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Lavis, il paese del ponte - Relazione tecnica urbanistica, Guide, Progetti e Ricerche di Urbanistica

(Valutazione del docente: 30/30 con lode) La relazione riguarda il comune di Lavis (TN), proponendo l'analisi urbanistica e territoriale; vengono proposte previsioni urbanistiche sulla base di PRG e PUP disponibili e dei dati raccolti; nella parte finale dell'elaborato viene fornita una sintesi SWOT e si allega l'apparato cartografico con 6 tavole riguardanti generalità del territorio, uso del suolo, sviluppo storico, popolazione, servizi ed elementi determinanti per la pianificazione.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2019/2020

In vendita dal 29/05/2020

nicola.genuin
nicola.genuin 🇮🇹

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Genuin Nicola – Mat. N° 186691

LAVIS, IL PAESE DEL PONTE

DINAMICHE DELLO SVILUPPO DA BORGO DI

FRONTIERA A CITTADINA RESIDENZIALE

Università degli Studi di Trento Facoltà di Ingegneria Civile, A.A. 2018/ Corso di Elementi di Tecnica Urbanistica, Dr. Cortinovis Chiara

SOMMARIO

Apparato cartografico allegato:

  • Tavola 1 – Generalità

  • Tavola 2 – Uso del suolo

  • Tavola 3 – Sviluppo storico

  • Tavola 4 – Popolazione

  • Tavola 5 – Servizi

  • Introduzione

  • Analisi urbanistiche e territoriali

    • Il contesto ambientale
      • Acqua
      • Aria
      • Biodiversità
      • Fattori climatici e clima
      • Paesaggio
      • Beni culturali
      • Suolo
    • L’evoluzione storica dell’insediamento e del territorio
      • I primi nuclei
      • Lo sviluppo di Lavis
      • Le difficoltà
      • L’età contemporanea e la ripresa
    • La struttura e la morfologia urbana
    • Usi del suolo, attività e funzioni urbane
    • Demografia e struttura della popolazione
    • Aspetti economici fondamentali
      • Settori e livelli occupazionali
      • Pendolarismo
  • Previsioni urbanistiche

    • Pianificazione locale
      • Piano Regolatore Generale
    • Altre scale di pianificazione
      • Piano Urbanistico Provinciale
  • Sintesi SWOT

  • Conclusioni

  • Bibliografia

ANALISI URBANISTICHE E TERRITORIALI

IL CONTESTO AMBIENTALE

Acqua

Sorgenti Nell’ambito del progetto RIASPAT (Ricerca Idrogeochimica sulle Acque Sotterranee della Provincia Autonoma di Trento) nel territorio comunale di Lavis sono state censite 13 sorgenti, delle quali però solo 2 dispongono di analisi chimiche di dettaglio, svolte nell’ambito degli studi per il nuovo tracciato della ferrovia del Brennero: trattasi delle sorgenti “Palustella” e “Fontanelle”, che peraltro non risultano attualmente utilizzate dal Comune. La prima scaturisce a quota 430 m, sulla riva destra del Rio Sorni, presenta una portata media di 0.9 l/s e risulta utilizzata dal vicino Maso Nero. La sorgente Fontanelle viene a giorno a quota 275 m, da una fessura posta ai piedi del versante a nord di Lavis, con una portata media di 0.5 l/s e viene derivata per uso irriguo. Sebbene tutti i campioni rientrino nella categoria di stato chimico buono, si fa notare come le acque della sorgente Palustella abbiano parametri con concentrazioni prossime ai valori soglia, mostrando palesi tracce di contaminazione antropica, dovuta presumibilmente alle attività agricole. La principale fonte di alimentazione dell’acquedotto comunale è costituita dalla sorgente “Serra S. Giorgio”, posta nella forra dell’Avisio, a quota 252 m, sul territorio del Comune di Trento. Questa sorgente ha una portata media di 31 l/s (pari a oltre 950.000 mc annui). Dalle analisi si rileva una forte variabilità delle concentrazioni di alcuni ioni in funzione delle variazioni di portata, come pure di alcuni parametri fisici, quali temperatura e conducibilità elettrica. La causa di tale fenomeno è dovuta all’ingresso nell’acquifero di acque superficiali (P.A.T. - Protezione Civile 2010). Rete di distribuzione Il Comune vanta un acquedotto con perdite irrisorie, se rapportate ai dati su scala provinciale o nazionale. Nel 2015, su 767.000 mc d’acqua immessi nella rete comunale di distribuzione dell’acqua potabile, ben 716. sono stati erogati alle utenze, con perdite marginali del 6.65%, circa un quinto di quelle registrate mediamente in provincia (ISTAT 2015). Il servizio di distribuzione dell’acqua, così come quello relativo all’energia elettrica, il sistema fognario e l’illuminazione pubblica sono gestiti dall’Azienda Intercomunale Rotaliana. Rete fognaria Per quanto concerne la raccolta e lo smaltimento delle acque bianche, il comune si affida alla cosiddetta Fossa Maestra di Lavis, che parte da San Michele all’Adige e si sviluppa per buona parte dei suoi 8,36 km nel territorio comunale, sempre nelle vicinanze del corso dell’Adige. Le acque raccolte dalla Fossa Maestra e dalle altre fosse minori ad essa collegate vengono trattate e smaltite presso la località Vodi, dove è presente un impianto con idrovora, realizzato dal Consorzio Trentino di Bonifica nel 1937 e ampliato nel 2017 per far fronte ad alcuni episodi di criticità legati all’urbanizzazione e quindi all’impermeabilizzazione dei terreni nel bacino della Fossa (Mezzo milione per raddoppiare l’idrovora 2014).

Aria

Ai sensi della zonizzazione sulla qualità dell’aria, Lavis rientra nella zona denominata “Fondovalle”; non essendoci stazioni di rilevamento sul territorio comunale, vengono qui ripresi i dati forniti dagli impianti presenti nel comune di Trento, denominati “Trento VBZ” (in via Bolzano) e “Trento PSC” (Parco Santa Chiara), inseriti nell’operativo del Piano provinciale di tutela della qualità dell’aria 2018 ; questo non porta a grandi errori nei dati proposti, essendo presenti in provincia solo 6 stazioni di rilevamento, e osservando sulle mappe proposte nel suddetto Piano che Lavis soffre qualitativamente degli stessi problemi di qualità dell’aria che interessano Trento. In particolare, si noti che sono stati registrati, nell’ultimo quinquennio di controlli, valori superiori alle soglie prestabilite per quanto riguarda il biossido di azoto, i particolati, la benzo(a)pirene e l’ozono, il quale rientra in un sistema di monitoraggio a parte ( Tabella 1 ).

Un altro tema alquanto delicato per il territorio di Lavis riguarda l’inquinamento acustico, nella fattispecie quello provocato dalla SS12 e dalla ferrovia Trento-Malè. Nel Piano di zonizzazione acustica redatto dal Comune nel 2009, accanto alle dovute definizioni, sono riportati i valori limite ammessi per quanto concerne questo tipo di inquinamento, relativamente alle varie classi della zonizzazione, e viene stabilita la necessità di presentare una valutazione previsionale di impatto acustico all’atto della richiesta per il rilascio delle autorizzazioni per costruire nuove strutture di utilità pubblica, così come una valutazione previsionale del clima acustico delle aree interessate dall’intervento qualora di tratti di nuove strutture in Classe I (Aree particolarmente protette), il tutto a favore di una pianificazione urbana sostenibile in tal senso. Fra gli obiettivi dichiarati del Piano trova ampio spazio anche la necessità di migliorare la qualità ambientale nelle aree urbane oggi degradate dal punto di vista acustico, quali quelle più prossime alle due infrastrutture nominate in precedenza: a tal riguardo sono state individuate due fasce di interferenza, una immediatamente a ridosso della fonte sonora e un’altra più esterna, a cui applicare interventi mirati di riqualificazione atti a ridurre l’inquinamento acustico, agendo dove possibile in primis sull’infrastruttura con la posa ad esempio di pannelli fonoisolanti o fonoassorbenti, o attuando modifiche direttamente agli edifici interessati. In questo senso, in ogni caso, l’amministrazione comunale tanto quanto la Provincia stanno agendo già da tempo e molti degli interventi necessari sono stati portati a termine ampiamente entro i termini stabiliti dalla legge nazionale in materia, sebbene lo status di provincia autonoma autorizzi deroghe e modifiche alle tempistiche.

Biodiversità

Flora Le specie che crescono sulle pendici collinari di Lavis e quindi insistono ad altezze più interessanti sono comuni a molti altri siti dell’arco prealpino. Nel dislivello che intercorre fra l’abitato del capoluogo, situato a poco più di 200 m s.l.m., e il confine a est intorno ai 600 m, non vi sono particolari cambiamenti nelle diverse qualità di piante che ricoprono il suolo dove questo non è stato monopolizzato dalla vite: nel sottobosco si possono riconoscere “edere, felci, menta, ortica, timo, malva, assenzio, gramigna, achillea, millefoglie, erba cavallina, tarassaco, tanaceto, tamaro, erica, fragoline di bosco, margheritine, mughetto, sigillo di Salomè, primule, viole del pensiero, pervinca, ciclamino, camomilla, luppolo, bardana, ginestrino, aquilegia” (Nicoletti, Marcon e Brugnara 2000). Per quanto riguarda gli arbusti sono presenti “rovo, nespolo, nocciolo, sambuco, prugnolo, corniolo, biancospino, viburno, rosa canina, pungitopo, agrifoglio, ginepro, ciliegio canino, gattice, ailanto, vischio” (ivi) e altri; per le piante ad alto fusto, la maggior parte è composta da “abete rosso e bianco, larice, pino silvestre, pino nero, castagno, carpino, faggio, betulla, frassino, ciliegio, rovere, roverella, noce, pioppo tremulo, robinia, tiglio e spaccasassi” (ivi). Fauna Volendo riassumere in breve le specie animali che popolano le zone collinari e boscose, si possono elencare “volpe, tasso, capriolo, faina, lepre, riccio, topo campagnolo, arvicola, lucertola, ramarro, salamandra, Tabella 1 – Qualità dell’aria Inquinante (dati 2015 ) Zona IT0403 "Fondovalle" Provincia Trento VBZ Trento PSC Biossido di zolfo SO 2 LAT LAT Biossido di azoto (orario) NO 2 UAT UAT Biossido di azoto (annuo) NO 2 UAT UAT Materia particolata PM 10 UAT^ UAT PM 10 UAT-LAT^ UAT-LAT PM2,5 UAT UAT-LAT Monossido di carbonio CO LAT LAT Benzene C 6 H 6 LAT LAT Benzo(a)pirene B(a)P UAT UAT Arsenico As LAT LAT Cadmio Cd LAT LAT Nichel Ni LAT LAT Piombo Pb LAT LAT Ozono (^) O 3 LTO_U* LTO_U* Legenda LAT: minore della soglia di valutazione inferiore (dati su cinque anni) UAT: maggiore della soglia di valutazione superiore UAT-LAT: compreso tra la soglia di valutazione superiore e la soglia di valutazione inferiore LTO_U: superiore all'obiettivo a lungo termine dell'ozono (zona IT0405 "Zona ozono")

Paesaggio

Stando alla Carta delle tutele paesistiche fornita dal Piano Urbanistico Provinciale (PUP) della P.A.T. circa ¾ del territorio comunale di Lavis sono aree sottoposte a tutela ambientale, e coincidono pressappoco con quelle in cui non sorgono insediamenti. Le colline avisiane si estendono sul versante della sinistra orografica dell'Adige nel tratto che va da Lavis fino a San Michele all'Adige. Così come le conosciamo oggi, caratterizzate dalle tipiche geometrie paesaggistiche della vite e da un insieme di strade e dimore rurali che appartengono alla storia contadina trentina, sono il risultato di un processo di colonizzazione dell'ambiente che ha trovato nella società del maso il punto essenziale per potersi sviluppare. In mezzo a questo ambiente trovano spazio, oltre ai singoli masi e ai piccolissimi agglomerati che in alcuni casi vi si solo sviluppati attorno, Pressano, forse il primo nucleo che si sviluppò sotto al Castelliere del Doss Paion, e il piccolo ma caratteristico borgo di Sorni Vecchia, composto da una ventina di edifici ammassati l’uno all’altro, come a voler stare tutti su un piccolo fazzoletto di terra: lo si può facilmente osservare da alcuni punti della Strada Provinciale 131 ( Strada del Vino ), immerso in una macchia di vegetazione che risalta sugli innumerevoli vitigni che sorgono tutto intorno; poco più sotto, sviluppatasi principalmente negli ultimi 40 anni, sorge la nuova Sorni. Poco più a sud, leggermente più a monte di Maso Spon, si trova un sito segnalato come paesaggio di grande pregio nella suddetta Carta. Da questo punto, situato a circa 500 m s.l.m., si può godere di un ampio panorama che spazia su quasi tutto il territorio comunale: verso sud l’agglomerato del capoluogo, e proseguendo lungo l’Avisio il suo grande complesso industriale, che si allunga verso nord fino alla zona circostante la stazione ferroviaria; a monte di questa l’abitato di Pressano e poco più a nord Maso Rover con Maso Callianer e Nave San Felice, il tutto circondato da coltivazioni e piantagioni in pianura e vitigni in collina. La maggior parte delle aree destinate all’agricoltura sono classificate come aree agricole di pregio , stante anche la certificazione DOC che caratterizza la quasi totalità della produzione. Le poche zone non sfruttate per scopi agricoli si trovano nella parte più alta e a tratti impervia del territorio comunale, la cui vegetazione è già stata descritta nel paragrafo relativo alla flora.

  • 0 5 10 15 20 25 30 35 0 20 40 60 80 100 120 TEMPERATURA ( °C) PRECIPITAZIONI ( mm ) Grafico 1 - Temperature e precipitazioni Precipitazioni (mm) Medie Temperatura (°C) Temperatura minima (°C) Temperatura massima (°C)

Per concludere, la maggior parte della zona collinare è definita come sistema complesso di paesaggio rurale , mentre la parte del territorio comunale a ridosso dell’Adige ha avuto la stessa classificazione in ambito fluviale. Merita di essere menzionata ancora una volta la riserva naturale provinciale del Biotopo Foci dell’Avisio che, complice anche la sua funzione strategica del disegno di un importante corridoio ecologico attraverso la valle dell’Adige, rappresenta un vincolo paesistico più volte chiamato in causa contro il sovrasviluppo della vicinissima zona industriale di Lavis. Tra i tanti percorsi attrezzati e curati dal comune che portano a scoprire scorci, bellezze e nuclei storici del territorio, spicca l’erto sentiero che porta a Doss Paion: a due passi da questo si trova una selletta, chiamata Pian di Castello a ricordare la presenza, secoli or sono, di un antico castelliere sulla sommità del rilievo; il versante sopra il centro storico di Lavis precipita giù, a grandi balze e pareti verticali, così da far sembrare il Doss poderoso e incombente a chi lo guarda da sotto. Il rilievo era sicuramente abitato sin dall’antichità, dapprima come castelliere preistorico, poi insediamento retico, fortificazione delle genti locali e infine castello longobardo, distrutto dai Franchi nel 590 d.C. Solo dopo il 1000 d.C. si iniziò a costruire Lavis, e il castelliere fu definitivamente dimenticato. Ancora oggi, tuttavia, si rinvengono molti resti archeologici testimoni della sua lunghissima storia.

Beni culturali

Oltre ai nuclei di Lavis, Pressano, Nave San Felice e Sorni Vecchia, sulla Carta così come sul Piano Regolatore Generale del comune (Art. 32), sono indicati come nuclei di antico insediamento anche altri 9 piccoli agglomerati di edifici, 4 o 5 al massimo, sorti nelle immediate vicinanze (quando non addirittura costruiti con mura in comune) dei masi più antichi: si tratta, da sud verso nord, dei masi Clinga, Tratta, Spon, Luchin, Rover, Toldin, Zancanar, Pianizza di Sopra e Rosabell. Il PRG tutela questi fabbricati storici permettendo solo ed esclusivamente opere di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, vietando aumenti di volumi e superfici di piano di ciascun edificio. Sulla Carta sono catalogati 21 siti di interesse artistico e/o storico, di cui ben 16 sono situati nel capoluogo; tra tutti spiccano:

  • A Sorni Vecchia, la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta: costruita nel 1636, ha subito diversi rifacimenti fino all’ultimo restauro avvenuto sul finire degli anni ’90. La Pala dell’Assunta è attribuita a Valentino Rovisi (1717-1783) della scuola della Val di Fiemme, mentre le sette tele in cornice di stucco presenti sono del pittore Aldi (1930) (op. cit.); Figura 1 – Vista panoramica, lungo uno dei percorsi naturalistici sul Doss Paion, dell’abitato di Lavis, a sinistra, con la zona industriale principale, quella della stazione ferroviaria, Zambana Nuova e le prime abitazioni di Pressano a destra.

Suolo

Geologia L’ambiente esaminato è caratterizzato morfologicamente dai terreni bassi ed alluvionali del fondovalle, tipici di tutta la vallata dell’Adige, dove il fiume ha portato una forte copertura quaternaria, con depositi glaciali, alluvionali di tipo fluviale e torrentizio; tutto intorno e più in profondità si possono individuare prevalentemente formazioni calcareo-dolomitiche, ad eccezione di una piccola zona a nord-est di Trento, che comprende anche una porzione del territorio meridionale di Lavis, dove prevalgono nettamente le vulcaniti (porfidi) che caratterizzano una vasta zona ad est lungo la Val di Cembra e oltre. Salendo dall’Adige verso Sorni e Pressano si accede al complesso delle colline avisiane, delimitate ad est dai massicci dei monti Rosa e Corona e a sud- est dallo stesso abitato di Lavis con la parte terminale della Val di Cembra. In questo contesto si possono individuare tre tipi di suoli che sono, tra l’altro, all’origine delle peculiarità dei vini delle colline avisiane: è infatti soprattutto grazie a questo tipo di coltura che si è giunti ad un livello abbastanza approfondito delle caratteristiche del suolo in questa zona. Si possono quindi distinguere:

  • Le terre rosse del Werfen ( Figura 2 ), tipiche della zona compresa tra Pressano, Sorni e il monte Corona, in direzione del Passo Croce e Ville di Giovo. Dal punto di vista geologico questi suoli di origine sedimentaria risalgono a circa 250 milioni di anni fa; formatisi in seguito al ritiro del mare che un tempo ricopriva la zona, hanno una base calcarea e sono particolarmente ricchi di argilla e limo, con una bassa percentuale di sassi: sono infatti molto probabilmente i sedimenti lasciati nel corso dei millenni dall’antico fiume preistorico che ha formato la valle dell’Adige. Le caratteristiche di queste marne consistono dunque nella loro marcata strutturazione fino in profondità, nell’elevata capacità di ritenuta idrica e nella colorazione marcatamente rossastra;
  • I terreni del gesso, che nella zona di Sorni caratterizzano un’area di circa dieci ettari di campagna a moderata pendenza, situata tra il Rio Panizza e il Rio Gesso, sopra la statale del Brennero. Sono suoli derivati da antichi e poco estesi depositi di gesso e risalgono a circa 270 milioni di anni fa. Piuttosto profondi e di colore grigio, sono molto calcarei e ben strutturati, tendenzialmente argillosi e contenenti molti sassi; risultano inoltre particolarmente pesanti, compatti, adatti a trattenere l’acqua (tanto da non richiedere interventi di concimazione né di irrigazione se non nel caso di vere e proprie emergenze idriche) e quindi molto fertili;
  • I suoli dolomitici, localizzabili fra Sorni e Maso San Valentino. Sono terreni detritici su basamento calcareo di tipo dolomitico, formatici circa 230 milioni di anni fa per deposizione di materiale di ambiente marino, quando questa parte del trentino era climaticamente e morfologicamente simile agli attuali Tropici. Questi terreni sono generalmente molto sabbiosi e ricchi di sassi, fatto che consente una minore ritenzione idrica; presentano una colorazione bruno-grigiastra e una profondità limitata. Più in profondità, il comune poggia marginalmente, a nord, sulla grande piattaforma porfirica atesina, originatasi nel Permiano Inferiore (270 milioni di anni fa) a causa del forte vulcanismo della zona; si tratta di un blocco che raggiunge uno spessore di 3 km, e si estende da Trento a Bressanone e dalla Paganella alla Marmolada, vantando il primato di più grande piattaforma porfirica del continente europeo. È presente anche una faglia si carattere secondario che provenendo da sud passa in prossimità del centro di Lavis, per proseguire sotto al Doss Paion e puntare in direzione di Nave San Felice. Questa faglia si può Figura 2 – Terre rosse

considerare come una propaggine marginale del ben più importante sistema della Schio-Vicenza. Ciononostante, tutto il territorio comunale ricade nella categoria di minore pericolosità sismica. Idrografia Il territorio comunale di Lavis cade per la maggior parte nel bacino idrografico del fiume Adige, che ne segna il confine a ovest. Questo, prima di ricevere le acque dell’Avisio, ha una portata che fluttua usualmente intorno ai 100 mc/s, fino ad oltre 1300 mc/s durante le piene storiche, una fra tutte quella del 1966 durante la quale il fiume esondò a Trento, dove venne registrato un flusso di 2320 mc/s. Il fatto che questo valore risulti pressoché raddoppiato è dovuto alla presenza dell’Avisio. L’Avisio è il corso d’acqua che segna il confine fra i comuni di Lavis e Trento. Ha una lunghezza di 90 km e, prima di percorrere gli ultimi tre km fra gli argini di Lavis e gettarsi nell’Adige, raccoglie le acque di un bacino idrografico prettamente montano di 937 km^2 , la cui conformazione geologica presenta rocce impermeabili e ripidi versanti che conferiscono al corso d’acqua un carattere spiccatamente torrentizio, con portate minime di 5 mc/s, passando per la portata media di 23 mc/s, fino a piene di oltre 1000 mc/s (1100 nel 1966, 1220 nel 1882 ). Queste piene trasportano e depositano una quantità notevole di materiale alluvionale, che rende necessari di tanto in tanto interventi di sghiaiamento e pulizia dell’alveo. Solidi e antichi argini proteggono con efficacia l’abitato di Lavis, una cui fascia che si estende fino alla confluenza con l’Adige è comunque segnalata con classe di penalità P4 (elevata) nella Carta di Sintesi della Pericolosità (P.A.T. - Protezione Civile 2018). È bene sapere, a tal riguardo, che nei millenni questo fiume ha dato origine al secondo più grande conoide alluvionale presente in provincia, che iniziando dalla zona di San Lazzaro, dove esce dalla stretta Val di Cembra, si allarga da Zambana Nuova verso sud ricoprendo un’area di ben 900 ettari, di cui poco più della metà fanno parte del comune di Lavis. A riprova di questo fatto, si ritrovano numerosi riferimenti al vecchio corso dell’Avisio, che fino al 1857 scorreva su un letto ben diverso da quello attuale, gettandosi nell’Adige oltre 2 km più a nord; fu successivamente forzato a passare fra quelli che sono tutt’ora i suoi argini principalmente per permettere la bonifica di nuove aree coltivabili (Nicoletti, Marcon e Brugnara 2000). Stando alle analisi del 2016 dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente, entrambi i corsi d’acqua godono di un buono stato sia ecologico che chimico. I versanti soprastanti gli abitati di Maso Callianer, Nave San Felice e Sorni, per tutta la distanza che li separa, contano la presenza di numerosi piccoli ruscelli, come il Rio Sorni, il Rio Gesso e il Rio Panizza, la cui pericolosità è però ancora oggetto di studio, sebbene a buona parte dell’area su cui scorrono siano già state assegnate penalità fino a elevata per frane e crolli nella Carta succitata. Idrogeologia Per quanto riguarda le sorgenti, vi è già stato fatto cenno, limitatamente ai dati disponibili, nell’omonimo paragrafo. Quanto segue è riportato dal Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP): “La Valle dell’Adige costituisce un sistema multifalde solo parzialmente conosciuto grazie ad alcune recenti perforazioni profonde. L’alveo roccioso sepolto, entro i confini della Provincia, ha profondità variabili dai 200 ai 600 metri. Il riempimento quaternario ha composizione variabile da zona a zona con prevalenza di materiali fini cui si aggiungono i depositi laterali o le aree di conoide coincidenti con i maggiori affluenti laterali dell’Adige”, ed è questo il caso dell’Avisio a Lavis. “In queste aree caratterizzate da ambienti energeticamente diversi si rinvengono i depositi più grossolani. Tali apporti laterali si insinuano a varie quote nelle alluvioni di fondovalle, costituendo, a seconda della loro origine, vie subordinate di alimentazione per le falde del materasso alluvionale o locali strutture per trappola stratigrafica. Particolarmente importante, a questo riguardo, è il conoide del torrente Avisio presso l’abitato di Lavis, ove è localizzato il più importante campo pozzi a servizio dell’acquedotto di Trento, con prelievi che arrivano a circa 500 l/s.” Questo campo pozzi è costantemente monitorato in virtù dell’intenso sfruttamento a cui è sottoposto. “In sintesi quindi, nell’idrostruttura quaternaria della alle dell’Adige, si evidenzia un acquifero freatico esteso a tutta la valle, di spessore limitato (massimo 50-

passo, tanto da rendere addirittura negativo l’indice. Allo scopo di formulare una previsione verosimile poi, facendo affidamento sui Piani Regolatori Generali dei vari comuni, si è presupposto un nuovo cambio di segno dell’indice, dato dal maggior tasso di incremento previsto di TU e FA rispetto a quello relativo alla popolazione. Si noti comunque come sia l’incremento demografico che l’urbanizzazione stiano rallentando progressivamente rispetto al boom che ha caratterizzato questo ed altri numerosi ambiti dal secondo dopoguerra in buona parte della provincia. È curioso notare, infine, come quasi un terzo del territorio urbanizzato della Comunità risulti essere nel solo comune di Lavis, il che lo rende il più antropizzato in assoluto.

L’EVOLUZIONE STORICA DELL’INSEDIAMENTO E DEL TERRITORIO

La linea del tempo Nello schema proposto a fianco sono riportati in ordine cronologico i principali eventi che nel corso dei secoli hanno maggiormente influenzato lo sviluppo di Lavis. In particolare, oltre alla linea di riferimento grigia, per una facile lettura si possono notare:

  • Sulla sinistra una fascia colorata affiancata da un nome, indicante il periodo di dominazione o lo stato a cui è appartenuto il territorio di Lavis; in fondo una sintetica panoramica sullo sviluppo demografico da quando si hanno dati affidabili;
  • Sulla destra, le fasce verdi indicano periodi di sviluppo, quelle rosse periodi di difficoltà e/o recesso; le date in piccolo sono relative alla fine dei periodi di cui al punto precedente, mentre le date più grandi fanno riferimento agli eventi segnati sulla linea del tempo a cui è collegata la spiegazione a lato; fra queste, il colore verde indica avvenimenti che riguardano più strettamente lo sviluppo degli abitati e i loro dintorni, il blu documenti e monumenti storici simbolo di ampliamento della comunità, ed infine il rosso i fattori che hanno fatto rallentare se non fermare il progresso nella cittadina.

I primi nuclei

Le prime testimonianze di insediamenti umani nella zona risalgono all’età del Bronzo Medio (2000-1500 a.C.), quando la zona era occupata da popolazioni retiche, e riguardano essenzialmente la collina di Pressano e i dossi Paion e Canopi, sovrastanti l’attuale abitato di Lavis. Queste ultime due località vengono indicate anche con il nome di Pristol , che rimanda subito ai quattro vicoli o salite del Bristol presenti nel centro storico del capoluogo, e che deriva molto probabilmente dalla volgarizzazione del termine tedesco Burgstall , castello. La toponomastica sta quindi ad indicare la presenza dei Castellieri, costruiti dai primi abitanti delle colline avisiane, di cui si trovano numerosi riferimenti in documenti storici, benché al giorno d’oggi non siano stati rinvenuti che pochissimi segni della presenza di antiche strutture. La presenza umana sul Castelliere di Lavis proseguì sia in epoca retica che altomedievale, prima di trasferirsi nella Villa sottostante attorno al XII secolo: qui si andava formando un moderno e dinamico insediamento commerciale. Prima ancora però, il nucleo che maggiormente si era sviluppato era quello di Pressano: anche qui, l’esistenza di un castello è documentata da una serie di testimonianze scritte, come quella risalente al 25 aprile 1163, che si riferisce ad una riunione feudale avvenuta “ in Pressano supra castrum in ecclesia ” (F.M. Castelli-Terlago 1959). Lo sviluppo di questo abitato risale all’epoca romana, quando venne costruita la Via Claudia Augusta, frutto di un ambizioso progetto per unire l’Italia alle terre d’oltralpe tramite il Brennero; quello che è stato molto probabilmente il percorso di questa antica strada è riportato nella Tavola 3 – Sviluppo storico. Si può quindi capire facilmente quanto la posizione strategica lungo questa importantissima arteria sia stata il primo elemento fondamentale per il successivo sviluppo di Lavis, e prima ancora di Nave San Felice e Pressano (Neri e Vernaccini 1998). Quest’ultimo fu nei secoli centro commerciale di primaria importanza, sviluppatosi lontano dalle malsane esalazioni degli acquitrini e delle paludi della piana dell’Adige; a tal riguardo, secondo l’interpretazione di alcuni studiosi, l’origine etimologica di Pressano potrebbe derivare dal latino Persan o Persanum , ovvero zona sana, proprio ad indicare la lontananza della località dalle aree inabitabili della pianura. Così, mentre Lavis era ancora un crocevia noto solo per l’esistenza di del ponte sull’Avisio, a Pressano si formò una grande Villa che fu sede di importanti uffici e dimora di amministratori. Più tardi, sicuramente dal XV secolo in poi, Pressano perse la sua centralità soprattutto a causa dello spostamento a valle dell’asse commerciale (Casetti 1981).

Lo sviluppo di Lavis

Già dagli inizi del 1200 si cominciano ad avere conferme di un vero e proprio insediamento nei pressi del ponte sull’Avisio, quando le cronache riportano notizie sul lebbrosario sorto nei pressi di San Lazzaro e dei primissimi insediamenti stabili sotto al Pristol. In quei primi anni il territorio di Lavis faceva parte del Principato Vescovile di Trento, sotto il Sacro Romano Impero, ma nel 1250 arrivò la svolta: il confine fra il Principato e la Contea del Tirolo venne spostato più a sud, e precisamente in corrispondenza del corso dell’Avisio. Tutt’a un tratto, sebbene Principato e Contea portassero avanti sistemi analoghi di gestione del potere locale e della giustizia, il confine amministrativo che li separava fece sì che Lavis si trovasse a dover esercitare le funzioni di un centro di confine, il che rese in breve tempo l’abitato conosciuto, oltre che come paese del ponte , anche come paese dei dazi. Solo pochi decenni più tardi, nel 1320, Lavis divenne una vera e propria Villa, con una propria organizzazione amministrativa, mentre nel corso del 1400 la zona è ormai conosciuta come Comunità di Lavis, Pressano e Consorti (quest’ultimo termine ad indicare Nave San Felice e forse il primissimo nucleo di Sorni, Maso Schornhof). Un ulteriore prova delle dimensioni e dell’importanza raggiunte dalla Comunità fu la Carta di Regola del 1526, documento fondamentale nella gestione del territorio e dell’economia locale, che andava sviluppandosi sempre più, puntando, oltre che sui beni in transito, anche sulle produzioni locali, salvaguardate in modo a dir poco curioso ma per certi versi quantomai attuale da alcuni passi del suddetto documento, qui riportati: “Statuimo che niuno ardisca condurre, ed incanevare Vini forestieri, che non siano mercantili, e quelli vendere per vini del nostro Comune.”

tra la Germania e il Mediterraneo: in questo modo e grazie all’aumento delle attività commerciali e finanziarie legate al dazio, il paese di Lavis visse una sua stagione rinascimentale che coincise con una grande espansione architettonica, urbanistica e culturale. Di pari passo, viticoltura e bachicoltura divennero le due attività produttive per eccellenza: dall’inizio del XV secolo divenne uso comune coltivare assieme alle viti i gelsi che fungevano da pali di sostegno per le pergole; il gelso era fonte di reddito in quanto le sue foglie fornivano il nutrimento per il baco da seta, allevato nella maggior parte delle case contadine come attività di supporto per l’economia domestica. I gelsi erano dunque un bene prezioso, tanto che nei contratti di compravendita dei campi venivano computati a parte. Successivamente, di conseguenza, nacquero e crebbero alcune filande, come la Tambosi, che arrivarono ad occupare complessivamente fino a 500 persone. Nel paese, inoltre, si sviluppò un’economia “mossa dall’acqua”, con la costruzione di numerosi mulini, magli e segherie. Per concludere, l’epopea mineraria che caratterizzò i territori dal Primiero all’Argentario toccò anche Lavis, sulle cui colline si conservano ancora alcune testimonianze dei Busi Canopi, da cui venivano estratti l’argento e il piombo, sfruttati fra il XV e il XVII secolo.

Le difficoltà

Fino alla fine del 1700 il villaggio visse un lungo periodo di prosperità dovuto essenzialmente alla sua posizione strategica e alle numerose attività produttive che nel tempo si erano fiorentemente sviluppate sul territorio. Questo bel quadretto di benessere e fortuna stava però per infrangersi contro gli avvenimenti del nuovo secolo. Primo fra tutti, il distruttivo episodio del 5 settembre 1796: tra tante guerre e scorribande lungo tutta la valle dell’Adige, Lavis fu teatro di un conflitto che oppose la Francia repubblicana di Napoleone Bonaparte al Sacro Romano Impero di Francesco II d’Asburgo. In quel giorno, le truppe repubblicane entrarono a Trento e puntarono verso nord, dove ad attenderle c’erano le truppe austriache; queste avevano rimosso la pavimentazione del ponte sull’Avisio prima di trincerarsi sulla sponda destra del fiume, ma questo non bastò a fermare i francesi, che sfondarono la debole retroguardia nemica, facendo prigioniero tutto il distaccamento di Lavis. A seguito degli eventi bellici vennero dispersi e bruciati quasi tutti di documenti dell’archivio della Comunità (Zieger 1965). A questi eventi seguirono poi alcuni anni di sommovimenti degli autonomisti tirolesi, che spesso e volentieri videro protagonisti eserciti di varie parti. Il Congresso di Vienna segnò un lungo periodo di restaurazione con il ritorno del dominio austriaco che durò fino alla Grande Guerra. A questo punto Lavis non era più paese di frontiera, condividendo con Trento la dominazione d’oltralpe. Oltre a questi avvenimenti, si aprì un duro periodo caratterizzato dalle difficoltà occupazionali e, specie in conseguenza alle malattie che colpirono la bachicoltura e la viticoltura, anche all’emigrazione. La fluitazione del legname sull’Adige venne soppiantata dalla costruzione della moderna ferrovia del Brennero, transitante sul nuovo ponte edificato dal 1857 in località Vodi; quella sull’Avisio invece subì un rallentamento a causa della costruzione di primi veri collegamenti stradali con la Val di Cembra, e ricevette il colpo di grazia nel 1880, quando a monte di Lavis venne costruita la serra di San Giorgio, un’opera di sbarramento finalizzata principalmente a marginare le piene impetuose del corso d’acqua. Nonostante l’operato di don Giuseppe Grazioli, che dopo una serie di viaggi in Oriente riuscì a risollevare le sorti della bachicoltura portando in patria bachi da seta sani e resistenti alla malattia, questa attività non seppe reggere la concorrenza con la seta giapponese e, più tardi, con la seta artificiale, scomparendo definitivamente dopo la grande crisi del 1929.

L’età contemporanea e la ripresa

Fino al secondo dopoguerra non si intravidero segnali di ripresa. Dopodiché, con il boom economico, e soprattutto con l’elettrificazione della ferrovia del Brennero e la costruzione dell’A22 (Autostrada del Brennero), tutta la valle dell’Adige, e con essa Lavis, assunse una funzione strategica lungo la principale linea di traffico verso l’Europa, tornando sulla strada dello sviluppo. L’epoca contemporanea coincise per Lavis con una forte espansione economica ed urbanistica, con la popolazione che al giorno d’oggi è ormai raddoppiata dagli anni ’50 con una percentuale di crescita fra le più alte nei comuni trentini. Si svilupparono diverse attività

imprenditoriali, anche sulla scorta dell’esperienza cooperativa, che plasmarono una nuova identità del paese. Questa grande spinta di sviluppo ha portato sul territorio, come già detto, un consistente numero di nuovi abitanti, con la conseguente necessità di aumentare gli spazi abitabili. Ne è sorta una corsa all’edificazione, evidenziata nel Grafico 3 , che ha trovato negli edifici residenziali di media e grande dimensione il suo punto fermo. La rapidità con cui si è dovuto sviluppare il centro abitato, ha fatto sì che l’edilizia si servisse, nella maggior parte dei casi, delle sicurezze prestazionali offerte dal calcestruzzo armato, con il risultato messo in luce dal Grafico 4 : in Italia circa il 30% degli edifici residenziali ha una struttura in c.a., mentre la percentuale scende fino al 21% della Provincia, evidenziando ulteriormente la controtendenza che caratterizza Lavis, con il suo 45%; a bilanciare i dati sono invece le più classiche strutture in muratura portante, che nel Comuna arrivano solo al 41%, contro la media del 57% che accomuna Italia, Regione e Provincia. Negli ultimi anni, un nuovo interesse per il territorio ha spinto gli amministratori locali a ricollocare al centro delle riflessioni urbanistiche il tema dell'ambiente. Questo per permettere un futuro all'agricoltura mantenendo l'integrità del territorio e la salvaguardia delle zone ad alta vocazione viticola. Le informazioni relative ai nuclei di antico insediamento e la crescita degli abitati sono riportate nella Tavola 3

  • Sviluppo storico.

NOTA: Da qui in avanti, si farà riferimento alla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici del 23 luglio 1960, N.1820, per quanto riguarda le seguenti definizioni:

  • (A) FABBRICATO E FABBRICATO RESIDENZIALE (EDIFICIO): Per fabbricato o edificio si intende qualsiasi costruzione coperta, isolata da vie o da spazi vuoti, oppure separata da altre costruzioni mediante muri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto; che disponga di uno o più liberi accessi sulla via, e possa avere una o più scale autonome. Per fabbricato o edificio residenziale si intende quel fabbricato urbano o rurale, destinato per la maggior parte (cioè per il più della cubatura) ad uso di abitazione.
  • (B.1) ALLOGGIO O APPARTAMENTO (ABITAZIONE): Per alloggio o appartamento si intende un insieme di vani ed annessi o anche un solo vano utile, situati in una costruzione permanente o in parti separate, ma funzionalmente connesse di detta costruzione e destinati ad uso di abitazione per famiglia.

**287** **44** **76** (^183 ) **207** **136** **108** 

… -^1918 1919-1945 1946-1960 1961-1970 1971-1980 1981-1990 1991-2000 2001- Grafico 3 - Edifici residenziali per epoca di costruzione (ISTAT 2011) 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Italia Regione Provincia Lavis Grafico 4 - Edifici residenziali per tipo di struttura (ISTAT 2011) muratura portante calcestruzzo armato altro tipo

imbuto, e da qui parte via Pilati, che riporta anch’essa sulla Provinciale 131. La parte meridionale dell’abitato è di recente costruzione, e presenta uno stile simile a quello di Sorni, con perlopiù case bifamiliari su 2 o al massimo 3 piani, dotate di ampi giardini, disposte sul triangolo di strade formato da via Pilati, una sua diramazione e via Oratorio. Risalendo a monte da Pressano, a est, si incontra una zona residenziale chiamata Pressano-Clinga, data la vicinanza al borgo e a Maso Clinga, uno dei più antichi presenti sul territorio; in realtà questo agglomerato di edifici altro non è che l’ultima propaggine verso nord dell’abitato di Lavis. Il nucleo storico del capoluogo è individuabile nelle foto aeree grazie al caratteristico colore rossastro dei coppi in cotto, con cui sono state realizzate le coperture della quasi totalità degli edifici più vecchi, risalenti senza ombra di dubbio quantomeno all’800 ( Figura 1 ), e alla densità delle costruzioni. Questi tratti caratterizzano l’abitato dal ponte di San Lazzaro, lungo via IV Novembre fino a Piazza Cesare Battisti, presentandosi particolarmente accentuati nella zona fra via Carlo Sette e via Roma e lungo i 4 vicoli del Bristol, per poi proseguire fra via Fabio Filzi e la centrale via Giacomo Matteotti, fin poco oltre il monumento a don Giuseppe Grazioli, al termine di quest’ultima via. Si tratta perlopiù di edifici destinati a vari scopi, dal residenziale all’amministrativo, con numerosi negozi, botteghe artigiane, bar e ristoranti, piccoli alimentari e servizi in genere; la maggior parte non supera i tre piani fuori terra, dando un’idea di relativo ordine, nonostante la densità delle costruzioni si faccia quasi claustrofobica e labirintica lungo le stradine e i vicoli più stretti. Piccolo dettaglio curioso è costituito dai colori dei vari edifici ( Figure 5 e 6 ), che ricordano in qualche modo il vivace policromismo di Burano nella laguna veneziana, offrendo al visitatore una varietà di colori che seppure meno accesi si alternano di muro in muro, proponendo un quadro piuttosto allegro, lontano dalla monumentalità a volte noiosa delle grandi città storiche. La seconda zona di espansione è composta principalmente da strutture edificate fino agli anni ’80 circa: comprende tutta la parte della cittadina che si estende dal primo nucleo, lungo l’Avisio , fino alla Statale 12 e oltre la ferrovia, e verso nord principalmente lungo via Rosmini e sul versante collinare soprastante, fino alla Statale 612 che porta in Val di Cembra. Non si possono in questo caso stabilire dei limiti precisi delle zone interessate da questa espansione, che ha caratterizzato soprattutto il dopoguerra, in quanto la costruzione di nuovi edifici, specie nella zona collinare, non ha seguito un particolare ordine, limitandosi ad appoggiarsi alle strade già esistenti senza riempire tutti gli spazi. In questa zona troviamo molte strutture pubbliche come la scuola media “A. Stainer”, il palazzetto dello sport, la scuola dell’infanzia “Madre Maddalena di Canossa” e il vicino parco urbano, l’asilo nido comunale e poi numerose attività commerciali, discount, banche, e servizi in genere. Per quanto riguarda le aree residenziali, si evidenzia una consistente presenza di strutture più grandi rispetto a quelle descritte in precedenza per Pressano e Sorni: si tratta spesso di edifici bifamiliari o plurifamiliari, alti generalmente non più di quattro piani, di forma piuttosto squadrata e regolare, dotati di modestissimi spazi verdi e/o spazi auto esterni; a questi si affiancano complessi di case a schiera. Questo impianto costruttivo si ripete e si fa ancora più evidente nelle aree di più recente costruzione (prevalentemente residenziali) dove, oltre a riempire qua e là i lotti rimasti disponibili nella zona precedentemente descritta, l’urbanizzazione si è spinta verso l’esterno fino a ridosso delle coltivazioni e dei vigneti. In queste ultime zone, è facile trovare schemi piuttosto regolari composti da più edifici uguali costruiti Figura 5 – Via IV Novembre, Lavis. Figura 6 – Via Giacomo Matteotti , Lavis.

in contemporanea lungo la stessa strada, ad evidenziare il fatto che l’edilizia residenziale, e con essa le aziende immobiliari, hanno puntato molto nei decenni scorsi sul forte tasso di crescita demografica che ha caratterizzato Lavis, preferendo anticipare la domanda. È questo il caso dunque degli spazi ad ovest prima della zona industriale, a valle della Statale 612, e ancor più di tutta la parte di territorio a nord della Statale stessa, da dove questa svolta verso sud, fino all’estrema punta già menzionata di Pressano-Clinga. Piccola nota storica: dal 1957, in seguito agli eventi franosi che interessarono il versante est della Paganella, cui seguì la dichiarazione di inabitabilità della vicina Zambana (oggi Zambana Vecchia), 22,5 ettari del territorio comunale di Lavis nella cosiddetta Piana degli Aicheri, a nord della zona industriale della stazione ferroviaria, sono stati inglobati dal suddetto comune e destinati alla costruzione di Zambana Nuova. Edifici ed abitazioni Per quanto riguarda gli edifici presenti sul territorio, si riportano di seguito alcuni dati riassuntivi. In breve, su 1211 edifici residenziali, un terzo ha un solo interno, ma si evidenzia una percentuale leggermente maggiore rispetto alla media nazionale e regionale per quanto riguarda gli edifici residenziali con un numero di interni compreso fra 3 e 15. Dell’altezza di queste strutture si è già parlato in precedenza, e i dati forniti dall’ISTAT confermano che per la maggioranza (poco più del 50%) si tratta di strutture con 3 piani fuori terra; un quarto degli edifici residenziali ha invece 2 piani, mentre un marginale 3,55% ne ha uno solo; la restante parte, un 20% scarso, ha altezze maggiori, e si tratta esclusivamente di costruzioni locate nell’abitato di Lavis e risalenti agli anni ‘60-‘80. Complessivamente si contano 3470 abitazioni, di cui 3313 occupate da residenti, con una relativa superficie per occupante residente di 37,48 mq. Si tratta principalmente di abitazioni con un numero di stanze compreso fra 3 e 5, 6 o più in 330 casi e 96 monolocali.

USI DEL SUOLO, ATTIVITÀ E FUNZIONI URBANE

Come già detto in precedenza, in virtù soprattutto dei dati relativi alla Comunità Rotaliana-Könisberg, il territorio comunale di Lavis risulta fortemente antropizzato. Come mostrato dal Grafico 5 , solo il 39% del terreno, contro il 53% provinciale (Allegato F1, PUP 2008), è allo stato naturale, con boschi di latifoglie, conifere, arbusti e prati o rocce scoperte, a cui si va ad aggiungere un 4% occupato dai corsi d’acqua. Al contempo ben un terzo della superficie complessiva è destinata all’agricoltura, divisa a metà fra vigneti e frutteti (principalmente meleti). Il restante 24% risulta antropizzato, composto per due terzi da infrastrutture viarie (strade e autostrade, ferrovie, e aree di servizio relative), mentre il restante 8% è occupato da aree produttive e tessuto urbano, quest’ultimo in lieve prevalenza sul primo. Tutti questi dati sono sintetizzati nella Tavola 2 – Uso del suolo. Per quanto riguarda le funzioni territoriali di spicco, Lavis si caratterizza sicuramente per la sua alta produttività, considerato che agricoltura e industria occupano più di un terzo della superficie, dando lavoro ad oltre 4000 persone. Il principale polo produttivo è ovviamente la zona industriale di Lavis, affiancato dal più piccolo centro sorto in prossimità della stazione ferroviaria. Per quanto riguarda l’agricoltura, come si può vedere sempre 39% 33% 16% 4% 4%3%^ Grafico 5 - Uso del suolo Boschi e prati Terreni agricoli Infrastrutture viarie Tessuto urbano Corsi d'acqua Aree produttive