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Letteratura Latina - Gian Biagio Conte, Sintesi del corso di Letteratura latina

Capito II del manuale Gian Biagio Conte contenente

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 01/04/2021

dora-aquila
dora-aquila 🇮🇹

4.6

(16)

18 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Letteratura Latina - Gian Biagio Conte e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! LIVIO ANDRONICO a) La vita: scarsi sono i dati biografici, sappiamo che nacque nella greca Taranto e fu condotto a Roma come prigioniero di guerra nel 272 circa; schiavo di Livio Salinatore, una volta libero assunse il nomen del patrono. La letteratura latina iniziò con la rappresentazione di una sua fabula nel 240 ai ludi Romani, mentre nel 207 compose un carme in onore di Giunone Regina per allontanare i cartaginesi – un partenio cantanto da 27 fanciulle ma a noi non pervenuto. b) Odusia: tradusse l’Odissea di Omero per il pubblico di Roma, ma senza riprodurre calchi di parole da una lingua all’altra, bensì trasponendo la poesia di Omero in altro ambiente culturale: Livio romanizza Omero. Ma perché l’Odissea e non l’Iliade? Il primo poema omerico avrebbe coinvolto il pubblico romano, ma le azioni erano proiettatate in un tempo remoto ed incontestualizzabili, mentre l’Odissea restava pur sempre il pomea del ritorno e della nostalgia, del legame con la patria. Il verso utilizzato è il saturnio, verso religioso ed oracolare che permeava la traduzione di una patina arcaica. c) Le tragedie: sono a noi pervenuti i titoli di otto tragedie: Achilles, Aegisthus, Aiax masigophorus, Andromeda, Danae, Equos troianus Hermiona, Tereus. Il modello principale fu Euripide, per la sua capacità di intensificare gli stati d’animo; il coro doveva essere presente ma non era più rilevante, mentre si distingueva tra diverbia e cantica, con i primi – senari giambici – che erano parti recitate, i secondi – metri molto vari – parti cantate che compensavano, almeno nella commedia, la mancanza del coro. d) Le commedie: tre titoli ci restano, ovvero Gladiolus, Ludius o Lydius e Virgo e Vargus. Livio sostituì le rudi forme popolari italiche di rappresentazione con testi tratti dai greci – quelle che poi divennero palliatae. La commedia non aveva un coro vero e proprio, per contro le trame non variavano assolutamente rispetto alle greche, ma presero in considerazione la nea, scartando il genio di Aristofano, soppiantato da Menandro. NEVIO a) La vita: trascorse una vita ricca di esperienze, ma fu cittadino romano e dunque libero, essendo nato in Campania; combatté nella prima punica, al 235 risale la sua prima rappresentazione drammatica. Un celebre saturnio contro la famiglia dei Metelli, “Fato Metelli Romae fiunt consules”, e la sua costanze inimicizia nei confronti della suddetta famiglia lo portarono all’incarcerazione e all’esilio, con la morte che lo colse ad Utica nel 201. b) Le tragedie: ci sono pervenuti circa cinquanta frammenti e sei titoli di cothurnatae – tragedie di argomento greco: Aesiona, Danae, Equos troianus, Hector proficiscens, Iphigenia, Lucurgus, il che ci porta ad evidenziare una preferenza per il ciclo troiano, ma si hanno anche due titoli di praetextae, ovvero Romulus e Clastidium. Lo stile del teatro tragico neviano tende ad allontanarsi dalla sfera del quotidiano. c) Il Bellum Poenicum: nell’epica Nevio innovò introducendo un epos di argomento storico, in saturni, sulla Guerra Punica, concepito come carmen continuum ma suddiviso in sette libri dal grammatico Ottavio Lampadione; in esso la storia si intreccia col mito, con Enea, sul quale dovrebbe esserci – ad intuizione dei frammenti che possediamo – un’ampia digressione. Sia la scelta dell’argomento storico, sia il fatto che i versi dovrebbero essere tra i 4 ed i 5000 fanno pensare ad un’ispirazione di tipo ellenistico, benché le note originali siano evidenti, soprattutto dal punto di vista espressivo, con immagini che paiono anticipazioni dell’Eneide, nell’efficacia di alcuni vocaboli. d) Le commedie: trenta titoli di palliate: Acontizomenos, Agrypuntes, Astiologa, Gymnasticus, Colax – greci, Apella, Carbonaria, Corollaria, Clamidaria, Figulus, Personata, Tarentilla: non è difficile intuire che fu lui ad iniziare la cosidetta contaminatio. Il suo riso è sapito e grossolano, e le sue frecciate satiriche non risparmiano nessuno; la sua capicità espressiva è evidente nella Tarentilla, la ragazza di Taranto, una cortigiana dipinta con una grazia ed una malizia fori dal normale. PLAUTO a) La vita: Nacque a Sarsina – oggi provincia di Forlì – intorno al 251; le prime commedie risalgano a quando venne costretto, per questioni debitorie, a girare la macina di un mulino: Saturio ed Addictus sono i titoli delle suddette, l’autore morì nel 184. b) La questione plautina: al 184 circolavano 130 commedie sotto il suo nome, delle quali Elio Stilone riconobbe come genuine solo 25, per poi dividerle in 21 di certa attribuzione (consensu omnium), 19 dubbie e 90 spurie. c) La cronologia delle commedie: per effettuare una rapida cronologia delle commedie bisogna datarsi su ciò che resta dei manoscritti e su quelli che sono i riferimenti storici contenuti nei testi, pertanto poco c’è di sicuro: Stichus e Pseudolus sono databili al 200 ed al 191 in quanto furono rappresentati rispettivamente per i ludi plebeii e per i ludi Megalenses, mentre il Miles Gloriosus è ipotizzabile il 205 – per l’allusione alla prigionia di Nevio, il Poenulus al periodo successivo alla II Punica, la Cistellaria alla fine di questa stessa guerra, l’Epidicus viene citato nelle Bacchides ed è ad essa anteriore, la Casina fa allusione all soppressione dei Baccanali nel 186. d) Le trame: 1) Amphitruo: Giove è innamorato di Alcmena, e per congiungersi a lei assume l’aspetto del marito, Anfitrione, mentre Mercurio diviene Sosia: l’incontro tra i due Sosia è il momento più alto di tutta la commedia. La figura di Alcmena, che si abbandona in una notte d’amore a Giove, è la più compiuta figura femminile plautina; 2) Asinaria: Demeneto vuole assecondare l’amore del figlio per Filenio, figlia di una lena, e per riscattarla vende asini di proprietà della moglie, che lo sorprende e punisce nel pieno della gozzoviglia (commedia ricavata dall’Onagos di un Demofilo); 3) Aulularia: Euclione possiede una pentola d’oro che nasconde perché non gli sia rubata, ma Liconide riesce a sottrargliela per conquistare, con l’aiuto del servo Strobilo, proprio la figlia di Euclione; 4) Bacchides: due gemelle perfettamente uguali sono amate da due giovani, che i padri vogliono punire: tutto si risolverà con un lieto fine ed i genitori si lasceranno adescare dalle Bacchidi; 5) Captivi: Egione acquista due prigionieri di guerra per ottenere, tramite uno scambio, il figlio Filepolemo, riuscendoci e riconoscendo anche in uno dei due prigionieri acquistati il figlio rapitogli da piccolo; 6) Casina: contesa tra Lisidamo ed il figlio per una trovatella sedicenne; importante la beffa giocata dalla moglie del vecchio che gli fa trovare, nel letto dove crede di trovare la ragazza, lo schiavo; 7) Cistellaria: Alcesimarco desidera sposare Selenio, fanciulla esposta in una cesta e raccolta da un’eterea che l’aveva cresciuta onestamente; i natali scoperti della ragazza le consentono il matrimonio col giovane; 8) Curculio: Fedromo, grazie all’aiuto del servo Curculio, riesce a prendere con sé Planesio, fanciulla custodita da un lenone, sottraendola a Terapontigono, un soldato che ne aveva già predisposto il riscatto e che si scopre, poi, fratello della stessa; 9) Epidicus: il maldestro Stratippocle, padroncino di Epidico, è innamorato di una sonatrice e di una prigioniera di guerra che si rivelerà essere sua sorellastra, così che dovrà sposare la sonatrice; 10) Menaechmi: commedia imperniata sugli equivoci causati dallla somiglianza di due gemelli che non si conoscono in quanto separati dalla nascita: ne esce privilegiato il pubblico che conosce già i motivi degli equivoci, differentemente dai protagonisti; 11) Mercator: Carino porta con sé una bellissima schiava da un viaggio, motivo di scontro con il padre Demifone: ovviamente l’agnizione finale è a favore del giovane; 12) Miles gloriosus: commedia giocata sulla beffa al soldato sbruffone Pigropolinice; Pontificum, sviluppando la storia di Roma, basata sui mores maiorum e su grandi personalità. Ennio si confronta con Nevio da un punto di vista squisitamente metrico: questi aveva usato il saturnio, che Ennio sostituisce con l’esametro, da vero amante della poesia dotta ed ammiratore di Omero, del quale si ritiene erede: narra infatti come, in sogno, gli fosse apparso il sumulacrum del grande poeta greco, il quale gli aveva rivelato come l’anima fosse trasmigrata nel suo corpo – chiaro riferimento alla metempsicosi; ma quest’omerismo non è vacuo di alessandrinismo, come dimostra il frammento che contiene l’episodio di Ilia, figlia di Enea, che narra del proprio sogno in cui è prevista la nascita di Romolo e Remo: non è un evento solenne, è un discorso tra donne; così anche nel 51, frammento in cui si parla della presa degli auspicia da parte di Romolo e Remo, l’attesa è scandita dalle determinazioni temporali, con un grande focus sulla natura che si disperde per tutto il poema. 5) Saturae: Ennio compose – pare – quattro libri di Saturae: sembrano collegarsi ai Giambi di Callimaco, con nuova prova della formazione ellenistica e vario metro utilizzato; 6) Le opere minori: in tetrametri trocaici il Protrepticus e l’Epicharmus; in prosa Euhemerus; polimetrici gli Epigrammi per Scipione; in esametri l’Hedyphagetica ed il Sota. CECILIO STAZIO 1) I giudizi: Volcacio Sedigito lo considera il miglior commediografo latino; idem Cicerone, pur con qualche titubanza; Varrone lo fa primeggiare nell’intreccio; 2) Il modello: ovviamente l’ispirazione giunge da Menandro, dal quale però si discosta non possedendone l’attica eleganza e cambiando la varietà metrica: il primo frammento è un canticum che riformula in assoluta libertà i trimetri giambici di Menandro; 3) Lo stile: è uno stile sentenzioso, a metà tra Plauto e Terenzio, e doloroso, improntato ad una gravitas tutta romana: specie la vecchiaia lo fa ripiegare in un’antica malinconia PACUVIO 1) La vita: nacque a Brindisi, nipote di Ennio, e visse a Roma, in contatto limitato con gli Scipioni – da cui ideali doveva essere molto lontano. Morì intorno al 130; 2) Le tragedie: ce ne restano 450 versi – 12 titoli di cothurnathae: Antiopa, Armorum iudicium, Chryses, Doulorestes, Iliona, Niptra, Teucer, Atlanta, Hermiona, Medus, Pentheus, Periboea, Protesilaus; una praetexta, Paulus; 3) Lo stile: cerca di creare una lingua per la tragedia romana, essendo consapevole delle possibilità insite nel linguaggio capace di piegare il cuore degli uomini, benché spesso non sia esente da durezze. Utilizza sovente la natura, con descrizioni paesistiche ricche di vivacità e colore. LA CULTURA SCIPIONICA 1) La nascita del Circolo: punto d’incontro era la casa degli Scipioni, e figura centrale era l’Emiliano, che può contare sulla ricca biblioteca appartenuta a Perseo, re di Macedonia, e trasferita a Roma dopo Pidna: i partecipanti sono vari, Lelio minore, Rutilio Rufo, Polibio, Panezio di Rodi; 2) Conciliare i due mondi: Roma e Grecia si intrecciano continuamente, rivoluzionando in parte il proprio modno: il civis Romanus è humanus, oltre il philantropos greco, così come la virtus è la concretizzazione dell’areté greca; 3) Lo stile: i letterati della cerchia scipionica perseguono un ideale stilistico che per compostezza e decoro s’adegui alla elevatezza del sentire: l’equilibrio delle facoltà interne dell’uomo, dunque, che si riflette nell’equilibrio della forma, con etica che diviene estetica. TERENZIO 1) La vita: Publio Terenzio Afro nasce a Cartagine intorno al 185, viene condotto schiavo a Roma ove si affianca agli Scipioni, amicizia che gli procurò l’accusa di essere un semplice prestanome per le commedie degli amici; morì nel 159 naufrago, 2) Le commedie: a) Andria: derivante dall’Andria di Menandro, ma contaminata con la Perinthia dello stesso: il tutto prende le mosse dalla morte di Criside, creduta sorella di Glicerio, eterea della quale il giovane Panfilo è innamorato, ostacolato dal padre che vorrebbe invece sposarlo con Filumena, figlia di Cremete, che si scoprirà essere padre di Glicerio, che potrà così sposare il Panfilo; b) Heautontimorumenos: il vecchio Menedmo si autopunisce per aver costretto il figlio Clinio, del quale ostacolava l’amore per Antifila, a partire per l’Asia come mercenario; ma Clinio ritorna e sposa, dopo una serie di vicende, a sposare l’amata, rivelatasi figlia del vicino: ciò che più conta è però il dialogo iniziale tra Menedmo e Cremete, esempio di humanitas scipionca e terenziana, ovvero il costante dialogo tra due differenti generazioni, quella dei giovani e quelloa dei vecchi; c) Eunuchus: due fratelli sono innamorati rispettivamente di una schiava e di una cortigiana, che riesce ad ottenere la liberazione dell’altra, per incontrare la quale il primo dei due fratelli si traveste da Eunuco, riuscendo poi a sposarla, mentre gli altri due vivranno con un rapporto di concubinato; d) Phormio: Formione, parassita, riesce ad assecondare gli amori di due cugini nell’assenza dei genitori, scrivendo un nuovo capitolo del rapporto tra padri e figli; e) Hecyra: Panfilo, in relazione con la cortigiana Bacchide, sposa Filumena per ottenere l’approvazione del padre: ella, cui il marito si affeziona, si scopre però incinta, tornando dalla madre mentre Panfilo è in viaggio: la suocera (Hecyra, da qui il nome della commedia) viene ritenuta il motivo della partenza della nuora dal marito, ma sarà la cortigiana Bacchide a svelare l’arcano mediante un anello regalatole da Panfilo, il quale l’aveva sottratto alla futura moglie dopo una violenza: il figlio è dunque frutto di quella notte d’amore rubato. Questa commedia è forse il capolavoro di Terenzio, soprattutto per la particolare caratterizzazione dei personaggi: Sostrata, la suocera che del carattere comune della suocera non ha assolutamente nulla, che si fa da parte quando pensa di essere d’impedimento al figlio, con un atto che ha il fascino della dedizione e della malinconia; altro personaggio fuori dagli schemi è Bacchide, etera che non trattiene tra le sue braccia Panfilo, bensì lo aiuta a ricongiungersi con la moglie, e che con la stessa si vergogna a parlare; f) Adelpohe: Demea ha due figli, l’uno – Ctesifonte – cresciuto con sé ed educato al rigore ed al lavoro, l’altro – Eschino – cresciuto presso lo zio in città, come ultima “impresa” ha rapito una citarista picchiando il lenone che aveva in custodia: in realtà ha fatto questo per il fratello, considerato da Demea un modello di virtù, che resta così amareggiato dal non essere riuscito a dare al figlio quell’educazione tanto ricercata: Micione è il personaggio chiave della commedia, affettuoso, umano ed intelligente e capace di comprendere, nonché voce dell’autore nella sua opera. 3) Il prologo polemico: Terenzio utilizza il prologo per polemizzare contro i critici letterari del suo teatro, specie contro un non meglio specificato malevolus vetus poeta, da Donato indicato con Luscio Lanuvino: le accuse erano principalmente tre: di essere il prestanome degli Scipioni, accusa dalla quale si svincolò salvando capra e cavoli, di utilizzare la contaminatio – facile qui la difesa, ovvero la citazione di autori che prima di lui avevano deliberatamente tratto da autori greci, ed il furtum. 4) Le novità: la lingua è quella parlata dai ceti culturalmente e socialmente elevati di Roma, da lui piegata a strumento di analisi interiore: ama l’espressione urbana e pacata, sussurrata sottovoce, lontanissimo da Plauto: la commedia terenziana è sempre concentrata sull’atto, tendente al verisimile, con particolare predilizione per le commedie di carattere rispetto a quelle di intreccio. Rispetto a Menandro, poi, Terenzio fa un uso più limitato di sentenze, quando non le sopprime del tutto: il colpo di scena è solo il culmine di uno studio psicologico, e la principale novità del teatro terenziano è costituita proprio dallo studio dei caratteri. 5) I personaggi: tutti i personaggi tipici della neà sono rivoluzionati: il soldato spaccone assume note patetiche, così come i padri, solitamente oggetto di beffe, e le cortigiane, che conservano un’intima moralità davanti alle donne aristocratiche. CATONE 1) La vita: Marco Porcio Catone – il Censore – nacque a Tuscolo nel 234 da agiata famiglia plebea, partecipò alla II punica e combattè al Metauro nel 207, poi intraprese la carriera politica – incoraggiato da Valerio Flacco: questore in Sicilia nel 204, in Sardegna nel 203, ove fu pretore nel 198, edile 199, console con Valerio Flacco nel 195, censore nel 184: questa fu la carica che gli conferì onore e tanti nemici, riuscendo a far espellere molti ariscocratici dal Senato. Morì nel 149. 2) Il De Agri Cultura: unica opera catoniana a noi pervenuta interamente, è un manuale sulla coltivazione dei campi rivolto ancora sostanzialmente a un piccolo proprietario che voglia far fruttificare al meglio il suo fondo, pertanto è meramente utilitaristico, disorganico. 3) I Praecepta ad Filium: dedicati al figlio Marco, costituivano un’opera encicopedica, la prima nelle lettere latine, che trattava di medicina, agricoltura, oratoria, arte militare e si premurava, tramite questi, di istruire direttamente il figlio, evitandogli gli odiati maestri greci: in un frammento tramandato da Plinio consiglia al figlio di apprendere la cultura greca ma di non approfondirla più di tanto; indirizzato al figlio è anche un carmen de moribus. 4) Le orazioni: a noi sono pervenuti 250 frammenti ed 80 titoli di orazioni circa, ma Cicerone ne conosceva oltre 150. I caratteri dell’eloquenza catoniana sono l’essenzialità, la totale aderenza ai contenuti, forza espressiva e vigore concettuale: per Catone l’oratore è soprattutto vir bonus dicendi peritus, e ciò che è importante è tenere fermo il concetto del quale si parla, le parole verranno da sé (“rem tene, verba sequentur”): nelle orazioni è l’anima di Catone con le proprie passioni, ma anche l’egocentrismo che lo contraddistingue, in uno stile che appare vistosamente lontano da quello asciuto, arcaico del De Agri Cultura. 5) Le origines: l’opera di maggior rilievo, in sette libri, composta dal 170 circa sino alla morte, e si tratta della prima opera storica composta in lingua latina. Il titolo si collega lla Ktiseis di storiografia greca e si adatta i primi tre libri, che trattano le origini di Roma in età regia (I), quelle delle città italiche ed i lori rapporti con Roma (II e III); nel IV e V libro sono narrate I e II punica, gli ultimi due dalla prima metà del II secolo sino al 152 e alla guerra lusitanica. La lingua utilizzata è il latino, in quanto Roma iniziava a divenire potenza del mediterraneo, e la struttura è organica, contrariamente alla tecnica annalistica; grande rilevanza assumono le origini delle città italiche, con tutta la penisola che assume una particolare importanza, mentre del tutto assenti sono i riferimenti alle persone, eccezion fatta per un certo Quinto Cecidio e per un elefante cartaginese, Suro; 6) Il rapporto con la cultura greca: Catone conosce bene questo tipo di cultura, ne conosce la precettistica, anche agricola, le tecniche retoriche, la storiografia, ma la accusa delle peggiori trasformazioni dei costumi e della morale, non riuscendo a cogliere l’enorme vantaggio che ne traeva la stessa Roma: Catone resta però uno spirito accortissimo, attento a limitare le mode ellenizzanti, pur con un accento forse sbagliato. LUCILIO 1) La vita: nacque a Suessa Aruncanel 180 e morì a Napoli nel 102; combatté nella guerra di Numanzia al fianco di Scipione Emiliano e ne rientrò ricco e famoso. 2) La satira: compose 30 libri di Satire, dei quali a noi restano circa 1300 versi; i primi 21 libri ed il 30 erano in esametri dattilici, in distici elegiaci forse i 22 – 25, in senari giambici e settenari trocaici i 26 – 29, versi – questi – tipici della commedia: dal tipo di metrica si possono riordinare cronologicamente anche i libri: i primi dovrebbero essere i 26 – 30, riconducibili alla polimetria