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Legami chimici, Appunti di Chimica

La formazione dei legami chimici tra gli atomi, distinguendo tra sostanze pure molecolari e ioniche. Viene spiegata la regola dell'ottetto e la formazione dei legami covalenti. Vengono inoltre descritti i legami elettrostatici e metallici, nonché la differenza tra legami primari e legami secondari. utile per comprendere la chimica degli elementi e la formazione delle sostanze pure.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 21/09/2023

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Scarica Legami chimici e più Appunti in PDF di Chimica solo su Docsity! Legami chimici Solo i gas nobili si trovano in natura allo stato monoatomico. Gli altri atomi isolati sono estremamente instabili e tendono a legarsi tra loro attraverso i legami chimici per formare sostanze pure, ovvero sostanze elementari oppure composti. Escludendo i metalli allo stato elementare le sostanze pure possono essere di due tipi: molecolari o ioniche. Le sostanze molecolari sono formate da molecole, i composti ionici da aggregati di ioni positivi e negativi, organizzati in reticoli cristallini tridimensionali. Nella formazione dei legami chimici sono coinvolti solo gli elettroni, in particolare gli elettroni contenuti nel livello energetico più esterno, chiamati elettroni di valenza. Per gli elementi dei gruppi A, il numero di elettroni di valenza è uguale al numero del gruppo a cui un elemento appartiene. Gli elettroni di valenza di un elemento possono essere rappresentati graficamente mediante il simbolo di Lewis, costituito dal simbolo chimico dell'elemento circondato da un numero di punti pari al suo numero elettroni di valenza. Dopo la scoperta dell'elettrone ad opera di Thomson, divenne presto chiaro che la disposizione degli elettroni negli atomi poteva aiutare ad interpretare le trasformazioni degli atomi in cationi e anioni e che le interazioni tra elettroni più esterni degli atomi portavano alla formazione di entità chimiche più complesse degli atomi stessi, le molecole. Nel 1916 il chimico americano G. N. Lewis, considerando la disposizione degli elettroni negli atomi, osservò che tali disposizioni erano particolarmente stabili quando il livello esterno conteneva tanti elettroni quanti quelli presenti nei gas nobili, gli unici che esistono in natura come atomi isolati e con interazioni minime tra loro. La stabilità degli atomi di questi gas era stata attribuita alla configurazione elettronica completa. La stabilità dei gas nobili si manifesta nella loro scarsissima tendenza a reagire con altri elementi; questa caratteristica chimica, unita alla considerazione che essi contengono il numero massimo di elettroni compatibile con gli orbitali disponibili, fu alla base della celebre regola dell'ottetto, introdotta dal chimico americano G. N. Lewis, per spiegare la formazione dei legami chimici tra gli atomi. A partire dal secondo periodo della Tavola Periodica, la configurazione elettronica ad otto elettroni esterni di tipo ns² np6 dei gas nobili era quella alla quale corrispondeva, secondo Lewis, la massima stabilità possibile per un atomo. Gli atomi che appartengono ai gruppi che precedono o seguono il gas nobile considerato cercano di raggiungere quella stabilità attraverso la cessione o l'acquisto di elettroni (quindi con formazione di cationi o anioni) o la formazione di legami chimici con altri atomi (regola dell’ottetto). Regola dell'ottetto: ogni atomo tende ad acquistare, perdere o mettere in compartecipazione elettroni fino a raggiungere una condizione di stabilità corrispondente ad una configurazione elettronica esterna costituita da otto elettroni, uguale a quella del gas nobile più vicino nella Tavola Periodica. Gli elettroni più esterni che un atomo può acquistare, perdere o mettere in comune con altri atomi vennero denominati elettroni di valenza. Ad esempio, un atomo con un solo elettrone nello strato più esterno che può essere ceduto o condiviso con un altro atomo veniva detto monovalente; erano definiti monovalenti anche gli atomi che avevano la possibilità di acquistare un elettrone per completare lo strato esterno. • Condivisione di elettroni = formazione di legame covalente • Perdita o acquisto di elettroni = formazione di un legame ionico La regola dell'ottetto non è però valida universalmente; non vale, per esempio, per gli elementi di transizione. La formazione di un legame chimico è un fenomeno spontaneo, che avviene in accordo con il principio fisico secondo il quale ogni sistema tende a raggiungere uno stato di minima energia potenziale, a cui corrisponde la massima stabilità. Una molecola generica A-B si forma se la sua energia è minore dell’energia totale dei due atomi A e B isolati. Quando i due atomi si legano, si libera quindi una certa di energia, pari alla differenza di energia tra lo stato iniziale e quello finale. L’energia che si libera all’atto della formazione di un legame, o che bisogna fornire dall’esterno per romperlo, è detta energia di legame, ovvero la quantità minima di energia che è necessario fornire a una mole di sostanza per rompere il legame fra i suoi atomi. La forza di un legame è proporzionale al valore dell’energia di legame. Fra due atomi o gruppi di atomi quindi esiste un legame chimico se le forza agenti fra essi danno luogo alla formazione di un aggregato di atomi sufficientemente stabile da svelarne l’esistenza e quando legandosi diminuiscono il loro contenuto di energia. Il legame chimico fra atomi è sempre dovuto ad azioni elettriche e distinguiamo legami: • Covalenti • Elettrostatici (legame ionico, legame a idrogeno, va der Waals) • Metallici A seconda dei valori dell’energia di legame: • Legami forti o legami primari: coinvolgono il trasferimento o la condivisione di elettroni: ionici, covalenti o metallici • Legami deboli o legami secondari: non comportano trasferimento né condivisione di elettroni e sono intermolecolari e si formano tra molecole. Il legame covalente Un legame covalente si forma quando due atomi con elettronegatività uguale o simile mettono in comune uno o più elettroni spaiati ciascuno, in modo da raggiungere entrambi l'ottetto o, secondo una visione più moderna, una configurazione elettronica stabile. La coppia condivisa appartiene simultaneamente a entrambi gli atomi. Un legame covalente è costituito da una coppia di elettroni condivisa tra due atomi; si forma fra atomi la cui differenza di elettronegatività sia inferiore a 1,7. Perché il legame si formi, due atomi devono avvicinarsi a sufficienza. Man mano che i due atomi si avvicinano gli elettroni dell'uno iniziano a risentire anche della forza di attrazione elettrostatica esercitata nucleo dell'altro, e viceversa. Contemporaneamente, però, inizia a esercitare il suo effetto anche la forza di repulsione che si manifesta sia tra i due nuclei, carichi positivamente, sia tra le due nuvole elettroniche dei due atomi. La distanza tra i due nuclei in corrispondenza della quale si instaura un equilibrio tra le forze attrattive nucleo-elettroni e le forze repulsive nucleo-nucleo ed elettroni-elettroni rappresenta la lunghezza del legame. L’energia in corrispondenza di questo minimo è l'energia di legame: si determina sperimentalmente e viene di solito espressa in kcal/mol. La lunghezza del legame è proporzionale al raggio degli atomi legati, e inversamente proporzionale alla forza (e quindi all'energia) del legame. Il legame covalente è direzionale. In base al numero di coppie condivise (o doppietti condivisi) il legame covalente tra due atomi può essere: • semplice: formato da coppia di elettroni condivisi; • doppio: formato da due coppie di elettroni condivisi; • Triplo: formato da tre coppie di elettroni condivisi. Il numero di coppie di elettroni di legame viene detto ordine di legame. Maggiore è l'ordine di legame, maggiore è la forza complessiva che tiene uniti gli atomi quindi maggiore l'energia complessiva di legame e più breve la distanza di legame. Quando si forma un legame covalente, due orbitali atomici si sovrappongono e si fondono formando un orbitale molecolare, di energia e forma diversa rispetto agli orbitali di partenza. Un orbitale molecolare è la regione di spazio occupata da una coppia di elettroni di legame che circonda entrambi i nuclei dei due atomi legati. Questo legame è caratteristico delle molecole diatoniche ma la tendenza a mettere in positivi che hanno perso elettroni che ora appartengono a tutto lo spazio. Complessivamente il sistema è neutro e per formare questa struttura l’atomo deve avere capacità metalliche: ovvero la capacità di perdere elettroni e formare ioni positivi. Se gli atomi dei metalli sono quindi da soli, non possono formare ioni positivi perché non c’è nessuno a cui cedere elettroni, non forma ioni negativi o legami covalente perché non è nella sua natura, allora forma un legame metallico e più di due atomi formano quindi un metallo Esempio: OH-, so che è negativo ma chi è negativo? È l’ossigeno quindi se qualcuno di positivo si avvicina questo si lega all’ossigeno. C’è un legame covalente tra O e H e l’ossigeno ha una carica formale negativa perché presenta 7 elettroni e ha configurazione elettronica s^2 p^5, somiglia quindi al fluoro dal punto di vista della crosta esterna il quale forma 1 legame per raggiungere l’ottetto. Questi elementi del sesto e del settimo gruppo sono i primi a mostrarci chimismo ionico e hanno tendenza a prendere elettroni per raggiungere la stabilità e li chiamo atomi elettronegativi. Gli elettroni non sono equamente distribuiti e i legami sono polari: gli elettroni appartengono alla molecola ma la distribuzione elettronica non è equamente distribuita ma non si tratta di un legame ionico ma di un legame covalente e avremo una parziale carica positiva e una parziale carica negativa, ovvero una carica piccolissima e quindi posso intuire da che lato avviene per esempio una trasformazione chimica. Se una molecola ha cariche è reattiva, se non ne ha non lo è. Per vedere se il legame è ionico o covalente bisogna vedere la differenza di elettronegativo. Per essere ionico ci deve essere una differenza maggiore di 1.80. Nei legami ionici in realtà non c’è legame, ovvero la condivisione di elettroni, ma i due atomi stanno insieme perché sono ioni e hanno cariche opposte, vi sono attrazioni ioniche. Il momento dipolare più essere rappresentato da un vettore. I dipoli si orientano secondo la propria carica, se le mattiamo tra due piastre in cui abbiamo stabilito una differenza di potenziale. Misurano la variazione di capacità elettrica delle due piastre possiamo misurare sperimentalmente la misura del momento dipolare. Se guardo l’ammoniaca abbiamo tre dipoli per i tre legami azoto-idrogeno e quindi l’azoto tira elettroni in 3 direzioni e quindi avrà carica il triplo dell’idrogeno ma non si annulla quindi il momento dipolare è diverso da 0. Forze intermolecolari All’intero di una molecola gli atomi sono legati tra loro dal legame chimico (ionico, covalente), che a causa delle elevate energie coinvolte nella loro formazione, sono anche definiti legami forti. Anche tra le specie chimiche stabili (ioni, molecole o, limitatamente ai gas nobili, atomi) si possono formare dei “legami”, che sono però molto più deboli rispetto a quelli chimici, ossia interni alla molecola. Si possono osservare interazioni che presentano un contenuto energetico minore rispetto a quello dei legami forti. Queste interazioni sono anche dette legami deboli o forze intermolecolari. A causa della differenza tra le forze di attrazione elettrostatiche (forze di Coulomb) coinvolte nella formazione dei legami deboli e quelle coinvolte nei legami forti, risulta evidente che i legami deboli possono essere scissi molto più facilmente di quelli forti. I legami deboli sono il risultato delle interazioni tra campi elettromagnetici generati da dipoli di varia natura (legami dipolo-dipolo) e tra ioni di carica unitaria e dipoli (legami ione-dipolo) e non comportano trasferimento né condivisione di elettroni. I legami intermolecolari comprendono: • Le forze di London • Le forze di Van Der Waals indicano interazioni di natura elettrostatica molto deboli fra molecole e avvengono principalmente fra molecole neutre (polari o apolari). Alcuni includono tra queste forze anche le forze di London • Legame a Idrogeno Queste forze (in ordine, dalla più debole alla più forte) sono le forze di dispersione o forze di London, le forze di Debye e le forze di Keesom. La distinzione tra queste tipologie di forze è legata alla natura dei dipoli tra cui esse si instaurano. Forze di London Sono interazioni tra atomi e molecole non polari che presentano polarizzazioni istantanee. Tra atomi come quelli dei gas nobili e tra molecole complessivamente neutre e apolari si possono instaurare interazioni elettrostatiche in seguito a fluttuazioni casuali della distribuzione degli elettroni presenti in una molecola. Questo fenomeno si verifica in quanto gli elettroni sono naturalmente dotati di notevole mobilità e possono casualmente spostarsi più verso un nucleo che verso l'altro. Questa situazione può determinare, nell'atomo o nella molecola, una momentanea asimmetria di carica, favorendo cosi la formazione di un dipolo istantaneo. Tra dipoli istantanei cosi formati possono instaurarsi attrazioni elettrostatiche debolissime. Un dipolo istantaneo, a sua volta, provocherà una distribuzione di carica nelle molecole vicine, polarizzandole. Si verranno così a formare altri dipoli istantanei indotti che potranno essere soggetti a interazioni attrattive di tipo elettrostatico. Sono estremamente deboli e sono legate alla formazione dunque di dipoli temporanei anche in molecole di per sé non polari. L’intensità delle forze di dispersione aumenta all’aumentare del PM, della superficie di contatto e del numero di elettroni presenti nella molecola. Il movimento degli elettroni in una molecole e/o la presenza di una molecola adiacente può determinare un’alterazione dell’equilibrio elettrico per cui si forma un dipolo istantaneo (indotto). Tale dipolo influisce sulla distribuzione elettronica nella molecola adiacente in cui viene indotto un dipolo contrario. Se la molecola è apolare e non è uno ione, sono neutre, tra di loro non ci sono interazioni perché sono sempre dovute alle cariche. Se però si avvicinano non si vedono più complessivamente ma i dettagli e vedono quindi la parte negativa e quindi se mi avvicino vedo soprattutto la nuvola negativa e cercherò di allontanare gli elettroni dall’altro lato e espongo le cariche positive e quindi divento un dipolo indotto. A sua volta l’altro atomo cerca di esporre elettroni verso la carica positiva e diventa un dipolo. Ma una volta allontanate tendono a ritornare alla loro natura stabile neutra. Forze di Debye Le molecole polari inducono asimmetria nelle molecole apolari (legami di induzione). Le molecole polari che presentano un dipolo permanente possono interagire sia con molecole apolari che con altre molecole polari. Le forze relative di attrazioni si distinguono in forze di Debye (dipolo permanente-molecola apolare) e forze di Keesom (dipolo permanente-dipolo permanente). Le forze di Debye (o di induzione) sono quelle che si instaurano tra un dipolo permanente e un dipolo indotto: l’estremità negativa del dipolo permanente può provocare, su una molecola non polarizzata posta nelle vicinanze, una distorsione della nuvola elettronica con alterazione della distribuzione e conseguente repulsione degli elettroni presenti. Questi elettroni andranno a concentrarsi dalla parte opposta della molecola, favorendo la creazione di un dipolo (dipolo indotto) che può interagire, mediante attrazione di tipo elettrostatico, con il dipolo permanente. Il processo di induzione di un dipolo viene detto polarizzazione e la polarizzabilità dell’atomo o della molecola si riferisce al grado di distorsione che la nuvola elettronica di un atomo o di una molecola può subire in seguito al processo di induzione. La polarizzabilità di una molecola è tanto maggiore quanto più la nuvola elettronica è lontana dal nucleo, dal quale sarà, quindi meno attratta. Sono forze intermolecolari risultanti dall’interazione di un dipolo permanente ed un dipolo indotto. Danno parte delle forze di Van Der Waals ed esprimono l’effetto d’induzione. Se ho un dipolo permanente e incontra una molecola neutra da lontano non si attraggono ma se si avvicinano la molecola neutra genera un dipolo indotto istantaneo che avrà una certa interazione con il dipolo permanente. Fanno parte delle forze di van ed esprimono l’effetto di induzione o della polarizzabilità della molecola neutra. Se io mi chiedo se i gas del settimo gruppo che formano o ioni negativi o formano gas biatomici, si sciolgono nell’acqua: se si sviluppano delle interazione si. L’acqua è polare e questi gas no ma se incontra l’acqua sono polarizzabili e quindi formano un dipolo temporaneo quindi si scoglie. Cosa si scioglierà meglio nell’acqua? Il fluoro no perché non è polarizzabile, il cloro un po’ di più, il bromo si e anche lo iodio perché c’è effetto di dipolo indotto ed è molto polarizzabile. Quindi conoscere la polarità è importante per capire se possono formare una soluzione. Forze di Keesom Le forze di Keesom (o forze di orientamento) si instaurano tra molecole complessivamente neutre, ma polari e quindi caratterizzate dalla presenza di un dipolo permanente. Sono interazioni create da molecole polari, che si orientano avvicinando le estremità di segno opposto (legami di orientazione). se ho due molecole con legame covalente polare ho un delta meno e un delta più permanentemente, il dipolo c’è sempre. Se si trovano vicino si orientano con il delta - verso delta + e si esercitano attrazioni tra dipolo permanenti e le forze sono più grandi e generano un legame di orientazione. Quindi si sviluppa solo se sono nella giusta orientazione. • Dipolo istantaneo: si origina quando due molecole non polari vengono a contatto. Gli elettroni più esterni, avvicinandosi, presentano fluttuazioni casuali della loro distribuzione creando momentanee distribuzioni di carica. • Dipolo indotto: si forma quando una molecola polare si avvicina a una molecola non polare, inducendo in essa una ridistribuzione delle cariche negative degli elettroni. • Dipolo permanente: è presente in una molecola quando uno o più legami covalenti presenti sono formati da atomi di elettronegatività differente. Una molecola che presenta un dipolo permanente è una molecola polare. Legame a Idrogeno Quando un atomo di idrogeno è legato ad un atomo X fortemente elettronegativo e di dimensioni non troppo grandi (O, N, F), il legame H-X è fortemente polare, con un verso diretto verso l'atomo più elettronegativo. Sull'atomo di idrogeno si crea un'alta densità di carica a causa delle sue piccole dimensioni, quindi esso interagisce fortemente con quella parte dell'altra molecola in cui sono localizzate le coppie di non legame. Si realizza quindi un legame di natura elettrostatica, ma che presenta anche un carattere fortemente direzionale in quanto per formarsi gli atomi che ad esso prendono parte devono essere allineati lungo lo stesso asse. Il legame tra l’idrogeno e l’atomo cui esso è legato con un legame covalente è altamente polarizzato: l’atomo di idrogeno, molto piccolo, concentrerà su di sé un’elevata densità di carica positiva riuscendo quindi ad interagire con atomi di un’altra molecola sui quali è concentrata un’elevata densità di carica negativa. Il risultato è la formazione di un legame debole, ma talmente forte da essere chiamato legame. Sono tra le più importanti forze intermolecolari in quanto estremamente diffusi in natura e considerati nel loro complesso influiscono in modo determinante sulle proprietà chimiche e fisiche di un composto. Infatti il legame a idrogeno è responsabile delle proprietà chimico - fisiche di molte molecole di importanza biologica. • La temperatura corrispondente alla prima sosta termica, in corrispondenza della quale coesistono le fasi solida e liquida, è detta temperatura (o punto) di fusione. • La temperatura relativa alla seconda sosta è detta temperatura (o punto) di ebollizione. Sia la temperatura di fusione sia quella di ebollizione sono proprietà intensive, non dipendono dalla loro massa. Durante il passaggio di stato, la temperatura resta costante, anche se si continua a fornire calore. Alla quantità di calore scambiata durante il passaggio di stato si dà il nome di calore latente; esso si misura in J/kg. Latente significa «che non si vede» (dal latino latere, «restare nascosto»). A ogni passaggio di stato corrisponde un ben specifico calore latente. • Il calore latente di fusione è la quantità di energia necessaria per fondere completamente I kg di sostanza pura, alla temperatura di fusione. • Il calore latente di vaporizzazione è la quantità di energia necessaria per vaporizzare completamente 1 kg di sostanza, alla temperatura di ebollizione. Applicando la teoria cinetico-molecolare possiamo spiegare la natura del calore latente. Sia durante il passaggio da solido a liquido sia durante il passaggio da liquido ad aeriforme, il calore fornito incrementa l'energia potenziale delle particelle, che modificano la loro posizione reciproca. Resta invece costante la loro energia cinetica media, motivo per cui la temperatura non varia. La grande differenza tra il calore latente di vaporizzazione e quello di fusione dipende dal fatto che è necessaria più energia per vincere le forze di coesione che agiscono tra le particelle di un liquido piuttosto che indebolire le forze di coesione di un solido. Nel caso di un miscuglio, la curva è diversa: mancano le soste termiche della fusione e dell'ebollizione. I punti fissi (temperatura di fusione e temperatura di ebollizione) non corrispondono a quelli dell'acqua distillata: la soluzione inizia a solidificare a temperature più basse di 0 ° e comincia a bollire a temperature maggiori di 100 °C. Tanto più concentrata è la soluzione, tanto più grande è lo scostamento dalle temperature caratteristiche dei passaggi di stato dell'acqua distillata. La determinazione del punto di fusione e di ebollizione è un metodo eccellente per verificare il grado di purezza: la soluzione solidifica a temperature più basse non ha soste termiche e bolle a una temperatura più alta. La differenza tra gas e vapore dipende dalla temperatura a cui si considera la sostanza aeriforme Ogni aeriforme è caratterizzato da una temperatura particolare, detta temperatura critica, al di sopra della quale è impossibile trasformarlo in liquido, anche se si esercitano pressioni elevatissime. Quando una sostanza aeriforme è al di sopra della sua temperatura critica è definita gas; se si trova al di sotto è definita vapore. - La sosta termica: riscaldo la materia e le molecole diventano sempre più cinetiche e per attrito si riscaldano ma ad un certo punto la temperatura non cambia: macroscopicamente il volume e la forma del ghiaccio cambia: il volume diminuisce perché diminuisce la quantità di ghiaccio e compare acqua. Durante la sosta termina il calore somministrato non scioglie più ghiaccio ma scioglie i legami chimici fra le molecole, quindi la temperatura rimane costante fino a quando c’è ghiaccio. Quindi nella prima sosta termica abbiamo ghiaccio e acqua e la durata dipende da quanto ghiaccio abbiamo e quanto calore forniamo. A 100° ho un’altra sosta termica, il liquido va diminuendo e si forma vapore acqueo, acqua allo stato aeriforme, e la temperatura rimane costante fino a quando ci sarà acqua. Questa temperatura fornita nella sosta termica serve a rompere i legami intermolecolari e avrò la coesistenza di due sistemi fisici. La sosta liquido-vapore è maggiore e quindi sarà più difficile rompere le interazioni dell’acqua liquida per passare al vapore e questo dipende dalle interazioni tra i dipoli della molecola. PASSAGGI DI STATO • Fusione: passaggio dallo stato solido allo stato liquido • Evaporazione: passaggio dallo stato liquido allo stato aeriforme • Condensazione: passaggio dallo stato aeriforme allo stato liquido • Solidificazione: passaggio dallo stato liquido allo stato aeriforme • Brinamento: passaggio dallo stato aeriforme allo stato solido • Sublimazione: passaggio dallo stato solido allo stato aeriforme La fusione e la vaporizzazione avvengono per assorbimento di energia, quindi per aumento dell’energia interna della materia. La condensazione e la solidificazione comportano un rilascio di energia: diminuzione dell’energia interna. I valori numeri dei calori latenti di condensazione e solidificazione sono identici a quelli di fusione e di evaporazione, ma di segno opposto. Lo stesso vale per la sublimazione e il brinamento. La temperatura del passaggio di stato viene detta temperatura o punto di fusione, ebollizione, condensazione, etc. Diagramma di stato Per ogni sostanza pura ma anche per le miscele di sostanze, in particolare nelle leghe, possiamo avere i diagrammi di stati in cui in un piano bidimensionale possiamo rappresentare a quale coppia di valori è presente un certo stato di aggregazione e a quale temperatura abbiamo la coesistenza di più stati o passaggi di stato. I diagrammi di stato sono grafici omogenei che descrivono il numero delle fasi presenti in un sistema all'equilibrio, la loro composizione e quantità relativa di ciascuna di esse in funzione di alcuni parametri quali la temperatura e la pressione. In un diagramma di stato di una sostanza pura la temperatura t è riportata in ascissa e la pressione P in ordinata. Le curve che indicano il cambiamento di fase sono dette confini di fase e identificano i valori di t e P in cui le due fasi sono in equilibrio. Le zone comprese fra le curve si chiamano campi di esistenza delle singole fasi cioè campi di esistenza del solido, del liquido e del vapore. Ogni punto in un diagramma di stato rappresenta uno stato di equilibrio possibile del sistema. I diagrammi di stato ci permettono di conoscere i campi di stabilità di ciascuna fase, in funzione della temperatura e della pressione, e le condizioni di equilibrio fra più fasi. Inoltre qualsiasi processo che preveda l'attraversamento di una delle curve del diagramma comporta cessione o assorbimento di calore latente da parte del sistema: il processo è pertanto accompagnato da una variazione di entalpia. Analizziamo il diagramma di stato dell’acqua, nel quale la pressione è espressa in atmosfere (atm) e la temperatura in °C. • Tratto S-O: questo tratto rappresenta la curva di coesistenza delle fasi solido-vapore e corrisponde ai processi di sublimazione (il solido ghiaccio si trasforma direttamente nel vapore acqua) o di brinamento (il vapore acqueo si trasforma direttamente in ghiaccio solido). Le coordinate di ogni punto della curva rappresentano dunque una coppia di valori di temperatura e pressione alla quale si osserva l'equilibrio solido (ghiaccio)-vapore. In un certo intervallo di temperatura si stabilisce dunque un equilibrio tra il solido e il suo vapore e quindi, in generale, il solido ha una sua pressione di vapore che è sempre molto inferiore a quella del liquido corrispondente: nel caso dell'acqua che stiamo esaminando è inferiore a 0,006 atm (4,58 torr). • Tratto S-O-F: questo tratto individua il campo di esistenza della fase solida: l'area a sinistra della curva S-O-F è costituito da acqua allo stato solido: in generale, una sostanza che si trovi nelle condizioni di pressione e temperatura identificate da una coppia di valori che ricade nello spazio a sinistra della curva S-O-F si trova allo stato solido. • Tratto O-L: questo tratto rappresenta la curva di coesistenza delle fasi liquido-vapore corrispondente ai processi di evaporazione (trasformazione del liquido in vapore) e condensazione (trasformazione del vapore in liquido). Questa curva definisce i valori delle coppie di temperatura e pressione alle quali il liquido evapora o il vapore condensa: le coordinate di ogni punto rappresentano una coppia di valori di temperatura e pressione alla quale si osserva equilibrio acqua-vapore. La curva ha origine a 0,01° C (temperatura a cui il ghiaccio fonde) e termina a 374 °C. Questo valore di temperatura è definito temperatura critica dell’acqua, al quale corrisponde il valore di pressione di 218 atm (pressione critica). Il punto caratterizzato dai valori suddetti di P e t è detto punto critico; al punto critico le due fasi, liquida e gassosa, mostrano uguale densità e diventano indistinguibili. Il punto critico si raggiunge gradualmente: aumentando temperatura la densità del liquido decresce, mentre quella del vapore aumenta, finché, raggiunti i valori di P e t, le due densità diventano uguali. La linea o il limite di fase gas-liquido scompare, mentre a temperature superiori alla temperatura critica l’energia cinetica delle particelle è maggiore rispetto alla energia delle forze intermolecolari esistenti tra le molecole dell'aeriforme. Indipendentemente dalla pressione applicata, non sarà più possibile osservare la coesistenza delle fasi liquido-vapore e l'aeriforme, divenuto gas, non potrà più essere liquefatto. Non abbiamo più il passaggio dallo stato aeriforme allo stato liquido. Se sono a 400 gradi e a 217 atmosfere, l’acqua esiste solo come gas, anche se aumento la pressione non è possibile fare il passaggio di stato. • Tratto F-O-L: il campo compreso tra le curve O-F e O-L è costituito dall'acqua allo stato liquido e individua il campo di esistenza della fase liquida: più in generale, una sostanza che si trovi nelle condizioni di pressione e temperatura identificate da una coppia di valori che ricade nello spazio compreso tra le curve O-F e O-L è sotto forma di liquido. • Tratto O-F: questo tratto individua le coppie di valori di temperatura pressione alle quali si osserva l'equilibrio ghiaccio-acqua; tale curva definisce pertanto i valori di pressione e temperatura alla quale il ghiaccio liquefa o congela. • Tratto S-O-L: il campo a destra della curva S-O-L è costituito dallo stato aeriforme e individua il campo di esistenza della fase aeriforme In generale, una sostanza che si trovi nelle condizioni di pressione e temperatura identificate da una coppia di valori che ricade nello spazio a destra della curva SOL è sotto forma di aeriforme. Si può osservare che nel diagramma di stato dell’acqua le tre curve di transizione di fase si incontrano nel punto O che individua un valore di temperatura e di pressione rispettivamente pari a 0,01°C e 0,006 atm: il punto O viene chiamato punto triplo, perché a queste condizioni di pressione e temperatura, le tre fasi, solida, liquida e vapore, coesistono in equilibrio e finche ci sono tutte e tre abbiamo una sosta termica. Dal punto di vista grafico è necessario sottolineare che le curve di equilibrio S-O (solido-vapore) e O-L (liquido-vapore) mostrano sempre una pendenza positiva, la curva di equilibrio O-F (solido-liquido) può, invece, mostrare, in funzione delle differenti sostanze, una pendenza sia positiva che negativa: la curva di transizione solido- liquido O-F nella anidride carbonica abbia pendenza positiva mentre nell'acqua mostra una pendenza negativa. Il diagramma termina ad una pressione di 217 atm e ad una temperatura di 374°C ma il diagramma di stato dell’acqua continua: se mi porto a valori di pressione o di temperatura molto elevati in realtà ci sono altri passaggi di stato e vediamo che di acqua solida ne esistono vari tipi che cambiano nel reticolo interno.