. I giudici infatti, si sono trovati di fronte a casi concreti talmente diversificati nel caso di subordinazione, che comunque hanno dato modo ai giudici di diversificare sempre più. C’è invece chi sostiene che ci siano tanti tipi di subordinazione e per giudicare con il metodo tipologico che consiste appunto nel costruire una fattispecie astratta con tutti gli elementi tipici della subordinazione per poi andare a ragionare per prevalenza di questi indici della subordinazione. Si costruisce quindi il TIPO NORMATIVO ma di fatto non esiste nella realtà, alcuni articoli infatti vengono presi dall’art. 2094 ed altri vengono presi da un contratto standard di un’azienda tipo. Questo metodo è stato sanzionato anche dalla cassazione per violazione di legge dell’art. 2094. I giudici dividono gli indici in 2 categorie: - PRIMARI: quelli che vengono fuori dall’art. 2094 come per esempio: o Eterodirezione (sono gli ordini precisi) o inserimento nell’organizzazione lavorativa (ad es. strumenti come le tabelle dei turni di lavoro). o esercizio del potere disciplinare Tutte queste operazioni qualificatorie vengono fatte o dal giudice in sede giudiziale o dall’ispettore del lavoro sul momento. Il giudice va oltre se c’è incertezza sugli indici primari. Ricordiamoci che siamo in giudizi che si risolvono sulla base di presunzioni prevalentemente. - SECONDARI: gli altri indici possono coesistere anche con un lavoro autonomo. o Osservanza di un orario prefissato (ad esempio gli orari degli uffici particolari della PA che sono prestabiliti) o Retribuzione in cifra fissa o Attività consistente in mera prestazione di opere o Assenza di rischio di impresa (è un bell’esempio perché non è facile da riscontrare nella pratica, infatti ci possono essere lavoratori autonomi che dipendono da un unico committente ed il loro rischio di impresa è limitato se il committente da lavoro continuamente) o Alienità dei mezzi di lavoro (non è detto che chi lavora con mezzi di lavoro propri sia automaticamente un lavoratore autonomo.) o Qualificazione attribuita dalle parti (quando si parla nel senso di autonomia, contratto in corso d’opera,.. è un indice che comunque fa presumere al giudice che nl testo contrattuale si vada a presumeree questo.) o Alienità del luogo di lavoro (non è detto che se lavoro a casa mia sono lavoratore autonomo, infatti adesso ci sono gli smart work che ti permettono di lavorare dove vuole il lavoratore) - inserimento nell’organizzazione lavorativa si perché c’è la tabella degli orari delle lezioni e delle riunioni - esercizio del potere disciplinare gli insegnanit dipendono alla scuola dato che devono giustificare tutto ciò che fanno. SECONDARI: - l’orario di lavoro è rispettato - retribuzione in cifra fissa (?) - … - L’opoera è l’insegnamento Può chiedere il riconoscimento perché abbiamo l’inserimento dei punti primari. ESERCITAZIONE 2: il caso si prospetta come lavoratore autonomo che dipende da un imprenditore maggiore che gli assegna le consegne da effettuare. Secondo me è inquadrato giustamente LEZIONE 8 – Martedì 6 ottobre 2018 Contratti di lavoro subordinato: il codice non dedica tanta attenzione a questi contratti. Nell’articolo 2094 abbiamo ritrovato una stranezza perché non definisce il contratto di lavoro subordinato ma i prestatori di lavoro subordinato (i lavoratori). L’inserimento è infatti in un libro specifico che si occupa del lavoro. Quindi la prima stranezza del contratto di lavoro è che no c’è una definizione di contratto di lavoro subordinato. Abbiamo invece una definizione di lavoratore subordinato, questa ha origine storica. Nel mezzo delle 2 guerre mondiali, un movimento politico che tendeva a minimizzare la natura del rapporto contrattuale di lavoro. Quello di “lavoratore” era una sorta di status nel diritto tedesco, come c’è lo status di figlio c’è lo status di lavoratore subordinato. I diritti e gli obblighi nel rapporto di lavoro provenivano non tanto dal contratto stipulato ma dal fatto che il lavoratore fosse inserito nell’organizzazione aziendale ed in forza di ciò aveva lo status di lavoratore subordinato; e questo si otteneva con l’inserimento nell’organizzazione aziendale. Il contratto serviva a fondare l’inserimento nell’impresa, questa teoria che si accompagnava con la teoria istituzionalista tedesca… In Italia le influenze tedesche sono meno forti ma nel codice si vedono appunto nell’assenza della definizione di contratto di lavoro. L’articolo 2094 che fonda tutto il diritto del lavoro che però non parla di diritto del lavoro. Uno dei problemi che si trovavano davanti i datori di lavoro era quello di cercare di far entrare la subordinazione all’interno del contratto. Questo per far si che il lavoratore poteva obbedire a quanto detto dal datore di lavoro. Ma quindi com’è possibile fondare nel contratto una sproporzione di potere giuridico? Si diceva che il contratto è un momento di parità formale poi nel rapporto c’è un soggetto che dava ordini ed un altro che obbedisce. Questa tesi è sopravvissuta fino agli anni 60/70. In Cattolica invece si sostenne da Luigi Mengoni in poi l’origine … Cioè il rapporto di lavoro trova la sua legittimazione nel contratto che lo determina. Questa è poi la versione che la giurisprudenza utilizza ancora oggi. La subordinazione quindi la troviamo nel rapporto di lavoro e non crea tanti problemi perché è un potere tecnico-funzionale per raggiungere un obbiettivo che non è di assoggettamento personalistico ma il raggiungimento di un fine collettivo all’attività d’impresa. L’evoluzione del diritto civile ha smitizzato l’uguaglianza formale tra i contraenti. Es. tutti i contratti in cui c’è un soggetto debole come per esempio i contratti dei consumatori. Siamo quindi in una situazione in cui dobbiamo estrapolare la definizione in un codice di cui non parla ma siamo comunque giunti al punto che il rapporto di lavoro trova la sua legittimazione nel contratto. ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO: 1) ACCORDO TRA LE PARTI: 1.a) Per far si che questo sia valido è necessario che le parti abbiano la capacità giuridica, nel lavoro subordinato la capacità giuridica non c’è dalla nascita ma si tratta di una capacità giuridica speciale. L’art. 2 c.c. parla di capacità di agire ma si parla in realtà di capacità giuridica speciale. La legge 977/1967 dice che la capacità a compiere un determinato lavoro si raggiuge quando sia finito l’obbligo scolastico e comunque al 15° anno d’età. Oggi la capacità a prestare la propria attività lavorativa è fissata a 16 anni. Precisiamo: ci sono casi in cui il minore può esercitar attività lavorativa prima dei 16 anni, casi sottratti alla legge 977/1967 e sono casi in cui il minore svolge la propria attività saltuaria all’interno del nucleo familiare o all’interno dell’azienda familiare. la legge 977/1967 si occupa di altre attività ovvero nel caso in cui il minore si occupi di attività sportive, artistiche, … che recitino in spettacoli teatrali, televisivi... per lo svolgimento di queste attività ci vuole il consenso degli esercenti la potestà genitoriale ed il contatto dev’essere fatto presso l’ispettorato del lavoro perché deve verificare che questi impegni siano conformi con gli obblighi scolastici del minore. Con riferimento di chi ha più di 16 anni c’è un problema che non è stato risolto. Il comma 2 dell’articolo 2 c.c. parla di un problema: il minore pare che sia abilitato a far valere da solo le proprie azioni ma quali del contratto? C’è un opinione che ritiene debbano essere applicate le regole generali per cui il minore abbia la necessità che l’esercente dell’attività genitoriale debba firmare con il minore. L’altra opinione è di colui che ritiene che il minore non possa firmare il contratto ma possa fare le azioni che derivano da questo. Questa disciplina va coordinata con la disciplina del diritto e dovere di istruzione e formazione. Dalla legge moratti in poi non abbiamo soltanto un obbligo scolastico ma anche un diritto e dovere di istruzione e formazione; cioè il dovere e diritto di acquisire una qualifica professionale o essere inseriti in un contesto scolastico entro il 18°esimo anno d’età. Questo crea frizioni con la regola che il minore di 16 anni sia idoneo a stipulare un contratto di lavoro subordinato perché se entro i 18 anni non abbia un titolo idoneo risulta difficile pensare che questi abbia la capacità di fare contratti. Per il minorenne ci sono quindi 3 possibilità: - Inserimento nel percorso scolastico - Inserimento nel percorso di formazione professionale - Inserimento nel percorso di apprendistato Il minore quindi è possibile che lavori ma non può farlo a tempo pieno dato che comunque studia. Potrà sicuramente stipulare un contratto di apprendistato a 15 anni perché essa consente di soddisfare l’ultimo anno di obbligo scolastico. 1.b) i vizi della volontà non hanno un grande influenza nel lavoro subordinato, essi sono condizione, termine e modo. - Violenza: il lavoratore ricordiamo che ha sempre lo strumento delle dimissioni; è difficile che si verifichi che il lavoratore abbia violentato il datore di lavoro per farsi assumere. Il recesso dal rapporto di lavoro rispetto all’azione di annullamento è più semplice, in primis per il lavoratore perché a lui basta dare le dimissioni ma poi anche per il datore di lavoro. Nel lavoro pubblico l’orientamento che svaluta il contratto di provoca è provato dal fatto che l’efficacia del patto di prova è generalizzata. Può essere fatto in tutti i tipi di contratti ed anche nei confronti di contratti con soggetti diversamente abili, l’unico appunto è che l’oggetto della prova non verta sulla disabilità. Nel patto di prova è necessario specificare con cura le mansioni sulle quali verte la prova, diversamente il contratto è nullo. (il patto nasce quindi con le tutele che ci sono per i licenziamenti). Per quanto riguarda l’inadempimento del patto essa comporta il risarcimento del danno, se il datore di lavoro non fa fare la prova perché per esempio subito dopo un giorno recede, il lavoratore può chiedere il risarcimento. Nel caso di recessione dal patto di prova il datore di lavoro non ha l’obbligo di motivare il perché. La giurisprudenza ritiene che il datore di lavoro è tenuto a motivare eccezionalmente quando il contratto è stipulato con un soggetto disabile. L’unico caso in cui è possibile avere una reintegrazione nel posto di lavoro è il caso in cui il recesso dal patto di prova sia discriminatorio. REGIME DI NULLITA’ ED ANNULLABILITA’ DEL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO: l’art. 2126 si riferisce al contratto tutto nullo, nullo per illeceità dell’oggetto o impossibilità dell’oggetto, … oppure il contratto è annullabile perché stipulato dal minore senza l’assistenza del genitore. Il principio dell’irretroattività viene rimosso nel primo comma dell’articolo 2126 perché ci dice che nel momento in cui il rapporto si è comunque verificato, diversamente viene annullato se si trova l’illecità della causa per esempio. (es. l’utilizzo del lavoro minorile al di fuori delle soglie poste dalle norme.) Il 2126 del c.c. prevede una prima eccezione agli effetti retroattivi della nullità ed annullabilità, prevede poi un ulteriore deroga al fatto che ci sia un’inefficacia della nullità. Questa disposizione è stata usata per dimostrare che il rapporto prevale sul contratto, ma Mengoni ribatté dicendo proprio che si tratta di un contratto, e quindi si deduce che la fonte di un rapporto è proprio il contratto. LEZIONE 9 – Giovedì 8 novembre 2018 ARTICOLAZIONE TIPOLOGICA DEL CONTRATTO DI LAVORO: non è presene una definizione di contratto di lavoro subordinato ma è presente la definizione di prestatore di lavoro subordinato. Il contratto di lavoro subordinato è caratterizzato dal fatto che è un contratto non unitario. La articolazione tipologica del contratto di lavoro non si inquadra bene nelle categorie civilistiche né del contratto di lavoro speciale (richiederebbe una peculiarità della causa). Nel contratto di apprendistato la causa si complica perché c’è pure una componente formativa; pertanto il datore di lavoro acquista l’attività lavorativa del lavoratore ma in cambio non da solo retribuzione ma pure informazione. Il rapporto da tipo a sottotipo contrattuale implica una differenziazione che però ci conservi le caratteristiche essenziali del tipo. Il sottotipo dovrebbe costituire qualcosa di arricchito conservando le caratteristiche originarie del tipo originario ma così non è perché abbiamo un contratto di lavoro subordinato nel quale alcune caratteristiche cambiano nel passaggio da tipo a tipo. La ricostruzione più convincente è quella che legge nell’art. 2094 lo schema del contratto di lavoro subordinato uniforme univoco per tutti i rapporti di tipo speciale; la cui disciplina sarebbe differenziata al variare di alcuni elementi della fattispecie. Come diceva Mario Napoli “avremmo un contratto unico per più rapporti”. Esempio: nel contratto a termine non si applica la disciplina dei licenziamenti appunto perché questo tipo prevede di per sé una data in cui questo finisce. La regola per cui la disciplina del contratto di lavoro subordinato si applica anche ai rapporti di tipo speciale la ritroviamo nel codice civile in varie sezioni. Il contratto di lavoro dell’art. 2094 è di tipo generale, non si dice appunto la durata, … è una definizione di tipo ampio. Differenziamo il contratto di lavoro sulla base di alcuni elementi allora, sono elementi che riguardano il contratto di lavoro stesso: 1) TEMPO: caratteristica fondamentale è che il lavoro si svolge per una certa durata. Ipotizziamo normalmente che questo sia di tipo indeterminato ma può essere nche determinato. Possiamo immaginare però che il lavoro sia diviso in un certo momento del giorno e quindi avremo un contratto di lavoro part-time. Figura più recente è quello intermittente, può essere a volte determinato o indeterminato, nella sostanza però con riferimento alla durata con cui si svolge è una sottospecie del part-time ma c’è una caratteristica ulteriore, il datore di lavoro può scegliere quando svolgere la sua prestazione. A differenza del part-time in cui la prestazione è già predefinita, nel lavoro intermittente è il datore di lavoro che sceglie quando chiamare il lavoratore. Con riferimento all’elemento tempo abbiamo 3 tipi di rapporti speciali (a termine, part-time ed intermittente). 2) CAUSA: può essere l’apprendistato, caratterizzato da un contratto di lavoro indeterminato ma con la caratteristica che all’inizio del contratto c’è un periodo formativo dove il datore di lavoro è obbligato ad elaborare sia retribuzione che informazione. 3) LUOGO: chiunque lavori colloca la propria prestazione all’interno di uno spazio e quindi, a seconda che si lavori presso il datore di lavoro oppure presso la mia abitazione, abbiamo un istituto storico come il lavoro a domicilio ed il più recente telelavoro. 4) DATORE DI LAVORO: parleremo della somministrazione di lavoro che è il rapporto di lavoro in cui il datore di lavoro è un’agenzia per il lavoro, ma ci occuperemo anche del lavoro pubblico che è quello in cui il datore di lavoro è la pubblica amministrazione. I rapporti di tipo sociale sono molti quindi, questi sono solamente alcuni dei tanti. Durante l’elaborazione della legge Fornero, sono stati individuati 70 tipi di contratti speciali, sono profili di specialità marginale (magari cambia l’orario di lavoro) i rapporti di lavoro più importanti comunque sono quei 4 elencati prima. IL CONTRATTO A TERMINE: affrontiamo per primo questo perché in effetti il legislatore pubblicistico l’ha collocato come emblema dei contratti di lavoro. È presente all’art. 2097 del c.c. questo articolo è abrogato da tempo perché nel 1942 il legislatore non poneva grossi problemi proprio perché il contratto di lavoro del codice civile prevedeva 2 possibilità di recesso delle parti, era un regime libero. In questa situazione è chiaro che esso poneva problemi solamente nel momento in cui si esonerava l’avviso, era una situazione in cui si necessitava di chiarezza, questo prevedeva le condizioni alle quali si poteva esser certi di essere in presenza di un contratto a termine. - Clausola positiva del termine per iscritto - In mancanza della clausola il datore poteva dimostrarne l’esistenza facendo leva sulla natura della prestazione. La situazione cambia finita la guerra perché i contratti collettivi cominciano a stabilire dei limiti alla facoltà del datore di lavoro di recedere dal rapporto, iniziava una situazione in cui il datore di lavoro incontra alcuni ostacoli nel recesso mentre la stipulazione di contratti a termine è libera. Questo porta ad un’esplosione del contratto a termine, specialmente nel settore privato. La situazione arriva a tal punto che nel 1950 la commissione parlamentare denuncia la presenza di un eccessivo ricorso al contratto a termine. In risposta a questa 3) FISSARE UNA DURATA MASSIMA PER IL CONTRATTO A TERMINE INIZIALMENTE STABILITO I SUPI RINNOVI; una durata massima tra la sequenza di due soggetti, per esempio non più di 3 anni. La corte di giustizia ha stabilito limiti pesanti, come per esempio tra un contratto a temine e l’altro non ci siano contatti tra le due parti. Si può considerare il secondo contratto computabile nella durata massima dei contratti a termine o no? La corte dice si perché una pausa di 20 giorni non è da ritenersi altro contratto a termine. La direttiva poi prevede il principio della parità di trattamento tra lavoratore a termine e lavoratore comparabile assunto con contratto a tempo indeterminato, ma la legge è conforme già dagli anni ’60. Poi sono previste altre caratteristiche secondarie a quelle indicate come per esempio il diritto di essere informato nel caso ci siano possibilità di un lavoro a tempo indeterminato in azienda, … Il legislatore decide di riscrivere la disciplina del contratto a temine affidando alle parti sociali il compito di farlo. Il legislatore emana il d.lgs. 368/01. Rispetto alla 230/62 saltano all’occhio 2 novità: - Sparisce l’elenco di causali tassativo sostituito da quello che sarà definito il “causalone” ovvero ragioni di carattere tecnico, organizzativo produttivo o sostitutivo. I giudici l’hanno valorizzato subito perché all’inizio i datori di lavoro magari malconsigliati prendevano e scrivevano nella clausola appositiva del termine il motivo dell’assunzione; i giudici ritengono tutte queste clausole viziate e quindi la conseguenza è la sussistenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato perché cadeva l’elemento accessorio. - In relazione alla funzione della trattazione collettiva, mentre in forza dell’art. 23 della legge 56/87 … questa cosa sparisce e sostituita dalla possibilità di prevedere clausole di contingentamento nell’utilizzo di contratti a termine. Una clausola di contingentamento è una percentuale sostanzialmente, si dice che un datore di lavoro per esempio non può assumere lavoratori a termine per più del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato. Il “causalone” però ha fatto alzare il contenzioso anche in maniera abbastanza radicale e viene considerata come la mossa più importante. La Sentenza “Mascolo” della corte di giustizia relativa ai Precari Della Scuola. La disciplina delle supplenze nel settore scolastico è da sempre sostanzialmente derogatoria sulle regole del contratto a termine. La direttiva si applica a tutti i settori, sia pubblici che privati. L’intervento con la legge 247/2007, è una legge finanziaria ed ha introdotto 2 novità per il contratto a termine: - Limite massimo alla reiterazione di contratti a termine pari a 36 mesi rinnovati e prorogati. - Introduzione dei diritti di precedenza: cioè il diritto di precedenza dei posti di lavoro all’interno dell’impresa. LEGGE FORNERO N° 92/2012 IN MATERIA DI CONTRATTO A TERMINE inaugura il superamento delle causali, cioè preso atto che il causalone era fonte di contenzioso giudiziario eccessivo, la legge fornero lo toglie soltanto per i primi 12 mesi di contratto a termine tra 2 soggetti. Il contratto non necessita di un presupposto legale per essere istaurato quindi, non che non ha una causa. Nel momento in cui si vuole rinnovare il contratto, il causalone doveva esserci. L’ultima modifica del d.l. 34/2014 DECRETO POLETTI viene assorbito dal testo unico dei contratti di tipo speciale che si ricorda come d.lgs. 81/2015. Quest’ultimo è uno dei tanti decreti che ha attuato il JOBS ACT. Esso è composto da: - legge delega 183/2014 - altra serie di decreti. Il n° 81/2015 va ricordato perché è molto famoso in materia di contratti speciali, infatti ricopre la maggior parte dei contratti. Trova ospitalità il termine dagli articoli 19 al 29 inclusi. L’attuale governo in uno dei suoi primi atti, il decreto dignità ha novellato la disciplina del contratto a termine andando a vulnerare quella che era la novità principale del Jobs Act ovvero il superamento totale delle causali di apposizione del termine; questo perché il T.U. del 2015 avevano la novità radicale di aver tolto il causalone per qualsiasi sequenza formale tra 2 soggetti. In cambio della caduta della causale, il d. poletti ed il T.U. avevano introdotto una clausola legale dove i stabiliva una percentuale massima per l’assunzione a termpo determinato. Con il decreto dignità c’è un parziale ritorno alla legge fornero nel senso che si torna ad una disciplina in cui solo i primi 12 mesi non richiedono l’indicazione di una causale di apposizione del termine, al superamento del 12esimo mese la causale dev’essere indicata. Le causali non sono più il causalone ma sono 3 tipi e più difficili e di difficile applicazione. PER ESAMINARE LA DISCIPLINA: la clausola appositiva del termine per essere valida dev’essere redatta per iscritto e deve contenere l’indicazione della scadenza del rapporto di lavoro (termine). La scadenza del termine può derivare anche dall’indicazione di una circostanza il cui avveramento è certo anche se non è determinato specificamente il momento (può essere indicato anche un fatto). Esempio: il contratto a termine scadrà il 31/12/2018. Se devo sostituire una donna in gravidanza o congedo parentale e possono non essere sicuro di quando rientra per esempio perché fruisce di un congedo parentale e di un congedo familiare. Allora assumo un lavoratore che resterà fino al giorno prima che rinizi a lavorare la donna in gravidanza, si avvererà ma non sappiamo quando. Nel caso in cui il contratto a termine superi i 12 mesi oppure nel caso in cui il contratto sia prorogato e la somma del contratto iniziale e la proroga supera i 12 mesi oppure ancora se il contratto sia rinnovato, nella clausola appositiva del termine dovrò indicare anche la causale che l’articolo 19 del T.U. dei contratti del 2015 indica. La causale non è sufficiente scriverla ma deve sussistere. Arriviamo quindi anche alla ragione del fatto per cui si possa rinnovare o stipulare un contratto che superi i 12 mesi. Le causali sono 3 anche se il legislatore ne indica 2: 1) ESIGENZE TEMPORANEE ED OGGETTIVE DI CARATTERE STRAORDINARIO: ovvero straordinarie all’ordinaria attività dell’impresa 2) RAGIONI SOSTITUTIVE 3) INCREMENTI TERMPORANEI, SIGNIFICATIVI E NON PROGRAMMABILI DELL’ATTIVITÀ ORDINARIA. La causale dovrà essere spiegata e motivata e le cose quindi si complicano perché queste causali non sono semplicissime da applicare perché: - Si usano per una proroga o per rinnovo ed entrambe si coniugano male con la temporaneità richiesta dalla prima e terza causale per esempio. Perché si abbia proroga e rinnovo occorre chele mansioni siano dello stesso livello contrattuale. Cos’è una proroga? È una continuazione dello stesso contratto senza soluzione di continuità, il termine on scade perché prima della scadenza le parti con atto scritto prorogano il termine; ovviemente ci dev’essere idoneità. Il rinnovo invece prevede una soluzione di continuità e nel caso di un contratto che finisce e che è di durata pari o inferiori ai 6 mesi ha una durata di 10 giorni, mentre se il contratto che finisce è di una durata superiore ai 6 mesi il termine è di 20 giorni. Non serve a nulla questo perché si danno le ferie al lavoratore, vengono pagate le ferie e basta. Servono solamente per far si che non parta un contratto a tempo indeterminato. Ci sono lavoratori che non si contano nella clausola di contingentamento per esempio: - Lavoratori delle start-up - Lavoratori dello spettacolo - Lavoratori ultra 50enni - Lavoratori stagionali e sostituzione di lavoratori Dopo i 24 mesi c’è la possibilità di stipulare un ulteriore contratto non più di 12 mesi ma con il filtro dell’ispettorato del lavoro. Il limite quindi può essere derogabile dalla contrattazione collettiva mentre le causali no. Trattandosi di rinnovo ci vorrà anche la causale. Per l’apparato sanzionatorio è un discorso molto semplice, quella più usata è sempre la conversione in contratto a tempo indeterminato. Unica eccezione dove c’è solo una sanzione amministrativa pecuniaria nel caso di sforamento del limite del 20% della clausola di contingentamento. Sono soldi che vanno al ministero del lavoro. In caso di contratto a termine il recesso del lavoratore è possibile soltanto per giusta causa. In caso lo fa senza giusta causa prima del termine dovrà fare un risarcimento del danno al lavoratore per i mesi che mancano. I termini di impugnazione a seguito delle modifiche del decreto dignità sono 180 giorni per l’impugnazione stragiudiziale (lettera del lavoratore al giudice dove indica che il termine è stato apposto illegittimamente), e di ulteriori 180 giorni per l’impugnazione giudiziale (ulteriori 180 giorni per andare davanti al giudice). LEZIONE 11 – Giovedì 15 novembre 2018 Elementi importanti del contratto a termine: 1) Clausola scritta di apposizione del termine 2) Cosa c’è scritto nella clausola appositiva del termine: il termine appunto e poi quando il contratto dura più di 12 mesi una delle 3 causali introdotte dal decreto del 2018 (esigenze oggettive di carattere oggettive ma di carattere straordinario, incrementi significativi ma non programmabili dell’attività ordinaria, sostituzione di altri lavoratori). 3) In caso di rinnovo del contratto a termine a prescindere da che siano passati o no i 12 mesi bisogna indicare la causale mentre in caso di proroga la causale va indicata solo se il contratto prorogato va oltre ai 12 mesi. 4) Distinzione tra proroga e rinnovi: o Rinnovo: impone un cuscinetto temporale di 10/20 giorni a seconda che il contratto sia pari o superiore ai 6 mesi o Proroga: a seconda che il contratto non sia ancora terminato. Per far rinnovo o proroga l’inquadramento e le mansioni devono essere identiche. 5) I contratti non possono superare più i 24 mesi complessivi con un’unica eccezione: stipulare un contratto di non più di 12 mesi davanti all’ispettorato del lavoro (tecnicamente è un rinnovo e va indicata la causale). 6) La durata massima di 24 mesi è comprensiva di non più di 4 proroghe, questa stessa durata massima è aumentabile, prolungabile ad opera dei contratti collettivi. 7) I contratti collettivi possono anche porre un limite massimo al lavoro a termine posto da un datore di lavoro determinato. Se i contratti di lavoro non prevedono nulla è fissata per legge la clausola di contingentamento legale al 20%. Questa è l’unico caso in cui la scadenza del termine non comporta l’assunzione ma il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria che varia dal 20% o più. In tutti gli altri casi dove c’è violazione del contratto termine c’è la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. 8) Ci sono 4 tipi : a. Cassa integrazione guadagni b. Licenziamento collettivo c. Non effettuata la valutazione dei rischi d. Lavoro stagionale 9) Alcuni rapporti a termine non fanno rientrare i lavoratori nella clausoola di …: o Lavoratori stagionali o Start up o Lavoratori impiegati nello spettacolo o Lavoratori ultra 50enni. 10 Ricordarsi la precedenza, ovvero la possibilità del lavoratore ad indicare la disponibilità ad essere assunto a tempo indeterminato. 11 Ricordare i termini di decadenza per il contratto a termine: - 180 giorni per l’impugnazione stragiudiziale - Successivi 180 giorni per impugnare la lettera mandata dal lavoratore in via stragiudiziale. B. il contratto a termine non è plausibile della stessa disciplina dei licenziamenti poiché questo si può ottenere solo per giusta causa e non per altro. Questa disciplina è derogatoria per i dirigenti. C. Il contratto a termine può durare al massimo 5 anni e dopo 3 anni dalla stipulazione il dirigente può recedere. ESERCITAZIONE: - Assunta presso BETA - Mansione operativa a macchina - 2 anni con cooperativa - Altri 2 anni con un’agenzia di somministrazione - Dopo altri 2 anni assunta è stata assunta da BETA con un contratto a termine A-CAUSALE terminato il 30 agosto 2018 - Assunta nuovamente dal 1° ottobre 2018 con stesse mansioni per 1 anno - La lavoratrice chiede al sindacato la legittimità dell’operato di BETA - Esprimiamo un parere come giurista dell’azienda. PARERE: - In teoria passati i primi 2 anni in assunzione con la coperativa dovrebbe mettere la causale all’interno del nuovo contratto con l’assunzione di somministrazione - Il primo problema è capire cosa serve e cosa no. I 2 anni passati con la cooperativa sono irrilevanti ed anche i 2 anni svolti in somministrazione perché prima del decreto dignità per essere conteggiato il tempo del contratto a termine, doveva essere interno a 2 contratti a termine. Non c’è altro periodo transitorio il che vuol dire che dal 1° novembre 2018 contano anche i mesi svolti precedentemente. LEZIONE 12 – Martedì 20 novembre 2018 IL CONTRATTO DI LAVORO PART-TIME: o contratto di lavoro a tempo parziale. Si tratta di una tipologia contrattuale che ha trovato una sanzione legislativa piuttosto tardi rispetto al contratto a termine o all’apprendistato che sono due rapporti piuttosto salienti. La prima sanzione legislativa del contratto di lavoro part-time è dell’art. 5 della legge 863/84. Questo articolo conteneva una disciplina specifica per la prima volta del contratto di lavoro a tempo parziale. Prevedeva: - il requisito della forma scritta - orario e collocazione stabiliti - principio di parità di trattamento. Sulla base delle scarse previsioni della legge 863/84 vi fu una diffusione del lavoro part-time sia nella forma canonica del contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale (quello per cui lavoro una porzione del tempo pieno per tutti i giorni come per esempio 4 ore per tutti i giorni). Questa ipotesi trova un grande sviluppo anche in assenza di sanzione legislativa perché questo si riteneva fosse legittimato dall’art. 1322 c.c. Il legislatore però è un po’ incompleto al riguardo perché in caso di turni si pone il problema di capire quale sarà la fascia oraria del turno successivo. Se nel contratto manca la forma scritta ad probationem ma non c’è uno dei due elementi (orario o collocazione) come ci si regola? Se manca la durata su richiesta del lavoratore, il giudice dichiarerà che si tratta di un rapporto di lavoro a tempo pieno. Se manca la collocazione il giudice procederà facendo riferimento ai contratti collettivi se esistenti ed applicati, in mancanza stabilirà la collocazione dell’orario di lavoro contemperando le esigenze di entrambi. Nell’ambito del part-time ci sono 3 figure da tenere distinte: - Lavoro supplementare : è quello che si colloca tra il minor orario lavorativo previsto nel contratto ed il tempo pieno. la disciplina è più rigorosa per quanto riguarda il lavoro supplementare. Può capitare spesso infatti che il datore di lavoro assegni compiti di lavoro supplementare. In questo caso il legislatore chiede di far regolare il lavoro supplementare dai contratti collettivi. Se ci capita il caso in cui il contratto collettivo non riguarda il lavoro supplementare, questo lavoro è consentito nel 25% dell’orario di lavoro settimanale. Oltre il limite del 25% il lavoratore può rifiutare e non è passibile di alcuna sanzione. Anche le ipoteche ore di lavoro previste possono essere rifiutate se il lavoratore può addurre con provate esigenze lavorative di salute familiari o di formazione professionale. Il part-time è scelto dal lavoratore perché ha ulteriori esigenze (altro lavoro, salute, esigenze professionali, studio).Il lavoro supplementare dev’essere pagato di più ovvero con una maggiorazione retributiva del 15% che la legge dice include anche l’impatto che questa maggiorazione retributiva ha sugli istituti retributivi indiretti - Lavoro straordinario : è quello che va oltre il tempo pieno, e che nel caso del part-timer sarà del tutto eccezionale. Si seguono le norme del d.lgs. 66/2003. - Clausole elastiche : la disciplina delle clausole elastiche rimanda ai contratti collettivi per la regolazione. Queste clausole sono di 2 tipi: o Un tipo conferisce al datore di lavoro il potere di cambiare la collocazione dell’orario di lavoro o Consente la variazione stabile dell’orario di lavoro in aumento rispetto a quello precedentemente concordato. Questo per essere compatibile con la sentenza della corte costituzionale deve munirsi di alcune tutele come per esempio la forma scritta ad substantiam, dev’essere offerto al lavoratore un preavviso di almeno 2 giorni dalla modifica dell’orario di lavoro e poi specifiche compensazioni (monetarie). Vista l’importanza di questa clausola per la sua prevedibilità dell’orario di lavoro, il consenso del lavoratore dev’essere prestato davanti ad un istituto di certificazione. Istituto che ha l’obbligo di rendere più chiari i rapporti di lavoro tra lavoratore e datore di lavoro. Certificazione offre un supporto al datore di lavoro. Si è iniziato ad usarla per certificare la volontà del lavoratore perché la commissione spiegherà bene come funziona questa clausola elastica. Il lavoratore ha la possibilità di farsi assistere da un avvocato, consulente del lavoro o da un rappresentante sindacale sempre per garantire che il suo consenso sia genuino ed informato. Per le clausole elastiche che consentono un aumento dell’orario di lavoro, sono previsti gli stessi parametri come quelli dell’orario parziale. L’orario infatti non può eccedere il 25% dell’orario di lavoro ma su base annua nelle clausole elastiche. Pure qui c’è la maggiorazione del 15% della retribuzione. Il consenso alle clausole elastiche può essere revocato. Si parla di una sorta di ius penitendi. Le condizioni però per revocare il consenso sono limitate, si tratta degli studenti lavoratori infatti perché il legislatore che ha introdotto questo ha fatto riferimento all’art. 10 dello statuto dei lavoratori che però riguarda gli studenti della scuola dell’obbligo. Più rilevante è la previsione di altri soggetti i quali gli stessi hanno il diritto del passaggio o una priorità dal tempo pieno al part-time, sono persone soggette da patologie oncologiche, patologie cronico-degenerative ingravescenti e soggetti che assistono soggetti bisognosi di cura. I contratti soggettivi possono aumentare la platea di questi soggetti meritevoli di tutela. La trasformazione da tempo pieno a tempo parziale solo su accordo delle parti. Il rifiuto del lavoratore non costituisce un motivo di licenziamento. Non esiste alcun diritto per il lavoratore di trasformare il suo rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale salvo 3 ipotesi: - Lavoratori affetti da gravi patologie oncologiche o patologie cronico- degenerative ingravescenti - Lavoratori che ne fruiscono in alternativa al congedo parentale - Per le donne vittime di violenza di genere (dev’essere provata). Sono solo le donne che hanno diritto a queste. Esistono anche delle priorità nella trasformazione da tempo pieno a tempo parziale. Priorità significa che quano il datore di lavoro decida di concedere alcune trasformazioni, questi soggetti hanno un diritto di precedenza che non sono portatori delle stesse esigenze. - Soggetti che si prendono cura di persone con patologie oncologiche,… - Persone che curano disabili - Genitori che curano figli minori di 13 anni C’è un diritto di precedenza nella trasformazione del contratto da tempo parziale a tempo pieno per chi aveva trasformato precedentemente il contratto a tempo pieno in contratto a tempo parziale. I lavoratori con problemi di natura oncologica hanno il diritto ad essere richiamati in azienda. Mentre le ultime 3 categorie hanno il diritto di precedenza ad essere riassunti e non la predecenza alla riassunzione. DISCIPLINA DEL RAPPORTO: caratteristica fondamentale del part-time è la parità di trattamento o principio di non discriminazione dei lavoratori con contratto a tempo parziale e lavoratori con contratto a tempo pieno. Il legislatore propone che ci sia un ri-proporzionamento degli istituti. Problema la distinzione tra istituti economici e normativi è venuta meno con l’ultima modifica. Le conseguenze della mancanza di forma scritte e dell’indicazione della durata dell’orario possibilità del lavoratore di chiedere la…… NORMATIVA.IT RICERCA PER TUTTE LE LEGGI E NON SOLO QUELLE DI DIRITTO DEL LAVORO. LEZIONE 13 – Giovedì 22 novembre 2018 Legge Biagi l.delega n° 30/2013 molto famosa nei primi 10 anni del 2000, l’idea di fondo era quella di flessibilizzare i rapporti di lavoro in modo da poter ricondurre al lavoro subordinato tutte le forme di lavoro che si svolgevano in modo informale (nero) o in forme autonome mascherate. Il contratto di lavoro a chiamata si inserisce in questa linea della legge Biagi, quella di recuperare dal lavoro subordinato frange di lavoro fittizio o anche lavoro nero. Queste tipologie lavorative sono dentro al d.lgs. 81/2015 Anche se l’importanza della legge Biagi è relativa, bisogna spendere due parole a favore di questa perché porta il nome di un giurista ucciso dalle brigate Rosse semplicemente perché era un consulente del ministero del lavoro e stava progettando una disciplina che conseguisse gli obiettivi prima elencati. Era una riforma che con l’obiettivo di creare più lavoro subordinato, aveva accettato che questo fosse più sensibile. La legge che prende il suo nome non fu scritta da lui ma gli fu intestata. assolve il contratto di lavoro intermittente dicendo che c’è si una discriminazione ma è giustificata dal fatto che c’è una finalità occupazionale cui favorisce l’assunzione di giovani. LAVORO RIPARTITO – JOB SHARING: introdotta dalla legge Biagi, era il caso dell’obbligazione solidale lavorativa nei confronti di due lavoratori per il capo. Due lavoratori infatti si mettevano d’accordo perché quando uno non poteva lo faceva l’altro e viceversa. La legge Fornero abroga la disciplina primo perché non era tanto utilizzata. Questa tipologia lavorativa potrebbe essere ancora utilizzata sulla base della generale libertà dei privati sul creare forme contrattuali atipiche purché gli interessi in ballo siano meritevoli di tutela. LEZIONE 14 – Martedì 27 novembre 2018 Contratti di lavoro di tipo speciale a causa mista: apprendistato eccezione perché la causa subisce una modifica. Un contratto è di tipo speciale quando la causa non è la stessa del contratto “tipo” e qui la causa non è solo lo scambio tra lavoro subordinato e retribuzione (quella tipica) ma è più complessa perché include l’elemento della formazione. La causa è definita come la funzione socio-economica del contratto. Ora esistono teorie che predicano la causa in concreto quindi uguale prima ma con attenzione all’intento perseguito dalle parti; però per le nostre finalità teniamo per buono la parte principale. La presenza dell’elemento della formazione provoca ripercussioni anche nella disciplina del contratto di apprendistato. Questo è un contratto molto antico tant’è che è conosciuto sin dai tempi dell’antico Egitto, poi nella Roma del periodo classico fino ad essere uno dei contratti prevalenti del medioevo. Nel codice civile è presente fin da subito e nella parte dei contratti di tipo speciale è in competizione con il contratto a termine agli articoli 2130 – 2134 c.c. Già negli anni ’50 il legislatore vuole regolarlo in modo particolare e vara una legge che rimane in vigore fino al 2011 ed è la legge 25/1955 correlata da un regolamento di attuazione. La cosa più interessante è la previsione di un collocamento specifico per gli apprendisti. Il legislatore introduce un altro contratto nel 1978 con la legge sull’impiego giovanile denominato “contratto di formazione lavoro”. Apprendistato radicato nell’industria ed artigianato. Non è quindi di carattere generale ma rimane confinato in queste realtà. Il legislatore nel 1978 introduce quindi un contratto dalla duplice funzione: - Contratto che sia appetibile al di fuori dei settori industriali ed artigianali - Favorire l’impiego giovanile. Questo si ripercuote anche nella disciplina del contratto di formazione lavoro. Nell’1984 viene poi stabilizzato come contratto a finalità formativa. Viene sdoppiato in un contratto di formazione: - pesante: di durata biennale con la previsione di un monte ore di formazione piuttosto elevato - leggero: di durata massima di 12 mesi con una formazione contenuta che serviva per orientare il lavoratore nel nuovo contesto. Utilizzato soprattutto nel 3° settore al di fuori quindi del settore industriale. Questo contratto di formazione lavoro si caratterizzava per essere un contratto a termine quindi alla fine del periodo previsto, il datore di lavoro poteva convertire il contratto in uno di lavoro a tempo indeterminato oppure ognuno ci si lasciava. All’inizio viene concepito come un contratto indeterminato in cui la prima fase è contraddistinta da una funzione formativa. Quando vengono introdotti questi contratti dalla duplice funzione, una delle principali ragioni per cui si sceglievano questi, era perché non si passava tramite le liste di collocamento ordinario e quindi con una libera scelta del lavoratore. Liste di collocamento smantellate nel 1991 perché ritenute ingiuste. La bipartizione del contratto a finalità normativa che di fatto erano 3 (leggera, pesante ed apprendistato) non fu proficua perché il legislatore introdusse norme che limitarono la causa. Storicamente c’erano vantaggi ad usare questo contratto per abbassare i costi del lavoro e ridurre al minimo la formazione. Tra questa disciplina, si inserisce anche una disputa davanti alla Corte di Giustizia dell’UE riguardante il problema degli aiuti di stato. Gli sgravi contributivi erano modulati a seconda del settore di appartenenza del lavoratore ed anche alla regione; la Corte di Giustizia quindi nella condanna questa disciplina come incompatibile con un trattato dell’UE perché falsano la concorrenza. La giurisprudenza della Corte ha ritenuto che gli aiuti provvidenziali distinti per settore e territorio sono incompatibili. Il legislatore approfitta di questa condanna che riguardava soltanto la disciplina degli sgravi legati al contratto di formazione lavoro per riscrivere totalmente le regole dell’apprendistato e del contratto di formazione. La Legge Biagi (d.lgs. 276/2003) abroga il contratto di formazione lavoro che rimangono in vigore solo nel settore pubblico e riscrive la tripartizione dei contratti che è rimasta finora con caratteristiche un po’ diverse dalla disciplina di allora: - contratto di lavoro di primo livello: volta a dare un’infarinatura al lavoratore - contratto di lavoro di secondo livello: regolato dai contratti collettivi in cui si prevede una formazione al fine di un’introduzione in uno speciale settore - contratto di lavoro del terzo tipo; serviva a conseguire un titolo di scuola secondaria superiore o anche universitario. La legge Biagi conserva un contratto di inserimento al posto del vecchio formazione lavoro leggero; aveva breve termine e con funzione di inserimento nell’ambito lavorativo ma con contenuti molto labili. Questo contratto non ha avuto grande successo perché i lavoratori preferivano ricorrere a quello a termine ed infatti la legge 92/2006 abroga il contratto d’inserimento. La prima fase della legge Biagi è composta da una fase di scontri tra stato e regioni con riferimento al diritto del lavoro perché coincide (nel 2003) con il ricorso di una serie di regioni in ambito del lavoro. La corte costituzionale con la sentenza del 2015 fa salvo l’impianto della legge Biagi salvo 2 disposizioni con riferimenti marginali (tirorini estivi ed i centri per l’impiego); ribadisce che nell’apprendistato c’è una questione di concorrenza di competenza e non una competenza concorrente nel senso che: - da una parte competenza statale esclusiva in materia di rapporti di lavoro - d’altra parte competenza residuale regionale in materia di formazione professionale. La corte riconosce un difficile coordinamento di queste competenze, e questi ci spiega il perché il legislatore della Biagi che aveva puntato molto sulla collaborazione inter-istituzionale in realtà non riesce a garantire il decollo dell’apprendistato del primo e terzo tipo perché implicava una collaborazione delle regioni. La disciplina dell’apprendistato viene riscritta con il d.lgs 167/2011 e questo decreto è frutto di un confronto fra stato e regioni. Nel 2011 interessante l’aggiunta di un quarto tipo per la riqualificazione professionale, contratto utile per chi esce da un contratto di lavoro dopo un licenziamento che favorisce però la riqualificazione in un altro ambito lavorativo. DISCIPLINA DELL’APPRENDISTATO 1) Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica LEZIONE 15 – Giovedì 29 novembre 2018 Contratti di lavoro autonomo: abbiamo esaminato le differenze tra autonomia e subordinazione ed avevamo evidenziato uno dei problemi che poneva e tutt’ora pone il mercato del lavoro cioè la sostituzione del lavoro autonomo con quello subordinato. Il legislatore ha cercato di eliminare questa tendenza con: - Contratto d’opera : - Contratto d’associazione in partecipazione CONTRATTO D’OPERA: quando si risolve non da grossi problemi con il lavoro subordinato. Il problema nasce quando il contratto d’opera viene reiterato, quando diventa una reiterazione. Vengono introdotte le collaborazioni coordinate e continuative vengono introdotte nel 1973 con una legge che modifica la legge 409 n° 3 del c.p.c. dicendo che le collaborazioni continuate e continuative di natura personale sarebbero state di competenza del giudice del lavoro. Quella figura ben presto viene utilizzata per svolgere attività di lavoro subordinato. Vengono arginate diverse strategie per risolvere questo modo: - PREVIDENZA: nel 1995 viene introdotta la gestione separata dell’INPS ed assoggetta a contribuzione anche le collaborazioni continuative (inizialmente 8% e progressivamente si avvicina al 38% come per il lavoro autonomo). - Nella legge Biagi viene introdotta una collaborazione continuata continuativa a progetto o lavoro a progetto che non è altro che un modo diverso di lavoro autonomo. Si interviene proprio sulla tipologia della collaborazione, dice che quelle occasionali devono essere ricondotte ad un progetto o ad una fase di lavoro per garantire che siano di carattere autonomo. Inoltre se dovesse essere un progetto diventa un lavoro determinato perché il progetto ha un inizio ed una fine. C’è una contraddizione, la si distingueva come lavoro autonomo ma aveva tratti di disciplina del lavoro subordinato. Infine, nel d. 81/2015 il JOBS ACT, troviamo la soluzione che come abbiamo già potuto osservare nello studio di autonomia e subordinazione sceglie una strada diversa: non vuole fare una distinzione tra collaborazioni coordinate continuative e lavoro subordinato ma sceglie di fare un confronto tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. Il legislatore infatti stabilisce che la disciplina del lavoro subordinato si applica anche alle collaborazioni continuative ed esclusivamente personali la cui attività sia organizzata dal committente anche con riferimento al tempo ed al luogo di lavoro ovvero le cosiddette COLLABORAZIONI ETERO-ORGANIZZATE. Questa distinzione è stata raffinata intervenendo nell’articolo 403 n°9 del c.p.c. dove si è specificato che la coordinazione per non sfociare nella etero-organizzazione dev’essere stabilita nel contratto e on essere modificabile unilateralmente dal committente. Ma quindi esistono ancora le collaborazioni coordinate e continuative o sono incorporate con quello di lavoro subordinato? Si esistono ancora ma rispetto a quelle precedenti non possono essere più etero- organizzate. Nell’ambito dell’art. 2 del decreto 81/2015 il legislatore ha previsto alcune eccezioni che sollevano un po’ di dubbi riguardo la leicità costituzionale; infatti ha previsto che alcune fattispecie di collaborazioni coordinate e continuative e continuative seppur etero-organizzate non comportino l’applicazione della disciplina del contratto di lavoro subordinato. Queste fattispecie sono: - Ipotesi identificate dai contratti collettivi: quando identificano un’attività di collaborazione continuativa sottratta all’attività subordinata, devono dettarne la disciplina con riferimento anche all’ambito contributivo. Nell’art. 2 del medesimo decreto non è previsto alcun trattamento particolare delle collaborazioni coordinate e continuative genuine, l’idea è che solo il lavoro autonomo non abbia bisogno di particolari tutele poiché ha oneri ed onori; il legislatore però si rende conto che il lavoro autonomo del 3° millennio non è più come quello a cui ci si riferiva nel 1942 perché il legislatore del 1942 aveva presente i lavoratori autonomi di quell’epoca (medici, avvocati, notai,…) tutti soggetti che erano contraenti forti nel mercato e che non necessitavano di tutela; nel lavoro di oggi invece abbiamo una moltiplicazione del lavoro autonomo dal punto di vista delle tipologie ed abbiamo il fenomeno della precarizzazione del lavoro autonomo. Per questo il legislatore a metà del 2017 ha adottato uno statuto del lavoro autonomo con il decreto 81/2017. Questa legge non rinnega la natura del lavoro autonomo e la caratteristica del lavoro autonomo come soggetto che non ha bisogno di una tutela specifica con riferimento all’attività svolta, lo riconosce come soggetto necessitante di una tutela nel mercato e previdenziale; sono questi i due fronti su cui agisce il legislatore nel 2017: rafforzare la tutela nel mercato di fronte a contraenti molto forti e cercare di rafforzare la tutela dei lavoratori. Esempio: divieto di clausole abusive, attribuzione di atti della PA alle professioni ordinistiche, deducibilità delle spese di formazione, deducibilità delle spese di formazione, cosa importante è la stabilizzazione della DIS-COLL (disoccupazione coll…), e la sospensione di 150 giorni in caso di malattia e gravidanza per rapporti di carattere continuativo. Alla fine del 2017 si è rafforzata la posizione de lavoro autonomo con l’introduzione dell’equo compenso, disciplina che vale per tutti i professionisti. La disciplina dell’equo compenso è difficilissima da approvare, è l’art. 13 bis della legge n° 247/2012. L’equo compenso è il diritto del professionista ad un compenso che sia proporzionale alla qualità e quantità del suo lavoro quando abbia negoziato e stipulato un contratto con imprese di medie e grandi operazioni e il compenso sia stato imposto dalla controparte. Questo dell’equo compenso richiama all’art. 36 della costituzione sulla retribuzione. LEZIONE 16 – Martedì 4 dicembre 2018 L’ultimo istituto che affrontiamo è quello del LAVORO ACCESSORIO ED OCCASIONALE. Il lavoro occasionale accessorio è stato introdotto della legge Biagi (d.lgs. 276/2003). In origine l’obiettivo non è cambiato ma cambiò l’ambito di applicazione. L’obiettivo era di intercettare prestazioni di carattere occasionale ed accessorio che di norma venivano in maniera informale (in nero). La prima disciplina dell’istituto contempla un elenco di attività tra le quali l’insegnamento didattico supplementare, piccoli lavori domestici, attività di badantato o di assistenza a persona bisognose di cura, … tutte attività che sfuggivano al perimetro dell’ordinamento. Nel mentre si vuole evitare che questa forma di lavoro molto semplice potesse diventare attività principale e quindi sempre nella versione originale il lavoro occasionale accessorio è riservato a gente fuori dal mercato del lavoro o perché disoccupati, o perché pensionati o perché giovani studenti. Lo strumento giuridico semplificato era quello del VOUCHER. Questi servivano perché la gestione del rapporto era estremamente semplificata, il committente infatti acquistava un paccetto di voucher, per ogni ora di lavoro consegnava un voucher prepagato ed il prestatore andava a risquotere il voucher. Vi erano limiti di reddito 5000 euro che non dovevano andare oltre anche rispetto ad altri committenti perché senno diventava attività principale. Qualcuno disse che era un lavoro “alla Francese” perché di fatto non c’era regolazione della prestazione; ma era legalizzato perché il voucher incorporav contributi previdenziali ed assicurazione. Questa è la versione originaria che non ha molto successo, il legislatore allora progressivamente toglie piccoli pezzi fino a disegnare un istituto molto lontano dalle intenzioni originarie; l’ultima versione è nel decreto 81/2015. - Il compenso non incide sullo status di disoccupato e rileva ai fini del mantenimento del permesso di soggiorno - Diritto a riposi (giornaliero e settimanale) È una tipologia che sembra di lavoro subordinato ma è strettament regolamentata per far si che non cessi il rapporto per il prestatore di lavoro. Limiti orari: - 280 ore max nell’anno civile con lo stesso committente Tetti ai compensi: ci sono 3 limiti: 1) Prestatore: max 5000 euro nell’anno civile da tutti i committenti 2) Committente: max 5000 euro nell’anno civile nei confronti di tutti i prestatori 3) Prestatore: non potrà spendere più di 2500 euro nell’anno civile dallo stesso committente. Attenzione, ci sono delle variazioni: - Per alcune categorie di prestatori il limite del punto 2. È calcolato al 75% dell’importo per i pensionati, studenti <25 anni, disoccupati, percettori di REI, … Livello minimo dei compensi: - Minimo 9 euro all’ora al netto + contributi - Per il settore agricolo è prevista dal CCNL Contribuzione: - Interamente a carico del committente 33% - Gestione separata INPS 35% - INAIL 1% - ….. Modalità operative – come funziona esattamente il meccanismo: 1) Scomparsa del voucher cartaceo, ora infatti il versamento di queste è fattibile tramite piattaforma elettronica gestita dall’INPS. 2) Prima della concreta prestazione del lavoratore devono essere forniti all’INPS i dati del lavoratore, ad eccezione per enti locali, aziende alberghiere ed aziende operanti nel turismo al quale è data la possibilità di comunicarlo entro 10 gg. 3) Il pagamento è tramite la piattaforma entro il 15° giorno del mese successivo alla prestazione. Questo faceva si che il lavoratore aveva per forza il conto corrente; il decreto dignità ha consentito il versamento in contanti presso un ufficio postale a richiesta del lavoratore e con oneri a suo carico. Sanzioni: - Il superamento del limite di durata ed importo con lo stesso committente comporta l’instaurazione di un rapporto subordinato a tempo pieno ed indeterminato ad eccezione della P.A. - La violazione dell’obbligo di comunicazione e dei divieti comporta una sanzione amministrativa pecuniaria. Es, se il lavoratore viene impiegato da una micro impresa con più di 5 dipendenti la conseguenza è solo una sanzione amministrativa pecuniaria. LA CERTIFICAZIONE: è stata introdotta dal decreto legislativo 276/2003 (Legge Biagi), l’obiettivo è quello di rendere più certi i rapporti di lavoro. Avevamo visto che uno dei punti deboli del diritto del lavoro è quello di distinguere tra autonomia e subordinazione ed anche dall’utilizzo erroneo del lavoro in subordinazione. Per questo il decreto 276/2003 ha il compito di stabilire certezza nel rapporto di lavoro. L’obiettivo non è stato perseguito completamente, all’inizio sembrava avere progetti ambiziosi: - Introduzione di un istituto che permettesse alle parti la modulazione del rapporto di lavoro in esser tra di loro Era l’idea della cosiddetta AUTONOMIA ASSISTITA, l’idea di dare alle parti la possibilità in sede di certificazione di derogare ad alcune disposizioni inderogabili scambiandole con una retribuzione più elevata o altri vantaggi per il lavoratore. Questo progetto non trova l’esatta applicazione nel decreto perché la certificazione è un’approvazione volontaria che di fatto si limita a stabilire se un determinato contratto (inteso come tipo cartaceo) corrisponde al tipo contrattuale previsto dal legislatore. La certificazione rimane comunque una procedura volontaria. Gli organismi certificatori sono identificati dalla legge e sono: - Enti bilaterali: costituiti di comune accordo tra le organizzazizoni di lavoro e sondacati - Ispettorato del lavoro - Università - Direzione generale di tutela delle condizioni di lavoro presso il ministero del lavoro - Consigli provinciali dei consulenti del lavoro. La certificazione è un atto amministrativo e quindi possono essere impugnate solo per: - Erroneità - Svolgimento del programma negoziale in difformità rispetto a quello certificato - Vizi del consenso e vizi amministrativi Ovviamente tutti in sede giudiziale. Il contratto certificato se è stato fatto con una firma di un famoso professore di diritto del lavoro va bene ma il legislatore può decidere che quel professore abbia sbagliato e che quindi debba essere riqualificato il contratto di lavoro. Quindi, in che senso si può parlare di inoppugnabilità dell’atto certificato? Durante la procedura il contratto dev’essere mandato all’amministrazione previdenziale e fiscale le quali non possono emettere provvedimenti per richiedere il pagamento di somme sulla base di accertamenti da loro fatti. Devono impugnare il contratto davanti al giudice altrimenti non c’è nessuna sanzione. Nonostante le pecche dell’istituto della certificazione, recentemente nel JOBS ACT se né fatto un certo uso per consentire la deroga in via individuale ad alcune garanzie di legge. Alcune di queste le abbiamo già incontrate: 1) CLAUSOOLE ELASTICHE NEL PART-TIME QUANDO NON REGOLATE DAI CONTRATTI COLLETTIVI. 2) PATTI REGOLATIVI DELLE MANSIONI. ESERCITAZIONE 1 ESERCITAZIONE 2 LEZIONE 17 – Martedì 11 dicembre 2018 SCHEMA DELLA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO: L’AG necessita di un’autorizzazione, la maggior parte dei soggetti giuridici non possono mettere in atto questa tipologia contrattuale, chi somministra lavoro può essere solo un’AGENZIA PER IL LAVORO. L’agenzia ottiene l’autorizzazione dall’ANPAL (agenzia politiche nazionali del lavoro) che tiene un albo elettronico. Ci occuperemo dell’albo dell’APL (agenzia per il lavoro) da febbraio perché vedremo i requisiti che le APL devono presentare per svolgere l’attività di somministrazione; Es. sostituzione dei lavoratori assenti, ragioni di carattere straordinario che devono essere temporanee ed imprevedibili e poi ragioni di carattere ordinario che devono comportare un aumento notevole dell’attività e che non devono essere calcolabili. Queste 3 causali si riferiscono al contratto a tempo determinato che devono essere indicate nel contratto di lavoro con l’agenzia ma si devono riferire ad esigenze dell’impresa somministratrice. Questo crea problemi perché ci sono esigenze che l’agenzia non conosce perché tipiche dell’impresa somministratrice; si è sottolineata l’importanza del dialogo tra impresa e agenzia. La loro assenza comporterà il sorgere di un contratto a tempo indeterminato ma con l’agenzia. Il legislatore del Decreto Dignità ha elaborato una clausola di contingentamento, ha fissato al 30% il limite dei lavoratori in somministrazione o con contratto a termine per un’impresa fissa la disciplina dei contratti a termine. Datore di lavoro non può assumere lavoratori a termine per un limite del 20% Se assume invece in somministrazione ha un parametro complessivo del 30% ed un parametro relativo solo ai lavoratori a termine del 20%. In sostanza se assumo in somministrazione posso arrivare al 30% Se assumo con contratto a termine posso arrivare al 20%. Se ho già assunto il 20% di lavoratori a termine posso aggiungerne un 10% per quelli a somministrazione. Il limite però come sempre è derogabile ai contratti collettivi. Anche per la somministrazione in generale, valgono i divieti di utilizzo di cui abbiamo parlato con riferimento alle discipline di contratto in modi speciali. CONTRATTO DI LAVORO (agenzia – lavoratore) - CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO: Non è prevista alcuna forma particolare, la cosa interessante è che si possono utilizzare lavori a tempo indeterminato anche nell’ambito di lavori a tempo determinato. Nei periodi in cui il lavoratore lavora a tempo indeterminato per l’agenzia ma a tempo determinato, nei momenti in cui non ha lavoro il lavoratore ha un’indennità di disponibilità pari ad 800 euro mensili lordi. Nel contratto a tempo determinato, il legislatore hacercato di porre un limite ai lavoratori nell’ambito della somministrazione con contratto a termine intervenendo sul contratto di lavoro a tempo determinato assimilandolo quasi completamente alla disciplina del lavoro a termine; le uniche disposizioni che non si applicano riguardano le precedenze, periodi cuscinetto (10/20 gg tra un rinnovo e l’altro per evitare il contratto a tempo indeterminato) e la clausola di contingentamento del 20%. Se la clausola appositiva del termine non è scritta avremo un contratto di lavoro con l’agenzia perché il contratto è fatto tra lavoratore ed agenzia. Un problema grosso è quello relativo alle causali, quando vanno indicate? Quando si superano i 12 mesi di contratto con l’agenzia o rispetto ai 12 mesi di lavoro con l’impresa? Le causali vanno indicate solo quando il lavoro supera quella durata presso lo stesso utilizzatore, ma se gli utilizzatori sono diversi l’unico limite è riguardo a quello che utilizza di più il lavoratore. RAPPORTO DI LAVORO: Vige il principio della parità di trattamento tra lavoratori dell’impresa e dell’agenzia. Il lavoro in somministrazione costa di più rispetto a quello dell’utilizzatore perché c’è il compenso dell’agenzia ed un aumento del 4% per un ente per sostenere la formazione continua dei lavoratori interinali. I lavoratori somministrati godono di una disciplina sindacale, di una specifica formazione. Grosso vantaggio dell’impresa utilizzatrice è che non vengono contati nella realtà del computo dei dipendenti dell’impresa. Il vantaggio del non computo dei somministrati non vale per la soglia della salute sul lavoro. Hanno il diritto della comunica di ulteriori posti di lavoro liberi però non hanno diritto di precedenza come i lavoratori a termine. Potere direttivo l’agenzia limita l’esercizio del potere direttivo nel limite di indicare dove andare a lavorare poi per il resto è compito dell’impresa. Per la somministrazione è diverso perché è l’agenzia che pensa a tutto. Per quanto riguarda le mansioni, se l’impresa utilizzatrice decide di utilizzare il lavoratore somministrato per mansioni diverse da quelle pattuite deve cominicarlo all’agenzia altrimenti eventuali differenze retributive o risarcimento del danno non saranno a carico dell’agenzia ma dell’impresa che ha utilizzato il lavoratore. Cosa non da poco è l’obbligazione solidale tra l’agenzia e l’utilizzatore per la retribuzione e i contributi. La complicazione si trova nella disciplina dell’obbligo di sicurezza perché è in capo all’agenzia che si vale dell’ente bilaterale per la formazione; questo obbligo però è complicato perché finchè si tratta di salute in generale va bene il decreto 81/08, mentre per salute nello specifico l’obbligo può essere traslato sull’impresa utilizzatrice. Importante è il divieto di clausole che impediscano l’assunzione del lavoratore da parte dell’utilizzatore proprio perché la somministrazione è un trampolino di lancio per l’assunzione. SOMMINISTRAZIONE IRREGOLARE: avevamo visto un po’ di conseguenze in maniera frammentaria, precisandole: - Mancanza di forma scritta c’è la nullità del contratto e la costituzione di contratto a tempo determinato con l’utilizzatore. - Inosservanza dei divieti delle clausole di contingentamento legali o mancanza del contenuto totale (nullità) mentre in mancanza di un contenuto minimo c’è a richiesta del lavoratore la costituzione a tempo indeterminato con l’impresa e l’eventuale risarcimento del danno. - Sanzioni amministrative pecuniarie a carco dell’impresa o dell’agenzia a seconda delle ipotesi. - In caso di contratto a termine, le violazioni dei limiti di durata comportano l’assunzione a tempo indeterminato con l’agenzia. Ci sono anche sanzioni penali contenute nell’art. 18 della legge Biagi: - L’esercizio senza autorizzazione: o Ammenda (50$ per lavoratore per ogni giorno di occupazione) o Ammenda + arresto se c’è sfruttamento di minori - Richiesta di compenso per somministrare i lavoratori o per agevolare l’assunzione presso l’impresa c’è la pena dell’arresto o dell’ammenda e la cancellazione dall’albo delle agenzie. - Reintroduzione di somministrazione fraudolenta: reato che consiste dalla capacità di evadere da norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore. (MOLTO DIFICILE DA DIMOSTRARE, NON TROVA APPLICAZIONE). APPALTO DI SERVIZI: Ne parliamo ora perché già la legge 1369/1970 si è trovata nel caso di distinguere la somministrazione di manodopera (vietata allora) e l’appalto di servizi (lecita prima ed ora). L’art. 3 del decreto 276/2003 raccoglie le soluzioni a cui era arrivata la giurisprudenza; ci sono 2 requisiti che devono essere presenti cumulativamente per cui ci sia un appalto genuino: 1) L’appaltatore dev’essere un imprenditore 2) L’appaltatore deve organizzare il lavoro dei propri dipendenti ed esercitare su di essi il potere direttivo. Se manca uno di questi elementi siamo nell’ambito di una somministrazione irregolare di lavoro. Le garanzie offerte dall’ordinamento ai dipendenti dell’appaltatore sono: 1) SICUREZZA obbligo di elaborazione del documento di valutazione dei rischi, la responsabilità solidale tra l’appaltatore e l’appaltante per i danni - Agenzie di somministrazione di lavoro specialiste - Agenzie di intermediazione : è l’attività di raccolta e gestione di liste di lavoratori, di liste di imprese e l’incrocio con i curriculum dei lavoratori con quelli che interessano ai lavoratori. L’impresa scrive all’agenzia dell’impiego e scrive che sta cercando degli operatori per un mestiere, l’agenzia controlla nel database e nella borsa nazionale del lavoro e propone i candidati. - Agenzie di ricerca e selezione del personale: è un’attività su mandato specifico dell’impresa, non è più di mediazione. Se l’impresa commissiona una determinata ricerca per un compito specifico c’è un’attività molto più approfondita per la ricerca del lavoratore che non si limita all’incrocio del curriculum con l’impresa, ma può trattarsi di una selezione di certi lavoratori, una scrematura e l’invio al datore di lavoro una rosa di personale di lavoro. - Agenzie di supporto alla ricollocazione del personale : abbiamo l’impresa che si rivolge all’agenzia del lavoro per ricorrere alla ricollocazione dei lavoratori per non licenziarli, in questo caso l’agenzia colloca il lavoratore, sollecita un curriculum aggiornato e cerca imprese in cui il lavoratore possa essere impiegato. Queste attività sono quelle che possono essere svolte dai soggetti solo su autorizzazione, ci sono poi ei regimi di autorizzazione speciale e regionale. - Regionale: sono consentiti solo con autorizzazione che limita la regione interessata, è molto poco usata. - Speciale: previsti dall’art. 6 del 276/2003. Sono soggetti speciali perché derogano alle leggi ordinarie. Sono per esempio le Università, le scuole di istruzione di secondo grado, i Comuni, Enti Bilaterali (fondati da sindacati ed associazioni per il lavoro), Organizzazioni Sindacati, diverse associazioni di esponenziale interesse come la tutela della disabilità, …) Tra i soggetti con regime speciale c’è il sito internet e la fondazione del … Diverso è L’ACCREDITAMENTO, in esso il lavoratore viene selezionato dal gestore del servizio pubblico, proprio per rendere il servizio pubblico. Normalmente sono autorizzati. L’accreditamento regionale prevede una serie di requisiti e prevede appunto che le agenzie e gli altri soggetti accreditati, possano divenire erogatori del servizio pubblico. DIFFERENZA FONDAMENTLE: nelle agenzie per il lavoro, l’agenzia del lavoro non mi chiederà un importo di denaro per quando mi troverà il lavoro, è un’attività prettamente gratuita. Nel servizio pubblico invece l’utente ha diritto ad un determinato stato di servizio, quindi se sarò accreditato, svolgerò una determinata attività per soddisfare l’utente. L’accreditamento può essere regionale ma anche statale il quale serve per erogare l’assegno di ricollocazione. D.LGS. N° 150/2015 È uno dei decreti attuativi del JOBS ACT. Il problema più grosso identificato è quello che le risorse non si trovano e si cercano di identificare altri problemi. Punti focali: - Si propone di creare un sistema nazionale (non statale) di SPI (sistemi per l’impiego), con un accentramento che poi dà per scontata la riforma costituzionale poi abortita. La ricentralizzazione del decreto 150 è leggera perché si crea una struttura che ha poteri talvolta di sostituzione dele regioni che hanno bisogno ma con la possibilità di lasciare inalterate le regioni che funzionano bene. - Tutto è compatibile anche con il quadro costituzionale allora e ancora oggi consolidato (riforma della costituzione 3/2001). - In particolare lo strumento convenzionale è in grado di valorizzare le esperienze regionali più avanzate, mentre i poteri ausiliari e costitutivi dell’ANPAL permettono di venire in soccorso alle regioni meno progredite. LEZIONE 19 – Martedì 12 febbraio 2019 Decreto legislativo 150/2015 - Si propone di creare un sistema di SPI, con un accertamento che dà per scontata la riforma costituzionale - Tuttavia, è compatibile anche con il quadro costituzionale allora e ancora oggi consolidato (riforma della legge cost. 3/2001). - In particolare, lo strumento convenzionale (v. infra) è in grado di valorizzare le esperienze regionali più avanzate, mentre i poteri ausiliari e sostitutivi dell’ANPAL permettono di venire in soccorso alle regioni meno progredite. Rimangono i principi della legge statale del decreto Montecchi, quelli della legge 120/2000 ed anche decreti sparsi della legge Biagi decreto 276/2003. La Lombardia vara nel novembre del 2006 la legge n° 22. Cosa interessante è che in una situazione in cui non esisteva una regia centrale in materia di servizi per l’impiego ed in questa situazione le regioni sperimentano modelli. La Lombardia sperimenta un sistema totale di DOTE UNICA LAVORO, utilizzato nell’ambito dei servizi di formazione professionale e di collocazione collocativa. È un sistema che vuole consentire al cittadino di scegliere tra una pluralità di soggetti accreditati (che fanno parte del servizio pubblico) quello da cui vuole ricevere un determinato servizio. In Lombardia questo sistema viene usato anche in altri ambiti come la Sanità o l’Istruzione, … È UN SISTEMA IN CUI ANCHE IL DISOCCUPATO SCEGLIE DA CHI FARSI AIUTARE GRATUITAMENTE NELLA RICOLLOCAZIONE LAVORATIVA. È un sistema quello della dote unica lavoro che vuole creare un “quasi mercato” ovvero una costruzione giuridica che vuole creare una situazione di mercato laddove il mercato non esiste perché siamo in un ambito di servizio pubblico gratuito. La Lombardia sceglie questo sistema ispirata dall’Australia. Ci sono modelli delle altre regioni più tradizionali in cui il servizio pubblico è più centrale e tramite le convenzioni di soggetti accreditati il servizio pubblico sceglie alcuni pacchetti che vengono erogati ai consociati. (es. un corso per scrivere un curriculum, una visita radiologica, …) Con la crisi del 2007 sorgono dei problemi perché il sistema “totalmente acefalo” (assente di regia) inevitabilmente accresce le competenze regionali. Già nella legge Fornero si prospetta la reintroduzione di un soggetto centralizzato in realtà poi questo non succede, viene sperimentata una regia nazionale introdotta nel 2013 ma finalmente con il JOBS ACT viene costituita l’ANPAL (agenzia nazionale per le politiche del lavoro). Attenzione, non si torna ad un sistema regionalizzato come quello di fine anni 90, si opta per un’agenzia “leggera” perché la gestione dei servizi per l’impiego rimane regionale; ma l’ANPAL ha funzione di coordinamento e soprattutto poteri ausiliari e sostitutivi. Si è fatta questa scelta per: 1) L’art. 117 predisponeva competenze concorrenti quindi difficile che ci sia la gestione statale accentrata, sarebbe una contraddizione. 2) La regionalizzazione ha avuto benefici, il sistema della dote unica lavoro è stato generalizzato dal d.lgs. 150 Si è deciso di costituire un’agenzia leggera che potesse controllare senza soffocare le esperienze evolute a livello regionale. Il d.lgs. 150/2015 costituisce la rete nazionale per la reiterazione dei servizi del lavoro coordinata dall’ANPAL. I soggetti partecipanti sono: - ANPAL - Regioni: gestiscono i centri dell’impiego - Regioni: devolgono il contributo - Inps - Apl CONTENUTI DEL PATTO DI SERVIZIO: 1) Il tutor che seguirà il disoccupato. È un momento fondamentale perché più il tutor è una persona che ha un numero di disoccupati relativamente contenuto da seguire e quindi può seguirli meglio, può avvenir in fretta la ricollocazione lavorativa. 2) Definisce il profilo di occupabilità 3) Si definisce quanti curriculum il disoccupato deve inviare ed a chi inviarli 4) Si stabilisce la frequenza con cui incontrare il tutor 5) Le modalità del proprio comportamento di ricerca attiva 6) Deve definire le modalità di dimostrazione del proprio comportamento di ricerca attiva. 7) Esplicitazione della disponibilità a una serie di misure di politica attiva e dell’accettazione dell’offerta congrua. L’art. 18 del decreto 150/2015 stabilisce i livelli essenziali delle prestazioni. L’ASSEGNO DI RICOLLOCAZIONE: nella sua essenza è ispirato alla dote unica lavoro, può essere conseguito o nell’ambito del passaggio per il CPI oppure in maniera autonoma bypassando il CPI e richiedendolo sul sito dell’ANPAL. Ne hanno diritto i percettori di ammortizzatori sociali iscritti al CPI da almeno 4 mesi Il voucher può essere utilizzato dal CPI per il soggetto o lo consegnerà ad un’agenzia per il lavoro pubblica o privata basta che sia accreditato e sottoscritto in un piano d’azione. L’assegno non ha funzionato benissimo, è partito nel 2017 e con importi molto piccoli. La maggior parte dei lavoratori non capiva come funzionasse la cosa ma nonostante questo sono state stanziate le risorse per tutti gli aventi diritto all’assegno di ricollocazione ma a metà anno 2018 interviene il discorso del reddito di cittadinanza. Questo è stato varato con un d.l. qualche settimana fa e c’è scritto che fino al 2022 l’assegno di ricollocazione non sarà più erogato ai percettori di NASPi ma sarà invece erogato ai percettori del reddito di cittadinanza. Decisione molto discutibile per una ragione: I percettori di RDC sono soggetti molto lontani dal mercato del lavoro; questo strumento dimostrato di difficile utilizzo da soggetti fuori dal mercato del lavoro da 4 mesi come si può chiedere che funzioni con soggetti lontani dal mercato del lavoro da anni. RICOLLOCAMENTO MIRATO DEI DISABILI Con la legge 169/1999, nasce la definizione collocamento mirato, legge che interviene in un’ottica di servizi per l’impiego. Lo fa in contrapposizione con la legge 462/1968 che aveva regolato il cosiddetto collocamento obbligatorio. Nel nostro paese, i soggetti con disabilità sono sempre stati oggetto di una regolazione specifica volta ad assicurargli l’impiego. Vedremo che la legge 168/99 si pone in un’ottica di effettivo soddisfacimento delle esigenze lavorative dei soggetti disabili. C’è un sistema di quote infatti che le imprese devono rispettare; è l’unico elemento che rimane nel nostro ordinamento. Il passaggio dal collocamento obbligatorio a quello mirato è quello di una legge che imponeva ad un datore di lavoro con almeno 50 dipendenti almeno in 15% dei posti a lavoratori disabili a prescindere dalle professionalità che servivano loro; ad una legge che desse un impiego più soddisfacente per il lavoratore e per il datore di lavoro. Cambia proprio l’ottica, diventa un lavoro utile e soddisfacente. Ci sono state diverse pronunce della Corte Costituzionale in materia di collocazione obbligatoria e non mirata. LEZIONE 20 - Giovedì 14 febbraio 2019 COLLOCAMENTO MIRATO DEI DISABILI: il fatto che gli sia affidato un lavoro conforme con la sua preparazione. La produttività del soggetto disabile può essere inferiore rispetto a quella di un soggetto normo-dotato ma questo fa parte dei diritti costituzionali in gioco. Sul collocamento ci sono dei vincoli di politiche attive e vincoli legati ancora al passato. L’esame è basato su 3 profili: 1) Chi ha diritto a questo? Ci sono soggetti che non hanno mai lavorato o che sono divenuti inabili/disabili in seguito a cosa successe fuori dal lavoro. Ci sono disabili con capacità lavorativa superiore al 45%, percettori dell’indennità di invalidità (soggetti con riduzione della capacità lavorativa superiore al 66%) la legge lo specifica perché nel primo caso si tratta di riduzione della capacità lavorativa generica mentre nel secondo a quella specifica. Si possono essere percettori della pensione di invalidità con la generale inferiore al 45% ma superiore al 66% quella specifica. Ci sono poi invalidi speciali che sono quelli infortunatisi sul lavoro, sono favoriti per ragioni comprensibili dato che l’attività lavorativa è stata la causa della perdita di abilità; sono esclusi i sordo muto ed i ciechi, gli invalidi di guerra e gli invalidi per servizio. Ci sono soggetti normodotati inclusi nel sistema del collocamento mirato come per esempio le vittime della criminalità organizzata, dei parenti di persone che sono morte nell’adempimento del proprio servizio sempre in riferimento a fatti di operazioni di guerra o per criminalità organizzata, …. È una prassi fortemente criticata perché la legge 68 è pensata per chi ha ostacoli psichici e non fisici al lavoro. 2) Elementi riconducibili ad una funzione di collocamento – elementi vincolistici. Abbiamo detto che rispetto alla 462/1968 il legislatore ha complicato le cose infatti, la legge 68 abbassa la soglia del lavoratore tenuto all’obbligo, infatti questo sorge per le imprese con più di 15 dipendenti però differenzia e riduce l’onere complessivo quindi nelle imprese tra 15 e 35 dipendenti c’è 1 disabile, in quelle tra 35 e 50 2 disabili, oltre i 50 dipendenti il 7%; quindi c’è una ridistribuzione. Secondo alcune analisi la ricollocazione è stata ampliata proprio perché il settore è caratterizzato da piccole-medie imprese. Le imprese al di sotto dei 50 dipendenti sono state onerate della quota di nuova assunzione per poco tempo. Nella versione originale della legge 68 c’era l’obbligo della chiamata numerica per una parte della quota di riserva, con il Jobs Act la chiamata obbligatoria diventa la regola quindi si può scegliere il disabile con cui richiedere la quota di riserva; se non si fa entro il termine indicato l’ufficio di ricollocamento provvede inviando il disabile che sulla base della comunicazione fatta all’ufficio necessitano. La legge prevede una serie di strumenti per far si che il disabile abbia le carte in regola per poter lavorare. 3) Elementi legati alle politiche attive del lavoro: il superamento della chiamata numerica è un buon punto ma strumento più innovativo della legge 68 sono le convenzioni. Tramite queste che il datore di lavoro stipula con l’ufficio, vengono poste in essere una serie di misure volte a conseguire quell’obiettivo (che la persona arrivi preparata sul posto di lavoro). Possiamo quindi parlare di flessibilità e vantaggi con le convenzioni. Le prime convenzioni sono regolate dall’art. 11 della legge 69/1999 e consentono di seguire tirocini, quindi viene provato con un tirocinio; l’assunzione a termine (cosa che però non si può fare) che normalmente non è consentita ma c’è la possibilità di assumerlo part-time. Si può anche chiedere periodi più lunghi del patto di prova a patto che la prova non verta sulla disabilità. Ci sono anche agevolazioni di interesse fiscale. Ci sono le condizioni trilaterali di cui all’art. 12 e le condizioni di cui agli articoli 12 bis e dell’art. 14 del d.lgs. 276/2003; queste sono caratterizzate per il fatto di essere trilaterali (coinvolgono il datore di lavoro, i centri per l’impiego e soggetti non tenuti all’obbligo come cooperative sociali, imprese sociali, disabili liberi professionisti). Si prevede il distacco del disabile per fini formativi (un periodo di apprendistato) però con la differenza che il disabile viene assunto e poi formato; l’obiettivo è l’orientamento al lavoro, un periodo di formazione, …. altre previsioni che ci dicono in che modo questi sindacati avrebbero potuto stipulare contratti collettivi aventi efficacia generalizzata per la categoria. Un contratto collettivo che nell’ordinamento avrebbe avuto una dignità di fonte di diritto oggettivo un èpo’ come il contratto di diritto corporativo aveva nell’ambito di diritto corporativo. Nonostante questo, i commi 2 e 4 non sono mai stati applicati principalmente per ragioni storico-politiche. L’attuazione fu tentata negli anni 50 ma bloccata dai maggiori sindacati (CGL senza “i”, CISL). Dalla scissione della CGL derivano la CGIL e la CISL da cui deriva poi la UIL. CGIL CGL = CISL UIL Il primo comma è quello che ha rilievo. Aspetto importante è quello dell’ORGANIZZAZIONE. È molto importante perché ci permette di distinguere il sindacato sa diversi soggetti, per esempio: un sindacato può essere simile ad un partito politico? La differenza è proprio nell’organizzazione: PARTITO POLITICO: rappresenta gli elettori, concorre in un’ambiente neutro alla direzione del paese. SINDACATO: normalmente agisce in un ambiente ostile, al datore di lavoro non piace che ci sia sul posto di lavoro qualcuno che contesti il proprio operato. Si dice che l0art. 39 comma 1° contiene il principio della libertà sindacale, vero fino ad un certo punto perché contiene il principio di libertà di organizzazione sindacale; vuol dire che ho il diritto di organizzarmi sui luoghi di lavoro senza che il datore di lavoro possa interferire. L’organizzazione è centrale. Si fa riferimento a 2 convenzioni dell’OIL: 1) Una protegge il sindacato nei confronti delle intrusioni del potere politico (libertà sindacale collettiva) 2) l’altra invece protegge il sindacato da parte delle intrusioni del datore di lavoro, fa si che possa operare l’organizzazione sui luoghi di lavoro. Le convenzioni dell’OIL lasciano da parte il profilo delle libertà sindacale, tradizionalmente, il sindacato storico anglosassone ricorreva alle clausole di “closed shop” che fa riferimento a contratti collettivi che prevedevano l’assunzione esclusiva da parte di lavoratori appartenenti ad un solo sindacato. Proprio per questa appartenenza, le convenzioni dell’OIL tralasciano la questione. Il nostro legislatore invece è più deciso, infatti tratta della libertà sindacale NELLO STATUTO DEI LAVORATORI, in particolare nel TITOLO SECONDO E TERZO. In particolare, gli articoli da 14 a 17 dello statuto dei lavoratori. Ma perché lo statuto dei lavoratori, che è la legge n°300/1970 ha avuto bisogno di regolare la costituzione? C’è una tradizione Costituzionale piano piano abbandonata, che riteneva che ciò che era scritto nella Costituzione riguarda principalmente i rapporti cittadino-stato. In quell’epoca era facile sostenere che l’art. 39 comma 1° regolasse la libertà sindacale collettiva; ovvero quello di non vedere interventi politici da parte del parlamento nelle loro attività. Nel 1970, lo statuto dei lavoratori interviene per dire che i punti 2-3 dello statuto, in particolare riferendosi all’art. 39 comma 1° valgono anche nei confronti delle fabbriche e dei datori di lavoro. Lo statuto, per attuare il comma 1° dell’art. 39, interviene. Caratteristiche degli articoli da 14 a 17: 14 libertà sindacale. 15 vieta ogni atto discriminatorio in ogni atto dei lavoratori (dall’assunzione al licenziamento passando per promozioni, addizione al lavoro notturno, …) basato su qualcosa; nella versione originaria dello statuto erano 3: o ragioni sindacali o ragioni politiche (legate a quelle sindacali) o ragioni religiose Se si legge l’art. 15 adesso sono state aggiunte altre ragioni vietate di discriminazioni nel 1977 con la prima legge di parità n° 203 vengono aggiunte le RAGIONI DI SESSO. Nel 2003 vengono aggiunte altre questioni connesse al nuovo diritto anti- discriminatorio (razza, colore pelle, lingua, …). È prevista la nullità radicale ed è protetta la libertà sindacale positiva che quella negativa (discriminazione che consiste nel limitare determinati vantaggi alla circostanza che si aderisce o non si aderisce al sindacato). Nel nostro ordinamento è vietato il discorso del “closed shop”. 16 applicazione particolare del divieto di discriminazione. Si prevede che quando esse siano di carattere retributivo. Prevede che il datore di lavoro deve versare al fondo adeguamento pensioni una retribuzione pari alla ….. 17 contiene il divieto dei SINDACATI DI COMODO. Questi sono sindacati promossi e sostenuti dall’imprenditori. È molto importante questo divieto per garantire la genuinità della rappresentanza dei lavoratori; questo perché se il datore di lavoro promuove sindacati che fanno i suoi interessi, la dinamica delle relazioni sindacali viene viziata. Le applicazioni non sono tante per 2 ragioni: 1) non si sa cosa potrebbe fare il giudice quando rileva un sindacato di comodo. 2) Vieta al datore di lavoro di sostenerlo e promuoverlo dal promuoverlo anche se è possibile. 18 riguarda la tutela contro i licenziamenti. In origine nello statu odei lavoratori tutelava solo i sindacalisti o di chi veniva discriminato per ragioni sindacali. Nel momento in cui viene votato lo statuto, in parlamento si vuole estendere questa cosa per tutti i lavoratori; per questo si è introdotta la tutela reintegratoria dei lavoratori. Il titolo 3° prevede dei diritti sindacali rafforzati in favore di sindacati con particolari requisiti, questi possono essere all’interno delle imprese delle rappresentanze sindacali aziendali. Le rappresentanze sindacali aziendali sono previste per tutti i lavoratori ma queste nelle aziende hanno maggiori diritti. TORNIAMO AL SINDACATO: lo possiamo analizzare sotto 2 profili: 1) STRUTTURA: possiamo esaminare il sindacato secondo la dinamica, la contrapposizione tra organizzati ed organizzabili. Ci sono diverse tradizioni, il sindacato delle origini tutelava i lavoratori secondo la loro professione, uno dei primi sindacati che nasce è quello dei tipografi. Ci sono ancora sindacati che organizzano con delle professioni (sindacato dei medici, piloti di linea,…). Altra caratteristica è l’organizzazione del sindacato per ramo d’industria o categoria economica. Si organizzano tutti i lavoratori del settore chimico, elettrici, sanità, enti locali, … un raggruppamento più ampio. Ci sono anche esempi che rappresentano lavoratori di una singola impresa come per esempio la FISNIC (che è all’interno della FIAT). Sempre rimanendo alla struttura, possiamo distinguere il sindacato secondo un’altra dinamica: quella IDEOLOGICA. Si può parlare di ideologia in 2 accezioni; in un’accezione politica (sindacato come portatore dell’idea di un potere politico) e sindacale; ci sono sindacati storicamente molto vicini a partici politici (CGL vicino al Partito Comunista). La divergenza principale che ha impedito ad una minoranza di rimanere all’interno della CGL unitaria favorendo la nascita della CISL era frutto di grandi divergenze politiche, era perché la CISL aveva un’idea di sindacato diverso. La CISL da molta importanza alla negoziabilità perché il suo obiettivo è l’interesse migliore del lavoratore. C’è poi una dinamica orizzontale – verticale. Il sindacato è organizzato sia sul territorio con strutture orizzontali sia per categoria con strutture verticali. C’è inoltre una dinamica esterni – interni, con questa ci si riferisce a chi lavora nei sindacati. È la dinamica sindacalista di professione o non. Ci sono sindacati a livello comparato che si basano in misura maggiore sul lavoro di volontà (esterne al lavoro sindacale). In Italia abbiamo un numero consistente da persone assunte dal sindacato. Il nostro statuto dei lavoratori comprende diverse …. ocntratti). Formalmente è un contratto atipico ma non è così vero perché in realtà se si va a leggere le normative del lavoro incontriamo molto spesso il contratto collettivo di diritto comune. Dire che è un contratto atipico quindi è sbagliato perché ha una disciplina ben precisa stabilita in parte dalla legge ed in parte dalla Giurisprudenza. e) CONTRATTO COLLETTIVO EX. ART. 8 D.L. n° 138 DEL 2011: è un contratto aziendale o territoriale. Nel nostro ordinamento non abbiamo un regolazione del contratto di categoria ma, abbiamo un contratto aziendale tipizzato, chiamato CONTRATTO DI PROSSIMITÀ, con prerogative incredibili perché ha efficacia generalizzata, può derogare in bene o in peggio al contratto di categoria ed in determinati casi perfino alla legge. PUNTI DOLENTI DEL CONTRATTO COLLETTIVO: IL PROBLEMA DELL’EFFICACIA. Innanzitutto c’è una duplice efficacia: - Relativo al tipo di efficacia - Relativo all’ambito di efficacia. Questi derivano dal fatto che il contratto collettivo di diritto comune è soggetto alla regolazione della legge. “quanto stipulato tra 2 parti, non può avere effetto tra i terzi” Il contratto collettivo vale soltanto nella misura in cui il lavoratore è rappresentato dal sindacato ed il datore di lavoro è membro dell’associazione datoriale. Ci spieghiamo allora il perché la giurisprudenza o il legislatore hanno voluto estendere l’ambito dell’efficacia perché la natura è quella di far applicare a tutti il contratto collettivo. Intanto, la Giurisprudenza ha elaborato una serie di criteri. Problema rosso è quando il contratto di categoria si rivolge ad un lavoratore non iscritto all’associazione di categoria. Strategie giurisprudenziali: 1) RINVIO SCRITTO O TACITO: 2) RETRIBUZIONE La giurisprudenza fino agli anni 50 ha considerato l’art. 36 una norma recettiva ma c’è un duplice problema: - Qual è la retribuzione proporzionata, equa e sufficiente? Quella dei contratti collettivi si supponeva - Sostituzione della clausola nulla con una di quelle che si basasse su quelle dell’art. 13…. Che prevedeva che quando la retribuzione non sia stabilita veniva stabilita dal giudice. Almeno per la retribuzione, c’è efficacia generalizzata dei contratti collettivi (almeno per quella minima). È intervenuto anche il legislatore ad estendere l’ambito ei contratti collettivi, non direttamente ma indirettamente. Con le clausole sociali; sono previsioni inserite per esempio negli appalti pubblici, con le quali si impone all’appaltatore di applicare i contratti collettivi. Quindi indirettamente si ottiene l’applicazione di questi. Anche l’art. 8 in ambito aziendale si applica a tutti i lavoratori iscritti o non iscritti al contratto collettivo del sindacato. C’è meno da dire sull’efficacia normativa: il contratto normativo agisce dall’esterno sui contratti individuali, ma il problema p capire sulle basi del diritto comune, com’è possibile che il contratto collettivo non sia derogabile dai contratti individuali. Se io ho un rappresentante (sindacato) ed il datore di lavoro ha un rappresentante (l’associazione datoriale) e devono fare uno scambio dal valore di 1000$, le regole ci dicono che i rappresentanti non hanno potere ma scelgono loro autonomamente (quindi potrebbe essere anche 800$ anziché 1000$). Il fondamento dell’inderogabilità non si riscontra nel diritto comune, i giudici hanno passato il problema riconoscendo l’inderogabilità del contratto collettivo sulla base dell’art. 2077 del codice civile. Ma questo articolo si trova nel gruppo di norme che si riferiscono ai contratti corporativi (caduti nel 1944). L’art. 2113 c.c. riscritto nel 1973 ha risolto un po’ i dubbi perché in questo si scrive letteralmente che le cose sono inderogabili. LEZIONE 23 – Martedì 26 febbraio 2019 Problema dell’ambito di efficacia dei contratti collettivi. I problemi che affliggono la contrattazione collettiva derivano dal fatto che essa non è disciplinata specificatamente e quindi per determinare l’ambito di efficacia del contratto collettivo bisogna affidarsi alle regole del diritto comune; utilizzare quindi le regole per i contratti in generale. Bisogna far riferimento a categorie del diritto corporativo come l’efficacia inderogabile del contratto collettivo basata sull’art. 2077 c.c. che ci crea il problema perché è nella parte di norme del codice civile abrogate in quanto appartenenti al diritto corporativo. È stato incorporato nella legge 2113 del codice civile, in questo articolo ha diversi fini e ci dice che esistono contrati collettivi inderogabili. In dottrina o giurisprudenza le cose quindi si sono tranquillizzate ritenendo che l’effetto inderogabile del contratto collettivo (non possono negoziare al ribasso rispetto a quanto previsto dal contratto) trova fondamento legislativo. Il contratto collettivo crea problemi anche sotto il profilo della struttura del sindacato; esso si struttura su diversi livelli. 1) CONFEDERAZIONI accordi interconfederali presi a livello nazionale., valgono per più categorie produttive. Oltre a questo ci può essere anche la federazione di categoria produttiva che stipula il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) 2) Sindacati regionali contratti collettivi regionali in ambito di agricoltura per esempio. 3) Sindacati territoriali contratti inter-territoriali ad esempio per il settore industriale; contratti territoriali a livello di singola categoria ma sempre in settori dove le imprese sono piccole (artigianato, agricoltura e turismo) altrimenti, a livello territoriale c’è la rappresentanza sindacale unitaria che stipula il contratto collettivo aziendale (che vale per un’azienda o un gruppo d’imprese). L’accordo interconfederale è frequente a livello nazionale, il contratto collettivo nazionale di lavoro è frequentissimo poi c’è il contratto collettivo aziendale. In settori più piccoli, polverizzati, ci sono i contratti…. Il fatto che i contratti collettivi vengano stipulati a più livelli crea il problema di coordinamento tra i livelli. Il fatto che manchi una legge sul contratto collettivo ci crea difficoltà nel decidere in caso di contrasto se prevalga il contratto stipulato a livello superiore o quello a livello inferiore. Questo dilemma è stato risolto dal nostro ordinamento nel 2011 dando prevalenza di fatto al contratto aziendale stabilendo cioè che il contratto aziendale se rispetta tutti i crismi stabiliti dalla norma ha efficacia derogatoria nei confronti del contratto di categoria (CCNL) e perfino della legge. Nel corso degli anni e prima del 2011 erano state elaborate differenti teorie per risolvere il problema deo conflitto del contratti su diverso livello, nessuna delle quali soddisfacente poiché è un problema irrisolvibile se non interviene una legge a chiarire i seguenti rapporti. Teoria del mandato ascendente cioè la teoria secondo la quale poiché i sindacati sono delle oprganizzazioni costituite da organizzazioni locali che si uniscono e creano un organismo più ampio, il mandato deriverebbe dal basso e quindi come conferito potrebbe essere ritirato; il tutto per dire che dovrebbe prevalere il contratto di livello più basso come quello aziendale. Teoria del mandato discendente il sindacato sarebbe creato dalla comunità degli iscriti, per comodità si unirrebbe con altri simili e quindi la prevalenza dovrebbe arrivare dall’aklto e quindi dal contratto di categoria. Sono tutte troie fatte tenendo presente l’unione di sindacati storici. Si è passato a proporre anche il criterio cronologico cioè della prevalenza del contratto stipulato per ultimo a prescindere dal livello, è un criterio in cui in buona sostanza si prende atto che i contratti collettivi sono tutti uguali e quindi non si può inventare una gerarchia se la legge non la propone pertanto vale l’ultimo contratto stipulato cronologicamente. Sorge quindi una situazione pesantissima di gestione del personale per l’imprenditore che interviene nel momento meno adatto in cui scoppia la crisi (2009 inizio crisi). In mezzo a questo problema sorge un ennesimo problema legato alla vicenda FIAT, legato in parte si ed in parte no. Uno dei settori più colpiti del recesso economico del 2009 è sicuramente l’industria automobilistica, infatti ci sono crolli degli ordinativi del 30/40% e ci sono una serie d fusioni di case automobilistiche dove i piccoli produttori spariscono. FIAT si ritrova ad esser epiccola per sopravvivere da solo e quindi decide sotto la guida di Marchionne di fare un passo decisivo per ingrandirsi rilevando uno dei produttori più in difficoltà del mercato statunitense, Chrysler. Questo implica la pulizia in casa propria di FIAT ovvero mettere mano agli stabilimenti italiani. Comincia un braccio di ferro fra la dirigenza FIAT e la FIOM perché in realtà gli altri sindacati collaborano a questa operazione di riordino. Sorge il problema della riscrittura complessiva del contratto collettivo di FIAT, faceva parte del settore metalmeccanico quindi applicava il relativo CCNL ed aveva relativamente dei contratti collettivi aziendali per ogni stabilimento. Il primo grande problema FIAT lo trova con il CCNL perché questo diventa separato con la riscrittura, per cui FIAT si trova a dover riscrivere le regole per raggiungere tassi di saturazione come quelli degli altri paesi. Allora FIAT decide di fare un’operazione di uscire dal sistema di operazioni industriali del nostro paese. Decide di abbandonare il settore metalmeccanico (uscire dal contratto collettivo dei metalmeccanici) riscrivere i contratti collettivi e stabilire un contratto di primo livello del gruppo FIAT. È pere fare questo esce da FEDERMECCANICA e CONFINDUSTRIA, costituisce delle nuove imprese cui trasferisce gli impianti e queste NEWCO entrano a far parte del gruppo FIAT sotto la proprietà del gruppo Olandese nuovo. L’operazione è osteggiata dalla FIOM, li contesta anche tramite dei referendum. A noi interessa la ragione per cui Fiat ha fatto questo: l’impossibilità di derogare al contratto collettivo nazionale di lavoro in misura efficace e creare dei contratti aziendali che rispecchiassero le sue abilità di gestione moderna del lavoro. Senza questa premessa, non capiremmo il perché nel 2011 alla fine della crisi economica, CGIL, CISL e Confindustria stipulano un accordo unitario contenete regole dettate per scongiurare ulteriori casi FIAT. L’idea è quella di creare strumenti con cui a livello decentrato pur mantenendo il contratto con l’associazione di categoria si riescano a mantenere i contratti con le attività. GLI STRUMENTI: L’accordo del 28 giugno del 2011 si apre con un discorso legato all’accordo di categoria. L’accordo entrale riguarda le aziende, si stabiliscono innanzitutto le condizioni alle quali i contratti aziendali hanno efficacia generalizzata a prescindere dall’appartenenza ad un sindacato che un altro. Questo accordi pone regole ad una situazione d’incertezza. Se c’è la rappresentanza sindacale unitaria, deliberandola a maggioranza, il contratto collettivo aziendale si applica a tutti i lavoratori dell’azienda. Poniamo che la rappresentanza sindacale non ci sia ma ci siano più RSA (dei vari sindacati), in questo caso si va a guardare le deleghe sindacali che i lavoratori abbiano lasciato al sindacato. Se queste costituiscono la maggioranza il contratto avrà efficacia “erga omnes” ma con l’eccezione che se nei 10 gg successivi uno ei sindacati stipulante l’accordo interconfederale riesca a raccogliere almeno il 30% delle firme dei lavoratori contrari all’accordo si terrà un referendum e sulla base dell’esito si deciderà se dovrà essere applicato o meno il contratto. Uno ei problemi che era sollevato dagli imprenditori ed in particolare da FIAT, era il problema dell’effettività degli accordi stipulati. Si stabilisce che le parti accetteranno l’esito del contratto colletttivo aziendale pertano non presenteranno scioperi o altre cose, è un obbligo che si prende il sindacato che non va ad influire con il diritto di sciopero. C’è quindi una clausola di tregua, le parti si impegnano a rispettare i contratti collettivi aziendali stabiliti con quest regole. La CLAUSOLA DI APERTURA, potranno occuparsi su 3 materie: - Organizzazione di lavoro - Orario di lavoro - Prestazione di lavoro Ci sono delle condizioni a che queste possano essere usate; anche se in realtà si prevede che possano essere sia difensive (in caso di crisi per salvaguardiare posti di lavoro) ed offensive (per aumentare la competitività dell’impresa creando nuovi posti di lavoro); è necessario che per questi contratti siano condivisi dalle parti a livello territoriale per evitare una deroga incontrollata al contratto di categoria. Il 13 agosto del 2011 viene varato il decreto legge 138/2011 menzionato quando abbiamo parlato dei “tipi di contratto collettivo nel nostro ordinamento”. Il legislatore prevede questo strumento nell’ordinamento dicendo che si tratti di una legislazione di sostegno all’accordo del 28 giugno del 2011. In realtà è uno sgambetto, lo fa perché il 5 agosto del 2011 arriva sul tavolo dell’ex primo ministro Berlusconi, un’ammissiva firmata dal presidente entrante ed uscente della BCE. Lo spread era oltre 500, la situazione era in gravissima crisi perché la produzione diminuiva, era un periodo di recessione molto concreto e c’era il bisogno di una continua compravendita dei nostri titoli di stato da parte della BCE. In quell’ammissiva vi era anche una maggior decentrazione del sistema dei contratti collettivi per ottenere una miglior redistribuzione delle risorse. Nell’ottica di ottenere il sostegno della banca centrale, il governo Berlusconi vara l’art.8 del d.l. 138/2011 Gurdiamo per punti: 1) Si dice che gli accordi aziendali o territoriali, stipulati dai sindacati più rappresentativi sul piano nazionale o dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalle rappresentane sindacali unitarie con un maggior consenso in azienda hanno un consenso maggioritario. 2) Finalità: le finalità sono elencate ma sono principalmente la tutela dell’occupazione del lavoro, miglioramento della qualità del lavoro, attuazione della partecipazione,…. 3) Questi accordi non hanno solo efficacia generalizzata, ma hanno anche efficacia derogatoria in peggio però. La novità è che il contratto che può derogare in peggio, non deroga solo al contratto di categoria ma perfino alla legge. (in materia di prestazione di lavoro, organizzazione di lavoro e orario di lavoro). Fortunatamente si fa un elenco che copre il 40/50% del diritto del lavoro: a. Inquadramenti e mansioni b. Controllo a distanza dei lavoratori c. Contratti a termina d. Contratti ad orario di lavoro e. Collaborazioni continuate e continuative f. Recesso dal contratto di lavoro g. … L’unico vincolo è dato dal rispetto dei principi costituzionali, dalle convenzioni internazionali in materia di lavoro e del diritto dell’UE. Nell’art. 8 manca il riferimento alla materia economica. L’art. 8 del 138/2011 è stato usato ma senza cercare una vera e propria applicazione dato che si trattava di uno “sgambetto” all’ordinaria applicazione. Il problema è che non è che per evitare l’applicazione dell’art. 8 è sufficiente scrivere che il contratto non sia presente nell’elenco fatto dall’art. 8, ma si dice nell’articolo che questo si applica anche nei confronti dei contratti stipulati prima dell’art. 8 quindi basta che ci siano le stesse caratteristiche presenti nell’articolo 8 per far si che si possa applicare. Il filtro dell’art. 19 dello statuto dei lavoratori è molto chiaro infatti dice: Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito: a) Delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. b) Delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento. Con quest’opera, il legislatore dello statuto taglia fuori il sindacato massimalista. Lo statuto da un lato stabilizza i diritti sindacali dei lavoratori nelle aziende, ma per altro verso aiuta il sindacato democratico a riprendere in mano un movimento eversivo in alcune realtà. La situazione successiva vede il consolidamento tra i consigli di fabbrica ed il sindacato confederale perché nel 1972 viene stipulato un patto federativo tra CGIL CISL e UIL con i quale i consigli di fabbrica vengono riconosciute come rappresentanze sindacali unitarie sui luoghi di lavoro. LEZIONE 25 – Martedì 5 marzo 2019 RAPPRESENTANZA SINDACALE IN AZIENDA: Possono esser costituiti in azienda purché i sindacati siano maggiormente rappresentativi oppure che siano firmati i contratti collettivi di livello nazionale all’interno dell’azienda. Aziendalizzazione delle relazioni industriali: situazioni in cui il sindacato si frammentava a livello aziendale al posto di raggiungere gli obiettivi del contratto collettivo a livello nazionale o provinciale. MAGGIORE RAPPRESENTATIVITÀ DEI SINDACATI: La maggiore rappresentatività viene collegata a - Numero d’iscritti - Diffusione sul territorio nazionale - N° di contratti collettivi stipulati - Generale capacità di mobilitare i lavoratori. Sono criteri che rimandano ad un suo radicamento in termini preindicati; sebbene l’art. 19 dello SL non indicasse il contenuto della maggior rappresentatività, i giudici si trovano pronti alcuni contenuti in questa legge. Però, i criteri vengono poi utilizzati anche per decidere se un sindacato era maggiormente rappresentativo al fine dei diritti attribuiti dal titolo terzo dello SL (al fine della rappresentanza aziendale quindi). L’art. 19 è stato da subito considerato problematico per lo SL proprio perché il titolo 3° contempla diritti di agibilità sindacale che sono molto pesanti in termini organizzativi ed economici per il datore di lavoro. Proprio sull’art. 19 ci sono state numerose sentenze della Corte Costituzionale: 1) Sentenza n° 54 del 1974: decidere se l’art. 19 è coerente con la Costituzione. Sono entrate in causa l’art. 39 della Costituzione nel senso che, favorendo alcuni sindacati rispetto ad altri questa norma avrebbe inciso sulla libertà sindacale collettiva. Altro profilo preso in causa è quello del principio di ragionevolezza e distinzione di situazioni diverse contenuto nel titolo 3°. La Corte Costituzionale si libera agevolmente di questi sospetti di incostituzionalità perché ci dice: l’art. 39 Cost. nella misura in cui permette ad alcuni sindacati di godere di diritti più forti rispetto agli altri, non necessariamente c’è violazione perché in realtà la libertà sindacale è usufruibile anche da chi non è tanto numeroso; il problema è la ragionevolezza della differenziazione ripresa nell’art. 3 della Costituzione. È ragionevole che i diritti costosi in termini organizzativi ed economici siano riservati ai sindacati maggiormente affermati. 2) Sentenza n° 344 del 1988: manifesta una sensibilità differenziata tra la corte costituzionale e le corti di merito nell’interpretazione della maggiore rappresentatività. Il problema era la confederalità di “Sinquadri”. I quadri sono categorie di lavoratori che stanno tra i dirigenti e gli operai. Il problema è quello di capire se quando si parla di confederalità si raggruppano lavoratori subordinati di più categorie oppure di una sola purchè sia rappresentato in più settori economici. La Corte Costituzionale dice che è sindacato maggiormente rappresentativo quello che rappresenta più categorie lavorative. I Giudici di Merito invece ritenevano che la maggiore rappresentatività valesse in modo più ampio, ovvero, lo estendevano ai sindacati che inquadravano una sola categoria di lavoratori subordinati. 3) Sentenza n° 30 del 1990: in questa decisione il problema riguardava un datore di lavoro che aveva riconosciuto ad un sindacato pacificamente rappresentativo le stese garanzie dei sindacati presenti nell’art. 19 dello SL. La Corte Costituzionale si trova a dover decidere se l’art. 19 è una norma definitoria o permissiva. Definitoria norma che va a definire chi ha diritto alle categorie del titolo 3° del 19 Permissiva norma che permette di definire a chi ha i requisiti a chi è nelle categorie previste dal 19 SL oppure anche all’autonomia privata. La Corte Costituzionale dice che ha carattere DEFINITORIO sottolineando che interpretazione differente lederebbe l’art. 39 della Cost. È stata una sentenza MONITO (vedi dopo). Il sindacalismo negli anni 80-90 era molto cambiato perché c’era un quadro di sindacati autonomi molto più battaglieri che non avevano i requisiti dell’art. 19 Sl con il quale il datore di lavoro doveva fare i conti. Bastava un piccolo sindacato rivoltoso e gli aerei, i treni, i metrò non funzionavano più. Con la sentenza n° 30 del 1990 (punto 3. Dell’elenco), la Corte emette anche una sentenza MONITO ovvero dice che va riformato. I criteri dell’art. 19 andavano bene negli anni 70 in cui il mondo sindacale era abbastanza compatto; mentre ora va riformato. Il legislatore non fa nulla fino al 1995 in cui vengono proposti 2 referendum: 1) MASSIMALISTA: eliminare il titolo 3° del SL perché i diritti del titolo 3° dovevano essere garantiti a tutti. Era una cosa che la gente semplice non capiva. 2) MINIMALISTA: quel referendum per cui le rappresentanze sindacali spettano a chi firma i contratti collettivi nell’unità produttiva. Vince questo referendum. Dopo circa 1 anno, un pretore solleva la questione Costituzionale perché dice che tramite un contratto collettivo firmato in azienda, il datore di lavoro può attribuire diritti e le caratteristiche previste dal titolo 3° dello SL ma risulterebbe incostituzionale in lesione dell’art. 39 Cost. La Corte ci stupisce perché in questa sentenza, Luigi Mengoni scrive che l’art. 19 può essere coerente con l’art. 39 della Costituzione se rettamente interpretato ovvero se si interpreta nel senso che la stipulazione del contratto collettivo è l’indizio della rappresentatività. Il contratto del nuovo art. 19 dev’esser normativo cioè che regoli le condizioni sostanziali di lavoro in azienda e soprattutto che sia stato frutto di una contrattazione buona e giusta; a queste condizioni, l’art. 19 dello SL è conforme all’art. 39 della Costituzione. Nel 1996 il problema in questione era quello di un sindacato che era passato a sottoscrivere il contratto collettivo già sostanzialmente predisposto da altri, non era rappresentativo il sindacato poiché non aveva negoziato lui. 15 anni dopo, la situazione che si pone nell’ambito delle vicende FIAT è completamente diversa perché c’è un sindacato rappresentativo (la FIOM) nell’ambito della strategia FIAT per creare un sistema di relazioni industriali autonomo rispetto a quello metalmeccanico, la FIOM era assolutamente contraria e quindi pur avendo negoziato nelle varie fasi i contratti collettivi stipulati dagli altri sindacati, non ne aveva sottoscritto nessuno. Nel 2011/2012 quando la FIAT completa l’opera di staccamento da confindustria e altre, la FIOM non ha più alcun contratto collettivo in essere con FIAT e quando