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Il Federalismo Fiscale in Italia: Autonomia Finanziaria degli Enti Locali, Sintesi del corso di Diritto Tributario

Il federalismo fiscale in italia, che ha iniziato a svilupparsi dal testo unico degli enti locali del 2000 per rendere più efficienti gli interventi della finanza pubblica. L'intenzione era di associare all'autonomia amministrativa degli enti locali anche un'autonomia finanziaria, abbandonando il sistema piramidale di ispirazione francese e la quasi totale centralizzazione. Il nuovo articolo 119 ha ampliato notevolmente l'autonomia finanziaria degli enti territoriali, consentendo loro maggiore libertà di decisione sulla destinazione delle risorse con il riconoscimento fondamentale dell'autonomia tributaria. I principi fondamentali della riforma, la sua evoluzione storica, la riforma del titolo v, l'attuale ripartizione della potestà legislativa e la mancata attuazione dell'articolo 119 cost., concludendo con lo studio della legge n.42 del 2009 e dei relativi decreti attuativi.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 10/12/2021

antoniettagentil56
antoniettagentil56 🇮🇹

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Scarica Il Federalismo Fiscale in Italia: Autonomia Finanziaria degli Enti Locali e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Tributario solo su Docsity! La potestà legislativa regionale in attuazione dei decreti del federalismo fiscale. La nostra Costituzione rappresenta un pilastro fondamentale della società, da essa le istituzioni hanno l’obbligo morale e giuridico di trarne riferimento per ciò che riguarda la funzionalità, la gestione e i futuri indirizzamenti del nostro Stato. Essa deriva da un compromesso di natura giuridica — politica (“le due anime”), che sfociò con l'approvazione del testo da parte dell'Assemblea Costituente nel dicembre del 1947 e che, malgrado istituti che esprimono idee contraddittorie o non sempre coerenti, per molti è considerata avanzata rispetto alla società italiana del tempo. La storia però ci insegna che le regole e i meccanismi tendono a modificarsi per fungere da strumento idoneo ai fabbisogni della società, nel preciso contesto storico in cui essa appartiene necessari per far fronte alle sfide culturali, giuridiche ed economiche a cui il sistema “Stato” non può sottrarsi. Nel corso degli anni ‘90 si assiste dunque all’intenzione di modificare il sistema amministrativo e fiscale verso un modello federale, con l'idea di creare un adeguato livello di decentramento in materia finanziaria e tributaria strettamente collegata alla distribuzione delle competenze e delle funzioni tra lo Stato, Enti Territoriali e locali, al fine di garantirne l'autonomia sostanziale a quest'ultimi. Sulla scia del decentramento amministrativo, (legge n. 142/1990, successivamente integrata con il d.lgs. 18 agosto 2000 “Testo Unico degli enti Locali”) per rendere maggiormente efficienti gli interventi della finanza pubblica, iniziò a svilupparsi l'intenzione di associare all'autonomia amministrativa degli enti locali anche un'autonomia finanziaria, abbandonando quel sistema “piramidale” di ispirazione francese e la quasi totale centralizzazione in funzione dei principi gli anni' 703. L'intenzione era quella di fare emergere il ruolo degli enti locali come capisaldi della missione istituzionale attraverso il decentramento/federalismo introdotto tra il 1997 e il 2001. Il nuovo art. 119 ha ampliato notevolmente l'autonomia finanziaria degli enti territoriali sia sotto l'aspetto dell'autonomia in entrata che sotto l'aspetto della spesa, ovvero nella libertà di decisione della destinazione delle risorse con il riconoscimento fondamentale dell'autonomia tributaria‘. L'idea del sistema è quella di mantenere un collegamento funzionale tra le risorse e servizi nella ripartizione delle funzioni tra Comuni, Provincie, Città Metropolitane, Regioni e Stato, nel rispetto del principio della sussidiarietà (artt. 3 e 33 del Trattato di Maastricht) e dei principi costituzionali di “autonomia degli enti locali” art 5 Cost., di “uguaglianza” art. 3 e di “proporzionalità” art. 53 della Costituzione. Da questo punto di vista la riforma più significativa in materia di finanza locale è stata certamente la stessa che ha modificato l'intero assetto istituzionale-legislativo dello Stato, Regioni ed Enti minori. Le norme della Costituzione che riguardavano l'aspetto della potestà legislativa, contenute nel titolo V sono state infatti modificate attraverso l’art 119. e l’art. 117, prevedendo due sistemi tributari: uno principale, a livello “statale” e uno “regionale”; dando allo Stato la competenza per la fissazione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente. La riforma vuole dunque sovvertire l'impostazione risalente ad una tradizionale centralità dello Stato e alla residualità del ruolo normativo ed istituzionale di Regioni ed enti locali, affermando la equiparazione di tutti gli organi di governo. Attualmente però il sistema nazionale non vede la diretta applicazione dell'art. 119, dovrà infatti essere il legislatore statale a fissare i principi cui i legislatori regionale dovranno attenersi, improntando gli spazi e i limiti della potestà impositiva dello Stato, Regioni e degli enti locali; Un processo iniziato con la Legge 42/2009 e portato avanti dagli otto decreti di attuazione sul federalismo, alcuni di essi non ancora completamente delineati ma le cui idee e principi appartengono a meccanismi quasi obbligatori per i completamento del quadro federale generale, con l'obbiettivo finale di attuare definitivamente il processo di autonomia finanziaria, tributaria e amministrativa sotto l'aspetto della solidarietà ridistribuiva, nell'ottica di ammodernamento della finanza pubblica e del sistema statale in generale. L'analisi che verrà di seguito riportata cercherà di rendere più chiaro sia l'aspetto legislativo e attuativo del federalismo fiscale, in merito alla sua all'effettività nell'attuazione e ai vantaggi o svantaggi che de esso ne deriverebbero. Partendo da uno studio dei principi fondamentali, a cui la riforma deve attenersi, per proseguire con l’analisi dell’evoluzione storica della concezione del federalismo fiscale, incentrandoci sulla riforma del titolo V, l’attuale ripartizione della potestà legislativa e, la mancata attuazione dell'articolo 119 Cost. Un percorso necessario, che si conclude con lo studio della Legge n.42, del 5 maggio 2009 e ad i rispettivi decreti di attuazione i quali porteranno effettività alla riforma. Tenendo in considerazione il percorso fin qui svolto, ovvero l’analisi del nuovo sistema di finanza pubblica e della concezione del federalismo fiscale in Italia, non resta che procedere ad alcune considerazioni di merito, relative all’effettiva abolizione del sistema della finanza derivata, a favore dell'autonomia tributaria degli enti territoriali, e cercare di capire se il riassetto derivante dalla riforma costituzionale (Legge Cost. n. 3 del 2001), dalla legge delega di attuazione all’art. 119 Cost. (Legge n. 42 del 2009) e dei decreti attuativi, è coerente con i principi da loro enunciati e se pertanto essa assicuri il concetto di federalismo fiscale. Il principio dell'armonia del sistema tributario dello Stato e il rispetto della coerenza con i principi fondamentali di coordinamento, oltre all'osservanza dei vincoli e dei limiti imposti dal diritto comunitario, devono guidare l’attività impositiva e gestionale a livello centrale così come al livello locale. Il sistema di finanziamento delle regioni a Statuto ordinario è quello precedente al d.lgs. 68/2011 di attuazione della legge delega 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Il nuovo regime delineato per fiscalità regionale ha avuto seguito solo in parte; la sua attuazione è stata rinviata più volte e da ultimo il d.lgs. 124/2019 ha fissato la data del 2021. Le entrate tributarie delle regioni a statuto ordinario come la rideterminazione dell’addizionale regionale IRPEF, a copertura dell’abolizione sostanziale dei trasferimenti statali; la compartecipazione al gettito dell'IVA, applicando il principio della territorialità ovvero del luogo del consumo; la possibilità di variare l'aliquota IRPEF; la possibilità di istituire altri tributi?9; la fruizione delle risorse derivanti dal recupero del gettito fiscale; l'abolizione dei trasferimenti ai Comuni; la determinazione delle spese essenziali e la contestuale abolizione del criterio del costo storico con l’entrata a regime del criterio il costo standard. La parte più cospicua dei trasferimenti dello Stato alle regioni a statuto ordinario è costituito dal finanziamento della sanità (fondo perequativo) e dal trasporto pubblico locale. Quest'ultimo finanziato attraverso il fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a Statuto ordinario (dal 2013 al 2017 alimentato, tra l’altro, dal gettito della compartecipazione all’accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione attribuita alle regioni). Anche le Provincie, con disposizioni previste nel medesimo decreto legislativo n. 68/2011 prevede che il rispettivo finanziamento si incentri principalmente sull’imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei motori (RC auto)- che diviene tributo proprio derivato- e sulla compartecipazione provinciale all’IRPEF, a compensazione, dal 2012, della soppressione dei trasferimenti statali alle province, nonché dell’addizionale provinciale all’accisa sull'energia elettrica. Anche i trasferimenti regionali destinati al finanziamento delle spese provinciali sono soppressi dal 2013, con compensazione a valere sull’istituzione di una compartecipazione provinciale al gettito della tassa automobilistica regionale. Infine i Comuni, “nuovo” fulcro dell’attività politica e istituzionale saranno i principali protagonisti della “nuova” finanza locale; A seguito dell’entrata in vigore del quarto provvedimento attuativo della legge delega (d.lgs. n. 23/2011), essi potranno usufruire del gettito derivante da un elenco di tributi previsti dall'art. 2 (imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta di registro e di collo sui contratti, tributi speciali catastali, tasse ipotecarie, cedolare secca sugli affitti); usufruire di un fondo sperimentale di riequilibrio; gestire una quota di partecipazione al gettito IVA; incrementare le informazioni sui soggetti residenti in ambito tributario avendo accesso ad alcune banche dati; disciplinare la nuova imposta di soggiorno; disciplinare la “nuova” imposta di scopo; applicare un'imposta municipale propria e una secondaria. Anche le Provincie, con disposizioni previste nel medesimo decreto legislativo n. 68/2011 prevede che il rispettivo finanziamento si incentri principalmente sull’imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile