Scarica La Lingua Italiana: Origini e Caratteristiche di Fiorentino e Poesia Siciliana e più Sintesi del corso in PDF di Storia della lingua italiana solo su Docsity! Storia della lingua italiana Appelli: 9/06 - 23/06 - 7/7 - 21/7 + 1 a settembre comprare manuale (marazzini) 02/03 Nella storia d'Italia la lingua rappresenta il fattore aggregante in netto anticipo (già dal secondo 1300) sui tempi in cui concretamente is è realizzata l’unità politica nazionale (evento del 1861). Citazione da Riccardo Tesi: le comuni scelte linguistiche id cui parla egli rappresentano l'accettazione di una delle tante norme linguistiche presenti —> tale accettazione implica l'abbandono di tutte le altre. Viene scelto il fiorino > impostosi per l'influenza delle 3 corone e diventando modello incontrastato per la lingua scritta La nostra lingua nazionale è di matrice fiorita = ciò è assodato dalla scienza glottologia —> l'italiano ha assunto dalla grammatica de fiorentino 300esco (e non dal toscano o altri dialetti) alcuni tratti che costituiscono le ‘spie della fiorentini dell'italiano’: > in foneti - fonetica vocalica: dittonghi ie e uo in sillaba libera tonica (es.piede - buono) tipiche de fiorentino—> in opposizione a tutte le altre parlate italiane che hanno la vocale semplice - anafonesi / rialzo di pronuncia = mantenimento di ‘î e ‘u’ toniche del tipo ‘famiglia’ 0 ‘punto’ - passaggio di ‘ar’ intertonico a ‘er’ —> caratterizza tutti i futuri e i condizionali della 1° classe (es. lat. > margarita - fior. > margherita) > in morfologia: - desinenza di 1° persona pl. dell'indicativo presente in ‘iamo' (desinenza congiuntivite) anzi di amo, -emo, -imo' (desinenze etimologiche) - desinenza ‘ei’ del condizionale rispetto alle altre varietà italiane che quando hanno il condizionale (non tutte lo hanno) lo presentano come condizionale in ‘ia’ Tali tratti uniti insieme uniti ad altri —> fanno sistema = consentono di accertare la fiorentini originaria Il fiorentino 300esco conosce un'ascesi destinata a condurlo ad una vittoria rispetto alle altre opzioni. Ma prima di quel tempo si erano avvicendati già 4 secoli di storia linguistica —> placidi campani 960 d.C. Il latino da cui l'italiano deriva è il latino volgare e non quello classico degli autori. SI tratta de latino della lingua hc eia parlava sul territorio e che le conquiste avevano esportato nelle diverse direzioni dell'impero. | più antichi testi italiani sono circa 20 e sono di pubblicazione recente: - alcuni sono stati editi nella 2° metà del ‘900 - altri invece sono della 1° metà del ‘900 o di fine ‘800 Tali testi si connettono dal pdv del contenuto soprattutto all'uso del volgare nell’ambito religioso e giudiziale, all'uso pratico (nel caos del conto Pisano??), da intenzioni dotte (indovinello veronese = enigma la cui soluzione è la scrittura e il ‘ritmo bellunese” = 4 versi volgari contenuti in una memoria latina esaltante le vittorie di Belluno e Feltre sui Trevigiani) Caratteristica dei più antichi testi italiani —> = casualità: - nella loro realizzazione > dovuta a eventi accidentali - nel loro ritrovamento Il 1° problema che si pone nell'affrontare criticamente tali testi è : l'accertamento dell'intenzionalità dello scrivente cercare di capire se chi ha redatto i documenti voleva davvero scrivere in volgare, se ne aveva la consapevolezza —> problema si pone riguardo al più antico testo = ‘indovinello veronese’ (VII-IX sec.) scoperto nel ‘900 [il giuramento di strasburgo = considerato 1° documento di una lingua romanza (francese) è datato all'842 d.C > giuramento stipulato dai figli di Ludovico il Pio e rappresenta la promessa che nessuno dei due avrebbe stretto alleanza con il loro altro fratello La pertinenza volgare dell'Indovinello Veronese è problematica: si è portati a ritenere che sia stato concepito in latino medievale in cui, chi ha vergato l’indovinello, ha introdotto coscientemente in un modello che probabilmente preesisteva dei volgarismi (0 rusticismi) > infatti: alcuni lo considerano una sorta di testo di ‘letteratura dialettale riflessa’ = non scritta da chi conosce soltanto in dialetto o vuole scrivere in dialetto, ma piuttosto a frutto di rielaborazione Accanto ad elementi volgari infatti sono presenti elementi latini. p. 101 Indovinello Veronese Significato di tale testo: ‘spingeva avanti i buoi, arava bianchi campi e teneva in mano un aratro bianco e seminava un seme nero” Indovinello la cui soluzione è la scrittura: "la mano ara dei campi bianchi (= pagina bianca)sppingendo avanti i buoi (= 5 dita) e tenendo un aratro bianco (= penna) e seminando un seme nero (= la scrittura, le lettere)" Volgarismi: - pareba invece di paraba = idiotismo rustico - negro invece di nigro - desinenza in 'a'in 'arabat’, tenebat, seminabat' - desinenza ? (alma, negro..) Volgarismi lessicali: - parare per ‘spingere avanti” - versoiro per ‘aratro' - prataia per ‘campo’ Tratti latineggiani - 's' finale del pi. di ‘boves' - n finale nel pl. di ‘seme’ —> consonanti finali che nel passaggio dal lat. all'ita. cadono - pratalia = nelle varietà settentrionali le sorde intervocaliche sonorizzano quindi bisognava avere ‘pradalia’ - imperfetti in ‘eba’ e ‘aba’ anzi che ‘eva ‘ava’ - aggettivo ‘albo’ » il latino indica con tale termine il ‘bianco’, mentre in italiano si usa il germanismo ‘bianco’ Ciò pone un problema di pertinenza volgare o meno di tale testo dell'Indovinello Veronese. L'interpretazione corrente è quella secondo cui il copista che stava redigendo un codice abbia fatto una sorta di ‘prova di penna” e abbia usato un latino dentro cui ha inserito dei volgarismi anche apertamente rustici. P._104 figura 5.2 Iscrizione della Catacomba di Comodilla AI IX sec. appart iene l'iscrizione della Catacomba di Comodilla n Roma Nella Catacomba di Comodilla c'è un graffito che dice: ‘non recitare le secrete (le orazioni che si devono pronunciare a bassa voce se non in silenzio) a voce alta Qui abbiamo elementi che possono esser giudicati volgari: - non dicere = imperativo costruito con ‘non’ + infinito —> in lat. > imperativo negativo si costruisce con ‘noli’ + infinito - ille > con funzione piena di articolo determinativo - segreta > (con plurale in ‘a’ del sostantivo femminile) —> è normale data la grande diffusione dei plurali di tipo collettivo (es. ‘migliaia’ ecc.) - abboce > la 2° 'b' scritta più in piccola come se fosse aggiunta in un secondo tempo per rendere fedelmente la pronuncia locale (siamo a Roma in territorio laziale dove il rafforzamento sintattico è la norma — tale rafforzamento è sconosciuto in italiano settentrionale) L'iscrizione è da intendersi come pienamente volgare —> chi scriveva era sicuramente capace di esprimersi in latino (in quanto il testo è di argomento religioso e quindi è un religioso che ha inciso tale graffito) e attesta che tale persona che conosceva il latino, ha preferito servirsi dell'altro codice linguistico. Pur comprendendo tutti elementi volgari, i primi veri documenti dell'italiani sono i Placidi Campani p. 105 Placido Campano = atto di nascita dell'italiano - è una testimonianza che ha più valore perché non ci sono dubbi sulla sua intenzionalità anti-latina —> l'esempio più antico di una contrapposizione netta tra latino e volgare all'interno dello steso documento formula di testimonianza giuridica Si tratta di un testo all'interno di un altro che da testimonianza certa di contrapposizione netta con il latino = 2 istituti linguistici diversi Viene pronunciato riguardo al Monastero di Montecassino. Tali Placidi sono stati pubblicati nel 1734 e sono conosciuti complessivamente come ‘Placido Campano' Tali formule rappresentano la lingua dei Giuri consulti = elmenti volgari e latinismi ma facilmente compresi dal popolo Es. ‘Sao' = latinismo in quanto il corrispondente volgare locale è ‘saccio' —> ma si tratta di un latinismo all'intero della parlata volgare = latinismo che doveva essere compreso dal popolo Altri latinismi del genere sono: ‘sancti benedicti' (al genitivo) , ‘fini’ (al posto di ‘confini’ Nel secolo XI abbiamo la ‘formula di confesisone umbra', ‘la postilla amiatina', ‘l'iscrizione della basilica romana di San Clemente’. Tutti gli altri più antichi testi vanno collocati intorno al XII sec. p. 109 Iscrizione della Basilica Romana di San Clemente E di natura murale (come l'iscrizione di Comodilla) appartiene alla categoria delle ‘scritture esposte’, ma a differenza dell'iscrizione di Comodilla non è un qualcosa che vuole indicare un modello di comportamento ma piuttosto si tratta di un affresco in cui parole in latinoe parole in volgare sono satte dipinte fin dall'inizio accanto ai personaggi rappresentati per identificarli e per mostrare il loro ruolo nella storia narrata. Talis critte sono una sorta di ‘didascalie’ La storia è una storia miracolosa = patrizio romano che ordina ai sui 3 servi di catturare Clemente il Santo, i 3 servi obbediscono ma si illudono di aver legato il sant'uomo che in realtà è una pesante colonna —> Dio ha salvato il santo e ha lasciato che gravasse sui 3 schiavi una pesante colonna Il pittore ha aggiunto una serie di parole con funzione di didascalia in un misto di volgare e latino vivace ed espressivo. 03/03 Riassunto: > lingua ‘attore aggregante in italia e in anticipo rispetto all'unità politica —> elemento aggregante = fiorentino che le 3 corone hanno elevato a lingua letteraria e quindi preso come modello incontrastato per la lingua scritta Si parla di fiorentino (non di toscano o italiano) in quanto ci sono delle vere e proprie ‘spie della fiorentini’ della lingua letteraria. Si calcolano 4 secoli perché il Placito di Capua è del 960 d.C e passano 4 secoli dal 960 d.C. al 1300. —> Placito di Capua = considerato atto d'inizio dell'italiano perché è il primo caso di contrapposizione netta al latino da parte di un'altra lingua > è il 1° caso di contrapposizione netta al latino Iscrizione della Catacomba di Comodilla = testo in cui ci sono elementi tutti volgari —> ci sono addirittura fenomeni locali come il betacismo (‘abbocca’) Indovinello veronese = scritto sopra ad un manoscritto copiato all'inizio dell'IVI sec. in Spagna, poi arrivato in Italia attraverso la Sardegna arriva a Verona. | volgarissima fonomorfologici e lessicali si connettono con precisione all'area veronese Anche nel Giuramento di Strasburgo > abbiamo la ‘al posto di ‘e’ come nell'iscrizione di Comodilla (dove abbia ‘ille’ per elle’) —> si tratta di un uso grafico perché porbabilmente la pronuica era comunque con ‘e’ —> Fede ll tenta di caldeggiare l’esperienza lett. provenzale sostituendone però la lingua Giudizio di Dante sui poeti siciliani è un giudizio importante > Dante arriva a pensare che gli autori siciliani decidano di usare una lingua depurata dai particolarismi regionali, ma essendo toscanizzato il codice da cui legge i siciliani, ciò porterà Dante a pensare che ci sia una lingua comune alla base di ogni tipo di varietà linguistica Il codice da cui D. legge i siciliani —> è molto vicino al manoscritto Vat. Lat. 3793 (p.125) Altri manoscritti/codici: - laurenziano mediano 9 - Palatino 418 Il regno di Sicilia comprendeva insieme all'isola anche l'Italia del sud —> compresenza di varietà numerose e diverse tra loro Tra tutte queste varietà viene scelto il siciliano insulare e non uno degli idiomi del meridione continentale Perché Da Lentini è siciliano ed è iniziatore della scuola siciliana + inventore del sonetto Alla nuova lingua che sostituisce la lingua tradizionale della letteratura non latina (cioè il provenzale) si adeguano anche gli autori nativi del meridione continentale. Dal pdv linguistico il problema dei peoti siciliani -> = è quello della loro siciliani La veste linguistica in cui questi poeti furono tramandati attraverso i secoli è quella toscanizzata che conferirono ad essi i copisti della toscana di fine ‘200- inizio ‘300 -> i copisti toscani toscanizzavano ciò che copiava = il gusto culturale del tempo sanciva tutto ciò —> in tal modoi siciliani arrivano alla stampa con la Giuntina di Rime Antiche di ispirazione Bembiana di inizi ‘500 fino a ‘Poeti del 1° secolo’ del Valeriani sotto gli auspici dell'Accademia della crusca nell’800. La tradiz. toscana ci offre suggerimenti per riconoscere a quella lingua la sua sicilianità > la spia eloquente di un avvenuto mutamento della cond. originaria = è la rima —> sede eminente del verso Le rime sono abnormi per la volontà di sostituire la rima là dove questa non c'era più: prima c'era la rima e dopo non c'è più perché la varietà siciliana e quella fiorentina hanno sistemi vocalici diversi: - Il sist. fiorentino > 7 vocali toniche - il ist. siciliano > 5 vocali toniche (manca di o ed e chiusa) Quindi abbiamo rime come: ‘ora’ che rima con ‘figura’ —> perché ‘o’ lungo latino —> in si Tale tipo di rima è detta ‘siciliana’ perché interpretata come ‘stilema proprio dei siciliani” Ma in realtà tali rime tornano ad essere rime perfette se si ristabilisce il sistema vocalico siciliano. fano dà ‘u’ e in toscano da ‘o’ chiuso Altra serie di fenomeni in rima erano rime imperfette: - ‘avere’ con ‘morire’ —> efi rimano - ‘rime per l'occhio’ = core / amore —> combaciano dal pdv grafico (sul piano grafico è un ima perfetta) ma dal pdv fonetico si tratta di 2 fonemi diversi (0 aperta > che deriva dal lat. 0 breve - o lunga > che in siciliano da 'u’ mentre in toscano da ‘0’ chiusa) Possibile soluzione al problema: un esito siciliano de tipo ‘amore’ (da pronunciarsi con ‘o’ aperto) è un latinismo però questo ‘amore’ con (0 chiusa) deve essere pronunciato a norma di fonetica siciliana come ‘o aperta' Prova documentaria della sicilianità della 1° scuola —> costituita da un manoscritto ‘500esco poi scomparso, posseduto da Giovanni Maria Barbieri che conteneva 2 componimenti di cui abbiamo testimonianza solo in tale codice si tratta di una canzone di Stefano Protonotaro + frammento di Re Renzo (figlio naturale di fede II) —> sono componimenti in veste regionale siciliana senza interventi toscanizzanti Si tratta di componimenti che sono stati inseriti dal Barbieri in suo trattato ‘Dell’arte de rimare’ rimasto inedito fino al Tiraboschi Inoltre un'altra canzone di Re Enzo ‘Seo trovasse pietanza’ ci è pervenuta in entrambe e vesti siciliana e toscanizzata per quanto riguarda gli ultimi versi Manuale 132 - 188 figura 7.4-7.5 si tratta di alcuni versi finali della canzone di Re Enzo 7.4 > trascrizione diplomatica = trascrizione fedelissima all'originale senza interventi 7.5 > trascrizione interpretativa = con interventi del trascrittore al fine di rendere il testo più leggibile - versione in prosa - versione del Barbieri p. 133 > veste originaria del testo La storia di questi testi è particolare anche perché l'incidenza de modello siciliano sulla lirica successiva è fortissima. La poesia siciliana sul piano fonetico lascia in eredità a tutta la lirica succ.: - es. le forme con vocale semplice (core) —> il siciliano non conosceva il dittongo > solo il fiorentino lo aveva - la mancanza di dittongo > caratteristica che dai siciliani passa a tutta la trad. lirica successiva + il dittongo è ignorato anche dai modelli provenzali Dal pdv morfologico, tratti morfologici siciliani che si tramandono sono: - voci ‘aio’ e ‘aggio’ al posto di ‘ho' = 1° persona dell'ind. di avere - 3° persona sing. del perfetto in ‘io ‘ > morio - perfetto in ‘ia’ dei vb della 2° classe > ‘moria’ - participio di ‘uto' - condizionali in ‘i - condizionali organici in ‘ara’ = resa della costruzione del congiuntivo ppf latino Riguardo al lessico: la poesia siciliana sfrutta suffissi - ‘ezza’ - ‘oso’ ma anche prefissi: “di” - ‘dis - ‘sor > da ‘supra’ latino Sulla scorta dei loro modelli provenzali a volte variano i suffissi mantendo inalterato il significato delle diverse parole formate -> tale accorgimento di creare più derivati cambiando i suffissi pone a loro disposizione diversi doppioni: es. alegranza - alegrezza - alegranzo es. conforto - confortamento - confortanza + frequente è anche il ricorso alle dittologie sinonimiche = accostamento di due parole diverse dallo stesso significato -> replica a distanza ravvicinata di uno stesso concetto espresso da aggettivo, nome o verbo (es. 'mi compiango e doglio') = effetto del ribadimento e della ripetizione p.114: a metà pagina ci sono 3 versi (fiume / nome --> rima siciliana) Scuola siciliana > episodio importante e fondato della tradizione lirica italiana che resterà sempre affezionata a tale esperienza E' il momento fondato della lirica italiana e inoltre verrà presa in considerazione da tutta la successiva lirica italiana. Dante come tutti i suoi contemporanei, legge i siciliani in versione toscanizzata —> ciò lo induce all'equivoco di pensare che i siciliani si fossero allontanati dalla loro parlata locale eliminandone i tratti più forti conguagliandosi sul latino e sul provenzale. Tale lingua siciliana toscanizzata era sembrata quindi una lingua che fosse stata voluta così dai suoi interpreti, anche se così non era —> era stato l'intervento dei copisti toscani a portare a tale risultato ianità è ripresa dal Barbieri che era in possesso di un libro siciliano e ne ha trascritto alcuni componimenti —> ciò ha consentito di rivelare la vera veste siciliana in cui poetavano i poeti alla corte di Fede Il Caratteristiche fono-morfologiche della poesia siciliana e i lasciti che tale poesia ha dato alla tradizione successiva: > sul piano fonetico: monottongo tipo ‘core’ al posto di ‘cuore’ —> ciò avviene perché il siciliano non conosceva il dittongo mentre il fiorentino sì = mancanza del dittongo è caratteristica siciliana che passa alla successiva produzione lirica (fiorentini mantengono il dittongo in prosa) > sul piano morfologico: ‘aio’ e ‘aggio’ + condizionale in ‘ia? > sul piano lessicale: i siciliani si caratterizzano per lo sfruttamento intensivo di certi prefissi e suffissi tramite cui da una stessa base creano parole di aspetto diverso ma dallo stesso significato Dittologie sinonimiche = sono ripetizioni molto amate e sfruttate dai siciliani —> appostamento di due parole diverse dallo stesso significato es. ‘mi compiango e doglio' Rima siciliana = rima imperfetta in cui vanno in rima due parole che in fiorentino non rimano perfettamente ma secondo il sistema vocalico siciliano formano invece una rima perfetta Rima per l'occhio = rima solo a livello grafico e non a livello fonetico —> es. core/amore sono due parole che rimano a livello grafico ma non a livello fonetico perché una ha la ‘o chiusa’ e l’altra ha la ‘o aperta’ Letteratura del ‘200: panorama dominato dall'esperienza siciliana, ma comprende anche sul versante poetico, un filone didattico e moraleggiante, sviluppatosi in italia settentrionale e un filone religioso sviluppatosi in area mediana tra monte cassino e l'umbria. AI filone religione appartiene il celebre ‘Cantino delle creature’ composto intorno al 1224-1225 di Francesco d'Assisi. —> in leggero anticipo rispetto ai componimento siciliani Scritto in volgari con elem umbri riconoscibile Considerato come 1° documento della letteratura italiana perché precede anche se di poco l'esperienza siciliana Tuttavia pochi anni fa il primato è stato riassegnato ad una canzone d'amore anonima risalente a fine secolo 12esimo. Il canino rimane quindi il 1° testo volgare di cui si conosce l’autore. La produzione umbra dà origine al genere delle lauri che avrà grande sviluppo successivamente. Tra i poeti settentrionali legati a temi morali ed educativo —> si ricordino Uguggione da lodi, pietro da barsecafè (?), giacobino da verona, Bonvesin Delariva, Gerardo Patecchio Il loro dettato lirico è fortemente caratterizzato in senso municipale e a tratti tende a un regionalismo sopra dialettale (min 54). Sul versante della prosa: in ritardo la prosa acquisisce la propria autonomia volgare —> ritardo dovuto al primato assoluta che per il XIII sec. esercita il latino come veicolo della comunicazione scritta. La prosa del ‘200 è debritice al latino e al francese. L'attività di volgarizzamenti e traduzioni che percorre tutto il secolo, muove dal altino e dal francese. Il volgare usato è caratterizzato da notevole varietà. A bologna con Guido Faba autore della ‘Gemma purpurea’ (trattato di retorica) e dei parlamenti e delle epistole (modelli di oratoria), la sua lingua è un volgare locale sublimato da ricorsi al latino e in Toscana dove ad Arezzo opera Guidone, a store della prosa più retoricamente impegnata di tutto il ‘200 e Ristoro autore della Composizione del mondo (trattato enciclopedico dagli spiccati tratti linguistici aretini con una data certa: 1282 e rappresenta la 1° sperimentazione in volgare del genere tecnico-scientifico che avrà importante storia successiva in italiano) Il testo narrativo più interessante e originale di tutta la prosa 200esca è il Novellino: composto verso al fine del secolo, anonimo e rimanda geograficamente all'area emergente di Firenze. Caratteri linguistici (manuale p. 136-138 —> guardare foto Marta Uni) Nel novellino i personaggi appartengono a vari strati sociali, varia è l'intonazione anche se prevalentemente realistica, incline allo scherzo. Vi risalta l'esaltazione dell'intelligenza. Varia è anche l'ambientazione ma prevalentemente fiorentina. Lo stile si fonda sull'essenzialità con la tendenza a compendiare in un gesto lo svolgimento di una vicenda. Entrano in abbondanza i discorsi diretti che indicano le movenze del parlato anche nelle parti non dialogiche + ci sono caratteristiche anche di tipo sintattico (paratassi, con poche subordinate implicite o di tipo semplice). | tratti caratterizzanti del fiorentino 200esco, la varietà che è alla base di tutta la lingua letteraria: 1- anafonesi 2- dittongamento 8- de atonain.i 4- -aratono in er + costruzione del condizionale italiano che nasce come verbo perifrastico: esempio da cantarò a canterà > cantarei a canterei. Compare in tante parole perché c'è anche nel futuro dei verbi di prima classe. 5- riduzione di R iod a -i Il fiorentino del 200 si distingue dai dialetti per fatti e tendenze che la lingua letteraria non sempre conserva: 1-Il mutamento di -en protonico in -an: es. sanza, danari, incontanente, sanatore, sanese, tanaglia. 2- La sincope nei futuri e nei condizionali della seconda classe: es. compererete e potere > comprerete e potrete. 8- La e protonica originaria si mantiene a lungo in alcune parola (tende ad -i in altre): es. megliore, melano, melanese, nepote, pregione e segnore. Parole che poi avranno il passaggio ad -i ma nel 200 conservano la -e. 4- Per tutto il 200 si usa -ogne che viene sostituito da -ogni verso la fine del secolo. 5- | numerali si presentano come; diece, dicesette, dicennove, milia 6- La desinenza della seconda persona del presente indicativo e congiuntivo della prima classe è in -e: es. che tu cante. Solo alla fine del 200 si tende all'unificazione in -i di tutte le desinenze di seconda persona: es. che tu canti. 7- Nel fiorentino 200 le forme rizotoniche (con accento sulla radice) del presente congiuntivo di -dare e -stare hanno -e non + es. che io stea, che io dea. Le forme con -e rimangono fino alla metà del 300 8 Nei testi fiorentini del 200 sono presenti le forme -iera e erano 9- Le forme etimologiche -serò e -serai vengono soppiantante dalle forme analogiche sarò e sarai definitivamente nell'ultimo quarto del 200. 10- La desinenza -iamo si impone dal 300; nel 200 ci sono -amo, -emo, imo. 11- La terza persona plurale del perfetto esce in -aro, -ero, -iro: es. cantaro. 12- La terminazione in -e della prima singolare dell'imperfetto congiuntivo rimane fino alla fine del secolo: es. che io donasse. 13- La sequenza dei gruppi di pronomi atoni: a Firenze nel 200 regna l'ordine accusativo + dativo (contamoloci > contiamocelo) > oggi: dativo + accusativo (es. diamoglielo) 10/08 In Toscana nella seconda metà del 200 aveva preso corpo l'imitazione dei poeti siciliani affiancata da un'intensa opera di trascrizione dei loro codici, che era contemporaneamente un toscaneggiamento: > foscaneggiamento= cioè tutto ciò che era possibile veniva convertito in toscano. La lingua dei siculo-toscani (esempio: Guittone d'Arezzo) è dipendente dai modelli, dai quali riprendono alcuni tratti come: - il condizionale in -ia, il futuro in -aio e -aggio, - il monottongo (core, foco > cuore, foco), - la conservazione del dittongo -au (laude), - lessico come: cera (viso), damaggio (danno), motto (parola); - molti suffissi come -anza (allegranza > allegria, amanza > amore Firenze non è centro principale di questa attività, ma ciò ascende sulla fine del 200 con l'affermazione del potere poli e con l'enorme prestigio che ne conferisce la potenza economica dei suoi mercanti e banchieri. In pochi decenni, alla generazione di Dante, si dà vita all'esperienza poetica del Dolce Stilnovo. Il capostipite della poesia d'amore è Guido Guinizzelli, 1230-1276, chiamato da Dante “padre mio...". Nel suo linguaggio lirico, gli elementi ereditati dalla scuola siciliana sono gallicismi e provenzalismi come: “rivera per fiume, -giano per giallo, -eneveggia per invidia, - la forte conservazione del nesso consonante + ‘l' (es. clavità > chiarezza, blasmo > biasimo); + sicilianismi come: saccio (so), miso, eo, feruto, audivi, aggio, ave; - i monottonghi, -il suffisso in -anza come: allegranza, accusanza, amanza, orgoglianza, possanza (questo ultimo sopravvive); - derivati in -aggio e in <ura e -ore (bellore > bellezza). - L'uso di dittologie sinonimiche come: spezza e fende, gioia e allegranza, taglia e divide. Gunizzelli (Bolognese) non maschera affioramenti di bolognese come: saver > sapere, dise > dice, donqua > dunque (la forma che si afferma è anafonetica). La novità che richiede nuove cognizioni lessicale sta nel contenuto: angelicazione della donna, la sua virtù morale ed intellettuale che è sublimazione per l'amante. Il migliore interprete sarà Guido Cavalcanti con un Canzoniere che colloca il discorso d'amore dentro una minuta analisi nella fenomenologia dell'innamoramento. La sua lingua rispetta la consueta continuità con sicilianismi e gallicismi sia morfologici che lessicali. Il quadro di riferimento cambia aspetto: - accanto al condizionale siciliano in ia, Cavalcanti adopera quello fiorentino in -ei; - si insedia in poesia il pronome personale singolare -io fino allora rappresentato dal siciliano -co. + il lessico cavalcantiano si caratterizza per i segni di intellettualizzazione dell'analisi d'amore con voci come: spirito, anima, virtù, pensero, occhio, veder, sospiro. La drammaticità della passione conduce a una concentrazione di termini come: pianto, dolore, doglia, pietà, tremare, distruggere, morte e morire. La valenza positiva, la realtà gentile d'amore che è sentimento novo che dà piacere, crea le atmosfere incantate della visione, e ispira Cavalcanti e i suoi celebrati. [parola di Dante del giorno > apprensiva] Il poema dantesco magiore dichiara fin dal titolo l'apaprtenenza al genere comico = ‘commedia’ L'appellativo ‘divina’ gli è stattodato da Ludovico Dole per l'edizioe veneziana del 1555 Sul piano della reotica, il genere comico significa = apertutra più libera ad ogni commisitone di stile e di registro L'escursione più ampia che si possa immaginare dai toni elevati fino agli infini ricorrendo al plurilinguismo della commedia. All'estrema libertà compositiva colabora anche la terza rima / terzina = metro adottato. -> forse crazione di dante stesso o comugnue non documentata prima di lui Le 3 cantiche che costituiscono il poema sono scritte tra 1306/1307-1321 Della comedia non ci è arivato nessuna utografo --> come di nessunaltra opera di dante a fronte di un numero imponente di trascriione data l'enorme popolarità che il testo ha raggiunto da subito Alla base delle scelte linguistiche c'è il fiorentino di fine '200-inizio '300 --> = fiorentino contemporaneo alla stesura del capolavoro in una fedele riproduzione dei molteplici registri che lo caratterizzano inclusi quelli medi e poplari Ma ci sono anche incursioni nel fiorentino più antico (della generaizone precedente quella di D.) di cui vengono rirpese forme ormai declinanti nell'uso --> D. ama ricorrere a varianti cronologicamente non a lui contemporanee ma riferibili alla generazione che lo ha preceduto: es. - recupera il numerale etimologico ‘dice’ (etimolgoica da 'decem') sul quale la variante 'deici' si era già affermata > variante ‘dieci’ è variante analogica su 'viginti' (i finale = indicatrice di decina) - recupera le fm terze pl. del pî in -aro, -ero, -iro in regresso rispetto a -arono, -erono, -irono che sono cmq presenti - condizionale in -ei è prevalente ma non esicusivo --> c'è anche quello in -ia (di tradizione siciliana) - usa quasi sempre le prime persone pl. dell'ind. pres. con desinenza congiuntivale = ossia 'vediamo', ‘sappiamo'.. ma alcune eccezioni del tipo 200esco figurano -> es 'vedemo', 'sapem', ‘tenem' - al vocazione alal varietà spinge D. alle adozioni dalle realtà lingusitiche più dsiparate che innsta sul tronco della sua lingua matema --> si tratta di sicilianismi letterali, dialettismi toscnai e extra-toscani o di latineggiamenti (es. ‘de fecto, patre, templo' o ‘maggio' al posto di maggiore’) - usa anche provenzalismi-fracesismi come: ‘palagio' per ‘palazzo’ oppure 'ploia' per ‘pioggia’, ‘pregio’ per 'prezzo' che però coesistono con le corrispettiv efm. fiorentine + gallicismi come: approcciare, cangiare, retaggio, sire + provenzalismi come: augello, periglio, amanza, beninanza, dilettanza --> grande varietà del tessuto linguistico della commedia: prelievi da realtà geograficamente ecrnologicamente diversi, ma inoltre tali prelievi vengono fatti convivere con le fm. toscofiorentine e contmeporanee. Disponibilità alla polimorfia della lingua della commedia > disponibilità smepre altissima. La concorrenza tra varianit a volte può essere anche a 3 oltre che a 2: es. fiorentino ‘specchio’ > coesiste nelal comedia con il latinismo ‘speculo’ e con la variante modellata sul francese ‘speglio' 16/08 Ripasso: Il volgare nella concezione dantesca deve essere: - illustre - cardinale = come il cardine della porta deve dare indirizzo alle parlate di popolo, deve far sì che queste parlate trovino una loro regola e quindi siano regolate - aulico = regale, della reggia, delle più alte cariche dello stato - curiale = dei più importanti organi dell’amministrazione di uno stato anche sul piano culturale Enunciando tali caratteristiche Dante manifesta la usa passione politica dicendo che ancora non esiste questo volgare perché l'Italia non ha una reggia e quindi non ha nemmeno i grandi organismi amministrativi Nel Il libro del De Vulgari > Dante tratta della canzone= forma metrica che rappresenta il ‘summum genus dicendi' cioè il ‘momento più alto del volgare’ —> è la fm metrica adatta a cantare i temi più elevati (i magnalia) = temi d'amore, di rettitudine e d'armi L'opera resta a questo punto interroga, sarebbe continuata, dopo la trattazione dello stile elevato, con la trattazione dello stile dimesso, dello stile umile e poi della prosa. Intento retorico di Dante emerge nel De Vulgari. Il volgare che Dante addita come ‘ideale’ per un'Italia ideale che ancora non esiste, ma che nella sua speranza si dovrà concretare —> è la lingua dell'alta letteratura che D. con una sorta di profezia molto importante prefigura come ‘comune ai dotti d'italia’. La realtà storica a cui guardava era la lingua illustre della tradizione poetica del ‘200 > quella dei siciliani e dei bolognesi (che dante leggeva in versione toscaneggiata) e quella dei fiorentini e dei toscani dello stilnovo. —> lingue illustri perché distaccate dalle lingue naturali mediante il conguaglio sul latino e sull'esempio trobadorico. Opere Dantesche: Vita Nova > atmosfera stilnovista sul piano del lessico e sul piano fino-morfologico con varie forme che attestano questa sostanza stilnovista della lingua della Vita nova (sia in poesia che in prosa > perché Vita Nova = promisero) Rime > caratterizzate da: sperimentalismo - pluristilismo —> si estendono dagli esordi giovanili fino all’epoca dell'esilio e alla vigilia della commedia Commedia > - titolo = adozione dello stile comico —> stile che prevede la possibilità del pluristilismo, delle escursioni stilistiche più diverse e alle quali corrisponde il plurilinguismo dantesco Ala base delle scelte fino-morfologiche della Commedia > si colloca il fiorentino di fine ‘200- inizio ‘300 = fiorentino contemporaneo a Dante e alla stesura del suo capolavoro in una riproduzione fedele dei molteplici registi che lo caratterizzavano inclusi quello medio e quello popolare Bisogna ricordare che Dante in questo fiorentino contemporaneo ama immettere e recuperare delle forme ormai declinanti dall'uso e che risalgano alla generazione precedente la sua (es. ‘diece’, le 3° pl. i “aro-eroiro’, desinenze etimologiche della 1° ps. del presente indicativo non ancora congiuntivali, anche se quelle congiuntivali sono più frequenti) — la sostanza della lingua di Dante = fiorentino contemporaneo all'autore + incursioni nel fiorentino più antico + emerge la grande vocazione alla varietà > spinge Dante alle adozioni e ai prelievi dalle realtà linguistiche più disparate che innesta sul tronco della sua lingua materna —> sono: - i sicilianismi letterari - dialettismi toscani e extratoscani - latineggiamenti (pater, maggio.) - calchi su provenzale o francese (es. palazzo, prezzo, vengiare) - gallicismi (approcciare, cangiare, sire) - provenzalismi (artiglio, avanza, dilettanti) Disponibilità alla polimorfa della lingua della commedia > polimorfa che può essere anche a 3 elementi (oltre che a 2): es. il fiorentino ‘specchio’ coesiste nella commedia con il latinismo ‘speculo’ e con ‘speglio’ che è modellato sul francese Lessico: anch'esso si dispone alle stratificazioni più varie, su un fondo chiaramente fiorentino, rappresentato nelle sue varietà con voci popolari che convivono accanto a sinonimi di tono medio: es. ‘serocchia’ (=variante popolare) convive con ‘sorella’ (= variante di tono medio) es. ‘allotta’ convive con ‘allora’ Nella commedia è poi facile rinvenire innesti extra-fiorentini che possono provenire dalla tradizione letteraria oppure posso provenire da altre parlate italiane per spinta della necessità di realismo —> perché: la presenza di queste voci dia altri realtà linguistiche italiane, si legano alla volontà di caratterizzare anche geograficamente i personaggi Abbiamo quindi: - il lucchesismo: ‘issa’ = vuol dire ‘ora’ —> deriva da ‘ipsa ora’ > emerge nelle parole del lucchese Bonagiunta da lucca - voce sarda : ‘sonno’ = signore —> deriva da ‘dominus’ > in riferimento a Michele Zante, personaggio sardo - emiliano: ‘sipa’ = signifca ‘sì’ avverbio affermativo —> deriva da ‘sia’ (congiuntivo presente di essere) > messo in bocca al nobile bolognese Caccianemico —> = prelievi dalle realtà linguistiche esterne al campo linguistico italiano e anche innesti dalle altre parlate italiane (sia toscane che extra-toscane) Il lessico della commedia viene arricchito non solo dalle varietà geografiche, ma anche dalle lingue speciali - voci appartenenti alla lingua dell'astronomia > es. orizzonte, epiciclo, emisferio, meridiano, orbita, plenilunio - voci appartenenti alla lingua della geometria > es. ‘tetragono, arco, circonferenza, ottuso - voci della medicina > es. coagulare, idropico, quartana Inoltri: emergono latinismi e neologismi di conio dantesco > latinismo = sono abbondanti e compaiono sempre in funzione di innalzamento del dettato provengono sia dalla cultura classica che dalla letteratura cristiana la 3° cantica (Paradiso) per i suoi contenuti dottrinali e filosofici ne è la più ricca —> solo nel canto VI del Paradiso ne troviamo moltissimi La vitalità della lingua di Dante si misura anche nella presenza di una serie di voci che l’autore stesso crea per soddisfare i propri fini espressivi. Sono circa 100 i neologismi e tra essi molte sono le formazioni parasintetiche del tipo: ‘immiarsi, insentrarsi, iluiarsi' > formazioni parasintetiche = si intende quel procedimento per cui ad una base viene aggiunta sia un prefisso che un suffisso Si ricordino poi i cosiddetti ‘dantismi’ > es. ‘tetragono' + quegli interi versi che sono entrati nella lingua comune: es. ‘amor ch'a nullo amato amar perdona' Osservazione di Tullio Demauro (grande storico della lingua come anche: Mengaldo citato a proposito del Novellino, Bruno Migliorini citato a proposito dei Placiti Campani 960 d.C. > data celebrata con grande risonanza nel 1960 perché veniva a coincidere anche con il 1° centenario del regno d'Italia anche se incompleta perché mancava Roma capitale e in quello stesso anno Migliorino ha fatto uscire il 1° manuale di Storia della Lingua Italiana, Alfredo Stussi citato a proposito della assegnazione del primato di 1° testo della letteratura italiana rispetto al cantino di Francesco D'Assisi, a quella composizione trovata a Ravenna fatta di parole e musiche precedente a quella di San Francesco ma senza autore) l'osservazione di Tulio De Mauro dice: ‘il 60% del vocabolario fondamentale dell'italiano di oggi, è già presente quando D i a creare la commedia e Dante e il ‘300 lo completano al 90% *** Ariel: file che contiene le citazioni dal De Vulgari Francesco Petrarca: (Arezzo 1304 - Arqua (sui colli Eugani) 1374) La critica > contrappone al pluralismo dantesco il monolinguismo del Petrarca lirico In realtà: studi più recenti (che si devono soprattutto ad un altro storico della lingua italiana cioè Maurizio Vitale) hanno dimostrato che la contrapposizione va sfumata e circostanziata in quanto la lingua del Canzoniere petrarchesco è effettivamente contrassegnata da una costanza di tono che dà unità all'amalgama, ma questo amalgama è fatto di diversi componenti linguistici —> quindi la lingua del Canzoniere non è realtà così omogenea, ma piuttosto risulta profondamente animata e mossa [Il titolo del Canzoniere è Rerum Volgarium Fragmenta, ma viene denominato ‘Canzoniere’ a partire dalla seconda metà del ‘400 e tale denominazione si diffonde con le edizioni a stampa.] Non omogeneità dei componenti lin dell'amalgama petrarchismo: All'intemo della lingua di P. si trovano molti elem. di animazione per amore della variatio > variatio = è il contrario della ‘ripetizione’, è stato un canone nei componimenti poetici consacrato fin dall'antichità classica da Cicerone e Quintiliano secondo cui la lingua non deve mai essere ripetitiva P. considera la variatio fondamentale per evitare la ripetizione perché questa è generatrice di tedio e quindi di imperfezione L'estrema attenzione alla variato —> induce P a creare un composto originalissimo di antico e di moderno, di sublime e di comune, di consueto e di inusuale, evitando però accuratamente le profonde escursioni tonali in cui Dante si era invece avventurato nella commedia. > es. l'Inferno Dantesco per le escursioni tonali è impressionante —> cosa a cui P. non arriva perché vuole tenersi ad un livello sì più medio ma comunque mosso e animato P. per fare ciò: - si riallaccia all'antica lirica cortese-provenzale - ma anche alla più recente tradizione dantesca e stilnovista —> eccetto le arditezze dantesche maggiore che non interessano lo stile petrarchismo e le esperienze più modeme > quindi: nel Canzoniere l’autore mette una atto una concezione letteraria che prevede nella poesia lirica la convivenza di stili diversi Convivenza di stili diversi: La poesia lirica petrarchesca si caratterizza per una convivenza di stili diversi Questi stili sono: - lo stile dolce nella maggior parte delle rime - lo stile comico agro e aspro dei duri sonetti contro la corruzione della Corte Avignonese nei quali anche P. si avventura in escursioni tonali forti + R.V.F. raccolgono più di 350 liriche tra sonetti e canzoni Furono composti dal 1335 in avanti. Diversamente da Dante > P. è il 1° grande autore di cui consociamo autografi e redazioni diverse delle sue poesie. (Di D. invece non ci sono autografi.) Manoscritti | 2 manoscritti petrarcheschi più importanti sono: - il Vaticano Latino 3195 > contiene la versione definitiva del Canzoniere che è in gran parte autografo perché per il resto è idrografo (= scritto dal copista di Petrarca, Giovanni Malpaghini sotto la diretta supervisione dell'autore) - il Vaticano Latino 3196 (manoscritto autografo) = così detto ‘Codice degli Abbozzi' —> una sorta di brutta copia del precedente Vat.Lat. 3195 che consente una lettura critica straordinaria in quanto consente di studiare l'officina del P. attraverso la sua prassi correttoria —> = si può vedere come una certa parola venga cancellata e sopra di essa ne venga scritta un'altra ricostruendo così l'itinerario variantistico > Gli abbozzi ci consegnano la storia testuale di un'opera continuamente e fittamente riveduta e corretta dal suo autore per circa 40 anni: dal 1335 fino alla morte circa A questi suoi versi (che sono sempre in gestazione, ai quali lavora continuamente) nel Vat. Lat. 3196 appone delle postille commento nelle vicinanze di certi versi o parole, che sono scritte in latino es. ‘Hic videtur sonantior = ‘qui suona meglio” ‘Hoc placet pare omnibus’ = ‘questa è la soluzione migliore’ —> P appone tali note che sono a lui utili perché così affida il proprio commento e il proprio sentire ‘Dic aliter hic' = ‘Dillo in modo differente’ Lo stile del Canzoniere si inscrive in un tono omogeneo di elevata medietà Insofferente dei dati più crudamente realistici e delle connotazioni vistose, che evita precisi riferimenti referenziali e vocaboli di forte espressività —> ma è ricco di grande varietà interna In questa varietà che caratterizza di per sé lo stile del Canzoniere > si esprime la storia stessa dell'educazione linguistica di P. Infatti: Nasce ad Arezzo da padre fiorentino e in più pt. delle sue opere dichiara di sentirsi fiorentino, inoltre certamente del fiorentino doveva avere possesso pieno e naturale come si deduce dal carattere tosco-fiorentino della sua opera poetica in volgare Lingu Forme petrarchesche che rappresentano la tosco-fiorentinità della sua opera poetica in volgare: - voci dittongate: puoi, fuori, uomo, insieme, lievi, pensieri... - predominante adozione dell’anafonesi: famiglia, lingua, consiglio ... - evoluzione di -ar ad -er nei futuri e nei condizionali della 1° classe —> = caratteri identificati come ‘spie della fiorentinità' che poi l'italiano ha assunto nella sua veste letteraria E rilevante la presenza del dittongo (che è caratteristica della varietà tosco-fiorentina) nelle rime del Canzoniere perché: la presenza delle voci dittongate nei versi è indizio forte di fiorentinità perché i siciliani, e sulle orme di questi anche i siculo- - la grammatica storica o diacronica > studia il successivo svolgersi nel tempo del sistema grammaticale di una lingua o di un dialetto - la grammatica comparata > studia, sincronicamente o diacronicamente, i rapporti esistenti tra dialetti e lingue, o gruppi di lingue, affini - la grammatica generale > studia i procedimenti generali per cui il pensiero umano può realizzarsi nell'espressione linguistica. Si dice che l'italiano così come le altre lingue romanze o neolatine deriva dal latino. Quest'affermazione merita di essere precisata, approfondita e in parte corretta. Di quale latino si parla? Parlare di una lingua è un discorso complesso, non si può dire che deriva dal latino e riguardo a quale latino sia da considerare “progenitore” dell'italiano, tra gli studiosi non c'è accordo. Prevale l'idea che: le lingue neolatine derivino non dal latino classico ma dal latino volgare » il latino volgare = - è una realtà linguistica variegata e complessa: - schematizzando si può descriverlo come il latino parlato in ogni tempo, luogo, circostanza e da ogni gruppo sociale della latinità —> fu la lingua parlata nei tempi antichi della fondazione di Roma e nella tarda età imperiale —> fu la lingua parlata nella capitale e nelle zone periferiche dell'Impero —> fu la lingua parlata dai ricchi e dai poveri, dagli analfabeti e dagli intellettuali Da questa realtà multiforme sorsero varie lingue d'Europa indicate come romanze o neolatine. Serianni definisce il latino volgare = come latino parlato nell'uso quotidiano, quale era venuto atteggiandosi nell'età della decadenza con diversi tratti arcaici, ma con molte innovazioni + relativamente uniforme per quanto riguarda le_strutture morfologiche fondamentali ma spazialmente vario e differenziato per il lessico Appendix probi> (guardare altri appunti di linguistica) Parole popolari e parole dotte: - parole popolari = parole che hanno subito i mutamenti fonetici - parole dotte = sono i cosiddetti latinismi, uscite dall'uso parlato riprese solamente per via dotta dai letterati dal medioevo in poi e si presentano inalterate Esempio: Aurum latino è giunto per trafila popolare diventando oro —> non è mai uscito dall'uso - AU si trasforma in O nel sostantivo ma si mantiene nell’aggettivo ‘aureo’ Esempio dotto: angustiam > angoscia > angustia. Mutamenti fonetici: Latino 10 vocali: 5 brevi + 5 lunghe Tali vocali hanno valore distintivo sia dal punto di vista della pronuncia sia da quello semantico —> es: l'accento breve di venit = viene vs accento lungo di venit = venne) [Pag. 49 e 50 del del libro Patota] Dittongamento toscant Es: pedem > piede; bonum > buono —> E breve e -0 breve hanno portato al dittongamento = avviene in precisi contesti quando si ha sillaba libera 0 aperta —> si ha lo sviluppo di -ie e -uo. Anafonesi (“innalzamento di suono"): la -e e la -o si innalzano divenendo -i e -u Esempi -Familiam > faméglia > famiglia -Consilium > conséglio > consiglio —> Ciò avviene quando una -e chiusa tonica è seguita da una laterale palatale 0 una nasale palatale Esempi: -Vinco > vénco > vinco -Linguam > léngua > lingua -Fungum > féngo > fungo —> Ciò avviene quando -e, -o chiuse e accentate sono seguite da nasale velare sorda o sonora Passaggio di -ar > “comparare > comperare, comprare -margaritam > margarita > margherita —> = si parla qui di vocale o sillaba intertonica = cioè posta tra l'accento secondario e principale. Le parole di quattro o più sillabe non hanno un solo accento, ma due. In alcune di queste parole, determinate vocali 0 gruppi fonetici posti tra l'accento secondario e principale hanno subito trasformazioni —> in fiorentino il gruppo -ar è passato ad -er. Inoltre: passa a -er anche -ar protonico = cioè precedente la sillaba accentata. Il fenomeno si è verificato nelle parole con l'uscita in -erla: es. frutteria, macelleria, pescheria, ecc... —> il suffisso -erìa è la trasformazione di -aria con spostamento dell'accento sulla i per suffisso greco -ia. Si è verificato inoltre in parole con il suffisso -arello che è passato ad -erello: es. fattarello > fatterello Si è verificato ifine anche con suffisso -areccio che è passato ad ad -ereccio: es. boscareccio > boschereccio. Il caso più importante da -ar ad «er riguarda le forme del futuro e del condizionale dei verbi di prima coniugazione: cantarò > canterò — cantarei > canterei. MANCA LEZIONE DEL 23/03 24/08 Ripasso: - tratti che sono stati fonte di maggiore imitazione da parte dei seguaci ci Boccaccio inserzione de tratti alloglotti (già presente in Dante) e la riproduzione del parlato - stile magniloquente > si oppone all'inserzione de tratti alloglotti e alla riproduzione del parlato stile impostato sul latinismo, con molte subordinate, che tende all'inversione e con verbi in clausola —> stile complesso che conferisce al dettato un tono grave - ripensando alla tradizione testuale del Decameron > Boccaccio nella revisione per la 2° edizione del Decamerone ha proceduto verso l’attenuazione di costrutti e di singole forme e voci dotte Il marchio decameroniano tipico = cioè lo stile magniloquente —> sopravvive alla revisione - abbiamo visto anche quali sono i costrutti colti - abbiamo affrontato l’altro stile agile e incalzante (così definito da Paola Magni) cioè la riproduzione del parlato e diverse strategie di mimesi = fenomeni di eco, moduli esclamativi e intellettivi, i fenomeni di messa in rilievo, i procedimenti ripetitivi, il ricorso insistente al verbo generico ‘fare’, le componenti parodistiche, le invenzioni linguistiche e ? min 6.05 + Boccaccio evita il turpiloquio ed il lessico troppo triviale (?) - alcuni costrutti tipici di questo tipo di stile e tipici del fiorentino contemporaneo a B: ordine dativo-accusativo, legge di tobler- mussafia e min 6.45 - riguardo al lessico del Decameorn molto ricco e stratificato soprattutto in certi ambiti legati ai personaggi e alla trama delle novelle: il lessico è ricco sul piano onomastico (nomi di persona, di luogo) talmente ricco e preciso che consente di ricostruire tanta toponomastica reale di Firenze - abbiamo nominato i così detti ‘nomi parlanti” - ci siamo serviti del brano a p. 159 > brano tratto dall'introduzione = una delle sedi in cui si sviluppa il discorso Boccaccio più dotto ed elevato Pagine 159 del manuale: Introduzione del Decameron - brano che viene dall'introduzione e quindi si usa uno stile magniloquente = più alto di altre novelle anche se le novelle della giornata X (dove si parla delle liberalità) presentano uno stile elevato proprio per rappresentare le grandi azioni liberali 1° parte: da ‘Mentre’ a ‘loro’ - erano = non è dittonganti, non è ‘ierano' forma più antica che è già caduta - preposizione articolata ‘tralle’ (che si legge ‘tra le’) > c'è un univerbazione grafica = rappresentazione di una proposizione articolata con raddoppiamento sintattico - ‘et ecco' = paratassi > cerca di evitare la subordinazione attraverso l'inserzione di una congiunzione coordinata - perciò = sta per ‘però’ > indicato come latinismo perché è un calco del latino ‘per hoc' (nota messa da Marazzini, ma altro grande storico è Vittorio Branca = italianista che ha procurato l'edizione canonica del Decameron) - fusse = fm. 300esca classica —> diverso da fosse = forma diffusa nel fiorentino argenteo - avea = coltismo > termine usato soprattutto in poesia sia da Dante che da Perarca anche se ha una sua normali fiorentino (non è particolarmente dotto 0 poetico) - nomi parlanti > ‘panfilo’ ‘filtrato’ ‘dioneo’ = onomastica di Boccaccio > Dioneo = uno dei novellatori che racconterà le novelle licenziose - si utilizza il termine di ‘turbazione’ invece di turbamento —> slittamento da un suffisso ad un altro = evento comune nel lessico - da riga 10 > ‘corsero’ ‘per che' = polivalente 2? - cominciamenti = termine che non utilizziamo più - hacci = esempio della legge di tobler-mussafia al posto di ‘ci ha' - davanti posti = figura retorica dev'inversione - e guida e servidor = ripresa del costrutto latino et-et - servidor = sonorizzazione > tratto vivo nel fiorettino antico ma che poi si riduce anche in seguito al fenomeno della ri- latinizzazione di età umanistico-rinascimentale che annulla parecchi tratti fiorentini originari ritornando alle origini e alle etimologie -‘ne' = a noi - oficio = latinismo - riga 14 = verbo alla fine —> verbo in clausola - ‘Neifile’ = nome parlante ‘la nuova innamorata” - tutta nel viso divenuta per vergogna vermiglia = inversione - per ciò = per il fatto che - dichi = è la forma toscana successiva a quella del fioretto aureo, che continuerà nel fioretto 400esco - niuna = nel ‘300 era una forma solo della prosa e quindi è normale in situazione prosastica, ma poi diventerà la variante utilizzata dalla poesia e ‘nessuno’ che prima era variante poetica diventa normale per la prosa - buona = forma dittongata che è normale in prosa —> nel Decameron il dittongo è trattato secondo la norma 300esca che prevedeva non solo questo tipo di dittongo ma anche quello dopo ‘consonante + r° sia per ‘e’ che per ‘o’ ( brieve e trova) che verrano monottongati ne fioretto argenteo - credogli = legge di toubler-mussafia determinata dal fatto che ci sia la congiunzione coordinante ‘e’ - sofficienti = veste linguistica più colta secondo la forma toscana antica, mentre la forma tosco-fioreinta più viva e corrente era con ‘u' protonica ‘sufficiente’ e nella revisione si incrementano le forme con ‘sufficienti’ <— uno degli elementi di passaggio da veste linguistica più colta a veste linguistica più corrente - avviso loro buona compagnia onesta dover tenere = inversione dell'ordine delle parole e l’accusativo + infinito = costruzione più modema - per ciò che = causale nel perfetto forze ritornino (registrazione 2 min 4.49) - assai manifesta cosa = inversione - è loro essere d’alcune che qui ne sono innamorati = - temo che = costruzione dei verba timendi in latino - senza nostra colpa o di loro = forma diffusa nel fiorentino del ‘300 ma alternanza anche alla forma ‘sanza’ anche se ‘senza’ prevale inversione La prefigurazione dantesca di una lingua letteraria che si impone ai dotti di tutta una nazione —> prefigurazione che si verifica già nel ‘300 per il prestigi della Commedia D, del Decameron B, e del Canzoniere di P. l verificarsi di questa prefigurazione conferisce al tosco-fioreitno l'investitura di un ruolo letterario sopraregionale: gli ambienti settentrionali e poi quelli centrali e meridionali camminarono altre ai 3 grandi anche la loro lingua —> il fiorentino viene assunto al di fuori della toscana come lingua della poesia da subito, e più lentamente della prosa Ce ne da testimonianza il canzoniere del trevigiano Niccolò de Rossi e Francesco di Vannozzo —> cultura veneta = è la prima che si avventura sulla strada dellìomologazione de toscano a lingua della poesia come attesta il trattatista padovano antonio da tempo Dopo i trionfi 300eschi, il volgare conosce la sua 1° crisi > causa: instaurazione del clima umanistico fa sì che la cultura più progredita venga discussa e proposta in latino > ma nel latino classico che è stato recuperato dalla corruzione medievale —> l'umanesimo riesce a reinstaurare la classicità travolta dalle usanze del latino medievale Tutto ciò e in primis il primato del latino fa sì: che nella 1° metà del ‘400 si arrivi al deprezzamento del volgare ma il volgare, contemporaneamente, anche per il fatiche il latino umanistico era così perfetto, impegnativo e poco maneggevole, non adatto agli usi pratici —> per questo: il volgare per reazione estende i propri domini e diventa più frequente perfino in atti e documenti ufficiali e si affaccia nelle scritture delle cancellerie = il volgare avanza nell'uso quotidiano —> si configura una situazione regolata d un regime di diglossia = forma di bilinguismo in cui le due lingue coinvolte stanno in un rapporto gerarchico e complementare (cioè una è destinata ad ambiti letterari ed alti e presitigiosi e l’altra invece no) Nel ‘400: - alla varietà elevata = latino > corrispondono gli usi scritti e generalmente pubblici - alla varietà inferiore = è riservata la comunicazione informale e le scritture private o semi-ufficiali La rivalutazione del volgare si deve ad intellettuali che pur continuando generalmente a servirsi del latino e mantenendo una formazione classica, non rifiutano la lingua viva —> personaggi di formazione classica che però sostengono il volgare = es. Bembo Le prime affermazioni circa la dignità de volgare sono quelle di Leon Battista Alberi = grande artista, teorico ecc. A Firenze: - con l’Alberti e poi con i dotti del circolo mediceo si realizza il passaggio dall'esclusivismo latino alla rivalutazione del volgare La motivazione di fondo di ciò sta nel fatto che il classicismo umanistico, nei suoi aspetti più rigorosi, restaurando i dati dell'antichità, aveva depresso gli elementi della cultura tosco-fiorentina del ‘300 e quindi propio a Firenze si ha una reazione che favorisce il recupero della cultura volgare Quindi a Firenze si passa: - ad una rivalutazione del volgare come lingua capace di regolarità = posizione dell'Alberti che anche autore di una grammatica de fiorentino vivo (che però resta a lungo sconosciuta) - e alla rivalutazione del volgare come istituto linguistico idoneo alla letteratura —> volgare = lingua che ha una dignità grammaticale e che è capace di letteratura A tale finalità di rivalutazione del volgare come lingua adatta alla letteratura > provvederà la cultura medicea (in particolare: Poliziano e Lorenzo il Magnifico) Fuori da Firenze tra 400-500 > il recupero teorico del volgare può considerarsi compiuto Tant'è che a Venezia (una delle roccaforti della cultura classicista, ambiente saturo di cultura umanistico filologica latina e greca) compaiono le edizioni albine (??) dei grandi classici volgari = Petrarca 1501, Dante 1502 > ed. curate da Bembo con criteri filologici | criteri filologici che applicai alle ed. di P. e D. sono gli stessi he venivano applicati ai grandi classici latini e greci Nel ‘300 e nel corso del ‘400 > il fiorentino aveva subito notevoli modificazioni: al punto che ne risulta uno strumento espressivo parecchio divergente da quello del secolo d'oro tanto che ancora oggi lo si definisce in contrapposizione al fioretto 300esco come = fiorentino argenteo Parte di queste innovazioni si deve: - all’influsso dei dialetti toscani occidentali = incluso accresciutosi in seguito alla conquista di Pisa [fenomeni caratterizzanti il fiorentino argenteo: - monottongazione = dovuta all'influsso dei dialetti toscani occidentali dittongo ‘ie’ dopo cons+r passa ad ‘e’ e in un secondo tempo anche il dittongo ‘uo’ dopo cons+r passa a ‘o’ - il fatto che ‘dia’ e ‘stia’ soppiantano le precedenti ‘dea’ e ‘stea' - articoli ‘el’ ed ‘e’ al posto di ‘l'e ‘i’ = tratto genericamente toscano Altri cambiamenti sono dovuti ad altri motivi - a causa degli sconvolgimenti demografici e sociali seguiti alla terribile poste del 1348 e a crack economico della potentissima compagnia dei banchieri dei Bardi e dei Peruzzi —> che trascina con sé buona parte del sist. creditizio fiorentino in tale situa di crisi: massi di contadini per sfuggire alla fame sono costretti a rifugiarsi in città > con ciò la popolazione subisce un ricambio molto accelerato > ciò comporta uno sconvolgimento della situazione socio-linguistica: tratti presenti anche prima ama giudicati rustici e tipici delle classi inferiori irrompono vistosamente facendo capolino che tra gli scrittori più sorvegliati - desinenza ‘o’ della 1° persona dell'imperfetto: io amavo (non io amava) > perfetto della fm. analogica di contro a quella etimologica