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Energia e Politica Internazionale: OPEC e Paesi Esportatori di Petrolio - Prof. Galluccio, Sbobinature di Geografia

Una panoramica storica e geopolitica dell'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (opec), che ha avuto un ruolo fondamentale nella determinazione dei prezzi del petrolio e nella geopolitica mondiale. La nascita dell'opec, il suo ruolo come interlocutore globale, le sue azioni politiche, come l'embargo del petrolio del 1973, e il suo impatto sulle economie mondiali. Inoltre, il documento fornisce informazioni sulla produzione di energia in diversi paesi, come la cina, gli stati uniti, la russia, l'europa e l'africa, e sulle diverse fonti di energia, come il petrolio, il gas naturale, l'energia rinnovabile e l'energia nucleare.

Tipologia: Sbobinature

2018/2019

Caricato il 23/02/2024

j.5449
j.5449 🇮🇹

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Scarica Energia e Politica Internazionale: OPEC e Paesi Esportatori di Petrolio - Prof. Galluccio e più Sbobinature in PDF di Geografia solo su Docsity! Lezione 7 di Geografia umana 26/10/2020 La scorsa volta avevamo parlato degli aspetti dell’energia rinnovabile e del consumo di energia nel mondo. Avevamo fatto la distinzione tra energie non rinnovabili ed energie rinnovabili. Avevamo visto la quantità di energie rinnovabili come produzione storica e come previsioni. Ora la slide che vi mostro è quella del rapporto tra i paesi OCSE, quelli evidenziati in blu in questo cartogramma. Ripeto il cartogramma è solo quello che riporta le fattezze delle forme fisiche dei continenti con parziali linee di confine. è quindi un riferimento solo iconografico, generale con un tematismo che è quello dei paesi OCSE in blu e i paesi non-OCSE in verde. I paesi OCSE sono anche quelli che fanno parte tutti (tranne che nel caso del Cile che per altro è un grande produttore di petrolio) i paesi ad economia più avanzata. Ma vedete che sono evidenziati oltre i classici paesi del blocco occidentale, in cui sono compresi anche Giappone, Corea del sud e l’Australia, anche Turchia, Grecia e Cile. In questo caso sono paesi che hanno una grande quantità di produzione energetica dal punto di vista del petrolio, del gas naturale, energia rinnovabile e nucleare. Avevamo visto anche la distinzione nel cartogramma che si dice in anamorfosi che riproduce non le fattezze più o meno corrispondenti alle forme standard da un punto di vista reale o delle distanze, ma rispetto alla quantità di petrolio che questi singoli paesi producono a livello mondiale. Ci eravamo fermati su quest’ultimo cartogramma che mostra le percentuali delle riserve di petrolio stimate per regioni (dove per regione si intende un gran numero di paesi che afferiscono a quelle che vengono chiamate grandi aree regionali). Medio e vicino Oriente è un produttore di quasi il 48% del petrolio, ma soprattutto qui stiamo parlando delle riserve di petrolio e quindi anche di tutta quella serie di presente di petrolio che sono state rilevate, ma non ancora sfruttate. E così poi grande quota parte ne ha l’America centrale e America del Sud. Come vedete le percentuali diminuiscono sensibilmente tra il Nord America che è comunque un produttore, l’Europa e la parte dell’Eurasia (parte Europa orientale) che ne sono produttori in quota ridotta. L'Africa risulta in percentuale così ridotta perché è il paese con il più alto grado di estensione territoriale nel mondo e poi in parte l’Asia (estremo oriente) e l'Oceania posseggono riserve di petrolio in quota minore. La percentuale risulta diminuita dal 60% al 48% con la presenza di riserve che sono state scoperte nelle Americhe soprattutto centrali e del sud. Mi riferisco alla questione del medio o vicino oriente. Questo ci deve far capire quali sono gli sviluppi potenziali rispetto alle dinamiche geopolitiche e geoeconomiche a scala mondiale che ci saranno e soprattutto capire quanto conviene sfruttare queste riserve di petrolio sia da un punto di vista economico, ma anche da un punto di vista dell’ecosostenibilità. Questo è un dibattito internazionale importante anche non molto sviluppato affrontato nei grandi summit come quello della COOP di Parigi e delle successive COOP che ci sono state, ovvero questi grandi summit riunitisi per ragionare su come affrontare le emergenze ambientali. Si è discusso anche quindi su come rendere ecosostenibili alcune aree che sono riserve di petrolio non ancora sfruttate né a pieno né in alcuni casi tendenziali dato che l’impatto sull’ambiente alla luce dei nuovi potenziali sfruttamenti che ci saranno, sarebbe esiziale (mortale). In questa slide, si vede il totale del consumo di petrolio, mentre prima si evidenziavano le riserve, in rosso in particolare si vede che il grosso dei consumatori di petrolio sono l’Asia orientale, in particolare la Cina, e tra tutti gli Stati Uniti d’America con dei gradienti differenti a mano a mano che dal rosso si passa all’arancione e al giallo, all’ocra, giallo chiaro in termini di rapporto tra popolazioni e risorse. Si arriva al verde come tutta l’Africa centrale e Africa equatoriale e subequatoriale che non hanno potenzialità di sfruttamento e così di fatto non sono grandi consumatori di petrolio la Groenlandia, i paesi scandinavi, la Mongolia, e tutti questi paesi dell’Europa, dell’Asia centrale. Guardiamo quali sono i paesi dell’OPEC. Che significa l’acronimo OPEC? OPEC sarebbe “Organization of the Petroleum Exporting Countries” ovvero l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio che fu creata nel 1960. I paesi fondatori sono in azzurro e quindi l’Arabia Saudita, l’Iran, il Kuwait, l’Iraq, il Venezuela insieme a questi paesi della fascia indonesiana che sono diventati ex membri. In particolare, l’Indonesia che è uno stato insulare come vedete formato da un insieme di arcipelaghi di isole ha abbandonato l’OPEC nel 2009; l’Equador che un grande produttore di petrolio o quantomeno una grossissima presenza di petrolio è uscito dall’organizzazione tra il 1992 e il 2007; il Gabon è stato membro dell’OPEC solo tra 1975 al 1994. Voi cominciate a vedere attraverso queste descrizioni che vi faccio di questi paesi la presenza di tutta una serie di paesi creandovi un po’ quelle mappe mentali, quelle carte geografiche che servono a visualizzare molti di quegli stati di cui non conoscete nemmeno l’esistenza. Gli altri membri che sono entrati successivamente sono l’Angola, la Nigeria (che è uno dei paesi più estesi e più importanti dentro lo scacchiere africano e dove è fortissima la presenza di fondamentalisti islamici), insieme all’Algeria e alla Libia (che sono due grandi produttori di petrolio) fanno parte dell’OPEC. Questa associazione a fini economici nata nel 1960, in contrapposizione allo sfruttamento imposto dalle multinazionali, quasi tutte anglo-americane e che esistono ancora ora come la Ecson, la Texaco, l’allora mobiloil e attuale Q8, la Shell, la BP e via dicendo e che compongono le “7 sorelle” (Standard Oil of New Jersey conosciuta oggi come Esso, Royal Dutch Shell, Standard Oil of New York, Anglo-Persian Oil Company conosciuta oggi come BP, Standard Oil of California conosciuta oggi come Chevron, Texaco, Gulf Oil). Le 7 sorelle erano il primo gruppo di multinazionali che nasce negli anni tra Prima e Seconda guerra mondiale per controllare la produzione di petrolio nel mondo. In risposta a questo assetto generale i paesi membri dell’OPEC stabiliranno il prezzo del barile (unità di misura che serve per misurare quanto petrolio viene estratto e destinato ai mercati per la raffinazione) e la quantità di estrazione dei barili in funzione della domanda dei singoli paesi, riservandosi le “​royalties”, gli interessi su questi costi piuttosto che darli a quelle società multinazionali che hanno avviato lo sfruttamento del petrolio, ovviamente con degli accordi intermedi nelle zone in cui le prime società avevano spesso le loro colonie(o ex), come in paesi del Sud Africa e del Medio e Vicino Oriente (difatti erano zone appartenenti a ex imperi coloniali). A questo punto con degli accordi parziali, bilaterali, però di fatto l’OPEC diviene un attore geopolitico e geoeconomico importantissimo nella scacchiera mondiale e che diventa un interlocutore dal quale non si può prescindere in quanto il prezzo del petrolio incide sulla produzione dei consumi energetici e quindi si riflette sul costo di tutte le materie prime e non prime e dei prodotti finali e semilavorati intermedi che vengono immessi nei mercati internazionali. E quindi se il prezzo del petrolio sale o scende o se i pozzi petroliferi avranno potenzialmente i loro rubinetti chiusi come accadrà nei due shock petroliferi del 1973 e 1979 proprio a opera dell’OPEC come risposta politica molto forte a livello mondiale, tutto ciò condiziona inevitabilmente i mercati finanziari, le borse, ma anche i mercati effettivi di produzione e circolazione facendo schizzare in alto dell’arrivo del motore a scoppio e quindi prima dello sfruttamento del petrolio a fini energetici). Il carbone è un combustibile fossile, protagonista della rivoluzione industriale dal XVII al XIX secolo è attualmente utilizzato per la produzione di energia elettrica e per la lavorazione dell’acciaio. Queste sono miniere a cielo aperto di estrazione de carbone. Queste miniere a cielo aperto secondo voi non hanno un significativo impatto ambientale anche sul paesaggio anche questo che ai nostri occhi sembra naturale? Sono interi sventramenti in alcuni casi di ettometri e chilometri quadrati che incidono sulla conformazione paesaggistica, ma anche sui livelli di peso del suolo perché le zolle dai cui è composta la crosta terrestre hanno anche dei pesi specifici e quindi lo svuotamento massiccio di alcune aree può comportare dei disequilibri da un punto di vista del bilanciamento della tettonica delle placche, da un punto di vista geomorfologico. Ci sono molti dibattiti controversi su metodi di estrazione mineraria: le scavatrici rimuovono strati di roccia che vengono fatti esplodere e quindi capite che impatto ambientale anche solamente su tutti gli ecosistemi che vivono lì poiché vengono distrutti con le esplosioni tutta una serie di biomi. Ciò ha anche un impatto significato sulla devastazione dell’ambiente circostante. questa è la rimozione di intere cime di montagne e in pratica ci fa capire quanto l’estrazione mineraria del carbone sia devastante da un punto di vista ambientale già sulla geomorfologia dei territori prima ancora che sulla circolazione atmosferica. questo invece è un cartogramma che ci dice che nel 2010 qual è il consumo regionale (inteso sempre come grande porzione quindi ad esempio continenti e subcontinenti). Guardate come la Cina è un grande produttore e consumatore di carbon fossile. Vedete come è rilevante l’impatto della produzione asiatica e subito dopo c’è Nord America. Importante è lo sviluppo delle miniere nate in tutti i paesi dall’Inghilterra all’area del bacino della Rur che si trova nella parte della Germania che è vicina ai Paesi Bassi, ma comunque in tutta Europa i bacini carboniferi sono stati sfruttati nella prima industrializzazione e hanno dato vita allo sviluppo industriale delle società, del capitalismo avanzato a seguire negli anni. Come vedete invece la quantità minore è da un lato in Unione Sovietica e poi a seguire in Africa e in America centrale e del Sud e in Oceania. La produzione di carbone da parte dei vari paesi negli ultimi anni laddove è stata rilevata la prima produzione ovviamente è in Cina, India, Indonesia, Australia, Russia, Sud Africa, Germania, Polonia, Kazakistan. Il Kazakistan è uno dei più importanti produttori non solo di carbone ma anche di gas metano e di petrolio. È infatti un paese da un punto di vista geopolitico estremamente rilevante, su cui proprio l’area centrale dell’Asia e i paesi che vi confinano tra la Russia e la Turchia (la Russia ha il controllo di questa area) decidono una serie di politiche che sono decisamente forti, pervicaci. Alle spalle del conflitto con la Siria e le tensioni con la Turchia ci sta anche tutto il problema del controllo della produzione del carbone e degli oleodotti in Kazakistan. Guardate ancora sempre dal punto di vista di impatto ambientale devastante: questo non è carbone ma sono le miniere di rame a cielo aperto nello Utah, negli Stati Uniti d’America. È considerata la più grande opera di scavo realizzata dall’uomo sulla terra. Avete presente anche solo guardandola visivamente cosa significa in termini di impatto ambientale? Le attività estrattive, come vediamo in questa slide ripresa da uno dei libri di testo, hanno richiesto la rimozione di 15 miliardi di tonnellate di materiale e sono state scavate le montagne in profondità per 800 metri e per 4 chilometri di larghezza. questa tipologia di scavo ovviamente ha richiesto macchinari e ciò significa che ha richiesto un’applicazione intensiva di investimenti di capitale, ma anche di energia da consumare. Ci sono di paesi che impongono che nelle zone in cui vengono scavate delle valli o intere aree di montagna, ci sia poi il loro successivo riempimento. Talvolta invece quando vengono abbandonate, vedete mentre qui si scava ci sono degli accumuli creando materiale di sovraccarico e degli squilibri rispetto ai pesi naturali rispetto le zolle da un punto di vista geomorfologico. Questi sono altri tipi di sfruttamento ulteriore che viene fatto di queste aree di scavazione dove poi alcune società con capitali notevoli invece di restituire alla montagna secondo le politiche di alcuni paesi, vengono creati dei nuovi siti per sfruttare quel sito. Ad esempio, questi siti vengono convertiti in campi da golf (soprattutto nei paesi dell’Asia orientale, ma anche negli Stati Uniti questa strategia è molto praticata). Qui arriviamo al cosiddetto disastro di Chernobyl e Fukushima e arriviamo dunque allo sfruttamento dell’energia atomica. Mentre Chernobyl era nel 1986 in Ucraina, il disastro di Fukushima, altra grande centrale nucleare che ha iniziato ad avere delle perdite fino a creare un grossissimo incidente, di cui si parla ancora poco ma che purtroppo sta continuando a immettere nelle acque circostanti nono solo radioattività, ma a distruggere le specie faunistiche, pesci, ad alterare anche tutti quei pesci che mangiamo nei nostri ristoranti giapponesi di sushi, anche se non tutti vengono da lì. Il disastro di Fukushima lo avete vissuto che eravate bambini, ma ci fa capire che cosa? In seguito agli incidenti e ai due shock petroliferi e in particolare in seguito al primo quello 1973, i paesi occidentali dell’OCSE e in particolare i paesi che non avevano grandi possibilità di autoproduzione del petrolio come anche l’Italia, il Giappone che non ha mai avuto grandi risorse né petrolifere né carbonifere, ma la Francia per esempio per un motivo diverso dato che la Francia non mai è entrata dopo la Seconda guerra mondiale con la costituzione della NATO nel patto di alleanza atlantico militare per cui si è costituita come paese indipendente da questo punto di vista. Ha cercato sempre di essere autonoma o comunque un po’ autarchica in termini di produzione energetica soprattutto dopo i movimenti d’indipendenza del suo impero coloniale che era in particolare attestato nell’area dell’Africa del Nord. In questi paesi ma non solo, ma comunque a partire da questo problema per esempio in Italia si impose il divieto di circolare la domenica e lo stato, in periodo particolare in cui non si riusciva più ad importare petrolio per la raffineria per usarlo nelle varie produzioni, dovette far fondo, cioè utilizzare una parte delle riserve petrolifere che ogni paese conserva per eventuali stati di calamità e di guerra (sono le riserve he eventi garantire una copertura in caso di eventi drammatici conflittuali). Anche l’Italia dovette attingere a quelle riserve e cominciò una strategia politica internazionale per cui iniziò a svilupparsi sempre più la costruzione di centrali nucleari. In Italia ne furono istituite 5 importanti, ma si parlava di 6 o 7. Questi due disastri che avvengono invece a ridosso di 13-14 anni, il primo di Chernobyl è il primo che nella storia si ricordi. Bisogna ricordare però che tutta una serie di esperimenti militari per esempio legati all’uso di armi nucleari secondo voi dove viene realizzata? Nelle aree desertiche e in alcune zone del pacifico auspicabilmente non vicinissimo agli atolli, però sapete che ci sono disseminate tantissime isole piccole e medie che anche se a grandi distanze fra loro. E secondo voi, per esempio talvolta in aree che sono miniere sotterranee, in luoghi che hanno delle cavità naturali, ma al tempo stesso questi scoppi (ricordiamoci che parliamo di esperimenti atomici che sono ben più potenti delle bombe atomiche di Nagasaki e Hiroshima, quella drammatica che ricorda la fine poi della Seconda guerra mondiale, perché sapete che l’armamentario nucleare di oggi ha delle potenze di devastazione che è migliaia di volte quello della bomba atomica). Tutte queste sperimentazioni vengono fatte sulla terra in luoghi parzialmente desertici, ma secondo voi non lasciano un impatto potente? talvolta sono anche causa di terremoti violenti in aree più distanti. Ma detto questo uno dei problemi è che le grandi centrali atomiche hanno bisogno di grandi quantità d’acqua per raffreddare la produzione di uranio. E secondo voi già in termini di funzionamento normale quest’acqua dove va a finire se non nel mare più o meno circostante? Se ci fate caso tantissimi di queste centrali non per caso sono tutte localizzate in luoghi vicino al mare o ai grandi fiumi. Tutte le scorie radioattive che emette una centrale atomica ovviamente vanno nel circuito dell’acqua che vedremo a breve e quindi impattano sull’ambiente. In questo caso abbiamo un problema ulteriore perché l’emissione di potenti forze radioattive che non riescono comunque ad essere parzialmente assorbite dall’ambiente. E sapete anche che l’estremo grado di radioattività è immediatamente cancerogeno. Durante gli anni del disastro di Chernobyl, immediatamente nei primi giorni questa nube tossica che ovviamente era legata alla circolazione del ciclo dell’acqua nell’atmosfera si spostò da Chernobyl in Europa e si depositò su tutte le coltivazioni di quel tempo, ma soprattutto voi sapete che per tanti anni abbiamo avuto scambi con i bambini che venivano in particolare dall’area di Chernobyl o ucraini perché in ucraina ancora oggi ci sono gli esiti di morti per leucemia legati a questo evento. Nel disastro di Fukushima che è stato molto più potente da un punto di vista della devastazione ambientale in termini di radioattività, sapete che le persone soprattutto i primi addetti che andarono a cercare di spegnere queste prime parti dei nuclei centrali di fusione sapevano che andavano a morire. L'impatto di radioattività nello stretto giro di pochi giorni li ha uccisi nonostante avessero le tute di protezione. Purtroppo, l’impatto dell’energia radioattività dei tempi in termini di migliaia di anni per poter essere rielaborata dal ciclo naturale. Quindi capite bene che tutta la quantità di scorie radioattive e ora vi farò vedere quante sono le centrali nucleari nel mondo. Ricordatevi che ora in Germania c'è un grosso quantitativo e anche in Francia (la più grande quantità si trova in Europa). In Italia proprio a seguito del disastro di Chernobyl ci fu un movimento di opinione e quindi ancora una volta un movimento dal basso che spinse alla chiusura delle centrali nucleari. Grazie al movimento dei verdi e tutti quelli che avevano a cuore l’ambiente le centrali vennero chiuse. Ora vediamo la distribuzione di rifiuti radioattivi in Italia. L’uranio è estremamente radioattivo, ma molto efficace da un punto di vista energetico e inoltre è meno inquinante durante l’estrazione, ma durante la fase di smaltimento le scorie radioattive dei rifiuti sono molto devastanti per l’ambiente. Quali sono gli impatti dei rifiuti radioattivi? Da una parte sono l’esito delle dismissioni nucleari. Ricordatevi che comunque qualsiasi centrale è progettata perdurare decenni. Dopo la fine di quei decenni non per caso Chernobyl iniziò a dare problemi perché era una vecchia centrale che stata andando in disuso e successe tutto questo in una fase in cui l’ex Unione sovietica prima del crollo del muro di Berlino he accadrà tre anni dopo era già in crisi e quindi non riusciva a controllare adeguatamente tutto quel sistema che stava andando in tilt. Le centrali nucleari hanno comunque una vita: sono progettate per durare non da qui all’eternità. C’è una quota, in questo caso 4000 metri cubi, di applicazioni mediche e industriali che viene utilizzato. Il consumo più elevato c’è in motivo per il quale avvengono i terremoti ed eventi simili. Come vedete è importante la storia della geomorfologia del nostro pianeta per capire poi l’organizzazione umana degli spazi terresti di cui si occupa la geografia umana. Questa invece è una slide che ci fa capire come funziona l’andamento dell’energia idroelettrica, abbiamo detto che ci sono delle volte i salti legati alla presenza di cascate ma molto più spesso sono state costruite dall’uomo le cosiddette dighe, di più meno ampie dimensioni e che hanno anche li un impatto sugli equilibri geomorfologici del terreno. A quel punto quando si pone una diga lungo il corso di un fiume, che cosa accade? Che il corso del fiume non segue più l’andamento normale ma viene bloccato, si innalza il livello delle acque, a questo punto si crea un bacino idroelettrico. In questa diga , nella parte sottostante si costruisce una condotta forzata, all’interno di questa c’è la famosa turbina idroelettrica che si muove grazie all’acqua e che alimenta un albero di trasmissione che alimenta un alternatore così come le nostre macchine che danno come la nostra dinamo che poi attraverso un trasformatore con dimensioni ben più grandi vanno dal trasformatore attraverso i cavi che vedete che attraversano i nostri paesaggi ma solo quando è stata scoperta la capacità di poterli sfruttare quindi mai prima dell'800 cioè del XIX secolo il paesaggio terrestre è stato così modificato e i tralicci ad alta tensione hanno queste linee di conduzione dal trasformatore per convertire l’alta tensione che poi viene fatta circolare come comunicazione elettrica in tutte le aree abitate. Questo è il particolare di come funziona la turbina, qui dentro, questo intaglio trasversale che ci fa capire come funzionavano se ci pensate anche le pale dei mulini ad acqua. In area irpina c’è grandissima densità di sfruttamento laddove c'è una forte presenza di ghiacciai, di sorgenti mentre è molto più rada nelle aree del Sud, in particolare al centro sud Italia si dirada molto di più la possibilità di sfruttare ed utilizzare l'energia idroelettrica. Questa è la più grande diga del mondo costruita in Cina e si chiama la diga delle tre gole. Quindi qui abbiamo una diga molto imponente. Quali sono gli impatti nel costruire dighe? In Italia, come avete sentito parlare del famoso disastro del Vajont, in Veneto, nel monte “Toc”. Il monte Toc franò e la frana andò a precipitare nel bacino idroelettrico, distrusse la diga e rompendo la diga si allagò tutto il territorio circostante, morirono improvvisamente, in pochissimi minuti, centinaia di persone e furono allagati interi comuni. Questo disastro del Vajont poteva essere evitato proprio perché c’erano una serie di segnali. Questi disastri sono sempre legati ad una cattiva manutenzione del territorio. Guardate invece la famosa diga delle Tre Gole per la costruzione di tale diga sono state spostate/riallocate circa 1 milione e 300 mila persone e 100 paesi e città sono stati sommersi dalle acque della diga. Quanto è l’impatto ambientale? È estremamente forte, come potete pensare. Quindi a questo punto bisogna valutare quali sono i rapporti tra posti e benefici di una serie di questioni ambientali. Ora vediamo come funziona il famoso ciclo dell’acqua; come sappiamo che tutto parte da che cosa? L'acqua può cambiare forma, ma tutto dipende dalla respirazione delle piante, dall’evaporazione del terreno e degli oceani. Quando si tratta di piante si chiama evapotraspirazione. Il grosso del circuito parte dalla foresta equatoriale, essa non si trova solo in Amazzonia ma anche in tutta la fascia climatica equatoriale, dove vi sono terre emerse in maniera più o meno consistente. Il polmone più esteso è quello dell’Amazzonia ma anche attraverso le foreste tropicali ma che cosa accade? La traspirazione, l’evapotraspirazione di queste aree soprattutto in fascia equatoriale, produce le nubi, ovvero la trasformazione del gas in sistema liquido. Queste goccioline d’acqua si addensano e producono le nubi, che a loro volta producono le precipitazioni che vanno in circolo. Vi è un circuito di circolazione. Vanno nell’aria e contribuiscono a formare lo 0.001 % dell’acqua totale dell’atmosfera. Quando riscendono sulla terra sotto forma di precipitazioni, restituisco l’umidità al terreno alle acque superficiali, in quali forme? Da un lato la restituiscono, dunque percola sopra i suoli impermeabili , altre volte permea e si infiltra nel suolo creando anche la circolazione di acque sotterranee, ovvero creando quelle famose falde freatiche, che rappresentano circa lo *,63% dell’acqua totale e sono quelle che sfruttiamo a fini agricoli, a fini di insediamenti umani ma anche per la famosa acqua potabile che viene aspirata dai pozzi, ma poi circola nei fiumi e questo deflusso superficiale lungo la permeabilità del terreno ma anche attraverso i fiumi e i laghi dove ritorna se non nell’oceano? Tali volte le precipitazioni ad altitudini maggiori si solidifica e forma i ghiacciai che per il loro peso schiacciano sopra e nella parte sotterranea alimentano una circolazione che dà vita alle sorgenti, da cui nascono poi i fiumi. Questa è una circolazione permanente che non è limitata alle aree ristrette ma circola in tutto il mondo. In natura tutto è connesso e interdipendente. La disponibilità di acqua nell’ oceano è del 97,2 % ma l’acqua congelata negli oceani, ovvero nei due poli è solo il 2 % ma l’acqua degli oceani è acqua salata perché in questa circolazione vengono trasportati una serie di sali minerali che si depositano nell’oceano. Quindi non può essere utilizzata. Per vivere la nostra vita sulla terra usiamo lo 0,65% di tutta l’acqua esistente, in circolazione che molto ingrandito è l’ acqua dolce che si divide in acqua sotterranea a una profondità di 800 metri circa e un’acqua sotterranea ad una profondità maggiore che anch’essa è una buona altra metà. Una parte diventa vapore atmosferico, una parte viene restituita all’umidità del suolo e soltanto l’1,5 % è tutta l’acqua che gira tra fiumi, torrenti e laghi in tutta la superficie terrestre. Quindi meno dell’1% delle riserve idriche mondiali è a disposizione degli uomini per uno sfruttamento e quasi il 2 % è bloccato nelle calotte glaciali e nei ghiacciai; ma purtroppo questa riserva del 2% si sta esaurendo in maniera sempre più drastica e quello che vediamo tramite l’incremento del calore medio è il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai. Quali sono i paesi più vulnerabili dal punto di vista idrico? Quelli in giallo hanno un grado di vulnerabilità basso, quelli verdi non hanno nessun grado di vulnerabilità ma a mano a mano che ci spostiamo, verso il viola e il blu la vulnerabilità è altissima e come notiamo bene che in queste aree come l’ex Unione Sovietica poi tutti gli altri sono paesi europei, asiatici ecc... Siamo in una quantità di impatto in questi paesi delle popolazioni, perché al di là dell’estensione di superficie dove vivono e si addensano gli abitanti. Tutte le aree in cui vi è un’alta densità abitativa, sono aree a vulnerabilità medio e alto. Ma questo era già rilevato da alcuni anni. Le situazioni sono in continua espansione. Guardiamo bene un ‘altra cosa che è importante capire; questa è la famosa posizione astrologica della nostra terra, che è inclinata rispetto all’eclittica solare di 23 gradi e 27 primi, questo angolo qui tra l’asse terrestre che è perpendicolare all’equatore ( immaginario che passa da nord al sud )disegnando i due poli , intorno a questo asse la terra ruota per 24 ore incessantemente su se stessa, in un movimento antiorario continuo per 365 giorni che è il tempo astronomico che impiega a fare un giro completo da una posizione per ritornare alla stessa nel suo movimento intorno al sole. Questa posizione degli assi ci dà l’idea del perché c’è l’alternanza delle stagioni e i raggi solari dato che sono molto lontani, vengono immaginati come se fossero paralleli tra loro cioè infinitamente distanti. Questa inclinazione dell’asse ci fa vedere che in due posizioni ovvero a giugno e dicembre ha gli equinozi, mentre altre due posizioni in cui i raggi sono perpendicolari sono gli altri punti astronomici, calcolati cartograficamente che distano 23 gradi e 27 primi dall’equatore, una volta sono perpendicolari al tropico del cancro e un'altra volta sono perpendicolari al Sud al tropico del capricorno e sono i due famosi solstizi. Questi sono i quattro punti dove noi sappiamo che c’è l’alternanza delle stagioni. Le radiazioni solari nell’atmosfera fatta dal 100 %, c’è un assorbimento di queste polveri che diventano molecole, una parte che viene assorbita dalle nubi e il 50% delle radiazioni viene assorbita dalla terra ma una parte di queste radiazioni viene rifranta dal suolo di nuovo in atmosfera, quasi il 6 %. Quando noi usiamo l’energia solare a fini di tecnologia alternativa, l’energia del sole viene assorbita da questi pannelli che vengono convertiti in modo tale da trasformare l’energia solare in elettricità per uso domestico. In Germania c’è il più alto tasso di diffusione di uso dei pannelli solari perché è uno dei paesi più attento agli aspetti ecocompatibili, dove c’è il più alto tasso di diffusione dell’uso dei pannelli solari. Se guardiamo bene l’Italia rispetto alla Cina o al Giappone è in proporzioni abbastanza indietro considerando che comunque siamo un Paese mediterraneo che ha una grande esposizione solare. In questa immagine possiamo notare l’energia delle biomasse, che sono le varie energie legate ai rifiuti che vanno in combustione, per questo da una parte c’è un camino che restituirà in maniera ovviamente tossica una parte di questa trasformazione, che è uno dei problemi degli inceneritori. Qui quindi capiamo che tipo di strutture si utilizzano per convertire l’energia delle biomasse, dove possiamo notare una caldaia che trasforma in vapore il resto del calore che viene prodotto sempre con l’aiuto della turbina a vapore, che viene collegata ad un trasformatore e ritorna in rete. L’energia delle biomasse sono i rifiuti industriali ma anche i rifiuti animali e umani, cioè tutte quelle che sono legate ai rifiuti dell’agricoltura e che possono essere riconvertiti in fonte di produzione di biomasse e quindi riciclate. Questa slide ci spiega il funzionamento dell’energia geotermica, che viene considerata come una delle altre forti possibilità di generare energia. Qui possiamo notare il famoso nucleo centrale magmatico della terra, poi abbiamo un grande strato di rocce impermeabili, e in seguito delle rocce permeabili rappresentate con il colore azzurro che consentono di far filtrare l’acqua attraverso i pori del terreno e quindi si crea poi una quota di circolazione delle acque delle cosiddette falde freatiche. Poi abbiamo di nuovo invece delle rocce superficiali, in buona parte impermeabili che comunque fanno penetrare l’acqua e non consentono ovviamente talvolta all’acqua di penetrare, ma tutto dipende dalla loro composizione poiché prendendo in considerazione le rocce carsiche, essendo molto porose fanno penetrare l’acqua negli strati sottostanti. In Campania abbiamo le fumarole, la solfatara che rappresentano degli esempi emblematici. In generale tutta una serie di queste strutture vulcaniche primarie o secondarie, che emettono dei gas, vengono poi convertiti e ritrasferiti in alcuni generatori che poi a loro volta riproducono energia e la distribuiscono secondo il meccanismo che abbiamo visto in precedenza. SLIDE L’ultima delle energie cosiddette “alternative” che alcuni studiosi chiamano integrative perché sostengono che la quantità di energia prodotta da queste varie forme energetiche non può essere alternativa completamente perché non può arrivare a reprimere il grande ciò che viene emesso delle nostre automobili, dai riscaldamenti delle nostre case, dai condizionatori che usiamo in maniera dissennata per raffreddare ambienti durante il periodo estivo, ritornando poi sotto forma di acido nitrico e acido solforico, ricadendo con deposizioni a secco entrando nel terreno e andando a finire nelle falde freatiche nelle acque dei laghi. Ritornano poi in circolo ma comunque già in parte nelle falde freatiche che noi usiamo per bere, per alimenti ai nostri sistemi di vita quotidiana di acqua potabile e ritornano ancora una volta sotto questa forma di umidità. SLIDE EFFETTO DELLE IMMAGINI SATELLITARI Qui osserviamo le immagini satellitari che mostrano gli effetti degli uragani (principali cause degli squilibri ambientali.) Da un punto di vista dell'equilibrio della circolazione terrestre Ivan e Kathrina e notiamo come hanno avuto un grande impatto sulla barriera delle isole del pacifico. Evidente è la differenza tra il 2001 dell’uragano Ivan e dopo nel 2005 dell'uragano Kathrina. SLIDE Qui notiamo l'esito del disboscamento in Amazzonia ed è evidente che l'area della foresta vista dall'alto è stata deforestata per poter consentire la costruzione, al fine di avviare l'allevamento di soia, che è uno degli allevamenti più diffusi dopo quello di bovini. Gli alberi vengono bruciati direttamente ed oltre a creare una sorta di inquinamento di diretto della ride carbonica, riduce completamente a biodiversità dell'area. Che cos'è l'impronta del carbonio? è quell’impronta che viene misurata su quanta porzione di terreno e di superficie acquatica, misurata in ettari, ci serve per procurarci le risorse che usiamo e quanta ne serve invece per smaltire i nostri rifiuti. SLIDE. Come notiamo l'impronta ecologica dell'umanità è superiore a quanto la terra può sostenere. Tutti i paesi industrializzati dovrebbero ridurre la loro impronta ecologica, cioè questo rapporto tra produzione che consumano, ambiente e quelle che servono a ricostruirle. Invece i paesi cosiddetti “poveri” hanno un'impronta ecologica molto più bassa, per questo dovremmo imparare a realizzare e a tendere verso uno sviluppo cosiddetto sostenibile e su questo ci sono varie posizioni e vari dibattiti, poiché alcuni sostengono che è un' ipocrisia pensare che ci sia lo sviluppo sostenibile, ma questa realtà è nata proprio dall'emergenza ambientale scoppiata a Chernobyl come un rapporto che fu assegnato a questa commissione “Brundtland” che fece una relazione internazionale da parte dell'ONU sullo stato di salute del pianeta. Già era stata preceduta da una serie di studi: uno nel club di Roma prima che scoppiasse la crisi energetica del 73 e uno in un libro che si intitolava i “limiti dello sviluppo” e molti anni dopo, quasi 20 anni dopo, fu pubblicato sempre dal club di Roma un confronto tra il collasso globale e le visioni sostenibili del futuro, fino a giungere a una pubblicazione nel 2004 “i limiti della crescita” trent'anni dopo la pubblicazione del primo testo sui limiti dello sviluppo.