Scarica La teoria dell'attaccamento. John Bowlby e la sua scuola e più Sintesi del corso in PDF di Psicopedagogia solo su Docsity! LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO John Bowlby e la sua scuola Jeremy Holmes INTRODUZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE La teoria dell’attaccamento è apparsa più di un quarto di secolo fa e ad oggi l'attaccamento è considerato un paradigma fondamentale in psicologia. Anche le applicazioni in ambito clinico si stanno rapidamente moltiplicando per far fronte ai problemi dello sviluppo infantile, alla disgregazione e alle disfx nelle famiglie, alle conseguenze di perdite e traumi, al disagio mentale negli adulti. Un aspetto sempre attuale è costituito dal background biografico di Bowlby, esemplificativo dell’intuizione junghiana secondo cui le teorie psicologiche sono inevitabilmente forme criptiche di autobiografia. B. intuì per primo che l'impulso a relazionarsi costituiva un’entità a pieno titolo, degna di nuove ricerche e nuove teorie. Secondo B., per gli analisti era tanto importante studiare l’ambiente primario, quanto per un vivaista compiere uno studio scientifico del suolo. 1 INTRODUZIONE Questo libro ha 4 obiettivi principali: 1) Presentare in modo sintetico e coerente la storia del concetto di attaccamento di Bowlby; 2) Fare un compendio dell’opera di B. e una prospettiva storica sull’evoluzione delle sue idee; 3) Cercare di capire la discrepanza tra il riconoscimento del pubblico e la poca disponibilità del mondo professionale; 4) Capire come la teoria dell’attaccamento possa permeare la pratica psicoterapeutica con gli adulti. Le risposte all’enigma del contrasto tra B. e il movimento psicoanalitico si possono trovare a 3 livelli distinti, ma interconnessi: 1) La personalità, il background e i punti di vista dello stesso B.; 2) L'atmosfera all’interno della Società psicoanalitica immediatamente prima e dopo la morte di Freud; 3) Ilclima sociale e intellettuale degli anni prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. B. proveniva dall'ambiente convenzionale dell’alta borghesia, formatosi a Cambridge, liberale darwiniano del diciannovesimo secolo, entrò negli anni ‘30 in una Società psicoanalitica lacerata da due fazioni in contrasto, guidate l'una da Melanie Klein e l’altra da Anna Freud. La Klein, berlinese, divorziata e divisa dai suoi figli, grande innovatrice, fronteggiava Anna, viennese, non sposata, devota agli orfani del suo nido d'infanzia, paladina della vera fede freudiana. Klein era potente e dominante, ma dipendente dalla completa fedeltà dei suoi seguaci. Anna Freud era timida e diffidente, ma con la garanzia della benedizione paterna. Klein introdusse la madre nell’universo psicoanalitico, sostenendo l’importanza della fantasia nelle prime settimane e mesi di vita; sosteneva inoltre il primato dell’istinto di morte, nella spiegazione dell’aggressività infantile, e la necessità di svelare e verbalizzare durante la terapia questi primitivi impulsi infantili. Anna Freud continuava a considerare il complesso edipico che insorge fra i due e i tre anni come punto di partenza delle nevrosi, e continuava a considerare come obiettivo della terapia il rafforzamento dell'Io nel suo tentativo di riconciliare l’Es e il Super lo. B., con la sua caratteristica indipendenza cercò di aprirsi un varco fra di loro, nel tentativo di costruire un percorso proprio. Egli prese posizione su 2 fondamentali campi di battaglia: - lo status scientifico della psicoanalisi; - il ruolo dell'ambiente nell’eziologia della nevrosi. B. considerava le due donne, e la maggior parte dei loro seguaci, irreparabilmente non scientifici. Né Klein né Anna Freud avevano alcun background scientifico. Entrambe argomentavano ricorrendo all’intuizione e all’autorità. B. era in una posizione insolita all’interno della Società psicoanalitica e i nodi vennero al pettine quando presentò il suo famoso film fatto con James Robertson documentando l'angoscia mostrata da una bambina piccola quando era stata separata dai genitori per entrare in ospedale. La sua monografia patrocinata dall’OMS e le successive osservazioni sui bambini separati dai loro genitori gli resero possibile stabilire una volte per tutte l’importanza del trauma ambientale come causa della nevrosi e dei disturbi del carattere. Era nata la teoria dell’attaccamento, ma da molti analisti fu sentita come una minaccia o addirittura come un tradimento. B., con la sua nuova teoria, aveva sperato di riconciliare le fazioni in lotta all’interno della Società, e invece esse furono unite o in una franca opposizione o in una cortese indifferenza verso le sue idee. Gradualmente B. si allontanò dalla Società e la teoria dell’attaccamento venne a costituirsi come una disciplina a sé, che doveva molto alla psicoanalisi, ma con legami anche con l’etologia, la teoria sistemica e la psicologia cognitiva, e che dava un contributo tanto alle terapie familiari e cognitive quanto alla psicoanalisi. La psicoanalisi venne sempre più identificata con la “cultura”, con l'immaginazione, la linguistica e la dimensione morale ed estetica; la teoria dell’attaccamento invece prese impulso come parte della psicologia scientifica, radicandosi negli Stati Uniti. Ma i tempi sono cambiati. La psicoanalisi ha perso il suo dogmatismo ed è molto più aperta alle prove empiriche e all'influenza interdisciplinare. Il dibattito sullo status scientifico della psicoanalisi e sul ruolo dell’ambiente nella nevrosi continua. B. era sempre attento a distinguere fra aspetti scientifici e terapeutici della psicoanalisi, e a riconoscere l’importanza della loro sinergia: “non c'è ricerca senza terapia, non c'è terapia senza ricerca”. Gran parte del disaccordo tra B. e la psicoanalisi sembra poggiare su una confusione tra questi due aspetti. La principale preoccupazione di B. era di trovare un fermo puntello scientifico alla teoria delle relazioni oggettuali e alla teoria dell’attaccamento. La psicoanalisi è influenzata dal clima culturale prevalente. Il complesso edipico rifletteva il sistema patriarcale dei suoi tempi. Con l’indebolirsi del potere paterno all’interno della famiglia, è affiorato all’interno della psicoanalisi il principio femminile. È cominciata oggi una nuova fase di decostruzione che mette l’accento sulle reciprocità di lettore e scrittore. Si possono riconoscere 2 tendenze principali che si bilanciano: il co-costruzionismo terapeutico e quella delle neuroscienze relazionali. Questo ci porta a una nota conclusiva sulla natura del biografo. Un biografo è, in un certo senso, sia pz sia terapeuta della persona della quale sceglie di scrivere. C'è un inevitabile transfert positivo sul soggetto di cui ci si occupa. PARTE PRIMA ORIGINI 2 CENNI BIOGRAFICI L'obiettivo di questo capitolo è considerare la vita e la personalità di B. come sfondo delle sue idee ed esplorare la relazione tra esse. Il capitolo è diviso in 3 parti: la prima è un resoconto cronologico della vita e della carriera; la seconda consiste in una valutazione del suo carattere basata su ricordi di familiari, amici e colleghi; la terza considera alcuni dei più importanti temi personali e pensieri dominanti che caratterizzano l’opera di B.. PARTE I: VITA DI BOWLBY Infanzia e giovinezza B. nacque il 26 febbraio 1907. Suo padre era il generale maggiore Sir Anthony Bowlby, chirurgo londinese di successo e suo nonno, corrispondente estero del Times, fu assassinato a Pechino nel 1861 durante la guerra dell’Oppio quando Sir Anthony era molto piccolo. Anthony si era sentito responsabile della madre, che non si era risposata, e cominciò a cercare moglie solamente dopo la sua morte, quando aveva già 40 anni. Si sposò con May Mostyn, figlia maggiore del reverendo Hugh Mostyn. Quando nacque John, i suoi genitori - ATTACCAMENTO (1969) - SEPARAZIONE (1973) - PERDITA (1980) B. era molto richiesto come conferenziere specialmente negli Stati Uniti. Riconosciuto più all’estero che in patria, da settantenne avviò un progetto sulla psicobiografia di Darwin che fu pubblicato pochi mesi prima della sua morte riscuotendo molti giudizi positivi. Morì il 2 settembre del 1990. PARTE Il: L’UOMO BOWLBY Il risultato più grande della sua opera è stato quello di unificare la psicoanalisi e la biologia evoluzionistica per il tramite dell’etologia. Cosmopolita, convenzionale nei modi, ma rivoluzionario nello spirito; ugualmente a suo agio nell'ambiente sofisticato e nella natura selvaggia; eccezionalmente intelligente e tuttavia non un intellettuale nel senso usuale del termine; pur essendo uomo d'azione dedicò la vita al mondo interno; determinato nelle idee, ma senza un’aggressività manifesta; esploratore della psiche, ma non si fidava della pura soggettività; un enfant terrible sempre un po’formale. Si opponeva ferocemente ai metodi rigidi e punitivi nell'educazione dei bambini, detestava il modo in cui i bambini sono deprivati dell'amore e dell’affetto in nome dell’intenzione di non viziarli, e insisteva sulla natura persistente della dipendenza considerandola un aspetto essenziale della natura umana. Si intuisce chiaramente come egli abbia sperimentato in prima persona quel modo di intendere l’accudimento dei bambini che rigettò così vigorosamente. Difende costantemente la flessibilità e l'accettazione. Sottolinea ripetutamente i pericoli intrinseci nel reprimere le emozioni. PARTE Ill: FONTI DI AZIONE E DI PENSIERO Come Darwin, B. durante la gioventù amò molto gli sport all’aria aperta, la campagna e le esplorazioni; la sua brillante intelligenza non si manifestò precocemente. Darwin e B. erano entrambi figli di un padre forte e medico di successo; sembra che questi padri abbiano destato in loro uno spirito di ribellione temperato dalla cautela. Ambedue erano figli minori con fratelli e sorelle maggiori in gamba, che li mettevano in ombra. La madre di Darwin morì quando lui aveva 8 anni; quella di B. era lontana (almeno nella sua vita londinese) e tutta presa da se stessa. Ambedue sono vissuti in periodi di turbamenti sociali, ma con un senso della giustizia fortemente radicato. Avevano inoltre, nella migliore tradizione liberale, uno spiccato senso della responsabilità delle persone benestanti nei cfr dei meno fortunati. Ambedue credevano fermamente nel potere della ragione di gettare luce sia sul mondo della natura sia su quello sociale. B. ammirava l'apertura mentale di Darwin nel raccogliere il maggior numero di prove disponibili. Entrambi mostravano generosità verso i loro seguaci ed erano privi di rancore verso i loro detrattori. Si può concludere che le loro teorie hanno quella qualità di immediatezza e ovvietà che portano a dire: come mai nessuno ci ha pensato prima? In retrospettiva sembra evidente che le specie si siano evolute attraverso la selezione naturale e che le persone provino attaccamento le une per le altre e soffrano quando si separano! B. aveva davvero molto a cuore la sofferenza psichica dei bambini e durante tutta la sua vita si adoperò per cercare di prevenirla, rimuoverla o eliminarla. Ciò che ha reso famoso B. fu il concetto di deprivazione materna. Il contributo di B. e dei suoi contemporanei è stato quello di riabilitare il principio femminile, la madre assente che fino ad allora non compariva nel discorso sociale e psicoanalitico (infatti la principale preoccupazione di Freud era per i padri e i loro figli). In questo concetto di deprivazione materna è come se B. stesse simultaneamente rimproverando e idealizzando la propria madre negligente. 3 LA DEPRIVAZIONE MATERNA La psicoterapia può essere considerata come una branca della psichiatria sociale che usa metodi psicologici per invertire o mitigare gli effetti dannosi del fallimento ambientale. Ciò solleva immediatamente due domande: 1) Dato che il danno è già fatto, come può il semplice parlare annullare sofferenze passate? 2) Dato che molte persone sopravvivono a infanzie infelici senza sviluppare disturbi di tipo psichiatrico, è giusto da parte dei terapeuti attribuire difficoltà a traumi passati? La risposta ad ambedue le domande, in breve, risiede nel fatto che i fallimenti ambientali non sono puramente impressi su un organismo passivo, ma sono esperiti e riempiti di significato dall’individuo che ne soffre. La psicoterapia si occupa del modo in cui lo stress è mediato psicologicamente (perché una certa persona soccombe mentre un’altra sopravvive) e (alterando la comprensione psicologica e l'attribuzione di significati) del cambiamento non dei fatti storici, ma del loro contesto e del loro significato. “CHILD CARE AND THE GROWTH OF MATERNAL LOVE” è il titolo dell’edizione popolare del lavoro pubblicato da B. dove vengono enfatizzate le difficoltà psicologiche invece che economiche, nutrizionali, mediche, logistiche, come radice dell’infelicità sociale. Le prove sulle quali il libro si basa includono gli studi personali di B. sui delinquenti minorenni, la comparazione fra bambini cresciuti in istituti e quelli cresciuti in famiglie adottive e i resoconti di Anna Freud dal loro nido residenziale. Tutti questi studi confermano con forza la visione per cui i bambini deprivati delle cure materne, specialmente se cresciuti in istituti da un’età inferiore ai 7 anni, possono essere seriamente colpiti nel loro sviluppo fisico, intellettuale, emozionale e sociale. | bambini educati negli istituti crescono meno bene e hanno dei ritardi nell’acquisizione del linguaggio, e quando sono più grandi danno prova di una ridotta capacità di creare relazioni stabili; spesso tendono a essere superficialmente amichevoli, ma promiscui nelle loro relazioni. B. asserisce che la separazione prolungata di un bambino dalla propria madre (o sostituto materno) durante i primi 5 anni di vita emerge come la causa più importante dello sviluppo di un carattere delinquenziale. Vale la pena ricordare che B. stava traendo conclusioni molto generali che basava però su studi che avevano spesso esaminato solo un numero relativamente piccolo di delinquenti minorenni. Cure domiciliari contro cure istituzionali B. prosegue contrapponendo la qualità della vita all’interno di una famiglia con quella in un istituto. Oggi si dà per scontato, come è sancito nella Carta del bambino del 1989, che la cura individuale in una casa adottiva è preferibile alla cura di gruppo in orfanotrofi e che “case cattive sono migliori di buone istituzioni”. Necessità di professionalizzare la cura del bambino B. dà la massima importanza alla necessità di professionalizzare tutti coloro che lavorano a contatto con i bambini, compresi gli operatori degli asili nido e degli asili infantili, le madri adottive e tutti coloro che si occupano dei bambini. Questi operatori devono essere specializzati nel capire i bisogni imperiosi di un bambino deprivato. Devono anche essere capaci di aiutare a turno i genitori nel riconoscimento dei loro sentimenti ambivalenti e di quelli dei loro figli. Circoli si e circoli virtuosi Un’idea fondamentale che emerge in Child Care and the growth of maternal love è quella dei cicli di deprivazione: “il bambino trascurato e psicopatico crescendo diventerà un genitore trascurante e psicopatico..un circuito sociale che si autoperpetua”. B. sostiene che con una concentrazione di sforzi sociali, economici e psicologici, la società potrebbe invertire questi circoli viziosi, cosicchè si possa in due o tre generazioni, rendere possibile a tutti i ragazzi e a tutte le ragazze crescere e diventare uomini e donne che, garantiti nella salute e nella sicurezza, siano capaci di fornire ai loro figli una vita stabile e felice. Principi psicoanalitici Uno dei tratti più notevoli di Child Care and the Growth of maternal Love è il modo in cui in esso vengono presentati i principi psicoanalitici in forma sempplice e accessibile. Il lavoro è pervaso dalla fede che sia sempre meglio dire la verità, per quanto essa possa risultare dolorosa, invece di sopprimerla, e che cercare di dare un colpo di spugna sul passato è fuorviante e in ogni caso impossibile. B. credeva che i bambini dovessero essere incoraggiati a esprimere le loro emozioni ambivalenti riguardo ai genitori. Spesso i bambini si ritengono responsabili delle calamità che colpiscono loro e le loro famiglie, e bisogna che gli operatori dell'infanzia siano consapevoli di ciò. In una notevole citazione, tratta dal suo collega psicoanalista Winnicott, si mette in particolare evidenza il fatto che ogni bambino ha diritto a un'esperienza primaria di casa: senza qualcuno specificatamente dedito ai suoi bisogni, il bambino non può trovare una relazione efficace con la realtà esterna. La tragedia della “cura comunitaria” contemporanea è che, se da una parte è stato compreso il bisogno di evitare gli aspetti negativi dell'istituzione, si elude ancora la comprensione dell'esperienza primaria della casa. Lo sdegno di Bowlby Forse il più importante filo conduttore nell'opera di B. è il suo dolore e sdegno davanti alla separazione non necessaria dei bambini dai loro genitori. LA CRITICA FEMMINISTA La critica femminista ha messo in discussione la logica dell’assunto implicito in B. che, dal momento che le madri assenti producono figli disturbati, madri sempre presenti produrranno bambini felici. Le femministe hanno a loro volta finito per non riuscire ad apprezzare l’importanza che B. ha attribuito al ruolo della madre nello sviluppo emozionale del proprio bambino, sia come fatto scientifico sia come principio sociale ed etico. La difesa di B. dell'importanza vitale delle madri nella cura dei bambini e l’implicazione dei suoi studi secondo cui dovrebbero essere disponibili buoni servizi per la cura diurna del bambino nel caso che le madri vogliano o debbano lavorare, istituiti in modo tale che i bambini possano avere relazioni individuali e continue con gli operatori, dovrebbero essere visti come un passo avanti verso la liberazione delle donne. Questo dibattito ha condotto alle ricerche empiriche sugli effetti dell'asilo sullo sviluppo sociale ed emotivo del bambino. Belsky ha suggerito che precoci ed estese cure non materne potrebbero accrescere il rischio di difficoltà comportamentali e di un insicuro attaccamento nel bambino. Uno studio dell’NICHD ha mostrato che è la qualità della cura (che sia materna o non materna) a giocare un ruolo cruciale nel determiname i risultati, e ha sottolineato alcuni degli effetti positivi della cura non materna. Tuttavia, continuano ad esserci delle prove del fatto che cure precoci non materne aumentano la possibilità di problemi comportamentali e relazionali in età prescolare e nei primi anni di scuola. Soprattutto, la qualità dell’opera genitoriale gioca un ruolo anche nel mediare la relazione tra tempo trascorso con cure non materne e attaccamento insicuro: una scarsa qualità di cure genitoriali combinata con lunghi periodi di cure non materne fa presagire disturbi per il bambino. LA RIVALUTAZIONE DELLA DEPRIVAZIONE MATERNA B. aveva affermato che la deprivazione materna produce danni fisici, intellettuali, comportamentali ed emotivi. Egli aveva anche argomentato che anche brevi separazioni dalla madre nei primi 5 anni di vita hanno effetti di lunga durata, e in generale che questi problemi si perpetuano in un circolo vizioso dato che questi stessi bambini diventeranno genitori. Rutter ha esaminato questi argomenti. Sulla questione dello svantaggio intellettuale e psichico in relazione agli effetti di una breve separazione, sembra che B. avesse solo parzialmente ragione. Se da una parte è vero che i bambini cresciuti negli istituti sono spesso svantaggiati intellettualmente, ciò avviene soprattutto per l’intelligenza verbale e non per quella relativa alle performance: questa è una conseguenza dell’’ambiente verbale” del bambino e non una mancanza di per sé dei genitori. | bambini allevati in famiglie numerose hanno gli stessi svantaggi. È la mancanza di una stimolazione verbale che costituisce il problema per il bambino deprivato, non la mancanza di madre. L’angoscia da separazione probabilmente è anche meno dannosa e più complessa di quanto B. non la vedesse in un primo momento. Il modo in cui il bambino viene preparato alla separazione e la cura da parte di persone conosciute riduce l’angoscia. Gli effetti della separazione dipendono dalla relazione madre- conclude B. dobbiamo postulare un sistema di attaccamento non collegato al nutrimento che acquista un solido senso evoluzionistico e di sviluppo. Lo scopo dell’attaccamento non è la riduzione del bisogno fisiologico, ma l'aumento della capacità evolutiva di adattamento da parte di coloro che lo possiedono, che in tal modo sono protetti dai predatori e accrescono le loro competenza interpersonali. B. considera il comportamento umano in termini di teoria del controllo, il cui obiettivo è il mantenimento dell’omeostasi, ossia la stabilità fisiologica e psicologica. L’attaccamento sicuro fornisce un anello esterno di protezione psicofisiologica che mantiene il metabolismo del bambino in una condizione stabile. La reazione del mondo analitico alle idee di B. fu sfavorevole. | kleniani considerarono che egli avesse tradito i principi analitici contaminando la psicoanalisi con il comportamentismo; Anna Freud non potè certo fare a meno di notare che il complesso edipico e la sessualità infantile, che per loro erano le chiavi di volta dell’edificio psicoanalitico, non avevano praticamente alcun ruolo negli scritti di B. CHE COS'E’ LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO La teoria dell’attaccamento è, nella sua essenza, una teoria spaziale, sia letteralmente sia metaforicamente: quando sono vicino a chi amo mi sento bene, quando sono lontano sono ansioso, triste e solo. Definizioni - STILE DI ATTACCAMENTO si riferisce allo stato e alla qualità degli attaccamenti di un individuo che possono essere classificati come attaccamenti sicuri e insicuri, e questi ultimi possono essere ulteriormente suddivisi in evitanti, ambivalenti e disorganizzati. “attaccamento” comporta sfumature sia esperienziali sia teoriche. Sentire l'attaccamento vuol dire sentirsi sicuri e protetti; per contrasto una persona con un attaccamento insicuro può avere una miscela di emozioni verso le proprie figure di attaccamento. - COMPORTAMENTO DI ATTACCAMENTO = ogni forma di comportamento che appare in una persona che riesce a ottenere o a mantenere la vicinanza a qualche altro individuo differenziato o preferito. Il comportamento di attaccamento è innescato dalla separazione e viene eliminato o mitigato per mezzo della vicinanza. - . MODELLO OPERATIVO INTERNO DI ATTACCAMENTO: sia lo stile di attaccamento sia il comportamento di attaccamento si basano su tale modello che implica una copia del mondo in cui vengono rappresentati il sé, gli altri significativi e le loro interrelazioni e che codifica il particolare pattern di attaccamento mostrato da un individuo. Weiss utilmente definisce l'attaccamento nei termini di 3 caratteristiche chiave: 1) RICERCA DI VICINANZA A UNA FIGURA PREFERITA Di importanza centrale per la teoria dell’attaccamento è la nozione che l'attaccamento è riferito a una figura discriminata (o a un piccolo gruppo di figure). Il fatto che l'attaccamento sia, per dirla alla B., “monotropico” (cioè che avvenga con una singola figura, per lo più la madre) ha implicazioni profonde per lo sviluppo psicologico e psicopatologico lungo il ciclo della vita. Il monotropismo non è tuttavia in alcun modo assoluto; gli attaccamenti di un bambino piccolo possono essere meglio pensati come una gerarchia: solitamente, ma non necessariamente, con la madre al vertice, seguita da vicino da padre, nonni, fratellini, zii, chi se ne prende cura e così via. Gli oggetti inanimati sono anch’essi importanti come consolatori e lenitori di angoscia da attaccamento. La teoria dell’attaccamento accetta il primato che viene dato solitamente alla madre come principale fonte di cure, ma non c'è nulla nella teoria che suggerisca che i padri non possano ugualmente diventare principali figure di attaccamento. Il bambino che cresce deve imparare, dolorosamente, che la figura a cui egli è attaccato non è un suo possesso esclusivo e di tanto in tanto non sarà disponibile. Per B. il dilemma umano verte sull'importanza centrale di un attaccamento che non può essere mai completamente affidabile, deve forzatamente essere condiviso e con il passare del tempo verrà perduto. La capacità di separarsi dalle figure di attaccamento e di formare nuovi attaccamenti rappresenta la sfida evolutiva dell’adolescenza e dei primi anni dell’età adulta. 2) L'EFFETTO BASE SICURA Mary Ainsworth, cofondatrice della teoria dell’attaccamento, fu la prima a usare l’espressione “base sicura” per descrivere il ruolo di chi fornisce attaccamento. L'essenza della base sicura è il senso di sicurezza che costituisce un trampolino per la curiosità e l'esplorazione. Possiamo affrontare mari pericolosi se abbiamo la certezza di un porto sicuro. 3) PROTESTA PER LA SEPARAZIONE La prova migliore della presenza di un legame di attaccamento è l'osservazione della reazione alla separazione. Osservare, teorizzare e classificare la protesta per la separazione furono i punti di partenza di Ainsworth quando concepì la sua Strange Situation, lo strumento fondamentale usato per classificare la qualità dell’attaccamento nei bambini. Una caratteristica notevole dei legami di attaccamento è la loro resistenza. LO SVILUPPO DEL SISTEMA DI ATTACCAMENTO Soltanto dopo i 6 mesi il bambino comincia a esibire pienamente la triade sopradescritta di ricerca di vicinanza, affetto base sicura e protesta per la separazione. L’ontogenesi del sistema di attaccamento può essere utilmente suddivisa in 3 fasi: FASE 1: 0-6 MESI ORIENTAMENTO E PATTERN DI RICONOSCIMENTO | lattanti riconoscono e si voltano verso il profumo del latte delle loro madri entro 48 ore dalla nascita. | neonati reagiscono intensamente al contatto umano e imitano i movimenti facciali. Di importanza centrale in questo processo è la vista del volto umano che evoca intenso interesse. L'attivazione della risposta del sorriso verso la quarta settimana segna l’inizio dei cicli di interazione benevola che caratterizzano la relazione tra il bambino e chi si occupa di lui. Il sorriso del bambino evoca un sorriso di rispecchiamento nella madre; quanto più lei risponde al sorriso tanto più il bambino continua a sorridere e così via. La sensibilità materna e l’appropriata responsività sono un elemento chiave determinante della qualità dell’attaccamento via via che lo sviluppo procede. Nella seconda metà dei primi 6 mesi gli inizi di una relazione di attaccamento cominciano a diventare evidenti. Il bambino diventa molto più discriminante nel suo guardare. Egli ascolta e reagisce alla voce di sua madre; piange quando lei se ne va; la saluta in modo diverso da tutti gli altri e comincia a tendere le braccia verso di lei nella richiesta di essere preso in braccio. Si stabilisce una matrice interattiva, sentita come un reciproco conoscersi l’un l’altro che è il perno centrale di una relazione madre-bambino sicura. FASE 2: 6 MESI-3 ANNI ATTACCAMENTO “SET-GOAL” Nella seconda metà del primo anno avvengono parecchi cambiamenti evolutivi che denotano l'attivazione del vero e proprio attaccamento. Verso i 7 mesi il bambino comincerà a mostrare l’ansia per l’estraneo, facendosi silenzioso e aggrappandosi alla madre in presenza di una persona sconosciuta. B. si raffigura il sistema di attaccamento in questa fase come basato su set-goals, che egli paragona alla regolazione di un termostato, mantenuto da un sistema di ctr a feedback. Il set-goal per il bambino è mantenersi “abbastanza vicino” alla madre: usarla come una base sicura per le esplorazioni quando la minaccia ambientale è al minimo, ed esibire proteste per la separazione o segnali di pericolo quando ce n’è bisogno. In questa fase, dunque: il comportamento di attaccamento è una relazione reciproca; i sistemi di attaccamento genitore- bambino possono essere visti nei termini di un regolamento della distanza continuamente controllato, con molte possibilità di varianti problematiche; il sistema di attaccamento è inerente al “modello operativo interno” che rappresenta la collocazione relativa del sé e della figura di attaccamento (e di cui parleremo più avanti). FASE 3: DAI 3 ANNI IN POI LA FORMAZIONE DI UNA RELAZIONE RECIPROCA Con l'avvento del linguaggio e l’espandersi della raffinatezza psicologica del bambino, dai 3-4 anni, sorge un pattern molto più complesso. Il bambino può ora cominciare a pensare ai genitori come persone separate con propri scopi e progetti, ed escogitare modi per influenzarli. A questo punto la teoria dell’attaccamento si fonde con una teoria generale sulle relazioni (0 “legami affettivi” come a B. piace chiamarli) e su come esse vengono mantenute, controllate e possono diventare problematiche. MODELLI OPERATIVI INTERNI Un concetto bowlbiano chiave è quello di “modello operativo interno”. Questo è il modo di B. per descrivere il mondo interno degli psicoanalisti, ma espresso in termini tipicamente pratici. L'idea di modelli operativi interni, sebbene sia derivata dalla prospettiva psicoanalitica, è forse più vicina a quella della terapia cognitivista: il bambino in fase di sviluppo forma modelli rappresentazionali relativamente fissi, che usa per predire il mondo e mettersi con esso in relazioni in cui ritrova se stesso. Un bambino con un attaccamento sicuro immagazzinerà un modello operativo interno di una persona che si prende cura di lui sensibile, amorosa, affidabile e di un sé che è meritevole di amore e di attenzione, e porterà questi assunti a influire su tutte le altre relazioni. AI contrario, un bambino dall’attaccamento insicuro può vedere il mondo come un posto pericoloso nel quale le altre persone devono essere trattate con grande precauzione e si considererà come incapace e non meritevole di amore. Questi assunti sono relativamente stabili e duraturi, persistenti e relativamente insensibili all'esperienza successiva. B. desiderava rimodellare la terapia psicoanalitica nei termini di un approccio sistemico in cui i circuiti di feedback sono un elemento chiave. Essi sottostanno alla stabilità “epigenetica” dei fenomeni psicologici. Questi sono i circoli virtuosi dello sviluppo sano e i circoli viziosi della psicopatologia in cui assunti negativi sul sé e sugli altri diventano profezie che si auto avverano. LE STRATEGIE DELL’ATTACCAMENTO INSICURO L’attaccamento viene classificato in una o l’altra di due tipologie principali: sicuro e insicuro. Il secondo è ulteriormente suddiviso in tre varianti: evitante, ambivalente e disorganizzato. B. usa la nozione di modelli operativi interni per descrivere questi differenti pattern di attaccamento che sono stati stabiliti dalla ricerca di Mary Ainsworth (Strange Situation). L’attaccamento sicuro si manifesta in un pattern di attaccamento primario caratterizzato da una sana protesta per la separazione seguita da una rilassata, spesso collaborativa, esplorazione. Nell’attaccamento evitante il bambino cerca di minimizzare i suoi bisogni di attaccamento allo scopo di prevenire il rifiuto, rimanendo allo stesso tempo in un contatto sufficiente con l'agente delle cure per un minimo di sicurezza. La strategia ambivalente, al contrario, comporta l’aggrapparsi alla figura di accadimento spesso con una sottomissione eccessiva. Evitamento e ambivalenza sono descritti come forme “organizzate” di attaccamento insicuro, dal momento che una relazione funzionale con chi presta le cure viene mantenuta. Il terzo tipo di attaccamento insicuro , “insicuro disorganizzato”, è meno comune dei primi due, ma è associato a una patologia molto più grave. Qui, quando si trova di fronte a una figura di accadimento “spaventata o spaventosa” il bambino fa affidamento su strategie “autistiche” per rassicurarsi. | bambini disorganizzati, via via che crescono, possono optare per una “inversione dei ruoli” in cui ci si prende cura di chi presta le cure piuttosto che viceversa, così da ottenere un certo grado di contatto e connessione. B. chiama “esclusione difensiva” l'eliminazione della coscienza di sentimenti negativi come paura e angoscia a vantaggio di un bene maggiore, ossia un certo grado di sicurezza. In tutti e tre i casi di attaccamento insicuro, i sentimenti di rabbia per il rifiuto e di paura dell’abbandono sono evidentemente soggetti all'esclusione difensiva. Sebbene queste strategie abbiano la fx di mantenere l'attaccamento davanti alle difficoltà, un prezzo va pagato. | pattern di attaccamento che si stabiliscono in tal modo sono chiaramente restrittivi e spingono verso un cattivo adattamento dal momento che inibiscono l'esplorazione e la sincera espressione delle emozioni. L'esclusione difensiva implica inoltre che i modelli non possano essere aggiornati alla luce di nuove esperienze. Così lo svantaggio dell'esclusione difensiva consiste nel privare il bambino di opportunità per l'elaborazione emotiva di affetti dolorosi (come nel caso del lutto patologico). L'ATTACCAMENTO NELLA VITA ADULTA È attraverso i modelli operativi interni che i pattern di attaccamento dell’infanzia sono trasposti nella vita adulta e vengono trasmessi alla nuova generazione. L’attaccamento e la dipendenza, sebbene non più evidenti allo stesso modo che nei bambini piccoli, rimangono attivi lungo tutto il ciclo vitale. Dal punto di vista dell’attaccamento, la dipendenza non viene superata, ma trasformata da pattern puerili e infantili in dipendenza matura, e rimane un “regolatore nascosto”, disponibile in caso di stress o angoscia. La turbolenza dell'adolescenza può essere vista in termini bowlbiani come generata dalla complessità del distacco e del nuovo attaccamento che l'adolescente deve portare a termine. Svincolarsi dagli attaccamenti genitoriali, tollerare il lutto di questa perdita, proseguire attraverso la fase transazionale dell’attaccamento differenze nel gestire lo stress da separazione. Furono identificati 3 principali pattern di risposta che più tardi divennero 4: 1) ATTACCAMENTO SICURO (B): questi bambini sono in genere angosciati della separazione. Al momento della riunione salutano il loro genitore, a volte con rabbia, ricevono il conforto, la distrazione e le rassicurazioni appropriati, poi tornano a giocare felici e contenti. 2) INSICURO-EVITANTE (A): i bambini mostrano pochi segni aperti di angoscia per la separazione e tendono a ignorare la madre al momento della riunione, soprattutto nella seconda occasione quando presumibilmente lo stress è maggiore; rimangono guardinghi nei cfr della madre e inibiti nel gioco. Possono essere descritti come ipoattivi. 3) INSICURO-AMBIVALENTE (C): sono individui fortemente angosciati dalla separazione che non possono essere facilmente pacificati al momento della riunione; cercano il contatto, ma poi resistono scalciando, scappando, strapazzando e buttando via giocattoli che vengono loro offerti; continuano ad alternare stati di rabbia e momenti in cui si aggrappano alla madre, mentre il loro gioco esplorativo è inibito. Possono essere considerati iperattivi. 4) INSICURO-DISORGANIZZATO (D): inizialmente non classificabili negli altri due insicuri, poi nel 1990 Main e Salomon vi hanno incluso bambini con comportamenti confusi e disorientanti, come il restare paralizzati, dissociati o con movimenti stereotipati come dondolare avanti e indietro. LE RADICI DELL’ATTACCAMENTO SICURO E DI QUELLO INSICURO B. e i suoi immediati successori consideravano lo sviluppo della personalità essenzialmente in termini di influenza ambientale: /e relazioni determinano le relazioni. Ci sono prove schiaccianti del fatto che differenti pattern di attaccamento sono il risultato di differenti pattern di interazione, piuttosto che essere il riflesso del temperamento del bambino (infatti bambini con temperamenti molto diversi possono sviluppare tutti un attaccamento sicuro). Ainsworth scoprì che lo stato dell’attaccamento all’età di un anno era in forte correlazione con la relazione con la madre nei 12 mesi precedenti. Studi prospettici dimostrarono che le madri dei bambini di un anno con un attaccamento sicuro sono sensibili verso i loro bambini, che le madri di bambini con un attaccamento evitante tendono ad essere non sensibili e che le madri di bambini con attaccamento ambivalente sono sensibili in modo non costante. La chiave dell’attaccamento sicuro è un'interazione attiva e reciproca e sembra che sia la qualità dell'interazione più che la quantità a essere importante: una scoperta che contraddice il punto di vista precedente di B. sulle cause della deprivazione materna. Il solo contatto passivo non promuove necessariamente l'attaccamento. Brazelton e Cramer suddividono le componenti dei pattern di interazione madre-bambino nell’attaccamento sicuro in 4 caratteristiche: - Sincronia= sintonia temporale; - Simmetria = armonizzazione delle azioni; - Contingenza = darsi reciprocamente il segnale d'inizio; - Trascinamento = catturare le risposte l’uno dell’altro in una sequenza di atti Sulla base di ciò cominciano a emergere il gioco e la successiva autonomia infantile. Se la valutazione della Strange Situation è specificatamente pensata per i bambini di 12-18 mesi, la procedura della “faccia immobile” coglie il ciclo di rottura-riparazione in bambini molto più piccoli. Bambini di 4 mesi si trovano per 1 minuto di fronte a una madre a cui è stato proibito di sorridere, di prendere in braccio il figlio o rispondergli. L'esperimento della faccia immobile predice le successive classificazioni della Strange Situation. | bambini con attaccamento sicuro sono in grado di tollerare brevi periodi di “rottura” meglio di quelli con attaccamento insicuro. Sono più capaci di “riparare” la rottura e riprendere una piacevole interazione con il genitore. | bambini destinati a essere successivamente classificati con attaccamento insicuro mostrano disappunto. ‘a reciproca. LA STRANGE SITUATION COME STRUMENTO DI PREDIZIONE DELL’ADATTAMENTO SOCIALE Dopo il lavoro di Ainsworth furono pubblicati diversi studi che indicavano che con maggiori livelli di instabilità nel contesto di cura è più probabile che i bambini abbiano un attaccamento insicuro, e che l’organizzazione del loro attaccamento passi da sicura a insicura in condizioni di stress o di sconvolgimenti ‘ambientali. Vari studi dimostrano che i pattern di comportamento definiti nella Strange Situation a un anno si protraggono nell’infanzia e oltre. Sroufe considera i bambini classificati come sicuri capaci di un maggiore controllo dell’io e di resilienza dell'io rispetto a quelli insicuri. Si può riassumere la prospettiva di Sroufe nella massima “le relazioni determinano le relazioni”. In base agli studi sull’attaccamento, la salute psichica non è una proprietà intrinseca dell'individuo. Deriva dalla matrice genitore-figlio e si manifesta, rafforzata o minata, nelle successive e presenti relazioni. ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO Se B. e Ainsworth possono essere considerati il padre e la madre fondatori della teoria dell’attaccamento, la sua prima figlia è senza dubbio Mary Main, la quale l’ha rivoluzionato in due maniere. In primo luogo, con la formulazione della Adult Attachment Interview ha esteso la ricerca di Ainsworth sull’attaccamento madre- bambino allo studio dell’attaccamento in età adulta. In secondo luogo, ha delineato, come già detto sopra, una quarta categoria di attaccamento, quello insicuro-disorganizzato. La teoria di Main dell’attaccamento disorganizzato suggerisce che coloro che si prendono cura di bambini disorganizzati in relazione all’attaccamento sono o spaventati da o spaventosi peri loro bambini. Pertanto questi ultimi affrontano un insolubile paradosso , per il quale l'agente delle cure è insieme la fonte e la soluzione del suo allarme. L’attaccamento disorganizzato è predetto da antecedenti ambientali (comprese la qualità della relazione e la storia del maltrattamento) ed è predittivo di una serie di problemi comportamentali e di psicopatologie che si manifesteranno nell’infanzia e nell'adolescenza. Lyons-Ruth è tra coloro che hanno maggiormente contribuito alla comprensione della teoria dell’attaccamento disorganizzato, collegando la disorganizzazione infantile alla psicopatologia genitoriale, al rischio sociale e alla comunicazione disturbata tra madre e bambino. PER RIASSUMERE SIN QUI | pattern relazionali stabiliti nel primo anno di vita continuano ad avere una potente influenza sul successivo comportamento del bambino, sull’adattamento sociale, sull'idea di sé e sulle capacità autobiografiche. Questi effetti durano fino all'adolescenza e all’inizio dell’età adulta. Le relazioni madre- bambino caratterizzate da un holding sicuro (sia fisico sia emotivo) e dalla capacità della madre di reagire in modo sensibile e sintonico sono associate a bambini a loro volta sicuri, che possono tollerare e superare il dolore della separazione e che hanno capacità autoriflessiva. Questi risultati danno indubbiamente sostegno al punto di vista secondo il quale i primi anni di vita hanno un ruolo cruciale nella formazione del carattere e dimostrano la continuità tra il sé del bambino nella fase preverbale e il sé sociale come lo concepiamo comunemente. Ma dobbiamo segnalare una serie di importanti specificazioni. Primo, dato che la relazione genitore-bambino opera in modo continuo con il procedere dello sviluppo, ciò che noi vediamo non è tanto il risultato di qualche evento primario irreversibile, quanto una relazione in fieri con una stabilità epigenetica. | pattern di attaccamento non sono immutabili e possono muoversi in direzioni positive o meno a seconda dell'impatto di eventi ambientali traumatici o favorevoli. Secondo, se le condizioni di vita della madre cambiano, allora può cambiare lo stato di attaccamento del bambino. Il corredo genetico del bambino influisce sulla misura in cui il bambino è suscettibile all'influenza ambientale. Tuttavia è il genitore il fattore determinante. LA “ADULT ATTACHMENT INTERVIEW” Il secondo grande contributo di Main a questo campo di studi è stata la Adult Attachment Interview (AAI), che fu messa a punto inizialmente come strumento specifico per valutare i modelli operativi o il mondo interno del genitore in relazione all’attaccamento, servendosi di una classificazione simile a quella della Strange Situation. In seguito il suo uso è stato esteso alla valutazione degli stati mentali dell’attaccamento negli adolescenti e negli adulti. L’AAI è un'intervista semistrutturata condotta secondo le linee di una valutazione psicoterapeutica mirante a sorprendere l’inconscio rivelandone i profili interni. AI soggetto si chiede di scegliere 5 aggettivi che descrivano nel modo migliore la sua relazione con ciascuno dei genitori durante l’infanzia e di illustrarli con ricordi specifici; gli viene chiesto inoltre di dire quello che faceva durante l’infanzia quando era turbato; a quale genitore si sentisse più vicino e perché; se si sentisse rifiutato o minacciato dai propri genitori; perché pensa che i suoi genitori si siano comportati proprio così (domanda importante rispetto alla capacità di mentalizzazione); come è cambiata, con il tempo, la relazione con i propri genitori; e quanto le sue esperienze precoci possano aver influenzato il suo modo di funzionare attuale. Le interviste vengono registrate e classificate secondo 8 parametri: relazione d'amore con la madre; relazione d’amore con il padre; inversione di ruolo con il genitore; qualità del ricordare; rabbia verso i genitori; idealizzazione delle relazioni; svalutazione delle relazioni; coerenza della narrazione. Un aspetto cruciale della classificazione dell’AAI è che le categorie sono assegnate in base non tanto al contenuto quanto al processo dell'intervista. La chiave è lo stile narrativo dell’intervistato, non i dettagli specifici delle sue esperienze, positive o traumatiche che siano. Lo “stato della mente nei riguardi dell’attaccamento” degli intervistati a questo punto può essere assegnato, in maniera affidabile, a una di queste 4 categorie, ciascuna paragonabile con una di quelle della Strange Situation: - AUTONOMO-SICURO: fornisce un resoconto di infanzia sicuro descritta in modo aperto, lineare e coerente; anche se c’è stato dolore è stato superato; - ABBANDONANTE-DISTACCATO: racconti incompleti e brevi; pochi ricordi e idealizzanti; - . PREOCCUPATO-IRRISOLTO: racconti incoerenti e caotici; ancora coinvolti in conflitti irrisolti; - IRRISOLTO-DISORGANIZZATO: salti logici e lacune; racconti traumatici (abusi); vissuti emotivamente irrisolti. La delineazione di queste categorie di attaccamento dell’adulto ha consentito a Main di esaminare relazioni tra la classificazione dell’attaccamento dei genitori e quelle dei loro figli. Non sorprende che ci siano alti tassi di corrispondenza. Più impressionanti sono le scoperte di Fonagy e coll. Che hanno somministrato l’AAI a futuri genitori durante la gravidanza e hanno scoperto che i risultati predicevano lo stato di attaccamento del bambino nella Strange Situation a un anno con un’accuratezza del 70%. Ciò dà sostegno al punto di vista secondo il quale lo stato dell’attaccamento è una fx della relazione genitore-bambino, piuttosto che del temperamento del bambino. MENTALIZZAZIONE Una relazione di attaccamento sicura offre un contesto adeguato all'emergere di un sé riflessivo e di una teoria della mente. Mentalizzare significa essere in grado di vedere gli altri come dotati di pensieri, sentimenti, desideri e progetti propri. Inoltre, tale capacità include la consapevolezza che la propria prospettiva sul mondo, specialmente sul mondo interpersonale degli altri, è filtrata dalla mente ed è perciò inevitabilmente soggetta all'errore, richiede continuamente aggiornamenti e correzioni. La definizione- ombrello di Holmes di mentalizzazione è: /a capacità di vedere se stessi dall'esterno e gli altri dall'interno. La capacità dei genitori di attribuire un senso alle menti dei propri figli è un elemento cruciale della sensibilità materna e paterna. La mentalizzazione, così, fornisce un possibile meccanismo per la trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento. | genitori dotati di elevate capacità riflessive hanno più spesso figli sicuri e sono più sicuri nell’attaccamento. Mentalizzazione, funzione riflessiva, mind-mindedness e perspicacia fanno tutti riferimento alla specifica abilità dei genitori di rispondere ai propri figli non solo attraverso una comprensione passiva, ma anche in modo appropriato. Il concetto di “appropriatezza”implica due livelli di capacità da parte della figura di accudimento: primo, la capacità di “leggere” il proprio figlio, cioè di mentalizzare; secondo, la capacità di calibrare le proprie risposte alla luce di questa “lettura”. L'ATTACCAMENTO NEGLI ADULTI Ispirati dall'idea di B. che le relazioni d'amore tra gli adulti siano modellate dalle dinamiche di attaccamento, Hazan e Shaver hanno deciso di verificare se le categorie di attaccamento sicuro e insicuro di Ainsworth fossero applicabili all’attaccamento romantico negli adulti. Usando una metodologia autodescrittiva, essi hanno osservato che le esperienze nelle relazioni romantiche seguivano la classificazione sicuro/evitante/ansioso-ambivalente descritta da Ainsworth. Nel loro primo studio chiedevano ai soggetti di scegliere fra tre descrizioni prototipiche del modo in cui si sentivano nelle relazioni: agio nella vicinanza (sicuro); preferenza per la distanza (evitante); desiderio di maggiore vicinanza (ambivalente). Kim Bartholomew propone di incrociare due dimensioni: ansia ed evitamento. In base a questo approccio, quindi, le persone evitanti venivano divise in due tipologie in base al grado di ansia: definisce, dunque, i soggetti altamente evitanti e altamente ansiosi come timorosi. Nel pattern evitante distanziante, caratterizzato da un livello elevato di evitamento, ma basso d'ansia, l'atteggiamento difensivo dei soggetti opera in modo più efficace, rendendendoli meno problematici rispetto ai loro corrispettivi evitanti timorosi. In seguito a numerosi studi, si è andato delineando il “paradosso della dipendenza”: più Come B., W. vede i semi della patologia nei fallimenti dell’holding ambientale. Le separazioni possono formare il nucleo di una successiva delinquenza. Per B. però il fenomeno del rubare è fondamentalmente sociale e può essere spiegato dalle vite lacerate e dalle separazioni dalle madri avvenute nelle infanzie dei ladri. W. mira alla comprensione del simbolismo dell'atto stesso del rubare. B. cerca la spiegazione; W cerca il significato. Entrambi insistono nell’opporsi alla nozione secondo cui i bambini possono venire viziati da troppo amore. W. visualizza “due madri” nei primi mesi di vita. La prima protegge il bambino dalle violazioni esterne e si comporta come un “lo ausiliario”che gli rende gradualmente possibile la costruzione di un proprio lo autonomo. Egli la chiama “madre-ambiente” che offre affetto e coesistenza sensuale. All’interno dell'atmosfera creata dalla madre-ambiente il bambino si relaziona con la madre-oggetto che può essere succhiata, morsa, amata e odiata. Il modo in cui lei risponderà avrà conseguenze a lunghissimo termine: un’eccessiva intrusività può essere, in modo seduttivo, traumatica come l’incuria e ambedue possono portare a mosse difensive come l’autocontenimento, la disintegrazione e lo sviluppo di un falso sé. Anche per B. ci sono due madri. La prima, colei che provvede alla base sicura, è equivalente alla madre- ‘ambiente di W.. La seconda madre è la compagna con la quale il bambino, una volta edificata la base sicura, si impegna in giochi esplorativi. Questa “madre-compagna” è diversa dalla madre-oggetto di W., con la quale il bambino si impegna in un gioco orgiastico. | diversi linguaggi di W. e B. riflettono i differenti luoghi messi a fuoco dal loro pensiero. Per i bowlbiani il gioco e l'esplorazione del bambino avvengono “là fuori” nel mondo, mentre il bambino di W. si occupa di esplorazioni interne, del mondo dell’immaginazione “qua dentro”. BOWLBY E KOHUT K. ha basato la sua psicologia del sé descrivendo “bisogni di oggetto sé” che continuano dall'infanzia per tutta la vita e comprendono il desiderio e la rappresentazione da parte dell’individuo di risposte empatiche da parte dei genitori, degli amici, degli amanti, dei coniugi, dei terapeuti. La capacità di dare risposte empatiche porta nell'esistenza di una persona un senso di vitalità e di significato, di sicurezza e di autostima. La mancanza di ciò conduce a disturbi narcisistici della personalità caratterizzati dalla ricerca disperata di “oggetti sé”: per es. l’idealizzazione del terapeuta o lo sviluppo di un transfert erotico. La triade di van Vleet, derivata dall’attaccamento, di disponibilità, gentilezza non controllante e incoraggiamento, esemplifica il modello di K. Del contributo positivo che i terapeuti possono apportare ai loro pz (e si contrappone ai modelli psicoanalitici preoccupati solo della negatività). BOWLBY E GLI APPROCCI PSICOANALITICI CONTEMPORANEI I poli scientifico-esplicativo e semantico-ermeneutico del pensiero di Freud sono incarnati nella psicoterapia contemporanea da una parte dalla psicoanalisi kleiniana e lacaniana, dall'altra dalla terapia cognitiva. In questo paragrafo sarà dimostrato come la teoria dell’attaccamento può fornire un collegamento tra di esse. La terapia cognitiva di Beck e coll. opera fondamentalmente con cognizioni, invece che con le emozioni che sono la materia prima della psicoanalisi. Si basa sull'idea che siano le cognizioni a determinare le emozioni (non viceversa) e che, se le cognizioni errate che sottendono gli stati nevrotici possono venire portate alla luce e corrette, allora seguirà la salute psicologica. In questo modello ci sono forti eco della meta psicologia bowlbiana. Nella sua terapia analitica cognitiva (CAT), una modificazione della terapia cognitiva, Ry/e considera che le convinzioni centrali profonde hanno la loro origine nei pattern di attaccamento disturbati dell'infanzia e della primissima infanzia; successivamente sono perpetuati nelle relazioni adulte da un circolo vizioso di assunti negativi autoconfermantisi a proposito del sé e del mondo. Come nella terapia cognitivo- comportamentale, ma anche nella psicoanalisi relazionale, il modello terapeutico di Ryle richiede un atteggiamento molto più attivamente collaborativo da parte del terapeuta rispetto a quello della tradizionale terapia analitica. Il terapeuta dà dei compiti al pz e, inoltre, offre al pz una formulazione scritta del suo problema e delle sue dinamiche e una lettera di commiato quando la terapia, che è breve (circa 16 sedute), finisce. La CAT ha 3 importanti caratteristiche bowlbiane. Primo, il suo eclettismo teorico: Ryle sposa felicemente la scienza cognitiva alla psicoanalisi in un modello informazione-trasformazione molto simile al tentativo di B. di riscrivere i meccanismi di difesa della psicoanalisi in termini di teoria del ctr. Secondo, il terapeuta attivo di Ryle si cimenta in un’interazione cameratesca con il pz (proprio come la madre che fornisce la base sicura gioca attivamente con il suo bambino). Terzo, la CAT si concentra sul primario compito terapeutico di aiutare il pz a diventare autoriflessivo, ossia favorire la capacità di mentalizzazione. Fonagy e coll. hanno concepito un modello di terapia breve, la Dynamic Interpersonal Therapy (DIT) che condivide molte caratteristiche della CAT. Con la DIT, la buona madre riflette accuratamente gli stati d’animo e i desideri del suo bambino. Questo rispecchiamento viene successivamente interiorizzato come capacità autoriflessiva, man mano che il bambino viene a conoscenza dei suoi stati interni. Ciò a sua volta si manifesta, mentre lo sviluppo procede, nella capacità di verbalizzare questi stati e di raccontare una storia su se stessi. Essendo terapie brevi, la CAT e la DIT mettono in risalto e cercano di accelerare l'emergere della competenza autobiografica in modo deliberato, invece di supporre che verrà fuori spontaneamente via via che la terapia avanza. La ricerca sull’attaccamento fornisce un fondamento a tutto ciò in quanto sostiene che esiste un legame dimostrabile tra la capacità di raccontare la propria storia e lo sviluppo di relazioni sicure, che dal punto di vista dell’attaccamento è un obiettivo chiave della terapia. Riassumendo, la teoria dell’attaccamento ha mostrato che l’enfasi sulla narrazione e sull’ermeneutica nella psicoterapia contemporanea può essere certo giustificata sulla base della psicologia dello sviluppo. Le buone madri aiutano i loro bambini a trovare significati personali, i quali a loro volta sono la base e il segno di riconoscimento di un attaccamento sicuro. La terapia cognitiva, sebbene apparentemente si situi all'estremo opposto dell'approccio narrativo con la sua preoccupazione per le cognizioni del qui e ora, è anche, a suo modo, una storia del mondo interno. | suoi assunti di base non sono molto lontani dai modelli operativi interni di B. o dal mondo della rappresentazione della psicoanalisi. 8 TEORIA DELL’ATTACCAMENTO E PRATICA PSICOTERAPEUTICA Veniamo ora al nucleo del libro: un tentativo di descrivere il peculiare contributo della teoria dell’attaccamento alla teoria e alle tecniche della psicoterapia come pratica. Sono fin qui emersi due concetti collegati: - Idea dello stato nucleare in riferimento all’attaccamento: B. considera lo stato di attaccamento delle persone come una determinante fondamentale delle loro relazioni. | pattern degli attaccamenti nucleari avranno una potente influenza sul modo in cui un individuo considera il mondo e il proprio comportamento. Il concetto di difesa di B. è diverso da quello della psicoanalisi classica in quanto non è primariamente intrapsichico, ma interpersonale. L’attaccamento sicuro dà una positiva difesa primaria; le difese patologiche secondarie sono metodi per mantenere la vicinanza a figure di attaccamento rifiutanti o non affidabili. - Concetto di narrazione: lo stato nucleare di una persona è un condensato della storia delle sue relazioni primarie. La narrazione trasforma l’esperienza in una storia che tiene conto del tempo, è coerente e ha significato. Essa rende oggettiva l’esperienza cosicchè colui che soffre possa vederla per quello che è, trasformando in simboli verbali dei sentimenti primitivi. La narrazione dona alla persona il senso di appartenenza al proprio passato e alla propria vita. La psicoterapia contemporanea è caratterizzata da una miriade di differenti scuole e di modelli del processo terapeutico. La teoria dell’attaccamento non dovrebbe essere considerata come un’altra forma di di psicoterapia, ma piuttosto come un aiuto nella definizione di caratteristiche rilevanti per la psicoterapia in genere. Frank e i suoi seguaci, per es., propongono alcuni elementi chiave condivisi da tutte le psicoterapie: relazione con lo psicoterapeuta; spiegazione coerente delle difficoltà del pz; un metodo per superare i problemi. Adesso affronteremo 5 temi chiave che determinano lo stato nucleare di attaccamento dell'individuo, e a come la psicoterapia possa aiutare a creare attaccamenti sicuri al posto di attaccamenti insicuri. | temi sono: il bisogno e la natura di una base terapeutica sicura; il ruolo del trauma reale nell'origine della nevrosi (contrapposto alla fantasia); il metabolismo dei sentimenti (in particolare in caso di perdita e separazione); il ruolo della cognizione in psicoterapia; la parte giocata dall'interazione cameratesca tra terapeuta e pz. 1) L'ATTACCAMENTO E LA BASE SICURA IN PSICOTERAPIA Lo stabilirsi di una base sicura dipende dall’interazione tra chi chiede e chi dà aiuto. Il pz porta con sé in terapia tutti i fallimenti, i sospetti, le perdite che ha sperimentato nella propria vita. Le forme difensive dell’attaccamento insicuro entreranno in gioco nella relazione con il terapeuta. Ci sarà una lotta tra questi pattern abituali e l'abilità del terapeuta nel fornire una base sicura. Nella misura in cui ciò avviene il pz inizierà a costruire una base sicura interna, una capacità di gestire i propri problemi e di chiedere aiuto quando occorre. Il ruolo del terapeuta gradualmente si riduce finché non si raggiunge la fase conclusiva. Mentre la terapia si avvia alla sua conclusione, il pz diventa più capace di formare relazioni di attaccamento meno ansiose nel mondo esterno e si sente più sicuro dentro di sé. Tra il pz e il terapeuta si deve creare un'alleanza terapeutica reale nella quale il terapeuta deve essere sentito come presente ma deve essere in ogni momento alla giusta distanza che è proprio quella che corrisponde al reale bisogno del pz. A livello inconscio, non verbale, il buon terapeuta si comporta con i suoi pz in modo paragonabile a quanto fa un buon genitore con i figli. L’empatia di Rogers corrisponde alla sintonia e alla capacità di rispondere in modo sensibile; all’onestà e al calore non possessivo che incoraggia. Sono tre le componenti che formano il fenomeno della base sicura in terapia fondate sulla ricerca sull’attaccamento: la sintonia; l’incoraggiamento della capacità autobiografica e la regolazione affettiva. 2) REALTA’ E TRAUMA La comprensione originaria di B. che i bambini disturbati erano stati in realtà traumatizzati e/o soggetti a esperienze di sviluppo disadattava e a un ruolo genitoriale carente è stata ampiamente confermata. Ma occorre fare alcune importanti precisazioni. Primo, ci sono bambini resilienti i quali, nonostante traumi ‘ambientali apparentemente sbalorditivi, sembrano essersela cavata senza danni psicologici di rilievo. Secondo, considerare le persone puramente come vittime delle circostanze, lascia fuori l’idea di attività, che è un ingrediente vitale della salute psicologica. Terzo, avere un atteggiamento di pura commiserazione verso un pz non produce di per sé necessariamente un buon esito terapeutico. Perché questo avvenga bisogna anche rivivere la risposta emotiva al trauma, ed è un compito centrale della psicoterapia fornire il setting nel quale questa trasformazione affettiva può aver luogo. 3) LA TRASFORMAZIONE AFFETTIVA | primi lavori di B. sembravano implicare che la separazione, almeno nei primi 5 anni di vita, fosse di per sé nociva. Nei suoi lavori successivi, tuttavia, c'è un mutamento di prospettiva: ciò che conta non sono più i puri eventi di perdita e di separazione, ma la natura della risposta emotiva della persona a essi. Il modo in cui un genitore tratta la risposta alla separazione di un bambino è il fattore chiave. B. considerava compito del terapeuta sia incoraggiare una risposta emotiva appropriata ai traumi passati, sia star bene attenti ai modi nei quali il pz reagisce alle perdite e alle separazioni in terapia, incoraggiando la discussione e l’espressione dei sentimenti a questo proposito (vedi racconto su Darwin pag.174-175). W. si oppone a ogni rassicurazione o commiserazione dell’analista a proposito dei traumi, basandosi sul fatto che esse possono inibire la trasformazione affettiva di cui c'è bisogno perché la terapia venga portata avanti con successo. Secondo W, infatti, per superare il trauma occorre prima risvegliarlo vivendolo transferalmente, ma ora in presenza di una base sicura tramite la quale provare, esaminare e trasformare i sentimenti dolorosi evocati. 4) LE COGNIZIONI IN TERAPIA La psicoanalisi si occupa di sensazioni intrise d'affetto che agiscono come un prisma deformante quando ci confrontiamo con il mondo; la terapia cognitiva invece si occupa delle percezioni e delle costruzioni che attribuiamo a quelle sensazioni e degli assunti erronei che ne derivano. La psicoanalisi ha l’obiettivo di rendere conscio l’inconscio; la terapia cognitiva parte da pensieri consci, ma poi rivela gli assunti non indagati che sottostanno a essi. L’attaccamento fornisce un linguaggio ponte o veicolare capace di operare una traduzione fra i due gerghi.