Scarica L'amore tragico di Didone nell'Eneide di Virgilio e più Dispense in PDF di Latino solo su Docsity! l IV 2 Il libro quarto dell’Eneide sembra una pausa nelle vicende narrative di Enea, con esso inoltre si interrompe lo stile epico e prevalgono atmosferiche neoteriche ed elegiache. IL MITO Didone era una regina di origine fenicia (Fenici: popolo risalente al 110 a.C. di naviganti mercantili che hanno la loro terra di origine nell’attuale libano. città più importante del mondo fenicio era Tiro). La principessa fenicia Didone fuggì con alcuni fedelissimi e con sua sorella Anna dalla città natale di Tiro dopo aver scoperto che il re Pigmalione (suo fratello) aveva assassinato suo marito Sicheo; dopo un lungo viaggio approdò sulle coste dell’Africa settentrionale (in Libia). Qui si recò dal re del luogo Iarba per chiedere un appezzamento di terra su cui costruire una nuova patria: egli si prese gioco di lei dicendo che le avrebbe dato tanta terra quanta potesse essere contenuta con una pelle di un bue. Didone, senza perdersi d’animo, escogitò un astuto stratagemma per accaparrarsi un terreno quanto più vasto fosse possibile, includente la collina su cui costruire la rocca: ella infatti uccise un toro sacrificandolo a Giunone e tagliò la pelle di questo in strisce piccolissime che legate insieme formarono un perimetro estremamente vasto. Il re Iarba rimase incantato dall’intelligenza della principessa fenicia e le concesse la terra. Egli tenterà anche di sposarla più volte, ammirato dalla sua forza e dalla sua capacità di guidare; tuttavia Didone aveva fatto la promessa di rimanere fedele a Sicheo per sempre. MODELLI LETTERARI Il personaggio di Didone ha alcuni modelli letterari, tuttavia è evoluzione di tutti questi grazie alla capacità di Virgilio, che gli permise di superare questi modelli, di scavare a fondo nell’animo della principessa dipingendo con abilità la sua psicologia e i suoi sentimenti. Esistono modelli letterari che hanno ispirato la psicologia di Didone e che si ricollegano al filone letterario degli amori felici: • il primo è quello di Medea: figlia di Eeta, re della Colchide, e dell’oceanina Idea; ella era una sacerdotessa, maga e sposa di Giasone. Medea rappresenta un modello proveniente dal teatro greco come Medea di Euripide e dall’epica alessandrina come protagonista delle Argonautiche di Apollonio Rodio(Ella in questa vicenda tradisce suo padre consegnando il vello d’oro a Giasone e fuggendo con lui, il marito la abbandonerà dopo aver avuto due figli con lei per sposare. la figlia del re di Corinto. Medea in maniera vendicativa bruciò la sposa di Giasone e il padre di lei grazie ad una veste che si autoincendiava; successivamente uccise i due figli avuti con Giasone col solo scopo di procurargli sofferenza. in quest’opera Medea appare violenta e sanguinaria, ella vive il suo dramma psicologico con ansia e dubbi angosciosi) • il secondo è quello di Arianna: donna di Creta, figlia del re Minosse. Ella tradì il padre per aiutare Teseo, di cui si era innamorata, ad uscire dal labirinto del Minotauro; lui in cambio promise di portarla via con sé ma quando sbarcarono a Nasso per rifornirsi di alimenti egli si imbarcò senza di lei lasciandola sull’isola. Arianna, svegliatasi, fu presa da grande sconforto; quando era sul punto di togliersi la vita uscì dal mare il giovane Dioniso che la consolò e la corteggiò facendo successivamente di lei la sua sposa. Arianna rappresenta un modello neoterico proveniente dal Carmen 64 di Catullo. Entrambi i modelli letterari sono amori infelici così come quello di Didone: il tema dell’amore viene messo infatti al centro del libro IV che è ricco di atmosfere elegiache e neoteriche. DIDONE e LA STORIA I Romani sfruttarono il personaggio di Didone per ricollegarlo alla storia delle Guerre Puniche, individuando nell’abbandono di Enea la causa atavica dell’odio cartaginese. Alcuni critici vedono in Didone e nella sua follia(furor) amorosa uno specchio di un’altra regina orientale che rischiò di essere fatale per Roma: ovvero Cleopatra. Ella infatti aveva sedotto prima Giulio Cesare, poi Marco Antonio con l’obiettivo di far naufragare i destini romani. I Cartaginesi non accolgono la mitologia romana: secondo loro, Elissa (nome fenicio di Didone) non avrebbe mai incontrato Enea e si sarebbe sposata con un tale Barak (il cui nome fenicio significa fulmine e viene traslitterato in Barca in latino). La discendenza dei due avrebbe dato dunque origine ai Barcidi, la famiglia aristocratica a cui apparteneva Annibale. Infatti quando alla fine del libro IV Didone disperata sta per suicidarsi, invoca una vendetta pregna di una sorta di maledizione chiedendo un vendicatore che sorga dalle sua ossa per non dare pace alla stirpe romana: costui sarà Annibale Barca che per molti anni metterà a repentaglio la vita stessa di Roma. VV. 1-89 Il libro IV ha inizio con questi versi(vv. 1-2): “At regina gravi iamdudum saucia cura volnus alit venis et caeco carpitur igni” “Ma la regina, ormai afflitta da un grave affanno alimenta nelle sue vene la ferita ed è divorata da cieco fuoco” All’inizio del libro IV Didone si trova stesa al centro della grande sala da pranzo del palazzo di Cartagine, circondata dalla sorella che tiene in braccio Iulo, che sarebbe dovuto essere il figlio di Enea. Enea racconta delle sue imprese e la principessa cartaginese rimane esterrefatta mentre ammira la bellezza e la forza di quest’uomo. In Didone inizia a crescere un innamoramento voluto dalle divinità: infatti il figlio di Enea che abbracciava la principessa era in realtà Cupido, mandato dì da Venere (madre di Enea). C’era stato infatti un’alleanza di tipo amoroso tra Venere e Giunone. Grazie a una delle frecce di Cupido l’amore inizia a crescere nell’animo della regina. Concluso il pranzo, Enea si riposa nelle stanze e Didone non riesce a prendere sonno: è tormentata da affanni, sogni, speranze, senso di colpa, ripensamenti e tumulti interiori. Il racconto di questa notte si basa sul modello di Apollonio Rodio, in particolare sul libro IV delle Argonautiche. Risvegliata al mattino, Didone ha bisogno di conforto dalla sorella Anna: si confessa con lei e le racconta cosa ha provato di fronte ad Enea pronunciando queste parole(vv. 23): “Adgnosco veteris vestigia flammae” “Riconosco i segni della fiamma antica” Didone infatti, grazie ad Enea, si ricorda cosa significhi essere innamorati; ella si aspetta che Anna le dica di fermarsi e di reprimere questi sentimenti, tuttavia la sorella la invita a non consumare la giovinezza del lutto nel ricordo di un marito ormai morto da anni e le consiglia di accogliere questo dono giunto dagli dei. Didone aveva bisogno di qualcosa che la potesse smuovere: grazie alle parole della sorella, ella inizia ad essere consumata in modo inarrestabile dall’amore “come se ci fosse sotto la fiamma di una candela”(citazione di Ovidio). Dunque Virgilio scrive(vv. 66-69): “Est mollis flamma medullas interea et tacitum visit sub pectore volnus. Uritur infelix Dido totaque vagatur urbe furens” “La fiamma intanto divora i teneri midolli e silenziosa nel cuore sussulta la piaga. Brucia l’infelice Didone e vaga come una pazza per tutta Cartagine”. La similitudine del bruciare per amore tornerà spesso. Didone brucia completamente per Enea. VV. 90-174 A partire dal verso 90 ha inizio una nuova sezione del libro che si conclude con il verso 174: con essa, grazie a Giunone (protettrice di Didone) e a Venere (protettrice di Enea), verrà creato un motivo per far scoppiare l’amore tra la regina cartaginese e il principe troiano. Giunone si reca da Venere per siglare una tregua al fine di non continuare a litigare; inizialmente Venere finge di accettare assecondando quelle idee, tuttavia sa bene che Giove ha per Enea altri progetti. Giunone si occupa di fare in modo che i due si trovino insieme nel momento giusto. All’alba Didone organizza per i Troiani una battuta di caccia. Ci sono dunque Enea e Didone alla testa delle loro schiere. Un’immensa tempesta scatenata da Giunone e costringe Troiani e Cartaginesi a cercare riparo dove capita. Enea e Didone si ritrovano insieme in una grotta sulle montagne e tra loro scoppia la passione, descritta così(vv. 169-172): Ille dies primus leti primusque malorum causa fuit; neque enim specie famave movetur nec iam furtivom Dido meditatur amorem: coniugium vocat, hoc praetexit nomine culpam. Quel giorno fu il primo della sua morte, il primo dei suoi mali e la causa; non è mossa dalle apparenze e dalla fama, non medita più un amore furtivo: lo chiama matrimonio, con questo nome nasconde la colpa. Qui si trova il fulcro della vicenda: Didone scambia la bella passione amorosa ed uno slancio erotico per un’unione sacra poiché aveva percepito l’intervento di Giunone. Sarà su questo punto che si baserà la retorica con cui Enea si giustificherà nel momento dell’abbandono. VV. 175-296 In questa sezione viene descritta la fama come un mostro orrendo, dotato di corpo grandissimo, ali immense piene di occhi, mille bocche e altrettante orecchie. La fama è infatti, in senso negativo, qualcosa che vede tutto e ascolta tutto, trasportando le informazioni velocemente. La fama vola dunque di città in città e, dopo aver scoperto del connubio tra Enea e Didone, riporta la notizia al re Iarba. Egli ha come prima reazione il preparare una guerra contro Cartagine, subito dopo si placa e rivolge una preghiera a Giove chiedendogli di intervenire in quanto si sentiva preso in giro da Didone. Iarba afferma: “Io che ti ho sempre onorato per ogni cosa vengo trattato così?”. Giove in realtà non era a conoscenza di nulla su ciò che aveva architettato Giunone. Così Giove ordina a Mercurio, descritto classicamente con calzari alati e il caduceo e col petaso, di volare sopra Cartagine e di imporre ad Enea un’immediata partenza. Quindi Mercurio vola a Cartagine e trova Enea presiedere alcuni lavori di costruzione, come un attendente qualsiasi. Dopo averlo rimproverato aspramente per disubbidire al volere del fato che aveva stabilito la possibilità di un regno tutto suo, obbligandolo così a partire. Enea dunque decide di partire, ma non trova il coraggio di dirlo a Didone e prepara la partenza di nascosto: qui risiede la grande colpa di Enea, ovvero il suo tentativo di prendere in giro Didone agendo in segreto. Tuttavia presto Didone saprà che enea sta preparando di nascosto la sua partenza. 3