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L'Iliade: Achille, Ettore e il destino della guerra di Troia - Prof. Pattoni, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Greca

In dettaglio alcuni passaggi chiave dell'iliade, il celebre poema epico di omero che narra le vicende della guerra di troia. In particolare, il testo si concentra sulla figura di achille, l'eroe greco protagonista del poema, e sul suo rapporto conflittuale con ettore, il valoroso guerriero troiano. Vengono esaminati i momenti salienti del loro scontro, dalla richiesta di atena a ettore di convincere le donne troiane a compiere un sacrificio in suo onore, fino al drammatico duello finale in cui achille uccide ettore e ne oltraggia il cadavere. Anche il ruolo degli dei nell'andamento della guerra, l'intervento di figure come agamennone e patroclo, e il progressivo evolversi dell'ira di achille, che dalla collera verso agamennone si trasforma in una sete di vendetta nei confronti di ettore. Attraverso l'analisi di questi episodi, il testo offre una panoramica approfondita della trama e dei temi centrali dell'iliade, opera fondamentale della letteratura classica.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 11/06/2024

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Elenaf_ 🇮🇹

5

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9 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica L'Iliade: Achille, Ettore e il destino della guerra di Troia - Prof. Pattoni e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Greca solo su Docsity! ILIADE Libro I Invocazione alla Musa, che sovrintende all’attività poetica. Il tema del testo è la μῆνις, l’ira, che circoscrive quindi il tema dell’opera all’interno dei numerosi che costituivano il ciclo troiano. Apollo saettatore fa morire numerosi greci perché è stato oltraggiato da Agamennone, che non ha rispettato la preghiera di Crise, sacerdote di Apollo, di restituire a lui la figlia, Criseide, divenuta parte del bottino del re dei micenei. Implorando dunque il dio, aveva garantito che quest’ultimo scagliasse sui greci i suoi dardi di morte. Dopo 9 giorni, Achille raduna l’assemblea — ispirato da Era — e chiede di interpretare queste morti da morbo, istantanee, da un indovino, Calcante [«sapeva le cose che furono, sono e saranno»]. Per cessare l’ira del dio, necessario risulta restituire Criseide al padre. Agamennone, con i φρένες < precordi, neri di rabbia, decide di ascoltare il responso ma vuole in cambio un premio, che sceglierà tra i migliori dei greci, Odisseo, Achille o Aiace. Achille inizia a sdegnarsi e quando Agamennone conferma la sua scelta su Briseide. Versi della descrizione dell’ira di Achille [188 - 192]. Giunge Atena, mandata da Era — con Atena e Poseidone, la dea parteggia per i greci e ha cari tanto Agamennone quanto Achille (parteggiano per Troia Afrodite, Apollo e Ares) — che cerca di placare Achille, affinché non combatta Agamennone ma si limiti a dire come andranno le cose. L’eroe di Ftia cessa di combattere per Agamennone e il re presto si renderà conto che il migliore dei greci gli era necessario. Prende infatti la parola Nestore, che conferma anch’egli il presagio e consiglia ad Agamennone di deporre la sua ira. Criseide viene restituita, trasportata da un’ambasceria guidata da Odisseo, Achille ritorna alla sua tenda e gli altri greci fanno un bagno purificatore nel mare, per liberarsi definitivamente dalla pestilenza di Apollo. Taltibio e Euribate si recano alla tenda di Achille per prendere Briseide, che viene consegnata da Patroclo. Achille si apparta e piange [in questo caso è reazione esterna del comportamento, alcuni hanno voluto però cogliere una primitività fanciullesca in Achille] per essere stato disonorato. Teti ascolta il suo lamento, e accoglie la sua supplica: deve recarsi da Zeus, implorarlo di dare aiuto ai troiani e far sì che Achille abbia la sua vendetta. Odisseo intanto giunge a Crisa, dove viene compiuto un sacrificio animale [animale viene sgozzato, vengono bruciate le cosce o le ossa avvolte in uno strato di grasso, su di esse vengono deposte varie parti, forse con lo scopo di ricomporre l’animale]. Crise allontana dai Danai, intercedendo presso Apollo, la vendetta del dio. Quando Zeus torna all’Olimpo, mentre Achille si tiene lontano dagli oneri di guerra, Teti gli pone la richiesta del figlio e il padre degli dei acconsente. Era, preoccupata, cerca di carpire a Zeus informazioni circa la promessa da lui fatta, dare cioè lustro ad Achille e morte ai greci. Sull’orlo di una lite, interviene Efesto per placarli. Il libro si chiude con un banchetto e con Zeus ed Era che si coricano. Libro II Zeus invia ad Agamennone un sogno ingannatore [i sogni oggettivi sono frequenti nei poemi omerici, si può essere visitati in sogno da un dio, uno spettro o una figura umana, come in questo caso, che assume le sembianze di Nestore. I sogni possono essere anche angosciosi e simbolici]. Nestore invita 1 Agamennone ad armare i greci, convincendolo che quel giorno avrebbero conquistato la città di Troia; ovviamente, l’inganno è volto a glorificare Achille. Riferisce il sogno all’assemblea, si alza lo stesso Nestore che esorta gli Achei ad armarsi perché, se presentato dal capo degli Achei, nessuno deve opporsi alla fallacia di un sogno. In epoca arcaica, necessario è consultare i sacerdoti augurali prima di ogni battaglia. Agamennone decide di saggiare la volontà del suo esercito e afferma che ha in realtà desistito dal suo desiderio di conquistare Troia e esorta i suoi guerrieri a raggiungere le navi. Questi, dopo 9 lunghi anni, si precipitano alla partenza finché non interviene Atena, che cerca Odisseo affinché convinca i capi dei Greci a non partire davvero, indugiando sull’ira che Agamennone avrebbe provato. Tersite è l’unico dei guerrieri greci che non si mantiene al suo posto; è il più brutto e il più spregevole degli Argivi, un anti eroe zoppo e con i capelli radi, non fluenti. Ingiuria tanto Agamennone quanto Odisseo. Egli esorta gli Achei a partire, in maniera insolente adducendo anche all’ira di Achille; Odisseo lo riprende e lo colpisce, umiliandolo davanti a tutta l’assemblea. Rimane dunque necessario per i greci restare e non partire, altrimenti tornerebbero in patria senza aver concluso niente — devono attendere per capire se l’indovino Calcante ha detto il vero. Mentre i greci avevano offerto un’ecatombe, apparve un grande prodigio, «un serpente rosso sul dorso, terribile, che lo stesso dio dell’olimpo aveva spedito alla luce sbucato sotto l’altare si drizzò verso il platano. C’era una covata di passeri […] li divorò pigolanti; intorno la madre volava […] rafferò per un’ala», mangia anche la madre e trasforma il drago in pietra. La madre è la nona preda < nove anni di guerra, al decimo anno verrà conquistata Troia stessa. Interviene anche Nestore nell’esortazione ai Greci. Gli Argivi si sparpagliano e iniziano a sacrificare a Zeus, che li illude che il sacrificio stesso sia ben accetto. Dopo il banchetto di animali sacrificati agli dei, Nestore esorta Agamennone ad intraprendere la battaglia. Gli eserciti si schierano come mosche sul campo, con Agamennone che si distingue dagli altri come un toro nella mandria. Omero invoca nuovamente le Muse affinché lo aiutino a elencare tutti coloro che si schierarono sulla piana di Ilio; il catalogo delle navi è per noi un prezioso strumento geografico, topografico e storico. È un elenco che serve a mettere in ordine eroi e dei e diventa l’archivio di una società senza la scrittura. Libro III Gli eserciti dei Greci avanzano. Alla testa dei soldati troiani c’è Paride, primo in bellezza — suona anche la cetra, cosa che contribuisce ad accrescere il suo fascino — ma ultimo per coraggio. Egli, rimproverato da Ettore per la sua paura davanti alle schiere degli Achei, propone di duellare da solo con Menelao. Premio della loro contesa sarà, definitivamente, Elena, nonché la fine della guerra. Infatti i Greci andranno ad intrattenere delle paci separate. Iris, nelle vesti di una cognata di Elena, la visita mentre prepara un arazzo e suscita in lei desiderio dell’antico marito [«versando una tenera lacrima»]. I troiani, tra cui Priamo, si spostano sulle porte Scee. Elena somiglia effettivamente ad una delle dee immortali, per questo i troiani non si stupiscono della guerra. La donna elenca i membri più illustri dell’esercito nella teichoscopia < vista dalle mura: 2 Ettore giunge alle porte Scee, incontra le donne che chiedono notizie dei mariti e dei figli, per poi giungere alla casa di Priamo, con i cinquanta talami per i figli e i dodici per i generi. Si fa incontro ad Ettore la madre Ecuba, accompagnata dalla figlia Laodice. Anziché accettare il vino «dolce come il miele», chiede alla donna di recarsi subito a compiere sacrifici in onore della dea Atena, affinché tenga lontano Diomede dalle porte di Troia; la dea Atena però «scosse la testa in diniego». Si reca poi da Paride («se lo vedessi scendere dentro i recessi di Ade, direi che un brutto malanno avrebbe scordato il mio cuore») e lo rimprovera per il suo kolos < cruccio inteso come rabbia e disagio che Paride deve provare nel talamo, dandosi da fare sulle armi inutilizzate, salvo mentre i guerrieri muoiono per lui; eppure, Paride fraintende e pensa che Ettore lo ritenga adirato con i troiani. Elena lo invita a sedersi, ma Ettore si reca da Andromaca, sua moglie, e da suo figlio Astianatte, da Ettore chiamato Scamandrio. La donna non è in casa, ma sulla torre perché ha udito della disfatta di Troia; Ettore la raggiunge e Andromaca gli si fa incontro, implorandolo di non continuare a combattere («Tu, Ettore, dunque per me tu sei padre e madre adorata ed anche fratello, e sei il mio splendido sposo […] non rendere orfano il figlio, non fare della tua donna una vedova»), ma per l’eroe più importante è l’onore e il destino dei troiani. Ettore si augura di morire prima che Andromaca venga strappata via dalla sua libertà e sia resa schiava, si rivolge poi a Zeus pregandolo di rendere Astianatte un eroe, affinché qualcuno un giorno possa dire «è molto meglio del padre». Libro VII Ettore e Paride scendono in campo per combattere e fanno strage di eroi; interviene Atena che viene però bloccata da Apollo; decidono di provocare un duello tra Ettore e uno dei Greci. Nessuno però sembra voler combattere e Menelao, adirato, decide di farlo lui stesso. Interviene però Agamennone che convince il fratello a non farlo perché non è sufficientemente potente da combattere con Ettore, poiché persino Achille ha dei riguardi a combattere con lui. Nestore ricorda la sua gioventù, quando tutti erano pronti e disposti a combattere durante la guerra tra Pili e Arcadi; si rammarica quindi di non essere più sufficientemente giovane per battere Ettore. 9 guerrieri quindi, dopo il suo rimprovero, si mostrano pronti a combattere, tra cui Odisseo, Aiace, Agamennone, Diomede ed Idomeneo; ognuno dei guerrieri traccia un segno che lo identifichi su di una tavoletta e si estrae poi a sorte: viene sorteggiato Aiace, che ne è contento. Tutti pregano Zeus affinché Aiace prevalga o termini il duello con Ettore in parità. Viene descritto anche lo scudo di Aiace e, per il fatto che questo antico scudo miceneo sia stato sempre associato a lui ha fatto ipotizzare che le gesta di Aiace fossero raccontate anche in poemi più antichi di quelli omerici. Ettore e Aiace si combattono con lance e pietre; sarebbero passati anche ad un duello corpo a corpo con le spade se non fosse intervenuto Taltibio a separarli, adducendo il fatto che siano entrambi amati da Zeus. I due si separano con doni preziosi, a sottolineare come si siano scontrati valorosamente ma si siano lasciati in amicizia: l’esito del duello — che si configura quindi come una sola prova di bravura — si deciderà in seguito. Si tengono due assemblee rispettivamente tra i troiani e i greci. Presso la tenda di Agamennone viene sacrificato un bue e si banchetta finché, una volta sazi, prende la parola Nestore: Agamennone deve cercare di fermare la guerra. Da un lato l’artificio deve alludere al bruciare i morti, affinché ci sia la possibilità, attraverso la costruzione di un semplice monumento funebre, di 5 distogliere l’attenzione dei troiani dal vallo volto a difendere l’accampamento navale. Ad Ilio c’è invece l’assemblea dei troiani: Atenore prende la parola e propone di restituire Elena, ma Paride si oppone ma permette di restituire le ricchezze. L’araldo porta di ciò notizia ai greci su richiesta di Priamo e della possibile sospensione della guerra finché non bruceranno i morti. Diomede si oppone a qualsiasi trattativa parziale che non sia la completa caduta di Troia e così concordano anche gli altri achei. Entrambi i popoli seppelliscono i morti e i greci innalzano il muro precedentemente strutturato, Zeus tuona nel cielo preparando per loro malanni. Nel libro VIII Zeus adempie alla promessa fatta a Teti di colpire gli Achei per salvare l’onore di Achille: gli dei non potranno più prendere parte al conflitto. Non verrà realizzata una netta sconfitta nei confronti degli Achei perché Era, Atena e Poseidone trovano un modo per opporsi al divieto. Inoltre cresce la temerarietà di Ettore che esorta i troiani. Libro IX Agamennone è davvero scoraggiato e questa volta esorta l’esercito a ritornare in patria con sincerità, interviene Diomede che si dichiara favorevole alla sua dipartita, laddove invece gli altri Greci desiderano restare. Nestore, approvando il discorso di Diomede, consiglia all’esercito di prepararsi per la cena e propone una riunione dei soli anziani dei greci: propone di cercare di placare l’ira di Achille, che precedentemente Agamennone aveva offeso, con ricchi doni, tra cui anche Briseide e la possibilità di scegliere il bottino da lui prediletto una volta conquistata Troia. Inoltre, potrà scegliere una delle sei figlie da portare in casa di Peleo senza alcun dono nuziale: sarebbe quindi un contratto atipico tutto a vantaggio dello sposo; in più, gli concede anche sette città. Una delegazione composta da Fenice, Euribate e Odio come araldi prima, Aiace e Odisseo poi si prepara alla missione: trovano Achille presso la tenda dei Mirmidoni intento a suonare la cetra insieme con Patroclo. Nonostante il lauto pasto, Odisseo afferma che non hanno la voglia di pranzare quando su di loro campeggia l’ira di Zeus e il dubbio della loro disfatta, anche a causa del comportamento di Ettore. Esorta Achille a lasciare il «rancore tormentoso»; persino Ettore si avvicina ad Achille, avendo in sé una furia tormentosa. Achille però rifiuta, resistendo imperturbabile nella sua ira, addirittura affermando che il giorno partirà, recandosi nuovamente a Ftia [«neppure se tante cose mi desse quanti sono i grani di sabbia e di polvere, nemmeno così Agamennone ancora potrebbe piegare il mio cuore, prima che tutta paghi l’offesa che mi divora l’anima»]. Achille allude anche alla profezia di Teti: rimanendo a Troia, non ternerà mai a casa ma guadagnerà in gloria, partendo invece la sua vita sarà lunga e felice. Fenice, profondamente addolorato e in lacrime, ricorda il padre di Achille, Peleo, che gli aveva chiesto di accompagnare il figlio e di essere per lui un maestro, inoltre, ricorda le maledizioni che il suo stesso padre scagliò contro di lui, che aveva risposto alle suppliche della madre, seducendo la concubina di cui il padre si era invaghito e con cui la tradiva. Gli ricorda quindi la cura con cui l’ha allevato come figlio; Ate è la personificazione dell’accecamento, che colpisce la mente di chi commette una 6 colpa. Le Preghiere sono personificazione delle richieste di perdono che chi ha commesso la colpa rivolge a chi ne è stato vittima. La Cecità è veloce e le preghiere arrancando dietro essa, se colui che è stato vittima persiste nella corsa senza ascoltare le Preghiere, figlie di Zeus, in quanto umano cade a sua volta nella cecità e non ha la possibilità di vedere adempiute le preghiere di perdono, trovandosi nell’intera necessità della pena [che per Achille sarà, effettivamente, la morte di Patroclo]. Fenice porta come esempio di eroi antichi Meleagro, eroe che visse una situazione simile ad Achille ma, a differenza dell’eroe, prese infine parte alla guerra. Poiché Achille rimane fermo nel suo intento, interviene Aiace, sottolineando come tutto si svolga per una schiava; comunque, finché Ettore non giungerà alle navi dei Mirmidoni, Achille rimarrà irremovibile nel suo intento. L’ambasciata, a parte Fenice che rimane a dormire nella tenda di Achille, torna da Agamennone comunicando la non riuscita dell’impresa. Libro XI: Ettore sfonda il muro acheo per giungere vicino alle navi, Patroclo partecipa alla battaglia. Nestore dice ad Achille che se non vuole combattere, almeno deve far scendere in campo Patroclo con le sue armi, affinché i guerrieri achei tirino un sospiro di sollievo. Agamennone, Diomede e Odisseo riportano gravi ferite ed è Aiace a reggere su di sé tutto il peso della lotta. Libro XII: battaglia degli Achei intorno al muro costruito nel VII libro. È il muro che protegge le navi e, una volta crollato, l’esercito acheo riceverebbe una drammatica perdita [nonché anche l’impossibilità del ritorno]. Ettore è entusiasta del risultato della battaglia ma Polidamente lo metterà in guardia di non gioire per l’esito favorevole perché il futuro dei troiani è la dolorosa sconfitta. Libro XIII: Zeus distoglie lo sguardo dalla battaglia per rivolgerlo ai popoli del nord, Poseidone quindi interviene per dare aiuto agli Achei. Infonde forza nei due Aiaci toccandoli con lo scettro, nelle vesti dell’indovino Calcante. Libro XIV Alla fine del libro XIII Ettore e Aiace Telamonio si combattono; all’inizio del XIV libro ci troviamo nella tenda di Nestore, che sta aiutando Macaone, sottratto dalla battaglia, assistito da Ecamede. Lo spettacolo è dannoso per gli Achei perché è crollato il muro che essi avevano preparato. Nestore non sa se unirsi alla folla degli Acehi oppure raggiungere Agamennone; opra per la seconda opzione. Agamennone è preoccupato che Ettore riesca ad appiccare il fuoco alle navi e distruggere l’esercito degli Achei. I re greci cercano quindi di trovare una soluzione al loro problema, perché sia il muro costruito dagli Achei sia il fossato è stato per loro inutile. Decidono di trascinare tutte le navi che erano in secco nel mare e, passata la notte, fuggiranno il loro malanno. Odisseo è sdegnato dalla proposta di Agamennone e chiede dunque che nessuno ascolti la sua richiesta perché significherebbe abbandonare completamente la guerra. Agamennone rimane colpito e afferma che non desidera che gli Achei vadano in mare controvoglia. Interviene Diomede [che sottolinea di avere una discendenza illustre] che esorta a ritornare alla guerra, benché feriti; tutti sono d’accordo e seguono Agamennone alla guerra. Poseidone arriva con le sembianze di un vecchio, commentando il vano orgoglio di Achille che sta probabilmente esultando per la morte dei greci. 7 morto. Pur essendo loro alleato e non un membro vero e proprio della città, la perdita è comunque per loro molto grave. Zeus non vuole che i greci riescano a sottrarre le armi di Sarpedone suo figlio e quindi interviene gettando nebbia sul corpo e rendendo più difficile la lotta. Ettore interviene in battaglia adirato per Sarpedone e uccide guerrieri dell’esercito Acheo. Enea e Merione si fronteggiano, mentre il cadavere di Sarpedone è irriconoscibile per dardi e colpi che riceve. Zeus permette che Patroclo combatta ancora e riesca a respingere i troiani verso la città, ancora quindi non muore e riesce a sottrarre le armi di Sarpedone stesso. È a questo punto che Sonno e Morte intervengono per portare via il cadavere di Sarpedone affinché abbia una degna sepoltura per intercessione anche di Apollo. Patroclo «folle fu, accecato davvero», la vittoria gli accende l’animo e arriva fino alle mura di Troia; tre volte crca di scalarle e tre volte viene ricacciato indietro da Apollo, che gli consiglia di ritirarsi. Il dio prende le sembianze di uno zio di Ettore e consiglia all’eroe di tornare in battaglia, vedendolo esistente sulle porte Scee. Ettore si avventa solo su Patroclo, che colpisce il cocchiere di Ettore Cebrione ma manca l’eroe troiano. I due lottano come leoni intorno a Cebrione e continuano a combattere finché il sole si mantiene alto nel cielo. Gli Achei hanno la meglio e trascinano via Cerbione, mentre Patroclo balza sui Troiani e sancisce la sua fine: Apollo gli si contrappone, avvolto in fitta nebbia, e gli getta l’elmo giù dalla testa. È l’elmo di Achille, che mai si era insozzato prima di quel momento. Si frantuma tra le mani la lancia, Apollo gli scioglie anche la corazza, cosa che permette a Euforbo di colpirlo ma non lo finisce: Ettore vede Patroclo mentre cerca di sfuggire alla morte e lo ferisce con la lancia e si vanta della sua vittoria e del suo valore. Patroclo risponde che sono stati Zeus ed Apollo ad aver permesso ad Ettore di vincere e gli predice che nemmeno lui ha molto da vivere, poiché cadrà sotto i colpi di Achille infallibile. Ettore ribadisce che Patroclo non può sapere se ucciderà per primo lui stesso Achille, estrae la lancia dalla ferita e cerca di colpire anche Automedonte, che però fugge. Nel libro XVII si combatte per il possesso della salma di Patroclo e si distinguono in particolare le gesta di Menelao. Ettore si impadronisce delle armi di Patroclo (che sono le armi di Achille) e le indossa gongolante. Zeus scuote il capo alludendo alla sua prossima morte che dovrebbe renderlo meno temerario. Impedisce che si impadronisca dei cavalli immortali di Achille e, dopo aspri combattimenti, la salma è ottenuta da Menelao, che invia Antioco ad annunciare la morte di Patroclo ad Achille. Libro XVIII L’ira di Achille si spegne dello sdegno nei confronti di Agamennone ma si tinge di vendetta nei confronti di Ettore, uccisore dell’amico Patroclo. Ad Achille infatti viene annunciata la morte di Patroclo e per lui si strazia di dolore, strappandosi i capelli, giacendo a terra e urlando. Allo stesso modo si strazieranno Priamo alla morte di Ettore e Laerte alla presunta morte di Odisseo; anche Antimaco è preoccupato per la reazione di Achille. Il diciottesimo libro si costruisce in parallelo con il primo libro perché compare anche la madre Teti, che sente il suo urlo e si lamenta anch’essa insieme alle altre Nereidi. Teti sa che sono gli ultimi momenti della vita di Achille e, per quanto ciò le provochi dolore, decide di andare a confortarlo. Achille lamenta, oltre alla morte dell’amico, anche la perdita delle armi che Ettore ha conquistato. Patroclo è morto lontano dalla patria, senza l’aiuto di Achille che 10 non ha prestato soccorso nemmeno ai tanti Mirmidoni che sono morti per mano di Ettore, lui che è il migliore dei greci ma è stato accecato dall’ira. Decide dunque di lasciar correre l’ira e di uccidere Ettore, che gli ha ucciso l’amico più caro. Achille non vuole più vivere se non riuscirà a vendicare Patrocolo e Teti non lo distoglie dall’intento di vendetta, ma gli chiede di attendere le nuove armi che andrà a richiedere ad Efesto in persona, sull’Olimpo. Si racconta contesa sulla salma di Patroclo: gli Aiaci riescono a sottrarre il corpo del morto ad Ettore che sarebbe però riuscito a portarlo via se non fosse intervenuta Iris, messaggera degli dei inviata da Era, che comunica ad Achille quanto sta succedendo. Achille deve solo presentarsi per far riprendere fiato ai Greci e incutere paura ai Troiani; come una fiamma, il suo grido provoca timore nei troiani, in più la sua apparenza cinta da un’egida di fuoco realizzata da Atena provoca paura. Menelao riesce a sottrarre la salma di Patroclo —> Achille piange appena la vede. Polidamante, nato lo stesso giorno di Ettore ma più abile di lui a parlare, afferma che la battaglia sarà più complessa ora che Achille è riapparso, anche perché Achille combatterà per conquistare Troia stessa; consiglia quindi la ritirata. Ettore è sdegnato per il suggerimento e esorta i troiani alla guerra e afferma che l’indomani stesso combatterà contro Achille; i troiani accolgono la sua proposta perché è come se Pallade Atena abbia loro tolto il senno. Intanto, tra gli Achei, continua il compianto di Patroclo morto e si lamenta di avere accettato che scendesse in battaglia con le sue armi. Davanti al rogo di Patroclo sgozzerà dodici figli dei troiani ma non prima che venga da lui ucciso anche Ettore; intanto Patroclo giacerà presso le navi accudito dalle donne fatte schiave. Zeus si congratula ironicamente con Era per aver risvegliato l’ira e l’ardore guerriero di Achille; intanto giunge Teti che raggiunge Efesto, impegnato tra i mantici; la vede Caris, che è una delle grazie e moglie di Efesto [la tradizione più tarda, ma già accettata nell’Odissea, renderà invece Afrodite moglie di Efesto] e le chiede il motivo della visita. Le viene fatta una bella accoglienza dalle ancelle che accompagnano Efesto, infatti Teti viene tenuta in gran conto dal dio, che aveva salvato dopo la caduta dall’Olimpo, per mano della madre era, che l’aveva reso storpio. Teti chiede quindi un elmo, uno scudo, belle gambiere allacciate con fibbie e una corazza. Descrizione del metodo di lavoro di Efesto allo scudo di cinque strati, una lavorazione difficile che poi è divenuta locus communis della poesia epica. Lo scudo pare sia rotondo e rappresenta cielo, terra, sole, luna, mare e stelle. Scolpisce anche le città, nozze e banchetti, una lite tra uomini a casa di un omicidio [importante elemento di diritto greco arcaico], due schiere di guerrieri impegnati nella battaglia, scene di agricoltura, un banchetto regale, una vigna in cui si svolge la vendemmia, una danza di fanciulli, animali tra cui la lotta di due leoni terribili, pecore, una pista di danza simile a quella costruita da Dedalo per Arianna, infine viene rappresentato l’Oceano —> immagine del mondo e della vita. Conclude l’armatura per Achille e la pone ai piedi di Teti, che le porta al figlio. Libro XIX Teti porta le armi al figlio che piange sul corpo di Patroclo. Achille le prende ma ha paura a lasciare il corpo di Patroclo, poiché non vuole che mosche e insetti rovinino il suo cadavere; Teti lo protegge con l’uso di nettare e ambrosia. Tutti gli Achei si riuniscono e molti dei migliori sono feriti a causa dell’asprezza della battaglia; Achille depone la sua ira perché non è conveniente per lui che 11 essa continui ad infuriare. Agamennone accetta la pace e in qualche modo si toglie le responsabilità perché afferma che la colpa della lite deve essere attribuita a Zeus, Moria ed Erinni inviate quindi dal dio. Ate è la figlia maggiore di Zeus che tutti acceca, ha piedi leggeri, non poggia al suolo ma danneggia gli uomini. Anche Zeus stesso la maledice, perché è per colpa sua se era divenuto re degli Arrivi Euristeo, nato prematuramente per intervento di Era, la quale non voleva diventasse re come predetto da Zeus Eracle, che verrà tanto ostacolato da Euristeo con le imprese da lui imposte. Agamennone è pronto anche a fornire ad Achille tutti i doni che il giorno precedente gli aveva promesso. Achille vorrebbe subito riprendere la guerra ma Odisseo consiglia invece di preparare il banchetto, affinché i greci siano in forze per combattere. Achille insiste a lavare via, quanto prima possibile, l’offesa arrecata da Ettore e l’omicidio di Patroclo e dei valorosi che sono caduti in battaglia, Odisseo però si appella alla sua più vasta esperienza e chiude, per la giornata, la questione; vengono quindi portati i doni e tra le schiave offerte ad Achille anche Briseide, che con una solenne preghiera agli dei Agamennone giura di non aver mai toccato e di non aver mai giaciuto con lei. Primo contrasto del libro: esigenze pratico - militari opposte alle esigenze eroiche di Achille. Achille rifiuta qualsiasi cibo per continuare il lamento sul corpo di Patroclo, ricordato proprio perché era lui d offrire sempre ad Achille il pasto, dolorosissima perdita che Achille baratterebbe volentieri con quella del padre e del figlio; sperava infatti che sarebbe stato Patroclo a tornare a Ftia e così sperava nel futuro anche Briseide, che piange anche lei sul corpo di Patroclo che non si aspettava d trovare morto poiché, quando l’aveva lasciato, era ancora vivo. In questi lamenti riecheggiano i lutti di ciascuno presente all’assemblea e che li ascolta, per questo Zeus ha pietà di loro e interpella Atena, chiedendole se abbia definitivamente abbandonato Achille. Gli Achei si preparano alla lotta e Atena infonde ad Achille nettare e ambrosia, affinché la fatica e la fame non ne fiacchino il corpo. Vestizione di Achille con le nuove armi e preparazione dei cavalli, Xanto e Balio; il primo cavallo viene reso parlante da Era e risponde ad Achille, rassicurandolo che non lo lasceranno sul campo di battaglia solo come avevano fatto con Patroclo, ma ricorda anche che la morte di Achille è vicina e avverrà per mano di un uomo e di un dio. Non smetterà di combattere finché non si sarà preso la vendetta su tutti troiani. In questo libro inizia la giornata di Achille, che regge sulle sue spalle tutto il destino di guerra dei Greci e, dalla vestizione, terminerà nel libro XXII con la morte di Ettore. Nel libro XX Zeus elimina il divieto per gli dei di combattere nella guerra che, per gli dei, risulta essere solo una rissa, a confronto con il tragico destino degli uomini e in modo particolare di quello di Achille. C’è il duello tra Enea e Achille [ vi interviene Poseidone per evitare che Enea muoia ] e profezia delle Enneadi [Enea è parte della stirpe di Dardano e dovrà in qualche modo vendicarla]. Ettore vuole combattere con Achille quando questi, che sta facendo strage dei troiani, uccide Polidoro ma interviene Atena che impedisce che la sua lancia colpisca Achille; Ettore è sostenuto da Apollo. Libro XXI: Achille cattura Licaone, che già in precedenza era riuscito a sfuggirgli per magnanimità dell’eroe ma che questa volta muore. Achille vuole catturare i dodici guerrieri da sacrificare sulla pira funebre di Patroclo. Achille rischia di 12