Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La deriva dei continenti, Guide, Progetti e Ricerche di Scienze della Terra

La deriva dei continenti - Scienze della terra

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2018/2019

Caricato il 20/10/2019

alessiaa.r
alessiaa.r 🇮🇹

4.5

(28)

39 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La deriva dei continenti e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Scienze della Terra solo su Docsity! LE RICERCHE OCEANOGRAFICHE Maurice Ewing si era laureato nel 1931 al Rice Institute con una tesi sul tragitto percorso dalle onde sismiche nel globo e aveva proseguito gli studi nel campo della sismologia, analizzando delle esplosioni provocate nei sedimenti calcarei della Lehigh Valley e nel ghiaccio di una laguna gelata. In questo modo gli fu possibile osservare il differente comportamento delle onde sismiche prodotte, che risultavano avere diverse velocità a seconda di come erano state riflesse dai diversi strati del sottosuolo. Venuti al corrente delle ricerche e delle relazioni presentate nelle conferenze della American Geophysical Union da parte di Ewing, gli scienziati Richard Field e William Bowie, che studiavano la natura delle piattaforme continentali, si recarono a Bethlehem in Pennsylvania dove Ewing aveva il proprio ufficio, per suggerirgli di concentrare i propri studi sulla soluzione di un problema preciso: il margine della piattaforma era una struttura geologica permanente, vero limite dei continenti, oppure era soltanto un limite estremo della sedimentazione dei depositi naturali? Ewing accettò e con una barca a vela, l’Atlantis, nell’ottobre 1935 per due settimane effettuò una serie di rilievi sismici della piattaforma continentale al largo di Norfolk, in Virginia, calando apparecchi registratori sul fondo del mare (idrofoni), sganciando in acqua cariche di dinamite da una baleniera e facendole esplodere alla profondità di circa 180 m. (foto pag 72-73). Le analisi dei sismogrammi indicavano che la piattaforma continentale non era una formazione geologica permanente, ma composta di depositi sedimentari spessi fino a 3650 m e che poggiavano sulla scarpata continentale del pavimento oceanico. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale tutte le ricerche oceanografiche a scopo civile vennero sospese, mentre venne accelerato lo sviluppo di nuove tecniche per l’esplorazione delle acque dei mari. Sofisticati ecoscandagli come il Sonar furono approntati per ricercare i sommergibili tedeschi e gli ecografi aiutarono nella localizzazione delle spiagge più idonee allo sbarco di mezzi anfibi. Queste apparecchiature furono a tal punto richieste che gli USA finanziarono un programma per tracciar la mappa di tutti i fondali oceanici, dunque ecografi sofisticati come lo stesso Ewing vennero chiamati a bordo di navi oceanografiche. Nel 1947 egli venne incaricato di esplorare la dorsale medio-atlantica, regione sottomarina di cui si sapeva poco, e il circostante pavimento oceanico, procurandosi l’attrezzatura per prelevare campioni della sedimentazione del fondo marino, con la convinzione che i sedimenti oceanici avrebbero fornito indizi fossili sull’evoluzione della terra. Con le indagini sismiche Ewing scoprì che i depositi sedimentari erano molto più sottili di quanto ci si potesse aspettare, creando l’ipotesi dell’ammucchiamento nel corso di 3 miliardi di anni di organismi marini morti che avrebbero formato uno strato di sedimenti dello spessore di 19 km. Ma, oltre le piattaforme continentali, gli strati più spessi che trovò misuravano solo alcune centinaia di metri, rappresentando così la sedimentazione accumulatasi in una arco di tempo variabile tra i 100 e i 200 milioni di anni. Quando raggiunse la dorsale medio-atlantica, calò una draga e la trascinò lungo le asperità dei fondali rocciosi per 4 ore. Trovò che le rocce raccolte a prima vista sembravano essere state sottoposte ad un calore intenso o ad una forte pressione e in un secondo momento portò in superfice frammenti di lava a cuscini. Il fondo marino risultava più giovane di quanto s’immaginasse : non solo il fondo era ricoperto da una sottile sedimentazione, ma le sue rocce parevano di formazione recente e di origine vulcanica. Successivamente gli uomini del Lamont, l’Osservatorio Geologico dell’Università di Columbio fondato da Ewing nel 1949, scoprirono che la crosta oceanica è composta da basalti densi ed è spessa solo 5 km, mentre la crosta sottostante i continenti, essenzialmente granitica, ha uno spessore di circa 40 km. Nel 1953 Ewing acquisto una nave lunga 67 metri, la Vema, attrezzata appositamente per le ricerche oceanografiche e nel frattempo aveva deciso di riportare i profili batimetrici eseguiti durante le sei campagne di rilevamento nall’Atlantico Settentrionale su una mappa del fondo oceanico. Affidò il compito al geologo Bruce Heezen che venne aiutato dalla cartografa Marie Tharp, che aveva intuito che la Dorsale medio-atlantica fosse spaccata al centro da una fossa tettonica continua. La loro carta cominciò a mostrare una fascia di terremoti che correva nel mezzo non solo della dorsale e della fossa tettonica evidenziata dalla Tharp, ma anche di tutti gli oceani del mondo. La correlazione fra terremoti sottomarini e fosse tracciate sulla carta era così convincente che, analizzando l’attività sismica, i due scienziati avanzarono l’ipotesi che in alcuni oceani esistessero fratture e dorsali non ancora scoperte. (foto pag 77-78-79). Spiegazione della carta (pag 76 in alto) La mappa dei fondali oceanici mostra che il fondo degli oceani non è pianeggiante, ma è un susseguirsi di montagne, di fosse e di valli, con una conformazione analoga a quella delle terre emerse. La carta dell’Osservatorio Lamont mostrava che le dorsali oceaniche dunque non erano strutture isolate, ma facevano parte di una catena montuosa lunga 65.000 km, che serpeggiava attraversando tutti gli oceani del mondo attorno ai continenti. La lunghezza, la larghezza e l’altezza di questa dorsale la caratterizzavano come il lineamento morfologico più rilevante del globo. In altre parole, ogni dorsale è costituita da due catene montuose parallele tagliate da faglie trasversali, tra le quali si trova una vera e propria spaccatura del fondo oceanico, in corrispondenza e con lo stesso andamento delle coste delle terre emerse. Da queste spaccature fuoriesce continuamente del magma proveniente dal mantello sottostante. Il magma, giunto in superficie, si raffredda, si solidifica, e sospinge lateralmente il materiale già presente, allontanandolo dal centro della dorsale. Negli oceani si forma quindi nuova crosta terrestre, ovvero i fondali oceanici si espandono continuamente. Hess prospettò inoltre che, dal momento che un fondo marino in espansione doveva aumentare le dimensioni del globo e nulla indicava che stesse accadendo questo, allo stesso tempo altra crosta più vecchia venisse distrutta nelle fosse profonde che corrono lungo i margini dei continenti. In altre parole, se la crosta terrestre si stava espandendo, in corrispondenza della dorsale medio oceanica, in qualche altro punto doveva essere riassorbita. Ampliando la teoria preconizzata da Felix Meinesz, ricercatore olandese, Hess prospettò che fossero le correnti di convenzione a fornire la forza e la spinta per l’espansione del fondo marino e per la spinta della vecchia crosta nelle fosse oceaniche del mantello, canyon molto profondi e stretti posti ai margini dell’Oceano Pacifico, nel processo divenuto noto in seguito col nome di subduzione; secondo Hess l’Oceano Atlantico si stava espandendo e il Pacifico restringendo; inoltre giustificò la presenza dei guyot: erano sorti come isole vulcaniche coniche lungo le catene sottomarine, avevano avuto la sommità troncata dall’erosione per poi essere trasportate in acque profonde dal fondo sottomarino in movimento. L'ipotesi dell'espansione dei fondali oceanici apparve molto interessante fin dalla sua prima formulazione; mancava però la prova che ne potesse confermare l'attendibilità. Non passò molto tempo, perché un contributo decisivo venne dalle osservazioni paleomagnetiche, poiché delle prove scientifiche concrete e irrefutabili erano state registrate per intero dalla stessa terra, come su un enorme nastro magnetico. LE ANOMALIE MAGNETICHE DEI FONDI OCEANICI Si sviluppò negli anni Cinquanta la scienza del paleomagnetismo, lo studio delle variazioni del campo magnetico terrestre, con l’invenzione di Patrick Blackett del magnetometro astatico, strumento per rilevare l’orientamento dei campi magnetici deboli e che permise di studiare rocce con le proprietà di un magnete: infatti la lava, per esempio, quando si raffredda e si solidifica, ha al suo interno cristalli piccoli di magnetite che si allineano lungo la direzione del campo magnetico terrestre esistente in quel momento. Blackett era convinto che le rilevazioni magnetiche avrebbero aiutato a determinare gli eventuali cambiamenti di posizione delle grandi masse del globo. Negli anni successivi, numerose correlazioni paleomagnetiche, eseguite in parti del mondo diverse, indicavano che tutti i continenti meridionali, eccetto l’Antartide, avevano continuato a spostarsi verso Nord. In India l’evidenza del fenomeno era macroscopica: lo strato più antico di lava(150 milioni di anni) collocava l’india di quei tempi, con le sue prove magnetiche, a sud dell’Equatore. Le argomentazioni paleomagnetiche, tuttavia, erano facilmente diffidate, poiché portavano all’improbabile assunto che in passato si era verificata un’inversione del campo magnetico terrestre, invertendo la posizione dei due poli magnetici nord e sud; ma negli anni Sessanta tre scienziati statunitensi, continuando ad analizzare i campioni di rocce, identificarono 9 inversioni di polarità magnetica durante gli ultimi 3 milioni di anni e ulteriori studi ne identificarono 171 in 76 milioni di anni. Probabilmente queste inversioni solo il risultato di perturbazioni createsi nel nucleo fuso del globo terrestre; il periodo di campo magnetico normale o attuale è mediamente 420.000 anni, mentre di quello invertito è 480.000 anni. Verso la metà degli anni Cinquanta una nave oceanografica americana su una zona del Pacifico Nord-Orientale aveva usato il magnetometro e raccolto dei dati che, una volta studiati, rivelarono il disegno di un campo magnetico a bande alternate deboli e forti. Furono gli scienziati Frederick Vine e Drummond Matthews ad avere nel 1962 l’intuizione che la prova dell’espansione del fondo marino dovesse essere contenuta proprio dagli studi sulle bande magnetiche: esse infatti non dovevano dipendere necessariamente da una variazione dell’intensità magnetica, ma potevano dipendere da un cambiamento di direzione magnetico; forse il magnetismo attuale peoduceva un campo magnetico ad alta intensità e quello invertito uno a bassa intensità. Il loro articolo venne pubblicato nel 1963 sulla rivista ‘’Nature’’ col titolo ‘’Anomalie magnetiche sulle dorsali sottomarine’’. (foto pag 84-85-87) Andamento delle anomalie magnetiche osservate lungo la dorsale di Reykjanes, una parte della lunga Dorsale Medioatlantica, a SW dell’Islanda. Le fasce bianche indicano anomalie negative, quelle nere anomalie positive. Il profilo magnetico osservato del fondale oceanico del Pacifico (blu) è comparato con quello calcolato basandosi sulle variazioni del campo magnetico negli ultimi 4 milioni di anni assumendo un movimento costante del fondo (rosso). L’evidente somiglianza di questi due profili fornì una dalle prove in supporto all’ipotesi dell’espansione dei fondali oceanici. LE FAGLIE TRASFORMI J. Tuzo Wilson, un geofisico canadese, nel 1965 propose l’esistenza di una nuova classe di faglie, che egli chiamò faglie trasformi. Le faglie trasformi non si prolungano necessariamente entro i continenti e inoltre i terremoti sono limitati alla parte compresa fra i due segmenti della dorsale. Esse non sono la causa della dislocazione dei vari tronconi di dorsale, ma rappresentano la conseguenza dell'espansione dei fondi oceanici avvenuta in corrispondenza di ciascun troncone di dorsale. La presenza delle faglie trasformi dimostra che l'espansione dei fondi oceanici avviene per segmenti separati. Ogni troncone di dorsale