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L'economia, la misericordia e le sue opere, Dispense di Teologia

breve riassunto del libro del corso di Teologia 3 con il professore Mancini.

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 29/02/2024

nicole-pagani99
nicole-pagani99 🇮🇹

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Scarica L'economia, la misericordia e le sue opere e più Dispense in PDF di Teologia solo su Docsity! L’ECONOMIA, LA MISERICORDIA E LE SUE OPERE AVER-A-CUORE-I-MISERI: VERSO UN’ECONOMIA DELLA CONDIVISIONE Cercando almeno di dare rilievo alle due voci principali: la liberazione del povero dalla miseria e dall'oppressione e la predilezione per i poveri. Il contributo decisivo che la teologia può dare, in questo campo, alla riflessione economico-politica sta nel presentare questi due aspetti storicamente distinti dell'agire di Dio senza separarli in radice. Un’impostazione economica politica animata dalla misericordia, andrà a favorire quella spirale virtuosa per cui il ricco si decide di andare incontro ai poveri, dovunque si trovino, affinché possano partecipare della propria condizione. Incontriamo qui la stessa logica della salvezza che Cristo ha realizzato attraverso l’assunzione della natura umana è il dono di se sulla croce: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». «Uno sguardo alle Scritture mostra che la storia dell'alleanza è storia di liberazione, con un'opzione preferenziale per i poveri, per i bisognosi, per gli sfruttati, in modo che, dalla so-teriologia, si esiga anche un'etica». La ricchezza è diventata un "idolo" capace di riconfigurare l'uomo come homo economicus, al quale imporre norme, prospettive e soprattutto sacrifici. In questo senso, occorre riconoscere come l'impegno per la sollevare l'uomo dalla povertà in nome di Dio, che si attua nell'azione della Chiesa come prolungamento per grazia dell'azione liberatrice di Cristo, fa tutt'uno con la critica teologica dell'idolo della ricchezza e della pretesa di salvezza che guidano surrettiziamente i progetti economico-politici dominanti. Tre accezioni del termine povertà: «povertà reale come condizione ingiusta e inumana, povertà spirituale e solidarietà con i poveri, e rifiuto della povertà»". La lotta alla povertà viene inserita all'interno di un circolo virtuoso con i principi di solidarietà e di sussidiarietà: la lotta alla povertà trova una forte motivazione nell'opzione, o amore preferenziale, della Chiesa per i poveri. In tutto il suo insegnamento sociale la Chiesa non si stanca di ribadire anche altri suoi fondamentali principi: primo fra tutti, quello della destinazione universale dei beni. [...] ai poveri si deve guardare "non come ad un problema, ma come a coloro che possono diventare soggetti e protagonisti di un futuro nuovo e più umano per tutto il mondo". POVERTA’ E DISUGUAGLIANZA NELL’EPOCA DELLA GLOBALIZZAZIONE Il tema della povertà e della disoccupazione si pone in tutta la sua drammaticità con la crisi finanziaria del 2008, anche se prima i dati esprimevano un aumento della disuguaglianza ma sembrava un accettabile prezzo da pagare in cambio dei vantaggi della globalizzazione. Si trattava di aspettare che la crescita toccasse tutti. Così non è stato. In questo contesto il tema della povertà si pone sotto due forme: c'è un problema di esclusione sociale e cioè gli invisibili, persone che sono al di fuori nel sistema produttivo; l’altro aspetto è la distribuzione del reddito che è dunque connesso ai meccanismi del mercato del lavoro. Come si origina la povertà? prima del 2008, era la mancanza della globalizzazione a essere considerata la causa principale. Oggi si è arrivato a comprendere l’effetto di politiche di deregolamentazione sotto vari profili. Tona il tema della domanda aggregata (da stimolare anche per mezzo di investimenti pubblici volti a determinare una maggior efficienza dei processi produttivi e maggior inclusione sociale). Un altro aspetto è il welfare, che nel tempo si è dovuto trasformare per venire incontro ai processi di globalizzazione ti hanno anche determinato un forte impulso alla delocalizzazione produttiva e alla nascita di una vera e propria Global value chain: le imprese trovano conveniente delocalizzare fasi di produzione, che richiedono alta intensità di lavoro in paesi dove sussiste abbondanza di lavoro non qualificato e mantenere le produzioni con più alte intensità di lavoro qualificato nei paesi sviluppati. Questo determina una riduzione del salario medio. Si assiste a una polarizzazione del mercato del lavoro sia per la delocalizzazione sia per il cambiamento tecnologico, questo porta a un maggior ricorso ai lavoratori a basso salario ma da una parte aumento della retribuzione per mansioni altamente qualificate. La rapida industrializzazione ah però anche effetti sulla distribuzione della popolazione tra città e campagna e sull'ambiente che rischiano di pesare nel medio e lungo periodo sul benessere della popolazione. Il lavoro è necessario per il benessere materiale e la funzione sociale che l'individuo svolge nel contesto sociale, ma sempre più spesso entrambi questi aspetti si rivelano insufficienti per rimediare alla miseria materiale e relazionale. Come favorire questa situazione? Si è osservato che l'utilizzo delle diverse leve di policy ha permesso di cogliere i vantaggi della delocalizzazione attraverso la progettazione di politiche industriali moderne, orientate a favorire gli investimenti diretti esteri tramite interventi di stimolo alla crescita e alla qualificazione delle risorse umane. Stime empiriche mostrano che i paesi che hanno fornito maggiore sostegno ai lavoratori, sono quelli dove la delocalizzazione ha avuto un impatto meno sfavorevole per l'iniquità salariale e per le condizioni dei lavoratori. Aspetti da affrontare: 1. Tassazione. Ad oggi la necessità di attrarre capitali esteri con la finanzia ha causato un taglio al welfare, che riceve sempre meno finanziamenti, e un aumento della tassazione sui redditi medio-bassi. Questi due interventi costituiscono un serio ostacolo a politiche di rilancio economico, e per questa ragione, è richiesto una cooperazione internazionale su questi aspetti. 2. Mercato del lavoro. Attualmente, nel mercato del lavoro, a causa dell'emarginazione delle organizzazioni sindacali, è cresciuto il gap salariale tra le diverse categorie di lavoratori, trainato anche dalla delocalizzazione produttiva che agisce come freno all'aumento delle retribuzioni nei Paesi avanzati. Sono richiesti interventi legislativi per riequilibrare il mercato del lavoro sia per quanto riguarda i salari (ad esempio si potrebbe introdurre un salario minimo nazionale) sia in tema di relazioni sindacali. 3. Investimenti pubblici. Sotto il profilo dimensionale, la quantità di investimenti pubblici è oggi 4. insufficiente ed occorrerebbe venisse legata al rilancio dell'economia, piuttosto che a una logica di equilibrio di bilancio di breve periodo. Sotto il profilo qualitativo, è necessario che la spesa pubblica per investimenti sia progettata in modo da evitare che questa sia sperperata in modo inqualificabile. Particolarmente necessari sono gli investimenti pubblici nella formazione permanente, che aiutino il pieno e costante reimpiego dei lavoratori nel processo produttivo. 5. Welfare state. Bisogna pensare a un programma pubblico in una logica di formazione, in modo da favorire il reinserimento del personale recentemente espulso dal mercato del lavoro e di tutti i 6. disoccupati nella società. L'economia reale si trova in una condizione di crisi di profittabilità, determinata dall'incremento della capacità produttiva, accompagnato da un forte calo della domanda. I problemi non si possono risolvere solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. Occorre che gli economisti trovino ed applichino delle soluzioni, che possano beneficiare la società e i singoli individui nel breve, e, soprattutto, nel lungo termine. INCOME INEQUALITY: WHY IT MATTERS La disuguaglianza di reddito, negli ultimi anni, è diventata un tema di crescente importanza e una delle principali questioni politiche, poiché il divario tra ricchi e poveri, ancora oggi, è in continua espansione, sia nei paesi sviluppati che in via di sviluppo. Infatti, focalizzandoci solo sui paesi sviluppati dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), il divario tra ricchi e poveri ha continuato ad ampliarsi per tre decenni fino al 2008, raggiungendo un picco senza precedenti. In molti paesi dell’OCSE, la quota di reddito familiare detenuta dal 10% più ricco della capitali diventavano più efficienti, i consumi potevano essere attenuati da maggiori prestiti e indebitamenti. CONCLUSIONI Sappiamo che la disuguaglianza può raggiungere un livello tale da risultare dannosa per la società: ciò accade quando consente di ostacolare un cambiamento politico positivo per la società, consente solo a una parte della popolazione di ottenere una buona istruzione, o a determinate élite. Il livello attuale di disuguaglianza potrebbe essere eccessivo, ma è improbabile che venga ridotto in tempi brevi. Nei paesi avanzati, è improbabile che si verifichi un cambiamento significativo nella quota di reddito detenuta dai detentori di un più elevato reddito, data l’indebita influenza che questo gruppo esercita sul sistema politico. Le politiche economiche (governative) modellano la distribuzione del reddito nella società e diverse politiche possono contribuire a realizzare una società più efficiente ed egualitaria. Sappiamo che esiste una stretta relazione tra l’istruzione dei genitori, la situazione reddituale e i risultati economici e sociali dei loro figli. Ciò ha portato a una società sempre più divisa. L’equità è importante per le persone ed è stata proprio la sensazione di vivere in un sistema economico e politico ingiusto che ha incoraggiato le proteste in tutto il mondo. Una perdita di pari opportunità porta a una maggiore disuguaglianza, e una maggiore disuguaglianza va di pari passo con un minore sostegno politico. Gli eventi recenti hanno quindi dimostrato che non dovrebbe esserci dicotomia tra economia e società e che la disuguaglianza del reddito e le questioni distributive sono importanti e dovrebbero rappresentare una delle principali preoccupazioni per le politiche economiche e macroeconomiche. LA RESPONSABILITA’ SOCIALE DELL’IMPRESA COME FORMA DI MISERICORDIA Il tema della responsabilità sociale dell’impresa. Necessario ampliare la nozione di “economico” al di là di tutto ciò che è orientato alla mera massimizzazione del profitto individuale. Due versioni riscontrabili: la prima sostiene che l’azienda necessita di consolidare un atteggiamento sociale responsabile, perché questo contribuirebbe a consolidare la reputazione dell’azienda conseguendo un vantaggio concreto per quanto riguarda l’affidabilità, i rapporti con i consumatori e con gli investitori; la seconda versione punterebbe invece sulla consapevolezza del fatto che l’impresa è parte dell’intera compagine sociale. Nonostante la diffusione queste due concezioni non sono adeguate a trattare il carattere comunitario e integrale dell’impresa stessa. La dottrina sociale della Chiesa si raccomanda allora per due elementi principali che testimoniano dell’inadeguatezza delle concezioni, proponendo allo stesso tempo una prospettiva alternativa. Al superamento del riduzionismo antropologico, dall’altro lato offre una concezione capace di integrare le potenzialità del dono e le ragioni dello scambio, prendendo così le distanze dalla visione moderna, che istituisce una recisa dicotomia nell’ambito delle attività economiche fondamentali dell’uomo. Questi elementi vengono messi in luce nell’intera enciclica “caritas in veritate” di Benedetto XVI. Il tema della responsabilità dell’impresa può allora costituire la “nuova frontiera della dottrina sociale della Chiesa” (Becchetti). In questo senso, infatti, può essere più agevole far capire come la dottrina sociale intende invece persuadere gli operatori economici ad una variazione fondamentale di mentalità, in quanto mette al centro dell’attenzione gli stili di vita dando dignità e importanza alle scelte di vita dei singoli rispetto a quelle del sistema, propone un nuovo modello di carità fondato sulla condivisione e sulla responsabilità e la dignità del ricevente puntando decisamente al suo riscatto e alla sua inclusione della società. -> felicità sostenibile Questa prospettiva etico-culturale aiuta a leggere le realtà imprenditoriali come attori sociali intrinsecamente virtuosi, in quanto accolgono l’appello del Papa Francesco “ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo umanesimo del lavoro”. Assumendosi realmente la responsabilità di quest’orizzonte, le aziende potranno contribuire a diffondere una cultura d’impresa che sia effettivamente al servizio delle persone. Questo significa forse che la dottrina sociale della Chiesa interpreta il tema della responsabilità sociale a danno dello sviluppo stesso dell’impresa? Risposta Becchetti: no, mostrando una condotta manageriale socialmente responsabile può conseguire, a patto di sostenere alcuni costi, cinque attraenti benefici: motivazione intrinseca dipendenti, riduzione del rischio di conflitti con gli stakeholder, sostenibilità ambientale, riconoscimento dei consumatori critici e la reputazione dell’azienda.  Superare quindi l’idolatria del profitto e ispirando la propria missione di produzione di valore economico a criteri più relazionali e solidali. La teologia può essere un valido alleato dell’economia aziendale. RESPONSABILITA’ SOCIALE DELL’IMPRESA E IMPRESA SOCIALE PER UNA ECONOMIA CIVILE La responsabilità sociale dell’impresa (CSR) implica porre al comportamento dell’impresa alcuni limiti di natura etico-morale, che ne possano ridurre i profitti. L’impresa sociale ha invece una natura tipicamente non profit, anche se deve ovviamente anch’essa fare i conti con dei vincoli di bilancio. L’impresa privata non è l’unica forma di organizzazione delle attività imprenditoriali, essendosi sviluppate altre iniziative non profit, cooperativa ecc.), congeniali a gestire ambiti operativi non necessariamente di mercato. La massimizzazione del bene comune ritorna in questo contesto a costituire la logica prevalente dell'economia civile, che punta allo sviluppo delle relazioni fra le persone intese come valori per tutti coloro che vi partecipano: a differenza del modello economico tradizionale che era già esclusivamente efficienza e sull'utilità individuale, questo approccio esalta la dignità della persona che non può essere mortificata come prodotto di scarto. La massimizzazione del bene comune punta allo sviluppo delle relazioni fra le persone intese come valori per tutti coloro che vi partecipano: a differenza del modello economico tradizionale che ragiona esclusivamente sull’efficienza e utilità individuale; questo approccio esalta la dignità della persona che non può essere mortificata come prodotto di scarto. Sono preferibili le imprese ai fini di lucro o le organizzazioni non profit? La risposta dell’economia non può essere che una: deciderà la concorrenza. Molti economisti restano scettici sulla possibilità di utilizzare la CSR per ridurre le inefficienze di mercato. Per una risposta definitiva servono altre modalità teorici ed indagini; tuttavia, evidenze aneddotiche mostrano che in alcuni settori la CSR ha prodotto effetti significativi. Ad esempio, nel mercato del credito le banche etiche nei paesi sviluppati hanno conseguito buoni risultati quando sono rimaste coerenti con i loro obiettivi di partenza. La letteratura relativa alle organizzazioni non profit indica che il loro ruolo è particolarmente importante quando riescono a rendere accessibile il mercato a fasce altrimenti escluse. Risulta importante studiare se esistono evidenze empiriche di presenza di comportamenti socialmente responsabili a livello individuale ed eventualmente come incentivarli. Questo tema è studiato dall'economia comportamentale; essi mostrano che molti individui non si comportano secondo le predizioni del paradigma dell'uomo economico, bensì evidenziano varie forme di altruismo dal quale possiamo pensare che derivi anche la responsabilità sociale. Conclusione: -si può valorizzare il ruolo di tutti gli stakeholder (lavoratori, comunità locali, altri finanziatori: obbligazionisti e creditori; compresi i clienti) anche a livello legislativo; esiste un’evidenza che questo possa essere di aiuto al rafforzamento di comportamenti coerenti con la CSR. Caratteristiche fondamentali di questo orientamento a valorizzare gli impegni verso gli stakeholder sono la autodisciplina, il dialogo e la partecipazione degli stakeholder stessi alla negoziazione degli obiettivi che interessano i soggetti coinvolti. Pag. 61-63 Il fattore determinante dello sviluppo e del successo del CSR è la decisione di chi mette le mani al portafoglio, ossia il potere di scelta del consumatore o investitore. CONNETTERE LA CREAZIONE DI VALORE FINANZIARIO CON LA GENERAZIONE DI VALORE SOCIALE CONDIVISO: IL RUOLO DEI SOCIAL IMPACT BOND La finanza è un tema di discussione molto sentito nell’opinione pubblica, la prima ragione si collega al tumultuoso processo di sviluppo che l’industria finanziaria ha sperimentato nei paesi industrializzati negli ultimi decenni. La seconda ragione è connessa alla domanda sull’efficacia del sistema finanziario attuale nello svolgimento del ruolo di ponte tra i soggetti che dispongono di capitale e quelli che di capitale hanno necessità al fine di porre in essere progetti imprenditoriali di investimento. L’esigenza che tale “ponte” funzioni correttamente, cioè che per il suo tramite il capitale fluisca regolarmente, è un obiettivo ampiamente assodato. Il punto, il dilemma è quale sia l’estensione dei vincoli che la mano del legislatore deve porre per il funzionamento del sistema; e quanto sia opportuno che i codici di comportamento assunti dagli operatori si affianchino a dei valori e che non siano solo quelli del meccanicismo dei mercati. Per lungo tempo si è ritenuto sufficiente assumere che i mercati finanziari fossero dotati di un’autonoma capacità di autoregolarsi in maniera efficiente, così da allocare correttamente gli investimenti; ma tale convinzione ha lasciato l’analisi delle questioni etiche ai margini della discussione. La crisi del 2007/2008 ha incrinato questa fiducia in quanto ha dimostrato che le dinamiche della finanza non siano in grado di badare a se stesse, ma debbano essere monitorate. L’evidenza della fragilità ha portato a una rinnovata attenzione per la rilevanza, ai fini di un corretto funzionamento della finanza, del riferimento a categorie di giudizio di tipo etico, considerate importanti affinché il sistema funzioni correttamente come ponte tra risparmio e investimento su cui transitano i capitali, così che questi si indirizzino verso destinazioni che creino benessere per la collettività. Si è quindi fatta strada la convinzione di un riconoscimento esplicito del finalismo della finanza come servizio alla persona. Questa convinzione ha generato l’emergere di prodotti finanziari che assumono l’obiettivo di connettere il valore finanziario con il valore sociale condiviso, come per esempio il finanziamento di progetti non profit. Tali strumenti però sono cresciuti in modo disordinato e incoerente. Una prima problematica è legata alla coerenza interna e alla capacità di imporsi persuasivamente delle categorie etiche di riferimento, stabile nel tempo. Un’altra problematica riguarda la modalità con cui le finalità etiche vengono implementate nel concreto, questi vincoli riguardano la declinazione pratica, e i vincoli di economicità. Uno degli strumenti finanziari prodotti da questo laboratorio sono i Social Impact Bond (SIB). Si tratta di strumenti che si propongono di coniugare la remunerazione dell’investitore con l’impatto sociale generato da un investimento specifico. Il Design di questi prodotti finanziari è complesso e richiede alcuni elementi fondamentali. Il primo elemento è l’individuazione di uno specifico progetto da finanziare, solitamente di una precisa di disagio sociale. Un secondo è la formulazione di un patto con chi dispone di capacità di spesa relativamente al problema sociale di riferimento. Tale entità può essere interessata alla mitigazione del problema sociale, per motivazioni etico ed economiche. Il terzo elemento è la misurabilità del successo del progetto nell’affrontare il problema sociale cui si indirizza il programma finanziato. In sostanza, nel SIB l’intermediario finanziario che organizza la strutturazione del finanziamento propone all’investitore uno schema in cui il rendimento per l’investitore è collegato alla capacità del soggetto finanziato di produrre un beneficio sociale misurabile, scommettendo con la pubblica amministrazione sulla buona riuscita del progetto. L’investitore anticipa al soggetto finanziato il capitale necessario all’avvio dell’attività, che sarà remunerato con i trasferimenti che ex-post la pubblica amministrazione effettuerà a favore del soggetto finanziato a seguito della constatazione del livello di servizio reso e del raggiungimento di predeterminati obbiettivi sociali. Il codice del consumo ha lo scopo precipuo di riequilibrare il rapporto contrattuale in tutti i suoi aspetti. Esso prende in esame l’intero svolgimento del rapporto tra consumatori e professionisti. Quindi il rapporto prima, durante e dopo. Inoltre esso contiene anche previsioni sul contenuto minimo delle informazioni sul prodotto e sul servizio e le modalità di comunicazione; obblighi formativi rafforzati per i contratti stipulati fuori dei locali del professionista o a distanza; divieti a carico del professionista di ricorso a pratiche commerciali scorrette per la conclusione del contratto. Le pratiche commerciali scorrette possono essere ingannevoli o pratiche aggressive. Le prime sono legate a informazioni che comportano una falsa rappresentazione della realtà. Le seconde sono molestie, minacce, coercizione. Nel codice sono anche previste restrizioni rispetto al contenuto dei contratti predisposti unilateralmente del professionista e quindi non negoziati individualmente con il consumatore. Cioè il divieto di clausole vessatorie, cioè di specificare clausole particolarmente gravose per il consumatore. La ragione della disciplina risiede nel fatto che il consumatore ha solo la scelta tra accettare integralmente il set di regole propostegli; in un mercato molto aperto il consumatore può rivolgersi ad un altro professionista, mentre in mercati meno aperti potrebbe non avere alcuna alternativa. Inoltre ricorda anche la responsabilità del produttore per i danni causati da prodotti difettosi. Al soggetto verrà chiesto di dimostrare il danno subito, il difetto del prodotto e il nesso causale tra danno e difetto. Spetta al produttore dimostrare che il difetto dipende da cause esterne alla propria sfera di controllo. La violazione degli obblighi di sicurezza configura anche reato. Infine, il codice prevede la garanzia legale di conformità del prodotto e la correlata responsabilità del produttore verso l’inquirente per i vizi del prodotto; esso ha durata di due anni, e costituisce un n ampliamento significativo delle tutele dell’acquirente. Caveat emptor Per quanto riguarda i rimedi nel caso di violazione di obblighi e divieti da parte dei professionisti, il codice adotta il sistema del cosiddetto “doppio binario”, predisponendo una combinazione di misure di diritto civile speciali, azionabili davanti al giudice ordinario, e di sanzioni amministrative: le prime destinate alla tutela dei singoli consumatori; le seconde finalizzate prevalentemente alla tutela del mercato. E misure civili a loro volta si aggiungono a quelle previste dal diritto comune dei contratti, (annullabilità risoluzione per inadempimento, riduzione prezzo, risarcimento), sicché il sistema che ne risulta pone non trascurabili problemi di coordinamento normativo, in presenza di fattispecie rispetto cui deve verificarsi se i rimedi di diversa fonte siano in rapporto di reciproca complementarità o alternatività. Tra le anzidette misure civili speciali si ricordano: -la nullità di protezione delle sole clausole vessatorie -il diritto di recesso del consumatore, senza necessità di motivare, da esercitarsi entro un termine massimo non inferiore a 14 giorni -il diritto di chiedere la sostituzione o la riparazione del prodotto difettoso Questi sono applicabili senza azioni di ricorso giudiziali. I rimedi indicati tutelano i singoli consumatori e sono teoricamente applicabili senza necessità di ricorso ad azioni giudiziali. Essi sono affiancati da un apparato di sanzioni amministrative, della cui applicazione si occupa quasi esclusivamente l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e che consiste essenzialmente in sanzioni pecuniarie e in pronunce inibitorie della prosecuzione delle condotte illecite. Esse intervengono, ad esempio, nei casi di: omissione d'informazioni obbligatorie (art. 12); mancato rispetto delle modalità di conclusione dei contratti fuori dei locali commerciali o a distanza (art. 66); pratiche commerciali scorrette (art. 27); presenza di clausole vessatorie in contratti predisposti dal professionistal8 La funzione dell'intervento amministrativo è individuata nel rafforzamento dell'effetto di deterrenza della disciplina in questione verso i professionisti. Inoltre, come anticipato, in una prospettiva più ampia si ritiene che indurre i professionisti a tenere comportamenti corretti comporti benefici per tutto il mercato interessato, poiché accresce la fiducia dei consumatori e la facilità dei rapporti commercia-li, oltre ad evitare lo sviamento di clientela con tecniche scorrette. Per quanto riguarda i rimedi civilistici è affrontato anche il delicato tema dell’accesso alla giustizia, rispetto cui il Codice del consumo prevede infatti modalità speciali, finalizzate a ridurre gli ostacoli che singolo consumatore può incontrare nell'introdurre una causa ordinaria avanti ad un tribunale (problemi di accessibilità, sostenibili economica, pressione psicologica, eccessiva durata). Tra le varie alternative offerte al consumatore, ricordo il forte impulso a sostituire i tradizionali procedimenti contenziosi avanti all'autorità giudiziaria con modalità di composizione extragiudiziale delle controversie tramite ricorso a sistemi di "Alternative Dispute Resolution - ADR", vale a dire a procedure di risoluzione delle controversie alternative a quelle ordinarie. Si tratta infatti di procedure di mediazione / conciliazione, gestite da organismi specializzati e legalmente autorizzati (art. 141). I vantaggi di simili iniziative sono ricondotti alla riduzione della tempistica e delle spese (non essendo necessario essere rappresentati da un avvocato), nonché all'accesso facilitato al procedimento, che attualmente può eseguirsi anche per via telematica (art. 141, comma 4°). Vale la pena sottolineare che con i procedimenti ADR non si ottiene una sentenza di condanna della parte reputata inadempiente, come accade invece nei procedimenti davanti all'autorità giudiziaria, ma, normalmente, si perviene ad un accordo sostanzialmente transattivo, con cui viene definitivamente risolta la controversia. Per tale ragione, la scelta di ricorrere ad una ADR non preclude al consumatore di rivolgersi successivamente al giudice per ottenere piena tutela dei suoi diritti, qualora non ritenga soddisfacente l'esito della procedura alternativa, a prescindere dal suo concreto contenuto. Il sistema delle misure speciali procedurali contempla anche l'azione di classe (sulla scia della class action statunitense, art. 140-bis), che dovrebbe comportare risparmi di spese per i consumatori ed economie processuali. Si tratta tuttavia di un procedimento piuttosto macchinoso, introdotto già una decina di anni fa, che solo in tempi recenti, anche a seguito di mirati interventi normativi volti alla semplificazione del rito, sta incominciando a dare risultati positivi. L'azione di classe è concepita dal Codice del consumo per far valere di ritti contrattuali dei consumatori e consentire a questi ultimi di chiedere il risarcimento di danni per violazioni degli obblighi dei professionisti - e, quindi, ad esempio, per pregiudizi derivanti da pratiche commerciali scorrette, comportamenti anticoncorrenziali, prodotti difettosi - e le restituzioni. In presenza di determinati presupposti, si consente al giudice l'esame unitario di domande riferentesi a una pluralità di consumatori titolari di diritti omogenei - quasi sempre riuniti in comitati o rappresentati da associazioni di tutela del consumo, dotate di legittimazione ad agire - e di rendere una pronuncia parimenti unitaria. D'altro canto, sul fronte dei procedimenti ordinari, deve segnalarsi una previsione finalizzata ad agevolare l'accesso all'autorità giudiziaria, consistente nell'avere fissato quale foro territorialmente competente sempre quello della residenza del consumatore - o del domicilio dal medesimo eletto -, configurando clausola vessatoria qualunque diversa previsione (art. 33, comma 2°, lett. u e art. 66-bis). Inoltre, le associazioni dei consumatori sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, potendo, inter alia, chiedere che l'autorità giudiziaria pronunci nei confronti dei professionisti inibitorie di atti e comportamenti lesivi dei consumatori, nonché ordini di fare o non fare per correggere o eliminare gli effetti di tali condotte (artt. 139 e 140). In estrema sintesi, il Codice del consumo prevede tutele speciali in tutte le fasi del rapporto tra consumatore e professionista, su tutti i versanti: esso presenta ampi margini di miglioramento', ma costituisce un significativo passo in avanti rispetto all'assenza di specifiche tutele di natura sostanziale, riscontrabile fino a una trentina di anni fa. Ricordo inoltre che il Codice del consumo incoraggia anche l'educazione dei con sant. 1D, in modo da renderli maggiormente prepara ad affrontare i loro rapporti con i professionisti. 7. Il consumatore e la Dottrina sociale della Chiesa L'aspetto della educazione ricordato da ultimo si salda con il ruolo riconosciuto al consumatore dalla Dottrina sociale della Chiesa, cui vorrei - con tutte le cautele dovute nell'avventurarsi in terreni non propri - accennare in chiusura. La Chiesa, in primo luogo, sottolinea gli aspetti positivi di un «vero mercato concorrenziale», in quanto reputato «uno strumento efficace per conseguire importanti obiettivi di giustizia» , tra cui si include il «rispondere alle esigenze dei consumatori»?. Rispetto a questi ultimi, inoltre, la Chiesa non sembra preoccuparsi molto del la loro "debolezza". Al contrario, essa, manifestando comprensibile diffidenza verso il consumismo, che «mantiene un persistente orientamento verso l'avere anziché l'essere» (Compendio, 360), incoraggia il consumo consapevole e responsabile. Sotto quest'ultimo aspetto, la Chiesa sottolinea innanzitutto il potere di «influenzare la realtà economica con le (...) libere scelte tra consumo e risparmio» (Compendio, 358), che ciascun individuo ha nel decidere come utilizzare il proprio denaro. Pertanto, essa richiama all'esercizio del potere di acquisto «nel contesto delle esigenze morali della giustizia, della solidarietà e di precise responsabilità sociali» (Compendio, 359) e alla capacità del consumatore di indirizzare il comportamento dei produttori, rivolgendo le proprie scelte verso certi prodotti rispetto ad altri, sulla base di criteri quali il rispetto di "corrette condizioni di lavoro" e la tutela dell'ambiente (ibid.). In conclusione, la Chiesa valorizza il potere dei consumatori di orientare gli operatori professionali verso il rispetto e l'attenzione per gli aspetti etici dell'attività imprenditoriale (rapporti con le comunità in cui si opera, i dipendenti, i fornitori, i consumatori, viene qui in rilievo l'ampia area tematica della responsabilità sociale d'impresa, che è stata oggetto di un altro incontro di questo ciclo). Essa considera il consumatore da un angolo visuale diverso, rovesciato rispetto a quello da cui muove il legislatore. Le due prospettive non sono contrastanti, ma complementari. Il diritto si occupa del consumatore come soggetto debole rispetto al professionista, che rischia di subire passivamente l'iniziativa di quest'ultimo ed è quindi meritevole di protezione. La Dottrina sociale della Chiesa supera di slancio tale impostazione e chiede ai consumatori uno sforzo ulteriore, un'assunzione di responsabilità e d'indipendenza, che permetta loro di trasformare un'apparente debolezza in forza, per la promozione della giustizia sociale. Non resta che tenere ben presenti le potenzialità del nostro ruolo, la prossima volta che andiamo al supermercato o ai grandi magazzini, o ci colleghiamo ad un sito di vendite on-line. L’EVANGELO DELLA MISERICORDIA NELL’ICONA SORPRENDENTE DEL SAMARITANO “chi salva” è il “rifiutato”. La misericordia è principio di reciprocità ed è l'unica via possibile, perché l'uomo possa rispondere alla sua vocazione di comunione con le creature e il creato. Essa salva dall' individualismo selvaggio dei nostri tempi ed è fonte d'ispirazione della giustizia, chiamata a dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno. La misericordia è una forma di intelligenza, una chiave di lettura della realtà Il sentire misericordioso (motivato religiosamente o meno) ha una ricaduta sociale salvifica, può arrestare ogni tipo di degrado umano. Basta pensare che difficilmente la giustizia sarà giusta, se non è misericordiosa. Teresa di Lisieux, santa francese dell'800, diceva che Dio è giusto perché è misericordioso. La parabola evangelica del Buon Samaritano' presenta il tema della misericordia attraverso un intreccio narrativo ricco di figure tutte bisognose di essere amate, ma diversamente capaci di amare e di essere amabili. Chiunque è entrato in contatto con il Samaritano si sente amato da lui e non può non imitarlo. l'effetto della misericordia stessa, che spinge a farsi prossimo e a immedesimarsi riconoscendo nell'altro un "tu - se stesso". Considerato un eretico, il Samaritano fa ciò che omette di fare l'uomo religioso secondo i canoni ebraici. come diceva Vittorio Arrigoni "rimanere umani". Due aspetti fondamentali per cogliere il senso teologico: primo aspetto è il tema teologico della "compassione divina", il secondo è il contesto narrativo-geografico del cammino di Gesù verso Gerusalemme, frutto di una decisione esistenziale. Da sempre, dall' esegesi più antica alla più recente, il Samaritano "buono" è identificato con Gesù. Lo si deduce dai gesti del Samaritano e soprattutto da un verbo chiave del racconto, il verbo femminile "commuoversi", che Luca approccia a Gesù. "Essere presi da commozione" richiama il termine ebraico raha-mim che indica le viscere umane del basso tutti possono essere samaritani pronti ad accogliere l'altro o chiusi su se stessi, discepoli o non discepoli, infanti o dotti. Il lettore dovrà in questo senso fare il cammino del dottore della leg ge, verificare la sua posizione e decidere se stare dalla parte del vangelo o dalla parte opposta. Quindi potrà sentirsi l'uomo a terra, chiamato a guarire e a seguire le orme del Samaritano che lo ha salvato, accorgendosi della sua rovina. Questa presa di posizione dipende da come si tengono insieme, in modo interdipendente, l'amore di Dio e del prossimo, che sono un unico inalterabile amore. L'evangelista inizia presentando le intenzioni del nomikós: «ed ecco un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova (tentarlo) e disse: maestro facendo che cosa erediterò la vita eterna?» (Lc10,25). La sua domanda è quindi pretestuosa, ma per l'evangelista è comunque l'inizio di un incontro autentico, che si specchia emblematicamente nel racconto dell'uomo salvato dal Samaritano. Gesù si prende cura di questo interlocutore e gli indica la via della vita, proprio come fa il Samaritano con l'uomo ferito. Il tono provocatorio e polemico dello studioso della Torah è tratteggiato da Luca attraverso i gesti di quest'uomo: si alza in piedi, si rivolge a Gesù chiamandolo Maestro; L'intenzione di «mettere alla prova» Gesù, va intesa quindi nel senso che egli vuole verificare la sapienza di questo nuovo Maestro che predilige i piccoli. Una lettura più approfondita del testo ci permette di trovare una stonatura nella combinazione dei due verbi “fare” per “ereditare” e la qualifica del loro oggetto, la vita eterna. Questo perché nessuno può fare qualcosa per ereditare, perché sono le disposizioni del donatore a stabilire quanto, cosa e come si eredita, quindi il destinatario oltre a non poter stabilire l’oggetto da ereditare, non può neanche chiedere quali siano le strategie. Inoltre, la vita eterna appartiene solo a Dio. Inoltre, il rapporto tra fare ed ereditare la vita eterna, sembra far dimenticare al dottore della legge, il principio di gratuità che sta dietro alla vita. Procurarsi la vita eterna, se mai fosse possibile, fa perdere il contatto con l’eredità della promessa, trasformando il dono gratuito della vita, segno della propria appartenenza a Dio, in un “regalo” meritato che può trasformarsi prima o poi in un debito. Gesù distoglie il nomikos dalla preoccupazione della vita eterna, riportandolo sul piano della legge. Lo fa rispondendo alla sua domanda con una contro-domanda dice: “che cosa è scritto nella legge? Come leggi?”. L’interesse di Gesù si rivolge alla sua capacità di entrare in contatto con le sacre scritture e con la sua vita. Gesù si sottrae alla disputa legale e lascia che il dottore della legge continui da solo ad argomentare, cosa che magistralmente citando due precetti: “amerai il signore tuo dio con tutto il tuo cuore, la tua anima, la tua forza, la mente, e il tuo prossimo come te stesso” Il futuro “amerai” coinvolge la totalità della persona (cuore, anima, forze); la seconda citazione collegata con la congiunzione “e”, esprime piena continuità tra l’amore di Dio e del prossimo. Per questo Gesù non accetta di parlare di vita eterna che appartiene alla sfera divina in modo asettico. Senza altre parole dice: “fa questo e vivrai”, senza qualificarlo da eterno. Amare il prossimo come se stessi, può voler dire molte cose. Innanzitutto, l’altro va amato in modo che si orienti all’amore di Dio, perché il bene di se stessi è amare dio; oppure vuol dire che se non si ama se stessi in modo adeguato, se non ci si lascia amare, è difficile riamare l’altro. Possiamo cogliere una terza indicazione che nell’amore e per amare è indispensabile essere prossimi a se stessi: è lo spazio interiore che ci fa avvicinare gli uni con gli altri senza rimanere alla superficie dei rapporti. La scoperta di essere un “tu” nella profondità del nostro essere permette di riconoscere l’altro e di vivere la relazione con Dio e con il prossimo come esperienza di unico amore. La seconda parte del dialogo inizia con una nuova domanda che lascia trapelare qualcosa dello stato d’animo del dottore della legge. “volendo giustificare se stesso disse a Gesù: e chi è il mio prossimo?”. Dobbiamo ricordare che nella torah il prossimo era il proprio connazionale, figlio del tuo popolo. Ancora nessuno aveva esteso in modo universalistico il concetto di prossimo. Ma l’interlocutore svela le sue intenzioni: egli sembra voler giustificare non tanto o non solo se stesso, ma il suo rapporto con la legge. Si tratta di un rapporto che lo ha privato dello spazio necessario per incontrare il prossimo. Per questo con “e chi è di me vicino?” da voce indirettamente alla sua solitudine esprime il bisogno di identificare il prossimo e d’identificarsi come prossimo. La parabola è articolata in quattro parti: 3 sequenze e la domanda finale. Nella prima sequenza il racconto si apre con il rapporto di un uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappo in dei briganti, che lo spogliarono, riempirono di percosse e lo lasciarono mezzo morto scappando. Questo racconto si collega molto alla figura di Gesù. Nel senso un uomo qualunque che simbolicamente si sta allontanando da Dio e si trova in estremo abbandono, non ha più la sua dignità ed è vicino alla morte. Il lettore può riconoscersi in lui e può riconoscere in questa vicenda quanto è accaduto a Gesù sulla croce: spogliato e percosso, abbandonato. La seconda sequenza ruota intorno a un nuovo abbandono che viene inferto all’uomo rimasto sul ciglio della strada. Sono due qualificanti membri del legalismo ebraico, uno custode della legge e l’altro custode del culto; passando di lì per caso, videro l’uomo e fin di vita e passarono oltre. Dietro alla loro indifferenza però c’è una logica, il sacerdote e il levita che tornano da Gerusalemme purificati dal culto non possono entrare in relazione con l’uomo ferito per non contaminarsi di sangue. Non mettono in pratica il comandamento dell’amore ma si sentono a posto con Dio. Compiono il male convinti di fare il bene e non fanno il bene perché temono sia male. Successivamente un samaritano lo vide e lo aiutò, fascio le sue ferite e lo porto in una locanda per prendersene cura. A prendersi cura di lui è proprio un samaritano, la categoria più temuta e più spregevole agli occhi di un ebreo. Al smaritano era proibito accedere il tempo, ma lui non teme impurità perché è già immondo per conto suo e quindi non ha preoccupazioni culturali. Paradossalmente la sua condizione di marginalità lo rende libero di sentire compassione. Il smaritano recepisce il comandamento dell’amore e lo mette in pratica. Gesù si esprime quasi blasfemo e applica all’impuro samaritano le stesse azioni compassionevoli di Dio. Successivamente il samaritano lascia dei denari al locandiere e gli chiede di prendersene cura e se, dovesse spendere di più tornerà a portare altri soldi. La conclusione-invito di Gesù attualizza tutto il brano: “chi di questi tre ti sembra sia divenuto prossimo di chi incappò nei briganti? Disse: chi fa misericordia con lui. Ora gli disse Gesù: va e anche tu fa lo stesso”. Il nomikos risponde quindi cogliendo fino in fondo il senso della contro-domanda mostrandosi in piena sintonia con Gesù. Alla fine di tutto il dialogo l'unica cosa da fare per avere la vita e rileggere il comandamento dell'amore di dio e del prossimo nella prospettiva della compassione e della tenerezza. Alla luce di questo sentimento è possibile sempre avvicinarsi a tutti gli uomini, senza farsi condizionare da nessun pregiudizio. Questo modo di sentire genera nuovi legami è un profondo senso di appartenenza alla famiglia umana e quanto più forte è la precarietà dell'altro tanto più forte la compassione. Il Vangelo però dice qualcosa di più: il reietto ad avere qualcosa da dare a chi ha perso la sua dignità e in fin di vita perché e stato derubato. La compassione non chiede né condizioni di partenza né mezzi, chiunque si trova nella situazione può essere sempre compassionevole. A questo punto il nomikos voi sa di essere stato riportato in vita da colui che si è fatto prossimo con lui, senza sostituirsi a lui, ha mosso il suo cuore e tutto la sua umanità. Ora anche per lui è venuto il momento di andare verso Gerusalemme con Gesù o di scendere nei bassifondi dell'umanità, fino a Gerico; le due direzioni nella misericordia possono non opporsi. Non posso sottrarsi a quell'amore che ora non spinge ad amare e ad essere soggetto di compassione ricevuta e donata. PROFILO, MOTIVAZIONI E ASPETTATIVE DEI DONATORI: RISULTATI DELLA PRIMA SURVEY SUI DONATORI ITALIANI DELLE CAMPAGNE DI CROWDFUNDING Negli ultimi 6 anni in Italia il fenomeno del crowdfunding è andato diffondendosi in modo costante e pervasivo in tutti i settori dove il fundraising da privati costituisce un presupposto di fattibilità per la realizzazione di progetti. Le piattaforme di C che consentono di raccogliere denaro rivolgendosi ad una community per un obiettivo comune, si sono moltiplicate di anno in anno, e ad oggi il crowdfunding viene a configurarsi, anche per il settore del non profit come uno dei canali di raccolta fondi intorno al quale si può organizzare una strategia di fundraising strutturata e continuativa. La rete del dono è una piattaforma web attiva in Italia dal 2011, si rivolge alle organizzazioni non profit che vogliono raccogliere fondi per progetti di utilità sociale. accoglie campagne di raccolta fondi finalizzate a un progetto specifico con una durata definita, coloro che desiderano sostenerle fanno una donazione online, con la possibilità anche di dare evidenza con una firma o un messaggio. Ogni contributo può essere visualizzato sulla piattaforma, permettendo un elevato grado di trasparenza. I sostenitori possono attivarsi anche tramite una propria personale raccolta fondi a favore del progetto che sta loro a cuore, trasformandosi in personal fundraiser. In anni di attività si è constatato come il successo delle campagne dipenda dal fattore intrinseco del progetto e dal tipo di approccio che gli enti non profit hanno verso le strategie di comunicazione online. Fino al 2015 le ricerche effettuate si sono sempre concentrate sui progettisti o sui beneficiari, ma mai sul donatore. Cosi nel 2016 si è utilizzato il database della rete del dono per realizzare una survey sul profilo dei donatori. Campione di mille donatori che hanno contribuito tra il 2012 e 2016. I principali aspetti indagati: motivazioni e aspettative, relazione esistente tra donatore e progetto. Risultati: prevalenza di partecipazione femminile, ma non risultano differenze di genere; si registra una concentrazione di età tra i 36 anni e i 55 anni. Le motivazioni sono prevalentemente intrinseche, per esempio la gratificazione (fare del bene fa del bene anche a me). La maggioranza pubblica il proprio nome al fine di “dare il buon esempio”; privilegia la trasparenza. Il 37% che dona una prima volta, torna sul sito a fare una nuova donazione anche per uno scopo diverso. Emerge il valore della relazione, in quanto il 30% è stato invitato da un amico a fare la donazione, il capitale di fiducia che le persone hanno tra loro si trasforma in adesione a un progetto sociale.