Scarica La Storiografia Greca e Romana: Da Tucidide a Polibio e più Sintesi del corso in PDF di Greco solo su Docsity! In principio la storiografia greca era estroversa, verso l’esterno, non confinata al mondo greco nel senso che non si presentava come ellenocentrica ma trattava anche di altri popoli. Dopo le guerre persiane, la Grecia (e Atene in particolare) concepisce la sua superiorità, la sua centralità nel Mediterraneo (tant’è che Tucidide, fondatore della storiografia come scienza, considera la guerra del Peloponneso un evento fondamentale). La storiografia di Tucidide è strettamente circoscritta al mondo greco perché lui vive da vicino la guerra e la descrive in maniera autoptica (fondata sulla testimonianza oculare). Già l’ ”Anabasi” e la “Ciropedia” di Senofonte non sono più ellenocentriche. Con Filippo II e Alessandro nasce un mondo macedone-greco. Proprio Alessandro durante la sua spedizione porta con sé degli storiografi che raccontino in presa diretta gli episodi della sua campagna. Ovviamente tutto ciò nasceva con intento propagandistico-elogiativo sebbene si trattasse di un’autopsia (tant’è vero che la narrazione dei fatti ricorda un romanzo). Nel 168 a.C. Lucio Emilio Paulo conquista Pidna (la battaglia di Pidna fu lo scontro decisivo della terza guerra macedonica e si concluse con la netta vittoria delle legioni romane guidate dal console Lucio Emilio Paolo contro l'esercito macedone del re Perseo) e la Lega Achea aveva sostenuto le ragioni della Macedonia contro Roma. Polibio di Megalopoli e altri dignitari della Lega Achea furono mandati a Roma come ostaggi. Proprio Polibio viene notato da Lucio Emilio Paolo che lo pone come maestro di Scipione l’Emiliano, detto anche Africano minore (“Emiliano” aveva valore di patronimico, era infatti figlio di Lucio Emilio Paolo Macedonico e fu poi adottato da Publio Cornelio Scipione, il figlio di Publio Cornelio Scipione Africano, detto anche Africano maggiore). Di fatto quindi Polibio entra nel circolo degli Scipioni. La storiografia a Roma non esisteva ed è proprio Polibio che introduce questo nuovo genere sul modello di Tucidide, non scrivendo in latino ma in greco. Le “Storie” di Polibio prendono avvio dal 264 a.C. (anno della 1a guerra punica) e volevano proseguire la narrazione fino al 144 a.C. In seguito l’importanza degli eventi successivi indusse Polibio ad ampliare il progetto originale che giunse fino al 133 a.C. I primi 5 libri sono arrivati per intero mentre degli altri si hanno riassunti molto fedeli. Riprende il metodo autoptico anche perché segue Scipione nelle sue imprese. È anche uno storiografo teorico perché riflette sul metodo: condividendo l’idea di Tucidide parla della storia come μαθεμα (“apprendimento”). E nel VI libro è proprio presente una riflessione politica di carattere teorico (che generalmente costituiva un genere a parte) e che viene espressa in forma di digressione. Polibio vuole fornire una risposta al quesito: “Come mai i Romani hanno questa grande forza espansiva?” Parte innanzitutto da un’analisi delle forme di governo: la monarchia degenera in tirannide; i migliori s ribellano e danno vita ad un’aristocrazia; l’aristocrazia degenera in oligarchia; l’oligarchia degenera in democrazia; la democrazia degenera in oclocrazia (il governo della feccia). E allora il popolo romano possiede questa grande forza espansiva poiché ha adottato la migliore forma di costituzione, la costituzione mista: - i consoli (che sono 2, si controllano a vicenda, e la cui carica ha durata annua) rappresentano la monarchia; - il senato rappresenta l’aristocrazia - i comizi rappresentano la componente democratica Tutto ciò garantirà a Roma, in termini spaziali e temporali, superiorità, ma non per questo Polibio afferma che Roma sarà eterna (c’è sempre l’elemento della τύχη) Il sesto libro contiene una famosa digressione sulle forme costituzionali Il punto di partenza per la riflessione di Polibio sulla storia è costituito dal fatto che per la prima volta uno stato (Roma) ha acquisito il potere su quasi tutto il mondo conosciuto. La ricostruzione di Polibio è dunque fortemente condizionata dalla potenza romana e portata a concentrarsi sui rapporti di forza tra gli stati e sui meccanismi del potere. Per la stesura della sua opera Polibio prende come punto di riferimento Tucidide (seconda metà del V sec.), da cui deriva la concezione dell’utilità della storia per l’uomo politico e la selezione della materia politico-militare. A Tucidide risalgono anche alcuni aspetti strutturali, come la sintetica ricognizione degli antefatti (prokataskeuè) premessa alla trattazione storica vera e propria (analoga alla pentecontaetia del libro I delle Storie tucididee). A Tucidide potrebbe forse risalire anche la volontà di organizzare l’esposizione intorno a un nucleo concettuale costituito dalla crescita di potenza di uno stato. Un altro significativo punto di contatto tra Polibio e Tucidide è la scelta di inserire nell’esposizione vari discorsi diretti. Polibio sostiene che non ha senso inventare discorsi da attribuire ai personaggi, come