Scarica Riassunto "Legislazione scolastica" - Edizione Simone - TFA Sostegno e Concorso docenti e più Schemi e mappe concettuali in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! LEGISLAZIONE SCOLASTICA IL RUOLO DELLA SCUOLA NELLA COSITUZIONE Il ruolo della scuola e dell’istruzione all’interno della Costituzione italiana è disciplinato in particolare da 3 articoli fondamentali (Art. 9, Art. 33 e 34), in cui la scuola si configura come ponte di passaggio tra la famiglia e la società e l’istruzione in generale viene considerata uno dei fini di cui ogni Stato deve farsi carico per procurare maggiore benessere alla collettività e migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Nei vari commi degli articoli dedicati a tale ambito si enunciano una serie di principi cardini (elencati tra parentesi). ART. 9, COMMA 1 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica ART. 33 COMMA 1 L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. COMMA 2 Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. COMMA 3 La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. COMMA 4 È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. COMMA 5 Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. ART. 44 COMMA 1 La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. COMMA 2 I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. COMMA 3 La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso PRINCIPI: 1. LIBERTA’ DI INSEGNAMENTO: la libertà di insegnamento dei docenti prevede la libertà di manifestare il proprio pensiero con ogni mezzo possibile di diffusione, la libertà di professare qualunque tesi o teoria si ritenga degna di accettazione e la libertà di svolgere l’insegnamento secondo il metodo ritenuto più opportuno. Tale libertà deve tuttavia adattarsi quando si esplica nelle scuole private di tendenza (con particolari scopi e portatrici di fedi religiose o specifici indirizzi culturali). Nel Testo Unico istruzione (D. Lgs. 197/1994), la libertà di insegnamento si estrinseca nell’autonomia didattica, relativa sia ai contenuti sia ai metodi. I limiti di tale libertà consistono nell’impossibilità di manifestare tesi o teorie che non ricevono garanzia costituzionale o che non rispettano il metodo scientifico (ma corrispondono a opinioni personali arbitrarie). Altri limitazioni della libertà di insegnamento sono: il rispetto del buon costume (sono contrari al buon costume gli atti ritenuti socialmente scandalosi, violando il senso comune del pudore e della coscienza collettiva); il rispetto dell’ordine pubblico (sono contrari quegli elementi che possono essere ritenuti sovversivi per le istituzioni); il rispetto della pubblica incolumità (riguarda le attività tecniche di laboratorio che possono mettere in discussione l’integrità fisica degli alunni). Ulteriori limiti sono stati poi individuati nel rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola e nel rispetto della coscienza morale e civile degli alunni. 2. LIBERTA’ DELLA SCUOLA: allo Stato spetta la predisposizione dei mezzi di istruzione la creazione delle norme generali, ma enti e privati hanno il diritto di istituire liberamente delle scuole. La coesistenza di scuole pubbliche e private è garanzia della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica. La parità tra i due tipi di scuole viene accordata alle scuole che ne fanno richiesta (scuole paritarie) e viene sancita, oltre che dalla Costituzione, anche dalla Legge sulla parità scolastica (L. marzo 2000 n. 62), che istituisce un sistema nazionale di istruzione a carattere misto. 3. DIRITTO ALLO STUDIO: si identifica come potere-dovere di ogni cittadino alla frequenza dei gradi dell’istruzione obbligatoria e gratuita, nonché all’accesso a gradi superiori anche se privo di mezzi, ma meritevole. L’uguaglianza formale deve essere dunque supportata da una uguaglianza sostanziale. Con il D. Lgs. N. 76 del 2005, l’obbligo scolastico si configura come diritto-dovere di istruzione e formazione e obbligo scolastico per almeno 12 anni. Si tratta quindi di un diritto soggettivo a anche di un dovere sociale, appositamente sanzionato. I responsabili dell’adempimento vengono considerati i genitori dei minori o coloro che ne fanno le veci. La vigilanza sull’adempimento di tale dovere è affidata al Comune di residenza, ai Dirigenti scolastici e ai servizi per l’impiego. Il concetto di diritto di formazione, inoltre, ha creato un legame significativo tra sistema formativo e sistema delle imprese. Con la L. 296/2006, l’obbligo scolastico è stato innalzato di 2 anni (fino a 16 anni), con la possibilità di completare il percorso fino ai 18 anni nella formazione professionale regionale o apprendistato. Questi ultimi due anni di formazione rientrano dunque non più nell’obbligo di istruzione, ma nell’obbligo formativo. Gli interventi stati per garantire il diritto allo studio concernono sia la scuola che l’università e possono essere di vario tipo, come ad esempio dei sostegni economici, dei servizi (traposto scolastico e mensa) ed altre varie agevolazioni. Tali misure di sostegno allo studio sono messe in atto sia a livello nazionale, da parte del Ministero, sia a livello territoriale, da parte di Regione ed Enti locali. GLI ORDINAMENTI DIDATTICI SCUOLA DELL’INFANZIA L’ordinamento delle scuole dell’infanzia (chiamate scuole materne prima della riforma Moratti) e del primo ciclo è stato disciplinato dal D. P. R. 89/2009 (Riforma Gelmini): la scuola dell’infanzia dura 3 anni e la sua frequenza non è obbligatoria, le sezioni devono essere costituite con un numero di bambini non inferiore a 18 e non superiore a 26. Le sezioni con alunni con disabilità grave sono invece costituite da un massimo di 20 alunni. L’orario è stato stabilito in 40 ore settimanali, estendibile fino a un massimo di 50 ore. Le famiglie possono chiedere la fruizione di un tempo ridotto, limitato alla sola fascia del mattino, per complessive 25 ore settimanali. SCUOLA PRIMARIA Il primo ciclo si divide in due percorsi scolastici consecutivi ed obbligatori: 1. La scuola primaria, della durata di cinque anni (articolati in 1 anno di continuità con l’infanzia e due periodi biennali) e 2. La scuola secondaria di primo grado, della durata di 3 anni. Le classi della scuola primaria sono costituite da un numero di alunni compreso tra i 15 e i 26/27, ma il limite massimo si abbassa a 20 per le sezioni che accolgono alunni con disabilità. Sono iscritti alla scuola primaria i bambini/e che compiono 6 anni entro la fine dell’anno di riferimento, ma possono iscriversi anche coloro che compiono sei anni di età entro e non oltre (C. M. 10/2016) il 30 aprile dell’anno scolastico (anticipo di iscrizione). L’orario scolastico è articolato su quattro modelli, pari a 24, 27, 30 e 40 ore (tempo pieno). Le modalità di realizzazione del tempo pieno prevedono 2 insegnanti titolari sulla stessa classe e uno specifico progetto formativo integrato (senza distinzione tra attività del mattino e del pomeriggio). Il modello adottato alla scuola primaria è quello dell’insegnante unico di riferimento, attivabile a richiesta delle famiglie, alternativo al precedente modello del modulo e delle compresenze che risulta ancora molto diffuso. Nel D. M. 2012 n. 254 sono state pubblicate le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo, individuando una serie di discipline obbligatorie e l’insegnamento della Religione cattolica per 2 ore settimanali. Le indicazioni nazionali sono state integrate nel 2008 al fine di potenziare l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Il passaggio dalla prima alla secondaria di I grado non prevede più che gli alunni sostengano un esame. SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO Le classi prime delle medie sono costituite con un numero minimo di 18 e un massimo di 27/28 alunni (possono essere 30 qualora si formi una sola prima), ma nel caso di classi con alunni gravemente disabili il numero massimo è di 20. L’orario annuale obbligatorio è di 990 ore, corrispondenti a 29 ore settimanali più 33 ore annuali da destinare ad attività di approfondimento relativamente agli insegnamenti di materie letterarie (in totale quindi 30 ore settimanali). Il tempo prolungato prevede 36 ore settimanali, estendibili fino a 40. In tutte le classi è impartito l’insegnamento della lingua inglese per 3 ore settimanali e di una seconda lingua per 2 ore settimanali. A richiesta delle famiglie e compatibilmente con le disponibilità di organico, è attivabile il potenziamento della lingua inglese (5 ore settimanali). SECONDO CICLO DI ISTRUZIONE Ai sensi della legge n. 40 del 2007, è stata riconosciuta la pari dignità tra i percorsi del sistema dell’istruzione secondaria superiore (licei, istituti tecnici e professionali) e quelli del sistema dell’istruzione e formazione professionale. Alla luce della riforma Gelmini, la scuola seconda di II grado si presenta articolata in: 6 licei, istituti tecnici divisi in 2 settori e 11 indirizzi, istituti professionali divisi in 11 indirizzi. La riforma del sistema di istruzione e formazione di competenza regionale presenta un ordinamento articolato in qualifiche triennali e diplomi quadriennali. Con tale riforma inoltre i quadri orari sono stati alleggeriti e prevedono un tetto massimo di 30-32 ore settimanali (35 per l’istruzione artistica). ISCRIZIONE Le iscrizioni avvengono esclusivamente online, fatta eccezione per le scuole dell’infanzia, e valgono anche per gli alunni con disabilità (che tuttavia devono presentare alla scuola prescelta la certificazione rilasciata dall’Asl) e per gli alunni stranieri sprovvisti di codice fiscale. Il periodo e la procedura di iscrizione vengono definiti ogni anno con circolare ministeriale, ma in genere le iscrizioni si collocano tra gennaio e febbraio. La richiesta di iscrizione deve ricevere la firma da tutti e due i genitori, avendo entrambi la responsabilità genitoriale. In generale per le iscrizioni vale il principio della libertà di scelta della scuola, ma rimane la suddivisione delle scuole primarie e secondarie di primo grado per bacini di utenza (iscrizioni a scuole diverse da quelle di competenze vengono in genere accettate con riserva, compatibilmente con risorse e posti disponibili). OBBLIGO VACCINAZIONE L’art. 3 del D. L. 73/2017, convertito poi in L. 119/2997, obblia i Dirigenti scolastici all’atto dell’iscrizione del minore di età compresa tra 0 e 16 anni a richiedere ai genitori o al tutore la presentazione della documentazione relativa alle vaccinazioni obbligatorie. Per i nidi e le scuole di infanzia, tale presentazione costituisce requisito d’accesso. Con tale legge sono state infatti rese obbligatorie e gratuite alcune vaccinazioni. INSEGNAMENTO RELIGIONE CATTOLICA (IRC) L’IRC è impartito da insegnanti in possesso di una qualificazione professionale, che fanno parte a tutti gli effetti del Consiglio di classe e partecipano alla valutazione finale degli alunni che se ne sono avvalsi. L’IRC è disciplinato da un accordo tra lo Stato e la Santa Sede (L. 121/1985). I genitori dell’alunno possono scegliere al momento dell’iscrizione di avvalersi o meno di tale insegnamento. Per chi non se ne avvale vengono predisposte delle attività alternative. CONTINUITA’ SCOLASTICA La continuità didattica, ovvero la conoscenza approfondita dell’alunno in modo da programmare le attività, scegliere i metodi e stabilire i tempi più adatti, si articola in: continuità verticale e continuità orizzontale. In generale, garantire la continuità significa creare le condizioni educative ed operative affinché lo sviluppo della personalità dell’alunno avvenga in modo armonico. Più nel dettaglio, i fini della continuità sul piano educativo sono: prevenire la dispersione scolastica, garantire agli alunni un percorso formativo coerente e completo, consolidare un’attitudine degli insegnanti alla continuità, ossia alla collaborazione anche con docenti esterni alla scuola. CONTINUITA’ ORIZZONTALE La continuità orizzontale si esplica nel rapporto tra le diverse agenzie educativa coinvolte nel processo formativo, quali la scuola, le istituzioni, la famiglia e il territorio. Essa riguarda quindi essenzialmente tre fattori: gli stili relazionali, lo spazio e i materialo, la gestione della routine. Tra scuola e famiglia deve dunque realizzarsi un vero e proprio patto educativo, in cui vengano dichiarati gli obiettivi comuni di crescita e di benessere degli alunni, in particolare di quelli più piccoli. CONTINUITA’ VERTICALE La continuità verticale è finalizzata al raccordo tra i diversi ordini di scuola e tra classi dello stesso istituto, con lo scopo di costruire un percorso unitario e non frammentario. Nel nuovo assetto, la prima scuola si configura come scuola della simbolizzazione, la primaria procede verso sistemi simbolico-culturali giungendo dal predisciplinare alle discipline, la scuola seconda di I grado è invece la scuola disciplinare per eccellenza. In quest’ottica tutti gli ordini di scuola si caratterizzano come insieme di esperienze nella formazione armonica della persona attraverso quella che può essere definita un’alfabetizzazione culturale. In questo contesto, continuità non vuol quindi significare una prosecuzione meccanica, ma una successione non traumatica di esperienze diverse, in modo tale che il processo educativo possa realizzarsi sia nella continuità sia nella diversità. La scuola che precede non prepara alla successiva, ma è quest’ultima che si deve raccordare, proseguendo la formazione per raggiungere obiettivi superiori. La Riforma 0-6 (D. Lgs. 65/2017) si colloca in tale quadro in quanto è finalizzata a favorire una maggiore coerenza educativa tra nido e scuola dell’infanzia, in particolare attraverso le sezioni primavera (percorsi educativi per bambini di 2-3, come mezzo di collegamento tra il nido e la scuola d'infanzia) che da sperimentali diventano realtà ordinarie. La L. 111/2001 (art. 9 comma 4) ha imposto che le scuole dell’infanzia, la scuola primaria e secondaria di primo grado devono essere obbligatoriamente aggregate in istituti comprensivi, con l’obiettivo di promuovere la continuità del primo ciclo a partire dai tre anni di età per guidarli in unico percorso strutturante. La continuità negli istituti comprensivi è favorita da una complementarità professionale e amministrativa, in quanto in essi è presente un unico consiglio di istituto un unico collegio dei docenti articolato in sezioni. Il decreto 65/2017 ha inoltre disposto la costituzione di Poli per l’infanzia anche presso direzioni didattiche o istituti comprensivi. Nel passaggio dalla scuola del primo ciclo a quella del secondo ciclo, la continuità verticale si identifica con attività di orientamento, considerato oggi un diritto del cittadino in ogni età e situazione di gestire e pianificare il proprio apprendimento e le proprie esperienze di lavoro in coerenza con obiettivi personali. L’orientamento dunque accompagna l’intero arco della vita di un individuo (lifelong learning). All’interno del contesto scolastico, l’orientamento si articola in varie forme e non si esaurisce con la scelta di un percorso scolastico o con l’avviamento dei giovani al mondo del lavoro: orientamento educativo (conoscenza di sé), orientamento formativo (competenze orientative di base), orientamento informativo (distribuzione di informazioni), orientamento personale (aiuto nelle scelte individuali). 3. AZIONI DI MIGLIORAMENTO: si realizzazione mediante la definizione e attuazione degli interventi migliorativi, anche con il supporto dell’INDIRE e degli altri istituti nazionali, o attraverso la collaborazione con università, enti di ricerca, istituzioni professionali e culturali. LA GOVERNANCE DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE La governance scolastica si articola sue due livelli fondamentali: 1. Amministrazione centrale e periferica (Miur più altri organi statali), 2. Amministrazione scolastica periferica 1. L’amministrazione centrale è costituita dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), suddiviso in dipartimenti ed aree, che a loro volta si dividono in numeroso Direzioni generali. I capi di dei Dipartimenti svolgono compiti di coordinamento, direzione e controllo e da essi sono dipendenti gli Uffici regionali in relazione alle specifiche materie da trattare. In particolare, i compiti del Ministro sono così riassumibili: definizione di obiettivi, priorità e direttive generali per l’azione amministrativa, individuazione delle risorse umane, definizione dei criteri per l’organizzazione della rete scolastica, valutazione del sistema scolastica, determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie, funzioni relative ai conservatori di musica e alle Accademie di Belle Arti. Altri organismi collegati all’amministrazione centrale sono: A. Il consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), istituito nel 2015, è un organo collegiale di supporto tecnico scientifico, composto da 36 membri, con il compito fondamentale di formulare proposte al Ministro sulle politiche da perseguire; B. L’osservatorio per l’edilizia scolastica, promuove iniziative relative alla riqualificazione e manutenzione delle scuole, oltre che ai criteri di progettazione, ai costi e alla sicurezza degli edifici scolastici; C. INVALSI; D. INDIRE. 2. L’amministrazione periferica è costituita anch’essa su vari livelli: il primo è rappresentato dagli Uffici scolastici regionali (USR), che dal 1999 hanno sostituito i precedenti Provveditorati. Essi sono presenti in ciascun capoluogo di regione (in totale sul territorio nazionale sono 18, perché mancano quelli della Valle d’Aosta e del Trentino) e si configurano alla stregua di un ministero regionale con poteri autonomi, in quanto si occupano: - della pianificazione delle scelte sia educative sia organizzative, - della programmazione dell’offerta formativa regionale, - della vigilanza sul rispetto delle norme generali, sull’attuazione degli ordinamenti scolastici, sui livelli d’efficacia dell’azione formativa, nonché sulle scuole non statali paritarie e non paritarie e scuole straniere, - dell’assegnazione alle istituzioni scolastiche delle risorse finanziarie e di personale. Ciascun Ufficio scolastico è articolato in due organi collegiali operativi: A. Organo collegiale a composizione mista, cui compete il coordinamento delle attività gestionali; B. Consiglio regionale dell’Istruzione, con competenze consultive e di supporto all’amministrazione. Il secondo livello dell’amministrazione periferica è rappresentato dagli Uffici Scolastici provinciali (USP), che operano in supporto alle scuole. Con la Riforma della Buona Scuola l’organico è stato ripatito in Regioni, ambiti territoriali e singole istituzioni scolastiche. In particolare, il comma 66 prevede che i ruoli del personale docente siano regionali, articolati in ambiti territoriali suddivisi in sezioni (per grado di istruzione, classe di concorso e così via). Gli ambiti territoriali, definiti dall’USR, hanno un’ampiezza inferiore alla Provincia o Città Metropolitana, perché tengono in considerazione tutta una serie di fattori, tra cui la popolazione scolastica, la prossimità delle scuole e le caratteristiche del territorio. Le competenze in materia di istruzione degli enti territoriali sono numerose e diversificate: - La Regione possiede la competenza legislativa esclusiva sul sistema di istruzione e formazione professionali (art. 117 della Costituzione). In materia di istruzione scolastica, lo Stato e la Regione hanno alcune competenze legislative concorrenti: lo Stato stabilisce i principi generali (durate e tipologia dei corsi, esami e certificazioni, valore legale dei titoli, obiettivi di apprendimento, crediti) mentre la Regione si occupa della loro organizzazione sul territorio (calendario scolastico, programmazione dell’offerta formativa). - Le competenze del Comune in materia di istruzione riguardano invece l’educazione degli adulti, la prevenzione della dispersione scolastica, l’educazione alla salute, vari servizi nelle scuole dell’infanzia e primaria. - La Province hanno competenze solo in materia di scuole secondarie, di cui si occupano – come i Comuni per la primaria – della fornitura di edifici e attrezzature, cura della rete dei trasposti, servizi di supporto ad alunni con disabilità e così via. Il terzo livello dell’amministrazione periferica è infine rappresentato dagli organi collegiali che operano a livello di circolo o istituto, riorganizzati dal Testo unico istruzione: Consiglio di Intersezione, di interclasse e di classe: il primo è proprio della scuola dell’infanzia ed è composto dagli insegnanti delle sezioni dello stesso plesso e dai docenti di sostegno, più un rappresentante eletto dai genitori e dal Dirigente scolastico, che lo presiede. Il secondo è proprio della scuola primaria ed è composto dai docenti delle classi parallele dello stesso ciclo o plesso e dai docenti di sostegno, più un rappresentante eletto dai genito per ciascuna delle classi interessate e dal Dirigente scolastico, che lo presiede. Il terzo è proprio della scuola secondaria ed è composto dai docenti di ogni singola classe, compresi quelli di sostegno, più il DS che lo presiede (può essere presieduto da un docente nominato dal DS). Nella scuola secondaria di I grado, partecipano al Consiglio anche 4 rappresentanti dei genitori, mentre nella secondaria di II grado partecipano 2 rappresentanti dei genitori e 2 degli alunni. I vari consigli hanno il compito di formulare al Collegio dei docenti proposte in ordine all’azione educativa e didattica e ad iniziative rivolte ad estendere i rapporti reciproci tra docenti, alunni e genitori. Si tratti di organi a composizione differenziata, poiché alcune competenze spettano al solo Consiglio, con l’esclusione dei rappresentanti di genitori/alunni. Oltre alle competenze già enunciate, il Consiglio di classe si occupa di deliberare sull’accoglimento di alunni che chiedono il trasferimento nel corso dell’anno o di alunni stranieri, di formulare il giudizio sul profitto dello studente, di disporre le sanzioni disciplinari agli studenti (fino a 15 giorni di sospensione). Questi organi collegiali restano in carica per un anno, al termine del quale le componenti elettive vanno rinnovate. Il Collegio dei docenti: è stato istituito dal D.P.R. 297/1994 come organo collegiale composto esclusivamente dal personale docente e presieduto dal DS. Tale organo si insedia all’inizio dell’anno scolastico e si riunisce quando il DS lo ritiene necessario o se 1/3 dei componenti ne fa richiesta o comunque in media una volta ogni tri/quadrimestre. Le riunioni si svolgono durante l’orario di servizio in one non coincidenti con le lezioni. Il collegio esercita diversi poteri: - poteri deliberanti (la sua funzione più importante è l’elaborazione del PTOF, che viene poi deliberato dal Consiglio di Istituto); - poteri di proposta per la composizione delle classi, la formulazione dell’orario, lo svolgimento delle altre attività didattiche); - poteri propulsivi (iniziative relative all’aggiornamento dei docenti, relative al sostegno deli alunni disabili e alla formazione scolastica degli alunni stranieri); - poteri di valutazione; - poteri di indagine (casi di scarso profitto o comportamento irregolare di alunni segnalati dai consigli di classe); - poteri consultivi. Al collegio dei docenti, subordinato al Consiglio di istituto, spettano dunque poteri in ambito tecnico-educativo. Il Consiglio di circolo o di istituto: ai sensi del T.U. in materia di istruzione, esso è l’organo che si occupa del governo economico-finanziario. L’organo è composto da 14 membri negli istituti con popolazione scolastica fino a 500 alunni e 19 membri in quelli con popolazione superiore ai 500. Partecipano al Consiglio i rappresentanti del personale docente e non docente, i rappresentanti dei genitori e degli studenti e infine il DS. Possono essere chiamati a partecipare anche specialisti che operano in modo continuativo nella scuola, ma solo a titolo consultivo. L’organo resta in carica per tre anni e si occupa in particolare di: - approvare il PTOF, - approvare il bilancio preventivo e il conto consuntivo; - adottare il Regolamento di istituto, - adattare il calendario scolastico; determinare i criteri per la programmazione e tutte le attività non strettamente didattiche (recupero, sostegno, viaggi di istruzione, visite guidate e così via), - promuovere i contatti con le altre scuole, - promuovere l’educazione alla salute e alla prevenzione. Il Consiglio si occupa anche di emanare il Regolamento di istituto (D. Lgs. 297/1994), che disciplina le attività quotidiane della scuola (vedi pag. 51). Al loro interno, i Consigli di circolo/istituto eleggono una Giunta esecutiva, composta oltre che dal DS e dal DSGA, anche da un docente, un non docente e due genitori (negli istituti secondari un posto dei genitori è ricoperto da un rappresentante degli alunni). La Giunta resta in carica 3 anni e svolge compiti preparatori ed esecutivi nei riguardi del Consiglio. Il Comitato per la valutazione degli insegnanti: regolamentato dalla L. 107/2015, è un organo di durata triennale, costituito presso ogni istituzione scolastica e presieduto dal DS. Esso è composto da 3 docenti, due rappresentanti dei genitori (nella scuola dell’infanzia e nel I ciclo, mentre un rappresentante dei genitori e uno degli alunni nel II ciclo), e un componente esterno scelto dall’USR. Tale organo esprime il proprio parere sul superamento del periodo di formazione e di prova del personale docente ed educativo. L’assemblea dei genitori: può essere di classe e di istituto (o di sezione nelle scuole dell’infanzia) e si svolge fuori o dentro i locali del circolo/istituto dopo essere stata autorizzata dal DS, sentita la Giunta del Consiglio di Istituto. La riunione viene pubblicizzata sull’albo della scuola. Possono parteciparvi, con diritto di parola, il DS e gli insegnanti. Il Dirigente scolastico e i suoi collaboratori: ai sensi del D. Lgs. 165/2001, il Dirigente scolastico si occupa della gestione imprenditoriale della scuola-azienda, quindi gestisce le risorse umane, finanziarie e strumentali, organizza l’attività scolastica ed è titolare delle relazioni sindacali. Il DS può avvalersi del supporto di docenti da lui individuati, ai quali delegare compiti specifici. In generale tali collaborazioni sono riferibili a due docenti, retribuiti con i finanziamenti a carico del fondo per le attività aggiuntive (FIS). Il DS può scegliere tra i propri collaboratori un docente che esplichi la funzione di collaboratore vicario. In questo contesto, la legge sulla Buona Scuola ha previsto che il DS possa individuare, nell’ambito dell’organico dell’autonomia, fino al 10% dei docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo e didattico. Tale legge prevede anche un ampliamento delle funzioni strumentali, non più definite a livello nazionale. Secondo il dettato dell’art. 33 comma 2 del contratto nazionale, le funzioni strumentali vengono identificate con delibera del Collegio dei docenti in coerenza con il PTOF, che ne definisce i criteri di attribuzione, numero e destinatari. La loro azione è indirizzata a garantire proprio la realizzane del PTOF. Una funzione strumentale può essere affidata a qualunque docente ne faccia richiesta, eccetto chi svolge già un incarico di collaborazione (compenso non cumulabile con le funzioni strumentali). Il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA): la sua area di competenza si suddivide in: - servizi generali (organizza il lavoro del personale non docente) e – servizi amministrativi (affidati alla segreteria, sono suddivisi per settori: didattica, contabilità, personale, beni). Ha alle sue dipendenze il personale ATA. dichiarano ed esplicitano l’offerta formativa e le famiglie e gli allievi riconoscono il Curriculo di istituto, esprimono il proprio parere e collaborano alla sua realizzazione. OFFERTA FORMATIVA E PROGRAMMAZIONE L’art.2 del D.P.R. 275/1999 ha istituito il Piano dell’offerta formativa (POF), poi sostituito con la L. 107/2015 dal Piano triennale dell’offerta formativa, la cui principale novità rispetto al piano precedente consiste nella durata triennale della progettazione anche per le risorse finanziarie. Il PTOF è elaborato dal Collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti dal DS, che a tal fine tiene conto anche delle proposte formulate dalle associazioni dei genitori e dagli studenti (nelle scuole del II ciclo). Esso viene poi approvato dal Consiglio di circolo o istituto ed è pubblicato sul sito della scuola. Gli ambiti di intervento del PTOF riguardano aspetti fondamentali della vita scolastica e comprendono attività quali: - Predisposizione del curricolo, - Progettazione di attività didattiche curricolari d extracurriculari, - Individuazione del fabbisogno dei posti comuni e di sostegno dell’organico dell’autonomia, dei posti per il potenziamento, dei posti del personale ATA, del fabbisogno di infrastrutture e attrezzature, - Promozione di iniziative volte a contrastare le diseguaglianze del territorio e la dispesone scolastiche, - Pianificazione di attività al fine di sviluppare le otto competenze chiave di cittadinanza previste dalla Raccomandazione UE del 2006 e 2018, - Programmazione di iniziative educative volte ad attuare i principi di pari opportunità (promuovere la parità tra i sessi, prevenire la violenza di genere e tutte le forme di discriminazione). Le iniziative da incrementare sono poi anche quelle risultanti dal RAV e dal PDM allegato al PTOF. Per quanto riguarda la struttura, il PTOF si articola in quattro parti: 1. Le fonti, 2. Le offerte e i programmi, 3. Il regolamento, 4. La valutazione. È possibile inoltre apportare delle modifiche al PTOF, che vanno integrate entro il 30 ottobre, a patto che vengano rispettati determinate precondizioni, quali l’analisi del RAV e del relativo PDM, l’analisi del programma annuale, l’ascolto dei docenti e collaboratori, lo studio dello stato delle attrezzature e così via. La legge sulla Buona scuola ha inoltre individuato una serie di obiettivi formativi (vedi pag. 66), che le scuole possono inserire nel PTOF, avvalendosi anche dell’organico dell’autonomia, ma a differenza del RAV e PDM esso non prevede un format prestabilito (il Miur indica solo delle linee guida). CURRICOLO DELLA SCUOLA Nel PTOF le scuole determinano il curricolo obbligatorio per i propri alunni, elaborato dal Collegio dei docenti in sinergia con le famiglie e le componenti civili e sociali del territorio. Il curricolo può essere costruito in verticale, articolando gradualmente il percorso per raggiunge le mete proposte dall’istituto ai suoi alunni, ma può anche essere considerato in orizzontale, ovvero tra le varie discipline per evitare la frammentazione dei saperi. La scelta del curricolo è a discrezione della scuola, che può scegliere autonomamente di scegliere il percorso da seguire in funzione delle varie esigenze degli alunni che frequentano la scuola, delle competenze e delle risorse presenti. In ogni curricolo è presente una quota obbligatoria di attività e discipline stabilite a livello nazionale e una quota riservata, definita autonomamente da ogni istituto come ampliamento dell’offerta formativa (che risulta così diversificata in funzione del tessuto sociale in cui opera). In generale, ogni scuola deve elaborare il proprio PTOF rispettando le finalità e gli obiettivi posti dalle Indicazioni nazionali. Il curricolo si articola in: - campi di esperienza nella scuola dell’infanzia, - discipline nella scuola del I ciclo, - individuazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze (azione educativa), - obiettivi di apprendimento, ovvero le conoscenze e abilità necessarie al raggiungimento delle competenze. PROGRAMMAZIONE NELLA SCUOLA In seguito alla definizione del curricolo, si avvia l’attività di programmazione della scuola, che si esplica in tre momenti fondamentali: - Programmazione di istituto, elaborata dal Consiglio di istituto, che individua le finalità educative generali e le risorse a disposizione della scuola. Essa si occupa, ad esempio, delle seguenti questioni: dotazione degli spazi, del personale docente, dei materiali, numero di alunni per classe, rendimento scolastico, provenienza degli alunni). - Programmazione educativa, elaborata dal Collego dei docenti, che progetta i percorsi formativi in riferimento agli obiettivi riguardanti lo sviluppo della personalità degli alunni, costituita da: area sociale (relazione interpersonali), area cognitiva (sapere e saper fare), area motoria (uso corretto del corpo), area affettiva (saper essere). - Programmazione didattica, elaborata e approvata dal Consiglio di intersezione, interclasse o classe, che delinea il percorso formativo della classe e del singolo alunno. A tale consiglio spetta un’analisi più realistica della situazione di partenza degli alunni, per cui il lavoro degli altri due consigli funge da preposto. La prima attività da compiere è la verifica dei prerequisiti e delle abilità, cui segue l’individuazione degli interventi didattici mirati. La programmazione didattica si occupa pertanto di tradurre gli obiettivi educativi in attività da compiere in classe per il raggiungimento dei traguardi prefissati. Il PTOF si inserisce nella cosiddetta macroprogettazione, che costituisce il primo livello di progettazione si pone a monte della microprogettazione, ossia della programmazione di dettaglio, in cui rientrano la programmazione annuale ma anche quella della singola lezione. I docenti elaborano la programmazione didattica individualmente, per le discipline che insegnano, e collegialmente nei Collegi docenti e Consigli di classe. In generale, la programmazione si esplica nella elaborazione di tutti i documenti necessari che formalizzano e pubblicizzano tali strategie didattiche. Essa rappresenta pertanto un obbligo di legge nel nostro sistema scolastico, previsto al fine di razionalizzare i processi insegnamento/apprendimento, ma è anche espressione dell’autonomia didattica delle scuole. ALTRI DOCUMENTI Il DS deve occuparsi, all’inizio dell’anno scolastico, di formulare anche il Piano annuale delle attività dei docenti, deliberato dal Collegio dei docenti, nel quale vengono formalizzati gli obblighi di lavoro dei docenti complementari e funzionali alle attività di insegnamento. Può prevedere anche attività aggiuntive, collegate alla pianificazione espressa nel PTOF. SCUOLA DELLA COMPETENZA E DOCUMENTI EUROPEI Le competenze si definiscono come l’insieme delle conoscenze, delle abilità e degli atteggiamenti che consentono a un individuo di ottenere risultati utili al proprio adattamento negli ambienti a lui significativi. Le competenze si manifestano pertanto come capacità di affrontare e padroneggiare i problemi attraverso l’uso di abilità cognitive e sociali. Esse si suddividono in: - Competenze cognitive (concetti e strumenti di base), - Competenze metacognitive (consapevolezza e controllo dei processi di apprendimento), - Competenze trasversali (affrontare problemi, prendere decisioni, sviluppare soluzioni creative). Nel contesto scolastico italiano, l’introduzione del concetto di competenza è piuttosto recente e risale alla r iforma Berlinguer/De Mauro del 2000, legge in cui le competenze diventano elementi fondanti del sistema educativo. Tale ruolo viene confermato dalla legge di riforma n. 53 del 2003 e dal Profilo educativo, culturale e professionale dello studente (D. Lgs. 2004 n. 59), in cui vengono precisate le competenze che dovrebbe possedere uno studente al termine del I ciclo di istruzione. A livello europeo, un importante lavoro in merito al miglioramento del livello formativo generale è stato svolto dal Vertice di Lisbona del 2000 (Strategia di Lisbona), il cui obiettivo principale era quello di rendere competitivo e dinamico, entro il 2010, il sistema economico europeo basato sulle conoscenze. Per favorire l’accesso alle competenze di base furono quindi delineate le competenze chiave che ogni alunno deve raggiungere al termine del periodo obbligatorio di istruzione o formazione. Nel 2010, la Commissione Europea ha proposto poi una nuova Strategia, denominata Europa 2020, che rappresentava la prosecuzione della Strategia di Lisbona, individuando tuttavia nuovi motori di crescita da realizzare attraverso azioni concrete, a livello europeo e nazionale, alla luce delle diverse situazioni di partenza rispetto al 2000. Tali motori sono 3: - crescita intelligente (innovazione, istruzione e società digitale), - crescita sostenibile, - crescita inclusiva (maggiore partecipazione al mercato del lavoro, acquisizione di competenze e lotta alla povertà). Il primo fondamentale documento redatto in merito allo sviluppo delle competenze è la Raccomandazione europea del 2006, a partire dalla quale le competenze vengono definitivamente inserite nell’ordinamento scolastico italiano. Attraverso tale documento, l’UE ha invitato gli stati membri a sviluppare, all’interno delle loro politiche educative, delle strategie finalizzate ad assicurare alcuni obiettivi principali, quali: - garantire a tutti i giovani, tramite l’istruzione e la formazione iniziali, gli strumenti per sviluppare le competenze chiave; - offrire il sostegno necessario ai giovani che si trovano in condizioni di svantaggio educativo; - permettere agli adulti di sviluppare e aggiornare le competenze chiave in tutto il corso della vita (lifelong learning). Nel 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una nuova Raccomandazione sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente, che rinnova e sostituisce la precedente. Come la Raccomandazione del 2006, tale documento non possiede valore vincolante per gli Stati membri, che restano i soli responsabili riferimento fondamentale i seguenti articoli: - art. 12 Diritto all’educazione e all’istruzione; - art. 13 Integrazione scolastica; - art. 14 Modalità di attuazione dell’Integrazione (ruolo degli insegnanti di sostegno); - art. 15 Gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica; - art. 16 Valutazione del rendimento e prove d’esame. In questo contesto, la legge individua tre strumenti fondamentali: - la Diagnosi Funzionale (DF), - il Profilo Dinamico Funzionale (PDF), - il Piano Educativo Individualizzato (PEI). Tali documenti vengono redatti in collaborazione con il SSN e sono stati applicati fino al 1° gennaio 2019, quando è entrato in vigore il nuovo regime previsto dal D. Lgs. 66/2017, che ha sostituito il PDF con il nuovo Profilo di funzionamento. Si occupa dell’integrazione scolastica delle persone disabili, oltre che della loro cura, anche la L. del 200 n. 328, la legge quadro che indica come obiettivi da realizzare la qualità della vita, prevenzione, l’eliminazione delle condizioni di disabilità, del disagio personale e familiare, la promozione delle pari opportunità e la non discriminazione. A tale scopo, essa prevede la predisposizione di Progetti individuali per le persone disabili, realizzati d’intesa dai Comuni con le ASL, che comprendono, tra i vari servizi, anche quelle specifici per il recupero e l’integrazione scolastica. Il D. Lgs. 66/2017, di attuazione della delega contenuta nella L. 107/2015, è incentrato sull’inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità certificata ai sensi della L. 104, che viene modificata in alcuni punti fondamentali. In questo decreto viene ribadito che l’inclusione scolastica interessa tutte le componenti scolastiche, e non solo il docente di sostegno, ovvero il DS, i docenti di classe, il personale ATA, gli studenti e le famiglie, tutti gli operatori istituzionali. Esso stabilisce infatti che si terrà conto della presenza in ciascuna scuola di alunni con disabilità e del loro genere, per l’attribuzione del personale ATA. I principali contenuti del decreto sono i seguenti: - rafforza la collaborazione delle famiglie e delle associazioni; - definisce i compiti spettanti a ciascun attore istituzionale (Stato, Regioni ed Enti locali); - incrementa la qualificazione professionale delle Commissioni mediche per gli accertamenti; - introduce il modello bio-psico-sociale dell’ICF (classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute), adottata dall’OMS nell’ambito del nuovo Profilo di funzionamento; - introduce una nuova procedura per il sostegno didattico; - riordina e rafforza i Gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica; - il PEI diventa parte integrante del Progetto Individuale; - prevede una formazione specifica per il personale docente, Ata e per il Dirigente; - introduce un nuovo percorso di formazione iniziale per i docenti di sostegno. L’attenzione verso i bisogni educativi speciali (BES) si è sviluppata in Italia tramite la Direttiva ministeriale del 2012, Strumenti di intervento per alunni con BES e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, ed è proseguita con il C. M. 8/2013. Quest’ampia area dello svantaggio scolastico comprende tre grandi sotto- categorie: 1. Area della disabilità (L. 104/1992 e D. Lgs. 66/2017) 2. Area dei disturbi evolutivi specifici, con cui si intendono: - disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) (L. 107/2010), - deficit del linguaggio, deficit delle abilità non verbali, deficit della coordinazione motoria, deficit dell’attenzione e dell’iperattività (DDAI o ADHD). Si tratta spesso di problematiche non certificabili dalla L. 104 e non determinano pertanto il diritto al sostegno. La normativa prevede tuttavia che i Consigli di classe possono avvalersi degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalla L. 107. 3. Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale. In questa area rientrano anche gli alunni stranieri, la cui situazione è delineate nelle Linee guida per l’accoglienza degli alunni stranieri, con nota MIUR n. 4233/2014, che regolamentano le attività di iscrizione, accoglienza e integrazione. La scuola si impegna alla promozione dell’integrazione culturale e alla valorizzazione della cultura di appartenenza, garantendo il diritto di istruzione alle stesse condizioni degli alunni italiani (obbligo scolastico). La L. 47/2017, in particolare l’art. 14), riconosce inoltre il diritto all’istruzione anche ai minori stranieri non accompagnati. L’iscrizione può avvenire in qualsiasi momento dell’anno scolastico. In termini di valutazione, i riferimenti normativi sono molteplici e sono stati riorganizzati in un testo unico, il D. Lgs. 62/2017, interamente dedicato alla valutazione, certificazione delle competenze ed esami di Stato, con articoli specifici per gli alunni con disabilità, DSA e BES. Le principali norme sono: - L’art. 16 della legge 104/1992: viene indicato per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, vengono predisposte nella scuola dell’obbligo prove d’esame corrispondenti agli insegnamenti impartiti, nella secondaria di II grado sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi per le prove scritte/grafiche e la presenza di assistenti. - L’O.M. del 1995 n.80 - L’O.M. del 1997 n. 266: tutti gli elementi utili alla valutazione devono essere riportati in una specifica relazione predisposta dal consiglio di classe. - D.P. R. del 2009 n. 122: i docenti di sostegno partecipano alla valutazione di tutti gli alunni, qualora uno studenti sia affidato a più docenti di sostegno questi si esprimono con un unico voto, sono ammesse prove di esame differenziate con valore equivalente a quelle ordinarie al fine del superamento dell’esame conclusivo del I ciclo, tali prove possono essere sostenute con l’uso di attrezzature tecniche e sussidi didattici, per ragioni di pari opportunità sui diplomi di licenza è riportato il voto in decimi senza menzionare le modalità differenziate di svolgimento delle prove. Tali provvedimenti sono confluiti in gran parte nel D. Lgs. 62/2017. - L’O.M. del 2015 n. 11: fornisce istruzioni e modalità organizzative per gli esami di Stato conclusivi dei corsi di istruzione secondaria di II grado. Dal punto di vista internazionale, il punto di riferimento in materia di integrazione scolastica è rappresentato dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dalla Legge del 2009 n. 18. Nella prima parte della Convenzione si afferma il modello sociale della disabilità, secondo cui essa è dovuta all’interazione tra il deficit di funzionamento della persona e il contesto sociale, in accordo con il modello di classificazione biopsicosociale sostenuto dall’ICF (si concentra solo sul funzionamento e adotta un linguaggio neutrale rispetto all’eziologia). Nella seconda parte della Convenzione, l’attenzione si concentra sull’integrazione scolastica, ambito nel quale viene riconosciuta la responsabilità educativa di tutto il personale della scuola e si ribadisce la necessità di una corretta e puntuale progettazione individualizzata per l’alunno con disabilità, in accordo con gli enti locali, l’ASL e le famiglie. Nel contesto europeo, è stata elaborata la Strategia europea sulla disabilità (2019-2020), finalizzata a far crescere i paesi dell’UE sotto tre punti di vista: intelligenza, sostenibilità e inclusività. Nell’elaborazione della strategia, la Commissione europea ha individuato otto aree di azione congiunta tra gli Stati dell’UE, ovvero: 1. Accessibilità, 2. Partecipazione, 3. Uguaglianza, 4. Occupazione, 5. Istruzione e formazione, 6. Protezione sociale, 7. Salute, 8- azione esterna. Attraverso tale strategia, l’UE si propone, oltre che di sensibilizzare la popolazione, anche di incentivare lo stanziamento di fondi, monitorare l’operato dei singoli paesi e raccogliere dati utili a verificare il lavoro fatto e introdurre nuove strategie da mettere in campo. L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA L’integrazione scolastica è avvenuta a partire dai primi anni Settanta, quando vengono definitivamente abbattuti i confini tra scuole speciali e scuole normali. Si prevede a partire da quel momento un’organizzazione didattica a classi, per rendere possibile l’individuazione dell’insegnamento, cui si aggiungono le attività di gruppo. Tali modalità organizzative delineano una scuola su misura, basata cioè su un principio di flessibilità, di adeguamento alle esigenze, ai ritmi e alle modalità di apprendimento di ciascun alunno. Più nello specifico, un piano educativo individualizzato per studenti diversamente abili dovrebbe orientarsi allo sviluppo delle potenzialità di base e al rafforzamento delle abilità residue, permettendo all’alunno di partecipare integralmente alla vita comune della classe. Per quanto invece riguarda le attività di gruppo, è necessario che siano presenti sia l’aspetto motivazionale sia quello relativo ad un apprendimento adeguato. A questo proposito, una composizione eterogenea risulta più efficacie sul piano motivazionale, mentre una composizione omogenea potrebbe essere più efficacie sul piano dell’apprendimento. Si rende pertanto necessario che gli alunni diversamente abili svolgano anche attività fuori dalla classe, con tempi e ritmi diversificati e strumenti linguistici e matematici appropriati. All’interno di tali attività, gli alunni possono lavorare da soli o preferibilmente assieme ad altri alunni che presentano le stesse esigenze. Per quanto riguarda le difficoltà dell’accoglienza dell’alunno disabile, esse possono essere sintetizzate come segue: problematica dell’accettazione (dell’alunno da parte dei docenti, sia sul piano cognitivo sia su quello socio- emotivo) e problematica del superamento delle resistenze psicologiche (stereotipi, pregiudizi). In questo contesto assume un compito fondamentale il Piano per l’inclusione, ovvero un documento molto dettagliato predisposto da ciascuna scuola all’interno del PTOF, allo scopo di definire le modalità per l’utilizzo coordinato delle risorse (umane, strumentali finanziarie), per il superamento delle barriere architettoniche, per progettare e programmare gli interventi per la qualità dell’inclusione scolastica. Tale documento deve essere redatto entro il mese di giugno e si compone di due parti: nella prima parte si individuano i punti di forza e criticità degli interventi posti in atto nel corso dell’anno, nella seconda parte si formulano ipotesi di utilizzo delle risorse al fine di incrementare il livello generale di inclusione della scuola nel corso dell’anno successivo. Esso viene definito e realizzato dal Collegio dei docenti, con il supporto del GLI (Gruppo per l’Inclusione), che sua volta si avvale della consulenza e del supporto degli studenti, dei genitori e delle associazioni di persone con disabilità maggiormente rappresentative del territorio. Al fine di attuare tale Piano, inoltre, il GLI collabora con le istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio (trasversalità dell’inclusione scolastica). TAPPE PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA 1. Accertamento della disabilità: rappresenta la prima fase del percorso di integrazione scolastica degli alunni con disabilità, regolata dal D. P. R. 1994 e dal D. P. C. M. 2006 n. 185, in base ai quali l’accertamento spetta alla Commissione dell’ASL (Unità multidisciplinare). Tuttavia, è sufficiente la certificazione di uno specialista pubblico o di uno psicologo in servizio o convenzionato con l’ASL. 2. Diagnosi funzionale (DF): contiene la descrizione analitica della compromissione funzionale dell’alunno e permette di evidenziare, oltre allo stato del suo deficit, anche le sue potenzialità e gli obiettivi da raggiungere a medio e lungo termine. I contenuti dalla DF sono: 1. Anamnesi familiare, 2. Aspetti clinici, 3. Aspetti psicosociali relativi all’area cognitiva, affettivo relazionale, linguistica, sensoriale, motoria e neuropsicologica. Essa deve essere aggiornata in relazione all’evoluzione dell’alunno e al passaggio dei vari ordini di scuola o in seguito ad avvenuti cambiamenti. La DF deve essere redatta in tempi utili per la compilazione del PEI. 3. Profilo dinamico funzionale (PDF): viene formulato sulla base della DF e della conoscenza che gli operatori hanno del soggetto, documentata dal Fascicolo personale dell’alunno (elaborato dal Consiglio di classe). Altre fonti per la redazione del PDF sono le informazioni della scuola precedente, della famiglia e le osservazioni sistemiche. Il PDF deve riportare deve riportare la descrizione delle difficoltà dell’alunno e il suo sviluppo potenziale nei tempi brevi (sei mesi) e lunghi (due anni). Viene redatto da un Gruppo di lavoro misto, composto dall’Unità multidisciplinare, dai docenti curriculari, dal docente di sostegno e dai genitori dell’alunno. I suoi contenuti riguardano gli stessi ambiti individuati dalla DF (cognitiva, affettivo relazionale, linguistica, sensoriale, motoria e neuropsicologica), per i quali devono essere previsti i possibili sviluppi nel funzionamento. Esso viene sottoposto a verifiche in media ogni biennio, dunque alla fine della seconda e della quarte classe della scuola primaria, alla fine della secondaria di I grado e durante quella di II grado. Il documento ha valore amministrativo, in esso vengono infatti indicate le ore di sostegno e l’area disciplinare dell’insegnante di sostegno. Si tratta di un documento particolarmente importante, perché su di esso dovranno poi basarsi i piani annuali previsi per l’alunno, nonché di un momento di confronto importante tra i diversi operatori coinvolti nella presa in carica del minore con disabilità. Una sintesi del PDF, come accennato, costituisce la premessa per la realizzazione del PEI. 4. Piano educativo individualizzato (PEI): rappresenta il progetto di vita scolastico di ogni alunno con disabilità. Per la sua elaborazione è necessario indagare su quattro aree fondamentali di sviluppo, quali la DF, il PDF, la determinazioni di obiettivi, attività, metodi di lavoro, strategie e materiali da utilizzare nel processo integrativo e infine la verifica tra gli obiettivi programmati e quelli raggiunti. Il PEI è redatto dal GLHO, in cui viene coinvolta la famiglia dell’alunno, che lo sottoscrive e ne riceve una copia. Esso viene redatto all’inizio di ciascun anno scolastico, dopo un periodo di osservazione e analisi della situazione di partenza. La parte didattica del PEI viene compilata dall’insegnante di sostegno, dopo aver raccolto tutte le informazioni e il materiale relativo all’alunno, e consta di quattro parti: la DF, il PDF, la definizioni di attività e materiali, la definizione dei metodi di lavoro. I documenti necessari alla sua elaborazione, oltre ai già citati DF e PDF, sono: la relazione finale del PEI dell’anno precedente, la programmazione della didattica individualizzata, i verbali delle riunioni previste dalla Legge 104, eventuale progetto comunità, i progetti di Tempo Integrato, i progetti significativi per l’integrazione presenti nel PTOF. Il PEI rappresenta un progetto articolato, che coinvolge più operatori, il cui coordinamento, nonché monitoraggio e verifica, è affidato all’insegnante di sostegno. Quest’ultimo/a classifica i materiali seguendo degli schemi, che semplificano la lettura e progettazione, mentre nella stesura finale del PEI di solito si utilizza un modello, seguendo le Indicazioni dettate dal MIUR, articolato in 5 sezioni: storia clinica e familiare dello studente, valutazione delle Aree fondamentali dello sviluppo, valutazione della dimensione psicologico-emotiva, progetto educativo, verifica finale e in itinere. Le indicazioni nazionali raccomandano che il soggetto sia sottoposto a osservazione costante, che può essere libera o effettuata col supporto di griglie. Le osservazioni devono essere continuate e sistemiche e devono avvalersi di indicatori relativi alle caratteristiche che si intendono osservare e misurare. All’osservazione segue poi la programmazione. Gli obiettivi della programmazione si distinguono in due gruppi: - obiettivi educativi, sono formativi e quindi trasversali a tutte le discipline, coinvolgono infatti l’area socio-affettiva e psico-motoria; - obiettivi didattici, sono specifici di una o più discipline e devono tradursi in conoscenze, competenze e capacità. Gli obiettivi si distinguono, inoltre, in obiettivi generali (finalità generali del processo educativo) e obiettivi immediati/operativi (acquisizione di singole abilità). La programmazione è l’insieme dei contenuti, dei tempi, dei metodi, degli strumenti, delle verifiche e della valutazione. Essa coinvolge tutto il consiglio di classe ed è riferita agli obiettivi della casse, rispetto ai quali però procede secondo obiettivi minimi semplificati e una didattica differenziata. In caso di rifiuto da parte della famiglia di tale programmazione differenziata, l’alunno viene valutato secondo gli stessi criteri adottati dal gruppo. Spetta all’insegnante di sostegno il compito di avvicinare gli obiettivi individuali a quelli della classe e, a tale scopo, di individuare i metodi, le strategie e gli strumenti più adatti ed efficaci. Per gli alunni frequentanti le scuole secondarie di II grado, è possibile prevedere un PEI differenziato in funzione di obiettivi didattici e formativi non riconducibili a quelli ministeriali. In questo caso, l’alunno con disabilità sarà sottoposto, durante gli esami conclusivi, a delle prove differenziate. L’introduzione della programmazione nelle attività scolastiche ha come conseguenza l’esplicitazione e quindi la pubblicazione delle scelte educative della scuola stessa, poiché il processo di definizione degli obiettivi rende trasparente il lavoro didattico, oggettivandolo in azioni concrete e verificabili. Tale elemento rappresenta il contratto formativo tra chi opera nella scuole e i suoi utenti, dunque gli studenti e più in generale la comunità sociale. La disciplina della certificazione della disabilità, e in particolare della sua procedura, è stata innovata dal D. Lgs. 66/2017, nella direzione di una sua semplificazione. In luogo della DF e del PDF, il nuovo decreto prevede un solo documento, il Profilo di funzionamento, in accordo con il modello di classificazione biopsicosociale sostenuto dall’ICF. Tale documento definisce la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l’inclusione scolastica ed è propedeutico e necessario ai fini della formulazione del Progetto individuale, redatto dall’ente locale competente, e del PEI, affidato alle istituzioni scolastiche. Il Decreto è inoltre intervenuto sull’assetto compositivo delle commissioni mediche per l’accertamento della disabilità, ora composte da un medico legale (con funzione di presidente), due medici specialisti, un assistente o operatore sociale (individuati dall’ente locale) e un medico dell’INPS. La nuova procedura per l’inclusione nella scuola, dunque, solleva la famiglia da numerosi adempimenti burocratici, che vengono rimessi al medico di base e alla scuola. A decorrere dall’anno 2019/20, ai sensi del suddetto decreto, anche il PEI subisce delle modifiche: - viene elaborato e approvato dal consiglio di classe con la partecipazione dei genitori e delle figure professionali che interagiscono con la classe o con l’alunno in questione; - tiene conto della certificazione di disabilità e del Profilo di funzionamento, - esplicita le modalità didattiche e di valutazione in relazione alla programmazione individualizzata, - definisce gli strumenti per lo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro, - è redatto all’inizio di ogni anno scolastico ed è soggetto a verifiche periodiche.