Scarica L'istante e la storia e più Sintesi del corso in PDF di fotografia solo su Docsity! L’istante e la storia di Ezio Costanzo Nel 1839, Louis Jacques Mandè Daguerre trovò il modo di fissare le img che si dipingono da sole entro una camera oscura, esse non sono più fugaci riproduzioni di oggetti, ma ne sono l’impronta fissa e durevole. Ciò indica il primo passo nell’img e nell’immaginario, dalla scoperta del dagherrotipo, primo embrione della futura fotografia. Le origini del fotogiornalismo ed il reportage di guerra Nel 1842 un gigantesco incendio divampò ad Amburgo. Un terzo della città tedesca fu rasa al suolo. Le ceneri erano ancora calde quando due fotografi Stelzner e Biow si avventurarono tra le macerie della città per fotografarla. Scattarono 40 dagherrotipi raffiguranti le conseguenze del rogo. Queste sono le prime fotografie di un evento di cronaca. Realizzate tre anni dopo la nascita della fotografia, queste img furono i primi documenti fotografici che catturavano un evento storico, tramandato tramite foto e nacque così il moderno fotoreportage. Stelzner e Biow diedero vita ai fotografi–cronisti; per questi fotografi la vera forza della fotografia consisteva nella rappresentazione fedele e immediata della realtà. I due fotografi ci hanno tramandato l’idea di considerare il nuovo mezzo fotografico come occhio della storia, testimone di un evento da documentare e tramandare nel tempo. Con la fotografia era possibile documentare non solo fatti ed eventi catastrofici, ma anche ciò che accadeva ed esisteva nel mondo. Nasce la figura del fotogiornalista, che attraverso un solo istante, riusciva a raccontare un evento, un fatto, un luogo, un personaggio. In questo periodo, mancavano ancora le tecniche fotografiche e le basi del moderno reportage, tra cui l'immediatezza dello scatto. Il celebre fotografo Robert Capa dice: “se le fotografie non sono abbastanza buone vuol dire che non ti sei avvicinato abbastanza”. Questo ci fa capire che nella fotografia di reportage bisogna cogliere l’istante di un’azione. Il sogg privilegiato del fotogiornalismo è la guerra; durante i conflitti armati il fotografo-reporter diventò protagonista, testimone e interprete del dolore e delle tragedie dell’evento. Il fotoreportage di guerra Sin dagli albori della fotografia di reportage, le img di guerra hanno colpito il pubblico. Soprattutto durante la prima e la seconda guerra mondiale, queste fotografie hanno segnato la storia. Le prime fotografie di guerra dell’800 fanno notare come l’insufficienza tecnica delle attrezzature fotografiche non abbia consentito ai fotografi di cogliere i momenti salienti delle battaglie e dei soldati in azione; molti fotografi scattavano delle fotografie statiche. La prima img di un luogo di guerra è stata scattata nel 1847 da un fotografo, rimasto tutto oggi sconosciuto, durante il conflitto messicano-statunitense. Nello stesso periodo, un altro fotografo riprese l’esercito russo che accorreva in aiuto all’impero austro-ungarico per soffocare una rivolta in Ungheria. Ad essere considerato il primo vero fotografo di guerra fu John McCos, chirurgo militare che scattò diverse fotografie mentre si trova in servizio in India e in Birmania, durante la seconda guerra anglo-sikh. Egli riprese le postazioni di artiglieria inglesi e le macerie dei luoghi di conflitto, senza tralasciare i colleghi ufficiali, gli amministratori con moglie e figli, la gente del luogo e l’architettura locale. Un altro fotografo di reportage fu Stefano Lecchi, che immortalò i luoghi di Roma teatro degli scontri tra i sostenitori della Repubblica e i francesi intenzionati a restaurare il potere temporale dei Papi. I suoi scatti testimoniano i segni lasciati dalle battaglie e nelle fotografie si intravedono poche persone, tra l’altro immortalati in posa per via dei lunghi tempi di esposizione. Guerra di Crimea e guerra di Secessione americana Il fotoreportage di guerra nacque e si perfezionò tra il 1855 e il 1865, quando i fotografi cominciarono a calpestare i campi di battaglia. Tra i fotografi di queste due guerre troviamo Roger Fenton e Mathew Brandy. Il primo seguì i soldati britannici nella guerra di Crimea, il secondo fotografo seguì la guerra civile americana, nota come Secessione. Brandy aveva anche un collaboratore Alexander Gardner, e insieme scattarono fotografie per la guerra di Secessione. Roger Fenton Roger Fenton, fu un fotografo di guerra che seguì le truppe britanniche, francesi e turche durante la guerra di Crimea. Nel 1854 ottenne dai sovrani l’incarico di fotografo ufficiale della guerra di Crimea, diventando il primo reporter di guerra della storia della fotografia. Il conflitto si estese fino alla Crimea, dove durante tutto l’inverno i soldati britannici vivevano in condizioni precarie e morivano per il colera e il freddo. Tutto ciò, perché il governo britannico non aveva fornito la giusta attrezzatura ai soldati. Infatti, poco prima che Fenton partisse per la Crimea, il primo ministro inglese dovette dimettersi a causa dell’opinione pubblica. La regina ordinò a Fenton di evitare di documentare situazioni che potevano suscitare ulteriore indignazione della gente. Fenton, durante tutta la guerra possedeva solamente una carrozza dove al suo interno vi era l’alloggio e la camera oscura, con sé portava tutta l’attrezzatura fotografica, le lastre di vetro, prodotti chimici ecc. A Balaklava Fenton rimase colpito dalle condizioni di vita dei soldati e per l’indifferenza generale delle norme igieniche. Durante tutta la guerra, Fenton rischiò molte volte la vita a causa del suo carrozzone molto appariscente; il suo lavoro divenne sempre più arduo quando il caldo dell’estate colpì quei luoghi. Divenne quasi impossibile sviluppare le fotografie e tutte le operazioni di camera oscura si complicarono. Nonostante tutti questi problemi, Fenton realizzò 360 lastre fotografiche, di cui molte di queste foto erano di soldati in posa o scene di azioni dei soldati e degli ufficiali. Il lavoro di Fenton si rivelò ottimo dal punto di vista propagandistico, ma non si può dire lo stesso dal punto di vista fotogiornalistico. Egli infatti, non riuscì ad immortalare il momento decisivo della guerra, ovvero la caduta di Sebastopoli epilogo che fu fotografato da Robertson. Robertson insieme a Felice Beato, aveva fondato la società Robertson&Beato, per dare vita a una serie di viaggi fotografici del mondo. Felice Beato, invece, sembra che avesse l’abitudine di ricostruire delle scene di guerra anche con i cadaveri dei soldati, componendo nature morta di carne umana, tutto ciò a causa dell’apparecchiatura fotografica. Nel 1861, inizia un nuovo reportage di guerra che, contrariamente a quello svolto da Fenton, aprirà gli occhi sulla tragica realtà dei conflitti. Mathew Brady Il fotografo americano Brady, fu incaricato, dal presidente Lincoln a capo del gruppo di fotografi, nel seguire le truppe sui vari fronti della guerra civile americana. Gli fu rilasciato uno speciale lasciapassare che gli consentì di muoversi in piena libertà senza alcun vincolo. Fu il primo fotografo della storia a documentare, nei suoi disparati aspetti, un conflitto mondiale. Tuttavia, Brady non amava rischiare la vita e anche a causa di problemi di vista preferì restare a Washington ad organizzare il lavoro dei suoi assistenti. Ritrasse molti ufficiali. Brady, scosse tutta l’America con una mostra allestita nel suo studio a New York. Le img, erano scattate perlopiù dai suoi collaboratori Alexander Gardner e James Gibson, furono le prime a mostrare al grande pubblico i campi di battaglia pieni di cadaveri; ritraevano anche i molteplici aspetti della guerra. Ciò che mancavano, erano gli elementi fondamentali del fotoreportage di guerra, ovvero il combattimento, la lotta e la contrapposizione tra forze armate. La documentazione della guerra civile spagnola lo resero famose ma non ricco. Alexander Gardner Alexander Gardner, fu un fotografo che lavora a fianco di Brady durante la guerra civile americana. Le img più importanti del conflitto recano la sua firma. È conosciuto anche per le fotografie dei quattro membri della cospirazione contro la vita del presidente Lincoln. Gardner da un lato colse l’aspetto fotografico documentario, crudo e senza veli; dall’altro lato caricò l’img di narrazione. La che avrebbero potuto minare la credibilità degli Alleati. Brooks concluse la guerra come fotografo, ma con dei traumi che gli provocarono l’incessante tremore di tutto il corpo. Tra i piloti-fotografi vi è Costica Acsinte che si arruolò come volontario ricoprendo diversi incarichi. Il suo patrimonio fotografico non riguardava solo img della guerra, ma anche numerose fotografie della sua attività di fotografo negli anni successivi al conflitto. Sono assai di rilievo il valore culturale delle sue fotografie, che documentano i costumi della vita civile. Durante la guerra, gli eserciti disponevano di appositi reparti che potevano contare sull’innovazione tecnica degli inizi del’900. Infatti il conflitto tra il reale e il falso divenne molto labile. I soldati immortalarono la dura vita nelle trincee ma anche le scene di bivacco in luoghi sperduti. La rappresentazione della guerra fu molto patinata. La censura e la manipolazione dei governi sulle img da rendere pubbliche divenne routine. Infatti, le img divennero un mezzo di diffusione delle idee. I fotografi italiani della Grande guerra In Italia la mescolanza tra fotografie e guerra si è sviluppata durante la prima guerra mondiale, vi fu un imponente coinvolgimento delle masse. Ben 600 militari-fotografi furono invitati a documentare la guerra. Documentando un conflitto che impegnò diverse nazioni in maniera totale, combattuta non solo nelle trincee ma anche nell’industria che nutrivano l’ingente produzione bellica. I reparti dell’esercito produssero circa 150.000 lastre e negativi della guerra che venivano valutati dalla censura. In molte img fu tracciata una croce rossa e un “no” ovvero “pubblicazione non autorizzata”. Furono poche le img che vengono pubblicate nei giornali. Infatti, venivano mostrati i luoghi conquistati, gli ufficiali in bella uniforme, il relax dei soldati, la sicurezza delle trincee ecc. Furono bloccate tutte le img che potessero cambiare l’opinione pubblica. Tutte queste fotografie, sono giunte a noi grazie alla ricerca compiuta da molti archivi che hanno raccolto migliaia di album personali delle famiglie dei militari in guerra. Carlo Balelli Uno dei fotografi di guerra italiani fu Carlo Balelli, venne arruolato come fotografo di guerra e gli fu affidata una missione segreta, cioè fotografare in Austria strade e fortificazioni. Molte delle sue img documentano la vita di trincea e gli attimi cruciali delle battaglie. Balelli amava documentare per iscritto la sua attività sul campo lasciando informazioni precise sulle stazioni di ripresa e gli elenchi delle attrezzature. Il suo materiale fotografico è composto da stampe, negativi in b/n e a colori e da lastre negative. Ad oggi la famiglia Belelli conserva un vasto archivio composto da stampe originali, negativi su lastra e pellicole e molti scritti. Luca Comerio Un altro fotografo italiano fu Luca Comerio che ricoprì anche il compito di cineoperatore dando vita al moderno ruolo del cronista di guerra, e fu anche l’unico in Italia a poter seguire, come cineasta, l’evento bellico. Tra i suoi scatti ricordiamo l’istantanea al re d’Italia Umberto I, in visita ufficiale a Milano, mentre conversava con il vescovo. La foto piacque tanto che lo stesso re elogiò l’operato del fotografo. Nel’11 Comerio partecipò alla campagna militare italiana in Libia immortalando le fasi dello sbarco e dell’occupazione. Comerio, insieme ai suoi aiutanti, documentò molte fasi del primo conflitto mondiale. Nel’22, utilizzando l’enorme mole di materiale girato realizzò il lungometraggio “Sulle alpi riconsacrate”. Giuseppe Pessina e Giuseppe Baduel Altri due fotografi della guerra furono Giuseppe Pessina e Giuseppe Baduel. Pessina partì per Caporetto con sette macchine fotografiche, documentando un po’ tutta la guerra, ma a causa delle fotografie molto forti e realistiche non furono mai pubblicate nei giornali. Successivamente venne fatta una mostra nella sua città natale, dove vennero esposte tutte le sue fotografie. Baduel, invece, era un pilota d’aereo. Fotografò la guerra non solo in trincea ma anche dall’alto. Sviluppò un nuovo genere di fotografie l’aerofotogrammetria che consisteva nello scattare fotografie dagli aerei, per avere una prospettiva diversa non solo della guerra, ma anche dal punto di vista strategico. La prima mappa delle trincee fu realizzata nella primavera del 1915. Anche gli inglesi si servirono di questo genere di foto per conquistare l’Egitto e la Palestina, ma serviranno anche per l’intelligence e per gli studi nei vari campi scientifici. Le fotografie di Baduel offrirono una diversa visione della guerra ma anche una nuova percezione del tempo e dello spazio, vissuta e documentata dal cielo. Autori ignoti e strane img di guerra Durante la grande guerra, furono molti i fotografi che si arruolarono nei reparti fotografici, ma sono pochi i materiali pervenuti. Nelle fotografie non veniva posta la firma dell’autore, come invece venne fatto nella Seconda guerra mondiale. Gli autori sono rimasti così anonimi. Nel 2014 a Milano, venne allestita una mostra con delle fotografie inedite che mostravano una bizzarra guerra; venivano mostrate foto di soldati che sorridevano nelle trincee, smorfie verso l’obiettivo, giubbotti antiproiettile in pesante lamiera ecc. Il concetto di rappresentazione concreta della realtà conosce la sua massima evoluzione durante la Grande Guerra. Nonostante le censure governative e la manipolazione dell’informazione, la guerra è stata documentata nei suoi più spettacolari aspetti. La documentazione, viene affidata ai fotografi-soldati che avevano il compito di cogliere momenti della vita militare. Molti eventi sono frammentati come la disfatta di Caporetto; ci vollero le centinaia di fotografie mandate alle famiglie per ricostruire l’intero evento. Nel’16, i comandanti militari italiani adottarono severe prescrizioni per la pubblicazione delle cruente img provenienti dai fronti. L’ufficio stampa e propaganda del comando supremo, si intestò l’ampio potere di esaminare tutto il materiale fotografico proveniente dalle aree di guerra. Successivamente, venne anche tolta la possibilità di scattare fotografie nel campo di guerra senza un’autorizzazione. Un episodio memorabile della prima Guerra mondiale, avvenne per la notte di Natale quando furono deposte le armi per festeggiare il Natale. Le notizie arrivarono presto al New York Time che diede come titolo del giorno: straordinario inglesi e tedeschi si stringono la mano. Molti scrivono che quel Natale è stato il più bello della loro vita. Il fotogiornalismo tra le due guerre Alla fine della prima guerra mondiale nel novembre del’18, si registrarono in molte parti del mondo dei conflitti locali a causa dei problemi economici politici e sociali che si erano creati dopo la guerra, che vennero documentati in maniera minuziosa e cospicua dalla fotografia. La crisi economica avvolse tutta l’Europa e la smobilitazione degli eserciti provocò una massiccia disoccupazione, creando malcontento e varie rivolte. I fotografi, infatti, si occuparono di documentare attraverso delle foto queste rivolte, manifestazioni di massa, scioperi ecc., un intero mondo era in ebollizione, andando incontro a un nuovo conflitto mondiale. La rivoluzione russa del’17 è arrivata fino a noi con numerose img, che hanno immortalato il malcontento del popolo russo. A queste img, nel tempo, se ne sono aggiunte altre, abilmente manipolate e ritoccate, che hanno mostrato ciò che gli uomini al potere necessitava fare vedere. In queste foto sparirono, quasi per incanto, i personaggi scomodi al nuovo regime stalinista e tutti quegli elementi che potevano dare lustro agli avversari politici. Un fotografo statunitense che in quel periodo soggiornava a Mosca era John Wells Rahill. Egli immortalò diverse fasi della rivoluzione russa, ma nel 1920 tutti coloro che avevano lavorato in Russia vennero etichettati come simpatizzanti comunisti e destinati alle liste nera. Questo portò John Wells a nascondere tutte le sue lastre fotografiche nella sua casa in California, dove successivamente furono scoperti dal nipote e pubblicate. Queste foto mostravano una prospettiva diversa della rivoluzione russa. L’archivio del magazine “Soviet Photo”, rivista fotografica controllata dal regime utilizzata per la massiccia opera di propaganda fino alla caduta del muro di Berlino. L’archivio conserva molte img che mostrano il porto celato del Paese ma anche la grande evoluzione tecnica ed artistica di molti autori russi. Dal’26 al’97, la rivista riuscì ad affermarsi come unico luogo di discussione e riflessione sulla fotografia. Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii Gorskii, oltre a essere stato un fotografo della Grande Guerra, immortalò diversi aspetti della rivoluzione russa. Tra le img più importanti, ricordiamo quella di un gruppo di prigionieri di guerra imprigionati dagli austro-ungarici nell’estremo nord della Russia. Queste foto furono censurate dai militari russi; solo dopo aver lasciato la Russia sono state mostrate al mondo. Le img a colori della Russia risalenti al periodo pre-rivoluzionario, hanno catturato minuziosamente e in modo sistematico le vita dell’impero russo e della sua gente. I conflitti locali e le guerre civili Nel periodo interbellico, tra il ‘18 e il ‘39, il fotogiornalismo ha rivolto la sua attenzione verso i conflitti locali e le guerre civili. Di queste guerre sono arrivate migliaia di img messe a disposizione del pubblico sul Web. La guerra d’Etiopia 1935-36 e l’Istituto Luce La prima guerra mondiale e la rivoluzione russa hanno rappresentato i due maggiori contesti dove si sono messe a punto e delineate le forme di utilizzo del mezzo fotografico per fini di propaganda politica. In Italia, il regime fascista, utilizzò le img per dare alle masse il volto sicuro e deciso del regime, tutto ciò anche grazie al Ministero della Stampa e Propaganda, che aveva il compito specifico di controllo sulla cultura e l’organizzazione della propaganda fascista. L’Istituto Luce, ha avuto un’importanza decisiva nel partito fascista, esso infatti, era finanziato non solo dal regime, ma disponeva anche dei mezzi che permise al regime fascista di sviluppare un mito e a documentare le gesta degli uomini del partito stesso, primo fra tutti Benito Mussolini. Furono proiettati i noti cinegiornale in tutta Italia, soprattutto nelle grosse città e nei piccoli paesini. Durante la guerra in Etiopia, il regime fascista e l’Istituto luce si occuparono di documentare e produrre tutte le img della colonizzazione. Anche in Etiopia molte fotografie furono scattate dai soldati, il sogg principale erano le donne dei villaggi ma anche gli aspetti paesaggistici africani, la flora, la fauna e le popolazioni locali. L’esperienza dei fotografi dell’Istituto Luce servì, per organizzare la propaganda profusa durante la WWII. Ad oggi, l’archivio dell’Istituto luce, possiede molto materiale di quel periodo. Guerra civile spagnola e marcato dei media Nel’30 la Spagna era un paese diviso tra destra nazionalista e sinistra repubblicana. Il partito nazionalista era composto da monarchici, proprietari terrieri, uomini d’affari, la Chiesa cattolica e l’esercito; il fronte repubblicano comprendeva i sindacati, i lavoratori, i socialisti e i contadini. Dopo la crisi di Wall Street, la dittatura militare che aveva governato la Spagna crollò e il rè abdico. L’instabilità politica che ne seguì, portò il generale Francisco Franco a condurre un colpo di stato da parte dell’esercito. Né seguì la guerra civile che si trasformò in uno scontro nazionale di ideologie, tra tirannia e democrazia. La guerra civile spagnola ha rappresentato il preludio della WWII. Hitler e Mussolini si allearono con le forze nazionaliste, avendo degli obiettivi simili. L’Unione Sovietica aiutò i repubblicani. Francia e Gran Bretagna, invece, rimasero neutrali. In Spagna la lotta contro il fascismo attirò molti giovani da tutta l’Europa, le cosiddette brigate internazionali, che arrivarono a contare circa 40.000 persone. Ciò che ha caratterizzato la guerra civile spagnola, dal punto di vista della diffusione mediatica, e quindi anche nella presentazione fotografica, è stata la sua imponente copertura da parte dei Il ruolo del fotografo durante la Seconda guerra mondiale Nel corso della WWII il ruolo del fotografo diventò rilevante ed il mito della professione trovò la sua affermazione. Le fotografie divennero il mezzo primario per registrare gli avvenimenti del conflitto e le contraddizioni che ne caratterizzavano lo svolgimento. La WWII fu documentata da numerosi giornalisti, fotografi e cineoperatori e da milioni di img. Nacquero così i cineoperatori di combattimento e i fotografi di combattimento, arruolati con un ruolo minimo di sergente per potersi muovere liberamente sul campo e riprendere le avanzate nei territori occupati e documentare successi sul campo del proprio esercito. Oggi gli archivi militari di tutto il mondo racchiudono un immenso patrimonio fotografico e filmato ripreso su tutti i teatri di guerra, tra il ‘39/45. Queste img hanno permesso e permettono di raccontare visivamente il più tragico conflitto mondiale del XX secolo. La Combat Camera Units US Army, struttura militare all’interno della quale operarono fotografi e cineoperatori, che nel dopoguerra, sarebbero diventati famosi. Tra loro in Italia abbiamo Frank Capra, John Houston e William Wyler come cineoperatori documentando il centro Italia, mentre come fotografo abbiamo Phil Stern (fotografa la Sicilia nel luglio del’43). L’US Army Signal Corps dell’esercito degli Stati Uniti, rivestì un ruolo rilevante nella produzione di film e fotografie per l’esercito e per la documentazione di missioni di combattimento. I fotografi dell’Armata Rossa sovietica della WWII hanno lasciato l’impronta più drammatica. Le migliaia di img scattate sui diversi fronti sono state apprezzate solo recentemente. Per colpa della guerra fredda, le fotografie, sono state tenute rinchiuse in archivi e mai valorizzate. Il lavoro dei fotografi sovietici fu straordinario, non solo per il coraggio dimostrato sul campo, ma per la loro grande capacità di cogliere il senso degli avvenimenti che la storia offriva davanti ai loro occhi. Le loro img furono dense di umanità, impregnante di dolore e angoscia ma sempre colme del desiderio di battersi contro l’invasore. Dmitrij Bal’termanc o Baltermants Bal’termanc, fu il più grande fotografo di guerra sovietica. La sua foto più emblematica Grief, fu selezionata dal Time tra le 100 foto più influenti. L’img mostra il massacro degli ebrei in Crimea nella città di Kerch nel’42. La sua potenza evocativa è racchiusa nella disperazione delle donne del villaggio che tra centinaia di cadaveri cercano quello dei loro cari. Baltermants attraverso l’obiettivo mostrava l’orrore, le sue foto però furono censurate dai sovietici perché non potevano essere mostrate al pubblico in quanto mostravano le sofferenze del popolo. Le img di Baltermants sono diventate simbolo universale della tragedia della guerra, ricomposta in un’irreale armonia compositiva in cui il contrasto tra bianco e nero ne sottolineano le contraddizioni. Dopo la guerra, fotografò la ricostruzione del Paese, viaggiando ed esponendo le sue opere all’estero. Jewgeni Chaldej Un altro grande fotografo che ha lavorato durante la guerra sovietica fu Chaldej. La sua foto più emblematica fu quella della caduta del muro di Berlino dove si vedono i soldati dell’Armata Rossa mentre innalzavano la bandiera sul palazzo del Reichstag distrutto dai bombardamenti. L’img racchiude un curioso retroscena. Sembra che in fase di stampa sia stato occultato uno dei due orologi che il soldato indossava, per proteggere quest’ultimo dalla collera di Stalin, contrario ai saccheggi. Trascorse quattro anni sui vari fronti della WWII, documentando vita e morte dell’Armata Rossa e le condizioni della popolazione civile del Paese. Ritrasse la macchina da guerra sovietica nel modo in cui Stalin ha voluto mostrarla al mondo, fermando nel tempo la liberazione di varie città. Fotografò anche tutti i leader sovietici e gli storici incontri di vertice degli Alleati. A Norimberga, invece, seguì il processo contro i capi nazisti e le sue foto furono pubblicate in tutto il mondo. Altri fotografi sovietici meno noti durante la seconda guerra mondiale A Berlino, vi era Georgiy Samsonov, che scattò interessanti img dei soldati sovietici nella città e della vita nei quartieri in quei giorni: edifici in fiamme, soldati in perlustrazione tra le macerie e in combattimento ed anche alcuni militari che stavano celebrando, fuori dal Reichstag, il suicidio di Adolf Hitler. Altri fotografi indivisa furono Mikhail Trahman che riprese la battaglia di Stalingrado e gli sguardi attoniti di migliaia di prigionieri tedeschi, Sergei Strunnikov autore della fotografia della giovane partigiana Tania torturata e impiccata dai tedeschi, Alexander Ustinov cameraman, Georgy Petrusov catturò l’img della fine della seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, Mark Markov-Grinberg fotografo freelance che durante la guerra ha lavorato come corrispondente per i giornali militari. Olga Lander e Galina Sanko sono due fotografe dell’Armata Rossa che meritano un cenno particolare. Olga Alexandrovna Lander Olga Lander, fu una reporter donna che seguì l’esercito sovietico su alcuni fronti di guerra. Lavorava per la rivista l’Armata Rossa, giornale del regime. Nel’44 documentò l’offensiva sovietica contro i tedeschi, immortalando una situazione estremamente difficile per i soldati di Stalin a causa delle cattive condizioni delle strade e per l’impossibilità di utilizzare le munizioni totalmente ricoperta di fango. La fotografa si soffermò su questa situazione, immortalando la fatica dei soldati e degli abitanti. Olga fu una donna coraggiosa, essa stessa dichiarò che “durante la guerra non era una donna, bensì un uomo”. Ma la prospettiva femminile sulla guerra è ben presente nelle sue foto, infatti si rivela il sogno della pace e il desiderio di una rapida fine della battaglia. Il suo lavoro fu rivolto anche al lavoro delle altre donne in guerra. Fu la rappresentazione del volto femminile della guerra. Duranti i suoi reportage, Olga trovò sempre il tempo per annotare i nomi dei sogg fotografati e i luoghi, questo fu molto utile per la ricostruzione di alcuni eventi. Galina Sanko Un’altra donna che sì arruolo nell’esercito per la WWII, fu Galina Sanko. Partecipò in diverse battaglie, dove sfuggì al fuoco di un carrarmato tedesco rimanendo ferita. La sua foto più nota è quella che ritrae un gruppo di bambini russi trasferiti in un campo in Finlandia. Fotografò anche la malnutrizione e le condizioni inumane di bambini e donne. Fino al’60 il suo lavoro subì la censura del regime e restò segregato in un archivio di Stato. Si pensava che aveva manipolato la realtà dei fatti. I fotografi tedeschi della seconda guerra mondiale In Germania, la fotografia fu considerata parte integrante dell’apparato militare, infatti è l’esercito tedesco, che nel’38, iniziò ad arruolare molti fotografi professionisti per documentare le gesta dell’esercito tedesco. Questi fotografi, si ritrovarono anche a fotografare eventi tragici del conflitto, catturando img che non sarebbero mai state diffuse pubblicamente a causa della censura. È per questo motivo che molti tennero per sé i rullini anche con la consapevolezza del valore storico che avrebbero avuto nel dopoguerra. Un po' come fecero i fotografi-soldato che nei loro zaini portarono al fronte le piccole fotocamere, attratti dalla vita militare ma anche gli orrori della guerra che li portò a riprendere scontri a fuoco, impiccagioni di ebrei e partigiani. Durante il processo di Norimberga, queste img furono utilizzate come prova contro i criminali nazisti. La documentazione fotografica della WWII da parte tedesca fu massiccia, molte delle quali utilizzate per propagandare la grandezza del Terzo Reich. Fotografie, negativi e pellicole cinematografiche furono catalogate e custodite nell’archivio del Reich, che però fu distrutto durante l’assedio della città da parte degli Alleati. Grund Horst Tra i fotografi arruolati nell’esercito tedesco il più influente è Grund Horst, esperto operatore cinematografico, attivo su diversi fronti. È noto per aver progettato l’utilizzo accoppiato in parallelo di due cineprese, per riprendere contemporaneamente i primi piani e piani lunghi dello stesso sogg. I primi esperimenti li compì in Sicilia, nell’estate del’43, riprendendo i violenti bombardamenti degli Alleati su oltre 100.000 italo-tedeschi che si apprestavano a lasciare l’isola per le coste calabresi. Le fotografie e i filmati di Horst sono oggi custoditi nel Bundesarchive di Coblenza. Nello stesso archivio sono conservati i negativi dei fotografi di guerra tedeschi. Georg Pahl Pahl fu, il giornalista fotografo-tedesco che documentò l’ascesa al potere di Hitler. Riprendeva principalmente eventi pubblici, politici e la vita di tutti giorni della Repubblica di Weimar. La prima foto di Hitler fu scattata da Pahl nell’aprile del’23 in un Luna Park di Berlino In seguito divenne fotografo ufficiale di tutti gli avvenimenti pubblici del nazionalismo tedesco, immortalando anche le gerarchie politiche e militari. Dopo il’39 non partecipò agli eventi nazisti. Heinrich Hoffmann Hoffmann fu il fotografo personale di Adolf Hitler, egli stesso realizzò le img che creano il culto del Fuhrer. Tra le img pervenute abbiamo delle sequenze di fotogrammi in cui Hitler si allena nell’arte oratoria. Hitler ordinò di bruciare questi negativi per apparire il più naturale nei suoi discorsi, ma il fotografo si rifiutò. Questi frame, ci fanno capire quanto fosse importante per Hitler apparire naturale nelle movenze, nella mimica facciale e nell’intonazione vocale quando si rivolgeva al popolo. Altri fotografi della seconda guerra mondiale A documentare la WWII vi furono tanti fotografi, esponenti del fotogiornalismo e nomi meno noti, che nel conflitto mondiale hanno trovato lo spunto per esprimere le loro capacità documentaristiche tra cui: Edward Steichen, nel suo film “The Fighting Lady” da forma visiva alle contraddizioni della natura umana, generatrice della guerra stessa, catturando alcune delle img più importanti della storia. Allo scoppio della WWII aveva sessant’anni, ma la sua età non fermò la sua voglia di documentare i conflitti (lo aveva fatto anche nella Grande guerra), in questo caso le operazioni navali americane. Charles Kerlee durante la guerra fotografò le attività militari e la vita di bordo della USS Yorktown. Wayne Miller, viaggiò in tutto il mondo, la sua foto più drammatica fu scattata a Napoli, dove ha ripreso due bambini di spalle abbracciati, dei quali uno senza gamba, sorretto da una stampella. Lee Miller, fotografò momenti di distruzione e di morte tra cui il bombardamento tedesco di Londra, le battaglie in Normandia, la liberazione di Parigi, le scene devastanti dell’olocausto nei campi di concentramento, lavorava come fotogiornalista per la rivista Vogue. Dickey Chapelle, fotografa americana che durante la WWII ha documentato l’attacco dei marines su Iwo Jima e la battaglia di Okinawa. Joe Rosanthal, fu autore di una delle più note fotografie della seconda guerra mondiale: quello di un gruppo di marines nell’atto di innalzare la bandiera americana su un promontorio di un’isola giapponese, dopo la vittoriosa battaglia nel febbraio del’45. Antoinette Frissell Bacon conosciuta come Toni Frissell, una fotografa americana principalmente nota per le fotografie di moda. A lei si devono le tantissime img di infermiere, aviatori, donne militari afroamericane in prima linea, ma anche di tanti bambini orfani. George Strock primo fotoreporter ad aver fotografato i soldati americani morti dopo un combattimento. La foto, bloccata dalla censura del governo americano venne pubblicata solo nel settembre del’43. Durante la seconda guerra mondiale, vi furono tanti altri fotografi. degli antichi monumenti diventò anche una ricca fonte di guadagno, per gli autori ma soprattutto per gli editori che investirono il loro denaro nella pubblicazione delle incisioni di dagherrotipi. Eugène Piot, fotografò l’Italia monumentale, utilizzando la fotografia per vaste campagne di documentazioni di architettura, archeologia e sulle opere d’arte in generale. Oltre a Piot furono molti i fotografi documentaristi che viaggiarono in Italia in quegli anni. Da Venezia alla Sicilia, ma anche in Sardegna e nelle isole minori. I tedeschi Giorgio Sommer e Robert Rive documentarono il patrimonio storico-monumentale italiano. Entrambi aprirono uno studio fotografico a Napoli e immortalarono le città e gli scorci più fascinosi del “bel paese”. In Italia come altri personaggi di spicco troviamo: Maxime Du Camp, Gustave Flaubert, Gustave Le Gray, Antonio Beato (fratello di Felice Beato). In Egitto e nelle provincie orientali troviamo i fratelli Hovsep, Viçen e Kevork Abdullah. Il russo Gabriel de Rumine realizzò delle vedute delle città di Nizza, Genova, Napoli, Palermo, Malta, Atene, Costantinopoli e Gerusalemme. Queste foto furono di notevole qualità tecnica e compositiva, ricchi di giochi di luce e sfocature dello sfondo che rendevano plastico il sogg. Félix Bonlifs realizzò tante img in Egitto, Palestina, Siria e Grecia. Carlo Ponti inventò il megalethoscope, un dispositivo per la visualizzazione della fotografia. Venezia era un luogo prediletto dal fotografo, sia per gli aspetti artistici monumentali, sia per la possibilità di vendita e commercio delle stesse. Rappresenta il luogo ideale dove potere avviare un’attività di compravendita di img fotografiche. A Roma il fotografo inglese James Anderson utilizza la tecnica della calotipia, procedimento fotografico per lo sviluppo di img riproducibili con la tecnica del negativo/positivo. La storia della fotografia documentaria monumentale e dei fotografi viaggiatori è ricca di nomi. I fratelli Leopoldo, Giuseppe, Romualdo Alinari, fondatori nel 1852, del laboratorio-azienda e che rappresenta a livello internazionale, la più antica fondazione operante nel settore della fotografia e della comunicazione attraverso le img. All’esposizione di Parigi del 1855, I F.lli Alinari presentarono la società, e stabilirono, insieme a Giuseppe Bardi, rapporti con altri fotografi per la vendita delle loro opere. Ebbe inizio una storia fatta di successi, che ha permesso agli Alinari di acquisire e conservare circa 5 milioni di img che coprono l’intera storia della fotografia, dalle origini ad oggi. Una testimonianza completa dei cambiamenti sociali e una documentazione del patrimonio artistico, architettonico, storico industriale europeo e mondiale. Leopoldo Alinari, nel 1858 a Venezia, realizzò le riproduzioni di disegni di Raffaello, aderendo a quegli ideali che guardavano la fotografia come mezzo per salvaguardare la storia dell’oggetto architettonico e artistico. Il critico d’arte britannico John Ruskin nei suoi discorsi sull’educazione artistica utilizzò spesso le fotografie realizzate dagli Alinari come supporti per la formazione scolastica dei giovani. Nel 1890, dopo la morte di due fratelli, Vittorio diede l’impronta attuale all’impresa. Essa diventò un’industria della fotografia. Affidò a molti fotografi professionisti la realizzazione delle campagne fotografiche. Tra i fotografi degli Alinari troviamo Vincenzo Paganori che diede valore agli aspetti tecnici della riproduzione e della qualità della stampa. Molti altri fotografi del tempo, sono debitori della loro fortuna non solo agli Alinari, ma anche a Giacomo Brogi. Quest’ultimo fondò a Firenze una propria azienda, specializzata in fotografie di opere d’arte e ritrattistica. Brogi, e altri fotografi alle sue dipendenze, lavorarono in diverse campagne fotografiche in Medio Oriente ed in Italia. Tra i fotografi documentaristi d’arte del tempo sono da annoverare i liguri Francesco Ciappei apprezzato per le fotografie di paesaggio e anche per la ritrattistica Celestino Degoix che si dedicò ai paesaggi liguri e alle vedute panoramiche. Nel 1875 divenne fotografo ufficiale del museo di storia naturale di Genova fotografando piante e animali. Può considerarsi il precursore della fotografia scientifica. La divulgazione delle fotografie paesaggistiche e dei luoghi d’arte del mondo contribuì allo sviluppo del turismo, dando vita a nuove forme di viaggi collettivi. Gli album fotografici si trasformarono in preziosi oggetti attraverso i quali si poteva viaggiare. Dal punto di vista imprenditoriale, l’interesse della gente portò alla nascita del turismo moderno. La fotografia documentaria e gli aspetti sociali Se i ritratti e le foto di luoghi sconosciuti e lontani hanno da sempre rappresentato le categorie fotografiche predilette della gente, fotografi come Stelzner e Biow, dopo l’esperienza dell’incendio di Amburgo, non tardarono a rendersi conto delle capacità della macchina fotografica, esse infatti potevano registrare un evento fedelmente. Grazie alla fotografia, si può vivere l’illusione di partecipare ad avvenimenti di attualità e il mezzo fotografico diventò l’occhio della storia e lo scatto del fotografo sancì’ l’istante dentro il quale si imprimevano il tempo e la storia per essere tramandati ai posteri. Il moderno fotoreportage era agli albori, ma prendeva forma nella fotografia documentaria. La componente ideologica del fotografo ha sempre inciso, e continua ad incidere, sul risultato finale. La narrazione degli eventi, il racconto fotografico, l’img prodotta è la documentazione della realtà del fotografo, e non la riproduzione oggettiva. A conferma di ciò, basta dare uno sguardo al reportage sociale realizzato a Londra da John Thomson e dal giornalista Adolph Smith. I due reporter immortalarono i quarti più poveri della città, Smith descrisse con drammatica crudezza alcuni personaggi che popolavano i quartieri londinesi, soffermandosi sulle loro condizioni di vita e di povertà. Le fotografie di Thomson, accompagnavano il testo con profondo realismo. La fotografia documentaria mostrò, la sua grande forza evocativa aprendo la strada alla denuncia sociale. Lo scopo di Thomson e Smith era quello di informare, la classe media londinese, sulle condizioni di vita dei poveri e delle classi lavoratrici. L’istante e la storia Nel corso del’900 la fotografia documentaria riuscì a trasmettere l’img della storia, rilevandosi testimone delle problematiche sociali e politiche dell’esistenza umana e di tutti i disastri e le tragedie ad esse collegate. Da un lato la fotografia diventò un mezzo per fermare il tempo; dall’ altro fu proprio l’idea stessa della fotografia come mezzo per documentare la storia in maniera obiettiva che cominciò a venire meno, in quanto il fotografo si spogliava dei panni del documentatore neutrale, invisibile e passivo per diventare indagatore. Phil Stern disse: “quando si fotografa, nel momento dello scatto, bisogna avere un’opinione. Altrimenti ciò che verrà fuori sarà un’img senza anima, vuota...”. Stern con queste parole voleva confermare che la fotografia documentaria non poteva essere una riproduzione fedele, asettica, neutrale e impersonale di ciò che stava davanti al fotografo perché nel momento dello scatto è sempre il fotografo a scegliere l’inquadratura, lasciando fuori ciò che non ritiene importante. Questo concetto era chiaro ai fotografi documentaristi del XIX secolo e grazie anche alle nuove macchine fotografiche che resero più semplice il loro lavoro. La prima box camera, o fotocamera cassetta, fu la prima macchina fotografica a scatola della storia, inventata dalla Kodak. George Eastman, fu l’inventore della Kodak e diede inizio alla produzione di pellicole trasparenti nel 1884. Nel 1892 costituì la prima società che produceva macchine fotografiche pieghevoli. Creò anche un apparecchio fotografico destinato alla medicina odontoiatrica. Era molto ricco ma fu sopraffatto dalla depressione. Fece costruire diversi ospedali per i bambini bisognosi in tutta Europa, donando ad ogni ospedale una somma ingente di denaro. Morì suicida, nel 1932. Si sparò un colpo di pistola al cuore dopo aver scritto una breve messaggio: “Ai miei amici: il mio lavoro è compiuto. Perché attendere?”. Il salto di qualità, fu compiuto, nel’14 quando sul mercato apparve la prima fotocamera Leica, piccola e compatta con tempi di otturatore rapidi, lenti Zeiss di alta qualità e dagli anni ’30 con ottiche intercambiabili. Con essa cambiò il concetto di reportage, infatti, la fotografia documentaria aprì le porte al cosiddetto fotoreportage d’azione. Il fotografo entrò a fare parte sempre più fisicamente degli avvenimenti che riprendeva. I fotografi documentaristici di fine Ottocento Jacob Riis Riis, fu decisamente un pioniere del fotoreportage di denuncia sociale. Diventò giornalista per il New York Tribune utilizzando il mezzo fotografico come strumento di critica sociale, per mostrare al vasto pubblico le condizioni di vita degli immigrati nei quartieri malfamati della grande mela. Nel suo primo libro, egli mostra i bassifondi dei quartieri newyorkesi, ritraendo non sono bambini, ma anche adulti, sfruttati nelle fabbriche e in altri posti lavoro. Fotografò anche prostitute, criminali, senzatetto. Nelle sue img è forte la denuncia sociale, questa fu utilizzata per spingere le istruzioni ad intervenire in aiuto dei più bisognosi e anche per mostrare che questa era la conseguenza delle strutture politiche e sociali di un’intera comunità. Queste fotografie sono importanti non solo come fonte di informazioni, ma anche per la loro forza emotiva. Sono, nello stesso tempo, interpretazioni e testimonianza. Lewis W. Hine Un altro fotografo americano che dedicò il proprio lavoro alla questione sociale fu Lewis W. Hine, che documentò lo sfruttamento del lavoro minorile e le ingiustizie sociali legate al mondo dell’infanzia. Ritrasse anche le condizioni di vita degli immigrati europei al loro arrivo a New York. Per realizzare le sue img di denuncia sociale, egli escogitò diversi modi. Hine fotografò i bambini al lavoro facendosi raccontare le loro condizioni di vita, le circostanze che li avevano portati in quei luoghi, parlando anche con i loro genitori per comprendere i motivi per cui mandavano i loro figli al lavoro. Hine influenzò molto l’opinione pubblica, aprendo la strada a nuove leggi a favore dei minori. Era consapevole della grande capacità, delle sue img, di suscitare indignazione e voglia di cambiamento. -> fotografie di denuncia e bellezza compositiva. Hine successivamente si dedicò anche a centinaia di fotografie dell’Empire State Building, tra cui la fotografia degli operai sospesi in aria su dei sottili pali d’acciaio. Altro lavoro che impegnò Hine fu quello rivolto alle condizioni di vita e sfruttamento delle donne lavoratrici. Nadar Nell’ambito della fotografia documentaria rientra senza dubbio l’opera svolta dal fotografo Nadar in articolare per il suo lavoro rivolto alla realizzazione delle prime fotografie aeree della storia. Fu il primo fotografo a riprendere Parigi dall’alto con una mongolfiera. A Nadar gli viene conferito il titolo di primo fotografo della storia ad aver fotografato una città dall’alto. Noto per i famosi ritratti ai personaggi dell’epoca come Manet, Baudelaire e Rossini. Eugène Atget Eugène Atget fu, il più rappresentativo della straight photography, ovvero di coloro che abbandonarono definitivamente la convenzionale visione pittorica della fotografia. Le img rappresentavano le bellezze architettoniche ma racchiudevano tutta l’essenza di una visione totalizzante dei sogg fotografati, la cui interpretazione era vincolata solo dal mezzo fotografico. Atget realizzò molte fotografie spaziando dai temi sociali alle img di Parigi. Fotografò la vecchia Parigi i vicoli stretti, gli antichi edifici, i ponti, le vetrine dei negozi, gli hotel ecc. I fotografi documentaristi del Novecento Con i suoi lavori di fotografia documentaria, Hine, ha aperto la strada per quello che ad oggi chiamiamo fotoreportage, ovvero di narrazione per img. Le foto-documento diventano denunce e contribuiscono a rendere pubblico ciò che altrimenti sarebbe rimasto nascosto. Dal’30 molti fotografi americani aderirono alla Farm Security Administration (FSA), istituita da Roosevelt nel’37 per documentare la recessione agricola negli Stati Uniti nel periodo della Grande Depressione. L’obiettivo della FSA era quello di migliorare le condizioni e le risorse per gli della realtà con le preoccupazioni sociali. Furono foto-denuncia della sottomissione della gente all’autoritarismo del presidente e foto-documento della vita di strada. Durante il soggiorno a Cuba, Evans trascorse molto tempo con lo scrittore Hemingway. Gli eventi a cui assistettero influenzarono perfino gli individuali stili narrativi. Evans si servì dello scritto per far uscire da Cuba alcune img scattate durante il soggiorno. Erano delle img a rischio sequestro, da parte delle autorità cubane, perché mostravano un’esplicita contrarietà verso il regime. Negli anni’70 scoprì la sua passione per la Polaroid SX-70. La sua restò una visione poetica della realtà ed il nuovo mezzo si prestò ad interpretare le forme ed i colori. Evans fotografò le strutture urbane e gli oggetti che le riempivano. Questo periodo segna l’apice della sua carriera. Affermava che “l’artista non è altro che un collezionista di img che raccoglie le cose con gli occhi. Il segreto della fotografia è che la macchina assume il carattere e la personalità di chi la tiene in mano. Le mente lavora attraverso la macchina”. Paul Strand Il fotografo lavorò nell’ambito della straight photography e ha respinto con forza lo stile pittorico dell’img, ovvero la manipolazione dei negativi con la pittura. Utilizzò macchine fotografiche di grande formato che restituivano ricchi dettagli e un’ottima gamma tonale. Per Strand la fotografia è purezza, immediatezza della rappresentazione, nitidezza dei dettagli. Iniziò la sua carriera fotografica agli inizi del‘900. La sua ricerca fu diretta alla sperimentazione, nel tentativo di andare oltre ciò che l’occhio umano inquadrava al momento dello scatto. I ritratti di strada segnarono un momento importante nella sua vita e nella storia della fotografia documentaria, perché l’artista può esprimere il suo talento ovunque. Strand viaggiò molto in tutto il mondo. Lavorò anche nel mondo del cinema. Il suo primo film, Manhatta, 1921, fu un breve documentario muto, diretto insieme al pittore Sheeler, nel quale venne mostrata la vita di una giornata a New York, nel quartiere di Manhattan. L’obbiettivo era quello di esplorare il rapporto tra fotografia e cinema, di sperimentare nuove tecniche, con minimi movimenti della fotocamera e singoli fotogrammi in grado di offrire composizioni astratte. Tra il’32 e il’35 lavorò in Messico alla sceneggiatura del film The Wave. Un film che anticipò il neorealismo italiano e narrava la lotta dei pescatori per superare lo sfruttamento e le avversità della vita. Todd Webb Todd documentò la vita quotidiana e l’architettura di New York, Parigi e dell’America dell’Ovest imprimendo ai suoi lavori una compostezza compositiva estrema, frutto di una messa a fuoco dei sogg fotografati e di una ricca gamma tonale. Si accostò alla fotografia in età avanzata. Nel’37 si trasferisce a Panama per cercare oro, e portò con sé una macchina fotografica che gli permise di scattare le fotografie che divennero icone del periodo della Grande Depressione. Nel’55 affrontò un lungo viaggio da NY a San Francisco. Per cinque mesi immortalò i sentieri percorsi dagli immigrati, le città fantasma e gli edifici di frontiere dell’Ovest seguendo le ombre dei fotografi di metà Ottocento. John Vachon Iniziò a lavorare per la FSA nel’36. Frequentava un’università del luogo e per mantenersi lavorava negli archivi della FSA. Un anno dopo incoraggiato da Evans, Rothstein e Stryker realizzò degli scatti nei dintorni di Washington dove si intravedeva la sua capacità espressiva e tecnica. Stryker lo incaricò di fotografare la Omaha e la vita dei suoi abitanti colpiti dalla crisi economica di quegli anni. Si soffermò maggiormente su Douglas Street, dove colse gli attimi più intensi dei suoi scatti, fotografando i pochi lavoratori e i tanti disoccupati, i poveri e i mendicanti, offrendo una sua visione personale di quello che egli stesso definì un mondo imperfetto. Jack Delano Fu un altro fotografo importante della FSA. Dopo la laurea propose un prog fotografico riguardante le condizioni di vita degli operai che estraevano antracite in Pennsylvania. Il lavoro fu visionato da Stryker che lo inserì tra i fotografi della FSA. Nel’41 si recò in Portorico. I suoi sogg preferiti furono i treni e le ferrovie, oltra alla gente. Il suo lavoro si ispirò a Strand, del quale apprezzava il profondo rispetto verso i sogg che stavano davanti l’obbiettivo. Nei suoi lavori imprese tenacia. Questo modo di fotografare, e la sua precoce esplorazione della fotografia a colori, nel’40, lo differenziò tra i suoi colleghi del tempo e realizzò img compositive. John Collier Jr. Il fotografo americano entrò a far parte della FSA nel’41. Utilizzò la fotografia in antropologia, come metodo di ricerca. Lavorò come apprendista da Strand. Durante la guerra fu trasferito all’OWI, che lasciò nel’43. Questo fu il periodo di più intensa attività fotografica di Collier, che pose il suo sguardo sulla vita giornaliera della gente durante il periodo bellico. Le fotografie immortalarono la vita in America durante la WWII e lo sforzo che la popolazione ha compito per resistere al conflitto. Nel campo dell’antropologia e della sociologia visuale che Collier ottenne i migliori risultati, confermandosi pioniere sull’indagine del cambiamento socio-territoriale di un luogo attraverso lo studio dei segni visibili colti e immortalati dal mezzo fotografico. Utilizzò le fotografie per ottenere informazioni e approfondimenti sulla vita sociale del luogo analizzato. Ben Shahn È conosciuto per le sue img di realismo sociale e per le idee politiche progressiste manifestate nei suoi lavori. Nel’35 entrò a far parte dei fotografi della FSA che gli consentì di documentare la vita americana di quegli anni. Le fotografie che scattò con la sua Leica 35mm con un mirino ad angolo retto gli permise di fotografare i sogg a loro insaputa. Collocazione politica verso la sinistra marxista. I rapporti di classe, che egli non celò nella sua rappresentazione fotografica della vita sociale, emersero in tutta la loro evidenza. Fu il più grande illustratori del tempo. Carl Mydans Noto per la sua attività di fotogiornalista e per aver immortalato per Life, il 2 settembre del’45, la fine della WWII con la cerimonia della resa del Giappone a bordo della corazzata americana di Missouri. Fotoreporter di guerra in Europa e in Asia, insieme alla moglie, voleva documentare eventi, luoghi e persone che hanno fatto la storia del 21º secolo. Nel’31 acquistò la sua prima macchina fotografica che gli cambiò la vita e decise di accostare alla scrittura l’img, diventando il primo fotogiornalista della storia. Nel’35 iniziò a lavorare per l’FSA, Stryker gli assegnò l’incarico di documentare industria del cotone negli stati del sud America. Documentò le fabbriche e la gente che vi lavorava, testimoniando le condizioni di vita. Dal’36 lavorò per Life e con la sua 35mm girerà il mondo coprendo la cronaca dei più importanti avvenimenti. Fu presente nei vari teatri di guerra del secondo conflitto. Marion Post Wolcott Documentò per la FSA la povertà e le privazioni della povera gente durante la Grande Depressione americana. Il suo lavoro si concentrò dal’38 al’42 e pone in evidenza la necessità dell’assistenza federale per i più colpiti dalla crisi economica agricola. (Dorothea Lange aveva realizzato delle foto simili.) Le sue foto mostrarono i volti dei lavoratori migranti e della povera gente anche se spesso immortalò i sogg ricchi e della classe media riusciti a sfuggire agli effetti dannosi della crisi, per accentuare e rendere visibili le differenze di vita di questa gente. Louise Rosskam e il marito Edwin Fotografa pioniera della fotografia documentaria. Nella sua vita professionale lavorò assieme al marito, Edwin, per conto di giornali, riviste, agenzie governative, aziende e partiti politici. Documentarono la vita americana durante la Grande Depressione facendo parte della FSA. Il lavoro della coppia passò inosservato per molto tempo. I reporter volevano documentare un’epoca. Nel’37 si recarono a Porto Rico su incarico della rivista Life per fotografare il movimento nazionalista indipendentista e il leader Campos. Nelle loro foto salvaguardarono la dignità dei loro sogg. Nel’53 documentarono la storia umana del petrolio in America. Negli anni ’70 ripresero il prog sull’immigrazione nel New Jersey. Russel Lee Altro fotografo noto della FSA che fotografò le diverse etnie americane soffermandosi sugli aspetti della vita quotidiana nelle varie società. Passò dalla pittura alla fotografia immortalando i luoghi e le persone a lui vicine nei territori della Pennsylvania. Fotografò, in particolare, l’estrazione illegale del carbone. Entrò a far parte della FSA nel’36. Nel’42 documentò l’espulsione dei giapponesi americani, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Fu uno dei primi docenti di fotografia. Berenice Abbott Fu una delle più importanti fotografe americane rappresentati la fotografia documentaria del XX secolo. Nota per i ritratti di molti personaggi della cultura tra le due guerre mondiali e seguì con molto interesse anche l’architettura e la progettazione urbana di NY degli anni 30. Dal’39 si dedicò alla fotografia scientifica sperimentando modi per fotografare il magnetismo e l’elettricità. A Parigi incontrò il fotografo Atget e rimase colpita dalle sue img sul paesaggio urbano. A NY iniziò a fotografare gli edifici della città e i suoi abitanti. Le fotografie newyorkesi sono caratterizzate da contrasti di luce e di ombre e da composizioni dinamiche che esaltavano le nuove forme architettoniche della città. Robert Doisneau Colse, con i suoi scatti rubati per strada, gli aspetti più profondi dell’animo umano, restituendo al sogg la dignità che gli apparteneva. Fu definito un esponente della fotografia umanista e il suo lavoro fu in parte influenzato da Kertész, Atget e Cartier-Bresson. All’inizio della sua carriera nelle sue foto rappresentava la cultura dei bambini di strada e dei loro giochi. Lavorò alla Renault come fotografo industriale; nel’39 per l’agenzia Rapho anche se aveva avuto l’invito da parte di Cartier- Bresson di entrar a far parte della Magnum. Durante la guerra fotografò la Francia e la liberazione puntando il proprio obbiettivo sulla gente. Le strade e le persone che le affollavano hanno rappresentato il suo tema preferito. Nelle sue foto non era presente una realtà oggettiva, ma un mondo che l’artista cercava di ricreare. Le sue fotografie furono pubblicate su molte riviste e la quella più famosa è bacio dell’hotel de ville. L’img era una messa in scena e non un’istantanea. L’img diventò l’icona dell’amore e della tenerezza. La Magnum Photos Il 22 maggio 1947 fu fondata a NY la Magnum Photos Inc (Incorporated Company), che da subito divenne la più famosa agenzia fotografica del mondo. A crearla, furono Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David Chim Seymour e William Vandivert con la moglie Rita ed un’altra italiana Maria Eisner. Le due donne si occuparono dell’organizzazione e della struttura. Rita fu il primo presidente e capo d’ufficio a NY, Maria fu il capo della sede di Parigi. Le comuni intenzioni, iniziali, dei fotografi-fondatori furono quelle di tutelare il proprio lavoro attraverso il totale controllo delle img realizzate. I fotografi scelsero un’area geografica dove lavorare, a Capa fu concessa la piena libertà d’azione in tutto il pianeta. La Magnum segnò una svolta decisiva per il fotogiornalismo e per l’evoluzione della professione nel campo dell’informazione fotografica. Il nome dell’agenzia fotografica venne scelto dal nome della marca di una bottiglia di champagne che veniva spesso bevuto a casa di Vandivert, dove molti fotografi del tempo si riunivano per discutere su tutto. Con la Magnum, l’autore ha il diritto sulle img e in particolare sui negativi, lui stesso decide le didascalie da inserire in ogni foto senza che l’editore ne modifica il contenuto, o ritagli l’img senza il consenso dell’autore. Essa, infatti, divenne presto un punto di riferimento per tutti i fotografi. I cinque fotografi fondatori avevano raccontato la WWII seguendo gli eventi sui vari fronti europei ed asiatici, anche se in modo differente. Il connubio tra Life e la Magnum fu fondamentale per descrivere gli accadimenti del mondo. Lo sviluppo tecnico, la Leica, aveva consentito ai fotografi di